In mostra alla Reggia di Venaria, la straordinaria “avventura” dei giardini d’Europa dal Cinquecento all’Ottocento. Fino al 20 ottobre
Dalle perfette geometrie di quelli italiani alle fughe “all’infinito” di quelli francesi fino al “pittoresco” delle composizioni inglesi: autentiche mirabilia, paradisi terrestri dove occhi e anima smarriscono non di rado il senso e la concretezza della realtà terrena, ai più celebri giardini e parchi d’Europa realizzati fra il Cinquecento e gli inizi del Novecento, la Reggia di Venaria dedica, nella Sala delle Arti, una suggestiva e originale rassegna condotta, per la prima volta, attraverso il fil rouge delle osservazioni, dei racconti e del materiale artistico prodotto da prestigiosi “viaggiatori” dell’epoca, assidui frequentatori delle rotte europee percorse in lungo e in largo visitando paesaggi, città e giardini da cui trarre ispirazioni, le più varie. Siano essi architetti, paesaggisti, principi, scrittori, intellettuali o uomini di cultura in genere, i loro appunti, i loro diari, le loro opere letterarie o pittoriche ci consentono non solo di ricostruirne gli itinerari e le impressioni raccolte, ma anche di viaggiare idealmente attraverso luoghi di grande bellezza, testimoni della storia e della cultura di un continente.

Ed è proprio lungo queste trame, segnate dal tema del “viaggio”, che si dipana la mostra, ripartita in dodici sezioni, che vedono assemblate circa 200 opere fra dipinti, disegni, arazzi, volumi, modelli e altri svariati manufatti. Curata da Vincenzo Cazzato (docente di “Storia dell’Architettura” presso l’Università del Salento), Paolo Cornaglia (suo collega al Politecnico di Torino), Maurizio Reggi (cui si deve l’allestimento) e Paolo Pejrone (oggi fra i più noti architetti del paesaggio a livello internazionale), l’esposizione prende avvio con le testimonianze del viaggio compiuto dal filosofo, scrittore e politico francese Michel de Montaigne che, nel suo “Journal du Voyage en Italie” (1580-1581), ci accompagna nei più famosi giardini italiani del Cinquecento, felicemente impressionato non solo dai perfetti terrazzamenti e dalle “rigorose architetture” vegetali, ma soprattutto dalla presenza di artifici quali grotte, automi, musiche e giochi d’acqua, mentre nel secolo successivo il viaggio di André Le Notre ( giardiniere e amico del Re Sole nonché creatore del “giardino alla francese”, artefice dell’ideazione dei Giardini di Versailles e, su incarico di Emanuele Filiberto di Savoia, del rifacimento del parco del Castello di Racconigi), permette di documentare la diffusione in Europa di “un nuovo modo di concepire complessi su grande scala, apprezzati da grandi e piccoli Re Sole”. Ma nel Settecento è soprattutto il “giardino all’inglese”, pittoresco e dalla natura più libera e selvaggia, a costituire un forte richiamo per architetti e giardinieri di fama internazionale come lo svedese Fredrik Magnus Piper e l’italiano Francesco Bettini o il parigino Louis de Carmontelle, che su un appezzamento di terreno nel villaggio di Monceau, acquisito dal Duca di Chartres nel 1769, organizza un “giardino di piacere” in stile anglo-cinese, in seguito definito la “Follia di Chartres”. Luoghi d’arte, perfetta o bislacca o visionaria o di opulenta magnificenza, raccontati nei viaggi di fine Settecento da artisti come Jan van Nickelen o George Lambert o dal veneziano Bernardo Bellotto ( imponente “vedutista” come il più famoso zio Antonio Canal – Il Canaletto), così come dagli aristocratici Conti del Nord (eredi al trono di Russia) o dal Principe di Ligne o, nella tappa obbligata del “Grand Tour” su e giù per l’Italia, da pittori come il francese Hubert Robert o Jean-Honoré Fragonard, fra i massimi esponenti del rococò. Pagine di grande portata storica, oltreché artistica, come quelle letterarie rappresentate dalle “Lettres historiques et critiques sur l’Italie” scritte, fra il 1739 e il 1740, da Charles de Brosses o da due grandissimi scrittori appassionati d’Italia, come Stendhal e Goethe che, da nord a sud della penisola si spingono il primo fino a Napoli, il secondo fino in Sicilia. E la storia continua. Fra Otto e Novecento, con due viaggiatori americani d’eccezione, Henry James e Edith Wharton, l’Italia si conferma ancora terra di giardini, fonte esemplare di ispirazione per quelli d’Oltreoceano.

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A corollario della mostra, nel Parco Basso della Reggia si potrà anche ammirare la nuova installazione di Giuseppe Penone realizzata a completamento del suo “Giardino delle Sculture Fluide”: sette sculture in marmo dal titolo “Anafora” collocate quali tomi di libri nelle sette grotte del grande Muro Castellamontiano. Inoltre i Giardini della Venaria presentano anche la rassegna “Viaggio fotografico nei Giardini delle Residenze Reali d’Europa”: 120 scatti con scorci da brividi, a partire dalla Reggia di Caserta al Cremlino a Versailles fino agli Historic Royal Palaces inglesi.
Gianni Milani
“Viaggio nei giardini d’Europa. Da Le Notre a Henry James”
Reggia di Venaria – Sala delle Arti, piazza della Repubblica 4, Venaria Reale (TO); tel. 011/4992333 o www.lavenaria.it
Fino al 20 ottobre
Orari: dal mart. al ven. 10/18, sab. dom. e festivi 10/19,30, lun. chiuso

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Nelle foto

Gioco come scarto bizzarro del fare che ti spariglia le carte, ma anche condizione di vita – e non semplice momento di dispersione superficiale – ad un tempo seria (con la vittoria) e drammatica (con la sconfitta). Gioco come vita. Come inizio e fine. Come nascita e morte. Come continuo divenire. Come distruzione e ricostruzione fra macerie dell’anima e macerie fisiche, simili a quelle delle case bombardate in tempo di guerra e che “da bambino- ricorda l’artista che nel ’43 abitava a Torino in piazza della Consolata – sono state la mia prima grande scuola di fantasia”. E questo è e vuole essere il pesante bagaglio, le grandi ingombranti valigie che Paolo Icaro si porta dietro in quel suo ormai lungo viaggio esistenziale rappresentato simbolicamente, in mostra, dal “Viaggio senza data”, scultura lineare site specific realizzata nel 2019 appositamente per la rassegna alla GAM, con filo di alluminio e un complesso ghirigori di curve, ripresa in video per essere proiettata sul fondale della stanza (in tutto sono nove a percorso circolare-cronologico) raddoppiandola. L’installazione si pone al termine di un percorso che, nel Museo di via Magenta, assembla una cinquantina di opere, raccontando 55 anni (dal 1964 al 2019) del lavoro dell’artista, nato a Torino nel ’36, allievo agli esordi di Umberto Mastroianni (fu lui ad affibbiargli il nome Icaro) e poi transfuga (volontario,vigile e curioso) a Roma, a Genova – dove partecipa alla mostra, basilare nell’Italia del ’67, “Arte Povera Im-Spazio” alla “Bertesca” – e altrove in patria e due volte negli States, a New York prima e poi, dal ’71 e per una decina d’anni, nel Connecticut. Oggi Icaro vive e lavora a Tavullia, nelle Marche.








“Un’altra storia di Fausto Coppi, lettere di un figlio a suo padre” (Ed. Libreria dello Sport, 2017) è invece il titolo del secondo libro che farà da stimolo alla serata organizzata a San Secondo di Pinerolo, in un lembo della provincia piemontese da sempre fortemente legata al magico “Airone”, che proprio qui compì la sua impresa più celebre con i memorabili 192 chilometri di fuga solitaria (“un uomo solo al comando”) nella tappa Cuneo- Pinerolo del Giro d’Italia del 1949, settant’anni fa. Autore del libro, Faustino Coppi, con la cura e la collaborazione del giornalista Salvatore Lombardo: una sorta di intimo, toccante viaggio nella leggenda, di “epistolario immaginario” nel quale la voce di un figlio si mescola a quella dei tanti amici e testimoni delle storie di uno fra i massimi protagonisti dello sport del nostro Novecento. A conclusione dell’incontro, seguirà un aperitivo nella Caffetteria del Castello, con le tipiche specialità dell’“Antica Pasticceria Castino”.