CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 631

Cinquantadue anni senza Luigi Tenco. Ma le sue “poesie in musica” sono sempre con noi

tenco3Il 26 gennaio 1967  cadeva di venerdì. Nello stesso giorno in cui tanto tempo prima era nato Mozart e all’inizio del primo anno del “secolo breve” era morto Giuseppe Verdi, la musica italiana conosceva uno dei suoi giorni più tristi. Nella camera 219 dell’Hotel Savoy di Sanremo, Luigi Tenco si  suicidò dopo esser stato eliminato dalla diciassettesima edizione dell’omonimo Festival , alla quale concorreva in coppia con Dalida, con la canzone “Ciao amore ciao“. Il brano fu escluso dalla finale dalla commissione di ripescaggio, che alla canzone di Tenco e Dalida preferì “La rivoluzione” interpretata da Gianni Pettenati e Gene Pitney. Luigi Tenco visse questo verdetto come una profonda ingiustizia, gettandolo nella disperazione più nera. Con un colpo di pistola si tolse la vtenco-2ita nella sua camera all’Hotel Savoy, lasciando un duro e disperato messaggio d’accusa: “Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e ad una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi”. Nato nel 1938 a Cassine, tra le colline alessandrine alla sinistra del basso corso della Bormida, Tenco aveva esordito a vent’anni nel mondo della canzone, prendendo parte a diversi gruppi musicali. Con Fabrizio De André, Bruno Lauzi, Gino Paoli e Umberto Bindi diventò uno degli esponenti della cosiddetta “scuola genovese”, un gruppo di artisti impegnati nella canzone d’autore che rinnovò profondamente la musica leggera italiana. Tenco era un cantautore di talento, dalla personalità inquieta, introversa e decisamente crepuscolare. Al suo primo 45 giri  (“I miei giorni perduti“)  del 1961 seguirono altri brani molto apprezzati,  come “Mi sono innamorato di te, “Un giorno dopo l’altro” (sigla di coda della serie TV “Il commissario Maigret“, interpretato da Gino Cervi), “Lontano, lontano” e “Vedrai vedrai“. Nel 1972, cinque anni dopo la sua morte, l’infaticabile Amilcare Rambaldi, costituì a tenco1Sanremo il Club che porta tuttora il nome del cantante, con lo scopo di riunire tutti coloro che si propongono di valorizzare la canzone d’autore. Dal 1974, in sua memoria , al Teatro Ariston di Sanremo è stato istituito dal Club Tenco il Premio Tenco, manifestazione a cui hanno partecipato i più grandi cantautori degli ultimi decenni. A noi, mezzo secolo dopo, cosa resta? Restano la sua poesia, le sue canzoni, la sua aria imbronciata e triste. E le parole della sua ultima canzone: “La solita strada, bianca come il sale;il grano da crescere, i campi da arare. Guardare ogni giorno , se piove o c’e’ il sole, per saper se domani si vive o si muore, e un bel giorno dire basta e andare via. Ciao amore, ciao amore, ciao amore ciao”. Ciao, Luigi.

 

Marco Travaglini

Cinquantadue anni senza Luigi Tenco. Ma le sue "poesie in musica" sono sempre con noi

tenco3Il 26 gennaio 1967  cadeva di venerdì. Nello stesso giorno in cui tanto tempo prima era nato Mozart e all’inizio del primo anno del “secolo breve” era morto Giuseppe Verdi, la musica italiana conosceva uno dei suoi giorni più tristi. Nella camera 219 dell’Hotel Savoy di Sanremo, Luigi Tenco si  suicidò dopo esser stato eliminato dalla diciassettesima edizione dell’omonimo Festival , alla quale concorreva in coppia con Dalida, con la canzone “Ciao amore ciao“. Il brano fu escluso dalla finale dalla commissione di ripescaggio, che alla canzone di Tenco e Dalida preferì “La rivoluzione” interpretata da Gianni Pettenati e Gene Pitney. Luigi Tenco visse questo verdetto come una profonda ingiustizia, gettandolo nella disperazione più nera. Con un colpo di pistola si tolse la vtenco-2ita nella sua camera all’Hotel Savoy, lasciando un duro e disperato messaggio d’accusa: “Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e ad una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi”. Nato nel 1938 a Cassine, tra le colline alessandrine alla sinistra del basso corso della Bormida, Tenco aveva esordito a vent’anni nel mondo della canzone, prendendo parte a diversi gruppi musicali. Con Fabrizio De André, Bruno Lauzi, Gino Paoli e Umberto Bindi diventò uno degli esponenti della cosiddetta “scuola genovese”, un gruppo di artisti impegnati nella canzone d’autore che rinnovò profondamente la musica leggera italiana. Tenco era un cantautore di talento, dalla personalità inquieta, introversa e decisamente crepuscolare. Al suo primo 45 giri  (“I miei giorni perduti“)  del 1961 seguirono altri brani molto apprezzati,  come “Mi sono innamorato di te, “Un giorno dopo l’altro” (sigla di coda della serie TV “Il commissario Maigret“, interpretato da Gino Cervi), “Lontano, lontano” e “Vedrai vedrai“. Nel 1972, cinque anni dopo la sua morte, l’infaticabile Amilcare Rambaldi, costituì a tenco1Sanremo il Club che porta tuttora il nome del cantante, con lo scopo di riunire tutti coloro che si propongono di valorizzare la canzone d’autore. Dal 1974, in sua memoria , al Teatro Ariston di Sanremo è stato istituito dal Club Tenco il Premio Tenco, manifestazione a cui hanno partecipato i più grandi cantautori degli ultimi decenni. A noi, mezzo secolo dopo, cosa resta? Restano la sua poesia, le sue canzoni, la sua aria imbronciata e triste. E le parole della sua ultima canzone: “La solita strada, bianca come il sale;il grano da crescere, i campi da arare. Guardare ogni giorno , se piove o c’e’ il sole, per saper se domani si vive o si muore, e un bel giorno dire basta e andare via. Ciao amore, ciao amore, ciao amore ciao”. Ciao, Luigi.
 

Marco Travaglini

“L'Audition Fantastique”

La Mia Compagnie allo Spazio FLIC

Sabato 26 gennaio 2019 – ore 21:00 Spazio FLIC, via Niccolò Paganini 0/200, Torino
Nuovo appuntamento di circo contemporaneo allo Spazio FLIC con uno spettacolo onirico, burlesco, musicale, poetico e acrobatico rivolto ad un pubblico di tutte le età. “L’Audition Fantastique – piano suite per pianoforte senza coda né testa” viene presentato dalla compagnia francese La Mia Compagnie, composta dagli artisti Rémy Parot e Marina Félix e ospitata in collaborazione con la Fondazione Piemonte dal Vivo.  
BIGLIETTI: Intero: 12 € – Ridotto: 8 €
Per informazioni e prenotazioni: Tel. 011 530217 – Email: booking@flicscuolacirco.it

“L’Audition Fantastique”

La Mia Compagnie allo Spazio FLIC

Sabato 26 gennaio 2019 – ore 21:00 Spazio FLIC, via Niccolò Paganini 0/200, Torino

Nuovo appuntamento di circo contemporaneo allo Spazio FLIC con uno spettacolo onirico, burlesco, musicale, poetico e acrobatico rivolto ad un pubblico di tutte le età. “L’Audition Fantastique – piano suite per pianoforte senza coda né testa” viene presentato dalla compagnia francese La Mia Compagnie, composta dagli artisti Rémy Parot e Marina Félix e ospitata in collaborazione con la Fondazione Piemonte dal Vivo.  

BIGLIETTI: Intero: 12 € – Ridotto: 8 €
Per informazioni e prenotazioni: Tel. 011 530217 – Email: booking@flicscuolacirco.it

La realistica favola di Christopher, che ama Sherlock Holmes e odia il giallo

“Mezzanotte e 7 minuti. Il cane era disteso sull’erba in mezzo al prato di fronte alla casa della signora Shears”. Di cronometrica precisione, così ha inizio Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte dell’americano Mark Haddon, milioni di copie vendute e tradotto in venti lingue, nel 2012 adattato per il teatro dall’inglese Simon Stephens, sette Laurence Olivier Awards a Londra e quattro Tony Awards al debutto newyorkese, approdato oggi (nella traduzione di Emanuele Aldrovandi) sui palcoscenici italiani, felice quanto provvida intuizione e coproduzione tra il milanese Teatro dell’Elfo e il Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale (in scena sino al 27 gennaio alle Fonderie Limone di Moncalieri). Spettacolo che ti potresti ritrovare tra gli spettacoli dell’anno alla consegna dei premi teatrali di fine estate.

Una storia nella vita di Christopher, ragazzo quindicenne, Christopher che soffre della sindrome di Asperger, che ama Sherlock Holmes e la matematica (ne conosce i segreti, ne risolve i difficili problemi e ne elenca le dimostrazioni, come una seconda veste, come un gioco), che non può soffrire il giallo e il marrone, che urla se qualcuno lo tocca, che s’arrabbia se ritrova cambiato l’ordine dei mobili nella sua stanza, che non sopporta se due diversi cibi si mescolano nel suo piatto, Christopher che vive fuori Londra con il padre e che una sera ritrova il cane Wellington della loro vicina, la signora Shears, infilzato con un tridente. È l’occasione per emulare il proprio eroe, per dipanare le tante domande che s’aggrovigliano in quel giallo di quartiere (e la soluzione ci sarà), chiedendo, andando di porta in porta. Ma il padre non vuole, glielo proibisce con rabbia, specialmente dalla signora Shears non dovrà più mettere piede. Ma c’è anche tempo per Christopher di affrontare un altro giallo, assai più intimo: suo padre, un giorno, gli ha detto che la mamma è morta, dopo un lungo ricovero in ospedale, è stato il cuore, e Christopher che è ben lontano dal poter concepire una bugia gli ha creduto. Senza chiedere, immediatamente. Un tradimento, silenzi e bugie, una parvenza d’ordine sgretolata. Ma un giorno, nella camera del padre, sotto una scatola di camicie, ne trova un’altra e in quella un pacco di lettere di sua madre, recenti, che gli chiede perdono e gli dice di amarlo sempre, anche se lo ha abbandonato. Non lui, no, ma suo padre, e si è rifatta una vita a Londra, con il marito della signora Shears. Con un viaggio che per Christopher pare un’impresa, il treno e la metropolitana, la carta di credito presa al padre, le informazioni da chiedere a persone sconosciute, la ressa e chiunque pronto a toccarti e a spingerti, lui la raggiunge.

Ian McEwan ebbe a scrivere che “Mark Haddon riesce in un’impresa eccezionale: il ritratto di un adolescente emotivamente dissociato. La sua è una scrittura seria eppure divertente, che possiede il raro dono dell’empatia”. E quella scrittura la si ritrova tutta nello spettacolo che Elio De Capitani e Ferdinando Bruni offrono allo spettatore oggi nella versione italiana, ne fanno una cronaca fedele ma appena possono virano con intelligenza verso una favola, alleggerendo ogni cosa con un sommesso divertimento (c’è anche un finale che ti fa sognare il musical), cercano il sorriso e la risata ma anche la riflessione, sanno ricostruire con estrema esattezza le paure e la caparbietà, i pensieri e le parole e gli atteggiamenti del protagonista del romanzo, tenero e solitario, emblema della diversità, che è uno sbalorditivo Daniele Fedeli, un Christopher eccezionale racchiuso in un mondo guidato e guastato dagli adulti, autentico in ogni suo atteggiamento, senza vuote scopiazzature, in ogni momento alla ricerca della nota vera. L’esemplarità dello spettacolo è anche opera sua. Pure la scena di Andrea Taddei, quell’enorme libro che ci pare di sfogliare, pieno delle illustrazioni in bianco e nero (e non soltanto, anche il ragazzo con la sua felpa rossa riesce a trovarvi posto all’interno) inventate da Bruni, ci riporta alla dimensione favolistica, in un’invenzione continua di oggetti, di tratti, di silhouette: al centro un coro di nove attori impegnati in un solo ruolo o a ricoprire i tanti personaggi che incrociano la vita di Christopher. L’insegnante Siobhan di Elena Russo Arman, la madre di Alice Redini, Cristina Crippa e la sua svaporata Mrs Alexander, la Mrs Shears di una impareggiabile Debora Zuin, e ancora Corinna Agustoni, Davide Lorino, Marco Bonadei, Alessandro Mor e Nicola Stravalaci, tutti a siglare il successo della serata, applauditissima.

 

Elio Rabbione

 

Le foto dello spettacolo sono di Laila Pozzo

 

"Generazione H" apre il 2019 di Leggermente

/

Dopo un inizio intenso che ha visto ospiti del calibro di Maurizio Maggiani, Madeleine Thien, Laura Morante, il 2019 apre con un argomento di grande attualità: la continua “connessione” degli adolescenti. Temo, per la Generazione Z, a rischio Hikikomori che chiamerò, sinteticamente, Generazione H, il Destino che la mancanza di limiti del mondo virtuale potrebbe preparare, proporre e, soprattutto, imporre loro”, questo l’incipit del libro della nota psicoterapeuta Maria Rita Parsi.  Non è un grido di allarme ma, al contrario, l’invito a farsi carico della necessità di padroneggiare uno strumento che, in caso contrario,  potrebbe rivelarsi pericoloso.Comprendere quindi e riconnettesi con gli adolescenti sperduti nel web tra Blue whale, Hikikomori e sexting.

***

‘GENERAZIONE H’

Non c’è genitore o educatore che non si sia scontrato con bambini e adolescenti catturati da un cellullare o da un computer e con la mente altrove. Senza, non riescono a stare. Vivono immersi nello schermo dello smartphone, o in quello del pc, perennemente connessi tra loro e con il mondo, ma spesso sconnessi dalla realtà. Sono le nuove generazioni, dai Millenials in poi, “nativi digitali” e cittadini virtuali del mondo intero. A tavola, a scuola, al cinema, al bar, non se ne separano mai, e il timore più grande è non avere campo o credito. La psicologa Maria Rita Parsi indaga sulla “Generazione H”, la generazione di ragazzi esposti sin dalla più tenera età alla seduzione del web. La facilità di accesso, le soluzioni immediate a ogni problema, da quelli scolastici a quelli esistenziali, la semplificazione delle relazioni fanno di internet il mondo parallelo perfetto, al cui confronto quello reale appare faticoso e deludente. Per questo gli adolescenti ci passano tanto tempo, come qualunque genitore sa bene. E pur senza arrivare agli estremi della sindrome di Hikikomori, la H del titolo − quel fenomeno nato in Giappone che riguarda ragazzi che si chiudono nella loro stanza e vivono solo in rete, senza lavorare, né studiare, completamente staccati dai genitori, dagli amici, dalla realtà −, la pervasività del virtuale nella vita dei giovani pone qualche dilemma su come relazionarsi con questi alieni. E vigilare affinché i limiti non vengano superati. Le storie di ragazzi che hanno rischiato di perdersi nel mondo virtuale mostrano i pericoli dell’uso incontrollato del web, ma dimostrano anche che affrontarli senza demonizzarlo è possibile, e indispensabile. Con il contributo di genitori, insegnanti ed educatori, per proteggere il capitale più grande di ogni società: il benessere psicofisico dei giovani.

 ***

MARIA RITA PARSI – BIOGRAFIA

Psicologa, psicoterapeuta e scrittrice, svolge da anni un’intensa attività didattica e di formazione presso università, istituti specializzati, associazioni private. Docente di Psicologia Generale 2 all’Università telematica Uniecampus. Nei corsi post-laurea, è docente del modulo tematico sulla Pedofilia nel master di Scienze Forensi Università degli Studi di Roma “La Sapienza”; nel Master in “Metodologie e Tecniche della Creatività” dell’Università degli Studi di Cassino, insegna metodologie e tecniche di Psicoanimazione; nella Scuola di Specializzazione in Psicoterapia a orientamento umanistico “Psicoumanitas” è coordinatrice e didatta. Durante il suo percorso di crescita personale e professionale che l’ha portata a essere docente, psicopedagogista, psicoterapeuta e saggista ha potuto studiare, formarsi, collaborare e lavorare a lungo con grandi maestri italiani della sociologia, della Pedagogia, della antropologia, della psicologia, della neuropsichiatria infantile, della psicanalisi, della sessuologia, della psicoterapia, e anche con stranieri. Grazie all’ampio bagaglio di esperienze, ha elaborato la metodologia psicologica della “Psicoanimazione”, ha fondato e dirige la SIPA (Scuola Italiana di Psicoanimazlone). Negli ultimi trent’anni, ha formato migliaia di persone con la metodologia a mediazione creativo-corporea (da lei stessa ideata e messa a punto) per lo sviluppo del potenziale umano: da psicologi a insegnanti, da manager a professionisti, da genitori a persone spinte dal desiderio di migliorare la propria vita. Nel 1991 ha dato vita alla fondazione Movimento Bambino che conta quattro centri (Roma, Milano, Cosenza e San Vendemmiano) e fulcri in tutta Italia e nella Svizzera Italiana, per la diffusione del pensiero e dell’arte dei bambini contro gli abusi e i maltrattamenti, e per la tutela giuridica, sociale, culturale dei ragazzi. L’ingresso all’incontro di venerdì 25 gennaio è libero fino a esaurimento posti.

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Venerdì 25 gennaio, ore 18, Fondazione Cascina Roccafranca, via Rubino 45

 

“Generazione H” apre il 2019 di Leggermente

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Dopo un inizio intenso che ha visto ospiti del calibro di Maurizio Maggiani, Madeleine Thien, Laura Morante, il 2019 apre con un argomento di grande attualità: la continua “connessione” degli adolescenti. Temo, per la Generazione Z, a rischio Hikikomori che chiamerò, sinteticamente, Generazione H, il Destino che la mancanza di limiti del mondo virtuale potrebbe preparare, proporre e, soprattutto, imporre loro”, questo l’incipit del libro della nota psicoterapeuta Maria Rita Parsi.  Non è un grido di allarme ma, al contrario, l’invito a farsi carico della necessità di padroneggiare uno strumento che, in caso contrario,  potrebbe rivelarsi pericoloso.Comprendere quindi e riconnettesi con gli adolescenti sperduti nel web tra Blue whale, Hikikomori e sexting.

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‘GENERAZIONE H’

Non c’è genitore o educatore che non si sia scontrato con bambini e adolescenti catturati da un cellullare o da un computer e con la mente altrove. Senza, non riescono a stare. Vivono immersi nello schermo dello smartphone, o in quello del pc, perennemente connessi tra loro e con il mondo, ma spesso sconnessi dalla realtà. Sono le nuove generazioni, dai Millenials in poi, “nativi digitali” e cittadini virtuali del mondo intero. A tavola, a scuola, al cinema, al bar, non se ne separano mai, e il timore più grande è non avere campo o credito. La psicologa Maria Rita Parsi indaga sulla “Generazione H”, la generazione di ragazzi esposti sin dalla più tenera età alla seduzione del web. La facilità di accesso, le soluzioni immediate a ogni problema, da quelli scolastici a quelli esistenziali, la semplificazione delle relazioni fanno di internet il mondo parallelo perfetto, al cui confronto quello reale appare faticoso e deludente. Per questo gli adolescenti ci passano tanto tempo, come qualunque genitore sa bene. E pur senza arrivare agli estremi della sindrome di Hikikomori, la H del titolo − quel fenomeno nato in Giappone che riguarda ragazzi che si chiudono nella loro stanza e vivono solo in rete, senza lavorare, né studiare, completamente staccati dai genitori, dagli amici, dalla realtà −, la pervasività del virtuale nella vita dei giovani pone qualche dilemma su come relazionarsi con questi alieni. E vigilare affinché i limiti non vengano superati. Le storie di ragazzi che hanno rischiato di perdersi nel mondo virtuale mostrano i pericoli dell’uso incontrollato del web, ma dimostrano anche che affrontarli senza demonizzarlo è possibile, e indispensabile. Con il contributo di genitori, insegnanti ed educatori, per proteggere il capitale più grande di ogni società: il benessere psicofisico dei giovani.

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MARIA RITA PARSI – BIOGRAFIA

Psicologa, psicoterapeuta e scrittrice, svolge da anni un’intensa attività didattica e di formazione presso università, istituti specializzati, associazioni private. Docente di Psicologia Generale 2 all’Università telematica Uniecampus. Nei corsi post-laurea, è docente del modulo tematico sulla Pedofilia nel master di Scienze Forensi Università degli Studi di Roma “La Sapienza”; nel Master in “Metodologie e Tecniche della Creatività” dell’Università degli Studi di Cassino, insegna metodologie e tecniche di Psicoanimazione; nella Scuola di Specializzazione in Psicoterapia a orientamento umanistico “Psicoumanitas” è coordinatrice e didatta. Durante il suo percorso di crescita personale e professionale che l’ha portata a essere docente, psicopedagogista, psicoterapeuta e saggista ha potuto studiare, formarsi, collaborare e lavorare a lungo con grandi maestri italiani della sociologia, della Pedagogia, della antropologia, della psicologia, della neuropsichiatria infantile, della psicanalisi, della sessuologia, della psicoterapia, e anche con stranieri. Grazie all’ampio bagaglio di esperienze, ha elaborato la metodologia psicologica della “Psicoanimazione”, ha fondato e dirige la SIPA (Scuola Italiana di Psicoanimazlone). Negli ultimi trent’anni, ha formato migliaia di persone con la metodologia a mediazione creativo-corporea (da lei stessa ideata e messa a punto) per lo sviluppo del potenziale umano: da psicologi a insegnanti, da manager a professionisti, da genitori a persone spinte dal desiderio di migliorare la propria vita. Nel 1991 ha dato vita alla fondazione Movimento Bambino che conta quattro centri (Roma, Milano, Cosenza e San Vendemmiano) e fulcri in tutta Italia e nella Svizzera Italiana, per la diffusione del pensiero e dell’arte dei bambini contro gli abusi e i maltrattamenti, e per la tutela giuridica, sociale, culturale dei ragazzi. L’ingresso all’incontro di venerdì 25 gennaio è libero fino a esaurimento posti.

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Venerdì 25 gennaio, ore 18, Fondazione Cascina Roccafranca, via Rubino 45

 

"Membra Jesu Nostri"

Al Castello di Miradolo la Fondazione Cosso ospita la replica del Concerto tratto dall’opera di Dietrich Buxtehude. San Secondo di Pinerolo (Torino)

Dopo il successo ottenuto nella notte di Natale e di Santo Stefano, la Fondazione Cosso riaprirà le porte del Castello di Miradolo, in via Cardonata 2 a San Secondo di Pinerolo (Torino), per l’ultima replica del suggestivo Concerto, curato da Avant-dernière pensée, tratto dall’opera del compositore e organista tedesco-danese Dietrich Buxtehude, fra i più grandi musicisti del Seicento, le cui opere paiono aver influenzato non poco il giovane Johan Sebastian Bach. L’appuntamento con le sette incantevoli cantate dedicate alla passione di Cristo e composte nel 1680 è per il prossimo sabato 26 gennaio, alle ore 21,15. Ancora una volta sarà una notte magica, fra l’incanto musicale di un capolavoro barocco senza tempo e la suggestione dell’antica dimora, profumata dal legno di abete di cui è fatta la grande scultura lignea disegnata e costruita per l’occasione – palo dopo palo, taglio dopo taglio – attraverso gli spazi vuoti e metafora di un corpo, quello del Cristo morto cui la partitura è dedicata, ma anche armatura che sorregge, dall’interno, il Castello. Emozioni che s’aggiungono ad emozioni quando le grandi scenografie-video rivelano le stupefacenti immagini del complesso statuario del “Compianto sul Cristo Morto” realizzato in terracotta nel 1485 ca. da Niccolò dell’Arca (fra i grandi protagonisti della scultura italiana del ‘400) e oggi custodito nella Chiesa di Santa Maria della Vita, a Bologna. Come di consueto, il Concerto sarà preceduto, alle ore 20, da una guida all’ascolto curata da Roberto Galimberti (violino e direzione), ideatore del progetto artistico, con il quale il pubblico potrà confrontarsi. Gli altri esecutori: Arianna Stornello (soprano), Cesare Costamagna (basso), Laura Vattano (armonium) e Marco Pennacchio (violoncello).

g.m.

Per info: Castello di Miradolo, via Cardonata 2, San Secondo di Pinerolo (Torino); la prenotazione è obbligatoria al n.° 0121/502761 o prenotazioni@fondazionecosso.it

***

Foto
– Niccolò dell’Arca: “Compianto sul Cristo morto”, terracotta, 1485
– Video – installazioni
– Volta affrescata con scultura lignea

“Membra Jesu Nostri”

Al Castello di Miradolo la Fondazione Cosso ospita la replica del Concerto tratto dall’opera di Dietrich Buxtehude. San Secondo di Pinerolo (Torino)

Dopo il successo ottenuto nella notte di Natale e di Santo Stefano, la Fondazione Cosso riaprirà le porte del Castello di Miradolo, in via Cardonata 2 a San Secondo di Pinerolo (Torino), per l’ultima replica del suggestivo Concerto, curato da Avant-dernière pensée, tratto dall’opera del compositore e organista tedesco-danese Dietrich Buxtehude, fra i più grandi musicisti del Seicento, le cui opere paiono aver influenzato non poco il giovane Johan Sebastian Bach. L’appuntamento con le sette incantevoli cantate dedicate alla passione di Cristo e composte nel 1680 è per il prossimo sabato 26 gennaio, alle ore 21,15. Ancora una volta sarà una notte magica, fra l’incanto musicale di un capolavoro barocco senza tempo e la suggestione dell’antica dimora, profumata dal legno di abete di cui è fatta la grande scultura lignea disegnata e costruita per l’occasione – palo dopo palo, taglio dopo taglio – attraverso gli spazi vuoti e metafora di un corpo, quello del Cristo morto cui la partitura è dedicata, ma anche armatura che sorregge, dall’interno, il Castello. Emozioni che s’aggiungono ad emozioni quando le grandi scenografie-video rivelano le stupefacenti immagini del complesso statuario del “Compianto sul Cristo Morto” realizzato in terracotta nel 1485 ca. da Niccolò dell’Arca (fra i grandi protagonisti della scultura italiana del ‘400) e oggi custodito nella Chiesa di Santa Maria della Vita, a Bologna. Come di consueto, il Concerto sarà preceduto, alle ore 20, da una guida all’ascolto curata da Roberto Galimberti (violino e direzione), ideatore del progetto artistico, con il quale il pubblico potrà confrontarsi. Gli altri esecutori: Arianna Stornello (soprano), Cesare Costamagna (basso), Laura Vattano (armonium) e Marco Pennacchio (violoncello).

g.m.

Per info: Castello di Miradolo, via Cardonata 2, San Secondo di Pinerolo (Torino); la prenotazione è obbligatoria al n.° 0121/502761 o prenotazioni@fondazionecosso.it

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Foto
– Niccolò dell’Arca: “Compianto sul Cristo morto”, terracotta, 1485
– Video – installazioni
– Volta affrescata con scultura lignea

Valenza "rilancia" il duomo

DAL PIEMONTE – Quest’anno la ricorrenza di San Massimo è per Valenza particolare in quanto sarà la pietra miliare di un cammino che durerà quattro anni ed avrà come obiettivo la valorizzazione di quello che è un tesoro artistico e religioso per l’intera città, il Duomo
 Il 20 ottobre del 1619 il prevosto Bartolomeo Bocca poneva sul sedime del precedente edificio medievale la prima pietra dell’attuale chiesa e il 9 dicembre del 1623 venne celebrata la prima officiatura con la sua benedizione ed il luogo di culto, e di riferimento per i valenzani, veniva consacrato a Santa Maria Maggiore. E a dare l’avvio di questo percorso, quasi a voler porre idealmente quattro secoli dopo nuovamente una prima pietra ci sarà il cardinale Giuseppe Versaldi che Valenza ben conosce essendo stato vescovo di Alessandria. “Ogni comunità locale comprende l’importanza della sua chiesa madre – spiega monsignor Massimo Marasini, prevosto del Duomo e promotore del progetto di valorizzazione artistica del complesso monumentale della parrcchia di Santa Maia Maggiore – poiché rappresenta la lunga radice di quei grandi valori cristiani che hanno saputo animare una storia di civiltà e civica solidarietà. Valenza ha il suo Duomo ed è perciò una città che deve essere fiera della sua lunga storia che nasce dalla cura pastorale del vescovo San Massimo agli albori dell’evo cristiano”. Il progetto di restauro del luogo di culto è stato illustrato in una bella brochure che verrà distribuita domenica ai cittadini valenzani e ha anche due obiettivi legati allo sviluppo turistico-culturale di una città che presenta ampie potenzialità ancora inesplorate: da un lato la candidatura del Duomo e del suo tesoro a Luogo del cuore 2020 per la delegazione Fai di Casale Monferrato e, dall’altro, la partecipazione dela ‘Giornate Fai di Primavera 2020/2023’. Per il progetto ‘1619-2919 400 anni di fede e bellezza’, monsignor Marasini si avvarrà della collaborazione di Adriano Antonioletti, conservatore delegato per le iniziative di promozione e crowdfunding, in un lavoro di rete con le istituzioni e le realtà del territorio, tra le quali ci sono in prima linea l’amministrazione comunale e l’Istituto di istruzione superiore ‘Benvenuto Cellini’, che con i suoi docenti ed alunni darà un apporto per quanto riguarda la programmazione ed il design, ivi compresa la progettazione della ‘Medaglia commemorativa’. “Il restauro dell’intero impianto monumentale vedrà l’impiego di moderne tecnologie – dice ancora monsignor Marasini – in grado di leggere la quasi totalità delle vari stratificazioni che caratterizzano la quasi totalità dei monumenti presenti in Italia”. Nella brochure, introdotta dal prevosto ed arricchita da un contributo del delegato vescovile e direttore dell’Ufficio beni culturali della Diocesi, Luciano Orsini, oltre che da una nota storica sul luogo di culto, sono specificati gli interventi necessari per gli interni, dalla zona absidale, alle vetrate, agli altari, alla sculture ed ai dipinti, sino alla sacrestia, restauri che si andranno ad aggiungere a quelli già realizzati all’altare del Sacro Cuore e della Madonna del Rosario, , donati dalla moglie Giovanna in memoria del marito Walter Raffaldi ed alla pala del ‘Moncalvo’, restaurata con il contributo del Lions Valenza Host, della Fondazione Crt e di diversi fedeli.

Massimo Iaretti