CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 579

Carmen nella Spagna di Franco

L’opera,  ambientata nella Spagna franchista, è protagonista al teatro Regio di Torino per la direzione del giovane Giacomo Sagripanti e la regia di Stephen Medcalf

 

Carmen, il capolavoro di Georges Bizet, è riproposto in scena al teatro Regio di Torino da martedì 10 dicembre alle ore 20. A guidare l’Orchestra del Teatro Regio sarà, per la prima volta, il maestro Giacomo Sagripanti, vincitore degli International Open Awards quale giovane direttore emergente, e poi distintosi come interprete del repertorio lirico e del Bel canto presso La Fenice di Venezia, la Openhaus di Zurigo, l’Opera di Parigi. A firmare l’allestimento in cui è ambientata la tragica e passionale vicenda della gitana, simbolo della libertà e vittima emblematica del femminicidio, è Stephen Medcalf. La regia è stata creata per il Teatro Lirico di Cagliari nel 2005 ed ha conquistato il Premio Abbiati 2006 quale miglior regia d’opera.

Il dramma di Bizet, originariamente ambientato nel primo ventennio dell’Ottocento, viene trasposto nella Spagna franchista, a guerra civile appena conclusa. Scene e costumi sono stati realizzati da Jamie Vartan e riescono a delineare uno spazio claustrofobico, seppur in continuo movimento. Su di esso si aprono e si richiudono le prospettive della fabbrica di sigari, della locanda di Lillas Pastia e della plaza de toros. Lo spettatore assiste anche all’atterraggio di un aereo nei pressi di un covo di contrabbandieri.

Nel ruolo di Carmen debutta al Teatro Regio il mezzosoprano franco armeno Varduhi Abrahamyan, interprete di grande bravura di un repertorio che spazia da Handel a Rossini, da Verdi a Cajkovskij. La sua voce, scura e piena, si accompagna al carattere sensuale tipico del personaggio di Carmen. Andrea Care’ è l’interprete del ruolo di don José, nel quale ha debuttato nel 2009; allievo di Luciano Pavarotti, è stato vincitore del Concorso Internazionale di Spoleto nel 2005. Ciò che più turbo’ il pubblico parigino durante la prima di Carmen non fu tanto il suo finale tragico, quanto l’assoluto realismo dell’opera, i cui protagonisti erano soggetti tratti dal proletariato urbano contemporaneo al compositore. Georges Bizet iniziò a lavorare alla Carmen nel 1875, fu la sua ultima opera, un capolavoro che non venne riconosciuto immediatamente come tale. Il successo giunse dopo la morte dell’autore, che incontro’ una certa difficoltà a trovare l’interprete femminile per un ruolo così complesso come quello di Carmen. Alla fine la scelta cadde su Celestine Galli-Marie’, che si rivelò una buona alleata di Bizet nel sostenere che la trama dell’opera, nonostante le insistenze da parte della direzione artistica, non andasse modificata.

 

Mara Martellotta

La solitudine di un uomo e gli affetti mancati

Al Carignano “Si nota all’imbrunire”, testo e regia di Lucia Calamaro

Il suo essersi nascosto in un paese abbandonato, dove ancora sopravvivono una manciata di persone, il trascorrere delle giornate l’una eguale all’altra, quella malattia di “solitudine sociale” che da tempo lo ha colpito, quel simbolico rifiuto a muoversi, a camminare, ad alzarsi da sedie a sdraio o da piccoli divani, il dialogo a tratti spento, sbocconcellato, rivolto in forma di monologo ad uno spettatore cui chiedere aiuto o solidarietà, le delusioni, i rifiuti, lo scetticismo continuo, il fastidio nel sentirsi vicini gli altri e proprio in quel dialogo che dovrebbe accomunare: è la vita di Silvio, una sorta di stilita pinelliano del nuovo millennio, è questa, ormai consolidata, appartata, solitaria, vuota d’affetti e d’umanità. A nulla serve la visita dei tre figli e del fratello maggiore, in occasione del suo compleanno (tutto risolto nella presentazione di una povera torta, di cui il protagonista tristemente si diverte ad accendere e spegnere l’unica candelina) e dell’anniversario della morte dell’amatissima moglie (ci sarà da preparare le solite parole di circostanza, qualcuno cercherà il pensiero profondo o vorrà allungare l’intervento soltanto per farne un bel “pezzo): anzi, mentre si cerca di arrivare al cuore, sarà l’occasione per far crescere l’astio, le incomprensioni, la incomunicabilità che da sempre la fa da padrone in famiglia. Una visita che è l’occasione per sfoderare piccole e grandi frustrazioni, rimpianti ed egoismi, incontri a due, in regolare cadenza, che dovrebbero portare ad affettuosi chiarimenti ma che al contrario allargano ancor più il solco creatosi tra quei famigliari.

Lucia Calamaro, autrice e regista di Si nota all’imbrunire (non so quanto chiarificatore il titolo), in scena sino a domenica per il cartellone del Teatro Stabile di Torino -Teatro Nazionale, scommette a ragione sulle proprie buone intenzioni ma si arena strada facendo, costruisce il ritratto della solitudine di un uomo con una serie di eleganti quanto accattivanti monologhi, di quotidiane riflessioni, di scene dove lo spazio è completamente riempito di sensazioni, di innocue citazioni, di tentativi di allentare la tensione con sprazzi di divertimento e di dar vita e rotondità ai personaggi (a cancellare divisioni in palcoscenico ogni personaggio mantiene il nome del suo interprete), usando un linguaggio alto e ricercato che non poche volte fa a pugni proprio con quella quotidianità (ma chi oggi usa ancora il temine “foriero”?): la commedia, che dramma non diviene mai, ma che al contrario nel finale s’affievolisce in un tranquillo sogno del protagonista, non si forma, non prende corpo né sviluppo, non un’azione o più azioni forti che consolidino e si facciano materia teatrale. Nella scena azzurrina inventata da Roberto Crea, pareti trasparenti e a tratti ingombranti, Silvio Orlando, con quel viso da clown triste, con quei rimandi lasciati cadere imperturbabili nel vuoto e nell’assenza, con quel muoversi stanco e rassegnato ma anche con quel misto di ironia e piccola perfidia, di ricercate dolcezze e scatti d’ira, è l’interprete appropriato che raccoglie i numerosi applausi del pubblico; tra gli altri, Alice Rendini, Maria Laura Rondanini e Roberto Nobili, scivolato in scena dalla Vigata di Montalbano, forte del suo essere più sfaccettato personaggio, Vincenzo Nemolato si ritaglia uno spazio maggiore, simpaticamente deciso.

 

Elio Rabbione

 

Le foto dello spettacolo sono di Maria Laura Antonelli

“Scintillae”… di cultura alla Biblioteca Civica di Moncalieri

Luci d’artista natalizie firmate “Progetto Cantoregi” all’ex fabbrica di fiammiferi: un omaggio a libri, lettura e biblioteche

Da venerdì 13 dicembre a lunedì 6 gennaio 2020

Torna a produrre scintille, ma questa volta luminosissime scintille di cultura, l’antica SAFFA di Moncalieri, fabbrica di fiammiferi fondata nella seconda metà dell’ ‘800 e dal 1995 sede della Biblioteca Civica “Antonio Arduino”, progettata nel lontano 1914 dall’insegnante Erminia Arduino come “ biblioteca popolare circolante” e, dopo varie migrazioni, definitivamente ospitata al civico 31 di via Cavour, mirabile esempio di recupero industriale, come quello delle Fonderie Teatrali Limone sempre a Moncalieri in zona Borgo Mercato. Scintille, o meglio come recita il titolo del progetto, “Scintillae” di cultura, come quelle che, dal prossimo venerdì 13 dicembre (inaugurazione alle 19) a lunedì 6 gennaio 2020, illumineranno la Biblioteca Civica moncalierese, attraverso un originale e artistico allestimento curato da “Progetto Cantoregi” (la compagnia teatrale carignanese fondata nel 1977 dal regista e autore Vincenzo Gamna) su ideazione di Koji Miyazaki, ex regista Rai, e sostenuto dalla Città di Moncalieri, come faville metaforiche capaci di stimolare e risvegliare menti e coscienze, rimarcando il ruolo culturalmente e socialmente insostituibile delle biblioteche”. Ad ispirare l’evento, precisa “Progetto Cantoregi”, la celebre frase di Plutarco: “La mente non ha bisogno, come un vaso, d’essere riempita, ma, come un fuoco da ardere, necessita solo di una scintilla che l’accenda, che vi infonda l’impulso alla ricerca e il desiderio della verità.

“Il progetto – dice l’Assessore alla Cultura di Moncalieri Laura Pompeo – si inserisce nel percorso di arte pubblica che stiamo proponendo da tempo, con l’idea di diffondere la bellezza e la luce del Natale non solo nello straordinario centro storico della nostra città, ma anche in una via che potrebbe sembrare solo di passaggio, come via Cavour, e che grazie a ‘Scintillae’ diventerà per alcune settimane sede di luci d’artista”.

“Scintillae” è la terza iniziativa che “Progetto Cantoregi” realizza a Moncalieri, dopo l’istallazione luminosa “The Bridge-Bulders”, che durante le festività natalizie 2016 aveva illuminato il Ponte dei Cavalieri della città, come atto politico e gesto simbolico contro i troppi muri che si innalzano nel mondo e “Il giardino delle delizie”, istallazione allestita nel Giardino delle Rose del Castello Reale nel maggio 2017, come riflessione sulla necessità di preservare la terra e i suoi frutti.

 

Questo nuovo progetto vedrà l’applicazione di“frammenti di lastre in policarbonato- spiega il presidente di Progetto Cantoregi  Marco Pautasso – ai bordi delle venti finestre del secondo piano della Biblioteca che, retroilluminate a luce blu, riprodurranno le forme di stalagmiti e stalattiti di ghiaccio, a simboleggiare l’aridità e povertà culturale che deriva dalla mancata trasmissione della conoscenza, dalla chiusura ad ogni esperienza conoscitiva”. E ancora: “L’ esplorazione della realtà, della società, dei sentimenti e delle emozioni, la presa di consapevolezza del mondo, dell’altro da sé, di terre e culture lontane passa attraverso la ricerca della verità e quindi attraverso i libri e la lettura, vere e proprie scintille che accendono la mente. Sarà quindi una intensa luce rossa che si ‘infiamma’ all’improvviso a rappresentare il valore fondamentale degli strumenti per decifrare la realtà quali i libri sono”.

L’immagine guida dell’allestimento è stata ideata e disegnata dall’artista racconigese Rodolfo Allasia.

 

g.m.

 

Per info: Biblioteca Civica “Antonio Arduino”, via Cavour 31, Moncalieri (Torino), tel. 011/6401611 o www.comune.moncalieri.to.it/biblio o www.progettocantoregi.it  

 

Nelle foto
– Biblioteca Civica di Moncalieri
– Immagine guida di “Scintillae”

 

“E iliadi di corpi trascendono la mia condizione”

POESIA / ASTERIO  di Alessia Savoini

Ch’ “ogni cosa esiste più d’una volta, infinite volte”.

L’osservai
(:eremo)
al patibolo del possibile;

la sua causa gli fu condanna

e quivi stava
in attesa della sua virgo,

per l’espiazione d’una sete edonica,
sul crinale flebile del bivio,

a consumare
il plesso – lunare- del recesso.

Tutto era taciuto
fuorché grida
del suo [appetitoso] incesto.

Ne udii il lamento
“fui dell’uomo
la sua medesima condizione
o della bestia
la sua parte più sensibile?”

Mi vide.

Sopraggiunse
e d’ira
si accesero, – alle mie istanze -,
i vermigli della penombra.

Aggredì il suo atto,
sovvertì l’istinto,
confuse gli aneliti.

Mi afferrò i capelli e mi scoprì i seni,
soffocò il respiro
costringendomi in ginocchio
e con la bocca sorbire
la resina dell’estasi.

Vendicò (me:)
Arianna
nell’incavo umido dell’edonismo.
Mi legò i polsi
con il filo del suo inganno
e in questo
avea saputo precedere
ogni fittizia resistenza
del mio bramar il suo
ibrido corpo.

Dedalus
nel circuito pulsionale dell’erranza
imprigionò
i sepolcri incustoditi d’un desio indomabile
e tale condanna dissipò,
negli antri del mio ardore,
fiumi di ardesia.

Si nutrì degli acini acerbi di una vergine carnale,
nella dimora dell’illecito,
ai confini della percezione dell’errore,
insinuando perversamente le dita
nella fessura delle mie labbra,
ungendo di saliva l’estuario della mia libido,
graffiando la cenere
della sua estorsione.

“Nostro peccato fu ermafrodito;
ma perché non servammo umana legge,
seguendo come bestie l’aperitivo,

in obbrobrio di noi, per noi si legge,
quando partinci, il nome di colei
che s’imbestiò ne le ‘mbestiate schegge.”

(Borges, La casa di Asterione)
(Dante, Purgatorio, canto XXVI, vv. 86-87)

 

Leggi qui:

“Curare con la parola”. Microprovincia festeggia i suoi primi 40 anni

Con una monografia dedicata al grande psichiatra Eugenio Borgna

E’ nelle librerie l’ultimo numero di Microprovincia, la rivista di letteratura fondata nel 1979 a Stresa dal poeta Franco Esposito. Tra le più longeve nel panorama italiano,la rivista – pubblicata in origine dalle Edizioni Rosminiane Sodalitas ed ora  dalla novarese Interlinea Edizioni – dedica annualmente un numero monografico a personalità che hanno lasciato un segno importante nella cultura italiana ed europea.

 

Un appuntamento ormai classico, atteso da tanti amanti delle buone letture, che ha visto Franco Esposito e molti altri scrittori e intellettuali occuparsi negli ultimi numeri di Enrico Emanuelli, Mario Soldati, Sebastiano Vassalli, Vincenzo Consolo, dopo aver dedicato interi volumi anche a Clemente Rebora, Piero Chiara, Antonio Rosmini, Sandro Sinigaglia, Gianfranco Contini e tanti altri. Il numero del quarantennale di Microprovincia (il 54°,per l’esattezza) s’intitola “Eugenio Borgna.Curare con la parola” ed è interamente dedicato, con interviste e testimonianze,  ad uno dei protagonisti e maggiori autori della psichiatria italiana alla vigilia dei novant’anni:. Borgna, nato a Borgomanero nel novarese il 22 luglio del 1930, ha riassunto così la sua incredibile storia lunga pcoo meno di un secolo: “La psichiatria ha cambiato la mia vita, è stata il mio destino”. Eugenio Borgna  è stato libero docente alla Clinica delle malattie nervose e mentali dell’Università degli Studi di Milano, primario emerito di Psichiatria dell’Ospedale Maggiore di Novara, nonché autore – come scrisse la giornalista di Repubblica Giuliana Sica, prematuramente scomparsa nel 2013, ” di libri bellissimi su temi sempre uguali e sempre diversi, sull’arcipelago delle emozioni che abitano la nostra vita interiore come la nostalgia e i sentimenti di colpa, l’inquietudine e la disperazione, l’ansia e i rimpianti, le attese e le speranze, la gioia e la solitudine“.Tra i suoi successi editoriali, Le parole che ci salvano (Einaudi) e La solitudine dell’anima (Feltrinelli). La scrittura e il pensiero di Borgna rifuggono dal linguaggio dello specialismo e propongono il costante incontro e confronto con la grande letteratura, da Proust a Thomas Mann a Goethe, e la poesia, da Emily Dickinson a Giacomo Leopardi. Un numero prezioso, questo di Microprovincia, e proprio per questo molto atteso. Il volume ospita i testi di Pierfranco Bruni, Barbara Castellaro, Marina Corradi, Andrea Dallapina, Luca Doninelli, Gillo Dorfles, Raffaele Fattalini, Angelo Gaccione, Umberto Galimberti, Giulio Giorello, Antonio Gnoli, Gianmaria Messina, Umberto Muratore, Ercole Pelizzone, Giannino Piana, Giovanni Scarafile, Gabriele Scaramuzza e Luciana Sica.

Marco Travaglini

Lazzaretti. Fu delitto di Stato

David Lazzaretti, barrocciaio autodidatta, nel 1868, ricevuta ‘l’illuminazione’ a 34 anni, iniziò nella regione del Monte Amiata una predicazione millenaristica di totale rinnovamento religioso. Dapprima il Governo e la Chiesa guardarono a lui con occhio benevolo, pensando di poterne sfruttare la figura nei difficili anni successivi all’Unità d’Italia, ma quando fondò una comunità cristiana su basi solidaristiche e giunse  a proporre una nuova cosmogonia che lo voleva ‘secondo figlio  di Dio’ accanto a Gesù i potenti lo abbandonarono e una pallottola in fronte in uno scontro con la forza pubblica pose fine alla sua vita.

Sabato il Centro Studi che porta il suo nome, di Arcidosso, in Provincia di Grosseto, in collaborazione con l’Archivio di Stato di Grosseto, il Museo delle Civiltà di Roma, l’Istituto centrale per la Demoetnoantropologia di Roma ha organizzato un convegno su ‘Il processo ai seguaci di David Lazzaretti – Corte d’Assise Siena 1879’ che si è svolto nella sala del consiglio comunale della città toscana. Tra i relatori c’era anche il Roberto Gremmo, autore, tra le sue diverse opere del libro ‘Davide Lazzaretti. Un delitto di Stato’ edito per i tipi di Storia Ribelle, nel 2002. Il suo contributo si è soffermato su ‘Il delegato di pubblica sicurezza Carlo De Luca al processo di Siena’. “C’è un legame con il Piemonte – spiega Gremmo, ricercatore e storico che si è soffermato più volte su aspetti in chiaroscuro della storia più o meno recente – ed è rappresentato da quel don Francesco Grignaschi al quale avevo dedicato nel 1997 un libro ‘Il Nuovo Messia e la Madonna Rossa’ andato da tempo esaurito”. In sostanza don Grignaschi, sacerdote della Val d’Ossola, in odore di eresia, venne allontanato dalla Diocesi di Novara, arrivò a Viarigi nell’Astigiano e si proclamò il ‘Cristo tornato sulla terra” e qui ebbe un seguito tra i contadini. Arrestato e cacciato in Francia scrisse un libro ‘Rivelazioni sull’Apocalisse’ che sarebbe stato scritto ‘alle sorgenti del Tevere’ e qui potrebbe avere avuto un collegamento con il giovane barrocciaio. Gremmo, nel suo intervento, si è soffermato sul particolare del carabiniere che colpì a morte Lazzaretti, poi ucciso in circostanze misteriose e sul delegato di polizia presente sul posto, che sarebbe stato legato ai servizi segreti. Insomma un mistero dell’Italia diventata da pochi anni uno Stato unitario, timorosa che quelle idee comnitarie di Lazzaretti potessero fare attecchire la pianta del socialismo utopistico del secolo scorso.

Alla figura di Lazzaretti ha dedicato anche un libro Arrigo Petacco qualche anno fa, ‘Il Cristo dell’Amiata’, mentre il vincitore di Sanremo, Simone Cristicchi ha portato in scena una piece teatrale a partire dal 2015.

Massimo Iaretti

 

Rock Jazz e dintorni. Renato Zero e l’Harlem Gospel Choir

Gli appuntamenti musicali della settimana

 

Lunedì. All’Arteficio suona il chitarrista Pino Russo.

Martedì. Il quartetto femminile Shantih Shantih si esibisce al Blah Blah.

Mercoledì. Per “Novara Jazz” nella chiesa di San Giovanni  Decollato, suona il sassofonista  Luca Specchio. All’Arteficio è di scena il bluesman Shawn Jones. Al Jazz Club si esibisce il quartetto Hard Bop Reunion.

Giovedì. All’Hiroshima Mon Amour  suonano i bolognesi Rovere. Al Blah Blah sono di scena i Ugly Sounds. Al Teatro Colosseo primo di 2 concerti consecutivi per Francesco Renga. Paolo Spaccamonti sonorizza al cinema Centrale alcuni cortometraggi di Man Ray. All’OffTopic è di scena Carmelo Pipitone. Al Jazz Club tributo a James Brown offerto da Paolo Giannetta con i  Godfather Of Soul. Per “Novara Jazz” all’Opificio Cucina e Bottega  suona il quartetto di Carlo Nicita e Simone Mauri.

Venerdì.  Al Jazz Club è di scena il trio del fisarmonicista Big Harp. Al Diavolo Rosso di Asti si esibiscono i Uochi Toki. All’Hiroshima è protagonista il rapper Mezzosangue. All’Arteficio suona il trio del pianista Gianni Negro. Al Magazzino sul Po è di scena Blume.

Sabato. Al Colosseo si esibisce Nek. Al Pala Alpitour arriva Renato Zero per 2 concerti consecutivi. Allo Spazio 211 suonano i Massimo Volume. Al Jazz Club si esibisce il trio Satomi. Al Teatro Superga di Nichelino sono di scena gli Harlem Gospel Choir. Al Folk Club suona il canadese Bocephus King con ospiti Max Manfredi,Saba Anglana, Bobo Rondelli e Fabio Barovero. Al Fassino di Avigliana per “Scene”, Peppe Servillo è in trio con Javier Girotto e Natalio  Mangalavite.

Domenica. Al Palais di Saint Vincent, la PFM  rende omaggio a Fabrizio DE Andrè. Fabrizio Moro è di scena al Teatro Colosseo. Al Cap 10100 va in scena “il ragazzo morto” di Davide Toffolo in versione “”unplugged”  tra musica e fumetto.

 

 

Pier Luigi Fuggetta

X-Factor arriva sotto la Mole, ecco come partecipare

Il talent show più seguito del momento arriva a Torino. Ecco tutte le informazioni per partecipare all’evento.

L’appuntamento è nella filiale new concept di via Monte di Pietà. Domani, 10 dicembre, alle 18:00 si esibirà a Torino Eugenio Campagna, il giovane concorrente di X-Factor 2019. Uno dei talenti di quest’edizione, rimasto in gara alla semifinale del 5 dicembre. 

Intesa Sanpaolo, partner di X-Factor 2019, rinnova il proprio supporto al talent show promuovendo una serie di appuntamenti dal vivo nelle sue più belle filiali new concept, trasformandole in veri e propri palcoscenici per gli artisti.

Il live show si terrà presso la filiale Intesa Sanpaolo di via Monte di Pietà 32. Si potrà accedere all’area a partire dalle 17:00 da via S. Francesco 12 per provare esperienze di realtà virtuale in uno spazio innovativo inaugurato da poco e dedicato alla cultura della protezione.

Per partecipare la serata è necessario registrarsi sul sito di Intesa Sanpaolo.

“Vitamine Jazz” arriva a 140 concerti: i nuovi appuntamenti

Due nuovi eventi  la prossima settimana all’Ospedale Sant’Anna per la rassegna  arrivata al centoquarantesimo concerto e alla sua terza stagione, organizzata per la “Fondazione Medicina a Misura di Donna” e curata da Raimondo Cesa. I concerti avranno inizio dalle ore 10.00 nella sala Terzo Paradiso in via Ventimiglia 3 aperta al pubblico, dedicata alle pazienti e ai loro cari.

Martedì 10 dicembre “3CHIC ”

Le 3CHIC sono formate dalle performers
Marinella Locantore
Martha Umana
Cristina Kesia Geremias.
Riccardo Chiara chitarra
Le 3CHIC sono un trio vocale al femminile di Torino che grazie alle divertenti sonorità vintage farà riscoprire tante bellissime canzoni del passato e del presente con classe ed ironia!
Nel repertorio spaziano dagli anni 40 ( Andrew Sisters, Trio Lescano ecc.) allo swing italiano degli anni 50 e 60, dagli standard jazz al blues al rockabilly, fino ad arrivare a brani odierni arrangiati in chiave vintage.
Le 3CHIC si esibiscono cantando e danzando coreografie a tema e arricchendo la loro esibizione con cambi d’abito e costumi scintillanti!


Giovedì 12 dicembre sarà la volta del gruppo “Just in Trio”

Fabriana Flauret voce
Leonardo Rinaudo chitarra
Alberto Palumbo contrabbasso

Pop-Chic è il termine che definisce la loro musica. Contrabbasso, chitarra e voce si uniscono con lo scopo di creare atmosfere essenziali, allegre, ma di classe.
Dai Beatles a Sting passando per Ray Charles, Caro Emerald, senza disdegnare un po’ di sano Jazz. con i grandi classici dello swing…
L’essenzialità della musica, l’immediatezza del repertorio, l’eleganza dell’immagine.
La base ritmica, la pulsazione, il movimento, sono affidati al contrabbasso di Alberto Palumbo.
L’armonia, la ricerca dei suoni, i giochi sulle corde sono della chitarra di Leonardo Rinaudo.
La voce, libera di muoversi su questa essenzialità, capace di accarezzare e di graffiare è di Fabriana Flauret.

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Ayanta Barilli  “Un mare viola scuro”  -DeA Planeta-  euro 17,00

E’ la ricostruzione -tra memoir e romanzo- della vita di 4 donne (inclusa l’autrice), legate ad altrettanti luoghi; ma ricompone una sola storia, quella delle antenate e della famiglia della Barilli. Ed è un racconto bellissimo, a tratti tragico, sicuramente emozionante. Ayanta Barilli è figlia del noto giornalista, saggista e polemista, Fernando Sánchez Dragó, che si separò da Caterina Barilli (professoressa di Storia e Filosofia) ancora prima che Ayanta nascesse. Oggi la giornalista radiofonica italo-spagnola esordisce come romanziera con “Un mare viola scuro”, caso editoriale in Spagna, arrivato finalista al premio DeA Planeta. Sono personaggi straordinari le antenate di cui ricostruisce la vita risalendo indietro per 3 generazioni, a partire dalla fine dell’800 per arrivare al 2017. La sfortunata bisnonna Elvira, nata a Padova, figlia di un matrimonio infelice; sposa di Evaristo, soprannominato (non a caso) Belzebù che la fece rinchiudere nel manicomio di Colorno, dove finì per impazzire davvero. Sua figlia Angela che viene affidata al padre e cresce disperatamente senza amore, sola e incompresa. Ricostruendo la sua storia, Ayanta tocca i luoghi del ramo italiano della famiglia: Parma, Padova, Roma e Tellaro, in Liguria, che ha ispirato il titolo del libro ed era il luogo delle vacanze estive. Poi c’è la madre della scrittrice, Caterina, che lega la sua vita nomade a quella dell’intellettuale Fernando; però non regge povertà, tradimenti e vita precaria. Rimasta incinta, torna a Roma dalla madre, ma l’attende una morte prematura. Sua figlia Ayanta cresce con l’adorata nonna Angela e alla sua dipartita sente l’urgenza di riannodare i fili delle vite che l’hanno preceduta. Un lavoro di ricerca titanico: a colpi di diari, lettere, foto, documenti e continue sorprese. Tutto per riportare alla luce la memoria del passato. Perché è così che Ayanta è riuscita a conoscere meglio se stessa, le sue origini e ci ha regalato un romanzo indimenticabile.

 

Esi Edugyan  “Le avventure di Washington Black”  -Neri Pozza-  euro 18,00

L’autrice canadese, ma di origini ghanesi, è un astro nascente della letteratura nord americana con al suo attivo il precedente romanzo “Questo suono è una leggenda” ( storia di un jazzista di colore perseguitato dai nazisti). In “Le avventure di Washington Black” ci regala un altro personaggio a cui affezionarci e del quale seguire le peripezie. Scenario della storia è l’isola di Barbados nel 1830, in piena epoca schiavista. Wash ha 11 anni ed è nato schiavo; quando muore il suo padrone la piantagione di Faith viene ereditata dal nipote  Erasmus Wilde, e la vita del bambino sta per svoltare. Erasmus è freddo, spietato e considera gli schiavi meno di nulla. Però ha la brillante idea di cedere Wash come valletto al bizzarro fratello minore Christopher, detto Titch. Lui è di tutt’altra pasta: geniale, sognatore, democratico e rispettoso delle vite altrui. E’ un naturalista e scienziato: sogna di librarsi alto nel cielo a bordo di un pallone aerostatico che battezza “Nemboveliero”, per il quale cruciale è il peso. E parte proprio da queste misurazioni l’avventura di Washington Black. Il romanzo diventa epico e ci trascina con continui colpi di scena dai campi di canna da zucchero intrisi del sangue degli schiavi a  più emozionanti avventure che porteranno il fanciullo in altri lidi: da un remoto avamposto nell’Artico fino al deserto del Marocco. Wash potrà così scoprire che nel suo destino possono esserci non solo frustate e cattiveria, ma anche le chanches per una vita più libera e dignitosa, in cui differenze sociali e colore della pelle vengono bypassate dal rispetto per ogni essere umano.

 

Colson Whitehead  “I ragazzi  della Nickel”  -Mondadori- euro 18,50

E’ il nuovo attesissimo romanzo di Whitehead, vincitore del Premio Pulitzer e del National Book Award con “La ferrovia sotterranea” (2016). Come allora, parte dalla storia vera per approdare a un romanzo duro, che non fa sconti. Quella bruttissima e vergognosa del Sud segregazionista di metà 900, delle lotte civili guidate da Martin Luther King. La Nickel Academy del titolo è ispirata alla Arthur G. Dozier School for Boys di Marianna, in Florida: istituto di correzione in cui, tra 1900 e 2011 (quando fu chiusa) transitarono migliaia di ragazzini afroamericani, dagli 8 ai 20 anni. Scuola – riformatorio per soli maschi, in cui il piccolo delinquente andava trasformato in “uomo onesto”. In realtà era una prigione dove venivano maltrattati, torturati ed uccisi. Bastava davvero poco per finire lì dentro: essere di colore ed etichettato come “incorreggibile”; concetto elastico che oscillava dal furtarello alla fuga da un genitore violento, o semplicemente non avere una famiglia alle spalle. A finire in questo inferno è il protagonista Elwood Curtis.  Bravo ragazzino studioso e lavoratore, abbandonato a 6 anni dai genitori e cresciuto dalla nonna. La sua unica colpa è aver accettato un  passaggio per andare al college ed essere salito sull’auto sbagliata, perché rubata. Tra realtà e finzione, centrale è la Casa Bianca, edificio sotterraneo della scuola in cui gli studenti subivano abusi, frustate e tutto l’orrore possibile. Nel prologo del romanzo c’è il ritrovamento di cadaveri in un cimitero segreto, ed è il primo impatto che non si discosta da quello che accadde veramente. Gli abusi commessi in quel pozzo di dolore senza fondo vennero alla luce anni dopo la chiusura. Quando furono scoperte innumerevoli tombe anonime, i cui resti (seppelliti di nascosto 50 anni prima) rivelarono agli scienziati il martirio subito dai ragazzini: violenze fisiche con svariati oggetti contundenti e armi da fuoco. E ancora una volta Colson Whitehead, uno dei massimi scrittori contemporanei, fa centro. Attinge alle testimonianze dei pochi sopravvissuti e continua il suo percorso di riappropriazione dell’identità afroamericana, scavando nelle tragedie del passato per vivere un presente consapevole e più pacifico.