Giovanni Migliara. Viaggio in Italia

Le immagini dell’ “Italia restaurata”, nelle opere del pittore alessandrino esposte al Museo “Accorsi-Ometto” di Torino

Pittore romantico a tutto tondo. E a modo suo. Libero dai venti d’“impeto e tempesta” spiranti d’oltralpe, grazie alla lievità – pur nel rigore assoluto della definizione pittorica – dei suoi narrati paesistici e delle sue famose “vedute” urbane, non meno che a quel singolare tocco di gustosa e vivace ironia che spesso popola le sue tele di genere e di costume, ispirate a scene popolari di vivace creatività. Pittore anche di storia patria e cronaca dei tempi, vicino quindi all’Hayez, riconosciuto padre del Romanticismo italiano, così come al torinese D’Azeglio o al fiorentino Bezzuoli, con Giovanni Migliara (Alessandria, 1785 – Milano, 1837) prosegue, al Museo di via Po a Torino, l’omaggio alla grande pittura dell’Ottocento piemontese. Curata da Sergio Rebora e organizzata dalla Fondazione “Accorsi-Ometto” con lo “Studio Berman” di Giuliana Godio e la collaborazione della Città di Alessandria e della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, la rassegna si focalizza su uno dei temi centrali della ricerca dell’artista, quello del “viaggio”. O meglio, dei “viaggi” da lui intrapresi, fra gli anni Venti e Trenta dell’Ottocento, toccando molteplici località (dalla Toscana all’Emilia, alla più volte visitata Venezia, alla Liguria, al Piemonte e alla Savoia fino al Lazio e alla Campania), puntualmente raccontate in opere “dalla fisionomia inconfondibile”, capaci di offrire un caleidoscopico panorama della penisola negli anni della Restaurazione. Oltre cento sono i pezzi esposti, fra oli, acquerelli, tempere, disegni e raffinati fixès sous verre (miniature a olio su seta applicata su vetro), arrivati a Torino grazie all’apporto del Museo e Pinacoteca Civica di Alessandria e della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, oltreché di raccolte private e di numerose Istituzioni, non meno che attraverso la collaborazione offerta dai discendenti dell’artista, che hanno messo a disposizione preziosi materiali documentari, fra cui il celebre “Album” in cui Migliara conservava i disegni e gli acquerelli, eseguiti sul posto (a supporto del successivo lavoro in studio) e da lui ritenuti particolarmente significativi. L’iter espositivo procede attraverso sette sezioni, a partire dai “Capricci” e “Vedute di fantasia”, ancora attardati a certe ascendenze settecentesche e ispirati in gran parte alla Venezia di Canaletto e Guardi, dove realtà e fantasia giocano spesso a rimpiattino, per proseguire con “Scene popolari e paesaggi” in cui l’artista racconta la gente, il popolo minuto, uomini donne bambini e bestiole, osservandone con curiosità, le movenze i gesti la rabbia e gli sberleffi, attraverso toni cordialmente narrativi, divertiti e divertenti, come nel delizioso “Ciarlatano Dulcamara che vende l’elisir”, olio del 1837 in cui pittoricamente ripete la “macchietta” donizettiana che andava per piazze millantando le miracolose proprietà del suo “elisir d’amore”. Suggestive e di forte gusto troubadour, le sezioni dedicate agli “Interni di edifici conventuali e chiese” e alle “Composizioni storiche e letterarie” dalla resa pittorica “alla fiamminga”, di particolare effetto per i due acquerelli del ’26 dedicati a “Romeo e Giulietta” e a “Paolo e Francesca”. A “Storia e cronaca del tempo”, accanto ai dipinti raffiguranti i tumulti popolari milanesi antibonapartisti del ’14, appartiene una delle opere più celebri del Migliara, “La filanda a vapore Mylius di Boffalora” del ’28, meraviglioso specchio dei traguardi raggiunti dalla meccanizzazione industriale italiana del primo Ottocento. Evidenti richiami allo studio della scenografia teatrale (Migliara si formò a Brera collaborando con Gaspare Galliari come aiuto scenografo ai teatri alla Scala e Carcano) si percepiscono, infine, nelle “Vedute urbane e viaggio in Italia”, dove la maggior parte delle opere è dedicata a Milano, città di elezione del pittore, o comunque a realtà urbane limitrofe. Prima fra tutte, Pavia con la sua Certosa. A chiudere l’iter espositivo, gli “Album”, disegni e taccuini a documento di viaggi, che erano veri e propri tours finalizzati al lavoro pittorico e accompagnati sempre da quell’inesauribile curiosità culturale   che traspare ben palese in ogni opera dell’artista. Per farsi materia certosina di racconto. Mai monotona. Mai unicorde. Spesso impreziosita da visionarie improbabili fantasie. Così sottili, così lievi, così sussurrate da passare del tutto inosservate. E, dunque, perdonabili.

Gianni Milani

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“Giovanni Migliara. Viaggio in Italia”
Museo di Arti Decorative “Accorsi-Ometto”, via Po 55, Torino; te. 011/837688 int. 3 o www.fondazioneaccorsi-ometto.it
Fino al 16 giugno
Orari: dal mart. al ven. 10/13 e 14/18; sab. dom. e festivi 10/13 e 14/19

Nelle foto

– “Veduta veneziana con figure in costume goldoniano”, olio su tela, 1814
– “Il ciarlatano Dulcamara che vende l’elisir”, olio su tela, 1837
– “Il chiostro della Basilica del Santo a Padova”, olio su tela, 1820 – ’28
– “Piazza Filodrammatici in Milano”, tempera su tessuto serico, 1815 ca.
– “La filanda a vapore Mylius a Boffalora”, olio su tela, 1828
– “Piazza del Duomo in Milano”, olio su tela, 1825 – ’30
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