CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 787

Club To Club 2016 vince tra avanguardie, capisaldi e varietà musicale

Si è chiusa positivamente la lunga, intensa ed eclettica sedicesima edizione del Club To Club, sia per le presenze che per la qualità degli spettacoli portati sul palco. Nei cinque giorni del Festival le presenze sono state 45.000, provenienti da 33 paesi del mondo. Davvero interessanti sono stati gli eventi collaterali all’AC Hotel by Marriot, tra tutti l’Absolut Symposium con i suoi workshop e focus con alcuni degli artisti ospiti. Menzione speciale per Secret Rooms, un viaggio tridimensionale tra musica e cocktail sperimentali a cura di Absolut.

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Vi segnaleremo gli artisti, a parer nostro, più interessanti per performance e successo di pubblico. La scoperta della serata di giovedì 3 è stata sicuramente il produttore, musicista e dj venezuelano Arca. Performance atipica per quel che ci si aspettava da lui o meglio per quello che non ci si aspettava, che cantasse. Si inizia con una struggente canzone su una base fatta solo da un effetto sonoro disturbante che ci distrae. Il dj-set di Arca è stato un carnevale sonoro non per la presenza del ritmo di samba, ma per la varietà di suoni e per come questi smuovevano il pubblico. A chiudere il cerchio della performance gli altrettanto atipici visual a cura di Jesse Kanda: animali che partoriscono, membrane umane o animali osservati dall’interno con strumenti tecnici, barbagianni che fissavano il pubblico. Una performance che mostrava due facce musicali, quella dell’elettronica classica e quella della contaminazione. Doppio anche l’atteggiamento di Arca, scatenato nel ballare con reggicalze e stivali con tacco e drammatico nel cantare.

La serata di venerdì è stata bella carica, spiccano tra gli altri gli Swans con il loro live fuori dal comune che sfora la timetable, Nick Murhpy nuovissimo progetto del cantante australiano Chet Faker e il francese Laurent Garnier. Pollice in su per Nick che si da all’elettronica senza cantare e citando se stesso, niente di eclatante, solo suoni dritti e puliti che il pubblico ha accolto benissimo. Epiche le tre ore di musica del francese Garnier, hanno fatto scatenare veramente tutti. Si chiude al buio con suoni distorti e ritmi imballabili con Autechre, un’esperienza extrasensoriale. Si torna a casa stanchi ma soddisfatti.

L’ultima serata si è presentata con un’incertezza di scelta tra Dj Shadow e Daphni perché si esibivano alla stessa ora. La sala gialla strapiena, con una coda che attendeva il defluire per entrare, ci fa optare per il californiano Dj Shadow al ventesimo anniversario di carriera. Particolarissimi i visual che si spalmano su tre grandi schermi ma anche sopra le nostre teste. Poi è arrivato l’immenso Jon Hopkins che la sua musica te la sbatteva dritta in faccia senza compromessi.  Menzione speciale in positivo per l’unicorno che librava nell’aria e in negativo per la cassa dritta apparsa sporadicamente. Un bilancio positivo per la musica, le performance e la varietà di un Festival che ha saputo portare sul palco avanguardia e capi saldi della musica internazionale.

 

Federica Monello

(foto Club to Club)

 

“Gipo lo zingaro di barriera” al 34° TFF

L’idea di realizzare un film documentario su Gipo Farassino è nata più di tre anni fa considerando un lavoro su di lui imprescindibile dalla sua presenza. Il racconto non sembrava potesse stare in piedi senza i suoi travolgenti aneddoti, il suo modo unico di trasportarti nel suo mondo, i suoi guizzi, geniali e improvvisi. Ma Gipo ha sempre voluto fare di testa sua e anche questa volta è riuscito a sorprendere tutti andandosene prima dell’inizio delle riprese. In quel momento abbiamo deciso di portare comunque avanti il progetto. Non tanto per Gipo che da lassù (o da laggiù) se la ride sornione pensando: “Mi m’na sbato le bale” ma con l’intento di far conoscere a tutti, anche a coloro che non hanno avuto la possibilità di incontrarlo, il valore del suo percorso umano e artistico.

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Gipo: iconoclasta e anarcoide, poliedrico e contraddittorio, spigoloso per natura. Diretto e privo di giri di parole, non aveva problemi a mandarti a quel paese quando le cose che dicevi non gli tornavano. Piemontese nell’anima e come tutti i piemontesi doc diffidente all’inverosimile. Ma anche uomo sincero, colmo di umanità, fedele ai propri principi, quelli “di una volta”. Soprattutto alle proprie radici: in questa parola c’è tutta l’anima di Gipo. Il suo percorso artistico è infatti quasi completamente incentrato nella Barriera di Milano, dove nacque nel 1934. Un limite apparente che si è invece rivelato la chiave di volta che lo ha portato a una dimensione “universale”. Cantare gli “ultimi”. Poetico nel toccare segni e archetipi che sono patrimonio di tutti. La sua figura artistica è stata plurima. Da cantastorie ad attore e autore teatrale ad attore per il cinema e la televisione. Con questo film vogliamo raccontare la storia di un uomo ma soprattutto il mondo della “Barriera” che sta dietro il suo percorso artistico e umano. Fuori dalla retorica e senza la volontà di costruire un “mito”. Un documentario autentico come il suo protagonista per riscoprirlo, rendergli omaggio, dargli il posto che si merita nel panorama artistico locale e nazionale. La trama è costruita intorno a una figura che fungerà da motore narrativo: Luca Morino, noto musicista e leader del gruppo musicale dei Mau Mau, entrerà in “Barriera” e andrà alla ricerca dei luoghi di Gipo e del suo mondo. Nelle prime scene Luca trova uno scatolone davanti alla porta del suo negozio di articoli musicali. Dentro lo scatolone c’è del materiale su Gipo: vinili, foto, libri e articoli di giornale. Ma non solo, anche oggetti intimi e personali. Intuisce che lo scatolone non è finito lì per caso, qualcuno (chi?) glielo ha recapitato e lo sta invitando a compiere un viaggio alla “ricerca” dello chansonnier. Inizialmente titubante, Luca decide di seguire le tracce presenti all’interno del misterioso pacco. Incontrerà quindi personaggi legati al mondo farassiniano e luoghi di una Torino nascosta e sconosciuta ai più. Una periferia circoscritta geograficamente ma emotivamente universale e illimitata. Indelebile luogo dell’anima. Gipo, lo zingaro di Barriera non è solo il tentativo di riscoprire la figura di Gipo Farassino, artista sottovalutato e spesso etichettato con facili stereotipi (il cantastorie dialettale, il cofondatore del partito della Lega Nord), ma anche un viaggio al centro della natura più profonda di un uomo.

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Programmazione: Domenica 20 novembre, ore 16.15 – Cinema Classico (anticipata stampa) Lunedì 21 novembre, ore 17.30 – Cinema Massimo 1 (Proiezione Ufficiale) Martedì 22 novembre, ore 21.45 – Cinema Reposi 5 Mercoledì 23 novembre, ore 19.15 – Cinema Reposi 5 Una produzione Endeniu e Fondazione Caterina Farassino Onlus

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Un film di Alessandro Castelletto Produttori: Valentina Farassino e Alessandro Castelletto Interpreti e Personaggi (nei ruoli di se stessi) Luca Morino, Carlo Ellena, Giovanni Tesio, Gian Mesturino, Massimo Scaglione, Valentina Farassino, Gabriella Daghero, Umberto Bossi. 
 Con la partecipazione di 
 Gli El Tres, Gianluca “Cato” Senatore, i Perturbazione, Ferdinando Masi, Mario Congiu, Daniele Lucca, Vito Miccolis, Johnson Righeira, Matteo Ganci, Adriano Onofrio Barbieri, Claudio Chiara, Angelo Marello, Eugenio Allegri, Andrea Gattico.

Facebook: https://www.facebook.com/Gipolozingarodibarriera/?fref=ts Twitter: https://twitter.com/GipoDoc www.fondazionecaterinafarassino.it www.gipofarassino.it

“Peñarol” apre la stagione di Assemblea Teatro

Giovedì 10 novembre, ore 21.00 , sul palco del Teatro Agnelli  di Via Paolo Sarpi a Torino, Assemblea Teatro apre la sua stagione con “Peñarol”, un lavoro internazionale, dedicato alla Città di Pinerolo nella sua versione uruguayana. “Peñarol” racconta una storia di emigranti che fondano una località e danno vita ad una squadra di calcio che farà la storia del pallone in Sudamerica.

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Curato da Renzo Sicco e Darwin Pastorin, con la regia dello stesso Sicco, andrà in scena uno spettacolo che, come le partite di calcio, si svolgerà in due tempi, diviso tra realtà e sogno. A calcare il palcoscenico saranno Giovanni Boni, Roberta Fornier e Stefano Cavanna. Con loro Stefano Venneri, recente Guinness dei Primati per le 205 ore ininterrotte di trasmissione alla radio, che per l’occasione sarà “speaker di lusso” nel presentare la squadra sul palcoscenico di Assemblea Teatro. Un modo, quello proposto da Peñarol di raccontare attraverso il calcio un passato, non così lontano, in cui erano gli abitanti delle Valli e della pianura, ad imbarcarsi, a morire stipati in terza classe, nell’affondamento di piroscafi colmi e usurati da viaggi ininterrotti di andata e ritorno da e verso le “meriche”, o per arrivare e farcela. “ Lo spettacolo presenta due avventori – dice Renzo Sicco –  un ragazzo e un signore un poco attempato, una cameriera che si intromette nel discorso “da bar” per eccellenza, il gioco del pallone”. Il testo dello spettacolo è stato scritto da Darwin Pastorin. Nato in Brasile, italiano a tutti gli effetti, ha seguito eventi memorabili del calcio sudamericano e per oltre 30 anni ha raccontato il calcio italiano. A lui il compito di portare il pubblico all’Estadio Campéon del Siglo  e in tutti gli stadi del mondo dentro all’“etica” o all’immoralità del calcio.  “Mentre in Europa fatichiamo a ricordare analogie evidenti che leghino passato e presente – rammentano ad Assemblea Teatro – vogliamo raccontare questo calcio, vera passione nazionale, sia in Italia che in Uruguay, un laccio forte che brilla di una luce positiva, esempio di forte coraggio”.

Marco Travaglini

Sansone e Dalila, allestimento spettacolare al Regio

regio 2Andrà in scena al Teatro Regio di Torino dal 15 al 26 novembre prossimi l’opera simbolo di Camille de Saint Saens, Sansone e Dalila, presentata nel nuovo allestimento in coproduzione con il China National Centre for Performing Arts di Pechino, risultato di un storico protocollo di intesa firmato dal Teatro Regio, primo in Europa, con il Ncpa. Il regista, creatore anche delle scene e dei costumi di questo allestimento spettacolare, intriso di magia ed esotismo, è Hugo de Ana, uno tra i più immaginifici del teatro d’opera contemporaneo. A dirigere sul podio Orchestra e Coro del Teatro Regio sarà PInchas Steinberg, direttore tra i più apprezzati nel repertorio tardo ottocentesco. Il ruolo di Dalila sarà interpretato dal mezzosoprano Daniela Barcellona, mentre quello di Sansone dal tenore Gregory Kunde e quello del sommo sacerdote da Claudio Sgura. A completare il cast saranno Andrea Comelli nel ruolo del satrapo Abimelech, Sulkhan Jaiani in quello del vecchio ebreo e Cullen Gandy in quello del primo filisteo. Sansone e Dalila è un’opera lirica composta da Camille de Saint Sains tra il 1875 e il 1876 su libretto di Ferdinand Lemaire. Celeberrima l’aria “Mon coeur s’ouvre à ta voix”, cantata da Dalila, sacerdotessa di Dagon, nel secondo atto, che riuscirà a convincere Sansone, capo degli Israeliti, a rivelarle il segreto della sua forza. L’opera debuttò al Teatro Granducale di Weimar in lingua tedesca nel dicembre 1877, riscuotendo un grande successo, mentre quando fu eseguita in Francia a Rouen per la prima volta, nel marzo 1890, non suscitò particolari entusiasmi. Tuttavia fu destinata a riscattarsi pochi anni dopo, divenendo l’opera più celebre di questo compositore, e cantanti liriche quali Sherley Verrett e Maria Callas hanno reso il personaggio di Dalila immortale. La composizione dell’opera presenta una dicotomia intrinseca, che risiede nel contrasto tra la ieraticità del soggetto biblico e i numerosi momenti leggeri e delicati della musica. Approcciando il soggetto biblico, Saint Saens doveva avere ben presente l’esempio dell’oratorio haendeliano, dal quale deriva l’uso del coro quale elemento privilegiato di coesione, mentre nel grande duetto del secondo atto si riconosce l’influenza del Tristan. La vicenda di Sansone ha in sé una grande forza tragica, che risiede nell’accettazione del proprio destino e il suo trionfo rappresenta anche la sua fine. Da questi elementi scaturisce un’opera di notevole sapienza contrappuntistica, percorsa da una sensualità estenuata e dai nuovi fremiti del nascente Novecento.

Mara Martellotta

 

 

“Allegoria”, specchio dell’umanità

Allegoria: è una figura ad effetto, artificiosa, usata per rappresentare un concetto o un fatto attraverso simboli e immagini che rimandano a una realtà diversa. Ma è anche il titolo dell’ultimo romanzo storico di Walter Cerfeda, narratore e saggista pugliese, che vive tra le Marche e il Salento, già vincitore di importanti premi e firma di importanti riviste.

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Questa volta, lo scorso 21 ottobre, il libro è stato presentato a Verbania, a Villa Giulia di Pallanza, con la partecipazione delle Associazioni Culturali VB/doc (Verbania documenti), Letteraltura e Società Dante Alighieri, con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura e all’Istruzione del Comune di Verbania. Significativa la presenza dei rappresentanti di confessioni religiose diverse: Chiesa Cattolica, Islam e Chiesa Evangelica.Importante, sotto il profilo culturale, l’intervento di Franceso Somaini, docente di Storia Medioevale all’Università del Salento (Lecce). Dopo le presentazioni da parte di Giovanni Alba, per il Comune di Verbania, e di Bruno Lo Duca, per VB-DOC  (Verbania allegoria-motellaDocumenti), lo storico Somaini, ha fatto un ritratto del libro, definendolo “un romanzo, come se fosse un saggio” : un romanzo storico, che tocca temi di grande attualità, partendo da Otranto (e dalla strage compiuta dai turchi nel 1480): altre storie simili, precedenti e successive, come saccheggi, violenze e uccisioni, non finiscono mai: la prova lampante “…. è il nuovo assalto dello Stato Islamico all’umanità”. La decapitazione (da parte dei turchi) di 813 otrantini, che rifiutarono di rinnegare la propria fede, ricordano purtroppo molto delitti identici perpetrati di recente. “Si tratta di un periodo storico affascinante” ha aggiunto poi lo stesso Cerfeda “ i governatori che troverete sono insiemeallegoria-motella-3 capi di stato e artisti” e ancora…”i personaggi di allora assomigliano a quelli di oggi, Otranto è un’allegoria del presente: il sangue che scorreva allora è lo stesso che scorre oggi”. L’autore ha fatto riferimento anche agli avvenimenti di attualità riguardanti l’Isis, alla conferenza stampa di Papa Francesco sull’aereo di ritorno dalla Corea (Agosto  2014), in cui, per la prima volta, parla dell’aggressione dell’Isis alle minoranze religiose in Iraq e Siria ed osserva che “Siamo nella terza guerra mondiale, ma… a pezzi”. Da quello sbarco ad Otranto sono passati 536 anni: le tecnologia ha fatto grandi passi in avanti, per il resto, l’umanità è rimasta quella di prima. Dagli Egizi ad oggi, sono passati più di 4000 anni: mi viene in mente che non è cambiato niente: forse….  erano più civili loro.

 Elio Motella

“Tutte le parole del mare”

motella-13Quest’oggi sono approdato su un’isola costellata di costruzioni di pietra calcarea. Arroccata su per il promontorio, la città è integra, ma disabitata. Ho abbandonato i miei uomini per raggiungere la solitudine di cui ho bisogno per ritrovarVi. Raggiungo il culmine della collina salendo la via lentamente e respirando a pieni polmoni. La cattedrale bianca si staglia contro il cielo turchino. Lo squarcia con la sua maestosità. Il sole crea effetti mistici….. “.Così si legge in  “ Tutte le parole del mare ”, il romanzo della giovane Moka (alias Monica Zanon), edito da Arpeggio Libero. Il  libro è stato presentato nella Biblioteca di Lesa, sul Lago Maggiore, località di cui è originaria anche l’autrice. “Di leimotella12 conoscevamo le poesie” ha detto Lucini all’inizio della presentazione “ e, secondo me, questo suo lavoro può essere visto come una poesia senza “a capo”; ogni capitolo è un racconto a sé stante”. “Non dovete immaginare un vero e proprio romanzo” ha aggiunto l’autrice. “Io cerco di scrivere in poesia “. A chi, tra i presenti, le ha chiesto se lo vedrebbe trasformato in un film, Moka ha risposto con sicurezza di sì. Come attesta la scrittrice Annalisa Caravante, nel commento d’introduzione al libro, “protagonista è …. un pirata poeta, che percorre la vita in simbiosi con la natura, ricavando da essa nutrimento per lo spirito…..”.

Elio Motella

Inseguire il mondo. Il Nuovo Barnum

DI  DALLA REDAZIONE DI OFFICINAMAGAZINE.COM

“Baricco insegue il mondo”, si legge nella descrizione sul sito della Feltrinelli de “Il Nuovo Barnum”. A inseguire il mondo si comincia proprio da Ivrea, il 29 settembre al Teatro Giacosa,  dove in una serata organizzata dalla Galleria del Libro viene presentato il nuovo libro di Alessandro Baricco nel giorno stesso della sua pubblicazione. “Il Nuovo Barnum”(Feltrinelli) segue “Barnum” e “Barnum 2”, degli anni ’90, e consiste in una raccolta di articoli editi su quotidiani del calibro di La Repubblica e Vanity Fair. Gli articoli differiscono per argomento e soprattutto per anno di composizione: prima ancora di essere una raccolta giornalistica, il lavoro è una chiave di lettura degli anni che trascorrono. E delle idee che molte volte sono cambiate.

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Baricco sfoglia le pagine e legge come apertura un pezzo in cui si riportano momenti in cui aveva scorto degli articoli su quotidiani, che gli avevano suggerito delle idee per alcuni racconti. La scrittura osserva e solo dopo si posa su un foglio, questa la chiave del discorso. Gli occhi dello scrittore si lasciano trasportare, l’idea che si va a narrare nasce da qualsiasi cosa si tocchi. Un racconto nasce spesso da qualcosa che agli altri sembrerebbe irrilevante. Baricco legge: “In un ritaglio avevo letto di uno che aveva studiato il sistema perfetto per il calcio di rigore. (Per un istante, mi viene in mente di scrivere un racconto che parla di…)”: dalla parentesi in avanti si riportano idee per un racconto che si accumulano veloci, quasi fuggendo. Idee che abitavano in silenzio quel calcio di rigore perfetto e che ora, raccolte, sono portate via e abbracciate dallo scrittore. L’estratto chiarisce l’approccio di Baricco all’invenzione, è insieme il volto di ogni autore che s’immerge nel mondo e lo riscrive secondo un modello che conosce lui soltanto. Non si crea il mondo, ma lo si ritrae traendone spunto e arricchendolo. Questo rende originale un romanzo, un racconto. Persino una raccolta di articoli.

Il momento migliore è sicuramente quello in cui si legge l’articolo su Renzi. Perché ci interessa soprattutto in questi mesi, prossimi al referendum, e perché i tempi sono cambiati: l’articolo è del 2012, scritto in occasione delle primarie del PD. “Renzi? Siete pronti?”, e si ascolta l’opinione di quattro anni fa. Davanti a noi un timido Renzi, che nessuno conosce, che promette qualcosa di buono. Il candidato rischia, scavalca gli ostacoli. Rifondazione è la parola che lo descrive: è un uomo che va di pari passo alla novità, inserisce gente nuova, smantella. Del resto si assume la responsabilità di ristabilire un sostegno all’Italia di Berlusconi. “Come cambia il tempo e tu non sai che succede” commenta Baricco, lanciando alle righe occhiate disilluse, desolato all’idea di un Renzi timido. L’articolo commenta inoltre le eccessive contestazioni al candidato, al tempo continuamente accusato a partire da qualsiasi pretesto. Si cercavano appigli per arginare un uomo sin dall’inizio del rapporto con lui. “Da quando siamo diventati così diffidenti?” scrive il Baricco di quattro anni fa. Conclusione che – almeno questa- sembra ancora non invecchiare.

In poco più di un’ora, è come si leggesse l’intero “Il Nuovo Barnum”. Si assiste senza pagine tra le mani a un incontro inaspettato con il libro, un libro aperto, che propone soltanto il proprio sguardo sul mondo. Spunto per una conclusione è il fatto che l’autore spieghi come, nella scrittura, l’attualità non si possa coniugare con il romanzo e si coniughi molto di più con un quotidiano: per entrambi i generi, a ogni modo, è necessario osservare. Il requisito per ogni obiettivo rimane l’apertura a ciò con cui si ha un contatto, mentre si osserva un uomo o si legge un ritaglio. “Guarda che storia pazzesca- pensi davanti a un report, e da lì iniziano le idee.” commenta l’autore, aggiungendo di stanare “angoli che raccontano il mondo”. L’incontro a Ivrea sembra quasi una chiacchierata, ma sono le chiacchierate quelle da cui nascono le grandi idee. Per comunicare anche sottovoce con qualcuno bisogna regalare stimoli inaspettati, suggerimenti. Anche solo un ritaglio.

L’officina della Scrittura: un museo che “segna” positivamente i torinesi

Un progetto “di-segnato” a 360 gradi

Storia, progresso, cultura, interattività. Un museo innovativo che dà voce alla creatività dell’uomo. Cesare Verona, Presidente di Aurora Penne, ha realizzato il suo sogno e ha permesso a tutti i torinesi di sognare con lui. Il primo museo al mondo che ha come oggetto la comunicazione: la scrittura e tutto ciò che è legato al segno dell’uomo prendono vita nella cornice magica e senza tempo dell’Abbadia di Stura.

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Un progetto che, oltre a diffondere conoscenza, eleganza e stile, si auspica di dare nuova luce ad un quartiere per troppo tempo, ingiustamente, dimenticato. Camminando per le sale del museo non si può non restare affascinati da una storia che forse un po’ tutti conosciamo, ma di cui, probabilmente, nell’automaticità della vita, abbiamo perso di vista l’importanza. Ci viene incontro questo affascinante progetto, che per ben 2500 metri quadri, ci aiuta a rivivere la storia dell’uomo e il modo in cui è stato capace di reinventarsi. Aree grandi e distinte: dalla sezione in cui viene raccontata l’origine del scrittura1segno, alla prima macchina da scrivere Remington, un viaggio lungo tutta l’evoluzione della scrittura nei decenni, ad una sezione interamente dedicata alle penne stilografiche. Una sala dedicata alla pittura, in cui è possibile letteralmente perdersi nella bellezza non solo delle opere esposte, il cui filo conduttore resta “il segno”, ma anche nell’immensità della sala in sé: bianca, piena di luce, paradisiaca. Vi è poi un’ area specifica, dedicata ai bambini, che in questo museo troveranno di sicuro il modo per alimentare la loro fantasia. Ma non solo i più piccoli potranno beneficiare delle attrattive offerte dall’Officina della Scrittura.

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L’associazione Aurea Signa, infatti, fondata nel 2004 allo scopo di effettuare il lavoro di ricerca, di selezione e di organizzazione del materiale utilizzato nel museo, è orientata a diffondere il pensiero secondo il quale la capacità dell’uomo di fare segno, in tutte le sue declinazioni (arte, design, scrittura, architettura, ecc) è molto più attuale di quanto si scrittura-45possa immaginare. Spinti da questa motivazione l’Officina svolge anche un lavoro didattico rivolto sia agli studenti che agli adulti , i quali potranno beneficiare di corsi di approfondimento su varie tematiche: grafologia, calligrafia, scrittura creativa. Inoltre vi è l’impegno da parte dei fondatori di istituire col tempo un vero e proprio Centro di Formazione per avviare i giovani al lavoro artigianale. È presente anche una biblioteca, un auditorium, un bookshop, un bar estremamente raffinato e un ristorante sulla terrazza. Insomma, siamo di fronte ad un progetto “di-segnato” a 360 gradi che di sicuro diventerà un vanto per la città di Torino, unica al mondo ad averlo.

Teresa De Magistris

(foto: Officina della Scrittura)

www.officinadellascrittura.it

 

“Narrare è intonare”. “Narrare è camminare”. “Narrare è nutrirsi”

Si ispirano alla musica di Tom Waits, ai documentari di Herzog, ai libri di Carver, alle vinerie di Torino. E hanno fatto della narrazione un lavoro. Sono le Geef: Giulia, Elisa ed Eleonora. Si sono incontrare alla Scuola Holden, dove hanno frequentato il master di due anni in giornalismo narrativo, all’interno del college di Real World.

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 “La prima volta che abbiamo lavorato in gruppo è stato per un workshop organizzato dal crossmediale Max Giovagnoli. Dovevamo occuparci del lancio di un brand di moda. Abbiamo parlato con le sarte, scoperto la storia che si nascondeva dietro la macchina da cucire e abbiamo provato a scriverla. Ci è venuto naturale continuare a farlo una volta finiti gli studi”.  La narrazione applicata alle aziende aiuta a illuminare quei dettagli nascosti che costituiscono l’anima vera del lavoro. “Spesso facendo domande un po’ insolite si scoprono le fatiche, i viaggi, le decisioni, lo spirito con cui un’azienda è nata. Raccontare questo contorno rende tutto più autentico e diretto”. Le Geef sono giovani e determinate, sono partite da Torino, ma stanno iniziando a muoversi in giro per l’Italia. “Ci piace spostarci. Dobbiamo farlo. Prima di tutto perché le storie sono ovunque e sta a noi trovarle. E secondo perché il movimento aiuta la concentrazione. Una bella camminata dopo una sessione di scrittura intensa aiuta il cervello a ossigenarsi. Te lo insegnano già dalle prime lezioni. All’inizio ci chiedevamo -ma perché ci parlano di scarpe da ginnastica?-. Poi abbiamo capito. Togli la cera metti la cera”. Le tre ragazze hanno già lavorato per diversi brand, da disegnatori di occhiali a designer che dipingono sui tessuti, curandone la storia, le vetrine social e girando video narrativi. “L’inquadratura giusta è quella che lascia fuori qualcosa. Quel qualcosa che stimola l’immaginazione di chi guarda. Ci piacciono i piccoli dettagli che rivelano la vera personalità del brand”.  Le Geef si sono buttate a capofitto in questa attività, ma senza tralasciare i loro progetti personali. La notte, infatti, portano avanti un altro tipo di scrittura, quella più intima. Elisa racconta la Barcellona delle vermuterias, i dialoghi fra le persone che mentre sorseggiano si innamorano. Giulia, quando ha finito di insegnare ritmica alle sue ginnaste, gira documentari sulla nutrizione. Eleonora scrive un libro sulla parte oscura di ogni uomo, incarnata metaforicamente su un’isola: l’Asinara. “Più scriviamo, più miglioriamo. Noi investiamo su questo, sulla nostra continua formazione. Abbiamo solo un problema: ci viene fame prestissimo. Capita che sono le 11.30 del mattino e stiamo lavorando. Basta uno sguardo e ci capiamo. Senza un buon pasto non riusciamo a continuare. Perché il nostro punto debole in comune, ebbene sì, è il cibo!”.

A FABIOLA TEDESCO LA “BORSA DI STUDIO DEL PUBBLICO” DE SONO

È la violinista Fabiola Tedesco la prima borsa di studio assegnata nella storia della De Sono mediante una campagna di raccolta fondi predisposta dall’Associazione in occasione dei propri concerti tra il 2013 e il 2016. Nata a Moncalieri nel 1997, si è diplomata giovanissima presso il Conservatorio di Torino sotto la guida di Sergio Lamberto e con il sostegno della De Sono si sta perfezionando in Austria presso il Voralberger Landeskonservatorium di Feldkirch. Già avviata in una carriera concertistica a livello internazionale, ha partecipato a masterclasses tenute da Vadim Brodsky, Uto Ughi e Tyoko Takezawa e per l’occasione suonerà insieme alla pianista Glenda Cantone, strumentista specializzata nell’accompagnamento pianistico. 

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Il programma della serata, che si svolge martedì 8 novembre 2016 alle 20.30 presso la sala del Conservatorio «Giuseppe Verdi» di Torino, affronta un articolato viaggio all’interno del repertorio violinistico del primo Novecento. Si comincia con Thème et variations per violino e pianoforte di Olivier Messiaen, brano giovanile del grande compositore francese, datato 1932, costituito da cinque variazioni che sottopongono il tema a progressive accelerazioni. Di poco precedente – siamo nel 1924 – è invece la Sonata op. 27 n. 2 per violino solo di Eugène Ysaÿe, seconda Sonata di un gruppo di sei, ciascuna delle quali dedicata a un grande virtuoso del suo tempo, in cui il grande violinista belga cerca di confrontarsi con gli insuperati modelli bachiani per violino solo. La pagina successiva ci proietta negli Stati Uniti ed è opera di George Antheil, eccentrico compositore americano la cui opera oscilla tra le influenze più diverse, dalla musica per film al ragtime; la Sonata n. 2 per violino e pianoforte fu scritta nel 1923 e, a conferma delle bizzarrie che compaiono nella musica di questo autore, prevede nel finale l’impiego di un tamburo affidato al pianista. Chiude la serata la Sonata n. 2 per violino e pianoforte op. 94bis di Sergej Prokof’ev, pagina ormai entrata stabilmente nel repertorio di tutti i grandi violinisti, scritta nel 1942 nella sua formulazione originale per flauto e pianoforte e successivamente arrangiata per violino dallo stesso autore dietro richiesta del grande violinista David Oistrakh.

Il concerto, come di consueto, è a ingresso libero.

I concerti e le attività 2016-2017 sono rese possibili grazie al sostegno dei Soci, degli Amici e di Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, Regione Piemonte, Consiglio Regionale del Piemonte, Camera di Commercio di Torino, Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT, FCA, Exor, Reale Mutua, Banca Patrimoni Sella, Sadem Arriva, Ersel, Buzzi Unicem.