L’amante siriano
“Sfumature di donne di scienza” è il monologo teatrale che andrà in scena al Teatro Giocosa di Ivrea martedì 4 giugno alle 21. Lo spettacolo, a ingresso libero, vedrà sul palco Sara d’Amario, attrice di teatro diplomatasi al Teatro Stabile di Torino, volto noto del cinema italiano e degli sceneggiati televisivi. Un viaggio nel tempo, dal tono leggero e divertente, in compagnia di venti scienziate che hanno rivoluzionato il mondo della matematica, della fisica, della filosofia, della filosofia e tanti altri “mondi”. Dall’attrice e inventrice Hedy Lamarr, passando da Spazia, Sophie Germani, viaggiando dal tempo delle “streghe” a quello delle prime laureate, dal fascino dell’atomo a quello del DNA, fino ai giorni nostri e agli ultimi Nobel. In scena le
vite di queste donne di scienza, le loro famiglie, gli studi e le difficoltà, la curiosità e la formidabile tenacia. Lo spettacolo diventa un mezzo per mettere sotto i riflettori la presenza e l’attività concreta delle donne nel mondo scientifico. La drammaturgia non segue un preciso ordine cronologico, proponendo collegamenti inaspettati e divertenti tra queste venti vite straordinarie. Il tono non è mai polemico o discriminatorio nei confronti degli uomini e non a caso, in tutta la pièce, vengono citati padri, mariti, colleghi che hanno saputo superare le abitudini mentali della loro epoca ed i pregiudizi, sostenendo e riconoscendo i talenti e di meriti di queste donne. Un modo per rappresentare, senza edulcorare la realtà o nascondere gli episodi negativi, come quella non è stata – e non è ancora – la “normalità” ma piuttosto un’eccezione. Il monologo “Sfumature di donne di scienza” serve a dimostrare come le donne siano capaci di farsi strada e ottenere successi importanti in campo scientifico e nelle materie “dure” come matematica, fisica, chimica. Una comunicazione che crea un intrattenimento in scena, traducendo in modo accattivante l’importanza della dimensione umana di donne che, spesso ancora oggi nell’ombra, fanno tanto per il progresso di tutta la società.
M.Tr.
L’isola del libro
Rubrica settimanale sulle novità in libreria
***
Jonathan Dee “I provinciali” – Fazi – euro 20,00
E’ uno spaccato della provincia americana, sospesa tra la tragedia dell’11 settembre e la crisi economica del 2008, l’ultimo romanzo di Jonathan Dee. Scrittore nato a New York nel 1962, laureato a Yale ed uno dei protagonisti del “New journalism”, collaboratore di testate prestigiose come il “New York Times Magazine”, “Harper’s”, editor della “Paris Review”, docente di scrittura alla Columbia University e alla New School. Al suo attivo ha 7 romanzi, tra i quali “I privilegiati” che è stato finalista al Premio Pulitzer 2011. “I provinciali” è lo spietato affresco di miserie e virtù degli abitanti di una cittadina, Howland nel Massachussets. Un lucido racconto dell’egoismo che ben si ricollega anche all’attuale clima politico della società… non solo americana. Inizia con il giovane Mark Firth, imprenditore edile di belle speranze, ma scarso senso degli affari. Ingenuamente ha affidato tutti i suoi risparmi ad un oscuro consulente finanziario che ha aggirato anche altri sprovveduti, poi si è volatilizzato col cospicuo malloppo. Altro che investimento vincente a più zeri! Mark è stato praticamente mandato in rovina. Cerca di risollevarsi ristrutturando la casa di Philip Hadi, broker miliardario arricchitosi con gli hedge funds (fondi speculativi), che dopo l’11 settembre è convinto che New York non sia più sicura. Decide così di trasferirsi con la famiglia nella tranquilla cittadina di provincia, e rimette a nuovo la sua tenuta a poca distanza da quella di Mark. Hadi ha velleità politiche e si candida alla carica di sindaco. In campagna elettorale promette di proteggere i cittadini dall’aumento delle tasse e si professa incorruttibile perché già ricco di suo. Ma le cose non saranno così semplici: la cittadinanza resterà divisa tra i sostenitori che lo adorano e i detrattori che invece lo odiano. Una carrellata di personaggi alle prese con la confusione della vita. Dal fratello di Mark, Gerry, immobiliarista dal cuore arido, alla sorella insegnante che imbastisce una relazione amorosa col padre di una sua allieva…e poi altri abitanti sospettosi nei confronti dei turisti e di chi viene da fuori… Jonathan Dee, cresciuto tra New York e una cittadina simile a quella del romanzo, sa di cosa parla e soprattutto ne scrive benissimo. Ci si appassiona alle vicende dei singoli personaggi, spesso di classi diverse e in rotta di collisione, con tensioni che rischiano di degenerare in modo incontrollabile. E’ un po’ anche il disincantato ritratto dell’odierna società, in cui il divario sociale ed economico tra ricchi, ceto medio e poveri si è allargato in modo preoccupante, generando sentimenti rancorosi pronti ad esplodere. Una lettura appassionante.
Rita dalla Chiesa “Mi salvo da sola” – Mondadori – euro 18,00
Non ha bisogno di presentazioni Rita dalla Chiesa, giornalista, conduttrice e volto noto della Tv, figlia del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa trucidato dalla Mafia a Palermo nel 1982, ex moglie del conduttore più amato del piccolo schermo, Fabrizio Frizzi, scomparso l’anno scorso.
Però per capire più a fondo il suo carattere, imparare come ha affrontato i grandi dolori della sua vita, gestito gli affetti, la carriera ed il tempo che passa, vale la pena leggere il suo libro “Mi salvo da sola”. Una sorta di memoir di poco più di 200 pagine scritte magnificamente in cui condensa e ripercorre la sua storia: tra lutti, successo, affetti, popolarità, ma anche tradimenti pesanti da metabolizzare. Invece della solita dedica ha scritto: “Dedicato alle onde della mia vita, che mi hanno sempre aiutata a tornare a riva”. Un inizio bellissimo che apre il libro a una data ben precisa: quel maledetto 3 settembre 1982 a Palermo in cui la mafia tese un agguato a suo padre e lo crivellò di colpi insieme alla giovanissima 2° moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo. Momenti allucinanti che fanno parte della storia più buia del nostro paese, in cui emersero chiaramente ambiguità e connivenze della classe politica, ma anche la forza di un popolo fatto di persone per bene. Momenti in cui i tre fratelli dalla Chiesa (Rita, Nando e Simona) dimostrarono dignità, coraggio e coerenza nel non stringere le mani dei politici che avevano lasciato solo il Generale e sancito così la sua condanna a morte. Poi nel libro ci sono gli anni successivi e la resilienza dell’autrice nell’affrontare il divorzio, crescere sua figlia Giulia praticamente da sola, i primi successi televisivi, la corte serrata che le fece Fabrizio Frizzi più giovane di 10 anni, ma con una maturità che oltrepassava i dati anagrafici. Poi Rita dalla Chiesa racconta anche lo strappo dalla trasmissione Mediaset di grande successo “Forum”, la fine del suo matrimonio con Frizzi e il loro legame comunque inossidabile, anche quando il conduttore sposerà la giovane concorrente di Miss Italia, Carlotta Padovan. Frangente in cui l’autrice dimostra tutta la sua sensibilità e intelligenza nel fare un passo indietro e lasciare spazio alla nuova coppia. Poi ci sono altri capitoli di vita, altri dolori e momenti invece di serenità in riva al mare, e tanto altro ancora che lascio a voi scoprire….,
Susie Orman Schnell “Le ragazze di New York” – Feltrinelli – euro 15,00
Scorre con leggerezza questo romanzo della scrittrice americana, cresciuta a Los Angeles, laureata alla University di Pennsylvania, collaboratrice di grandi testate (tra le quali “The New York Times” e “The Huffington Post”), che oggi vive con il marito e i tre figli vicino a New York. Nel libro racconta la storia di due donne che a 70 anni di distanza lottano per costruirsi una carriera e conquistare l’indipendenza, senza però dover necessariamente rinunciare agli affetti più cari. Ci si appassiona alle vicende che coinvolgono la giovane Charlotte Friedman che aspira a diventare pubblicitaria negli anni 40, quando al massimo le donne arrivavano alla scrivania di segretarie. E’ combattuta tra le aspettative del rigido padre che la vorrebbe nel negozio di famiglia (che tra l’altro sta soccombendo alla concorrenza), gli studi, e il concorso da Miss Subway che in quegli anni eleggeva mensilmente una giovane bellezza come testimonial pubblicitaria dell’azienda dei trasporti di New York. L’altra protagonista è invece dei giorni nostri, si chiama Olivia e anche lei cerca di farsi strada nel mondo estremamente competitivo della pubblicità, segretamente attratta dal suo capo. L’agenzia per cui lavora concorre ad una gara per aggiudicarsi come cliente nientemeno che la metropolitana della Big Apple. Olivia avrà la brillante idea di ripescare le bellezze di Miss Subway e, senza saperlo, finisce per intersecare con la sua traiettoria di vita quelle di alcune protagoniste del celebre concorso del 1949. Scoprirà che, in un certo senso, anche se in un contesto più moderno, la sua battaglia per il successo nel lavoro e la realizzazione nel privato, non è poi tanto diversa da quella delle ragazze dei tempi andati. E in mezzo, a capitoli alternati, la Schnell racconta tante pagine di vita di Charlotte e Olivia, tra delusioni e tradimenti, coraggio e determinazione, resilienza e capacità di superare ostacoli e disfatte… e tanto altro ancora. Due belle lezioni di autostima e tenacia.
L'isola del libro
Rubrica settimanale sulle novità in libreria
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Jonathan Dee “I provinciali” – Fazi – euro 20,00
E’ uno spaccato della provincia americana, sospesa tra la tragedia dell’11 settembre e la crisi economica del 2008, l’ultimo romanzo di Jonathan Dee. Scrittore nato a New York nel 1962, laureato a Yale ed uno dei protagonisti del “New journalism”, collaboratore di testate prestigiose come il “New York Times Magazine”, “Harper’s”, editor della “Paris Review”, docente di scrittura alla Columbia University e alla New School. Al suo attivo ha 7 romanzi, tra i quali “I privilegiati” che è stato finalista al Premio Pulitzer 2011. “I provinciali” è lo spietato affresco di miserie e virtù degli abitanti di una cittadina, Howland nel Massachussets. Un lucido racconto dell’egoismo che ben si ricollega anche all’attuale clima politico della società… non solo americana. Inizia con il giovane Mark Firth, imprenditore edile di belle speranze, ma scarso senso degli affari. Ingenuamente ha affidato tutti i suoi risparmi ad un oscuro consulente finanziario che ha aggirato anche altri sprovveduti, poi si è volatilizzato col cospicuo malloppo. Altro che investimento vincente a più zeri! Mark è stato praticamente mandato in rovina. Cerca di risollevarsi ristrutturando la casa di Philip Hadi, broker miliardario arricchitosi con gli hedge funds (fondi speculativi), che dopo l’11 settembre è convinto che New York non sia più sicura. Decide così di trasferirsi con la famiglia nella tranquilla cittadina di provincia, e rimette a nuovo la sua tenuta a poca distanza da quella di Mark. Hadi ha velleità politiche e si candida alla carica di sindaco. In campagna elettorale promette di proteggere i cittadini dall’aumento delle tasse e si professa incorruttibile perché già ricco di suo. Ma le cose non saranno così semplici: la cittadinanza resterà divisa tra i sostenitori che lo adorano e i detrattori che invece lo odiano. Una carrellata di personaggi alle prese con la confusione della vita. Dal fratello di Mark, Gerry, immobiliarista dal cuore arido, alla sorella insegnante che imbastisce una relazione amorosa col padre di una sua allieva…e poi altri abitanti sospettosi nei confronti dei turisti e di chi viene da fuori… Jonathan Dee, cresciuto tra New York e una cittadina simile a quella del romanzo, sa di cosa parla e soprattutto ne scrive benissimo. Ci si appassiona alle vicende dei singoli personaggi, spesso di classi diverse e in rotta di collisione, con tensioni che rischiano di degenerare in modo incontrollabile. E’ un po’ anche il disincantato ritratto dell’odierna società, in cui il divario sociale ed economico tra ricchi, ceto medio e poveri si è allargato in modo preoccupante, generando sentimenti rancorosi pronti ad esplodere. Una lettura appassionante.
Rita dalla Chiesa “Mi salvo da sola” – Mondadori – euro 18,00
Non ha bisogno di presentazioni Rita dalla Chiesa, giornalista, conduttrice e volto noto della Tv, figlia del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa trucidato dalla Mafia a Palermo nel 1982, ex moglie del conduttore più amato del piccolo schermo, Fabrizio Frizzi, scomparso l’anno scorso.
Però per capire più a fondo il suo carattere, imparare come ha affrontato i grandi dolori della sua vita, gestito gli affetti, la carriera ed il tempo che passa, vale la pena leggere il suo libro “Mi salvo da sola”. Una sorta di memoir di poco più di 200 pagine scritte magnificamente in cui condensa e ripercorre la sua storia: tra lutti, successo, affetti, popolarità, ma anche tradimenti pesanti da metabolizzare. Invece della solita dedica ha scritto: “Dedicato alle onde della mia vita, che mi hanno sempre aiutata a tornare a riva”. Un inizio bellissimo che apre il libro a una data ben precisa: quel maledetto 3 settembre 1982 a Palermo in cui la mafia tese un agguato a suo padre e lo crivellò di colpi insieme alla giovanissima 2° moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo. Momenti allucinanti che fanno parte della storia più buia del nostro paese, in cui emersero chiaramente ambiguità e connivenze della classe politica, ma anche la forza di un popolo fatto di persone per bene. Momenti in cui i tre fratelli dalla Chiesa (Rita, Nando e Simona) dimostrarono dignità, coraggio e coerenza nel non stringere le mani dei politici che avevano lasciato solo il Generale e sancito così la sua condanna a morte. Poi nel libro ci sono gli anni successivi e la resilienza dell’autrice nell’affrontare il divorzio, crescere sua figlia Giulia praticamente da sola, i primi successi televisivi, la corte serrata che le fece Fabrizio Frizzi più giovane di 10 anni, ma con una maturità che oltrepassava i dati anagrafici. Poi Rita dalla Chiesa racconta anche lo strappo dalla trasmissione Mediaset di grande successo “Forum”, la fine del suo matrimonio con Frizzi e il loro legame comunque inossidabile, anche quando il conduttore sposerà la giovane concorrente di Miss Italia, Carlotta Padovan. Frangente in cui l’autrice dimostra tutta la sua sensibilità e intelligenza nel fare un passo indietro e lasciare spazio alla nuova coppia. Poi ci sono altri capitoli di vita, altri dolori e momenti invece di serenità in riva al mare, e tanto altro ancora che lascio a voi scoprire….,
Susie Orman Schnell “Le ragazze di New York” – Feltrinelli – euro 15,00
Scorre con leggerezza questo romanzo della scrittrice americana, cresciuta a Los Angeles, laureata alla University di Pennsylvania, collaboratrice di grandi testate (tra le quali “The New York Times” e “The Huffington Post”), che oggi vive con il marito e i tre figli vicino a New York. Nel libro racconta la storia di due donne che a 70 anni di distanza lottano per costruirsi una carriera e conquistare l’indipendenza, senza però dover necessariamente rinunciare agli affetti più cari. Ci si appassiona alle vicende che coinvolgono la giovane Charlotte Friedman che aspira a diventare pubblicitaria negli anni 40, quando al massimo le donne arrivavano alla scrivania di segretarie. E’ combattuta tra le aspettative del rigido padre che la vorrebbe nel negozio di famiglia (che tra l’altro sta soccombendo alla concorrenza), gli studi, e il concorso da Miss Subway che in quegli anni eleggeva mensilmente una giovane bellezza come testimonial pubblicitaria dell’azienda dei trasporti di New York. L’altra protagonista è invece dei giorni nostri, si chiama Olivia e anche lei cerca di farsi strada nel mondo estremamente competitivo della pubblicità, segretamente attratta dal suo capo. L’agenzia per cui lavora concorre ad una gara per aggiudicarsi come cliente nientemeno che la metropolitana della Big Apple. Olivia avrà la brillante idea di ripescare le bellezze di Miss Subway e, senza saperlo, finisce per intersecare con la sua traiettoria di vita quelle di alcune protagoniste del celebre concorso del 1949. Scoprirà che, in un certo senso, anche se in un contesto più moderno, la sua battaglia per il successo nel lavoro e la realizzazione nel privato, non è poi tanto diversa da quella delle ragazze dei tempi andati. E in mezzo, a capitoli alternati, la Schnell racconta tante pagine di vita di Charlotte e Olivia, tra delusioni e tradimenti, coraggio e determinazione, resilienza e capacità di superare ostacoli e disfatte… e tanto altro ancora. Due belle lezioni di autostima e tenacia.
Al teatro Astra e prossimamente al teatro Le Serre di Grugliasco, si è tenuto uno spettacolo offerto dalla Compagnia del Caffè di Sara Bagnato
Il teatro si presenta con la consueta immagine di ristrutturazione “volontaria” con alcune buone persone che accompagnano tutti coloro che ne hanno bisogno ai posti e attori in “divisa” scenica che camminano tra le file del teatro in mezzo alla gente che sta prendendo posto. Poi, l’inizio. Mi dispiace, ma non vi dirò cosa succede, né la trama, né le scene. Ma vi dirò di più.
Esistono professionisti del teatro che di questo vivono economicamente, e ci sono persone professionali che questo mestiere lo fanno bene pur non ricevendo compensi; e poi ci sono quelli della Compagnia del Caffè: bravi, professionali, umani e divertenti, tutti insieme e tutti su un palco.
La progressione delle scene appassiona il pubblico sulle movenze dei personaggi sul palco, e la bravura di ognuno esce piano piano in progressione. Sulle prime non si comprende che siano loro a cantare, e poi cominci a capire che sanno cantare e anche bene. E anche quando cominciano a recitare, comprendi che la bravura è anche quando non sono protagonisti, quando sembra che nessuno li guardi, quando sono parte integrante di una dimensione unica di più scene e su più fronti. Sono bravi anche a ballare e a far sorridere, che talvolta è perfino più difficile che fare ridere, perché il sorriso è un regalo sopraffino di coloro che sanno donare qualcosa agli altri.
Sara Bagnato, che è coautrice di questa “opera” della Compagnia del Caffè e vera fondatrice della stessa, dovrebbe ricevere un premio per la sua abilità di creare emozioni su un palco, pur se la sua vita professionale è altrove. Ma il suo cuore e la sua fantasia la portano in alto a scrivere, comporre e creare sensazioni gioiose da trasferire su un palcoscenico e, insieme ai suoi “amici” e “amiche” le trasmette al pubblico. Però, sinceramente, la sua “mano” nello scrivere e la sua abilità nel motivare un gruppo così vasto e variegato, meriterebbe sicuramente una considerazione dei piani alti del mondo dello spettacolo.
Io oso dire che lo spettacolo offerto dalla Compagnia del Caffè non ha nulla di meno di quelli più noti e altolocati dei palcoscenici più “blasonati”, anzi. Mi sovviene e ricordo la frase di un mio amico che diceva che i cantautori più bravi suonano nei pub perché la loro arte vuole raggiungere chi se lo merita, ma credo che la performance espressa dalla Compagnia del Caffè possa avere futuro in espansione.
Infatti, se questo spettacolo venisse portato in TV nulla sarebbe da eccepire. Gli attori che recitano, ballano e cantano non sono poi così tanti, e quelli che lo sanno fare bene … ancora meno. Ed è curioso vedere come molti siano racchiusi dentro la Compagnia del Caffè di Sara e dei suoi amici.
Ma, forse, la genuinità di queste recite ha sapore di altri tempi, dove tutto è reale e dove uno sgabello portato sul palco rende ricca la storia. Ma non è l’oggetto, è l’emozione di un gruppo che si vuole bene, che gioisce in scena e che “si sorride” appena può.
E in più c’è il lato umano: il ricavato delle serate non va agli artisti ma alle Onlus che sul territorio lavorano e nel mondo operano. Un segnale forte, forse in antitesi con i tempi ma che proprio per la sua validità deve essere segnalato.
Le parole stanno a zero. Ogni ingresso permette di fare beneficenza. E i prossimi spettacoli sono sulla pagina Facebook della Compagnia del Caffè.
Non sto facendo pubblicità, però se non ci andrete, avrete perso qualcosa di bello, avrete perso la nascita o la conferma di alcune stelle dello spettacolo teatrale, che magari non andranno avanti perché il lavoro non glielo permetterà, ma che, in questo momento donano gioia al pubblico che li vede e che alla fine li abbraccia, e, ai beneficiati dalle Onlus, un futuro a tutti coloro che un pochino anche grazie alla Compagnia del Caffè, potranno intravvedere la luce della speranza.
Se ci fosse una giustizia delle Muse, “Essere o non essere poveri” avrebbe diritto ad un posto in luoghi più ampi e confortevoli dei teatri cosiddetti minori, e i loro autori, attori e tutti coloro che non si vedono ma che lavorano nell’ombra, meriterebbero onori più abbondanti. Vederli recitare, cantare e ballare però non ha luogo, ha solo emozione che cresce dentro e che a fine spettacolo ti segue a casa con lo spirito più allegro e con qualche speranza in più.
Grazie Sara e grazie Compagnia del Caffè. Un grosso applauso!
Paolo Michieletto
Al teatro Astra e prossimamente al teatro Le Serre di Grugliasco, si è tenuto uno spettacolo offerto dalla Compagnia del Caffè di Sara Bagnato
Il teatro si presenta con la consueta immagine di ristrutturazione “volontaria” con alcune buone persone che accompagnano tutti coloro che ne hanno bisogno ai posti e attori in “divisa” scenica che camminano tra le file del teatro in mezzo alla gente che sta prendendo posto. Poi, l’inizio. Mi dispiace, ma non vi dirò cosa succede, né la trama, né le scene. Ma vi dirò di più.
Esistono professionisti del teatro che di questo vivono economicamente, e ci sono persone professionali che questo mestiere lo fanno bene pur non ricevendo compensi; e poi ci sono quelli della Compagnia del Caffè: bravi, professionali, umani e divertenti, tutti insieme e tutti su un palco.
La progressione delle scene appassiona il pubblico sulle movenze dei personaggi sul palco, e la bravura di ognuno esce piano piano in progressione. Sulle prime non si comprende che siano loro a cantare, e poi cominci a capire che sanno cantare e anche bene. E anche quando cominciano a recitare, comprendi che la bravura è anche quando non sono protagonisti, quando sembra che nessuno li guardi, quando sono parte integrante di una dimensione unica di più scene e su più fronti. Sono bravi anche a ballare e a far sorridere, che talvolta è perfino più difficile che fare ridere, perché il sorriso è un regalo sopraffino di coloro che sanno donare qualcosa agli altri.
Sara Bagnato, che è coautrice di questa “opera” della Compagnia del Caffè e vera fondatrice della stessa, dovrebbe ricevere un premio per la sua abilità di creare emozioni su un palco, pur se la sua vita professionale è altrove. Ma il suo cuore e la sua fantasia la portano in alto a scrivere, comporre e creare sensazioni gioiose da trasferire su un palcoscenico e, insieme ai suoi “amici” e “amiche” le trasmette al pubblico. Però, sinceramente, la sua “mano” nello scrivere e la sua abilità nel motivare un gruppo così vasto e variegato, meriterebbe sicuramente una considerazione dei piani alti del mondo dello spettacolo.
Io oso dire che lo spettacolo offerto dalla Compagnia del Caffè non ha nulla di meno di quelli più noti e altolocati dei palcoscenici più “blasonati”, anzi. Mi sovviene e ricordo la frase di un mio amico che diceva che i cantautori più bravi suonano nei pub perché la loro arte vuole raggiungere chi se lo merita, ma credo che la performance espressa dalla Compagnia del Caffè possa avere futuro in espansione.
Infatti, se questo spettacolo venisse portato in TV nulla sarebbe da eccepire. Gli attori che recitano, ballano e cantano non sono poi così tanti, e quelli che lo sanno fare bene … ancora meno. Ed è curioso vedere come molti siano racchiusi dentro la Compagnia del Caffè di Sara e dei suoi amici.
Ma, forse, la genuinità di queste recite ha sapore di altri tempi, dove tutto è reale e dove uno sgabello portato sul palco rende ricca la storia. Ma non è l’oggetto, è l’emozione di un gruppo che si vuole bene, che gioisce in scena e che “si sorride” appena può.
E in più c’è il lato umano: il ricavato delle serate non va agli artisti ma alle Onlus che sul territorio lavorano e nel mondo operano. Un segnale forte, forse in antitesi con i tempi ma che proprio per la sua validità deve essere segnalato.
Le parole stanno a zero. Ogni ingresso permette di fare beneficenza. E i prossimi spettacoli sono sulla pagina Facebook della Compagnia del Caffè.
Non sto facendo pubblicità, però se non ci andrete, avrete perso qualcosa di bello, avrete perso la nascita o la conferma di alcune stelle dello spettacolo teatrale, che magari non andranno avanti perché il lavoro non glielo permetterà, ma che, in questo momento donano gioia al pubblico che li vede e che alla fine li abbraccia, e, ai beneficiati dalle Onlus, un futuro a tutti coloro che un pochino anche grazie alla Compagnia del Caffè, potranno intravvedere la luce della speranza.
Se ci fosse una giustizia delle Muse, “Essere o non essere poveri” avrebbe diritto ad un posto in luoghi più ampi e confortevoli dei teatri cosiddetti minori, e i loro autori, attori e tutti coloro che non si vedono ma che lavorano nell’ombra, meriterebbero onori più abbondanti. Vederli recitare, cantare e ballare però non ha luogo, ha solo emozione che cresce dentro e che a fine spettacolo ti segue a casa con lo spirito più allegro e con qualche speranza in più.
Grazie Sara e grazie Compagnia del Caffè. Un grosso applauso!
Paolo Michieletto
I libri più letti e commentati del mese
Rassegna mensile di lettura proposta dai membri del gruppo FB Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri, che organizza per il 13 giorno il consueto Raduno Ufficiale al quale siete tutti invitatati: tutte le informazioni nel nostro sito o seguendo il seguente Link.
Primo posto nelle discussioni per Le nebbie di Avalon, capolavoro fantasy di Marion Zimmer Bradley, oggetto di una recente revisione editoriale che ha lasciato i vecchi lettori piuttosto perplessi: il romanzo si conferma una lettura molto amata nonostante i suoi anni e molto citata nel gruppo; secondo posto per Il cerchio, complesso romanzo di Dave Eggers che viene regolarmente proposto e suscita sempre ampi dibattiti; infine, terzo posto per un classico della fantascienza, il celebre Gravità Zero di Lois McMaster Bujold che in molti hanno scoperto proprio grazie a una delle nostre recensioni.
Approfondiamo l’argomento letteratura per l’infanzia, tema molto sentito dai nostri iscritti, per suggerire la lettura di Piccolo Uovo, scritto e illustrato da Altan per i piccoli lettori, tenera storia che affronta il delicato tema della famiglia in tutte le sue declinazioni, Il giardino segreto di Frances H. Burnett, classico per i ragazzi dagli otto anni in su e Il figlio del cimitero di Neil Gaiman, lettura perfetta per lettori dall’età delle scuole medie.
Iniziamo questo mese a proporre la lettura dei romanzi inseriti nella celebre lista del Times che nel 2005 compilò un elenco dei più significativi romanzi in lingua inglese usciti nel XX secolo: viene sovente tirata in ballo nelle nostre discussioni e quindi merita dare un’occhiata ad alcuni dei titoli che propone, che oggi sono entrati di diritto nel novero dei classici. Iniziamo con Il crollo, di Chinua Achebe, primo di un ciclo che racconta la nascita della Nigeria contemporanea e che è considerato uno dei riferimenti della narrativa africana degli ultimi cinquanta anni; seconda segnalazione per Gridalo forte, romanzo di James Baldwin che affronta il tema del razzismo negli Stati Uniti ma che offre molti spunti di dibattito anche ai nostri giorni; piacerà agli amanti delle storie di ambientazione Western, oltre che ai cultori di letteratura, La morte vien per l’arcivescovo, di Willa Ctaher, toccante elogio dell’amicizia e profonda analisi dei sentimenti umani in uno scenario magistralmente descritto. Per questo mese è tutto, ci rileggeremo il mese prossimo!
Podio del mese
Le nebbie di Avalon, di M: Zimmer Bradley (TEA) – Il cerchio, di D. Eggers (Mondadori) – Gravità Zero, di L. McMatser Bujold (Nord)
Per i giovani lettori: Piccolo Uovo , di Altan (Lo Stampatello) – Il giardino segreto, di F. Hodgson Burnett (Feltrinelli) – Il figlio del cimitero di Neil Gaiman (Mondadori)
Time’s List of the 100 Best Novels : Il crollo, di C. Achebe (Edizioni e/o) – Gridalo forte, di J. Baldwin (Amos Edizioni) – La morte vien per l’arcivescovo, di W. Cather (Neri Pozza)
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Testi : valentina.leoni@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it
Grafica e Impaginazione : claudio.cantini@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it
Alla Fondazione Giorgio Amendola, gli ateliers di 26 artisti piemontesi raccontati negli scatti di Marco Corongi e Stefano Greco
Sono sempre – o quasi – spazi di fortissima suggestione. Carichi di emozioni, di memorie, di segni e tracce, anche profonde, di mille vite trascorse e passate al loro interno, così come di profumi, di odori intensi e inconfondibili, che arrivano dall’aria, dai colori trattati e combinati fra loro, dalle vernici e dai materiali più strani che paiono essersi introdotti fra quelle pareti per opera di magia, non meno che da singolari e personalissimi intrugli di “pratiche alchemiche” (ognuno ha le sue), attraverso cui dare forma ai molteplici linguaggi dell’arte. Parliamo degli studi o –per essere più fini – degli ateliers d’artista. Luoghi sacrali, che in quanto tali riflettono idee, pensieri e segreti – del mestiere e dell’anima – dei loro legittimi inquilini. Spesso “tane” inviolabili, se non con parole d’ordine da spendere con assoluta parsimonia. Molte volte, spazi metafisici e improbabili, combinati o scombinati fra pennelli, vernici, tavolozze imbrattate dai colori, cavalletti, tele, disegni, bozzetti e una miriade d’objets trouvés in alcuni casi tanto strani da rendere perfino inutile un’indagine sulla loro provenienza e sul perché del loro trovarsi da quelle parti. Ebbene, una ventina di questi “luoghi dove nasce l’arte” li ritroviamo esposti, fino al prossimo 15 giugno, in una curiosa mostra fotografica ospitata nelle sale della Fondazione Giorgio Amendola di Torino e firmata da Marco
Corongi e Stefano Greco, due fotografi (ma anche architetti) torinesi, amici fin dall’epoca del liceo e che insieme hanno già prodotto importanti progetti fotografici e partecipato, entrambi, a numerose mostre in Italia e all’estero. Iniziato nel 2009, il loro progetto teso, con garbo, a “violare” le sacre mura in cui erano, o sono ancor oggi, soliti operare artisti non sempre di buon carattere e comunque di levatura internazionale, arriva a contare nel tempo una corposa lista di
ben 40 ateliers, fra i quali i 26 esposti oggi alla Fondazione di via Tollegno, presieduta da Prospero Cerabona. Compito non facile, quello di Carongi e Greco, che hanno osato, e con successo, addentrarsi “in un campo già sperimentato da molti altri – sottolinea Mauro Raffini – restituendo nelle immagini…il momento topico dell’incontro con l’artista, quello più carico di sincera umanità e di una non forzata reciproca simpatia”. Ecco allora Nino Aimone nell’ordinato disordine del suo studio, sorridente all’obiettivo con pennello e sigaretta in mano, in primo piano un grande nudo femminile riflesso allo specchio, che a oltre mezzo secolo di distanza ancora gode dei felici dettami casoratiani; a seguire le “stanze” di alcuni Maestri che hanno fatto la storia della contemporanea scena artistica torinese, da Ermanno Barovero a Enrica Borghi a Gianni Busso e a Romano Campagnoli. Un clima di rarefatto senso d’attesa nell’ordine pacato e tristemente ineluttabile delle cose, di oggetti del mestiere appesi a parete e di incompiuti gesti d’Autore, traspare negli scatti dedicati agli studi di Francesco Casorati e di Giacomo Soffiantino, entrambi scomparsi nel 2013; il primo solito a lavorare nell’ atelier di via Mazzini che fu anche prolifico laboratorio (di opere e di allievi-pittori) del celebre
padre Felice e il secondo nei visionari spazi di via Lanfranchi, poco sopra la Chiesa della Gran Madre, inseriti dal FAI nel 2016 fra i “Luoghi del Cuore” in Torino. E ancora i famosi “cieli” di Antonio Carena, appoggiati in cortile accanto a un emblematico minaccioso segnale di “lavori in corso”; a seguire i “luoghi della creatività” di Clotilde Ceriana Mayneri, Mauro Chessa, Riccardo Cordero, Loris Dadam (l’eccentrico urbanista con baffoni, già direttore scientifico della Fondazione Amendola), Marco Gastini e Massimo Ghiotti. E il percorso continua con lo “studio-feticcio”, fantastica Wunderkammer costruita ai piedi della collina torinese, del novantenne Ezio Gribaudo, di Giorgio Griffa, degli scultori Luigi Mainolfi (alle prese con la fatica delle sue opere
post-concettuali), Marina Sasso e Gilberto Zorio. Per concludersi con l’eclettico maitre-à-penser dell’arte torinese Pino Mantovani, con l’architetto – discepolo di Alvar Aalto – Leonardo Mosso, Michela Pachner, Francesco Preverino, Giorgio Ramella, Mario Surbone e il cuneese Fabio Viale. Inserita nell’ambito della kermesse “Fo-To. Fotografi a Torino”, promossa dal MEF-Museo Ettore Fico di via Cigna, la mostra prende il titolo “La finestra dell’angelo” da un’opera letteraria (“L’angelo della finestra d’Occidente”) realizzata nel 1927 dallo scrittore austriaco Gustav Meyrink, fra gli esponenti di spicco della letteratura esoterica mitteleuropea, e vuole essere un viaggio per immagini “teso a svelare i segreti – affermano gli stessi autori – di luoghi avvolti da un irresistibile fascino misterico, non di rado inaccessibili e inviolabili come l’antro di un alchimista”.
Gianni Milani
“La finestra dell’angelo. I luoghi dove nasce l’arte”
Fondazione Giorgio Amendola, via Tollegno 52, Torino; tel. 011/2482970 o www.fondazioneamendola.it
Fino al 15 giugno
Orari: dal lun. al ven. 10/12,30 e 15,30/19; sab. 10/12,30
Le premiazioni del "Pannunzio"
Mercoledì 5 giugno alle ore 17,30 a Palazzo Cisterna (via Maria Vittoria 12), sede della Città Metropolitana di Torino, il Centro “Pannunzio” consegnerà i seguenti Premi: Premio “Mario Soldati”per la Cultura a Gian Carlo Bonzo, Amministratore Delegato del Centro Incontri dell’Unione Industriale; Gian Piero Leo, per oltre un decennio Assessore alla Cultura della Regione Piemonte ,una delle figure più eminenti ed aperte del mondo cattolico italiano ; Laura Pompeo, archeologa, allieva di Giorgio Gullini, Assessore alla Cultura della Città di Moncalieri. Inoltre, verrà consegnato il Premio “Francesco De Sanctis” a Mauro Salizzoni, medico e docente universitario, già Direttore del Centro Trapianti di fegato dell’Ospedale Molinette. Verrà poi conferita la Medaglia d’oro della Fedeltà a Germana
Bassani Cecalotti, socia fondatrice del Centro “Pannunzio” e fedelissima pannunziana per oltre 50 anni. Introdurrà Anna Ricotti. La premiazione fa parte delle manifestazioni per il ventennale della scomparsa di Mario Soldati, scrittore, regista cinematografico e televisivo, giornalista, che fu tra i fondatori del Centro “Pannunzio” e suo Presidente per vent’anni. Pier Franco Quaglieni amico personale dello scrittore e curatore del nuovo libro “ Mario Soldati. La gioia di vivere “ ricorderà l’amico e maestro , una delle figure più eminenti del Novecento Italiano . E ‘ previsto un saluto del nuovo Presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio .