CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 679

Alla scoperta di Mombello

Mombello Monferrato, il “monte della guerra”, come taluni fanno risalire il l’origine del suo nome ad un fatto d’armi (la tenzone del 1172 tra il marchese aleramico Guglielmo IV e le truppe alessandrine ed astigiane) e un centro della Valcerrina, arroccato, quanto al capoluogo, su un colle che offre suggestive vedute, storia ed arte. Ci sono inoltre sei frazioni (che non sono oggetto di questa tappa). In Mombello centro vi è da segnalare la chiesa di San Pietro Apostolo, elencata nel 1299, era anticamente incorporata nel complesso della residenza i Reggenti Monferrini, ora Palazzo Tornielli. Costruito a 3 navate, l’edificio è stato ricostruito nel 1845 ad un’unica aula. Nel 1906 è stata eretta la Cappella della Madonna del Carmine. All’interno ci sono alcuni dipinti attribuiti alla scuola di Guglielmo Caccia, “Il Moncalvo”, mentre la tela in fondo all’abside che effigia Cristo risorto on la Madre venerata da San Francesco è stata attribuita ad Orsola Maddalena Caccia, figlia del Moncalvo. Di particolare interesse è una Madonna con Bambino, opera del 1618, attribuita a Nicolò Musso, nato presumibilmente a Casale Monferrato e morto nel 1618 a Mantova, personaggio di spicco alla corte dei Gonzaga in quel periodo Signori del Monferrato. Da segnalare anche il Coro ligneo del 1647 ed un paliotto in scagliola dell’altare di Sant’Antonio da Padova.Di fronte alla chiesa di San Pietro Apostolo vi è, invece, il palazzo municipale, di costruzione risalente a prima del XVIII secolo. All’interno, sulla volta della sala consigliare si trova un affresco che raffigura il tema della giustizia.Vicinissima al centro storico è invece la chiesa di San Sebastiano, il cui oratorio è posto all’esterno delle antiche mura fortificate di cui vi sono soltanto poche tracce ai confini di quello che era l’antico borgo. Vi sono tracce che porterebbero ad un sacello con impianto romanico nel 1200, ad interventi nel diciottesimo secolo, alla seconda metà del diciannovesimo secolo. Un restauro conservativo degli anni Ottanta del secolo scorso ha consentito una lettura architettonica e storica dell’opera, nella sua attuale veste barocca.

La chiesetta di San Martino, raggiungibile da una scalinata, con accesso consentito da un’apertura nelle mura di cinta del borgo viene citata nel XVI secolo con funzioni di chiesa cimiteriale. L’oratorio ha connotazioni barocche ed un evidente pregi architettonico. Attualmente l’uso dell’edificio, ormai sconsacrato, è finalizzato a incontri con gruppi ristretti di persone, esposizioni e cerimonie civili.Nel centro storico una menzione particolare merita Palazzo Tornielli, già dimora – seppur non continuativa – dei signori del Monferrato, stabile edificato poggiando sulle mura difensive dell’antico borgo di Mombello. Proprietà privata ha nel suo complesso 3 infernot. A cavallo tra fine Ottocent ed inizio Novecento fu oggetto di restauro a parte dell’ingegner Vittorio Tornielli ed arredato con mobili d’epoca. Il Palazzo ha anche un aggancio con le campagne napoleoniche.

A Valle, lungo la provinciale 590 “della Valcerrina” si trova la Tenuta Gambarello, grande cascina a corte quadra di architettura, con facciata ne classica e cappalla gentilizia dedicata a Santa Adelaide. Dal 1933 è proprietà della famiglia Moscheni che la gestisce in forma privata come azienda agricola aprendola al pubblico in occasione del concerto organizzato dall’Associazione Idea Valcerrina che si tiene solitamente la seconda domenica di settembre. Per il 2018, questo appuntamento sarà sabato 8 settembre, alle ore 16, con l’Orchestra Leonore Fondazione Pistoiese Musica, diretta da Daniele Giorgi.Nei pressi della tenuta è emerso un sito archeologico romano – longobardo in località Mulino Nuovo. Qui, accanto ai resti romani di un rustico residenziale, sono state individuale strutture pertinenti ad un contesto abitativo artigianale longobardo del VI – VII secolo dopo Cristo.Si ringrazia per la collaborazione Augusto Cavallo, vice sindaco di Mombello Monferrato e guida escursionistica.

Massimo Iaretti

(foto di Augusto Cavallo)

Agosto di grande musica e spettacolo al Forte di Bard

L’appuntamento è sempre nell’ampia Piazza d’Armi con il cortile quadrangolare dell’”Opera Carlo Alberto”, il più alto dei tre “corpi di fabbrica” che danno forma all’imponente complesso fortificato fatto riedificare nel XIX secolo da Casa Savoia sulla rocca che sovrasta il borgo di Bard, in Valle d’Aosta

Qui, dopo il concerto (“La mia storia”) tenuto il 26 luglio scorso da Ornella Vanoni, ritornerà martedì 14 agosto, alle ore 21, la grande musica con la ventunesima edizione del “Festival Etétrad – Musique du monde en Vallée d’Aoste” organizzata dall’associazione “Etétrad” (fondata ventuno anni fa ad Aosta) e che, al debutto, vedrà protagonista d’eccezione Ginevra Di Marco con lo spettacolo “Donna Ginevra e le Stazioni Lunari” che ripercorre gli ultimi dieci anni di ricerca musicale dell’artista fiorentina. In programma pezzi – scoperti e riscoperti – della più rigorosa tradizione popolare, a partire dal bacino del Mediterraneo fino alle coste del Sudamerica e oltre. Introducono la serata Tartaraf + Esercizi di stile della Sfom Lab, l’aostana Scuola di Formazione ed Orientamento Musicale della “Fondazione Maria Ida Viglino”. Biglietti: 7 euro in vendita al Forte il giorno dell’evento. Il titolo di ingresso darà diritto all’acquisto dei biglietti ridotti per mostre e musei.

Domenica 19 agosto, sempre alle ore 21, ad esibirsi sul palco di Piazza d’Armi sarà invece Dario Ballantini, noto attore ed imitatore, autentica e geniale forza della natura, che porterà in scena il suo “Da Balla a Dalla. Storia di un’imitazione vissuta”. Lo spettacolo del mitico livornese è dedicato al suo rapporto con il celebre cantautore – scomparso il primo marzo di sei anni fa – nel quale si mescolano, e diventano un tutt’uno di magica suggestione, memorie imitazioni quadri di vita e aneddoti. Un omaggio che Balla-Ballantini rende all’amico e artista reinterpretando parte della sua straordinaria produzione artistica. Biglietti: 8 euro. Il biglietto include l’ingresso omaggio a scelta ad una delle mostre temporanee ospitate al Forte.

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RAFTING AL FORTE

Si può fare! E le forti emozioni sono assicurate. E’ un’ulteriore e divertente opportunità per conoscere il territorio circostante il Forte di Bard in famiglia o con gli amici, solcando le limpide acque della Dora Baltea. L’iniziativa è promossa in collaborazione con il Centro Rafting Aventure di Villeneuve. Le partenze avvengono dal bar – ristoro “Il Laghetto” in frazione Echallod ad Arnad.

Prenotazioni: tel. 345/5179705 – info@raftingaventure.com

Per ulteriori info: Associazione Forte di Bard – tel. 0125/833811 – www.fortedibard.it

Gianni Milani

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Nelle foto
– Ginevra Di Marco
– Dario Ballantini
– Rafting al Forte

 

L’or des pharaons

L’esposizione nello shop, che precede la mostra, di (molte) collanine, gioielli, statuette e talvolta statuone a tema egizio e di (pochi) libri o altri souvenir di maggior valore culturale può far inizialmente temere di assistere ad una opulenta celebrazione del lusso monegasco, dove la storia e l’archeologia finiscono in secondo piano rispetto all’estetica degli oggetti o, peggio ancora, al valore venale da capogiro di reperti egizi plurimillennari, in trasferta dai principali musei del mondo ma, in particolare dal Museo Egizio del Cairo, al Forum Grimaldi di Montecarlo dal 7 luglio al 9 settembre prossimo.Tuttavia la mostra riesce a vincere la sfida con se stessa e a non limitarsi all’accumulo e all’abbacinare i propri visitatori: i curatori riaffermano la scientificità dell’allestimento a partire dalle prime sale, dove vengono brevemente riassunti gli aspetti strettamente petrografici e mineralogici dei materiali che la mano umana ha poi trasformato in gioielli, per uomini e donne, sia nel piú fine cesello di oggetti di qualche centimetro sia nella creazione di pesantissimi e complessi monili rituali.  Ma, d’altra parte, la mostra “L’or des pharaons” è costretta, dal luogo che la ospita e dal tema su cui è imperniata, ad esibire l’opulenza di una antica civiltá di cui, si diceva, l’oro è la polvere delle proprie strade. Vedere in un unico luogo cosí tanti reperti, cosí celebri ed in un contesto che ne consente di goderne appieno, con luci soffuse, teche antiriflesso che si possono osservare a tutto tondo, è un’occasione più unica che rara, favorita dai lavori di trasferimento dello storico Museo Egizio del Cairo al nuovo museo ai piedi delle piramidi.

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Il tema centrale è l’oro, ma anche le pietre preziose, il lapislazzuli, l’argento e l’intera maestria degli orefici egizi che per 3000 anni seppero fondere, incrostare, cesellare, inventare e scolpire minerali e metalli trasformandoli in gioielli dal significato religioso e magico, inno alla vita, all’immortalitá e alla divinità, perché l’oro e il lapislazzuli, non bisogna dimenticarlo, sono la materia di cui sono fatte le membra degli dei. La mostra, lunga e bellissima, inevitabilmente vince con la carta della ricchezza rispetto al concetto dell’esibizione museale consueta, ai tanti ragionamenti sulla prosopografia alla base del nostro Museo Egizio, alle chicche letterarie che si conservano a Berlino, alle grandiose statuarie del Louvre o del British Museum: in questa esposizione si celebra, in un certo senso, la lungimirante regolamentazione che, sin dall’Ottocento, grazie ai primi direttori del Museo cairota, Mariette e Maspero, previde il rigoroso controllo e la prelazione sulle scoperte delle tante missioni archeologiche, che permise di trattenere sul territorio nazionale le opere di fattura piú squisita, i capolavori piú ricchi in materiali e bellezza; ben pochi sfuggirono alla sorveglianza, come la celebre statua di Nefertiti imbruttita con il fango e contrabbandata ai limiti della clandestinità in Germania. Sono dunque rimasti in Egitto, e portati in Europa solo per la mostra, i pochi corredi faraonici sopravvissuti al saccheggio e quelli dei privati, come quello di Yuya e Tuya, il quale, pur nella maggiore ricchezza, è coevo e molto simile nello stile a quello della tomba torinese di Kha e Merit, la quale dunque non sfigura e si può godere a Torino, confrontando le due rispettive stupende e vivide maschere femminili. C’è poi il grande paradosso, il fatto che tali tesori non siano che una minima parte di tutto ciò che è stato saccheggiato in antichità: queste ricchezze sono dunque delle fortunate sopravvissute, cui dobbiamo guardare riconoscenti verso la sorte, immaginando che cosa dovessero essere i gioielli dei grandissimi faraoni dell’Antico, Medio e Nuovo Regno, di cui ci sono giunti soltanto scampoli, o neppure quelli, guardare il tesoro di Tutankhamon costringe a un impossibile esercizio di induzione per figurarsi quello di un Ramses, di un Thutmosi o di un Amenhotep, contemplare il raffinato diadema di una principessa del Medio Regno le corone poste sul capo di Cheope o Nefertari, le cui teste protette dal cobra che vegliava il loro popolo concepirono le vicende storiche della civiltà del Nilo.

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La mostra prosegue alternando sezioni in cui basta “vedere” ed esaurire rapidamente il proprio vocabolario di aggettivi esprimenti apprezzamento estetico, a parti più da “leggere”, riflettendo sulla storia di una civiltà che, pure nella piena crisi delle ultime dinastie, riusciva a realizzare opere di primissimo ordine. Dopo una prima metà di mostra, la storia egizia viene ricapitolata in ordine cronologico dalla seconda metà della esposizione stessa in poi – che i curatori con la prima parte vogliano ironicamente esibirci tante ricchezze come se fossero un semplice assaggio o riscaldamento? – scoprendo le vicende giudiziarie dei ladri di tombe, con l’aiuto di una ricca papiroteca realizzata anche grazie ai documenti del Museo Egizio di Torino, che ci consente di mettere naso nella complessa burocrazia e nello spietato codice penale egizio, nella corruzione delle reti “mafiose” di ricettatori dei corredi trafugati e nella triste fine dei pesci piccoli che pagano per tutti. C’è spazio anche per la cultura materiale, sulla narrazione della quale si basa il museo torinese, con reperti da Deir el Medina, scorci familiari nella vita quotidiana degli artisti e la possibilità di ammirare gli attrezzi dell’orafo, crogiuoli in terracotta e semplici strumenti in metallo, completando, così, la scansione della mostra nelle due citate macro-sezioni, intervallate da una suggestiva veduta panoramica del Nilo nei pressi della Valle dei Re.Quando si sta quasi per tirare il fiato, ecco che si viene trascinati alla scoperta dell’ultimo grande tesoro, quello che Pierre Montet rinvenne a Tanis negli anni ‘30 (sí, “Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta” è ispirato alle vicende dell’archeologo francese) nella tomba del faraone Psusennes, dove è l’argento, rarissimo in Egitto ed importato, e non l’oro, proveniente in grande quantità dalla Nubia ( regione il cui stesso nome viene dalla parola egizia per il biondo metallo, nebu), a farla da padrone, gettando luce su un’epoca decisamente poco nota dell’Egitto, il terzo periodo intermedio, caratterizzata da alti e bassi storici e non liquidabile, si parla pur sempre di un millennio, con il generico termine di decadenza. Quest’ultima sezione, a sé stante, sa riunire, ancora una volta, la vicenda archeologica con i tesori di oreficeria, ricostruendo, passo a passo, le scoperte di Montet, le planimetrie, i telegrammi alla famiglia, le foto e i documentari dell’epoca, fino all’imponente sarcofago in argento del sovrano.  L’occasione è unica per vedere tali reperti poco lontano dall’Italia, ancorché breve, l’ideale per una gita estiva.  L’ultimo consiglio è di ascoltare le raccomandazioni dell’azzimato e gentile usciere che vi accoglierà osservando che lungo il percorso farà “un peu de froid” : i reperti sono tenuti a temperature controllate che hanno ben poco di egiziano, occorre mettere almeno un maglione o approfittare delle ampie coperte (“scialli”), che vengono messi a disposizione all’ingresso, sono sconsigliate per la stessa ragione le scarpe aperte.

 

Andrea Rubiola

Dettagli: http://www.grimaldiforum.com/fr/agenda-manifestations-monaco/l-or-des-pharaons#.W2rxdiPOM0

 

“Museiamo” a Ferragosto

DAL 13 AL 15 AGOSTO

L’iniziativa è singolare e allettante. Rivivere la storia dell’unificazione italiana, percorrendo in lungo e in largo le austere sale, con i tanti reperti e le collezioni (oltre 2.500 pezzi databili fra il 1706, anno dell’assedio di Torino, e il 1946, anno di nascita della Repubblica italiana) del Museo Nazionale del Risorgimento Italiano di Torino, accompagnati da guide eccezionali e francamente impensabili ma altamente verosimili, quali i più celebri personaggi risorgimentali – quelli che fecero l’Italia, per intenderci – guidati niente meno che da Giuseppe Garibaldi. Che potrà anche permettervi di accedere, con indubbia – da parte sua – cognizione di causa, a quella prestigiosa Camera dei Deputati del Parlamento Subalpino, attiva dal 1848 al 1860, ancora oggi intatta e con tanto d’arredamento d’epoca, compresi gli scranni dove sedettero parlamentari del calibro di un Cavour, di un Massimo D’Azeglio o di un Cesare Balbo, così come di un Vincenzo Gioberti o dello stesso leggendario “eroe dei due mondi”, sicuramente fra i personaggi storici italiani più celebri al mondo. E, del resto,quale migliore “cicerone” per visitare il più antico e importante Museo dedicato al periodo risorgimentale italiano e l’unico che possa ufficialmente fregiarsi del titolo di “Nazionale”? L’occasione è da prendere al volo per quanti – turisti e torinesi – trascorreranno questo Ferragosto all’ombra, mai tanto gradita come in questi giorni, della Mole. A Palazzo Carignano, l’edificio barocco del Guarini sede del Museo, queste speciali visite guidate (realizzate in collaborazione con Artò e Oikos Teatro) le hanno giustamente definite “teatrali”, con tanto di abiti e costumi d’epoca indossati da riconoscibilissimi personaggi altrettanto d’epoca, interpretati da attori-guida scelti a raccontare il Museo e la grande storia in esso custodita attraverso atmosfere, percorsi, suggestioni, aneddoti e curiosità assolutamente inconsuete e – perché no? – divertenti. L’appuntamento è per le giornate del 13, 14 e 15 agosto, alle ore 14,30 e 16. Il costo della visita teatrale è di 5 euro, da aggiungere al prezzo del biglietto di ingresso; è possibile prenotare allo 011/5621147. Da segnalare che il Museo resterà sempre comunque aperto durante il ponte di Ferragosto, dalle ore 10 alle 18. Anche per permettere ai visitatori di non perdersi gli ultimi giorni della mostra fotografica “Arma il prossimo tuo. Storie di uomini, conflitti, religioni” allestita negli spazi museali fino al prossimo 9 settembre. In esposizione troviamo centodieci scatti realizzati dai fotoreporter Roberto Travan e Paolo Siccardi in alcuni dei luoghi del mondo devastati negli anni più recenti e ancor oggi da guerre. Un percorso di grande emozione che ricerca e racconta, come forse mai si sia fatto finora, un aspetto poco rivelato: la fede in un Dio e il dovere inspiegabile di combattere uccidere e morire in nome di quella stessa fede.

Gianni Milani

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Museo Nazionale del Risorgimento Italiano – Palazzo Carignano, via Accademia delle Scienze 5, Torino; tel. 011/5621147 – www.museorisorgimentotorino.it

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Nelle foto
– “Museiamo”
– Il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano di Torino
– Paolo Siccardi: “Siria”
Siria – Aleppo; 2012.; Giovani combattenti dell’esercito siriano di liberazione si lanciano in battaglia; al grido di “Allah Akbar”: “Allah è grande”.; (foto P. Siccardi)

 

Agosto al Museo Egizio

Dalle origini all’epoca delle piramidi

Giovedì 9 agosto alle ore 15:40, il Museo Egizio propone la vista guidata  “Dalle origini all’epoca delle piramidi”.

Il percorso si articola in modo specifico al Secondo Piano espositivo. La visita guidata illustra le caratteristiche delle comunità di villaggio che abitavano l’antica Valle del Nilo in Epoca Predinastica, ripercorrendo in sintesi le dinamiche che hanno condotto alla complessa unificazione del regno. Vengono esaminati i reperti più rappresentativi della cultura materiale del IV millennio a.C., generalmente sconosciuti al grande pubblico. Le più antiche tradizioni cultuali sono indagate nella loro evoluzione storica, fino all’analisi dei corredi e delle sepolture private di importanti personaggi legati all’ambiente di corte e funzionari (Tomba di Ignoti e Tomba di Iti e Neferu).

 

INFORMAZIONI UTILI

Dalle origini all’epoca delle piramidi

Pubblico: adulti

Data e orari: 9 agosto 2018, ore 15:40

Prezzo al pubblico: € 5,00 (biglietto di ingresso escluso)

Prenotazione obbligatoria: dal lunedì al venerdì, 8:30 – 19:00; sabato, 9:00 – 13:00.

Telefono: 011 4406903 – mail: info@museitorino.it

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“Museo Egizio Nascosto”: una visita guidata alla scoperta del Museo, della sua fondazione e dei reperti che custodisce

 

Venerdì10 agosto alle ore 19:00, il Museo Egizio – via Accademia delle Scienze 6 – propone la una nuova visita guidata Museo Egizio Nascosto, un percorso per mettere in luce le curiosità più interessanti sulla fondazione del Museo.

La visita guidata, della durata di 90 minuti, ha come obiettivo quello di raccontare  il Museo Egizio, dalle origini della sede che lo ospita, alla natura dell’esposizione permanente. Durante il percorso, la descrizione dei reperti è accompagnata dalla narrazione di alcuni aneddoti che consentono di scoprire le meraviglie e gli aspetti più insoliti della cultura materiale egizia custoditi dal Museo

 

 

INFORMAZIONI UTILI

Museo Egizio nascosto

Pubblico: adulti

Data e orari: 10 agosto 2018, ore 19

Prezzo al pubblico: € 5,00 (biglietto di ingresso escluso)

Prenotazione obbligatoria: dal lunedì al venerdì, 8:30 – 19:00; sabato, 9:00 – 13:00.

Telefono: 011 4406903 – mail: info@museitorino.it

 

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Al Museo Egizio appuntamento con “Geroglifici: che emozione!” per conoscere l’affascinante scrittura dell’antica civiltà dei faraoni

 

Sabato 11 e domenica 12 agosto, alle ore 10:10, il Museo Egizio propone ai bambini dai 6 agli 11 anni, accompagnati dai genitori, l’opportunità di intraprendere un viaggio alla scoperta dell’affascinante scrittura dei faraoni: i geroglifici.

La visita guidata, intitolata “Geroglifici: che emozione!”, offrirà ai piccoli visitatori la possibilità di conoscere in prima persona il profondo sapere faraonico celato nelle misteriose iscrizioni.

Aiutati dall’egittologo museale, i giovani visitatori e i loro accompagnatori saranno coinvolti nella scoperta del funzionamento base dell’affascinante scrittura geroglifica. Approfittando dell’occasione, inoltre, potranno osservare con attenzione i reperti egizi distribuiti lungo tutto il percorso della visita, alla ricerca di nomi e formule legate alle superstizioni e ai desideri degli antichi Egizi, talvolta sorprendentemente simili ai nostri.

Un percorso intrigante, capace di dare vita ai messaggi trasmessi da alcuni dei protagonisti della civiltà nilotica, che punta l’attenzione sul fascino della scrittura geroglifica, un’arte rivelata a pochi eletti grazie ad un lungo e complicato insegnamento.

 

INFORMAZIONI UTILI

Geroglifici: che emozione!

Pubblico: bambini (6-11 anni) accompagnati dai genitori

Data e orari: 11-12 agosto, ore 10:10

Durata: 90 minuti

Prezzo al pubblico: € 5,00 (biglietto di ingresso escluso)

Prenotazione obbligatoria: dal lunedì al venerdì, 8:30 – 19:00; sabato, 9:00 – 13:00.

Telefono: 011 4406903 – mail: info@museitorino.it

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SESHEN: LUCE DI VITA ETERNA

 Appuntamento al Museo Egizio per conoscere i miti e i significati del fiore di loto

Sabato 11 e domenica 12 agosto, alle ore 15:00, il Museo Egizio – via Accademia delle Scienze 6 – organizza la visita guidata “Seshen: luce di vita eterna”.

“Seshen” è il nome con il quale gli antichi egizi chiamavano il fiore di loto. Si tratta di un simbolo fortemente connesso alla luce del sole e presente in molti miti faraonici: si narra, infatti, che fu proprio un loto, emerso dalle acque primordiali, a diventare la culla in cui ogni mattina nasce il sole.

 

Durante questa visita, il pubblico sarà guidato attraverso le sale del Museo, alla scoperta dei reperti più significativamente connessi a questo elemento: raffigurato nei corredi funerari, nell’architettura e nei prodotti artigianali, il fiore di loto simboleggiava per gli antichi egizi la rinascita dopo la morte, la vita eterna, il rinnovamento e la connessione con il sole.

 

 INFORMAZIONI UTILI

Seshen: luce di vita eterna!

Pubblico: bambini (6-11 anni) accompagnati dai genitori

Data e orari: 11-12 agosto

Durata: 120 minuti

Prezzo al pubblico: € 8,00 (biglietto di ingresso escluso)

 

A “Un mare di libri” si parla di ricette di guerra

Venerdì 10 agosto alle ore 21,15 presso il Chiostro Ester Siccardi di Albenga nuovo appuntamento con gli eventi di “Un Mare di cultura “ organizzati dal Centro Pannunzio e dal DLF. Il Prof. Pier Franco Quaglieni e il Dott. Nino Boeti, Presidente del Consiglio regionale del Piemonte, presenteranno il libro “Donne e cucina in tempo di guerra. Dal ’39 al ’45: il conflitto raccontato attraverso le ricette “della fame” (ed. Susalibri) di Bruna Bertolo. Il libro, corredato da un ampio apparato fotografico, è una vera e propria immersione nel quotidiano degli italiani durante la Seconda Guerra Mondiale; accanto alle ricette ritrovate nei giornali o raccolte attraverso preziose testimonianze orali, è presente il racconto dei costumi di quegli anni, la narrazione di storie personali di coraggio e di sacrificio di un’Italia sofferente, devastata dai bombardamenti e obbligata a trasformare radicalmente le proprie abitudinialimentari. Nella prefazione, il Prof. Quaglieni spiega che questo libro «serve ai giovani per conoscere ed a chi ha un’età diversa per ricordare un passato che tanti italiani hanno dovuto affrontare». Sottolinea che le donne nutrivano i famigliari con le ricette del “poco e del senza”; le massaie italiane infatti, con molta fantasia e inventiva, riuscivano a rendere meno intollerabile la cucina “della fame”, fatta di pochissimi ingredienti, di scarti e avanzi. Questo libro dunque non solo propone spunti di riflessione riguardo alla sofferenza patita dai nostri avi e alla capacità tutta femminile di ricavare il meglio possibile da ogni situazione, ma invita anche a fare un confronto tra quelle condizioni di vita e le nostre, di generazione “privilegiata” che vive in pace e in una condizione di benessere. Al termine della presentazione saranno offerti degli assaggi tratti da alcune ricette del libro.

A Bardonecchia va in scena”How does it feel?”

Lunedì 6 agosto  Something about Bob Dylan con l’Accademia dei Folli
Il Paese delle meraviglie, spettacolo teatral-musicale itinerante

  
Nuovo appuntamento con Next to the border, rassegna di musica-teatro 

Alle 21 al Palazzo delle Feste L’Accademia dei Folli propone How does it feel? Something about Bob Dylan, uno spettacolo dedicato al grande cantautore americano.

I musicisti e gli attori dell’Accademia dei Folli ripercorrono la storia di Bob Dylan, quando ancora non era Bob DylanHow does it feel? è uno spettacolo tra musica e teatro, un viaggio di formazione attraverso l’America, le sue radici e il suo “rinascimento”.

La narrazione svela al pubblico il percorso umano e artistico di uno dei più interessanti e innovativi poeti del nostro tempo. Più che un tributo a Bob Dylan, un racconto accorato e insieme un reportage fotografico di un’epoca e dei suoi fermenti, una visita a quella fabbrica di idee e di arte che è il Village newyorchese degli anni Sessanta. Un racconto fatto dei suoni di celebri note, dell’eco di poetiche parole, di aneddoti e curiose vicende, che inizia in un’epoca lontana, quando l’artista si chiamava ancora Robert Zimmermann.  

Il viaggio parte infatti dalla città natale di Dylan, Duluth in Minnesota, conosciuta come la Terra dei Giganti, una strano scherzo del destino per chi è alto sì e no un metro e settanta. Allora non aveva scritto nemmeno una filastrocca ma, a sentire lui, da qualche parte le sue canzoni c’erano già, ed erano canzoni folk: doveva solo trovarle. 

Cambiò nome – Robert Allen – e si trasferì a Minneapolis, sempre Minnesota. Poi diventò Robert Allyn, con la ipsilon, che faceva più fine. Ma di canzoni nemmeno l’ombra. Bob Allyn? Per carità, sembrava il nome di un rivenditore di Cadillac usate. Finché un bel giorno Robert Thomas – è sempre lui – non incontrò qualcuno che gli cambiò la vita: Woody Guthrie. E allora sì che Robert Dillon – sempre lui – si mise a scrivere canzoni, e anche a cantarle, a New York, in una gabbia di matti universalmente nota come “Café Wha”. Un altro bel giorno Bob Dillon si trovò sotto il naso un mucchio di fogli con su scritto: Columbia Records. Era il contratto regolare che si offriva a ogni nuovo artista ingaggiato da loro. Lui doveva solo firmare.
E sapete cosa fece?  Prese la penna, e così, per istinto, automaticamente, senza neanche pensarci, ci scrisse sopra il suo nome: Bob Dylan, l’artista folk capace di conquistare prima il pubblico americano e poi quello di tutto il mondo.
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HOW DOES IT FEEL? SOMETHING ABOUT BOB DYLAN
6 agosto 2018 – ore 21.00
Palazzo delle Feste, piazza Valle stretta 1 – Bardonecchia
Ingresso 15€, ridotto con prenotazione 12€

con
Carlo Roncaglia voce e chitarra
e con Enrico De Lotto contrabbasso| Paolo Demontis armonica |Vincenzo Novelli chitarre | Giò Dimasi percussioni

testi Emiliano Poddi |musiche e arrangiamenti Enrico De Lotto |regia Carlo Roncaglia

Prenotazioni su www.accademiadeifolli.com

Biglietti in prevendita presso Ufficio del turismo di Bardonecchia – Piazza de Gasperi 1.

Tra fede e storia a Ponzano il bis dell’Unesco

Ponzano Monferrato è un piccolissimo comune monferrino che appartiene alla Valcerrina ed ha sul proprio territorio non uno, ma due, riconoscimenti Unesco. Uno gli derivata dal Sacro Monte di Crea, inserito nei circuito dei Sacri Monti e percorsi devozionali piemontesi e lombardi, l’altro per i Paesaggi Vitivinicoli del Piemonte, Langhe – Roero e Monferrato
E sul territorio del capoluogo Ponzano e della frazione, Salabue, che un tempo era comuna a sé stante, ci sono giardini bellissimi, che si potrebbero chiamare benissimo “giardini nascosti”, non per qualche strana alchimia ma perché proprietà privata e come tali aperti solo per gentil concessione dei loro Signori. Il breve viaggio alla loro scoperta parte dal Parco del Castello Cavallero. Il complesso situato su un’altura dominante l’abitato di Ponzano, è documentato per la prima volta nel diploma del 1014 con cui Arrigo il santo fece dono del territorio alla chiesa di Vercelli, mentre a partire dal 1020 il complesso, identificato da alcuni studiosi come ricetto, fu feudo di alcune famiglie nobili. La presenza di giardini è attestata da un atto del 1588, non vi sono invece notizie sulla fisionomia del giardino antistante il fabbricato. Risale a fine XIX secolo la realizzazione del giardino sviluppato sul versante collinare posto a oriente del castello, caratterizzato da una serie di sentieri delimitati da siepi di bosso. L’originale soluzione di giardino su scarpata, unico nella zona del Monferrato Casalese è attestato da due giardini biellesi. Tra le piante c’è da segnalare quella cara al Maresciallo d’Italia Ugo Cavallero che, nelle ore libere, amava passare il tempo alla sua ombra.
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Nella frazione Salabue c’è invece un secondo Castello la cui origine, come complesso, è documentata per la prima volta nel 1349 quanto il Marchese del Monferrato investì Tommaso di Setaria del castro, villa e consorti di Ponzano e Salabue. Alla famiglia Cozio (conti di Salabue i cui eredi ne detengono attualmente la proprietà), si devono importanti modifiche che trasformarono l’antico Palazzo in residenza di rappresentanza e si presume che in questo periodo venne realizzato il giardino pensile posto a livello del piano nobile dal quale era possibile accedere al matroneo della chiesa per assistere alle messe e fu realizzato il parco paesaggistico sul versante collinare. Nel 1935 venne acquistato dai Davico e nel 1948 si provvide alla nuova sistemazione del giardino pensile, caratterizzato da un impianto formale, costituito da aiuole geometriche delimitate da siepi di bosso con numerose piante di rose, disposte attorno ad un antico pozzo in pietra. Il Giardino della Dimora Il Sagittario domina la vallata che separa il paese di Ponzano dal Sacro Monte di Crea. Edificata nella seconda metà del XVIII secolo fu dotata di una piccola chiesa (era il 1783) dedicata a San Bernardo, circondata da una ampia superficie a giardino di cui non si conoscono le caratteristiche dell’impianto originario. Un pergolato di glicine e rose chiude il giardino creando un piacevole passaggio. Nell’area antistante la residenza vi sono antichi esemplari arborei, alcuni dei quali – probabilmente – risalgono all’epoca della fondazione dell’edificio: un cedro del Libano, un ulivo, un faggio rosso.
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Ubicato nella corte interna della villa Il Cedro, non rilevabile dall’esterno, il giardino suscita nel visitatore inaspettata sorpresa. Il suo impianto risale al 1877, anno in cui la contessa Adele Roggeri Sannazzaro affidò all’ingegner Brocchi il progetto di ampliamento della “Casa di campagna” sita in Ponzano. Dall’analisi degli elaborati progettuali si evince che oltre alla residenza il progetto del Brocchi interessò anche il giardino. L’impianto, oggi ancora perfettamente conservato, prevedeva la realizzazione di aiuole dalle forme curve definite da basse siepi di bosso a contenimento di superfici tenute a prato. Grazie a un attento restauro attuato dagli attuali proprietari è stato recentemente ripristinato l’antico orto, dove cordoli di vecchi mattoni delimitano le aiuole coltivate con verdure di grande effetto decorativo. Infine c’è Villa Larbel, il cui nucleo originario documentato nel “Libro figurato ” del 1773, era costituito da una modesta casa appartenente alla famiglia di Francesco Maria Sapelli, che sul finire del XVIII secolo rivestì la carica di sindaco della comunità di Salabue. Si deve a Sebastiano Antonio Sapelli l’ampliamento della proprietà e l’edificazione dell’attuale residenza. Con l’inizio del XX secolo il toponimo fu trasformato in “villa Restano”, nome dei nuovi proprietari della villa. Il giardino, posto su un ampio terrazzamento antistante la residenza, faceva probabilmente parte del progetto di abbellimento della villa iniziato dal conte Sebastiano Sapelli. Per Giuseppe Niccolini era “la casa dal superbo giardino”. Oggi è Villa Larbel, e il suo giardino, come già nella seconda metà dell’Ottocento, a buon diritto può essere definito superbo: per la raffinata eleganza esaltata dal paesaggio incontaminato su cui si affaccia, come anche per la ricchezza botanica e la cura con cui viene mantenuto. Sui giardini del Monferrato Casalese (quindi anche della Valcerrina) è stata realizzata una pregevole pubblicazione “Il Giardino Diffuso – Alla scoperta dei giardini di interesse storico e botanico del Monferrato casalese”, a cura dell’Ecomuseo della Pietra da Cantoni, cui qui si è ampiamente attinto.
Massimo Iaretti
 

Notte bianca al Borgo vecchio di Bardonecchia

Sabato 4 agosto con l’Accademia dei Folli. Il Paese delle meraviglie, spettacolo teatral-musicale itinerante 
  
Sabato 4 agosto il Borgo Vecchio di Bardonecchia si trasforma in un grande palcoscenico all’aperto per una notte bianca speciale. L’Accademia dei Folli presenta Il Paese delle meraviglie, spettacolo musical-teatrale a tappe con cena itinerante.  L’antico borgo di Bardonecchia, per una sera soltanto, diventa dunque uno scintillante teatro all’aperto e accompagna il pubblico in un viaggio teatrale ed enogastronomico lungo le vie, nei cortili e nei giardini segreti di un paese dove sembra che il tempo si sia fermato.  Ne Il Paese delle meraviglie sette attori danno vita uno spettacolo in sei stazioni, un prologo e un epilogo con cena itinerante, piccole scene teatrali e musicali, intervallate da momenti di degustazione. Il percorso è una passeggiata a tappe, dove a ogni stazione corrisponde un punto ristoro della cena itinerante.  L’atmosfera creata dallo spettacolo è quella delle fiere di inizio ‘900, dove il pubblico veniva attirato da cartomanti, giocolieri, clown, dove i racconti incredibili lasciavano a bocca aperta gli spettatori. Il pubblico viene introdotto in un mondo che non esiste più, un mondo non ancora raggiunto dal cinema, dalla televisione, da internet. Uno scalcinato circo arriva in città; un baraccone senza animali addomesticati e senza freaks, uno stralunato e rattoppato gruppo di attori che ce la mettono tutta pur di incantare il pubblico. Sono guitti fuori tempo massimo che potrebbero essere usciti dalla famosa pellicola di Carné del ’45 (Les enfant du paradis) con le loro storie da raccontare; perché lo spettacolo deve continuare anche se il Clown non è capace di far ridere, anche se una storia di fantasmi oggi non può competere con quelle di Hollywood, anche se nessuno più crede alla cartomante. Ai Folli piace pensare che questo mondo perduto sia ancora in un angolo del nostro immaginario e che possa ancora divertire, commuovere, stupire.

L’ingresso con cena e spettacolo costa €25. L’ingresso al solo spettacolo costa € 15

La rassegna dei libri di luglio

Arriva, anche nel mese di luglio, il momento di scoprire cosa si legge nel gruppo FB Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri

Eleanor Oliphant sta benissimo, di Gail Honeyman  è il più apprezzato e commentato romanzo del mese, seguito, a debita distanza, da La ragazza con la Leica, di  Helena Janeczek, vincitore dell’ultima edizione del Premio Strega che, però, sta lasciando molte perplessità nei nostri iscritti, mentre continua ad essere amato e citato  Il linguaggio segreto dei fiori, di Vanessa Diffenbaugh, che torna, puntuale, tra consigli di lettura . Obiettivo Irlanda: molti post chiedono consigli su letture che raccontino la storia di questa splendida terra o vi siano ambientati. Ecco una piccola selezione di titoli meno citati, per lettori e viaggiatori curiosi e interessati alla storia contemporanea: Una stella di nome Henry è uno dei migliori titoli di Roddy Doyle e rivisita i fatti che portarono alla nascita dell’Eire rinunciando al tono edificante di certa letteratura più schierata, ma conducendo il racconto con perizia e la consueta vena ironia; lo stesso argomento è affrontato, in modo più didascalico, da 1916 , splendido affresco storico di Morgan Llywellyn del quale non esiste ancora una traduzione italiana; la questione Nord Irlandese è al centro della splendida storia di amicizia narrata da Robert McLiam Wilson in Eureka StreetAmanti dei saggi, ecco tre titoli, di genere molto diverso, per chi ama la lettura a carattere divulgativo: a chi interessa approfondire i meccanismi psicologici che regolano le gerarchie sociali e il ruolo del leader consigliamo La via di Shackleton, di Margot Morrel e Stephanie Capparel; ai lettori interessati alla biologia segnaliamo Il mondo d’acqua, di Frank Schätzing, una storia della Terra  con il racconto di teorie, ipotesi, scoperte; Salonicco, città di fantasmi, di Mark Mazower è invece il consiglio per gli appassionati di storia e politica. Ai lettori più curiosi ed esigenti, la nostra redazione consiglia: Chiamami col tuo nome, di André Aciman, dal quale è stato tratto un recente film; il classico della letteratura tedesca Woyzeck, di Georg Büchner; il drammatico Terra matta, di Vincenzo Rabito.Tra le discussioni più accese del mese vi invitiamo a partecipare a quella sui libri da leggere in spiaggia: leggeri passatempi o volumi impegnativi? Fateci sapere la vostra opinione iscrivendovi al gruppo Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri!

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Il podio del mese

Eleanor Oliphant sta benissimo, di Gail Honeyman (Garzanti) – La ragazza con la Leica, di Helena Janeczek (Guanda) – Il linguaggio segreto dei fiori, di Vanessa Diffenbaugh (Garzanti).

Obiettivo: Irlanda.  Una stella di nome Henry, di Roddy Doyle (Guanda) – 1916 , di Morgan Llywellyn (TOR) – Eureka Street, di Robert McLiam Wilson (Fazi).

SaggisticaLa via di Shackleton, di Margot Morrel e Stephanie Capparel (Sonzogno) –  Il mondo d’acqua, di Frank Schätzing (TEA) – Salonicco, città di fantasmi, di Mark Mazower (Garzanti).

Lettori esigentiChiamami col tuo nome, di André Aciman (Guanda) – Woyzeck, di Georg Büchner (Garzanti) – Terra matta, di Vincenzo Rabito (Einaudi)

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Testi : valentina.leoni@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Grafica e Impaginazione : claudio.cantini@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it