CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 559

Compie dieci anni il Premio Lattes Grinzane

In gara autori italiani e stranieri, il vincitore sarà scelto, a ottobre 2020, da 400 studenti di tutta Italia

Scadenza del bando: 31 gennaio 2020

Rivolto a opere di narrativa italiana e internazionale pubblicate in Italia fra il gennaio 2019 e il gennaio 2020, il Premio Lattes Grinzane taglia quest’anno il traguardo della decima edizione. Organizzato dalla Fondazione Bottari Lattes, presieduta da Caterina Bottari Lattes e nata a Monforte d’Alba nel 2009 per commemorare la figura di Mario Lattes – noto editore, pittore, scrittore e intellettuale di primo piano del nostro Novecento, scomparso nel 2001 – il Premio rappresenta la rinascita, “in una   nuova veste sobria e rinnovata” del Premio Grinzane Cavour ed è articolato in due sezioni: “Il Germoglio”, destinata alla scoperta di nuovi autori e “La Quercia”, volta a riscoprire uno scrittore già affermato. La scadenza di presentazione delle opere per questa edizione numero dieci è il 31 gennaio 2020 e il bando è scaricabile sul sito www.fondazionebottarilattes.it

Ad una qualificatissima Giuria Tecnica, presieduta da Gian Luigi Beccaria (linguista, critico letterario e saggista) spetterà il compito di selezionare i cinque romanzi finalisti per la sezione “Il Germoglio”, che verranno annunciati sabato 18 aprile 2020 a Cuneo, presso la sede della Fondazione CRC; la scelta del vincitore – in accordo con lo spirito originario del Premio Grinzane Cavour, voluto da don Francesco Meotto – sarà affidata, fra aprile e settembre 2020, al giudizio di 400 giovani studenti delle 25 Giurie Scolastiche, una all’estero e 24 in Italia. Sabato 10 ottobre 2020, i ragazzi esprimeranno in diretta il loro voto per proclamare il vincitore nel corso della cerimonia di premiazione in cui saranno presenti tutti i finalisti. Gli scrittori in gara terranno inoltre un incontro con gli studenti delle scuole del territorio cuneese.

“I giovani continuano così – precisa Caterina Bottari Lattes a essere i veri protagonisti del Premio che, come primo obiettivo ha proprio quello di promuovere la lettura e la letteratura contemporanea nelle scuole, offrendo agli studenti la possibilità di sviluppare capacità critiche e indipendenza di giudizio”.

 

Alla Giuria Tecnica sarà anche affidato il compito di assegnare il Premio Speciale (“La Quercia”) ad un autore internazionale che, nel corso del tempo, si sia dimostrato meritevole di un condiviso apprezzamento di critica e pubblico. Il nome verrà annunciato a mezzo stampa entro il mese di settembre 2020 e venerdì 9 ottobre 2020, il vincitore terrà una lectio magistralis su un tema letterario a propria scelta e sarà insignito del riconoscimento. Nell’ edizione 2019 il Premio Speciale è andato al giapponese Haruki Murakami. Nelle precedenti edizioni, è stato vinto da António Lobo Antunes (Portogallo; Feltrinelli) nel 2018; Ian McEwan (Inghilterra; Einaudi) nel 2017; Amos Oz (Israele; Feltrinelli) nel 2016; Javier Marías (Spagna; Einaudi) nel 2015; Martin Amis (Gran Bretagna; Einaudi) nel 2014; Alberto Arbasino nel 2013 (Adelphi); Patrick Modiano (Francia – Premio Nobel 2014; Guanda e Einaudi) nel 2012; Enrique Vila-Matas (Spagna; Feltrinelli) nel 2011.

 

Per info: Fondazione Bottari Lattes, via Marconi 16, Monforte d’Alba (Cuneo); tel. 0173/7892412 o www.fondazionebottarilattes.it

 

g.m.

 

Nelle foto
– Caterina Bottari Lattes e Gian Luigi Beccaria consegnano Premio a Antònio Lobo Antunes (2018)
– Esterni Fondazione Bottari Lattes a Monforte d’Alba

Un libro per Natale e …réclame d’antan

Dal 14 dicembre al Centro Studi Piemontesi

Un libro per Natale è l’invito che da anni il Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis rivolge ai Soci e agli amici perché pensino per i loro regali di Natale ai libri: silenziosi preziosi discreti “doni” che accompagneranno tutto l’anno la persona che li riceve. Anche quest’anno, a chiusura delle iniziative per i 50 anni di fondazione, sarà allestita nella rinnovata sede di via Ottavio Revel 15 a Torino, dal 14 al 23 dicembre, l’esposizione delle pubblicazioni – novità e di catalogo – del Centro insieme ad altri libri sul Piemonte di non facile reperibilità nelle librerie.

Accanto a Un libro per Natale, il Centro Studi Piemontesi ospita, per la serie delle “Piccole mostre”, l’esposizione Celebri réclame di latta e di ceramica: dal vermut agli antichi Caffè del Piemonte: una selezione di oggetti pubblicitari dalle raccolte di Silvie Mola di Nomaglio.  Alcuni evocano pubblicità indimenticabili, come la scatola di Pavesini di ceramica con Topo Gigio, altri  memorabili e suggestivi ma ormai dimenticati, come il faccione gaudente dell’Aperitivo Rossi, altri ancora, specialmente rappresentati da antiche scatole di latta, guidano lungo un breve e suggestivo viaggio a ritroso, scandito da documenti quasi inediti, attraverso il Piemonte delle pasticcerie e dei caffè eleganti del tardo Ottocento e del primo Novecento, solo alcuni dei quali sopravvissuti.

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DoveCentro Studi Piemontesi, via Revel 15 Torino

Quandodal 14 al 23 dicembre 2019

Orari:  Le mostre proseguiranno fino al 23 dicembre, orario 9-12; 15-18; sabato 21 dicembre apertura con orario continuato 10-18. Chiuso la domenica

Info: tel. 011/537486; info@studipiemontesi.itwww.studipiemontesi.it

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Nella foto grande:

Mezzaluna con bottiglia di aperitivo Rossi

Gesso dipinto (circa 1930-1940)

L’arte di morire ridendo

Ottanta minuti di comicità e commozione

FINO AL 6 GENNAIO 2020 AL TEATRO GOBETTI

 

Martedì 17 dicembre 2019 ha debuttato al Teatro Gobetti L’ARTE DI MORIRE RIDENDO di Paolo Nani, con lo stesso Nani affiancato da Thomas Bentin.

Prodotto dal Teatro Filodrammatici di Milano, lo spettacolo resterà in scena al Teatro Gobetti per la stagione in Abbonamento del Teatro Stabile fino a lunedì 6 gennaio 2020.

La fine è nota. Raccontare la vita attraverso il suo momento fatale: la dipartita. Dopo il travolgente successo de La lettera, Paolo Nani torna con L’arte di morire ridendo, trionfo europeo, vincitore del ComedyArts Festival di Moers, acclamato al London Mime Festival. Ottanta minuti di comicità e commozione. Un testo senza parole.

Un’altalena di emozioni per uno spettacolo in miracoloso equilibrio tra lacrime e risate.

Al fianco di Nani, l’attore, ballerino e coreografo Thomas Bentin. La storia è quella di una coppia di clown, un duo di grandi attori al culmine della carriera, impegnati in una tournée. Improvvisamente uno di loro apprende che è malato e gli resta poco da vivere. Cosa succede? Come muore un clown? Come fa ad andarsene dignitosamente, nel bel mezzo di una tournée, senza disturbare troppo chi gli sta attorno e ciò che ogni sera va in scena? Quando non resta nulla da perdere è il momento di godersi il “qui e ora” come mai si è fatto prima.

Ma nel fantastico mistero della “vita prima della morte” niente, soprattutto in teatro, va come dovrebbe. Tra gag in puro slapstick e momenti di tenerezza, davanti e dietro il sipario, i due vivono la loro quotidianità di attori, amici e concorrenti, sempre pronti a rubare l’uno all’altro un applauso in più. Una allegra rivalità-complicità fatta di esilaranti schermaglie. Uno spettacolo delicato e intelligente che attraverso l’arte della clownerie esplora il grande, terrificante tabù della morte che tutti noi dobbiamo affrontare, ma che scegliamo di ignorare.

Maria La Barbera

Teatro: Gobetti – via Rossini 8, Torino

Orari degli spettacoli: martedì 17, giovedì 19 e sabato 21 dicembre 2019, ore 19.30; mercoledì 18 e venerdì 19 dicembre, ore 20.45; domenica 22 dicembre, ore 15.30. 

Variazioni di orario durante le Feste:

Recite: martedì 24 dicembre e mercoledì 25 dicembre 2019, riposo; giovedì 26 dicembre, ore 15.30.

venerdì 27 dicembre, ore 20.45; sabato 28 dicembre, ore 19.30; domenica 29 dicembre, ore 15.30. Lunedì 30 dicembre, riposo; martedì 31 dicembre, ore 20.45. Mercoledì 1 gennaio 2020 ore 15.30, giovedì 2 gennaio, ore 19.30; venerdì 3 gennaio, ore 20.45; sabato 4 gennaio, ore 19.30; domenica 5 gennaio, ore 15.30. Lunedì 6 gennaio, ore 15.30.

La recita del 31 dicembre 2019 è programmata alle ore 20.45 (fuori abbonamento).

Il 31 dicembre, al termine dello spettacolo, saranno offerti al pubblico nel foyer del Gobetti un calice di bollicine con il panettone o il pandoro Stratta.

Biglietteria del Teatro Stabile di Torino | Teatro Gobetti (Via Rossini 8, Torino)

Telefono 011 5169555

Apertura biglietteria a partire da un’ora prima dell’inizio dello spettacolo.

 

L’Archivio di Rosario Scalero ora è tutto italiano

I 150 anni dalla nascita del compositore piemontese saranno celebrati con un convegno e una serie di eventi, primo dei quali il concerto di Domenica 22 dicembre a Montestrutto.

 

L’Italia è un Paese che sembra abdicare ogni giorno di più dal suo ruolo di custode di un immenso patrimonio culturale: basti pensare alle ingentissime perdite registrate a Venezia nelle ultime settimane. Eppure, anche in uno scenario per molti aspetti desolante, resta ancora qualche bella notizia da raccontare.

Come quella del prezioso Archivio Scalero, la cui acquisizione è stata appena completata dall’Istituto per i Beni Musicali in Piemonte di Torino, il cui Centro di ricerca e documentazione ha sede a Saluzzo. Un processo lungo, avviato nel 2005 con il deposito presso la Biblioteca dell’Istituto del materiale prima conservato presso il Castello di Montestrutto (TO), e conclusosi nel settembre scorso con la donazione del fondo “Monique Arnoldi de Ruette”, precedentemente conservato a Lavall, in Quebec.

Si tratta di centinaia di lettere, fotografie, partiture autografe appartenute al compositore moncalierese Rosario Scalero (1870-1954), finora custodite dai suoi eredi Maxime e Dominique Arnoldi (in Canada) e  Monique de Ruette Arnoldi (a Montestrutto).

Un archivio, finalmente riunito, che è innanzitutto un grande giacimento di storie. Quelle di un tempo in cui tra i boschi del Canavese nasceva la migliore musica del mondo; di un’epoca in cui, sul piroscafo dei migranti italiani diretto in America, era possibile imbattersi nel leggendario tenore Enrico Caruso.

Ma che è anche un’insostituibile fonte di materiali inediti messi a disposizione degli studiosi, soprattutto in vista delle celebrazioni per i 150 anni dalla nascita del compositore, che culmineranno con un importante Convegno in collaborazione con il Conservatorio “G.Verdi” di Torino l’11 e 12 giugno 2020 e con un concerto del Trio Il Furibondo su musiche di Rosario Scalero e dei suoi allievi Clermont Pépin e Riccardo Luciani.

Il primo appuntamento legato all’anniversario sarà però un Concerto di Natale dedicato a Scalero e ai compositori canavesani a cura di Antonio e Lee Mosca, in programma domenica 22 dicembre 2019 a Montestrutto, frazione di Settimo Vittone.

Un luogo e un momento dell’anno scelti non casualmente: proprio nel castello neogotico di Montestrutto Scalero si spense la notte di Natale del 1954, dopo aver trascorso gli anni della maturità nel suggestivo borgo canavesano. Il suo violino, celebre per la qualità del suono, passò agli eredi e da questi proprio ai coniugi Mosca, vicini all’ultima discendente Monique de Ruette Arnoldi. In occasione dell’anniversario il prezioso strumento sarà donato al Conservatorio G.Verdi di Torino, con quello che Antonio Mosca ha definito «un atto doveroso per contribuire a rivalutare un grande musicista e compositore».

Quella di Scalero è in effetti una figura un po’ dimenticata nel nostro paese, nonostante gli sforzi di studiosi come Alberto Basso e dello stesso Antonio Mosca, che già nel 2004 hanno promosso un convegno per i cinquant’anni dalla morte, cui sono seguiti la pubblicazione degli atti (2005) e numerose iniziative, concerti e spettacoli.

Lee e Antonio Mosca

 

 

L’Italia, d’altronde, non si dimostrò mai troppo benevola con Scalero, che in vita ebbe un’enorme successo all’estero – negli Stati Uniti in particolare – e un’accoglienza sempre tiepida nel paese d’origine. Formatosi come violinista prima al Liceo Musicale di Torino, poi a Genova con Camillo Sivori, unico allievo di Paganini, prese la via dell’estero per perfezionarsi. Dopo un’esperienza a Londra giunse a Vienna, dove sotto la guida di Eusebius Mandyczewsk mise da parte la carriera violinistica (fino a quel momento sfolgorante) per dedicarsi a tempo pieno alla composizione.

Mentre Roma, dove era tornato per fondare la Società del Quartetto, gli dimostrava una certa ostilità, a Lipsia la più antica e prestigiosa casa editrice musicale del mondo, Breitkopf & Härtel, acquistava i diritti delle sue composizioni per la stessa astronomica cifra offerta a Jean Sibelius. Mentre in Italia solo Giovanni SgambatiArturo Toscanini e pochi altri sembravano credere nel suo talento, giungeva dagli Stati Uniti la chiamata come docente alla Mannes School di New York.

É il 1919 quando Scalero si imbarca per il lungo viaggio su un piroscafo verso la Grande Mela. Le lettere scritte durante il viaggio – conservate nell’archivio – sono una preziosa testimonianza del fenomeno migratorio dell’epoca, e le fotografie scattate e a bordo – anch’esse ora raccolte a Saluzzo – raccontano di una traversata trascorsa con la piacevole compagnia di Giulio Setti, maestro del coro del Metropolitan Opera House, e del celebre tenore Enrico Caruso. Sono quelli gli anni in cui gli Stati Uniti si andavano affermando come culla della grande musica internazionale.

Dopo l’esperienza a New York, nel 1924 Scalero passò a insegnare composizione nella più importante scuola americana, il Curtis Institute di Philadelphia. Qui ebbe, come allievi devoti, alcuni dei compositori destinati a segnare la storia della musica del Novecento: Gian Carlo MenottiNino RotaSamuel Barber. Questi, i prediletti, seguivano il maestro anche durante i periodi di villeggiatura estiva, trascorsi da Scalero tra Gressoney e il Castello di Montestrutto, acquistato in età matura.

Chi conosce e ama il Canavese non può fare a meno di emozionarsi nel leggere di questi giovani talenti che attraversano l’oceano per prendere alloggio ad Andrate, che nei pomeriggi assolati salgono a piedi al castello per suonare, o passeggiano nei boschi in compagnia di Scalero discutendo di teoria musicale. E proprio la rete di relazioni artistiche e intellettuali di Scalero, dalla giovanile corrispondenza con l’amico Leone Sinigaglia fino allo stretto rapporto con personaggi del calibro di Luigi Salvatorelli e dei più grandi musicisti del tempo, è uno dei temi più interessanti dell’archivio finalmente riunito dall’Istituto per i Beni Musicali in Piemonte.

L’amore non ricambiato per l’Italia rimase sempre vivo in Rosario Scalero, che ancora nel 1932 propose a Torino, con il concorso dell’Orchestra Sinfonica dell’E.I.A.R., il suo poema sinfonico “La Divina Foresta”. Ebbe anche questa volta una tiepida accoglienza, ben lontana da quello straordinario successo che la stessa composizione ebbe a Philadelphia nel 1940.

Con l’esplodere della fama dei suoi allievi, con cui condivise la creazione e la gioia dei primi trionfi, Scalero cominciò ad essere celebrato più come maestro che come compositore.

Poi, dopo la sua morte, finì per essere dimenticato.

Monique de Ruette Arnoldi in primo piano con i figli Maxime e Dominque Arnoldi

 

 

 

Una prima riscoperta della sua figura si deve a Chiara Marola, violinista eporediese che nei primi anni Duemila si imbatté per caso nell’archivio del Castello di Montestrutto, stringendo amicizia con l’allora proprietaria, erede del compositore. Da questo incontro fortuito nascerà una tesi di laurea (Università di Torino, 2004, rel. Paolo Gallarati) cui Chiara Marola darà seguito con un periodo di ricerca in Canada e una serie di pubblicazioni. È anche grazie all’impegno di questa musicologa che oggi l’intero patrimonio documentario è consultabile a Saluzzo, risultato per nulla scontato visto l’interessamento all’acquisizione da parte di vari enti internazionali.

Chiara Marola

E chissà che l’archivio non diventi lo strumento per ricostruire il talento compositivo di Rosario Scalero restituendo luce alle sue creazioni.

Forse l’averlo portato e reso disponibile in Italia è un meritato omaggio postumo da parte di un paese che gli fu sempre avaro di soddisfazioni.

 

CONCERTO DI NATALE
Aspettando i 150 anni della nascita di Rosario Scalero
22 dicembre 2019
Ore 18, Salone Pluriuso, Montestrutto
Con il Patrocinio dellIstituto per i Beni Musicali in Piemonte
Presentazione a cura di Chiara Marola

Il concerto sarà preceduto da una Messa con interventi musicali, ore 17 presso la Chiesa di Montestrutto

Rinascimento! I futuri del lavoro

Neutopia Magazine e menelique  presentano l’evento: Rinascimento! I futuri del lavoro

Mostra / talk / musica / poesia Giovedì 19 Dicembre 2019 Tortuga, Corso Belgio, 18 Torino

IL PROGRAMMA

? H. 19:00 ➸ Vernissage mostra “Città ideali e città concrete”
Opere di Ernesto Fava, Alessandro Chetta, Sara Andrini, Amalia Fucarino
A cura di Mina Calissano

? H. 20:30 ➸ Presentazione “Rinascimento!” e “I Futuri del lavoro”
Intervengono: Davide Galipò – Direttore editoriale Neutopia Magazine
Francesco Terzago – Redattore #Aleph
Giovanni Tateo – Direttore editoriale menelique
Leandra Verrilli – Capo redattrice #After_After

? H. 21:30 ➸ Reading poetico con musica
Visual di Alberto Cittone
Con Chiara De Cillis, Alma Spina, Elena Cappai Bonanni, Ivan Fassio, Gianni Milano
(A seguire, Open mic)

? H. 22:00 ➸ Live Concert
#Poesie_Per_La_Dora, Willow Spellbinder (Spoken Word/Elettronica), MPC Family (Rap)

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Ingresso Up to you

Per info e prenotazioni: 393 4495382

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Nubivaghi e umbratili
come cani randagi i figli della percezione
errano  nella citta’ della parresia
contro la pervicacia
dell’impasse culturale odierno_
trattasi di ri-generazione:
neutopica o distopica?

Digital umanity, di Ernesto Fava,
riproduce con lampeggiante violenza
caotiche aggregazioni urbane,
esplosioni a led in spazi lontani
di deliranti frenesie umane
e allineamenti iperuranici_

E mentre il mistero della Terra
e’ annichilito dagli umani satelliti,
il Documentario sul paesaggio
di Alessandro Chetta
ricuce porzioni di panorami terrestri
visti da primitivi occhi lunari
memori di prime magiche mitologie_

Amalia Fucarino passeggia a piedi scalzi
sul tempo di un tempio,
raccoglie reperti materici
di un nonluogo del futuro remoto,
componenti dell’utopia primordiale
di un antichissimo futuro:
il paradosso dell’ideale
e’ andato e sara’ perduto_

Quelle di Sara Andrini sono
sovrapposizioni di plastiche
e patologiche umanita’
che diluite vengono fagocitate
dai tratti impostati e imponenti
della caotica e inglobante urbe_
Impossibile, disumano,
il distacco mente/artificio_

I ri-produzioni di cy-tone
catalizzano la retina umana
seducono l’udito
e ipnotizzano i codici neurali:
l’artificio digitale intelligente
assume le sembianze umane
simulando una coscienza autogenerata
che affascina, incanta ed ammalia
il riflesso da cui prende forma_
Narcisismo o utopia di potenza?

.

Mina Calissano

Illusione

POESIE  di Sara Sciammaro

.
In questo tempo vuoto
di sogni e di speranze,
le azioni si ripetono
nella giostra delle finte emozioni,
da cui tutti siamo incantati,
che ci costringe a girare
con l’illusione di un premio.
.
Vorrei farti scendere
per mostrati cosa vedo da lontano,
ma l’inganno del divertimento
ti tiene intrappolato in un sistema
da cui non vuoi fermarti,
per paura di perdere tempo.
.
Così ti rifugi, come fanno tutti,
nella superficialità delle cose
ma tra la folla non riesco a trovarti
e scelgo di perderti,
perdendomi anch’io,
nel casino dei miei pensieri
in cui solo il silenzio
può condurmi in profondità
dove non m’importa essere capita

Un concerto senza steccati

“Canzoni Bianco&Nero” 

NELLA CIRCOSCRIZIONE 5

Giovedì 19 dicembre ore 21:00, con il patrocinio della Circoscrizione 5, torna “Canzoni in Bianco&Nero – dagli anni della TV in bianco nero ai giorni nostri”; concerto natalizio organizzato dalla Chiesa di Scientology di Torino con la collaborazione del “Service Audio&Luci” dell’IIS G. Peano. Musiche, generazioni cittadinanza senza steccati in una serata di periferia animata da Cico Cicogna, alla voce; Massimiliano Brizio, al piano; Alessandro Esposito, alle percussioni, con la partecipazione straordinaria di Cass, Raven Nikos con la canzone “Borgo Vittoria”. Il ricavato verrà devoluto favore del progetto Audio Musica dell’IIS G. Peano.

Dove e Quando

Giovedì 19 dicembre, ore 21:00
Via Cesalpino 11/A Torino, sala musica del Circolo Culturale Ricreativo IMPRESA TERRITORIO
Info: 347 98 11 901

I nuovi concerti di “Vitamine Jazz”

La  prossima settimana all’Ospedale Sant’Anna  prosegue la rassegna 

Questa settimana arriverà al centoquarantanovesimo concerto e alla sua terza stagione, organizzata per la “Fondazione Medicina a Misura di Donna” e curata da Raimondo Cesa. I concerti avranno inizio dalle ore 10.00 nella sala Terzo Paradiso in via Ventimiglia 3 aperta al pubblico, dedicata alle pazienti e ai loro cari.


Martedì 17 dicembre “Kind of Saxy 4et ”

Un quartetto di sassofoni tutto al femminile.

Sara Kari sax alto e arrangiamenti

Isabella Stabio sax soprano
Enza Maria Paolino sax tenore
Agnese M. Garufi sax baritono

Isabella Stabio
è una musicista versatile, attiva sia come solista che come camerista ed orchestrale sia nel
repertorio classico che in quello contemporaneo.
Esibitasi nel 2017 presso la Carnegie Hall di New York, ha partecipato a festivals nazionali ed internazionali
in Italia, Austria, Francia, Inghilterra, Polonia, Portogallo, Germania, Ucraina, Svizzera e USA.
E’ stata premiata in numerosi concorsi in Italia e all’estero, tra cui: Festival delle Arti di Bologna, (Primi premi), Golden Music Awards di New York e Grand Prize Virtuoso di Londra (2 ° premio). Inoltre vincitrice nel 2007 della prestigiosa borsa di studio Master dei Talenti Musicali della Fondazione CRT di Torino.
Isabella ha ottenuto il diploma ordinamentale e il diploma accademico di II livello in Sassofono con
il massimo dei voti e la lode al Conservatorio di Giuseppe Verdi di Torino, poi ha conseguito
all’unanimità il Diploma d’Etudes Musicales al Conservatoire National de Région di Lione (nella
classe del M° Jean Denis Michat).

Sara Kari
è una sassofonista jazz finlandese, italiana di adozione. Comincia lo studio del pianoforte a 7 anni.
Stimolata dall’ascolto dei dischi di Charlie Parker, cambia strumento a 11 anni immergendosi con passione nello studio del sassofono contralto. Si diploma al Pop & Jazz Conservatory di Helsinki nel 2013. Fra i vari progetti che la vedono coinvolta, suona come primo contralto nella big band del Jazz Club Torino.
Ha suonato in diverse rassegne jazz fra cui Torino Jazz Festival, Moncalieri Jazz Festival, Novara
Jazz Festival e Joroinen Music Festival e si è esibita in diversi paesi europei
come Finlandia, Italia, Svezia, Germania, Estonia e Spagna.

Enza Maria Paolino

A 22 anni consegue la laurea in Saxofono con ottimi voti al Conservatorio San Pietro a Maiella di Napoli.
A 28 anni si laurea con lode in Sociologia e in Comunicazione Pubblica e accede come borsista al Dottorato in Ricerca Sociale dell’Ateneo Federico II dove studia la musica anche nella sua dimensione comunicativa, sociale e culturale. Pubblica numerosi saggi sulla condizione giovanile e sulle espressioni musicali emergenti. Nel frattempo prosegue la sua attività concertistica suonando per la Rai e per il Regio Teatro di San Carlo di Napoli con artisti come Alan Parsons, Keith Emerson, Diane Schuur ed altri. Dal 2017 è titolare della cattedra di Saxofono presso il Liceo Musicale Statale “Ego Bianchi” di Cuneo.

Agnese Garufi
Ha una formazione itinerante tra diversi conservatori: prima a Messina, poi a Roma, Berlino ed infine Torino. Ha conseguito i Diplomi Accademici in Sassofono ed in Didattica della musica ed è abilitata all’insegnamento dello strumento alle scuole medie, dove lavora nella prima metà della giornata. La restante parte è dedicata ai sassofoni ed all’attività concertistica per lo più in gruppi di musica da camera ed orchestre.

Giovedì 19 dicembre sarà la volta del gruppo “Trio Acustico”

I piedi in Italia e il cuore in Brasile con il Trio Acustico, che propone un repertorio di brani tratti dalla tradizione melodica italiana arrangiati strizzando l’occhio ai ritmi e alle armonie della musica sudamericana.

Stefania Crema voce
Marco Ciccarelli chitarra
Bernardo Tonelli percussioni

Venerdì 20 dicembre il gruppo “Trio Russo Mogentale Silveira”

Vi porta in un viaggio oltre l’oceano, a sentire i suoni di un Brasile tropicale, attraverso diversi generi della musica brasiliana, dal samba al forró, dalla bossa nova allo choro.. insomma, un viaggio pieno di musica e colori. Un grande chitarrista italiano affianca due brasiliani: Gilson Silveira e Sabrina Mogentale

Pino Russo chitarra

Gilson Silveira percussioni

Sabrina Mogentale voce

Pino Russo

Pino Russo, eclettico chitarrista, plurilaureato, compositore ed arrangiatore. Docente di Chitarra Jazz al Conservatorio Verdi di Torino, è stato una colonna portante del Centro Jazz ed in seguito fondatore della Jazz School Torino.
Vari i riconoscimenti e premi tra cui: Incroci Sonori Jazz 2008, Premio Mancinelli al Concorso Massimo Urbani 2009, Premio Migliore Rivisitazione Classica al Barezzi-Live 2009.Ha suonato per svariati eventi tra cui: XXIII Festival Jazz en Lima (Perù), Grenoble Jazz Festival, Praga Jazz Festival, Annecy Jazz Festival, Acoustic Guitar Meeting di Sarzana, Linguaggi Jazz, Torino Jazz Festival, Ivrea Euro Jazz Festival, Antidogma Musica. Soprannominato “L’orchestra a sei corde” per la concezione estremamente dinamica della produzione sonora e del “gesto” chitarristico. Nella sua lunga carriera ha sviluppato un’intensa ricerca timbrica sulla chitarra esplorando diverse sonorità musicali attraversando Jazz, Bossa-nova, Musica Mediterranea, Contemporanea e Contrappunto Bachiano.

Gilson Silveira
Gilson Silveira è un percussionista brasiliano nato ad Ipoema, nello stato del Minas Gerais, che si è stabilito da molti anni in Italia. Ha collaborato con moltissimi artisti italiani e star internazionali del calibro di Anna Torroja e Miguel Bosé con cui ha registrato un Dvd live.
In Brasile ha lavorato in tour con successi teatrali di Chico Buarque di Hollanda e José Neto, con cantanti come Titane, Maurizio Tizumba, Marcos Buzana e tanti altri.
In Europa ha lavorato fra gli altri con Chande, Marcella Bella, Franco Mussida, Tullio De Piscopo, Dom Um Romao, Giobbe Covatta, Flavio Boltro, Sergio Caputo, José Feliciano, Laura Fedele, Pitura Freska, Linea C, Mau Mau, Massimo Colombo.

Sabrina Mogentale
Nata in Brasile da genitori musicisti, il padre un virtuoso chitarrista 7 corde e la madre pianista e cantante, Sabrina Mogentale figlia d’arte. In Brasile si laurea in Veterinaria ma la passione per la musica l’ha accompagnata fin da piccola, essendo cresciuta tra tanti accordi e melodie. Si trasferisce in Italia nel 2006 per studi nell’ambito della veterinaria, ma la sua strada inevitabilmente finisce per portarla ad essere protagonista della scena musicale torinese “brasiliana”. Collabora con diversi musicisti della citta’.

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Valérie Perrin “Cambiare l’acqua ai fiori”   -Edizioni e/0- euro 18,00

I fiori da innaffiare sono quelli sulle tombe, chi lo fa è la custode di un piccolo cimitero della Borgogna… e questo romanzo è bellissimo! Oscilla tra presente e passato, interseca più destini, ha sfumature gialle e sonda con profondità -ma anche leggerezza- vita, amore e morte.

L’autrice è la moglie del regista Claude Lelouche e forse la sua familiarità col mondo del cinema ha contribuito ad ammantare il libro di una levità che trascende la corposa mole di oltre 470 pagine. Protagonista è la guardiana di riposi eterni Violette Toussaint, donna complessa e affascinante, segnata da una vita difficile. Abbandonata alla nascita, sballottata tra più famiglie, ha sposato l‘avvenente scansafatiche e tombeur des femmes Philippe Toussaint. Dal loro infelice matrimonio è nata la piccola Leonine, dal tragico destino. Violette dopo aver fatto la casellante ferroviaria ha deciso di andare a vivere nella casetta del custode di un cimitero. Il marito, che odia tutto di quel posto, finisce per abbandonarla, scomparendo dal suo orizzonte. Lei invece diventa il punto fermo dell’umanità dolente che ha lutti da elaborare, e la guardiana di chi riposa nelle tombe limitrofe al giardino e all’orto (che cura con amore). Pochi luoghi -come quelli di sepoltura- sono crocevia privilegiati di innumerevoli vite e di persone che Violette accoglie nel suo salotto, offrendo tè e dosi massicce di conforto. Nelle sue stanze transitano uomini e donne, giovani e anziani, schiantati dal lutto, dai rimpianti o invischiati in rese dei conti con chi non c’è più. O, ancora, con ceneri di amanti segreti da spargere sulla lapide del grande amore, la cui vita è stata tarpata dal destino infausto. E Violette finirà per far pace con il suo immenso dolore proprio grazie agli incontri con personaggi la cui bellezza lascio a voi scoprire. E….fidatevi non è per niente un libro triste.

 

Andra e Tatiana Bucci “Noi bambine ad Auschwitz”   -Mondadori-   euro 17,00

La loro è una storia che non va dimenticata, perché non si parlerà mai abbastanza dell’orrore dell’Olocausto. Le sorelle Bucci, Liliana (detta Tatiana) e Alessandra (detta Andra), sono fra i pochissimi bambini sopravvissuti al campo di sterminio di Auschwitz. Catturate a Fiume insieme ai familiari nel 44, quando avevano 6 e 4 anni, precipitarono nell’inferno. La loro salvezza forse è dovuta all’ imperscrutabile ruota del destino, al fatto che il padre fosse cattolico o alla forza protettrice della madre internata in un’altra baracca del loro campo. O più probabilmente al fatto che furono scambiate per gemelle, dunque soggetti interessanti per gli studi del dottor Mengele. E’ così che scamparono alle selezioni sulla rampa che decidevano chi viveva e chi finiva subito nelle camere a gas. Insieme al cuginetto Sergio vengono spedite nel Kinderblock dei bambini destinati alle più atroci sperimentazioni mediche. Il lager delle piccole cavie, di cui le sorelle Bucci raccontano tutto l’orrore. Il freddo, la fame, i giochi nel fango, le fugaci visite della mamma. Ma soprattutto le cataste di cadaveri ammassati in attesa di “passare per il camino”, l’unico modo di uscire dal campo di concentramento. Come si cresce circondate da tanto orrore? Finendo per pensare che questa quotidianità sia “normale”; ci si abitua alla morte e in qualche modo la paura si alleggerisce. Diverso sarà il destino del cugino, vittima di uno spietato inganno. Le SS radunarono i bambini chiedendo loro chi voleva rivedere la mamma: 20 piccoli fecero un passo avanti nella speranza, tra loro anche Sergio. Scomparvero nei sotterranei della scuola Bullenhuser Damm di Amburgo, dove subirono prima le iniezioni di bacilli tubercolari, poi l’asportazione chirurgica dei linfonodi ascellari (documentate da foto orripilanti), e finirono per essere tutti impiccati. Nei campi della morte di Auschwitz – Birkenau furono deportati più di 230.000 bambini; solo poche decine di loro sono sopravvissuti. Le sorelle Bucci sono tra questi e oggi non si stancano mai di raccontare l’indicibile, pregando che non si ripeta.

 

Bret Easton Ellis “Bianco”   -Einaudi-   euro 19,00

Ci sono tante cose in questo libro: ricordi, aneddoti, film, gay, femminismo, ossessioni anti-Trump… sostanzialmente una critica della società odierna. E Bret Easton Ellis non è certo uno che le manda a dire. Diventato famoso a soli 21 anni, nel 1985 con “Meno di zero”, a cui sono seguiti altri romanzi di successo (come “American Psycho”), ora mette a ferro e fuoco l’America con le sue mille contraddizioni; e in senso più globale, il mondo odierno avvitato su se stesso in una bieca omologazione.

Ellis segue una freccia temporale e parte dagli anni 70, quando il mondo era ancora a misura degli adulti e non ruotava, come oggi, intorno ai bambini. Lui era un ragazzino californiano che cresceva a Sherman Oaks:, tipica infanzia della classe   medio-alta bianca. Andava a scuola da solo, leggeva i romanzi che voleva e guardava impunemente film horror, non aveva bisogno che un grande gli tenesse sempre la mano. Cresceva con i suoi coetanei scoprendo il mondo insieme a loro, lontano dai genitori (che in pratica non esistevano) e non c’erano suicidi di ragazzi fragili e bullizzati sui social. Non necessariamente un’adolescenza più dorata; ma sicuramente più sensata di quella imperante oggi.

Poi ci sono le incursioni nel mondo del cinema, a partire da “American Gigolo” che vide a 14 anni, seguito da altre pellicole come “In cerca di Mr. Goodbar che solleticarono la sua sensibilità adolescenziale. Ma anche Premi Oscar più recenti, di cui commenta trame, regie e recitazione.

Poi arriva agli anni 80 newyorkesi in cui abitò nello stesso palazzo di Tom Cruise. E ancora, il periodo successivo al primo successo letterario, i rigidi orari di scrittura per pubblicare altri libri, gli incontri e le relazioni con altri gay, i suoi rapporti con la millenial generations e tanto altro ancora. Compreso quell’11 settembre in cui Ellis era a Manhattan e “Tutta la città era stata inghiottita da quella tragedia….potevi letteralmente annusarla nell’aria…” .

 

 

 

 

 

 

 

 

“Fuoriusciti”, i dialoghi tra Don Sturzo e Salvemini

A cura del  Teatro Stabile di Torino

 

Il 9 dicembre, al Teatro Carignano di Torino, è andato in scena Fuoriusciti di Giovanni Grasso che, in un atto unico, racconta i dialoghi tra Don Sturzo e il laico Salvemini durante il loro esilio americano. Il liberalsocialismo e l’anima cattolica si interrogano sui destini del Paese: due posizioni ideologiche e due analisi politiche contrapposte in un esempio di confronto democratico.

Lo spettacolo, di storico significato ma con una valenza attuale, è interpretato da Luigi Diberti, Antonello Fassari e la bravissima Guja Jelo con la regia e le scene di Piero Maccarinelli.

Brooklyn, New York, una giornata di primavera del 1944. Mentre in Italia e in Europa infuriano i combattimenti tra nazifascisti e Alleati, l’esule politico Gaetano Salvemini si reca a trovare don Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare Italiano, anche lui costretto a fuggire dall’Italia nel 1924 per evitare la rappresaglia fascista. Sono due uomini già molto avanti negli anni, provati da un lungo e penoso esilio e da dure esperienze politiche e personali. Le persecuzioni subite e le amarezze vissute non ne hanno tuttavia fiaccato il coraggio né la volontà di continuare a lottare per assicurare all’Italia libertà e democrazia. Salvemini ha un cruccio: teme che il suo amico sacerdote, nonostante i saldi convincimenti democratici e repubblicani, sia obbligato dal Vaticano a tornare in Italia per spendere il suo prestigio e la sua autorevolezza per cooperare con chi, a cominciare dagli Alleati, immagina, per il futuro dell’Italia, un “fascismo senza Mussolini” e il mantenimento della monarchia. Questo argomento fa da detonatore a una serrata, franca e, a tratti, accesa discussione, che via via prende il largo, spaziando da temi contingenti – la guerra, la caduta del fascismo, l’arretratezza del Mezzogiorno, il ricordo degli amici caduti – a questioni più universali, come il legame tra politica e morale, la dialettica tra fede e coscienza, la compatibilità tra libertà e religione, fino ad affrontare questioni prettamente esistenziali: il dolore, la morte, il silenzio di Dio, l’aldilà.


Frutto di una accurata operazione filologica (l’autore ha infatti utilizzato, per costruire i dialoghi, le parole originali di Sturzo e di Salvemini, tratte da loro lettere e testi), lo spettacolo, diretto da Piero Maccarinelli, permette di far rivivere sulla scena la sorprendente e poco conosciuta amicizia tra due protagonisti dell’antifascismo italiano in esilio. Antonello Fassari interpreta l’austero sacerdote siciliano, ispirato da una fede incrollabile nella salvezza dell’umanità, mentre Luigi Diberti dà corpo e voce al passionale professore pugliese, che non nasconde la sua concezione razionalistica, agnostica e anticlericale, venata di profondo pessimismo. Guia Jelo impreziosisce la messa in scena con una spassosa interpretazione di Pina Bagnara, emigrata italo-americana e padrona di casa di Sturzo. L’incontro-scontro tra due grandi italiani, divisi dalla visione del mondo ma accomunati da uno struggente amore per la libertà, consente di rievocare personalità, vicende e questioni storiche che sono state all’origine della nostra Costituzione repubblicana e, allo stesso tempo, di lanciare uno sguardo sul mondo di oggi, pervaso anch’esso da tensioni, fermenti e inquietudini che riguardano la politica, la democrazia, la convivenza e, in definitiva, il destino stesso dell’uomo.

 

Maria La Barbera

 

Lo spettacolo verrà replicato dal 28 gennaio al 2 febbraio 2020 al Teatro Gobetti.