Intervista di Laura Goria
E’ di una dolcezza infinita Miriam Toews. Bella senza un filo di trucco, esprime semplicità e una forza titanica. La famosa scrittrice canadese, nei frenetici giorni del Salone del libro di Torino, ha incontrato i suoi lettori alla libreria Borgopò; in un avvolgente giardino, cornice perfetta per il senso di serenità che lei emana.
Cerco sempre di intervistare scrittori che amo; ma raramente affascinano e colpiscono come lei. Disponibile, profonda e intelligente… da baciare e abbracciare. E’ una vita segnata in partenza quella di Miriam Toews, nata in una rigida comunità mennonita ai margini del mondo, dalla quale è fuggita a 18 anni. Poi le difficoltà dell’esilio e 2 grandi tragedie: il suicidio del padre (nel 1998) e dell’unica sorella (nel 2010). Da queste stigmate è nata una delle scrittrici più interessanti e coinvolgenti del panorama letterario internazionale, vincitrice di prestigiosi premi, tradotta in 15 lingue e, in Italia, autrice di punta dell’editore Marcos y Marcos. Nata nel 1964 a Steinbach in Manitoba, un villaggio nella zona centrale delle praterie canadesi, figlia di un discendente diretto dei primi coloni in fuga dall’Ucraina a fine 800, cresce stretta nelle maglie della rigida disciplina dei mennoniti.

La più numerosa delle chiese anabattiste, che vive come nel 500: rifiutando elettricità, auto e mondo esterno, nell’ottica che la vita si riduca al lavoro e a prendersi cura della famiglia. Come scrive la Toews in “Un complicato atto d’amore” , “… la sottosetta più sfigata a cui si possa appartenere a 16 anni” sorta perché “500 anni fa, in Europa, un tizio di nome Menno Simmons si è messo di buzzo buono per inventarsi una religione tutta sua..”.
In casi come questi la vita offre due sponde: restare e uniformarsi…o fuggire. Ed è quello che fatto l’autrice. Nella sua vita ci sono 2 lauree (in Lettere e Cinema, e in Giornalismo) e l’intermezzo da attrice protagonista nel film “Luz Silenciosa”, voluta a tutti i costi dal regista Carlo Reygadas; esperienza che le ha ispirato il romanzo “Mi chiamo Irma Voth”.
Ma la sua grandezza è nei romanzi fortemente autobiografici in cui l’humor è la cifra con cui maneggia pagine di vita difficili, come il suicidio della sorella e sullo sfondo anche quello del padre in “I miei piccoli dispiaceri”; la fuga e rapporti familiari difficili in “Un complicato atto d’amore”.
Nascere in una comunità mennonita cosa ha significato e cosa proprio non sopportava?
«Non mi sentivo libera. Appena finita la scuola, anche se ancora non ero sicura di voler diventare un’artista, sapevo già che avrei fatto qualunque cosa pur di vivere in un ambiente libero soprattutto dal punto di vista mentale. Da un lato quello era l’unico mondo che conoscevo e sentivo il senso di appartenenza, dall’altro avvertivo di dover scappare. Ero anche molto impaurita ed è stato difficile. Sono andata a Montreal, la città canadese più liberale, l’opposto del mio paese conservatore, e percepivo continuamente questo contrasto».
Si può dire che la scrittura per lei sia catartica e l’aiuta a metabolizzare la vita?
«Si proprio perché mi permette di dare un senso alle mie emozioni e soprattutto alle mie esperienze; in un certo senso mi consente di riordinarle. Attraverso i romanzi riesco a fare un po’ di ordine nella mia caotica vita».
Se una persona che amiamo non vuole più vivere, amarla vuol dire trattenerla o lasciarla andare?
«La mia famiglia ed io abbiamo tentato in ogni modo di dissuadere mia sorella, ma lei voleva proprio morire e ha fatto di tutto per riuscirci. Ho cercato di convivere con il dolore per il suo suicidio, di capirlo e di rispettare la sua scelta. So che in realtà l’unica via per dare sollievo al suo dolore era farla finita».
Come dirimere il conflitto tra l’idea che abbiamo il diritto di decidere della nostra morte e le responsabilità nei confronti delle persone che ci vogliono bene e che ne soffriranno?
«Ovviamente mio padre ed io abbiamo affrontato questo conflitto e fatto di tutto per evitare la morte. Voglio sottolineare che la scelta spetta alla persona che soffre, ma questo non vuol dire che chi si suicida non ami i suoi cari. Solo che quando proprio non ce la fa più deve lasciarsi andare completamente. Sono convinta che bisognerebbe legalizzare la morte assistita, cosa che è avvenuta in Canada mentre scrivevo il libro».
Nel suo paese cosa prevede la legislazione in materia?
«Ora il suicidio è legale, con l’assistenza di un dottore, tutte le firme necessarie e per persone che non possono avere più alcuna cura. Invece per le malattie psichiatriche non è così. Se non è provato che la malattia sia incurabile, e per i medici è complicato stabilirlo, la situazione è ancora parecchio difficile».
Cosa si può obiettare a chi definisce il suicidio una scelta egoistica?
«Dal mio punto di vista non lo è, proprio perché ci sono vari tipi di suicidio e comunque sono persone che soffrono e continuerebbero a soffrire. Una sorta di dolore psichico davvero insopportabile. Non qualcosa di egoistico; ma accettare la propria sofferenza e poi lasciarla andare».
Cos’ha capito dei suicidi nella sua famiglia? Qual è il male di vivere?
«Io non soffro di depressione e disturbo bipolare come mio padre, ma ho tratto una lezione: continuare ad essere felice e gioiosa. Lui e mia sorella avrebbero voluto questo per me, anche se loro ne erano incapaci».
Suo padre e sua sorella si sono suicidati entrambi e nello stesso modo: si è geneticamente condannati, esiste il suicidio nel Dna di una persona?
«Ci ho pensato e ripensato e ci sono studi che provano l’esistenza di qualche collegamento. Il suicidio è sempre esistito e continuerà ad esserci. Forse con il progresso medico si riuscirà a prevenirlo».
Sofferenza fisica e psicologica hanno pari diritto alla morte?
«Non credo ci sia una grande differenza, anzi per me non c’è. Ho letto statistiche di altri paesi che dimostrano come il dolore psichico possa essere tale da giustificare la morte assistita e che molte
persone vi ricorrano per farla finita».
Nel romanzo“I miei piccoli dispiaceri” si contempla l’idea del suicidio assistito e la voce narrante promette alla sorella disperata che la porterà in Svizzera per una dolce morte. Ma sarebbe stata in grado di farlo se ne avesse avuto il tempo e come lo considera?
«Mia sorella me lo chiese e la mia prima risposta è stata ”no”. Le dicevo che magari la situazione sarebbe migliorata e le cose sarebbero cambiate. Lei però continuava ad implorarmi ed era più che determinata a morire. La tragedia che poi sia morta da sola poteva essere evitata e questo rimane un mio rimorso».
L’humor come istruzioni d’uso alla vita…lei come ci riesce?
«Il mio è un “dark humor” un modo di trattare l’assurdità della realtà. A volte è ridicola e va di pari passo con la sofferenza. E’ proprio l’oscurità che accompagna la luce del mondo».
Com’è stata la sua esperienza di attrice e perché non ha continuato?
«E’ stata una cosa anomala ed estemporanea. Il regista mi ha chiamata proprio perché non voleva un’attrice. Semplicemente ero una ragazza mennonita nei panni di un’attrice casuale. Un’esperienza interessante ma non quello che volevo davvero fare, che è scrivere»
A quando il suo prossimo romanzo e su cosa?
….E qui la sua editrice la blinda…annunciando solo che è già stato scritto. Quando sarà in libreria non è dato saperlo….certo è che lo stiamo aspettando e non vediamo l’ora di leggerlo.
Un’agguerrita falange in azione al XXX° Salone del libro. 25 anime diverse che hanno lavorato insieme; ognuna portando un pezzo di sé e le sue proposte scandite in più aree tematiche
certo per grandi numeri.Dunque un pool di librai che uniscono le forze, serrano i ranghi e scendono in campo per fronteggiare la concorrenza delle librerie online, come Amazon, e dei grandi colossi editoriali con le loro mega catene di punti vendita, tessere e sconti vari.
leggere.Non è un caso che questa iniziativa sia venuta alla luce proprio a Torino che, con il Salone, per 5 giorni all’anno si trasforma nella più grande libreria italiana del mondo. A maggior ragione in questa travagliata edizione con tanto di sfida milanese. Davvero un’ottima mossa quella di avere fortemente voluto la presenza dei librai indipendenti.
prestigiosi nomi della cultura italiana da Mario Soldati a Gianni Rodari, da Rossana Rossanda a Italo Calvino”.
giovane donna la quale va alla ricerca del misterioso passato dei reclusi di un enorme lager in un’isola greca dove il regime dei colonnelli confinò insieme folli, poeti e oppositori politici.


Quanto ti sei divertito con questo romanzo?

Fiorella Mattioli Carcano,presidente dell’Associazione Cuscus, e di Lino Cerutti,vicepresidente di La Storia nel futuro – quattro relazioni: Giancarlo Antenna, professore emerito di storia medioevale all’Università Cattolica di Milano e Accademico dei Lincei (Frati agostiniani che camminano in Europa (1572-1574). Da un manoscritto agostiniano edito da Claudia Castellani);Enrico Rizzi,storico della regione alpina, Presidente della Fondazione Monti (Le Alpi dei pellegrini nel Medioevo profondo (IX-XIsecolo);Fiorella Mattioli Carcano, storica del Cristianesimo e vicepresidente della Consulta permanente Unesco per i Sacri Monti (Camminare la montagna nei riti di passaggio e di ricognizione); Battista Beccarla,storico del Medioevo e della Chiesa novarese
(L’apertura del Sempione – prima del marzo 1200-e la concomitante nascita della “Via francisca novariensis”, itinerario transalpino di commercianti e pellegrini). Al pomeriggio, prima dello spazio dedicato al dibattito e al confronto, ci saranno altri tre interventi: Simone Riccardi, storico dell’arte, ricercatore Università Cattolica di Milano (Sculture lignee tedesche in Piemonte sulle vie dei pellegrini);Michela Cometti, storica dell’arte, responsabile del patrimonio iconografico arte antica della Fondazione Torino Musei (Viandanti e pellegrini tra ‘500 e ‘600. Considerazioni su alcune fonti documentarie);Dorino Tuniz,docente di Storia della Chiesa Istituto Superiore di Scienze Religiose (Un acuto osservatore delle realtà territoriali: Carlo Bascapè, le montagne e i pellegrinaggi del Novarese).
band italiane, il volume vanta la doppia prefazione di Andrea Mingardi, cantautore e bluesman, e del noto giornalista e press agent Maurizio Scandurra. A presentare l’opera, oltre a Lele Boccardo, interverranno anche Maurizio Scandurra, Piero Partiti, Presidente di ‘Sillabe di Sale Editore’ e il celebre cantautore Valerio Liboni, già leader e batterista de ‘I Nuovi Angeli’, storico gruppo pop della musica italiana. “Sono felice del riscontro ottenuto da ‘Il Rullante Insaguinato’. Un risultato importante, conseguito sull’onda della passione, che segna il primo capitolo della mia avventura letteraria nel mondo del thriller”, commenta entusiasta Lele Boccardo.

Introduce:
risorgimentale e contemporanea, è pubblicista dal 1968. È direttore del
Le poesie di Alessia Savoini