Nel 1904 il rumeno Constantin Brancusi, attratto dall’opera audace e visionaria di Auguste Rodin, abbandona la Romania per il miraggio della “Ville lumiere”.
Il viaggio verso Parigi, a causa delle limitate possibilità finanziarie dello scultore, fu affrontato a piedi e per pagare la traversata in battello sul Lago di Costanza, Brancusi fu costretto a vendere l’orologio. Parigi, all’epoca capitale delle arti e dei movimenti culturali, rappresentava un punto di arrivo per un giovane cresciuto nella campagna rumena che, fin dall’età di sette anni, aveva lavorato come mandriano in un villaggio dei Carpazi, troppo povero per permettersi di andare a scuola. Lo scultore rumeno si stabilisce a Montparnasse, dove si erano già trasferiti molti artisti come Modigliani, Soutine, Man Ray. Nel suo atlelier si concretizza una nuova forma di scultura che abbandona le linee sinuose di Rodin per abbracciare le forme nette e massicce della scultura primitiva: queste statue influenzeranno profondamente la scultura del suo amico Amedeo Modigliani.

Nel 1908 Brancusi scolpisce una delle sue opere più famose “Il Bacio” del quale eseguirà più di una versione. L’opera, che evoca nel tema una scultura di Rodin, è affascinante non solo per l’interpretazione personalissima e quanto mai originale del soggetto, ma anche per la storia che ne contraddistingue una delle versioni. Negli stessi anni Gustave Klimt realizza a Vienna uno dei quadri simbolo della Secessione viennese “Il bacio” appunto, caratterizzato da una cura e da una ricerca estreme per il dettaglio nella decorazione delle tuniche, dello sfondo e per una sensualità profonda, nella quale si fondono passione e affetto. Brancusi, nella sua scultura, stravolge le linee classiche e realizza il trionfo dell’Eros: il blocco di pietra si anima grazie alla passione dei due amanti le cui braccia si avvolgono come le spire di un serpente intorno ai corpi e il cui bacio, appassionato e quasi violento, si trasforma in un bacio eterno che sembra vivificare la pietra. Le labbra unite, gli occhi negli occhi, i corpi che si fondono diventano l’evocazione di un sentimento universale che la pietra non riesce a contenere e che attrae lo spettatore. Pochi anni più tardi, nel 1914, l’espressionista Oskar Kokoschka avrebbe dipinto un’opera altrettanto avvolgente e affascinante che, ancora una volta, evocava un amore, una passione, un sentimento, il fondersi di due corpi che tentano di raggiungere l’unità perfetta: “La sposa del vento”. Nel 1909 Brancusi realizzò un’altra versione del “Bacio”. La statua venne collocata, nel cimitero di Montparnasse, sulla tomba di Tatiana Rachewskaia, una giovane russa morta suicida per amore. In questa statua le due figure sono raffigurate accovacciate, con le gambe che si intrecciano formando una “M”, l’iniziale della parola Morte. Alcuni anni più tardi lo scultore affermò: “Avevo voluto creare qualcosa che raccontasse non di questa sola, ma di tutte le coppie che sulla terra si sono amate e che questa terra hanno lasciato. Perché ogni mia scultura ha la sua ragione d’essere in un’esperienza vissuta”. Se all’inizio la scultura sembra evocare la vittoria dell’amore sulla morte, il trionfo di un amore che, grazie all’arte, diventa eterno, da un’analisi più approfondita si percepisce che soltanto l’arte è sopravvissuta, attraverso le forme di Brancusi, alla morte e che i due amanti di Montparnasse rappresentano soltanto l’ultimo tributo, l’estremo epitaffio a una ragazza che per amore ha scelto la morte. Se di trionfo si tratta è l’arte a trionfare, ancora una volta, sulla morte e non l’amore. La storia della suicida di Montparnasse non termina, tuttavia, qui e nemmeno quella del “Bacio”. Nel 2018 la famiglia Rachewskaia ha coperto con un involucro di legno la statua, apparentemente per un intervento di restauro, ma forse per tentare, come già era accaduto in passato, di esportarla, nonostante i divieti dell’amministrazione francese che l’ha dichiarata “monumento di rilevanza storica”. Sembra che, all’epoca della realizzazione la scultura non fosse piaciuta alla famiglia della suicida: scherzi del destino e della storia. Constantin Brancusi, morto nel 1957, riposa sotto una semplice pietra nello stesso cimitero di Tatiana, non troppo distante dal suo “Bacio” eterno.
Barbara Castellaro
Era il 4 aprile 1947 quando il signor Giovanni Ravetti, 46 anni, residente a Torino in via Cibrario, si precipitò al commissariato di San Donato per avvisare gli agenti del fatto che sua moglie si trovasse in dolce compagnia in una camera d’albergo nei pressi di piazza Statuto. Gli agenti intervennero subito e sorpresero i due amanti nell’atto di compiere il reato di adulterio ma, a quel punto, la reazione del marito fu indubbiamente tra le più originali che siano mai avvenute. Sventolando minacciosamente il tradizionale foglio di carta bollata propose al rivale, un facoltoso macellaio di Torino, una curiosa alternativa: il signor Ravetti non li avrebbe denunciati per il reato di adulterio se il macellaio avesse versato la somma di 10 mila lire all’ospizio di carità di Pozzo Strada. L’amante accettò la proposta e firmò un assegno rendendosi un benefattore suo malgrado. [Gazzetta del Popolo]

La terza e ultima asta di beneficenza promossa per raccogliere fondi a sostegno dei presidi sanitari della provincia più a nord del Piemonte per fronteggiare l’epidemia da COVID-19 si annuncia molto interessante. Dopo le due prime aste, che hanno permesso di girare alla Fondazione Comunitaria del Vco un totale di 7.065 EURO, i risultati attesi per questa terza tranche sono ancora più promettenti.
Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
fa parlare una scrittrice e scienziata 35enne morta suicida, Srilakshmi. Come si è uccisa lo scoprirete alla fine, ma l’importante è che dopo la cremazione il suo amante segreto trafuga una delle falangi sopravvissute al fuoco e la nasconde nello scomparto segreto di un mobile, condannando così la sua anima a restare sulla terra.
Il giornalista e scrittore argentino, nato a Buenos Aires nel 1957 -direttore di svariate riviste culturali, laureato in Storia a Parigi e vissuto anche a New York e Madrid- imbastisce un giallo ambientato nella capitale argentina degli anni 30. L’idea gliel’ha suggerita la lettura di Camilleri e le avventure del commissario Montalbano l’hanno conquistato al punto da spingerlo a cimentarsi nello stesso genere letterario. Ambienta il suo giallo nella Buenos Aires del 1933 quando, nonostante la crisi del 29, l’Argentina era una delle 10 nazioni più ricche al mondo: un crogiolo di culture importate soprattutto da italiani e spagnoli, cantieri aperti un po’ ovunque e il via al traffico nell’incredibile Avenida 9 de Julio. Caparros fa scendere in campo il suo protagonista, Andrés Rivarola, giovane perdigiorno che si arrangia come può per vivere e sogna di comporre un tango memorabile. Si ritrova nei panni di investigatore-reporter alle prese con un mondo che ha forti echi di fascismo (sono gli anni in cui Hitler prende il potere e l’Europa sta sbandando pericolosamente) e, tra corruzione e confusione politica, i militari in Sudamerica scavalcano tutto e tutti per arrivare al vertice. La vittima è Mercedes, giovane trovata morta con la gola tagliata e, stranamente, la notizia viene nascosta per giorni. Suicidio o omicidio? Il padre accusa gli anarchici durante il funerale trasformato in comizio. A intorpidire le acque si aggiungono poi fumose sale da ballo in cui la ribellione batte nei tacchi dei “tangueiros”, ambienti malfamati, sporchi maneggi politici, il mondo del calcio (con il campione Bernabé Ferreyra che ambisce compensi da star ma si rifiuta di rientrare nella squadra argentina). Al di là della trama, che scoprirete intricata, la grande protagonista del romanzo è soprattutto Buenos Aires. La sua gente, i suoi luoghi mitici, come il cimitero La Recoleta (una città nella città con mausolei che sono autentiche opere d’arte) e i primi anni del professionismo calcistico. Poi Caparros si diverte prendendo di mira i circoli intellettuali dell’epoca e ritrae un Borges acerbo (la grande fama internazionale deve ancora arrivare) che infastidisce con il suo atteggiamento tra il supponente e il ridicolo, tronfio, dai versi ancora scadenti e corteggiatore di donne senza successo. Insomma un tuffo in una Buenos Aires indimenticabile.
che angeli, o dall’aspetto energico e rompiscatole come quello delle donne che attendevano i marinai a casa. La polena più antica di cui si ha memoria nel mito sarebbe stata la testa d’ariete che indicava la rotta alla nave degli Argonauti. Ma le più affascinanti sono soprattutto le effigi femminili, a volte donne bellissime dalle forme voluttuose ispirate a modelle in carne ed ossa ritratte dagli artigiani. “Il modello ideale”..scrive Magris “il prototipo della polena è neoclassico….nasce da un vortice di vento che, alla base, sembra increspare le onde e si prolunga nella veste fluttuante, linea ondulata di onda marina trattenuta prima di disperdersi nell’informe”. Magris rintraccia storie affascinanti e suggerisce le visite a musei carichi di storie di uomini e mare, dove le polene riposano e si lasciano ammirare: come il Valhalla alle isole Scilley, i Musei Marittimi di Anversa e Barcellona, quello di Ringkøbing in Danimarca o il National Museum of the Royal Navy a Portsmouth.

Di Pier Franco Quaglieni