CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 592

I concerti di Flowers Festival

Anche quest’anno Flowers Festival – da giovedì 27 giugno a sabato 20 luglio, nel Cortile della Lavanderia a Vapore nel Parco della Certosa di Collegno (To) – offre una serie di eventi unici con i migliori artisti della scena italiana e internazionale

 Cinque concerti che a cui sarà possibile assistere solo al festival di Collegno (To): Olafur Arnalds (28 Giugno), Jack Savoretti (5 Luglio), Ezio Bosso & Europe Philharmonic Orchestra (11 Luglio), Giuseppe Cederna + Willy Mertz + Clg Ensemble (14 Luglio), Joan Baez (19 Luglio).

 

Il titolo dell’edizione di quest’anno, “Building a new society”, è stato suggerito dal luogo in cui si svolge il Festival ovvero il Cortile della Lavanderia del più grande e celebre manicomio italiano, quello di CollegnoFranco Basaglia, chiudendolo insieme alle altre strutture manicomiali italiane, distrusse nei fatti quei luoghi creati dalla nuova società ottocentesca per la segregazione di soggetti non utili alla sua costruzione nei canoni etico/economici, quali folli, derelitti e soggetti marginali.

Il Festival intende quindi superare la sua dimensione di spettacolo e intrattenimento e, nei suoi limiti, vuole contribuire al dibattito sulle trasformazioni sociali che sta attraversando tutti i settori del nostro vivere quotidiano proponendo artisti che si stanno interrogando nella propria opera su come costruire una nuova società, su quali valori farlo, percorrendo quali strade in futuro e quali sono state percorse in passato.

Ecco quindi che sul palco del Cortile della Lavanderia a Vapore del Parco della Certosa di Collegno (To) si potrà assistere all’odierna scena musicale e alle sue risposte relative alla necessità di avviare la costruzione di una nuova società.

L’Aquila. Tesori d’arte tra XIII e XVI secolo

Esposte al valdostano Forte di Bard, 14 preziose opere d’arte “sopravvissute” al terremoto del 2009

 

6 aprile 2009. Sono le 3,32 del mattino quando a L’Aquila, cuore dell’Abruzzo, 37 interminabili secondi di un devastante sisma bastano per uccidere 309 persone, ferirne oltre 1.600 e danneggiare o irrimediabilmente distruggere un patrimonio storico, artistico e architettonico fra i più ricchi e importanti dell’Italia centrale. Un’autentica catastrofe, venuta dal ventre di una Terra, già martoriata nei secoli da vari e distruttivi eventi tellurici: dal primo di cui si ha notizia certa del 13 dicembre 1315 fino a quelli del 1349, del 1461 e del 1703. Inatteso, come tutti i precedenti, e come tutti “sconvolgente”, anche quello del 2009 abbattutosi con ferocia su una grande Città che – nonostante tutto – “Immota Manet”, come coraggiosamente recita la scritta che attornia l’aquila di Svevia, nera su campo argento e sormontata da una corona, che caratterizza lo scudo sannitico, stemma ufficiale de L’Aquila. Orbene, a dieci anni di distanza dall’evento, una suggestiva mostra allestita nella nuova ala del “Museo delle Alpi” al primo piano dell’ “Opera Carlo Alberto” del valdostano Forte di Bard, intende rendere omaggio alla città, ponendosi quale dovuta testimonianza della grande ricchezza della sua arte. Ideata e curata da Marco Zaccarelli, la rassegna è una “storia di sopravvivenze”, di opere – realizzate fra   il XIII ed il XVI secolo – più o meno gravemente danneggiate dal sisma, ma recuperate, restaurate e arrivate a Bard, come prestito delle Chiese Aquilane e del MuNDA, il Museo Nazionale d’Abruzzo. “Nei dieci anni trascorsi d’allora – ricorda infatti Zaccarelli – molti e complessi interventi di recupero, restauro e ricostruzione sono stati portati a compimento e monumenti e palazzi ridisegnano una città dove la sicurezza convive con i principi della tutela e della conservazione, sostenendo il recupero di una bellezza antica e, spesso, inedita”. Fra oreficerie, sculture in terracotta o in pietra e legno, dipinti su tavola e tela, sono in tutto 14 le opere selezionate per essere esposte a Bard. Autentici capolavori che ben testimoniano come L’Aquila, nei suoi ottocento anni di storia, sia stata più volte, oltreché un importante centro economico e di traffici commerciali “un centro artistico –precisa ancora il curatore della mostra – ricco di botteghe e scuole capaci di re-interpretare influenze fiorentine, romane e napoletane, creando un linguaggio personale e immeritatamente ancora poco noto”. Dalle “Madonne con Bambino” del Maestro di Sivignano (pittore abruzzese d’influenza bizantina) e di Matteo da Campli (soggetto arricchito dall’incoronazione di Maria da parte degli angeli e dallo sposalizio mistico di Santa Caterina) fino a quella di Ignoto detta “Delle Grazie”, il percorso espositivo si arricchisce via via di suggestioni che arrivano dall’esemplarità dei manufatti così come realizzati in origine dagli artisti, non meno che dal miracoloso lavoro di restauro su di essi compiuto in questi anni. E prosegue con il grande “Crocefisso” della Cattedrale, anch’esso di Ignoto, fino alla “Croce processionale” di Giovanni di Bartolomeo Rosecci, datata 1575. Di particolare lievità ed eleganza compositiva è il “San Michele Arcangelo” di Silvestro dell’Aquila (al secolo Silvestro Di Giacomo), considerato il più grande scultore del rinascimento abruzzese e, molto probabilmente, praticante a Firenze in età giovanile nella bottega di Donatello o addirittura in quella di Sandro Botticelli; splendidi anche il vigoroso “San Sebastiano” realizzato nel 1517 da Saturnino Gatti ed il “Sant’Equizio” di Pompeo Cesura, fortemente influenzato dall’arte di Raffaello. Degne di particolare menzione, sono infine le due grandi tele realizzate fra il 1594 e il 1595 dal fiammingo (nato a Bruxelles, ma operante principalmente in Italia) Aert Mijtens: la prima rappresenta un’“Adorazione dei Magi” e arriva dalla Badia di Santo Spirito a Sulmona, come la seconda raffigurante la “Presentazione al Tempio” di certosina perfezione descrittiva, così come impeccabile nell’uso sapiente e armonioso di giochi di colore particolarmente attenti all’essenzialità di luci e ombre. Ad affiancare la mostra al Forte di Bard, anche la rassegna fotografica inedita “La città nascosta” con opere del fotoreporter aquilano Marco D’Antonio, a cura di Eleonora Di Gregorio. In parete, si possono ammirare 15 grandi fotografie dedicate a L’Aquila notturna, ripresa nelle aree ancora da ricostruire.

 

Gianni Milani

 

“L’Aquila. Tesori d’arte tra XIII e XVI secolo”

Forte di Bard – Valle d’Aosta; tel. 0125/833811 o www.fortedibard.it

Fino al 17 novembre

Orari: dal mart. al ven. 10/18, sab. dom. e festivi 10/19, lun. chiuso; dal 29 luglio al 15 settembre, aperta tutti i giorni, lunedì inclusi

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Nelle foto

– Matteo da Campli: “Madonna con Bambino e Sposalizio mistico di Santa Caterina”, tempera su tavola, 1470-1480
– Attr. Silvestro dell’Aquila: “San Michele Arcangelo”, legno policromo, ultimo quarto XV secolo
– Pompeo Cesura: “San Equizio”, scultura lignea dipinta, dorata e argentata, 1560-1570
– Aert Mijtens: “Presentazione al Tempio”, olio su tela, 1594-1595

Anteprima di Borgate dal Vivo 2019

 

La stagione 2019 di Borgate dal Vivo è alle porte
 Ad arricchire la quarta edizione del festival culturale, che si aprirà ufficialmente sabato 29 giugno, sono una serie di eventi speciali concepiti come anteprima. Il primo di essi si è tenuto lo scorso 8 giugno nel suggestivo cortile del Castello della Contessa Adelaide, a Susa. A incantare il pubblico con una conferenza-spettacolo è stato Hervé Barmasse: «Questo è il terzo anno che partecipo a Borgate dal Vivo: non potevo mancare». Così ha esordito il campione di alpinismo che, nato e cresciuto ad Aosta, ha narrato la sua vita attraverso un racconto fatto di immagini e di parole. «Da piccolo avrei voluto diventare un campione di sci: ci stavo riuscendo, quando un terribile infortunio, a soli 16 anni, mi ha fatto capire che la vita è come una medaglia, ha due facce. Una è quella brillante della felicità, l’altra è quella opaca delle sofferenze».  Dopo quel terribile incidente, Barmasse decide di scalare la montagna di casa, il Cervino, con il padre, guida professionista: da quel momento capisce che nel suo destino c’è l’alpinismo. «Ho vissuto tutta la mia vita tra zero e otto mila metri — ha continuato a raccontare lo scalatore — tante volte sono caduto e ho dovuto ricominciare dal livello del mare: rialzarsi e mettersi in cammino non è mai facile, ma permettere di conoscere la vera felicità». Secondo l’alpinista non è necessario compiere grandi imprese per raggiungerla: «Avere un sogno e lavorare perché si realizzi è la cosa più importante, ciò che rende davvero felici, perché i record passano, mentre le emozioni e i ricordi restano indelebili».  Questa filosofia di vita ha portato Barmasse a lavorare con costanza e determinazione per raggiungere obiettivi sempre più ambiziosi. Appartiene certamente a questa categoria il progetto di scalare le montagne adottando uno stile pulito per rispettare la natura e disperdere la minor quantità possibile di rifiuti nell’ambiente: «Nessuno ci pensa, ma un alpinista porta con sé tante cose che durante la scalata si trasformano in rifiuti: penso che tutti possiamo essere i più forti e grandi alpinisti del mondo se con le nostre azioni dimostriamo di amare e rispettare la montagna». La tematica ambientale costituisce il filo rosso che unisce lo spettacolo di Barmasse agli altri due eventi dell’anteprima 2019 di Borgate dal Vivo. Il primo è in programma alle 18 di questo pomeriggio al Jardin d’la Tour di Oulx: è uno spettacolo del Cirko Vertigo interamente dedicato al tema dell’acqua. Invece, il secondo si terrà ad Avigliana il prossimo sabato 22 giugno. A partire dalle ore 21, Piazza Conte Rosso si trasformerà in un teatro a cielo aperto per la lettura dell’attore Vinicio Marchioni de L’uomo che piantava gli alberi di Jean Giono, racconto incentrato sul rapporto tra uomo e natura.  I tre appuntamenti dell’anteprima 2019 di Borgate dal Vivo sono tutti a ingresso libero e sono totalmente finanziati da SMAT. Il gruppo torinese ha deciso di celebrare così l’inaugurazione del nuovo acquedotto della Valle di Susa. Si tratta di un’opera notevole per dimensioni (interessa 27 differenti comuni) e costi (ha richiesto un investimento di oltre 127 milioni di euro), realizzata in oltre dieci anni di lavori e destinata a portare acqua potabile di alta qualità nelle case di tutti i valsusini. 
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Giulia Amedeo

Si ritorna in college

Non sarà mai ripetitivo il ribadire con insistenza l’importanza vitale che ebbero le fraternities delle università e dei colleges americani per l’attività di miriadi di bands garage rock negli anni ‘60. Ne avevo già parlato in occasione dei Marble Collection dell’area di New Haven, dal momento che il sistema dell’Ivy League era una vera e propria manna dal cielo per la quantità di frat parties oggetto di animazione musicale rock

 Feste universitarie che erano campo di allenamento e “palestra” ideale per snocciolare il repertorio originale o di covers di centinaia di gruppi emergenti, in lotta fra loro per fiondarsi sulle feste più trendy (con la speranza di agganci a livelli alti col giro delle case discografiche e dei produttori musicali di grido). E allora eccole queste fratellanze studentesche, coi loro acronimi in lettere greche, con i loro stemmi dai colori esclusivi (harvest gold, carnation white, growing green, royal purple, sapphire blue e infiniti altri), con simboli a volte dal significato ermetico e misterioso (civette, bilance, sfingi, fenici etc.), sparse su tutto il territorio degli Stati Uniti ma in particolar modo a est, da New York fino in Florida. E come i frat parties impazzavano in area di Ivy League, allo stesso modo erano ambitissimi più a sud, per esempio a Gainesville (Florida), tipica città di college e gigs connessi… Qui non a caso la competizione tra bands per le feste universitarie era serrata e la concorrenza non mancava ai più diversi livelli (pure di managers e di agenti). Nell’agone erano coinvolti anche The Rare Breed, band sorta attorno al 1963 dalle ceneri di due gruppi preesistenti: The Playboys e The Big Beats. Manco a dirlo i membri erano studenti della University of Florida, precisamente Randy Ratliff (V), Bill Carter (chit), Jim Garcia (chit), Randy McDaniel (b), Ron Gause (V, org) e Paul McArthur (batt) [in un secondo momento anche Bryan Grigsby (fl, sax)]; il sound guardava al passato del rock&roll ed il look pure, dal momento che i Rare Breed non si allinearono mai a tendenze hippie o di controcultura, nemmeno dopo il 1966. Nelle aree di Gainesville (soprattutto presso il locale “Dub’s”), Starke, Ocala, Palatka (fin quasi a Jacksonville) la band si muoveva con pieno agio tra feste universitarie, adult clubs, parties privati sotto la supervisione coordinata dei due managers Bob Norris e Dub Thomas, abili non tanto nel rastrellare date nel giro degli allora diffusissimi dance clubs, ma soprattutto sul versante degli studi di registrazione; il raggio d’azione non era ampio ma la frequenza delle esibizioni era comunque consistente e sostenuta. Probabilmente “adocchiati” nell’ambito di una specie di competizione tra bands a fini promozionali, The Rare Breed ebbero la possibilità di entrare in studio di registrazione, sfornando due 45 giri incisi entrambi tra 1966 e 1967 nei Charles Fuller Studios di Tampa: “In The Night” [L. Garcia] (CM-012; side B: “I Need You”); “I Talk[ed] To The Sun” [Carter – Garcia] (FR-3250; side B: “Don’t Blow Your Cool), entrambi con etichetta Cool as a Moose. Purtroppo la gestione degli introiti fu alquanto infelice ed il secondo single fu anche oggetto di diffusione pirata, causando perdite economiche all’intera band nonostante la positiva programmazione nelle radio locali di Gainesville. Le esibizioni continuavano ad essere di buon livello, in primis quelle presso “The Pier” di Daytona Beach, finché il completamento degli studi in college e altre concause portarono all’allontanamento da Gainesville e allo scioglimento della band probabilmente a fine 1968. Destino comune a parecchie altre bands, nate e tramontate in ambito universitario.

 

Gian Marchisio

 

 

Estate alla Marchesa

Teatro, concerti, cabaret, talk show per un’estate tutta (o quasi) torinese

Un nuovo teatro a cielo aperto. Un nuovo spazio eventi per l’estate torinese. Dimora storica di proprietà del Comune di Torino, la Cascina Marchesa al Parco della Pellerina (corso Regina Margherita, 371) diventa palcoscenico live da giugno ad agosto, con un’arena eventi in grado di ospitare 700 posti a sedere o addirittura 2mila in piedi e un’offerta estremamente variegata di spettacoli, affidata, sotto il titolo de “La Marchesa Estate”, alla direzione artistica dell’Associazione Culturale “Dreams Live” in collaborazione con “Dimensione Eventi”. Inizio spettacoli alle ore 21,30, il primo appuntamento è in programma per giovedì 20 giugno con il Talk Show “Faccio cose, vedo gente”, condotto dal giornalista, scrittore e blogger Antonio Dipollina che si intratterrà per l’occasione con Alberto Angela; ultimo appuntamento, venerdì 2 agosto, con l’irresistibile Cabaret di Franco Neri. In mezzo, altri eventi spettacolari di indubbio richiamo. In primis, gli Appuntamenti Teatrali, a partire da mercoledì 26 giugno, con “Serata d’onore” che sul palco vedrà Michele Placido impegnato in un recital incentrato sull’interpretazione di poesie e monologhi di grandi autori, da Dante a Neruda a Montale e a D’Annunzio, fino ai napoletani Salvatore Di Giacomo, Raffaele Viviani ed Eduardo De Filippo. Mercoledì 10 luglio, toccherà a Giancarlo Giannini con un singolare incontro di letteratura e musica, in un viaggio poetico che accompagnerà gli spettatori dal Duecento fino ai giorni nostri. Il terzo appuntamento, martedì 16 luglio, sarà con un personaggio controverso e dall’enorme cultura come Vittorio Sgarbi che, dopo il   grande successo degli spettacoli teatrali “Caravaggio”, “Michelangelo” e “Leonardo” si cimenterà, da par suo, in una nuova affascinante esplorazione dell’universo artistico del ‘900. Sarà invece una serata teatro Special, quella del 19 luglio, con Beppe Grillo e il suo “Imsonnia (Ora dormo!)”, una sorta di work in progress creativo, generato dall’insonnia che tormenta Grillo da quarant’anni e che lo porta “a farsi domande scomode, ad interrogarsi sull’ovvio e a trovare risposte azzardate”. Tre sono i big in agenda per gli Appuntamenti Musicali: giovedì 11 luglio, Red Canzian, storico cantante e bassista dei Pooh (con il suo “Testimone del Tempo”), seguito da Luché atteso per sabato 20 luglio e da Luca Barbarossa, sul palco della “Marchesa” giovedì primo agosto. Di forte interesse saranno anche le serate dedicate ai Grandi Tributi: dagli Abba con gli Abba Celebration ( 21 giugno) ad Elton John con The Rocket Men (25 giugno) e alla Celebration Woodstock (6 luglio, dalle ore 18) fino ai Bee Gees con i B-Gis (13 luglio), ai Queen con i Kinds of Magic (23 luglio) e a Ligabue con gli Oronero (27 luglio). Tutti da ridere gli Appuntamenti Cabaret, che vedranno alternarsi gli storici Gigi & Andrea (28 giugno) ai Panpers di “Colorado Café” (5 luglio), l’irriverente Gene Gnocchi (12 luglio) a Giovanni Cacioppo con il suo “Ho scagliato la prima pietra” (26 luglio) e al torinese doc d’origine calabrese Franco Neri (2 agosto). A chiudere il ricco programma della prima edizione de “La Marchesa Estate”, saranno infine i Talk Show (ingresso gratuito), condotti da Antonio Dipollina che incontrerà personaggi del calibro di Alberto Angela (20 giugno), Gerry Scotti (27 giugno), Renzo Arbore (4 luglio) e Piero Chiambretti (18 luglio).Tutti gli eventi sono acquistabili con il circuito “Ticket One” (on- line su www.ticketone.it ed in tutti i punti vendita affiliati). Sarà anche disponibile un botteghino vendita biglietti la sera dell’evento presso la stessa Cascina Marchesa. Per ulteriori info su spettacoli, convenzioni gruppi o associazioni, è possibile contattare il numero 011/2632323 (dal lun. al ven. 9/13 e 14,30/18,30) o l’indirizzo mail info@dimensioneeventi.it

g. m.  

 

Nelle foto

– La Cascina Marchesa
– Michele Placido
– Giancarlo Giannini
– Beppe Grillo
– Red Canzian
– Gene Gnocchi

“Transiti”, testimonianza di solidarietà e muri abbattuti

Nelle opere in mostra a Palazzo Lascaris

Si intitola “Transiti” l’impegnativa e lodevole mostra organizzata, fino a lunedì 8 luglio, nelle sale della “Galleria Carla Spagnuolo” di Palazzo Lascaris (via Alfieri, 15) a Torino, in collaborazione fra il Consiglio Regionale del Piemonte e l’AMMP-Associazione Maria Madre della Provvidenza Onlus, di corso Trapani 36, a Torino. “Transiti” come passaggi. “Transiti” come migrazioni. Spesso come annullamento di radici. Di corpi e di anime. “E’ ‘transito’ – scrive Raffaella A. Caruso, curatrice della mostra – l’attraversamento dei mari, è ‘transito’ l’essere accolti da una mensa solidale, è ‘transito’ l’uscita dal bisogno materiale e dal disagio interiore”. Il tema, di assoluta e (a tutti ben chiara) attualità, è stato preso a soggetto – secondo interpretazioni e cifre stilistiche le più diverse e variegate – da un nutrito numero di artisti, tutti di primo piano in ambito nazionale ed internazionale, che con gesto di encomiabile solidarietà, hanno inteso sostenere attraverso la donazione di loro opere (una trentina, quelle esposte a Palazzo Lascaris) le attività di AMMP Onlus, volte a liberare dai bisogni primari le fasce più deboli della popolazione. La mostra vuole riflettere – sottolinea ancora la curatrice – su come un drammatico ‘noli me tangere’ abbia anestetizzato i sentimenti, rendendo il dolore di tutti un lontano dolore di altri, e su come l’opera d’arte, in virtù di un sentire universale a essa connaturato, sia necessario tramite alla consapevolezza di come la conquista della libertà sia una vittoria del singolo per tutti”. E fil rouge che unisce uno per uno gli artisti selezionati è proprio quella ricerca di libertà, quel confronto fra popoli (diversi ma tutti uguali nella comune appartenenza al genere umano) che attiene alla convivenza civile e che troviamo in tutte le opere esposte. Frequente il tema del viaggio. Da alcuni, vissuto concretamente sulla propria pelle, “non solo come metafora, ma come esperienza reale alla ricerca della libertà. Sono “Gli artisti del mondo”, rappresentati nella prima sezione della rassegna con lavori a firma del colombiano Juan Eugenio Ochoa, di Josè Demetrio Pena (Repubblica Dominicana), dell’istriano (emiliano d’adozione) Graziano Pompili, di Shinya Sakurai (giapponese, oggi operante fra Tokyo e Torino), dell’albanese Arjan Shehaj e dell’austriaco Jorrit Tornquist. A questi, nella seconda sezione titolata “Le scritture del mondo”, s’affiancano altri undici artisti impegnati in una particolare ricerca segnica, “vicina alla tematica di una moderna Torre di Babele, simbolo di nuove energie e auspicio di unione”. I loro nomi: Gianni Asdrubali, Ezio Bruno Caraceni, Marcello De Angelis, Feofeo (Federica Oddone), Reale Franco Frangi, Mimmo Iacopino, Giovanni Lombardini, Marco Nereo Rotelli, Mario Surbone, Telo e Caterina Tosoni. Richiama infine il titolo generale della mostra, “Transiti”, la terza sezione, più ampia e fortemente giocata sul contrasto astratto-figurativo, in cui il “passaggio” appare “come necessario momento di rinnovamento e spiritualità”. Decisamente suggestivi nel vigore geometrico delle forme e nell’intensa magia del colore, oltreché per il messaggio che se ne trae, “I bambini costruiscono ponti” del lombardo di Limbiate Dario Brevi; così come quel “Vortice bianco”, lieve ma spettacolare giravolta di barchette bianco su bianco (dove il dramma del viaggio assume miracolosamente i contorni poetici della favola che spesso favola non é) del veneto – naturalizzato milanese – Riccardo Gusmaroli. Accanto, altre opere di Davide Benati, Max Bi, Amanda Chiarucci, Antonio Ciarallo, Paolo Conti, Erk14 (alias Valerio Sarnataro), Theo Gallino, Pietro Iori, Umberto Mariani, Sandro Martini, Fernando Picenni e Teso.

La mostra è realizzata con il sostegno di Banca Generali Private (main sponsor) e Chiusano & C. Immobiliare, media partner Espoarte.

Gianni Milani

“Transiti”

“Galleria Carla Spagnuolo” – Palazzo Lascaris, via Alfieri 15, Torino; tel. 011/5757378 o www.cr.piemonte.it

Fino all’8 luglio

Orari: dal lun. al ven. 9/17

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Nelle foto

– Un particolare di “Transiti”
– Dario Brevi: “I bambini costruiscono ponti”, acrilico su MDF, 2018
– Riccardo Gusmaroli: “Vortice bianco”, tecnica mista su tela”, 2015

 

Un open mic a Torino

Sbarca a Torino l’OPEN MIC di StorieDistillate, la pagina di Instagram tutta torinese che unisce poeti, scrittori ed artisti grafici emergenti

Al Bunker di Torino, ogni giovedì dal 13 giugno fino al 18 luglio avranno luogo delle serate all’insegna dell’arte a 360°. Ogni evento inizierà verso le 7 di sera con una mostra d’arte dedicata, ogni volta, ad un artista emergente di Torino. Chi avrà l’occasione di partecipare alla serata, subito dopo l’aperitivo, assisterà alle performances poetiche e musicali di artisti sempre diversi; il tutto presentato dal poeta Alessandro Burbank. A seguire un concerto live di un cantautore, anch’egli emergente, che condurrà il pubblico fino al dj set notturno che avrà inizio verso le 23.30. Insomma: qualcosa di nuovo.Il nome della serata? Più estivo di così: COCCO. Dove l’acronimo sta per ” Cantautori Originali Con Canzoni Originali”. Il fondatore della pagina: Francesco Tosco, intervistato dal nostro quotidiano, invita chiunque voglia esibirsi con scritti propri ad iscriversi all’OPEN MIC, che letteralmente significa ” Microfono Libero”, per provare, almeno un volta a trovarsi sul palco. In un clima di festa ed allegria le sorprese non finiscono qui: presenti alla serata ci saranno anche varie realtà artistiche come riviste letterarie, produzioni animate, ballerini, attori ed artisti di strada. Un’opportunità in più per assistere a qualcosa di diverso, nata sull’onda della riscoperta recente delle performance live che sembrano attrarre sempre più pubblico, sarà un’estate tutta da scoprire.

Roberta Barisone

 

 

Un libro dedicato all’artista Francesco Franco

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Alla GAM di Torino presentazione del volume dedicato al grande incisore e pittore piemontese

Fu artista raffinato, pittore “squisito” e incisore sicuramente fra i più grandi e prestigiosi nel panorama artistico internazionale del Novecento. A Francesco Franco (Mondovì, 4 ottobre 1924 – Torino, 30 gennaio 2018), la Società di Studi Storici Archeologici ed Artistici di Cuneo, fondata nel lontano 1929, ha dedicato – per celebrarne la memoria – l’intero volume del suo 159° prezioso Bollettino, affidandone la cura a Giovanna Galante Garrone, affiancata da Roberto Goffi e Alexandra Wetzel. Arricchito dalle suggestive testimonianze di allievi, colleghi, amici e studiosi, il volume verrà presentato martedì 11 giugno alle ore 18, nella Sala Uno della GAM-Galeria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea , in via Magenta 31, a Torino. Allievo in gioventù dei corsi di pittura tenuti da Felice Casorati e da Francesco Menzio all’Accademia Albertina, dove seguì anche le lezioni di incisione di Marcello Boglione e di Mario Calandri – cui subentrò come indimenticato docente di Tecniche incisorie – Franco è presente con le sue opere in numerosissime Istituzioni, pubbliche e private, nonché in alcuni dei Musei più importanti a livello nazionale e internazionale: a partire dalla stessa GAM di Torino fino al Gabinetto degli Uffizi a Firenze e alla Calcografica di Roma, per continuare (solo per citarne alcuni) con il Museo di Stato di Malbork (Polonia), con la Biblioteca dell’Accademia di Belle Arti di Bucarest e con il Puskin Museum di Mosca. Alla presentazione del volume “A Francesco Franco”, interverranno: Riccardo Passoni (Direttore GAM), Rinaldo Comba (Presidente Bollettino della SSSAA di Cuneo), Giovanna Galante Garrone (già Direttore presso la Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici del Piemonte), Franco Fanelli (Incisore, docente dell’Accademia Albertina e giornalista) e Piergiorgio Dragone (Storico e critico d’arte). Ingresso libero, fino ad esaurimento posti. Per info: tel. 011/4429518 o www.gamtorino.it

g. m.

Quinta coppa C

“cosa vuoi più di così? Quinta coppa C… vedrai ti faccio innamorareeeee”

Non la trovate su wikipedia, Scritta ed interpretata da un grande autore, Luca Sala, (Non è l’inferno –Emma Marrone vincitrice del Sessantaduesimo Festival della Canzone Italiana di Sanremo) e dalla mia voce, questa canzone è nata per gioco, vive per gioco e si nutre della vostra preferenza, della vostra voglia di ascoltarla e farla ascoltare ai vostri amici, fosse anche solo per ridere, o per dire “guarda che tette!” che, per quanto riduttivo, è oltremodo realistico; di tette si parla, ma in modo scherzoso, perchè a due giorni dai 47 anni è assolutamente impensabile, per me, uscire con qualcosa di troppo serio, nemmeno mi ha sfiorato la mente. Sarebbe come mettere sulla mia carta di identità il volto di una donna che non sono io. Una sera incontri un collega, ci lavori ad un progetto per Sanremo, e quando esci da lì, dopo poche ore, su whatsapp ti arriva una bozza di questo brano che, ci auguriamo non smetta in fretta di piacervi. Allora gli telefono e gli dico: “Luca, facciamola per bene, mettiamo su un video e vediamo che succede!!” E lui, tanto professionale quanto folle, come me lancia un SI che è una spada dritta al cuore di una come me che vive borderline, di sfide, in generale, figurarsi nella musica. Nasce cosi “Quinta coppa C” senza troppo rumore senza nemmeno troppa fretta, ma con una gran voglia di far sorridere in un momento storico cosi difficile. Nasce come un fiore tra le pietre più dure, viene pubblicato senza una etichetta che “spinga”, perchè il tuo livello di soddisfazione, dipende dal tuo livello di coraggio, che a me non è mai mancato; nasce in mezzo alle critiche di chi ti vede e non esita a dirti che sembri una battona che perde il suo sex appeal aspettando un cliente al pianoforte, ma si sa, quei bordelli li, dove si suonava anche (ed io li ho vissuti musicalmente n.d.r.) purtroppo non ci sono più, oggi le puttane le vedi anche travestite da suore , con le ballerine ai piedi e capaci di celarsi dietro brani tecnicamente fighi…ma non è necessario dare un senso a tutto, il bello è anche questo, che chi non ha occhi ed orecchi colmi di ironia, quell’ironia non la veda, magari non merita di vederla, chi può dirlo!? Non ci aspettavamo niente da questo brano e “toccare” certi numeri non ci porterà nulla, ma ci riempie il cuore, ci fa sorridere e avere ancora più voglia di fare questo mestiere!!!! Grazie a chi lo ha visualizzato, ascoltato, condiviso, amato, disprezzato…grazie a tutti voi…ascoltatelo se potete, magari vi strapperà un sorriso…o un pelo di rabbia.

Siamo soldati, andiamo avanti.

“Questo è il vero segreto della vita – essere completamente impegnato con quello che si sta facendo qui e ora. E invece di chiamarlo lavoro, rendersi conto che è un gioco.”

(Alan W. Watts)

Buon ascolto

Chiara De Carlo

https://www.youtube.com/watch?v=_nRV92XG71s

Chiara vi segnala i prossimi eventi …mancare sarebbe un sacrilegio!

 

L’isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità in libreria

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Olga Tukarczuk “I vagabondi” – Bompiani. Euro 20,oo

E’ un libro di viaggio, inteso però nel senso più ampio delle tante traiettorie di vita; non ci sono mete precise, piuttosto molteplici storie di viaggiatori anomali, uomini e donne particolari. Non c’è una trama, ma si procede a piccoli, medi e lunghi capitoli che sono tasselli di un magnifico affresco a spasso nei secoli. Difficile incasellare queste 374 pagine della scrittrice polacca, nata a Varsavia nel 1962, studi di psicologia, che con “I vagabondi” ha vinto l’International Man Booker Prize nel 2018.Fin da piccola, osservando lo scorrere del fiume Oder, sognava di essere una barca in eterno movimento: è proprio questa la parola chiave, muoversi nei meandri del mondo e della vita. Dunque stiamo parlando di romanzo, memoir, vagabondaggio messo nero su bianco o libro di eco Baudelairiana? Difficile dirlo, molto meglio leggerlo a piccoli sorsi, poi ognuno ne darà la versione che preferisce. Alcuni capitoli sono di struggente bellezza, altri di una profondità di pensiero che ci impone riflessioni. L’autrice rivela il lato che spesso ci sfugge dell’immenso mondo racchiuso negli aeroporti, crocevia di vita e tangenti infinite, emblema per eccellenza del viaggio. Li definisce “..categoria speciale di città-nazioni, con una posizione fissa mentre i loro abitanti cambiano sempre…”. E’ li che, tra un aereo e l’altro, ci si imbatte in una miriade di persone e nelle loro storie. Oppure nelle comode hall dei grandi hotel dove le reception sono il punto di approdo dell’umanità più eterogenea, un vortice di vite il cui centro è nelle porte girevoli. Poi ci sono pagine che arrivano dal passato, vi afferrano e catapultano in mondi e tempi lontani. Come la vicenda, raccontata dal suo assistente, dell’anatomista olandese Philiph Verheyen che nel 1600 usò il proprio corpo per scoprire il tendine d’Achille. Oppure la figlia di un cortigiano che scrive una lettera all’Imperatore d’Austria Francesco I chiedendo di restituirle il corpo del padre che è stato scorticato, impagliato ed esposto tra le meraviglie della natura alla corte di Sua Maestà; e disquisisce sul diritto a una dignitosa sepoltura anche per persone dalla pelle scura. C’è poi l’affascinante viaggio della sorella di Chopin che, per rispettare la volontà del musicista defunto, in gran segreto gli fa espiantare il cuore per andare a seppellirlo a casa, a Varsavia; lasciando il resto del corpo in un cimitero parigino dove è stato sepolto con tutti gli onori. Ecco, queste sono solo alcune tessere del puzzle di vita messo insieme dalla Tokarczuk…

 

Michele Serra “Le cose che bruciano” – Feltrinelli –   euro 15,00

Lo scrittore romano ci regala un’altra storia e ci fa entrare nella testa di un personaggio che fugge in primis da se stesso, poi dalla politica, dai social e fondamentalmente dal mondo vorticante e superficiale. Desiderio che almeno una volta si sarà affacciato nella mente di molti di noi, nei momenti di crisi e collisione con l’affannosa rotta del mondo così com’è diventato. 171 pagine scritte con la sua solita bravura e condite da dosi massicce di ironia. Protagonista è il 48enne Attilio Campi che abbandona la carriera politica poco dopo essere stato nominato presidente della Commissione Educazione e Cultura. La sua prima ed ultima proposta di legge voleva reintrodurre l’uniforme obbligatoria nelle scuole di ogni ordine e grado, ma …apriti cielo…è stata bocciata sul nascere, senza neanche essere approdata e discussa in parlamento. Ad affondarla è stato fin da subito il suo partito politico. Diciamo che Attilio tanto bene non la prende: rassegna le dimissioni, si eclissa dall’agone politico e si rifugia in uno sperduto nugolo di case in montagna, a Roccapane, tra boschi, campi e vita agreste, dove provvede al suo sostentamento bucolico, ma di fatto facendosi mantenere dalla moglie sempre in viaggio per lavoro. Aria pulita e sana fatica fisica sono gli antidoti al suo male di esistere; ma anche in alta quota, ricordi, passato e ferite sono duri da metabolizzare. Così ripensa agli affetti irrisolti del suo passato, ma soprattutto si trova a dover smaltire la moltitudine di oggetti ereditati alla morte della madre e della zia. In teoria dovrebbe aiutarlo la bellissima sorella Lucrezia, troppo presa però dal suo terzo matrimonio e dalla scia di fascino che lascia dietro di sé. Subissato dall’accumulo di cose pensa bene di smaltirle con un gran bel falò: modo abbastanza drastico per viaggiare più leggeri e liberi da inutili orpelli che rallentano il cammino. Ovviamente la cosa non finisce qui….gustatevi ironia e intelligenza fino all’ultima pagina.

 

 

Louise Penny “Case di vetro. Le indagini del commissario Armand Gamache”    

– Einaudi – euro 15,00

Louise Penny, nata a Toronto nel 1958, è l’autrice di 14 romanzi della serie dell’ispettore Armand Gamache. Scrittrice prolifica e decisamente di successo, dal momento che ha collezionato una nutrita serie di premi letterari, tra i quali 7 Agatha Awards per il miglior crime dell’anno. Ha creato il personaggio vincente del commissario Armand Gamache, capo della Sȗreté du Québec: uomo distinto, mite, abbastanza anonimo, spalle larghe e completo di taglio raffinato, capelli brizzolati, viso rasato di fresco e una profonda cicatrice sulla tempia. C’è chi lo definisce il Maigret canadese, che non si scompone facilmente, e arriva sempre alla risoluzione del rebus criminale che si trova sulla strada. Lavora a Montreal, ma appena può si rifugia nella quiete di Three Pines (ad un passo dal Vermont, porta d’accesso agli Stati Uniti) dove lo attendono l’amata e placida moglie Reine-Marie, la quiete dei boschi, il suo bistrot preferito e gli amici più cari. Ma è proprio in questa sua oasi di pace che s’imbatte in un bel caso. Three Pines viene sconvolta dall’inquietante apparizione di un personaggio paludato in tunica nera, con cappuccio e maschera a coprirne il volto, evidente emblema della Morte. E fin qui sarebbe tutto spiegabile perché si presenta ad un party di Halloween, in cui mascherarsi è d’obbligo. Però l’estraneo, anche a festa finita, continua ad aggirarsi in paese, lo sguardo fisso sulle case, poi si ferma in pianta stabile nel bel mezzo del parco del paesino. E li resta immobile e silenzioso tutto il giorno, gran parte della notte e pure il giorno dopo. Tutti lo vedono, ma nessuno sa cosa fare, tanto più che quando Gamache gli si avvicina e gli parla… è come se fosse davanti ad un muro impenetrabile e muto. La trama si infittisce con la scoperta di cadaveri, traffici di droga, criminalità organizzata che si contende il confine a colpi di delinquenza serrata. Un’intrigante ragnatela e un’atmosfera che è chiave del successo dei gialli della Penny. Anticipo solo che intorno a Gamache si muovono anche i poliziotti della sua squadra, tra i quali l’ispettore capo della Omicidi, Isabelle Lacoste, (che Gamache ha designato come suo successore), che anziché torchiare e basta i sospetti, cerca di capirne a fondo la psicologia. Un interessante personaggio femminile che ha fatto una carriera lampo, e a fine giornata torna da marito e figli piccoli ma porta con sé anche il bagaglio del suo lavoro e non smette mai di pensare alle vittime e agli assassini ancora in agguato nella giungla.