CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 614

Salemme e il povero cristo con un cuore nuovo

“Anche stavolta vorrei che il pubblico si divertisse molto”, aveva scritto Vincenzo Salemme presentando la sua nuova commedia Con tutto il cuore. Attore, commediografo, regista e sceneggiatore, cresciuto alla scuola di Eduardo e di Luca De Filippo, capocomico, una piccola attenzione in tre titoli di Moretti, e poi i Vanzina e Brizzi, Martone e Tornatore, un altro titolo, “Compromessi sposi”, in arrivo nei prossimi giorni, i successi teatrali e le trasposizioni cinematografiche, volto ormai notissimo, a sprazzi ospite del tavolo di Fazio crocevia di quanto di meglio possa oggi proporre la cultura (e la pubblicità) italiana, magari adesso s’è pure aperto un’altra strada, di romanziere, dando alle stampe per Baldini&Castoldi il giallo “La bomba di Maradona”. Insomma, un gran bel successo. E la gente lo riempie d’applausi, non può fare a meno della lucetta del telefonino ma torna immediatamente a lui, s’accalca sotto il palcoscenico per stringergli la mano, assorbe come una spugna ogni sua battuta.

Lo si è visto l’altra sera all’Alfieri (repliche sino a domenica13), dove Salemme è tornato dopo il successo degli scorsi anni e il divertimento s’è ripetuto. Perché Salemme ha teatralmente il potere della scrittura, fervida, torrenziale, spiritosissima, certo debordante, dove le battute azzeccate lasciano il posto ad altre dello stesso peso nel giro di una manciata di secondi e poi quella faccia che affoga nell’amarognolo anche quando le mani si rimbalzano tiri infuocati di trovate. E in quella faccia il pubblico si riconosce. Questa volta ha inventato un piccolo uomo, in quattro e quattr’otto un povero fesso, un datatissimo professore di lettere che contrariamente a quanto lui dice il preside e i colleghi vedono tutti come una enorme disgrazia, un omino che spaesato è entrato senza capirne nulla in un ingranaggio più grande di lui e pronto a inghiottirlo. Subisce un trapianto di cuore e non sa che quel cuore è quello di un delinquente, morto assassinato, che nelle ultime volontà sussurrate alla feroce genitrice s’è fatto promettere che il suo cuore possa vivere ancora in chi dovrà vendicarlo. Ottavio Camaldoli di carattere, buono, pacifico, remissivo, non ne ha che uno e quello vuol tenersi e non ha nessuna intenzione di trasformarsi in truce assassino. Già ha una moglie da cui vive separato ma che continua a spillargli arredamento e quattrini con l’aiuto del nuovo compagno, non raccoglie nemmeno gli affetti della figlia che vive con lui, si lascia prendere in giro da un tale che ignorando ogni cosa del corpo umano “fa” l’infermiere, si ritrova in casa una budinosa badante indiana che altri non è che Gennaro da Pozzuoli. E altre tristezze di contorno.

Un atto unico, un lungo atto unico, un’ora e cinquanta minuti di risate senza sosta. Un pubblico fragoroso e osannante. Se poi la prima ora è spesa dall’autore per stra/inquadrare la vita la morte e i miracoli del protagonista, se uno svolgimento che segua l’antefatto ammazzatorio che abbiamo visto davanti ad un antico sipario del “Barbiere” di Rossini tarda a venire, se il povero attore che interpreta lo pseudo infermiere è messo lì a far proprie quasi in pieno mutismo anche le vicende del nonno del pover’uomo, mentre Ottavio racconta e racconta e racconta ancora, non fa nulla. Prevalgono quelle risate, che a volte sono capaci di contagiare anche gli attori in scena. Insomma una grande festa. E se l’autore difetta nello stiracchiare una penna che non gli sta ferma tra le dita, l’attore non demorde, viene in suo soccorso alla grande, la vince su tutti i fronti. Per il resto della serata si tirano le fila del racconto e teatralmente il gioco s’aggiusta. Ma il pubblico non se n’è nemmeno accorto.

 

Elio Rabbione

Daniel Oren dirige Madama Butterfly al Regio

Atteso ritorno, dopo oltre vent’anni di assenza, sul podio del teatro Regio di Torino del maestro Daniel Oren, che dirigerà da stasera la “Madama Butterfly” di Puccini, opera in tre atti su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica. Sarà in scena fino a domenica 20 gennaio prossimo

L’opera è stata definita nel libretto e nello spartito “tragedia giapponese”, dedicata alla regina Elena del Montenegro, ed ideata dal maestro lucchese mentre si trovava a Londra, nel giugno del 1900, in occasione di alcune recite di Tosca. Una sera Puccini si recò al Duke of York’s Theatre per assistere al dramma intitolato “Madama Butterfly ” che David Belasco aveva tratto dal racconto di John Luther Long. Pur non conoscendo l’inglese, Puccini rimase affascinato dalla vicenda della giovane giapponese suicida per amore e, una volta tornato in Italia, si mise al lavoro sull’opera che debuttò nel 1904, il 17 febbraio, al teatro La Scala di Milano, dapprima rivelandosi un insuccesso e poi riscuotendo, invece, grandissimi consensi. Si assistette ad una sua vera e propria rinascita, in un ambiente meno saturo di odi e di passioni, come fu il Teatro Grande di Brescia, il 28 maggio 1904, con l’apporto di alcune modifiche, l’eliminazione di diverse macchiette e del colore locale nel primo atto, la divisione in tre atti e l’inserimento di una nuova aria per Pinkerton, “Addio, fiorito asil”. E fu il suo trionfo. Quello che non piacque della Butterfly al pubblico ed alla critica che assistettero alla prima rappresentazione scaligera del 1904 fu proprio ciò che dell’opera oggi apprezziamo di più. Sul soggetto e sul dramma di Belasco il compositore lucchese espresse tutto il suo entusiasmo. All’editore Giulio Ricordi , con qualche mese di anticipo rispetto alla prima del 1904, scrisse che “l’opera deve essere in due atti. Il rammarico deve correre fino alla fine senza interruzioni, serrato, efficace, terribile”. Il ruolo di Cio Cio San è stato nel corso della storia della lirica reso celebre dal tratto di puro espressionismo di Maria Callas e da un’altrettanto nota interprete, Mirella Freni. Qui risultano musicalmente impeccabili le arie “Vogliatemi bene”, “Un bel di’ vedremo” fino al tragico suicidio per amore, introdotto dal rabbrividente ” Con onore muore”. Si alterneranno nel ruolo di Cio Cio San le soprano Rebeka Lokar e Karan Son, in quello del tenente statunitense Pinkerton i tenori Murat Karahan e Massimiliano Pisapia, mentre Suzuki, la servente di Madama Butterfly sarà interpretata dal mezzosoprano Sofia Koberidze.

Mara Martellotta

Holden Academy si presenta

Il diploma sarà equipollente ad un corso di laurea triennale
Il 23 Gennaio alle ore 11 presso il General Store della Scuola Holden Alessandro Baricco presenterà Holden Academy, un nuovo percorso di studi attivo dall’ autunno prossimo il cui diploma sarà equipollente ad un corso di laurea triennale.
Interverranno, oltre ad Alessandro Baricco, anche:
Sergio Chiamparino – Presidente della Regione Piemonte
Chiara Appendino – Sindaca della Città di Torino
Antonella Parigi – Assessore alla Cultura della Regione Piemonte 
Francesca Leon – Assessore alla Cultura della Città di Torino

Musica e amore assoluto

“C’è chi crede che amare sia giurarsi l’eterno

Per lasciarsi appassire quando arriva l’inverno

Dire tante parole e non capirne mai il senso

Tenersi la mano e non pensarsi un momento

Ma l’amore per me è nei piccoli istanti

In un bisogno sospeso

In uno scambio di sguardi

Sarà ricordarci con degli occhi diversi

Che la pazienza e il calore non li abbiamo mai persi

Non interpreto amore, ma lo vivo con te

Non saprò mai mentirti, puoi fidarti di me”

.

Pare che questo brano sia stato scritto anche per me… parla di amore assoluto, di fiducia, di quanto certi legami “scritti” possano valere davvero niente di fronte a emozioni, sensazioni indescrivibili che, spesso, un anello e bollette da condividere uccidono sotto l’ascia dell’abitudine. Per questo ritengo si dovrebbe essere cosi onesti da non sposarsi….a volte. Perchè la fiducia si guadagna goccia a goccia ma si perde a litri! Ogni giorno per andare al lavoro, per mangiare, per muoverci, per vivere, noi compiamo una serie infinita di atti di fiducia. Ci affidiamo agli altri, al medico che ci cura, al muratore che ha costruito la nostra casa, al pizzaiolo che ci fa mangiare, al pilota che ci deve portare lontano. Diamo fiducia non perché lo vogliamo, perché davvero ci fidiamo, ma perché non possiamo farne a meno. E non è vero che la fiducia si dà solo alle cose serie, la fiducia si dà a tutto e tutti, per obbligo, perché la fiducia ci fa vivere. E morire. Fidarsi è un consegnarsi all’altro, è sfidarlo ad essere all’altezza del dono. L’amore, quello vero, dovrebbe avere alle sue fondamenta fiducia ed onestà ma l’amore è spesso disonesto…ma è, come cita Caccamo, (scoperto da Franco Battiato e divenuto noto con Sanremo 2015 n.d.r.)  

nei piccoli istanti
In un bisogno sospeso
In uno scambio di sguardi
Sarà ricordarci con degli occhi diversi
Che la pazienza e il calore non li abbiamo mai persi

perchè per amare davvero, in modo onesto, unico, totale e spregiudicato, servono fiducia ed onestà, cose rare ma non utopiche…questo vorrei augurare a tutti voi lettori all’inizio di questo anno: un 2019 ricco di vecchi valori mai passati di moda, perchè certo,fa bene al corpo buttarsi in un letto con una donna,farci l’amore o buon sesso per ore e andarsene lasciando due lenzuola stropicciate. Ma provate a vederla quando si fa bella per voi o a sorprenderla quando esce dal lavoro. Provate a vederla quando si sveglia al mattino,con i capelli spettinati e senza trucco,quando canta vicino ai fornelli per prepararvi un piatto prelibato o quando si prende cura di voi per lenire i vostri dolori. Provate a sentirla parlare di voi con un’amica,mentre gli occhi le luccicano di gioia,o quando piange di nascosto per la paura di perdervi. Beh,io credo che non ci sia nulla di piu’ appagante per un vero uomo,perche’ alla fine, un letto disfatto fa bene al corpo, ma non ti lascia niente…o poco più di niente. Date un’occhiata….vi farà piacere e…sbirciate anche il film “puoi baciare lo sposo” vi farà sorridere

https://www.youtube.com/watch?v=HF-NSelhEV4

Chiara De Carlo

***

Chiara vi segnala i prossimi eventi… mancare sarebbe un sacrilegio!

"Santa". Ciò che è stato non muore mai

Paolo in una lettera a Luana, scrive: “avrei voluto essere più presente, capire quell’enorme lato oscuro che portavi sulle tue spalle di finta normalità. Avrei dovuto spiegarti che non dovevi averne paura e che tutti abbiamo una parte che ci spaventa e che ci libera, tutti siamo fatti anche di Santa.”
Siamo alla fine di questo libro, che si presta ad essere portato in scena, scritto dalla giornalista Alessandra Macchitella, edito da Les Flaneurs edizioni con la prefazione di Aldo Cazzullo. Vi sono sopratutto due nomi: Santa e Luana che possono far parte di una stessa realtà, come dire, due facce di una stessa medaglia, due aspetti contrastanti di una stessa persona o anche di due persone diverse, portati all’estremo in lotta, come il bene (Luana) e il male (Santa). A seconda del modo di porsi nell’affrontare la vita e le circostanze da risolvere giorno dopo giorno.

È presente il dubbio se sia più utile per la propria realizzazione, per la propria soddisfazione umana, usare se stessi e gli altri come oggetti in modo leggero e facile, usando le scorciatoie e le furbizie, oppure cercare di fare le cose in modo serio e impegnativo, correndo anche il rischio di faticare di più e di procrastinare i tempi perché si è sfruttati e poco riconosciuti. Ma si è impastati contemporaneamente di questi due aspetti, di queste due personalità, di Santa e di Luana. E non si è mai del tutto Santa e mai del tutto Luana. Appunto, come dice Paolo, il personaggio principale maschile, in una finta normalità c’è da capire in noi quell’enorme lato oscuro, che fa capo, io direi, al mistero del bene e del male, presente in ognuno di noi, che ci portiamo addosso, che ci pesa, che ci spaventa e che ci libera, lui dice. Pertanto anche la migliore Luana, non è escluso che possa commettere, da un giorno all’altro un atto estremo per liberarsi definitivamente dal male (Santa), purtroppo con lo stesso male, illudendosi di essersene liberata, ma in effetti finendo essa stessa soggiogata al male. È l’illusione di liberarsi dal male con il male. Ed è quello che succede nel finale del romanzo, che non vogliamo svelare ed è da brivido. Una conclusione a sorpresa che lascia di stucco e in confusione il lettore. La stessa confusione che prende Paolo che fa fatica a rendersi conto della situazione reale. Tutto ciò induce a pensare ed approfondire l’aspetto della delusione, della disperazione, dell’amore umano e infine della misericordia, che nella storia raccontata nel libro vince e dura come sentimento eterno. Ciò che è stato non muore mai !!! ….questo non a caso è il titolo dell’ultimo paragrafo del libro. “Se qualcuno dovesse chiedermi – scrive Paolo in questa lettera finale a Luana – che cosa è l’amore credo che lo spiegherei con questo. Pensare a una persona ogni giorno della tua vita. Sempre. Quando ti svegli, quando guardi il tramonto, quando leggi un libro bellissimo, quando ti incazzi con il capo…..” Questo è quello che vince eternamente sulla delusione e disperazione, l’amore vero, che può mettere fine ad azioni estreme contro la propria ed altrui esistenza, sperando nella misericordia.Perché la questione vera è come si esce da questa disperazione : “Non sono stato abbastanza e tu, tu sei stata troppo.”….è sempre Paolo che scrive. Quindi il suo amore non è stato sufficiente, ma nemmeno quello di lei lo è stato verso di lui e purtroppo la disperazione ha vinto, la battaglia terrena, vedrete come.

Ma se è vero che ciò che è stato non muore mai, si apre in ultima conclusione, uno spiraglio a cui non si può non dare somma considerazione. È una prospettiva di salvezza che abbraccia, salva e riempie tutto e tutti di significato e che riporta in vita chi la coglie, in una prospettiva nuova, in questo caso Paolo e che non esclude nessuno dei personaggi del libro, gettando una nuova luce su tutte le vicende umane raccontate dalla penna dell’autrice, che si dimostra particolarmente attenta nel riportare la descrizione dei particolari e delle circostanze vissute dai personaggi. E c’è la consapevolezza di una bellezza nuova, completa che mette assieme il corpo e lo spirito, in una luce nuova. Ed è ancora Paolo che scrive, rivolgendosi alla donna amata:”Per colpa tua ho iniziato ad andare in Chiesa la domenica. Prego a un Dio a cui non credo..(…)…mi sveglio di buon’ora e mi raccomando di essere clemente con te. Tanto se esiste, avrà visto quanto sei bella, in tutti i sensi. Ti avrà perdonata …. Non lo so cosa mi aspetta, so che tu sarai al mio fianco, come hai sempre fatto, so che ti amerò sempre e so che non voglio una vita a interruttore spento. Voglio la luce, anche a rischio di bruciarmi la vista.” E pertanto mi sembra quanto mai appropriato concludere con una citazione di don Luigi Giussani :”….non possiamo vivere se non per la fede. Non come propaganda, ma come passione amorosa, perché in cuor mio penso sempre che altrimenti un uomo non può amare la sua donna e una donna non può amare suo figlio, se non con un vuoto disperato. E l’amare con disperazione vuol dire condannare a morte la persona amata” e anche se stessi.

Vito Piepoli

 

“Santa”. Ciò che è stato non muore mai

Paolo in una lettera a Luana, scrive: “avrei voluto essere più presente, capire quell’enorme lato oscuro che portavi sulle tue spalle di finta normalità. Avrei dovuto spiegarti che non dovevi averne paura e che tutti abbiamo una parte che ci spaventa e che ci libera, tutti siamo fatti anche di Santa.”

Siamo alla fine di questo libro, che si presta ad essere portato in scena, scritto dalla giornalista Alessandra Macchitella, edito da Les Flaneurs edizioni con la prefazione di Aldo Cazzullo. Vi sono sopratutto due nomi: Santa e Luana che possono far parte di una stessa realtà, come dire, due facce di una stessa medaglia, due aspetti contrastanti di una stessa persona o anche di due persone diverse, portati all’estremo in lotta, come il bene (Luana) e il male (Santa). A seconda del modo di porsi nell’affrontare la vita e le circostanze da risolvere giorno dopo giorno.

È presente il dubbio se sia più utile per la propria realizzazione, per la propria soddisfazione umana, usare se stessi e gli altri come oggetti in modo leggero e facile, usando le scorciatoie e le furbizie, oppure cercare di fare le cose in modo serio e impegnativo, correndo anche il rischio di faticare di più e di procrastinare i tempi perché si è sfruttati e poco riconosciuti. Ma si è impastati contemporaneamente di questi due aspetti, di queste due personalità, di Santa e di Luana. E non si è mai del tutto Santa e mai del tutto Luana. Appunto, come dice Paolo, il personaggio principale maschile, in una finta normalità c’è da capire in noi quell’enorme lato oscuro, che fa capo, io direi, al mistero del bene e del male, presente in ognuno di noi, che ci portiamo addosso, che ci pesa, che ci spaventa e che ci libera, lui dice. Pertanto anche la migliore Luana, non è escluso che possa commettere, da un giorno all’altro un atto estremo per liberarsi definitivamente dal male (Santa), purtroppo con lo stesso male, illudendosi di essersene liberata, ma in effetti finendo essa stessa soggiogata al male. È l’illusione di liberarsi dal male con il male. Ed è quello che succede nel finale del romanzo, che non vogliamo svelare ed è da brivido. Una conclusione a sorpresa che lascia di stucco e in confusione il lettore. La stessa confusione che prende Paolo che fa fatica a rendersi conto della situazione reale. Tutto ciò induce a pensare ed approfondire l’aspetto della delusione, della disperazione, dell’amore umano e infine della misericordia, che nella storia raccontata nel libro vince e dura come sentimento eterno. Ciò che è stato non muore mai !!! ….questo non a caso è il titolo dell’ultimo paragrafo del libro. “Se qualcuno dovesse chiedermi – scrive Paolo in questa lettera finale a Luana – che cosa è l’amore credo che lo spiegherei con questo. Pensare a una persona ogni giorno della tua vita. Sempre. Quando ti svegli, quando guardi il tramonto, quando leggi un libro bellissimo, quando ti incazzi con il capo…..” Questo è quello che vince eternamente sulla delusione e disperazione, l’amore vero, che può mettere fine ad azioni estreme contro la propria ed altrui esistenza, sperando nella misericordia.Perché la questione vera è come si esce da questa disperazione : “Non sono stato abbastanza e tu, tu sei stata troppo.”….è sempre Paolo che scrive. Quindi il suo amore non è stato sufficiente, ma nemmeno quello di lei lo è stato verso di lui e purtroppo la disperazione ha vinto, la battaglia terrena, vedrete come.

Ma se è vero che ciò che è stato non muore mai, si apre in ultima conclusione, uno spiraglio a cui non si può non dare somma considerazione. È una prospettiva di salvezza che abbraccia, salva e riempie tutto e tutti di significato e che riporta in vita chi la coglie, in una prospettiva nuova, in questo caso Paolo e che non esclude nessuno dei personaggi del libro, gettando una nuova luce su tutte le vicende umane raccontate dalla penna dell’autrice, che si dimostra particolarmente attenta nel riportare la descrizione dei particolari e delle circostanze vissute dai personaggi. E c’è la consapevolezza di una bellezza nuova, completa che mette assieme il corpo e lo spirito, in una luce nuova. Ed è ancora Paolo che scrive, rivolgendosi alla donna amata:”Per colpa tua ho iniziato ad andare in Chiesa la domenica. Prego a un Dio a cui non credo..(…)…mi sveglio di buon’ora e mi raccomando di essere clemente con te. Tanto se esiste, avrà visto quanto sei bella, in tutti i sensi. Ti avrà perdonata …. Non lo so cosa mi aspetta, so che tu sarai al mio fianco, come hai sempre fatto, so che ti amerò sempre e so che non voglio una vita a interruttore spento. Voglio la luce, anche a rischio di bruciarmi la vista.” E pertanto mi sembra quanto mai appropriato concludere con una citazione di don Luigi Giussani :”….non possiamo vivere se non per la fede. Non come propaganda, ma come passione amorosa, perché in cuor mio penso sempre che altrimenti un uomo non può amare la sua donna e una donna non può amare suo figlio, se non con un vuoto disperato. E l’amare con disperazione vuol dire condannare a morte la persona amata” e anche se stessi.

Vito Piepoli

 

"Torino – Matera 2019: un dialogo culturale"

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Se ne parla alla “Fondazione Giorgio Amendola”
L’appuntamento é per giovedì 10 gennaio, a partire dalle ore 18,30, presso la Fondazione Giorgio Amendola – Associazione Lucana in Piemonte Carlo Levi ed é inserito nell’ambito della retrospettiva “Carlo Levi e la Basilicata: dal confino a Italia ‘61”, ospitata sempre nelle sale della Fondazione in via Tollegno 52, a Torino, fino al prossimo 28 febbraio. Mostra perfettamente in linea e a tema con un dibattito che al centro vedrà proprio la discussione su quel “rapporto antico” fra Torino e la Basilicata cui molto contribuì l’impegno letterario ed artistico di Carlo Levi, durante e dopo i mesi del confino politico trascorsi ad Aliano, modesto centro in provincia di Matera, e teatro per lui di un’esperienza fortemente toccante sul piano umano, da cui nascerà, a metà degli anni ’40, il suo “Cristo si è fermato a Eboli”, appassionato e suggestivo diario intimo al pari dei quadri in cui il Levi-pittore seppe mirabilmente tradurre la cruda realtà di terre e uomini e donne “invisibili” al mondo in pagine di graffiante e vigoroso realismo. “Difficile pensare – sottolinea in proposito Prospero Cerabona, presidente della Fondazione Giorgio Amendolache ci sarebbe stata Matera ‘Patrimonio dell’Unesco 1993’ e ‘Capitale Europea della Cultura 2019’, senza l’impegno di Levi, indomito e convinto ‘torinese del Sud’”. Su questi concetti – ricordiamo che Matera sarà ufficialmente proclamata Capitale Europea della Cultura il 19 gennaio prossimo – si confronteranno nell’incontro di domani, Antonella Parigi, assessora alla Cultura della Regione Piemonte e Roberto Cifarelli, assessore alla Cultura della Regione Basilicata. A introdurre l’incontro, Domenico Cerabona (Fondazione Giorgio Amendola); moderatore, Daniele Valle, presidente della Commissione Cultura del Consiglio Regionale del Piemonte.

g.m.

 
Carlo Levi: “Autoritratto”, olio su tavola, 1935 

“Torino – Matera 2019: un dialogo culturale”

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Se ne parla alla “Fondazione Giorgio Amendola”

L’appuntamento é per giovedì 10 gennaio, a partire dalle ore 18,30, presso la Fondazione Giorgio Amendola – Associazione Lucana in Piemonte Carlo Levi ed é inserito nell’ambito della retrospettiva “Carlo Levi e la Basilicata: dal confino a Italia ‘61”, ospitata sempre nelle sale della Fondazione in via Tollegno 52, a Torino, fino al prossimo 28 febbraio. Mostra perfettamente in linea e a tema con un dibattito che al centro vedrà proprio la discussione su quel “rapporto antico” fra Torino e la Basilicata cui molto contribuì l’impegno letterario ed artistico di Carlo Levi, durante e dopo i mesi del confino politico trascorsi ad Aliano, modesto centro in provincia di Matera, e teatro per lui di un’esperienza fortemente toccante sul piano umano, da cui nascerà, a metà degli anni ’40, il suo “Cristo si è fermato a Eboli”, appassionato e suggestivo diario intimo al pari dei quadri in cui il Levi-pittore seppe mirabilmente tradurre la cruda realtà di terre e uomini e donne “invisibili” al mondo in pagine di graffiante e vigoroso realismo. “Difficile pensare – sottolinea in proposito Prospero Cerabona, presidente della Fondazione Giorgio Amendolache ci sarebbe stata Matera ‘Patrimonio dell’Unesco 1993’ e ‘Capitale Europea della Cultura 2019’, senza l’impegno di Levi, indomito e convinto ‘torinese del Sud’”. Su questi concetti – ricordiamo che Matera sarà ufficialmente proclamata Capitale Europea della Cultura il 19 gennaio prossimo – si confronteranno nell’incontro di domani, Antonella Parigi, assessora alla Cultura della Regione Piemonte e Roberto Cifarelli, assessore alla Cultura della Regione Basilicata. A introdurre l’incontro, Domenico Cerabona (Fondazione Giorgio Amendola); moderatore, Daniele Valle, presidente della Commissione Cultura del Consiglio Regionale del Piemonte.

g.m.

 

Carlo Levi: “Autoritratto”, olio su tavola, 1935 

Rock sommerso anni '60 con Marchisio

Domenica 13 gennaio alle 17 nella Sala Colonne della Biblioteca Astense Giorgio Faletti torna Passepartout en hiver, il ciclo di 8 incontri promossi dalla Biblioteca e dalla CNA di Asti

 
 Come nelle scorse edizioni, a ogni autore verrà affiancato un pittore della CNA Artisti che offrirà l’interpretazione grafica del tema proposto. Gli artisti, coordinati dalla pittrice Marisa Garramone, illustreranno le proprie opere. Protagonista del primo incontro sarà Giancarlo Marchisio con “Il mondo sommerso del rock americano dal 1965 al 1968”. L’incontro intende focalizzare l’attenzione sulla realtà musicale americana che venne a formarsi con l’impetuosa ondata della British Invasion e sulle bands “meteora” nell’ambito del genere garage rock americano tra il 1965 ed il 1968. Si farà riferimento (anche con esempi musicali) soprattutto alle realtà “a stelle e strisce” ingiustamente cadute nell’oblìo, alle venues che furono terreno fertile per la nascita di miriadi di gruppi, in particolar modo nei generi garage/proto-punk. Si intende far luce sul contesto americano anni ‘60 delle battle of the bands, sulla funzione dei managers musicali di quei tempi, l’attività di intermediarii e talent scouts e sulle differenziazioni dei sottogeneri musicali in relazione alle aree geografiche (atlantic, pacific, middle-west etc.). Giancarlo Marchisio, astigiano, diplomatosi in pianoforte nel 2002 al Conservatorio “Guido Cantelli” di Novara, si laurea a pieni voti nel 2004 in Discipline della Musica presso l’Università degli Studi di Torino con una tesi in Estetica Musicale su Hector Berlioz critico musicale. Dopo il periodo accademico, tra 2005 e 2013 si è occupato per la Regione Piemonte di censimento, inventariazione e catalogazione di svariate raccolte di documenti musicali manoscritti e a stampa presso biblioteche, archivi ed enti ecclesiastici a Torino, Casale Monferrato, Cuneo, Racconigi, Fossano e Saluzzese. Si è inoltre impegnato nel portare a termine il complesso lavoro di localizzazione e collocazione, nel sistema SBN, di dati catalografici relativi ai libretti d’opera di area torinese presenti nella base dati piemontese SBN Musica. Parallelamente ha studiato la storia delle cappelle musicali e dei maestri di cappella piemontesi tra XVII e XIX secolo (in particolar modo in area torinese e casalese); ha partecipato come relatore a convegni musicologici in area piemontese e lombarda anche con il patrocinio della SIdM (Società Italiana di Musicologia) a Pella (Lago d’Orta), Saluzzo e Pavia; da sempre è anche attento alla storia delle compositrici europee di area francese e tedesca. Compositore autodidatta e pianista, dal 2014 ha mutato decisamente l’ambito di indagine e ha intrapreso lo studio specifico della storia del rock americano della seconda metà degli anni ‘60 (generi garage rock/proto-punk e rock psichedelico); sull’argomento tiene regolarmente una rubrica mensile sul quotidiano online “il Torinese”, intitolata “Caleidoscopio rock USA anni ‘60”. Artista ospite Nicola Colucciello: decoratore e restauratore, è diplomato al Liceo Artistico di Brera e in Scenografia presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. Tra i suoi lavori di restauro, tra i più importanti va citato quello svolto presso la chiesa di San Nicolao, a Monteu Roero. Per quanto riguarda, invece, l’ambito decorativo, è doveroso il riferimento ai lavori eseguiti presso il castello di Lavezzole.

***

Questi i prossimi appuntamenti di Passepartout en hiver: 20 gennaio Ilaria Montiglio e Cristina Ghiringhello “Dall’Egitto al Piemonte: Iside e i suoi misteri”; 27 gennaio Alberto Bazzano e Ottavio Coffano “Macbeth, Shakespeare, Verdi”; 3 febbraio Alessandro Negrisolo “Videogiochi: hobby o lavoro?”; 10 febbraio Don Luigi Berzano “Islam e modernità: una convivenza possibile?”; 17 febbraio Guido Michelone e Armando Brignolo “Per capire e amare il jazz: ricordo di Gianni Basso”; 24 febbraio Giulio Guderzo e Giovanni Currado “Ferrovie nel Piemonte preunitario: uomini e scelte all’avanguardia della modernità”; 3 marzo Anita Dudek Origlia “La cultura giapponese… in una tazza di tè”. Tutti gli eventi avranno inizio alle ore 17. Si ringraziano per il sostegno: Città di Asti, Banca C.R. Asti, Fondazione C.R. Asti, Fondazione CRT e Reale Mutua.

Rock sommerso anni ’60 con Marchisio

Domenica 13 gennaio alle 17 nella Sala Colonne della Biblioteca Astense Giorgio Faletti torna Passepartout en hiver, il ciclo di 8 incontri promossi dalla Biblioteca e dalla CNA di Asti

 

 Come nelle scorse edizioni, a ogni autore verrà affiancato un pittore della CNA Artisti che offrirà l’interpretazione grafica del tema proposto. Gli artisti, coordinati dalla pittrice Marisa Garramone, illustreranno le proprie opere. Protagonista del primo incontro sarà Giancarlo Marchisio con “Il mondo sommerso del rock americano dal 1965 al 1968”. L’incontro intende focalizzare l’attenzione sulla realtà musicale americana che venne a formarsi con l’impetuosa ondata della British Invasion e sulle bands “meteora” nell’ambito del genere garage rock americano tra il 1965 ed il 1968. Si farà riferimento (anche con esempi musicali) soprattutto alle realtà “a stelle e strisce” ingiustamente cadute nell’oblìo, alle venues che furono terreno fertile per la nascita di miriadi di gruppi, in particolar modo nei generi garage/proto-punk. Si intende far luce sul contesto americano anni ‘60 delle battle of the bands, sulla funzione dei managers musicali di quei tempi, l’attività di intermediarii e talent scouts e sulle differenziazioni dei sottogeneri musicali in relazione alle aree geografiche (atlantic, pacific, middle-west etc.). Giancarlo Marchisio, astigiano, diplomatosi in pianoforte nel 2002 al Conservatorio “Guido Cantelli” di Novara, si laurea a pieni voti nel 2004 in Discipline della Musica presso l’Università degli Studi di Torino con una tesi in Estetica Musicale su Hector Berlioz critico musicale. Dopo il periodo accademico, tra 2005 e 2013 si è occupato per la Regione Piemonte di censimento, inventariazione e catalogazione di svariate raccolte di documenti musicali manoscritti e a stampa presso biblioteche, archivi ed enti ecclesiastici a Torino, Casale Monferrato, Cuneo, Racconigi, Fossano e Saluzzese. Si è inoltre impegnato nel portare a termine il complesso lavoro di localizzazione e collocazione, nel sistema SBN, di dati catalografici relativi ai libretti d’opera di area torinese presenti nella base dati piemontese SBN Musica. Parallelamente ha studiato la storia delle cappelle musicali e dei maestri di cappella piemontesi tra XVII e XIX secolo (in particolar modo in area torinese e casalese); ha partecipato come relatore a convegni musicologici in area piemontese e lombarda anche con il patrocinio della SIdM (Società Italiana di Musicologia) a Pella (Lago d’Orta), Saluzzo e Pavia; da sempre è anche attento alla storia delle compositrici europee di area francese e tedesca. Compositore autodidatta e pianista, dal 2014 ha mutato decisamente l’ambito di indagine e ha intrapreso lo studio specifico della storia del rock americano della seconda metà degli anni ‘60 (generi garage rock/proto-punk e rock psichedelico); sull’argomento tiene regolarmente una rubrica mensile sul quotidiano online “il Torinese”, intitolata “Caleidoscopio rock USA anni ‘60”. Artista ospite Nicola Colucciello: decoratore e restauratore, è diplomato al Liceo Artistico di Brera e in Scenografia presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. Tra i suoi lavori di restauro, tra i più importanti va citato quello svolto presso la chiesa di San Nicolao, a Monteu Roero. Per quanto riguarda, invece, l’ambito decorativo, è doveroso il riferimento ai lavori eseguiti presso il castello di Lavezzole.

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Questi i prossimi appuntamenti di Passepartout en hiver: 20 gennaio Ilaria Montiglio e Cristina Ghiringhello “Dall’Egitto al Piemonte: Iside e i suoi misteri”; 27 gennaio Alberto Bazzano e Ottavio Coffano “Macbeth, Shakespeare, Verdi”; 3 febbraio Alessandro Negrisolo “Videogiochi: hobby o lavoro?”; 10 febbraio Don Luigi Berzano “Islam e modernità: una convivenza possibile?”; 17 febbraio Guido Michelone e Armando Brignolo “Per capire e amare il jazz: ricordo di Gianni Basso”; 24 febbraio Giulio Guderzo e Giovanni Currado “Ferrovie nel Piemonte preunitario: uomini e scelte all’avanguardia della modernità”; 3 marzo Anita Dudek Origlia “La cultura giapponese… in una tazza di tè”. Tutti gli eventi avranno inizio alle ore 17. Si ringraziano per il sostegno: Città di Asti, Banca C.R. Asti, Fondazione C.R. Asti, Fondazione CRT e Reale Mutua.