CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 638

Tutto Leonardo in mostra a Fossano

Nella serata di venerdì Fossano ha inaugurato la mostra “Leonardo Opera Omnia”,che offrirà ai visitatori 17 riproduzioni di altrettante opere di Leonardo, tra le più rappresentative del suo percorso artistico e in dimensioni reali.  La mostra sull’opera di Leonardo, insieme a quella realizzata lo scorso anno su Caravaggio e all’evento previsto per il prossimo anno su Raffaello, nasce per rendere fruibile ad un pubblico più vasto i capolavori dei grandi maestri. Si sta definendo in questi giorni un fitto calendario di eventi collaterali organizzati in collaborazione con i partner dell’iniziativa, le realtà culturali, associative e le scuole del territorio, così da far conoscere a 360 gradi l’esperienza della figura leonardesca.  Leonardo Opera Omnia ha ricevuto la Medaglia di rappresentanza del Presidente della Repubblica, un riconoscimento che viene attribuito dal Capo dello Stato a iniziative di interesse culturale, scientifico, artistico e sociale di particolare rilevanza.La mostra sarà visitabile fino al 13 gennaio 2019 con i seguenti orari: venerdì dalle 15 alle 19, sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 19. I biglietti d’ingresso sono disponibili presso il Castello degli Acaja al costo di 8 euro (intero), 5 euro (ridotto) e 2 euro (scuole). Per informazioni contattare l’Associazione artistico-culturale Atelier Kadalù, tel. 351 5633853, leonardo@atelierkadalu.it, oppure visitare i siti www.visitfossano.it,  www.fondazioneartea.orgIl calendario completo degli eventi collaterali alla mostra “Leonardo Opera Omnia” sarà presto disponibile sui siti www.visitfossano.it e www.fondazioneartea.org.
(foto Federico Fulcheri)

La seduzione delle cortigiane

Sono ripresi a Palazzo Cisterna, dopo la pausa estiva, gli incontri curati da Cromie-Vivere a colori, associazione culturale nata lo scorso ottobre con il patrocinio della Città metropolitana di Torino con l’obiettivo di divulgare attività culturali e ludiche. Martedì 18 settembre alle ore 18,00 la sede aulica della Città metropolitana di Torino ( via Maria Vittoria 12 ) ha ospitato, con un reading-spettacolo, la presentazione del nuovo libro di Tamara Brazzi edito da La valigia rossa ” Veronica ed io “, romanzo dal contenuto storico sulla figura di Veronica Franco ( Venezia 1546 – Venezia 1591 ), cortigiana del Cinquecento veneziano, poetessa intellettualmente libera ed emancipata, rivelatasi capace di salvare le sorti di Venezia. La storia di Veronica riaffiora nel presente di Cristina, la protagonista del romanzo, e la vita di Cristina, a sua volta, si immerge nel tempo di Veronica. Due donne a confronto attraverso lo specchio della storia e dell’anima, immerse nella magica atmosfera, surreale e godereccia,di Venezia in un passaggio continuo tra ciò che è stato e ciò che sarà. Durante l’incontro, l’attrice Vanessa Giuliani ha letto alcuni passi tratti dal libro, mentre il noto musicista Walter Matacena – recentemente impegnato nel tour estivo di Max Gazzè alle Terme di Caracalla e all’Arena di Verona – ha eseguito al violino musiche rinascimentali. Tra gli interventi più significativi, quello di Giampiero Leo sull’importanza di incontri come questo, volti a stimolare sempre l’interesse per la Cultura. Leo si è inoltre complimentato con l’autrice perchè il suo libro è stato ufficialmente inserito nella collezione dei libri della Fondazione Querini Stampalia e nell’Archivio di Stato veneziano. La serata si è conclusa con un rinfresco offerto dall’Osteria Rabezzana e dalla Compagnia dei Caraibi.

HELEN ALTERIO

 

(foto Beppe Sacchetto)

Migrazioni, in 45 mila al festival

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Sono stati in 4.500 a rispondere all’invito della prima edizione del Festival delle Migrazioni – Siediti vicino a me, partecipando dal 20 al 23 settembre 2018 a Torino alla quattro giorni di appuntamenti sui temi della migrazione, della convivenza e del dialogo condiviso, tra gli spazi di San Pietro in Vincoli, Sermig – Arsenale della Pace, Scuola Holden e Cottolengo

Il festival, organizzato nell’ambito del programma di eventi di Terra Madre IN, è ideato dalle Compagnie torinesi A.C.T.I. Teatri Indipendenti, AlmaTeatro Tedacà, con il sostegno di Regione Piemonte,Fondazione Piemonte dal Vivo e Compagnia di San Paolo, con il patrocinio della Città di Torino e il patrocinio dell’Ordine Assistenti Sociali del Piemonte, in collaborazione con Sermig – Arsenale della Pace,Scuola Cottolengo, Scuola Holden e associazioni che si occupano di migrazione presenti sul territorio. Tra spettacoli teatrali, workshop tematici, reading, concerti, momenti di convivialità e laboratori, i 27 eventi in programma hanno sempre registrato il tutto esaurito, a testimonianza di come pur essendo alla sua prima edizione il festival sia stato accolto dal pubblico con entusiasmo e partecipazione.La realizzazione del festival è stata possibile grazie a 60 persone tra staff, tecnici e volontari impegnati per un anno e mezzo di lavori, coinvolgendo 50 ospiti e 130 artisti provenienti da 25 Paesi diversi. Questi numeri si sono tradotti, nel corso della quattro giorni, in occasioni di condivisione e di confronto.Ne è un esempio la Cena delle cittadinanze di sabato sera che ha riunito alla stessa lunghissima tavolata allestita presso l’ex Cimitero di San Pietro in Vincoli più di 500 persone provenienti da ogni parte del mondo, che hanno condiviso il cibo portato da casa, scambiando tra vicini di posto pasta al forno con riso somalo con uvetta e spezie; e che dopo hanno ballato sulle note afro-jazz dei Kora Beat.Grande emozione per le due voci femminili del festival: giovedì sera la scrittrice e cantante Gabriella Ghermandi, ha incantato il pubblico della Scuola Holden con l’Atse Tewodros Projects, un concerto che mette in dialogo artisti etiopi e italiani, raccontando con la musica storie della tradizione etiope. A chiudere il festival è stata Ottavia Piccolo con lo spettacolo Occident Express accompagnata dall’Orchestra multietnica di Arezzo: in scena la storia vera di Haifa, anziana donna irachena che nel 2015 percorre 5.000 km per sottrarre la nipotina alla guerra.Il pubblico è intervenuto numeroso anche alla rappresentazione dell’opera da camera Katër i Radës. Il naufragio basato su un testo di Alessandro Leogrande, prodotto dalla Biennale di Venezia e realizzato da Koreja Cantieri Teatrali; così come ha affollato San Pietro in Vincoli in occasione dell’irriverente spettacolo I Veryferici, attraverso cui gli Shebbab Met Project raccontano in provocatoria la vita nelle periferie di diverse città.Ottima inoltre la partecipazione agli incontri, che hanno proposto approfondimenti e punti di vista diversi sul tema della migrazione: da quello sul caporalato e le lotte intraprese contro lo sfruttamento con Yvan Sagnet a Frontiere rivali, frontiere solidali sul contrastato passaggio in Francia dei migranti, a Quelli che se ne vanno. La nuova emigrazione italiana con Enrico Pugliese, per trattare di un altro tipo di esodo: quello dei giovani italiani.A chiudere la serie di incontri lo scrittore indiano Amitav Ghosh che domenica ha presentato La Grande Cecità. Il cambiamento climatico e l’impensabile, in dialogo con l’etnopsichiatra Roberto Beneduce.

Tutti i numeri del festival:

4.500 persone che hanno ballato, mangiato, parlato, scherzato, ascoltato e che hanno assistito agli spettacoli: 4.500 persone che si sono sedute una accanto all’altra!

180 ospiti provenienti da 25 Paesi diversi accolti

27 eventi in programma

40 kg di riso cucinato durante la Cena della cittadinanze dalle donne della Associazione Africa sub-sahariana e II generazione

200 litri di tè e 30 kg di biscotti offerti nelle pause tra un incontro e l’altro

60 persone che hanno consumato litri non quantificabili di caffè, tra staff, tecnici e volontari

3.000 foto scattate

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Il Festival delle Migrazioni – Siediti vicino a me è un invito collettivo a incontrarsi per riflettere sulle resistenze culturali, sulla convivenza, sul concetto di comunità e accoglienza, che vede in dialogo la popolazione italiana autoctona, le persone di diverse provenienze che da anni sono residenti qui e sono diventate cittadine italiane, le seconde e terze generazioni, chi da poco è arrivato nella nostra città e vive nei centri di seconda accoglienza, tutti da considerarsi come soggetti culturali attivi del nostro territorio.

Il Festival delle Migrazioni – Siediti vicino a me è un dialogo contro la paura, un’occasione per combattere l’idea che il fenomeno migratorio sia comparso improvvisamente in tempi recenti. Allo stesso tempo raccontare le storie dei protagonisti di tali migrazioni è un modo per rendere il fenomeno meno astratto e dar loro un’identità, per evitare facili semplificazioni e strumentalizzazioni.

 

www.festivaldellemigrazioni.it

Santa Fede, culto e storia

Uno dei luoghi di culto più carichi di significato e di suggestione nella Valcerrina è l’Abbazia di Santa Fede che si trova sul territorio di Cavagnolo, comune della Città Metropolitana di Torino, ma appartenente alla Diocesi di Sant’Evasio di Casale Monferrato. A riscoprirne l’importanza e la bellezza è stato, nella seconda metà dell’Ottocento, il conte vercellese Edoardo Arborio Mella, studioso di arte romanica e restauratore del Duomo di Casale Monferrato e valorizzare con una serie di scritti, in particolare “Della Badia e chiesa di Santa Fede presso Cavagnolo Po”. Ed è merito del padre marista (la Congregrazione dei Padri Maristi l’aveva acquistato nel 1895, utilizzandolo come scuola Apostolica, scuola media statale prima della cessione all’attuale proprietà, la Diocesi di Casale nel 2011) Luigi Falletti di avere scoperto la prova del collegamento di Santa Fede con la celebre abbazia benedettina di Sainte-Foy-de-Conques nell’Alvernia, in Francia, ad una trentina di chilometri da Rodez. Qui, in una chiesa romanica del X secolo, affiancata da una grande abbazia sono custodite da secoli le reliquie della giovinetta Fede martirizzata ad Agen durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano. Era l’anno 303. Il culto della Santa si diffuse in Francia ed in Spagna, mentre in Italia ebbe una devozione piuttosto limitata. Oggi è provato che il monastero di Santa Fede di Cavagnolo – “Monasterii sancte Fidis de Cabagnoli” – fosse già presente nel XII secolo sui territori controllati dai Marchesi di Monferrato, ma non sono molte le fonti storiche. Per raggiungere Santa Fede, per chi arriva da Torino percorrendo la strada provinciale 590 “della Valcerrina” occorre, dopo essere entrati nel paese, superare la rotonda, girare a destra e percorrere la strada per circa due chilometri. Per raggiungere il piazzale prospicente l’edificio occorre svoltare a destra nello stretto tornante della stradina che costeggia il moderno complesso addossato al fianco sud. Qui colpisce subito la facciata, del tipo a capanna, con cuspide triangolare, suddivisa in 3 parti, corrispondenti alle navate Archetti ciechi coronano le pendenze dei tetti. Dal centro una bifora scompartisce un finestrone ingrandito rispetto all’originale per aumentare la luminosità interna. Sotto la bifora si apre un magnifico portale ricco di un’esuberante decorazione che costituisce, sicuramente, l’attrattiva maggiore di Santa Fede. L’interno rappresenta quello che padre Bartolomeo Bardessono, nella sua pubblicazione “Santa Fede Cavagnolo” incentrata sulla storia, l’arte e la presenza marista, definisce “La bomboniera del romanico in Piemonte”. Lo spazio con 22.47 metri di lunghezza per 9,96 metri di larghezza non è di vaste dimensioni, è suddiviso in tre navate e questa sono a loro volta scompartite in cinque campate da robusti pilastri attorniati da semicolonne. La navata centrale termina con un’abside circolare rischiarata da tre monofore. L’altare maggiore è un’aggiunta settecentesca. Negli anni molti sono stati, da parte degli studiosi, gli studi su Santa Fede e a molti visitatori, il luogo e la chiesa lasciano sempre un senso di pace e di serenità. Una recente, sintetica quanto pregevole, scheda su Santa Fede è stata realizzata a cura dell’architetto Sara Inzerra, in collaborazione con Giulia Cacciatori, Arianna Florestino, Daniela Catalano, volontari per conto dell’amministrazione comunale nell’ambito del progetto “Rete Romanica di Collina – Abbazie e chiese tra Po e Monferrato”. Inoltre, sempre recentemente, Santa Fede è stata inserita in un articolo di Chiara Parente, pubblicato sulla rivista a tiratura nazionale Medioevo, in un itinerario dedicato alla Valcerrina che collega Crea, Mombello Monferrato, Odalengo Grande, Gabiano nella Provincia di Alessndria e prosegue poi nella Città Metropolitana di Torino, andando ad interessare, appunto Santa Fede di Cavagnolo per concludersi poi all’Abbazia della Pulcherada a San Mauro Torinese. Si tratta di un itinerario che ha come punti di riferimento tre chiese in un territorio interessato da tre siti Unesco.

Massimo Iaretti

 

Movie tellers al via il 1° ottobre

Dopo la prima edizione , la rassegna Movie Tellers – Narrazioni cinematografiche, torna ,per tutto ilmese di ottobre, con una nuova selezione di titoli della recente stagione cinematografica regionale,  12 film a km zero – 4 lungometraggi, 4 documentari, 4 cortometraggi – accompagnati in sala dagli  autori, i protagonisti e i professionisti dell’industria del cinema che li presentano al pubblico. Un grande evento che cresce arrivando a coinvolgere tutte le otto province del Piemonte con ben 130 proiezioni nelle sale cinematografiche di 25 località.“Movie Tellers  è un’iniziativa di grande importanza per il nostro territorio – dichiara Antonella Parigi, Assessore alla Cultura e Turismo della Regione Piemonte – Una manifestazione che ha l’obiettivo di accrescere sempre più la diffusione delle pellicole meno supportate sul fronte della distribuzione : un importante momento di fruizione, quindi, capace di mettere in rete e collegare le sale cinematografiche e le realtà locali nella creazione di un sistema di distribuzione diffuso “. Movie Tellers – Narrazioni cinematografiche è realizzato da Associazione Piemonte Movie con il sostegno di Regione Piemonte, Film Commission Torino Piemonte, FIP Film Investimenti Piemonte, Museo Nazionale del Cinema, Torino Film Festival e Torino FilmLab. Tra i lungometraggi proposti spiccano Lazzaro felice di Alice Rohrwacher, che all’ultimo Festival di Cannes si è aggiudicato il Premio per la Miglior Sceneggiatura e Félicité di Alain Gomis, vincitore del Gran Premio della Giuria alla Berlinale. A questi si aggiungono due produzioni indipendenti, Al massimo ribasso di Riccardo Jacopino e Oltre la nebbia- Il mistero di Rainer Merz di Giuseppe Varlotta, entrambi girati in svariate location tra Torino e il resto della regione. Tra i documentari, “ Cento anni “ di Davide Ferrario e “ ’78 – Vai piano ma vinci”, realizzati grazie al sostegno di Film Commission Torino Piemonte – Piemonte Doc Film Fund. L’inaugurazione tocca al film di Gomis, sostenuto dal Torino Film Lab, il 1° ottobre alle 18 al Cineporto di via Cagliari 42.
                                                                                                                                    Helen Alterio

Tango e territorio

“The Art of Sharing” (L’arte di condividere)

APPUNTAMENTO GRATUITO PER CONDIVIDERE LUOGHI, ABBRACCI, ARTI E CULTURA TANGUERA

Patrocinio istituzionale dell’Anno Europeo del Patrimonio 2018. Evento multidisciplinare ideato e diretto da Monica Mantelli in collaborazione con:. Direzione Generale Biblioteche e Enti Culturali (DGBEC) Biblioteca Nazionale di Torino ABNUT Amici della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino e un rete virtuosa di operatori culturali territoriali. Evento multidisciplinare ideato e diretto da Monica Mantelli

DOMENICA 23 SETTEMBRE  ORE  17 – 19

Auditorium Vivaldi, Biblioteca Nazionale di Torino,  Piazza Carlo Alberto 5/A

Ingresso libero sino ad esaurimento posti.

FILM, TEATRO, MOSTRA FOTOGRAFICA, BALLO, MUSICA LIVE, DANZA E TANTO ALTRO

“Tango e Territorio” è una proposta di eventi aperti a tutti come chiave per la partecipazione delle comunità alla cura dei loro luoghi di vita quotidiana. Le attività di valorizzazione culturale e paesaggistica di oggi si connotano sempre più per iniziative di mediazione educativa interdisciplinare attraverso linguaggi come musica/ danza/ architettura& paesaggio/ fotografia/ cinema/ teatro etc, che mettono in collegamento le bellezze strutturali accessibili del nostro territorio alla crescente presa di coscienza – in particolare quest’anno che è dedicato alo Patrimonio Europeo – che tali patrimoni sono una eredità di cui ognuno di noi è portatore /ambasciatore che può e deve scambiare con gli altri in un’ottica di mutua crescita. Un appuntamento con la Community Tanguera ETNOTANGO LCMM e con tanti contenuti artistici intorno al tango e il territorio con film, concerto, spettacolo teatrale, mostra fotografica, esibizioni, improvvisazioni coreutiche di teatrodanza e performance di ballo su musiche live.

DOMENICA 23 SETTEMBRE a partire dalle ore 17 presso il bellissimo Auditorium Vivaldi della Biblioteca Nazionale di Torino (Piazza Carlo Alberto 5/A) si parte con lo storytelling di Monica Mantelli, direttrice artistica della community tanguera ETNOTANGO LCMM, gruppo informale di ballerini appassionati di ballo e cultura tanguera che eseguiranno improvvisazioni di tango e teatrodanza durante tutto l’evento, circondando anche il pubblico! Nel mentre: la suggestiva proiezione di POEMA CIRCULAR film onirico e surreale sul tango e paesaggio di Torino, co-presentato da Alessandro Avataneo regista della pellicola e docente Scuola Holden di Torino. Inoltre, le esibizioni dei Maestri Ballerini professionisti: Carolina Gomez(Argentina) Scuola Aires Nuevos, Alessandro Guerri y Anna Boglione (Italia). Il ricchissimo pomeriggio procede con un mini –concerto di brani di Salsedo, Ortiz e Piazzolla dei Musicisti Sara Terzano (arpa) e Roberto Mattea (percussioni) del Gruppo Cameristico Alchimea. Il climax della performance si raggiunge quando gli oltre trenta ballerini di Etnotango & Libera Compagnia Musicale Migrante danzeranno intorno al pubblico, coinvolgendolo. Infine, per non mancare con il teatro, la divertente pièce estratta dallo spettacolo “EvoluViTango”, uno spaccato tra storia e società che riassume in piccolo ben 100 anni di storia sociale e tanguera, proposta dal gruppo di tangoteatro Vantango Microarte fondato e diretto dal Maestro Beppe Vanetto. Conclude il tutto la partecipazione con uno slideshow di immagini estratte dall’archivio ventennale di eventi di tango di strada ideati da Monica Mantelli e realizzati sotto il cappello di RossoTango, Libera Compagnia Musicale Migrante, Iani del Tango,  Etnotango Festival che scorrerà durante gli speech degli Ospiti. Infine la mostra personale fotografica di Sergio Giunipero “Tangerine Tango Attitude”: 30 immagini a colori, formato 20×30 su volti, codici corporei e “landmark” del territorio, in esposizione nel Foyer dell’Auditorium Vivaldi. La mostra sarà esclusivamente fruibile durante la due giorni delle giornate Europee Patrimonio. Ingresso libero sino ad esaurimento posti.

PROGRAMMA

(Dalle ore 16,00)

Incontro con l’autore di “Tangerine Tango Attitude”

Ingresso nel Foyer per visitare la mostra e conoscere il fotografo di tango Sergio Giunipero, l’autore della mostra fotografica. La mostra è esposta solo sabato 22/9 ore 15 – 23, domenica 23/9 ore 14 -21.

Ore 17

Proiezione film POEMA CIRCULAR

(33’, 2014 – 2016, Italia)

Una carrellata di luoghi speciali di Torino, nella luce sognante del tango. Personaggi e spiriti si incrociano in una narrazione surreale, tra passato e futuro. Non è un documentario ma un racconto fatto per immagini surreali e oniriche, ricco di scenari torinesi, di atmosfere e di sguardi, con la visione prospettica di chi danza live nel paesaggio urbano di Torino, senza palchi o palchetti, ma strade e piazze. “Viviamo in un’epoca di contatti virtuali, abbiamo mille amici su Facebook ma stiamo disimparando il valore di un abbraccio. Il tango è un fenomeno sociale che spinge le persone a ritrovare il linguaggio corporeo e a rimettersi nell’abbraccio. Del resto “tangere” in latino vuol dire toccare…” in un poema circolare.

Segue

Speech degli autori del film

Alessandro Avataneo, Regista e docente SCUOLA HOLDEN di Torino

Monica Mantelli, Soggetto, progettista culturale territoriale, direttrice artistica ETNOTANGO

Esibizioni dei Ballerini e Musicisti professionisti

Carolina Gomez, Insegnante e coreografa scuola Aires Nuevos (Torino /Argentina)

Alessandro Guerri y Anna Boglione (Torino/Italia)

Sara Terzano (arpa) e Roberto Mattea (percussioni) del Gruppo Cameristico Alchimea

Ore 18

Spettacolo teatrale estratto da EVOLUVITANGO  ( 2018, Italia)

Ideazione e regia di Beppe Vanetto. Con il gruppo Vantango Microarte: Carlo Pavone – Angela Morreale, Claudio Trombetta – Barbara Balestra, Marco Cavalli – Laura Fasano, Michele Liuzzi – Fiorella Locurcio, Paolo Maffi – Lucia Fabiano, Beppe Vanetto – Renata Zanovello

Estratto da Opera in 5 atti. “Alternando momenti di drammatizzazione e di danza, il gruppo Vantango MicroArte si propone di raccontare l’evoluzione socioculturale che ha contraddistinto il periodo dagli anni ’20 ad oggi e contemporaneamente quella del tango, genere musicale riconosciuto come prima forma di arte urbana e patrimonio dell’Umanità, nato, proprio, dalla pluralità d’influenze e contaminazioni culturali. Un excursus degli eventi storici che hanno influenzato il singolo periodo, mostrerà alcuni aspetti del modo di vivere, dapprima narrati e poi sottolineati da una performance di tango dell’epoca. In questo caso il tango argentino non è inteso semplicemente come ballo, bensì come forma d’arte completa.”

Ore 18,30

Improvvisazione di tango e teatrodanza con ETNOTANGO LCMM friends

TANGO LIVE PERFORMANCE PER LE STRADE DAL 1998. Praticare il tango all’aperto è un modo di abitare il paesaggio e condividere il territorio urbano, le sue strade, marciapiedi, portici e parchi. Etnotango è un modo vivere, conoscere e approfondire la cultura che sta intorno al tango e l’argentinità attraverso la live performance tra la gente. La community si è sviluppata a Torino a partire dal 1998 e propone occasioni interdisciplinari dove il tango è il “legame” che rende protagoniste le persone comuni. Un’occasione per diffondere messaggi di solidarietà sociale in maniera naturale attraverso l’abbraccio, l’accoglienza, l’ascolto interiore e la connessione con l’altro. Ma è anche un modo di abitare attivamente i luoghi, presidiandoli. Quante volte ci siamo riuniti in zone abbandonate della città oppure rimaste vuote in estate – persino nei centri storici – tenendo compagnia agli anziani, alla cittadinanza residente, ai bambini e non solo. Etnotango, preceduto storicamente da RossoTango e le Milonghe “Pirata/Clandestine/Illegal” è dal 1998 un’opportunità per vivere la nostra città in toto e diffondere valori socio-culturali, ambientali e umani in maniera artistica contagiosa.

Performance “VARIATIONS ON BUENOS AIRES”

Musica di Astor Piazzolla

Con i ballerini e performer di Etnotango LCMM:

Alessandro Amerio, Silvana Varaschini

Alessandro Capellaro, Anna Cervasio

Antonio Tartaglia, Teresa Bardella,

Augusto Poldo, Ida Peinetti

Carlo Pavone, Angela Morreale

Demetrio Marrara, Monica Mantelli

Dino De Palma, Donatella Benetollo

Ezio Maida, Roberta Zamboni,

Francesco Calabrò, Elisabetta Fanzago

Juan Carlos Gutierrez, Patrizia Milani

Marco Cavalli, Laura Fasano

Mario Nigra, Cristina Giacometti

Roberto Sedici, Raffaela Virdò

Rudy Basile, Dominique Peinetti

Valerio Dimonte, Marina Doria

E la partecipazione speciale di Sergio Giunipero, fotografo.

 “TANGERINE TANGO ATTITUDE” Personale esposta nel Foyer dell’Auditorium

Trenta immagini sul tema Tango & Territorio. Periodo espositivo:

sabato 22/9 ore 15 – 23 ; domenica 23/9 ore 14 -21.  Ingresso libero e gratuito.

“TANGERINE TANGO ATTITUDE”

Immagini di Sergio Giunipero

Curatela e presentazione critica di Monica Nucera Mantelli

Foyer dell’Auditorium Vivaldi, Biblioteca Nazionale, piazza Carlo Alberto 5/A, Torino

Periodo espositivo: sabato 22/9 dalle 15.00 alle 23.00 / domenica 23/9 dalle 14.00 alle 21.00.

Ingresso libero.

“Raccontare con una mostra fotografica le emozioni del tango significa dare la possibilità a chi guarda di riflettere più attentamente sui fenomeni che oltrepassano le veloci forze creative di questo ballo/ danza /stile di vita che è Patrimonio UNESCO dal 2019. La sfida per un reporter, ovvero per chi vuol cogliere l’attimo di verità, è quella di immortalare nell’atto stesso di scambio tra due partner del momento il prezioso e quanto mai difficile connubio tra gli elementi tangibili e intangibili del codice espressivo del tango. Un viaggio poi, quello del tango nel territorio, che conduce quasi sempre verso l’enigma, la provocazione, la condivisione di qualche nuova epifania che vola oltre il tran tran quotidiano. E che per quanto cannibale e sovraesposto, riesce ancora a darci scosse potenti verso la non dormienza. La realtà espressiva in cui si muove questo fotografo – che cresce di anno in anno nella sua passione verso il linguaggio dello stile di vita rioplatense – è in continua evoluzione. Pertanto il suo paesaggio tanguero, essendo simbolico, cambia significanza a seconda del livello di consapevolezza di chi osserva i suoi scatti.”

Tra Rubber Soul e Psychedelia

Era l’estate del 1964 e Ken Kesey, Neal Cassady e Ken Babbs trainavano la sgangherata e chiassosa carovana della “Merry Band of Pranksters” su un ex scuolabus ricoperto di colori psichedelici, per realizzare un coast-to-coast pacifico-atlantico dall’area di San Francisco a New York, metafora del viaggio fisico e mentale della controcultura. Partivano da La Honda (sud di San Francisco, contea di San Mateo) e in territorio californiano toccarono San Jose, Los Angeles, San Juan Capistrano, per poi addentrarsi in Arizona e puntare a est Houston, Louisiana, nord Florida e risalire verso la Grande Mela. I Pranksters presero la direzione sud-est, aprendosi ad aree selvagge e “libere”; a nord-est c’era fin troppa presenza (anche militare) dell’Establishment, soprattutto verso Sacramento, in primis nell’area di Fairfield, sede della Travis Air Force BaseEra il 1964 e… proprio nel giro delle famiglie dei dipendenti della base militare sopra citata si costituì la band The Tears, che ebbe come nucleo originario i fratelli Robert (R.T.) e Richard Salazar (V, chit) e Jim Brackett (batt), cui si aggiunse presto Eddie Guillerme (b). I punti di riferimento erano i “soliti noti”, ossia Beatles, Rolling Stones, ma anche Young Rascals e la realtà Motown. Il versante manageriale della band, dapprima “in proprio”, venne poi curato da Icon Studios e Trident Management (Fantasy Records); dopo il solito “allenamento sul campo” in teen clubs, concerti per eventi sportivi e veterans’ halls nelle aree di Fairfield, Napa, Vacaville e Davis, il raggio si allargò più a sud, specialmente nella Contea di Contra Costa (tra Concord, Richmond, Walnut Creek ed Antioch). La notorietà locale aumentò nel 1966 con l’affermazione dei The Tears alla State Fair Battle of the Bands di Sacramento e il radar delle esibizioni si estese a sud-est fino a Modesto, Merced e Fresno, con puntate in Nevada (anche Reno e Las Vegas); la band ebbe quindi l’opportunità di aprire concerti di Music Machine, Grass Roots, Mojo Men e Seeds. Praticamente in parallelo The Tears esordirono negli studi di registrazione. Ne derivò il primo 45 giri a fine 1966: “Weatherman” [Salazar – Brackett] (Scorpio 409; side B: “Read All About It” [Salazar]), inciso negli studi della Fantasy Records di San Francisco, con arrangiamento di Eirik Wangberg; il sound è chiaramente di ispirazione Beatles e si notano i forti richiami a Rubber Soul uscito esattamente un anno prima. Per la band ci fu anche l’occasione di comparire in TV, in un evento musicale (presso il South Shore Mall di Alameda) organizzato dalla mitica KFRC di Bill Drake, radio che soprattutto tra 1966 e 1968 fu attivissima nella scena musicale di San Francisco e nel periodo sella Summer of Love. La cultura psichedelica era in pieno fulgore e la musica andava trasformandosi radicalmente, travolgendo stile, suono e modus operandi di quasi tutte le band in circolazione nell’area californiana. Non ne furono immuni nemmeno The Tears, che tuttavia proprio in quella fase di passaggio persero Brackett e Guillerme (il primo si sarebbe sposato, il secondo era tornato per motivi familiari in Portogallo) e tornarono al nucleo base dei fratelli Salazar. Il secondo 45 giri (uscito a fine 1967) ebbe carattere del tutto psichedelico e tra i cultori del genere è considerato un esempio importante della “psychedelia minore” del periodo: “Rat Race” [Salazar – Brackett] (Onyx 2201; side B: “People Through My Glasses” [Salazar]), anch’esso inciso presso gli studi della Fantasy Records di San Francisco, prodotto da Paul Rose. In particolare Rat Race è il tipico rock psichedelico con uso diffuso di fuzzy tones contagiosi, armonie vocali stratificate e effetti eco avvolgenti. Il singolo segnò lo scioglimento definitivo della band, ma resta una chicca per gli appassionati…

 

Gian Marchisio

Saper ascoltare il melodramma

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Nell’ambito delle proposte educational della De Sono si rinnova, per il secondo anno scolastico consecutivo al Liceo Classico «V. Alfieri», il progetto Saper ascoltare: un ciclo di lezioni tenute dal prof. Paolo Gallarati sull’ascolto del melodramma attraverso la lettura critica di una grande opera del repertorio verdiano

Mentre nella scuola primaria e nella secondaria di I grado in questi anni si sono fatti molti progressi, nella secondaria di II grado l’educazione musicale praticamente non esiste, se si esclude il liceo musicale. I ragazzi escono dalle scuole superiori senza sapere nulla di Rossini, Bellini, Donizetti, Puccini e soprattutto di Verdi, compositore che ha contribuito in maniera significativa alla costruzione del nostro patrimonio culturale.Di qui l’idea nata per iniziativa di De Sono Associazione per la Musica con Paolo Gallarati – professore ordinario di Storia della musica e di Drammaturgia musicale all’Università di Torino – di un ciclo d’incontri, dedicati agli studenti dei licei classici e scientifici, finalizzati alla comprensione del melodramma e in particolare all’educazione all’ascolto di un’opera di Verdi: “Seguendo una sola opera nella sua totalità molto meglio di quanto non possa accadere con un discorso antologico che prenda in considerazione alcuni pezzi provenienti da opere diverse – spiega Paolo Gallarati – è possibile illustrare i mezzi attraverso i quali la musica realizza il teatro, in un progetto coerente.” La prima edizione del progetto si è svolta con successo durante l’anno scolastico 2017/2018 al Liceo classico V. Alfieri con l’analisi dell’opera La traviata; il prossimo 24 settembre si ricomincia, sempre tra le classi dell’Alfieri, con lo studio di un altro grande capolavoro di Giuseppe Verdi: Il trovatore.Durante ogni singolo incontro, in un primo momento si esegue una lettura accurata delle singoli parti del libretto; segue un ascolto guidato di ogni brano per illustrare come la musica definisca la situazione, l’ambiente, i singoli personaggi, la loro vita psicologica, il rapporto con gli altri caratteri e l’architettura teatrale; infine l’intero atto viene riascoltato senza interruzioni, attraverso la proiezione di un video che permetta di discutere anche le possibilità della regia. Grazie a questo metodo gli studenti a fine corso sono in grado di comprendere i meccanismi che regolano la drammaturgia del teatro musicale e le sue possibilità espressive e acquisiscono un metodo di ascolto applicabile a gran parte della produzione operistica, compresa tra il ‘600 e il ‘900.Al termine del progetto, grazie alla disponibilità del Teatro Regio di Torino, che ha in cartellone proprio Il trovatore dal 10 al 23 ottobre, gli studenti avranno la possibilità di effettuare una visita guidata del Teatro Regio, di assistere in modo privilegiato ad alcuni momenti di prova e infine di vedere lo spettacolo nella sua completezza.

Laura Rossi e la figurazione innovativa

Laura Rossi si inserisce di diritto tra i più interessanti artisti del panorama contemporaneo distinguendosi dall’attuale imperante moda, spesso banalmente ripetitiva di quelle che sono state le geniali avanguardie storiche, mantenendo un’arte che, non annullando la figurazione, la tratta in modo innovativo, antiretorico con capacità di sintesi modernissima. Nata a casale Monferrato, dove vive, laureata in scienza naturali, ha all’attivo importanti mostre personali e collettive che l’hanno resa nota in Italia e all’estero (tra le tante la mostra itinerante in Australia per il gemellaggio Conzano –Ingram, per il Monferrato-Santiago di Compostela, la partecipazione alle biennali di Grafica ex Libris a Casale, per i 500 anni della Sinagoga della città, la personale alla “Giornata italiana” a Milwaukee, la collettiva “Visioni pittoriche” di Praga).

Costante ed apprezzata la collaborazione con Stat viaggi e col bisettimanale “Il Monferrato” per cui realizza incisioni e piatti ricordo per la Costa Crociere. Possedendo ricchezza di idee, formazione, capacità esecutiva che, uniti a sostegno della propria poetica danno luogo ad un unicum, ad uno stile personalissimo della pittura ad olio, ad acquerello, su vetro e della scultura, dagli anni 80 si è specializzata nell’incisione. I soggetti, in particolare monumenti, chiese, palazzi, pur nella rigorosa essenzialità di poche linee bianche su nero che miracolosamente creano atmosfere colorate, riescono a produrre visioni esaurienti e immediatamente riconoscibili. Non occorre dovizia di particolari per raggiungere lo scopo: basta il crocifisso pensile della Cattedrale di Casale inciso sulla facciata a rendere l’idea complessiva dello stile romanico dell’antica costruzione; basta la stella sulla cima della Mole Antonelliana che si erge sulle case appena accennate di Torino per comunicare il rapporto di empatia tra il monumento e la città facendo scaturire la memoria collettiva di ampi significati artistici, storici e psicologici. Le ultime incisioni riguardano la celebrazione del centenario del volo su Vienna del 9 agosto del 1918 compiuto dalla Serenissima al comando di Natale Palli sullo SVA biposto con D’Annunzio per lanciare i manifestini tricolore esortanti la fine del conflitto bellico. Anche in questo caso con la solita capacità di sintesi e la sola rappresentazione dei monumenti simbolo di Pescara patria di D’Annunzio, di Vienna che diede il nome al volo e di Casale patria di Natal Palli, l’artista ha dato efficacemente corpo alla memoria dell’evento.

Giuliana Romano Bussola

 

 

 

Micillina: storia di una masca piemontese

Le storie spesso iniziano là dove la Storia finisce
Folletti e satanassi, gnomi e spiriti malvagi, fate e streghe, questi sono i protagonisti delle leggende del folcklore, personaggi grotteschi, nati per incutere paura e per far sorridere, sempre pronti ad impartire qualche lezione. Parlano una lingua tutta particolare, che si avvicina al dialetto dei nonni e dei contadini, vivono in posti strani, dove è meglio non avventurarsi, tra bizzarri massi giganti, calderoni e boschi vastissimi. Mettono in atto magie, procurano molestie, fastidi, fanno sgambetti, ci nascondono le cose, sghignazzano alle nostre spalle, cambiano forma e non si lasciano vedere, ma ogni tanto, se siamo buoni e risultiamo loro simpatici, ci portano anche dei regali. Questa serie di articoli vuole soffermarsi su una figura della tradizione popolare in particolare, le masche, le streghe del Piemonte, scontrose e dispettose, mai eccessivamente inique, donne “magiche” che si perdono nel tempo e nella memoria, di cui pochi ancora raccontano, ma se le loro peripezie paiono svanire nei meandri dei secoli passati, esse, le masche, non se ne andranno mai. Continueranno ad aggirarsi tra noi, non viste, procurandoci dispetti, mentre tutti – forse – fingiamo di non crederci, e continuiamo a “toccare ferro” affinchè la sfortuna e le masche non ci sfiorino. (ac)
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Masca, termine diffuso prevalentemente nel Roero, nelle Langhe, in Astesana, nel Biellese, nel Canavese, nelle Valli cuneesi e nell’Alessandrino, significa propriamente strega, fattucchiera, maga, incantatrice, fata. Per lo più il vocabolo è usato per disprezzo o ingiuria. Nel latino tardo, (VII sec.d.C.), era sinonimo di lamia, mostro con faccia di donna maliarda e vampiro. Il termine assume una certa rilevanza con l’Editto di Rotari, (643), dove viene utilizzato per indicare una strega i cui poteri sono molto temuti, una donna malvagia che divora i propri simili, e che è quindi contrassegnata con caratteristiche antropofaghe e pregne di reminiscenze pagane. La masca -strega è anche voce di ambito occitano e francoprovenzale, pur se più propriamente tipica del Piemonte. Molte sono le donne -masche piemontesi con un’identità specifica, delle quali ancora si racconta… C’era una volta una fanciulla, originaria di Barolo, di nome Micillina, conosciuta purtroppo per essere capace di produrre effetti negativi che si abbattevano sulla gente del suo villaggio, tanto che, secondo alcuni, essa si divertiva a causare al suo prossimo danni fisici e malattie. Un giorno Micillina decise di andarsene e si spostò a Pocapaglia, dove trovò marito e una nuova dimora. Non passò molto tempo, e anche qui gli abitanti della comunità notarono i malefici della nuova arrivata: tutti sospettavano che essa procurasse danni alle persone anche solo con lo sguardo, ben convinti che la giovane si dedicasse ad oscure arti magiche per portare malattie e disgrazie all’intero paese. Tali imputazioni non potevano però essere provate e così gli abitanti di Pocapaglia si limitarono a guardarla di sottecchi e a fare di tutto per non includerla nella vita del paese. La cattiva reputazione della donna cresceva senza tregua, qualsiasi avvenimento sgradevole faceva capo a lei e le accuse divenivano sempre più colme di odio, finché arrivarono alle orecchie di Paucapelea, il marito di Micillina. Questi, invece di difendere la moglie, si schierò dalla parte dei compaesani, gridando a gran voce contro la compagna per distoglierla dagli insani interessi. Micillina però non cambiò nulla del suo comportamento, così le invettive contro di lei aumentarono ulteriormente. Fu allora che Paucapelea iniziò a picchiarla ogni giorno, dopo essere rientrato a casa dal lavoro, sempre nell’intento di cambiare l’indole della moglie: i suoi sforzi si rivelarono vani e si vide costretto a cacciare di casa la sposa. Avvenne però un fatto strano. Dopo qualche giorno dall’accaduto, il povero Paucapelea, cadde da un albero, sul quale si era arrampicato per raccogliere della frutta, rompendosi l’osso del collo. Micillina si trovò vedova e di nuovo in possesso della casa. Forse che la donna, con l’aiuto del Demonio, aveva messo lo zampino in tale sfortunato e sinistro avvenimento? La comunità non volle approfondire, tuttavia iniziò a temere in maggior misura la donna, che continuava ad aggirarsi per le strade del paese, guardando tutti malamente e sogghignando quando qualcuno inciampava o si feriva o si procurava qualche tipo di disgrazia. Un giorno il fornaio perse la pazienza e si infuriò con lei, e, per qualche bizzarra coincidenza, venne trovato morto sull’entrata del suo negozio la sera stessa. Di lì in avanti i compaesani iniziarono ad accusare la donna apertamente di aver cagionato loro ogni sorta di male, anche se non così grave e definitivo come la morte. 
La vicenda divenne fin troppo nota, tanto che di Micillina si parlava anche nei vicini paesi, e le voci giunsero al Tribunale dell’Inquisizione, che si vide costretto ad intervenire.  Non si hanno notizie del processo, né del dibattimento, né dell’eventuale indagine, si sa però che il 29 luglio del 1544 Micillina fu portata su un carro trainato da due buoi sulle rocche del Roero, dove era stato allestito il rogo per bruciarla. I racconti ci dicono che Micillina morì quel giorno, ma riuscì, in punto di morte a provocare ancora alcuni danni. Mentre ardeva, la donna lanciò le ultime maledizioni: i buoi, impazziti, trascinarono dietro di sé il carro pesante, con il quale travolsero molti presenti, causandone la morte. Alcuni tizzoni del rogo caddero sulla folla, procurando ustioni gravissime e ulteriori vittime. Questo è ciò che tramandano le dicerie, che la malvagia Micillina fu tale finché il Demonio non la portò via con sé: chissà se anche lui se n’è pentito? La vicenda si compenetra di realtà e fantasia, i protagonisti che la animano sfumano nel passato tanto da apparire fantasmi inventati, eppure questa donna misteriosa ha lasciato una traccia consistente e profonda nel Roero, e risulta pressoché impossibile considerare tali avvenimenti frutto solo della superstizione e dell’immaginazione. Il fuoco del rogo che arse la donna pare ancora bruciare, proprio là dove era stato appiccato secoli fa: esso colora diversamente la terra di un poggio rialzato, tuttora chiamato Bric d’la masca Micillina.
Alessia Cagnotto