Il Museo Egizio conquista della Cina con la mostra ‘Egypt. House of Eternity’ inaugurata, con 13.000 le persone in coda. E’ un tour in 5 città, che propone oltre 200 reperti della collezione torinese. Si tratta di un percorso scientifico ideato per il continente asiatico, dove la civiltà faraonica è meno conosciuta che in Occidente. Dei pezzi in mostra molti sono esposti per la prima volta. Un ‘viaggio’ attraverso 4000 anni di storia che coinvolge diversi musei cinesi, dall’Henan Provincial Museum di Zhengzhou, dove è stata inaugurata e si potrà ammirare fino al 22 marzo, fino allo Shanxi Museum di Taiyuan, il Liaoning Museum di Shenyang, l’Hunan Provincial Museum di Changsha e il Guangdong Provincial Museum di Guangzhou, dove si concluderà a marzo 2019. La mostra, realizzata con la consulenza di Mondo Mostre, occupa oltre 1.000 metri quadri.
Without Frontiers
Il 15 dicembre alle ore 18 s’inaugura la mostra Without Frontiers a cura di Caravan SetUp e dell’associazione Il Cerchio E Le Gocce, con i testi di Laura Fattorini, presso Dock74 in Via Valprato 68 a Torino
La mostra che vede la partecipazione degli artisti Corn79, Fabio Petani, made514, ETNIK, Vesod, Elbi Elem e Zedz nasce come prolungamento e approfondimento del lavoro svolto durante il festival Without Frontiers, Lunetta a colori a Mantova.
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Durante l’inaugurazione verrà presentato il volume “Without Frontiers. Arte urbana e arte pubblica. Esperienze e prospettive” di Simona Gavioli e Giulia Giliberti, edito da Il Rio EdizioniOgni artista, mantenendo la propria cifra stilistica su un supporto diverso rispetto alle grandi pareti degli edifici sui quali è solito lavorare, fa un tentativo, già ampiamente espresso con i lavori murali, di far uscire l’arte dalla crisi di quest’epoca, un’arte che ha smesso di essere autonoma a favore del connubio con la vita sociale. Un’arte non più come marginale ornamento perché ha smesso di scappare dalla solitaria libertà dell’artista, un’arte non più temuta perché avvicinata al centro della vita sociale. Un’arte viva, appunto. Senza abdicare da se stessi, nella collettiva a Dock74 ogni artista sviluppa un’opera che è la trasposizione di ciò che normalmente troviamo su grandi edifici, che spesso sono case. Ed è proprio la casa che racchiudendo all’interno molecole di mondo ed essendo un corpus d’immagini, fornisce ragioni o illusioni di stabilità all’uomo e di cui l’artista aspira a svilupparne le rêverie. Il dentro e il fuori giocano al rimando, s’inseguono e poi si raggiungono. Ciò che stava fuori, ora sta dentro.
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Attraverso le opere pittoriche in mostra Corn79 ricerca, con l’astrazione delle forme e con i colori, i significati intimi e profondi legati al suo inconscio, mentre Fabio Petani indaga la complessità della natura sfruttando i principi primi di tutte le cose, l’elemento chimico e la pianta. Made514 unisce il lettering al figurativo per creare immagini dinamiche, dalle linee morbide e liquide; Etnik raffigura metaforicamente sezioni di realtà prospettica e di agglomerati urbani incastrati tra di loro, in una critica rivolta proprio alla costruzione inconsapevole dei blocchi di cemento che formano le periferie delle nostre città. Vesod materializza il tempo grazie alla sovrapposizione di diverse immagini, tracciando così storie riconoscibili in attimi; Elbi Elem scardina lo spazio per creare nuove geometrie che si rompono in equilibrio perfetto con il circostante. Zedz, influenzato dalle grafiche digitali, dall’architettura e dalla musica, compone varie geometrie che invadono la tela. La pubblicazione racconta l’esperienza di Without Frontiers. Lunetta a colori, il progetto di riqualificazione urbana che, arrivato nel 2017 alla sua seconda edizione, ha sfidato gli spazi convenzionali destinati all’arte, il conservatorismo e l’idea di bene collettivo, contribuendo all’abbattimento delle barriere che separano il quartiere periferico di Lunetta dal centro della città di Mantova. Il progetto ha permesso agli artisti italiani e stranieri Corn79, Fabio Petani, Made514, Etnik, Vesod, Elbi Elem, Zedz, Perino & Vele, Bianco-Valente e Panem Et Circenses di realizzare opere d’arte site-specific nel quartiere.
“L’Italia contemporanea. Questioni di storia dell’ultimo trentennio”. Così s’intitola il convegno promosso dall’Istoreto in collaborazione con L’iniziativa fa parte del calendario di avvenimenti per il 70° anniversario della fondazione dell’Istituto piemontese per la storia della Resistenza “Giorgio Agosti”. Introdurrà questo importante appuntamento per riflettere sul senso profondo delle trasformazioni del nostro paese negli ultimi trent’anni, con un intervento istituzionale, Nino Boeti,Vicepresidente del Consiglio Regionale del Piemonte. Il convegno coinvolgerà studiosi di diversa formazione disciplinare invitandoli a riflettere in modo problematico e aperto su alcuni nodi cruciali delle trasformazioni che hanno investito il nostro paese a partire dai tardi anni Ottanta-primi anni Novanta. Una discussione che intende mettere a fuoco il senso profondo di quelle trasformazioni e il loro ruolo nel cambiamento della storia del paese, nonché il loro peso nel determinare la situazione del tempo presente. Il convegno si articolerà in tre sessioni. Il 14 dicembre, alle ore 15,00, ” Presiede Valerio Onida; interventi di Alberto de Bernardi, Paolo Pombeni, Federico Romero, Alfio Mastropaolo, Marco Fioravanti. Venerdì 15 dicembre, in mattinata alle ore 9,15, “Economia e lavoro“. Presiede Claudio Dellavalle; interventi di Emanuele Felice, Maurizio Franzini, Giuseppe Berta, Alberto Vannucci, Rocco Sciarrone. Nel pomeriggio dello stesso giorno, alle 14,30, “Società e cultura“. Presiede Aldo Agosti. Interventi di Roberto Cartocci, Linda Laura Sabbadini, Loredana Sciolla.
Vasco 2018 debutta a Torino
Lo stesso “Blasco” ha comunicato via Facebook le date ufficiali e le località del VASCONONSTOP LIVE 2018. E’ uno spettacolo rock emozionante che arriverà a giugno negli stadi di 5 città, con il debutto allo Stadio Olimpico di Torino il primo e il 2 giugno, a seguire Padova, Roma e Bari, tutte con doppio concerto, e Messina. Reduce dalla “Tempesta perfetta” di Modena Park, Vasco annuncia: “Per l’estate 2018 prossima, noi procediamo per…Stadi. Il concerto del 1 luglio scorso è stato un evento straordinario, ma unico e irripetibile”. Le vendite aprono giovedì 14 dicembre alle 13. Biglietti su Vivaticket al link: vascononstop.vivaticket.it.
(foto: il Torinese)
Secret movie: il film che si vota
LIBERAMI – Film documentario del 2016 diretto da Federica Di Giacomo. 90 min. Padre Cataldo è un veterano, tra gli esorcisti più ricercati in Sicilia e non solo, celebre per il carattere combattivo ed instancabile. Ogni martedì Gloria, Enrico, Anna e Giulia seguono, insieme a tantissimi altri, la messa di liberazione di Padre Cataldo e cercano la cura ad un disagio che non trova altrove rimedio.
GATTO NERO GATTO BIANCO – Film del 1998 diretto da Emir Kusturica. 120 min. Kusturica torna sui suoi antichi passi, il suo paese più o meno, ma senza preoccuparsi delle grandi vicende politiche e dei grandi dolori sociali. Gli interessano le piccole storie e le piccole poesie degli zingari. Due giovani si vogliono bene, ma le loro famiglie si oppongono. È solo il pretesto per tutto il resto delle fantasie del regista: la musica e i balli, i tic dei mattoidi, la cocaina in un crocefisso, uno muore e resuscita.
LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT – Film del 2015 diretto da Gabriele Mainetti. 112 min. Enzo Ceccotti non è nessuno, vive a Tor Bella Monaca e sbarca il lunario con piccoli furti sperando di non essere preso. Un giorno, proprio mentre scappa dalla polizia, si tuffa nel Tevere per nascondersi e cade per errore in un barile di materiale radioattivo. Ne uscirà completamente ricoperto di non si sa cosa, barcollante e mezzo morto.Scoprirà però di avere forza e resistenza sovrumane.
Più amici porti più speranze hai di vedere il film che preferisci!!!!
Inizio votazioni ore 21.00 – CasArcobaleno, via Lanino 3A
Ingresso libero con tessera
La Venere torna ai Musei reali
I Musei Reali restano aperti durante dal ponte dell’Immacolata per tutte le feste di Natale, pronti ad accogliere i visitatori torinesi e i turisti con numerose proposte, a partire dalle tante mostre in corso e un nuovo percorso di visita.
La Venere di Botticelli torna a casa. Al momento esposta in Georgia, a Tbilisi, come rappresentante dell’Italia per il progetto Valori universali, l’opera appartenente alle collezioni della Galleria Sabauda sarà di ritorno per le feste, pronta a farsi nuovamente ammirare dai visitatori.
Oltre agli abituali percorsi di visita, sono numerose le mostre in corso. Fino al 14 gennaio nelle Sale Chiablese rivive la produzione degli ultimi trent’anni della vita di Miró: un periodo indissolubilmente legato alla “sua” isola, Maiorca, dove negli anni Sessanta e Settanta si è dedicato a temi prediletti come donne, uccelli e paesaggi monocromi.
Dal 16 dicembre in Galleria Sabauda il pubblico potrà riscoprire l’immenso patrimonio dei Musei Reali legato alla storia dell’arte del territorio, grazie al nuovo allestimento permanente Un’altra armonia. Maestri del Rinascimento in Piemonte. Grazie alla sua componente multimediale, il nuovo percorso permette al pubblico di viaggiare all’interno di questo vivace periodo storico, mettendo le opere in dialogo con contenuti interattivi musicali e video.
Prosegue la mostra Piranesi. La fabbrica dell’utopia: oltre a una selezione di 93 tra le opere più significative del grande artista veneto, il visitatore si troverà catapultato all’interno delle celebri Carceri, riproposte in 3D all’interno della sala immersiva.
E per dare la possibilità a tutti coloro che se le sono perse nei mesi precedenti, sono prorogate fino all’anno nuovo le mostre in Galleria Sabauda Confronti/3: Pittura come scultura. Cerano e un capolavoro del Seicento lombardo, Scoperte/2: Le invenzioni di Grechetto (fino al 21 gennaio 2018), Le bianche statuine. I biscuit di Palazzo Reale (fino all’11 febbraio 2018) e, al Museo di Antichità, Prima del bottone: accessori e ornamenti del vestiario nell’antichità (fino al 18 febbraio 2018).
Domenica 24 e 31 dicembre i Musei Reali saranno aperti dalle 9 alle 14 (chiusura biglietteria ore 13), mentre rimarranno chiusi lunedì 25 dicembre e 1 gennaio; tutti gli altri giorni saranno osservati i consueti orari di apertura.
Le Musichall ospita il Gran Varietà
Dal 14 dicembre al 7 gennaio 2018 il palcoscenico de Le Musichall ospita il Gran Varietà, lo spettacolo che inaugura ufficialmente il teatro torinese, sotto la direzione artistica di Arturo Brachetti. Con quello che si può definire una sorta di “zapping teatrale” con numeri di ballo, canto, teatro, circo e poesia che si alternano a ritmo incalzante, Le Musichall diventa così la prima casa d’Italia di quell’arte teatrale che ha fatto la storia dello spettacolo internazionale: ilvarietà.
Il 14 dicembre le 300 luci de Le Musichall si accendono su un’esibizione unica dedicata a un genere che richiama la tradizione, ma qui proposto in chiave contemporanea e dinamica. Frizzante e comico, goliardico e ammiccante, a tratti onirico e surreale, il Gran Varietà travolge il pubblico con una storia, anzi con tante storie diverse che non hanno un filo conduttore. Lo spettacolo in cartellone è leggero, disimpegnato, ma intelligente e di qualità, proseguendo così la proposta offerta dal teatro e quello che intende rappresentare. Sul palco una girandola di artisti, quattordici, dalla formazione più diversa: ci sono le ballerine di can can e gli acrobati, i cantanti, i clown, gli attori comici, i maghi, a formare una compagnia d’eccezione selezionata dalla Torino Musical Academy che ha collaborato alla realizzazione dello spettacolo, la cui regia è di Stefano Genovese.
Cos’è il varietà
Si tratta di uno spettacolo teatrale di derivazione popolare che presenta un repertorio misto di canzoni, musiche, balli, scenette comiche. Ben lontano da quello che era il teatro accademico a cui era abituata la borghesia del tempo, il varietà nasce in Italia, e più precisamente a Napoli, alla fine del XIX secolo, rifacendosi alla tradizione del Cafè-Chantant francese. Da questa esperienza prenderanno vita molti dei filoni teatrali, ma anche televisivi, che hanno fatto la storia dello spettacolo italiano, diventando una sorta di patrimonio culturale condiviso. La sua storia è intensa, ma si consuma in brevissimo tempo, nel lasso di tempo che va dalla fine dell’Ottocento alla fine degli anni Sessanta del Novecento.
Cos’è Le Musichall
Le Musichall è il teatro delle varietà con la direzione artistica di Arturo Brachetti, il maestro internazionale del quickchange e l’attore teatrale italiano oggi più celebre al mondo. Il progetto nasce dalla collaborazione tra Arte Brachetti srl e l’Opera Torinese del Murialdo, proprietaria del teatro, con l’obiettivo di rivitalizzare quelle forma di spettacolo popolare e coinvolgente, di arte varia, teatrale e musicale. Si propone come teatro in cui è protagonista un intrattenimento leggero, divertente e di qualità, trasversale per proposte e per discipline, internazionale nell’approccio, capace di accogliere quelle realtà che faticano a trovare un luogo perché sono ‘altro’ rispetto alle tradizionali etichette, non rientrando negli schemi classici. Il teatro, nato agli inizi del ‘900 come Teatro degli Artigianelli, dopo una gloriosa stagione negli anni ‘80 e ‘90, è stato chiuso per lungo tempo e oggi torna dopo un restauro di quasi tre anni che ha permesso di riportare alla luce gli affreschi originali del soffitto stile Belle Epoque e rifunzionalizzare l’intero spazio.
Il calendario
Giovedì 14 dicembre ore 21
Venerdì 15 dicembre ore 21
Sabato 16 dicembre ore 21
Giovedì 21 dicembre ore 21
Venerdì 22 dicembre ore 21
Sabato 23 dicembre ore 21
Martedì 26 dicembre ore 17
Mercoledì 27 dicembre ore 21
Giovedì 28 dicembre ore 21
Venerdì 29 dicembre ore 21
Domenica 31 dicembre ore 22
Giovedì 4 gennaio 2018 ore 21
Venerdì 5 gennaio 2018 ore 21
Sabato 6 gennaio 2018 ore 17
Domenica 7 gennaio 2018 ore 17
Ingresso intero: 23 euro + 1,50 di prevendita
Ingresso ridotto di legge (over 65 – under 12) e convenzionati (Abbonamento Musei, Torino+Piemonte card e Torino+PiemonteContemporary card): 20 euro + 1,50 euro di prevendita
Ingresso serata speciale con brindisi di Capodanno: 50 euro + 1,50 euro di prevendita
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Le Musichall
Via Juvarra, 15 – 10122 Torino (ingresso temporaneo da Corso Palestro 14)
Per informazioni e prenotazioni 011 1911 7172
www.lemusichall.com – info@lemusichall.com
Facebook: @LeMusichallTorino / Instagram: lemusicahalltorino
Una “Notte di prodigio”
Battute finali per il festival “Cambi di Stagione” organizzato dalla Fondazione Bottari Lattes
GIOVEDI’ 14 DICEMBRE, FONDAZIONE BOTTARI LATTES
A chiudere il cartellone 2017 sarà un appuntamento invernale della sezione Inside, dedicata al tema della notte, diretta dall’Orchestra Musica Manens e in programma giovedì 14 dicembre, ore 21, presso l’Auditorium della Fondazione, in via Marconi 16 a Monforte d’Alba (Cn).
Dal titolo “Notte di prodigio”, il concerto aprirà le porte all’inverno con la Corale Civica Musicainsieme della città di Chieri, Ensemble vocale, che – insieme con alcuni elementi dell’Orchestra Musica Manens, diretta da Andrea Damiano Cotti – eseguirà brani tratti dal repertorio classico, presentando una scelta di composizioni di M. Prateorius, J. S. Bach, Tomàs Luis De Victoria, H. Howells, B.Britten, affiancati a brani natalizi della tradizione popolare.
Sul palco, l’attrice Valentina Padovan, coadiuvata da Alessandro Tollari, arricchirà l’esecuzione musicale con intermezzi tesi ad evocare le atmosfere invernali, dando voce alla più alta letteratura ispirata all’ “Avvento”, nonché al tema del notturno: dai Vangeli canonici ai Vangeli apocrifi, dalle opere di Francesco Petrarca a Rainer Maria Rilke e a Erri De Luca, nella volontà di contemplare l’episodio della “Natività” da diverse prospettive.
La grande potenza espressiva della notte invernale é fortemente presente nell’immaginario collettivo della nostra cultura, dal Medioevo al Romanticismo all’età contemporanea: “Notte di prodigio” ricalca le tappe e i tentativi di avvicinamento della grande musica al mistero della notte di Natale, considerata la notte magica e arcana per eccellenza.
L’ingresso è gratuito.
Seguirà un brindisi di auguri e la possibilità di visitare la mostra di Renato Brazzani “Prospettive variabili”, una personale dedicata alle diverse stagioni attraversate dall’artista tra gli anni Settanta e il 2010: la lunga serie delle Anamorfosi, il ciclo Oceano, dominato da un blu tenebroso, le opere con inserti lignei Totem, Trofei e Scudi, dal richiamo tribale e ancestrale e le oniriche Sedie Thonet, di derivazione pop e iperrealista.
g.m.
Per info e prenotazioni: tel. 0173/789282 – segreteria@fondazionebottarilattes.it – www.fondazionebottarilattes.it
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di Pier Franco Quaglieni
È difficile assumere il necessario distacco critico quando si scrive di un amico. Meno che mai quando si scrive di un amico rapito dalla morte ad appena sessant’anni. Soprattutto diventa impossibile quando, scrivendo, si ripensa alle serate passate con lui, al fuoco d’artificio di battute, sempre stupendamente velenose e piene di scintillante intelligenza, che rendevano la sua compagnia qualcosa di unico. Mi riferisco a Giovanni Arpino, scrittore, giornalista, autentico uomo di cultura nel senso più ampio del termine. Quando, nel cuore della notte, seppi dell’aggravamento improvviso del suo male, ne rimasi sconvolto. Pochi giorni dopo, ci dovevamo vedere. Per anni non ci eravamo frequentati: io sono allergico allo sport, soprattutto al calcio, ed Arpino è stato giornalista sportivo di rara competenza. Ma i suoi libri li ho sempre letti, tutti e sempre d’un fiato. Il suo libro più bello è forse La suora giovane, ambientato in una Torino invernale in cui sboccia un amore casto e straordinariamente poetico tra uno scapolo dalla vita grigia e monotona e una suora giovane ,bella e spregiudicata. Sono occhiate furtive alla fermata di un tram, sono speranze senza domani, che danno però un senso alla quotidianità noiosa di una città gelida non solo per il suo clima. Arpino era uno di noi: aveva cominciato a scrivere sul “Mondo” giovanissimo (mando’ un articolo a Pannunzio quand’era militare a Bra e ricevette una cartolina postale del direttore che gli annunciava la pubblicazione la settimana dopo: Pannunzio fu uno straordinario scopritore di talenti sconosciuti .
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Giovanni è stato un coerentemente fedele, nella sostanza, a quegli ideali di laicità, di indipendenza e di cultura vera che restano la testimonianza più importante di quell’irripetibile esperienza politica e culturale. Abbandonò Pannunzio, ma non i suoi ideali, per un giornale più diffuso e abbastanza lontano dal “Mondo come ha ricordato Giovanni Tesio. Fu però una parentesi breve. Era poi entrato a “La Stampa” con Alberto Ronchey (Giulio De Benedetti, il vecchio direttore, lo riteneva troppo «letterato ed artista» per fare il giornalista) , passando successivamente al “Giornale” di Indro Montanelli. Nel conformismo postsessantottino in cui la cultura veniva confusa con i volantini demagogici e con le scritte sui muri, Arpino si era ribellato, passando con Montanelli, quasi per reazione. Commise in buona fede un grave errore , presentando a Montanelli un giovane torinese che sarebbe diventato il diffamatore seriale per antonomasia, ma Giovanni non poteva immaginare il futuro . Vedendo com’era amministrata Torino durante il decennio “rosso” da alcuni assessori, Arpino fu uno dei pochi che ruppe il plumbeo conformismo di quegli anni. Sparò a zero su tutto e su tutti, senza pietà e senza calcolate prudenze. Ricordo un memorabile dibattito che facemmo insieme sulla devastante «rivoluzione tranviaria» dell’82: uno scrittore del suo calibro non esitò un attimo a scendere in campo al mio fianco contro una «riforma» (si fa per dire) che solo pochi militanti potevano accogliere ,senza alzare la voce. Ed allora – ricordo – usò i toni aspri della polemica più vigorosa, quella vis che il linguaggio disossato ed esangue dei politici non conosce più. Giancarlo Quagliotti tanti anni dopo riconobbe con me quell’errore che portò ai maxi tram, bloccando i lavori della Metropolitana sotterranea.
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Arpino è stato un intellettuale intero che ha saputo coniugare insieme letteratura ed impegno civile, senza mai lasciarsi ingabbiare nel conformismo dei partiti. Egli fu anche un uomo che sapeva amare la vita, anche se alcune angosce che lo tormentavano, gli consentirono raramente di goderne appieno. Definì Torino una città fra Gozzano e il metallo (immagino dell’industria); ebbene, proprio uomini come lui ci hanno dimostrato come, in mezzo a nostalgie crepuscolari o alla cosiddetta «monocultura» industriale, potessero esistere anche uomini che hanno dato dignità intellettuale ad una città ambigua e monotona, ribelle e conformista nello stesso tempo. Nato a Pola, sentiva in modo particolare l’esodo giuliano-dalmata e la tragedia delle foibe. Fu tra i primi a parlarne molto prima che gli storici, se escludiamo Gianni Oliva, affrontassero quel tema scottante sul quale bisognava svicolare. Anche qui andando, come sempre, controcorrente. E’ morto troppo presto e solo l’amico Bruno Quaranta gli e ‘ stato fedele. Massimo Romano ha scritto su di lui delle belle pagine. Quando inaugurammo via Arpino ,la vedova Caterina mi volle con lei. Il sindaco Maria Magnani Noya non andò ai suoi funerali e dopo qualche giorno lo commemorai io al Centro Pannunzio, ricordando anche il suo inseparabile gatto siamese. Fui io ad inaugurare la bella biblioteca che il sindaco Erminia Zanella volle dedicargli a Gambasca. Un segno che Giovanni non è stato dimenticato.
La Valle Roja si estende oltre la linea di cresta, al di là del Colle di Tenda e quindi geograficamente sarebbe francese, ma poi, dopo le gole di Saorgio, il torrente omonimo volge verso sud-est e sbocca in mare a Ventimiglia
La recente decisione di alcuni sindaci francesi della Valle Roja di impedire il transito dei tir sulla route nationale 204 ha riportato alla ribalta i non facili rapporti tra Italia e Francia in questo angolo di confine. Un confine che è tale da 70 anni, da quando cioè i cugini transalpini, dopo la sconfitta dell’Italia nella II Guerra mondiale, pretesero la cessione del territorio dei Comuni di Tenda, S. Dalmazzo di Tenda e buona parte di Briga, anche per far pagare agli italiani la “pugnalata alle spalle” inferta nel giugno 1940, quando Mussolini dichiarò guerra a una Francia ormai soccombente sotto il poderoso attacco tedesco. La Valle Roja si estende oltre la linea di cresta, al di là del Colle di Tenda e quindi geograficamente sarebbe francese, ma poi, dopo le gole di Saorgio, il torrente omonimo volge verso sud-est e sbocca in mare a Ventimiglia. Le mire francesi su queste terre risalgono a metà Ottocento, quando il Regno Sardo negoziò l’appoggio di Napoleone III contro l’Impero Austro-ungarico, cedendo Nizza e la Savoia. Ai plenipotenziari francesi, che volevano includere nella cessione anche Tenda, l’astuto ministro Cavour disse che quel territorio era destinato a riserva di caccia del re Vittorio Emanuele II. Una bugia, perché la riserva reale della Valle Gesso terminava al Colle del Sabbione, sulla linea displuviale che confina con il vallone di Casterino e quindi adiacente a Tenda. Ma, di fronte a questa obiezione del conte, pare che lo stesso Napoleone, senza guardare il dettaglio delle carte, abbia voluto rinunciare per non recare uno sgarbo al sovrano piemontese.
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Nel 1946, invece, la posizione italiana al tavolo delle trattative post-belliche era molto più debole. Così un territorio mai stato francese, ricco di risorse idriche allora più preziose ancora di oggi – per la produzione di energia idroelettrica – passò di mano, con i francesi che ebbero anche l’ardire di definire l’evento un “rattachement a la France”, con tanto di referendum. La popolazione locale, infatti, fu chiamata a votare per scegliere tra Francia e Italia, ma i tristi ricordi della guerra voluta dal fascismo – con centinaia di alpini tendaschi morti in Russia combattendo nella Cuneense – insieme alle pressioni dei vincitori, determinarono il successo dei transalpini. In quel delicato frangente storico giocò un ruolo centrale un generale piemontese a riposo, Giacomo Lombardi, nella sua qualità di commissario prefettizio dei Comuni in via di cessione. Militare di grande prestigio, che aveva fatto già la I Guerra mondiale e parte della seconda, combattendo anche a El Alamein al fianco di Rommel, Lombardi arrivò a Tenda nel luglio 1946, con l’assai poco gradito compito di passare la mano ai francesi. Mentre al tavolo delle trattative di Parigi la cessione di Tenda e di altri territori andavano avanti – e si sarebbero concluse ufficialmente il 10 febbraio 1947 – il generale-commissario non restava certo con le mani in mano. Si dedicava, anzi, alla cura del grande patrimonio forestale pubblico, facendo provvedere al taglio dei boschi comunali e ritrovando, nell’occasione, una squadra di boscaioli cadorini, che erano stati suoi alpini dell’8°reggimento in Albania. Nelle sue memorie, raccolte nel volume “Pipe e soldati”, Lombardi racconta di una calorosa tavolata in mezzo ai boschi, con una fumante polenta e un sugo a base di gatto! E’ egli stesso a rilevare l’incertezza e la contraddizione che dominava quei territori, voluti fortemente dai francesi ma chiamati, il 2 giugno 1946, a scegliere tra monarchia e repubblica nel referendum istituzionale. Ebbene, la percentuale dei votanti fu del 90 % e, osserva Lombardi: “Ciò fa ancora pensare che se il Governo avesse sostenuto l’autonomia economica dei Comuni dell’Alta Valle Roja e gli antichi diritti del 1861, in quel momento, il filo-francesismo sarebbe stato definitivamente sepolto”.
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Ma Roma aveva altro a cui pensare, lasciando al generale solo lo spazio di recuperare, da buon amministratore, i materiali abbandonati nelle caserme vuote “ancora sfruttabili per la ricostruzione”, per rispedirli in Piemonte, insieme agli abbondanti carichi di legname. Finalmente il 15 settembre 1947 si concretizzò il passaggio di consegne con le autorità francesi, in un atmosfera “di tempesta”, ricorda Lombardi, con molte persone che si rifugiavano in Italia, portando con sé persino le salme dei defunti traslate dai cimiteri. Il completamento delle operazioni richiese alcuni giorni di convivenza con i francesi, non senza passaggi difficili, come quando i carabinieri lasciarono la Valle e il maresciallo Pino, comandante della stazione di San Dalmazzo, gelò la folla tumultuante con il grido “Viva l’Italia” e “ben ferma la mano sulla rivoltella” fece passare i suoi uomini. Lombardi segnala anche la meschinità dei filo-francesi che pretendevano di taglieggiare i commercianti di legname o i margari, ancora sul territorio, per lasciare loro libero il transito del colle. Ai margari, però, il generale “senza por tempo in mezzo” indicò gli itinerari degli alti valichi alpini non ancora sorvegliati dalla gendarmeria, dove poterono evacuare nottetempo con le mandrie senza pagare odiose tangenti. Finalmente sabato 20 settembre, concluso il passaggio di consegne, durante il quale i francesi rifiutarono di acquisire i crocefissi appesi nei locali comunali – e Lombardi li prese con sé – si chiudeva il compito del commissario. A mezzogiorno in punto, ora limite fissata per il passaggio delle nuova frontiera che poi sarebbe rimasta chiusa per anni, i due camion con le suore del convento dell’Assunzione di San Dalmazzo tagliarono la linea del confine, e “alle 12 e 2 minuti, lasciò la sbarra calata l’ex Commissario col fido segretario Oggero. All’uscita dalla lunga galleria il suo volto era rigato da amarissime lagrime”. La stessa commozione che ancor oggi si prova passando sotto il porticato antistante il municipio di La Brigue, l’antico Comune di Briga, dove compare inciso nel bronzo il proclama della vittoria firmato dal generale Armando Diaz, a conclusione della Grande Guerra.
Domenico Tomatis