Tre serbi, due musulmani, un lupo
Riletture / Prijedor, Bosnia Erzegovina, in quella che oggi è la terza città della Repubblica serba di Bosnia (Rs), tra la primavera e l’estate del 1992 accaddero cose spaventose. Sembrava d’essere tornati ai tempi del nazismo. Gli ultranazionalisti serbo-bosniaci vogliono sradicare i “non serbi”, danno la caccia ai musulmani e lo fanno con le deportazioni e gli omicidi. Vengono creati per quest’ultimo scopo tre campi di concentramento e, spesso, di sterminio. Nomi che, alla memoria, suonano tremendi: Omarska. Keraterm. Trnopolje. In quest’ultimo luogo, composto da una scuola, una casa del popolo e un prato, vengono recluse tra le quattromila e le settemila persone. Ed è lì e nei dintorni che è ambientata la storia narrata nel libro di Luca Leone e Daniele Zanon. “Tre serbi, due musulmani e un lupo” è un racconto di fantasia, ma poggia su solide basi storiche e di testimonianza. Questo libro non è solo un romanzo, ma anche un reportage di quanto accaduto in un tempo troppo vicino a noi per non conoscere o non voler sapere. Vengono evocati un quadro terribile di violenze, sopraffazioni, omicidi, odio nazionalista e un clima allucinante, nel quale l’aria è impregnata dell’odore del sangue, della paura e del terrore. Non a caso Luca Leone e Daniele Zanon scrivono che “il Male era tornato nel cuore dell’Europa e aveva messo radici a Prijedor, mezzo
secolo doo la fine dell’Olocausto”. Pagina dopo pagina si viene a contatto con il dramma della famiglia bognacca degli Imanović e di quella serbo-bosniaca dei Mirković, con il ghigno orribile del sergente Goran “la carogna”, con i paramilitari serbi e i mercenari russi del colonnello Karpov, la “parte peggiore dell’umanità”. L’allucinante vicenda che vede protagonisti cinque tredicenni – Zlatan, Jelena e Milo, tre ragazzi serbi, Faris ed Emina, due fratelli musulmani – e il lupo Vuk si svolge in un universo violento, angosciante e claustrofobico in cui i personaggi sono quasi tutti conoscenti, vicini di casa. La tragedia cresce d’intensità quasi sempre preannunciate dal cambiamento dei rapporti, dal manifestarsi di integralismi e sospetti, dall’astio e dalla diffidenza, fino a giungere alla violenza e alla sopraffazione. Il ritmo della narrazione è serrato e si dispiega dando senso alle storie e alla terribile Storia della prima parte della “decade malefica” che insanguinò il cuore europeo dei Balcani al tramonto del ‘900, negli ultimi, lividi anni del secolo “breve” con il riacuirsi dei nazionalismi e il rifiorire dei conflitti armati. Tra le righe sembra di avvertire, quasi fisicamente, la disperata speranza di Faris quando urla alla sorella, mentre viene spinto lontano da lei con crudeltà, da un miliziano armato di kalashnikov, “Non può durare!”,“Il mondo non potrà starsene in silenzio a guardare”. E, invece, il mondo aveva lo sguardo
rivolto altrove. “Chi è che sa di che siamo capaci tutti, vanificato il limite oramai”, si ascolta in Memorie di una testa tagliata dei CSI di Giovanni Lindo Ferretti. Lì il limite venne vanificato una, dieci, cento, mille e mille volte. E tutto ciò sotto gli sguardi distratti, lontani, indifferenti e bui dell’Occidente e del “mondo”. Cercare di salvare la vita ai due giovani bosgnacchi, rischiando la propria è la “missione” che intraprendono i tre giovanissimi serbi con Vuk, il lupo di Jelena. Una vicenda terribilmente avvincente, disperatamente angosciante, quasi impossibile e senza speranza. Il contesto in cui si svolge è tremendamente reale e rimanda alla memoria di cosa è stata la pulizia etnica in Bosnia in quegli anni disgraziati e violenti, dove la vita di migliaia di persone, dalla sera alla mattina, di punto in bianco non valeva più nulla. Nel vortice dell’ubriacatura ultra nazionalista, dell’indegna impunità dei paramilitari filo serbi, la storia dei cinque ragazzi e del coraggioso Vuk inchioda il lettore al testo dall’inizio alla fine. Il merito di Leone e Zanon è di non far dimenticare ciò che avvenne realmente nel cuore della civilissima Europa, meno di trenta anni fa, un tempo molto vicino, del tutto contemporaneo e spesso rimosso dalla
cattiva coscienza e dal desiderio di non fare i conti con quella indifferenza che ancora oggi genera odi, srotola fili spinaci, innalza muri. Nel campo della miniera di ferro a Omarska, almeno tredicimila persone vennero internate e tremila di loro furono torturate, uccise e inumate in fosse comuni, ancora oggi in buona parte da individuare e riaprire per dare, chissà quando, degna sepoltura ai corpi che lì sotto giacciono. L’area di Prijedor, nella Bosnia settentrionale, conobbe le stesse violenze di Višegrad e Srebrenica. Vennero eliminate le persone “non serbe”, mentre la comunità internazionale fingeva di non sapere nulla e lasciava fare, non intervenendo e, per certi versi, rendendosi complice nell’avallare la pulizia etnica, lo stupro di massa, le violenze più atroci. Le pagine finali raccontano quei giorni e quei mesi con fatti, luoghi, date su quanto accadde veramente a Prijedor e dintorni e con la testimonianza di Alma che fece l’esperienza terribile di Trnopolje a sedici anni. Tre serbi, due musulmani e un lupo è un libro da leggere “in nome della memoria e della giustizia”.
Marco Travaglini
Da giovedì riapre Palazzo Madama
Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica, dopo oltre 80 giorni di chiusura a causa delle misure di contenimento dovute all’emergenza sanitaria da Covid-19, riapre finalmente al pubblico.La Fondazione Torino Musei invita il pubblico a riappropriarsi del Palazzo simbolo della Città e delle collezioni del museo in assoluta sicurezza. L’ingresso sarà contingentato e, grazie ad alcune semplici norme di comportamento sarà assicurata una visita piacevole e sicura.
Il museo osserverà i giorni e gli orari di apertura: giovedì – venerdì dalle 13.00 alle 20.00 – sabato e domenica dalle 10.00 alle 19.00
Martedì 2 giugno Festa della Repubblica dalle 10.00 alle 19.00 Palazzo Madama sarà aperto anche lunedì 1° giugno con orario 13.00-20.00 e mercoledì 24 giugno, festa patronale di San Giovanni con orario 10.00 – 19.00
In particolare, saranno visitabili le sale delle collezioni permanenti e le mostre:
A Palazzo Madama sarà finalmente possibile tornare ad ammirare i capolavori di Andrea Mantegna con la grande mostra prorogata al 20 luglio, mentre l’esposizione prevista Argenti preziosi. Opere degli argentieri piemontesi nelle collezioni di Palazzo Madama sarà aperta dal 2 luglio (in allegato i comunicati stampa). Saranno accessibili il percorso dedicato al Gotico e Rinascimento, il piano nobile del museo e la raccolta di vetri e ceramiche del secondo piano, mentre sono temporaneamente chiuse le sale del Lapidario, il Giardino medievale e la Torre panoramica.
Modalità di accesso La Fondazione Torino Musei ha affrontato la delicata fase verso la riapertura lavorando con il Politecnico di Torino, che ha condotto l’iniziativa di ricerca “Imprese aperte, lavoratori protetti”. Il gruppo di esperti tecnico-scientifici ha elaborato un Rapporto contente le indicazioni che la Fondazione ha acquisito e inserito nelle procedure messe in atto per garantire la visita ai musei in massima sicurezza.
Informazioni principali per i visitatori:
– All’ingresso sarà misurata la temperatura. Non sarà consentito l’accesso al visitatore con temperatura superiore o uguale a 37,5°C. In tal caso anche gli eventuali accompagnatori non potranno accedere al museo – L’accesso sarà consentito a un numero contingentato di visitatori finalizzato a garantire un’adeguata distanza interpersonale. Tutti i percorsi di visita saranno guidati da un’apposita segnaletica e dal personale di sala presente – I visitatori in coda e nel corso della visita in museo sono tenuti a mantenere la distanza interpersonale di sicurezza – Per tutta la permanenza in museo sarà obbligatorio indossare correttamente la mascherina – Sono previsti erogatori di soluzione igienizzante idroalcolica a disposizione del pubblico – La prenotazione per l’accesso al museo e alle mostre è consigliata ma non obbligatoria.
La Fondazione Torino Musei assicura la regolare, costante e periodica pulizia e igienizzazione degli ambienti museali. Tutto questo per garantire una visita piacevole e sicura.
Per informazioni www.palazzomadamatorino.it e www.fondazionetorinomusei.it |
Riapre al pubblico martedì, dopo la chiusura per l’emergenza Covid-19, la Palazzina di Caccia di Stupinigi.
Anche nella residenza sabauda sono state predisposte misure sanitarie e norme comportamentali come l’accesso contingentato.
Il pubblico e il personale interno seguiranno nuove norme di sicurezza adeguate agli standard museali internazionali e numero dei visitatori, che dovranno indossare la mascherina e stare a 2 metri di distanza, è stato ridotto. Inoltre i visitatori avranno la possibilità di acquistare il proprio biglietto (solo biglietti interi) sul sito http://www.ordinemauriziano.it/palazzina-di-caccia-stupinigi.
(foto V. Maiorano)
Percorrendo la strada che la raggiunge si ha già la sensazione che si sta andando in un luogo speciale e sorprendente dove lo scenario è caratterizzato da una natura rigogliosa fatta di boschi, valli e montagne maestose, dal Monviso alle Alpi Marittime, floride in primavera e nivee in inverno
Cuneo è una cittadina, come narra il suo nome, incastonata tra i fiumi Stura e Gesso, inserita in una posizione cruciale all’ingresso di sei valli, tappa obbligata se si vogliono esplorare i meravigliosi dintorni, siano le vette uniche che la incorniciano, le terme di Lurisia, la Valle Ellero con la Pieve di San Maurizio o la Roccaforte di Mondovì, oppure se ci si volesse spingere fino a Saluzzo, Stroppo ed Elva in Val Maira.
Elegante, curata ed accogliente, città dei sette assedi con un passato storico movimentato, salva in numerose occasioni grazie alle robuste mura medioevali, questa deliziosa gemma piemontese vanta un patrimonio culturale molto sostanzioso costituito da 153 istituti di cultura tra musei, case-museo, pinacoteche, castelli, forti, siti naturalistici, archeologici e naturali, palazzi, ville, ecomusei, chiese, abbazie e piazze, ampie aree di aggregazione, che non hanno niente da invidiare a quelle delle capitali europee più ammirate. E proprio da un forum parte l’itinerario che ci guida in questo luogo, Piazza Torino, da cui si apre piacevolmente via Roma, la strada più importante del centro storico, denominata Platea fino al 1500, pedonalizzata e restaurata.
Scorgiamo subito un gioiello barocco, la chiesa di Sant’Ambrogio, la Prefettura e il Vescovado. Più avanti il Municipio che ospita nel suo cortile una riproduzione dell’automobile Ceirano 1903. Di fronte invece dimora il Palazzo della Torre, una volta sede del Comune, su cui svetta la Torre Civica risalente al 1317. A pochi passi, a Piazza Virginio, si trova il Museo Civico, ospitato dall’ex convento San Francesco, mentre in Via Santacroce, c’è l’omonima chiesa anch’essa espressione del Barocco piemontese. Ritornando su via Roma si arriva in Contrada Mondovì, una deliziosa area dove negozi di antiquariato, graziosi locali e una bella Sinagoga, creano un’atmosfera d’altri tempi. La Biblioteca Civica all’interno di Palazzo Audifreddi, edificato in cotto nel 1600 con un suggestivo cortile interno, è indubbiamente da visitare. Percorrendo ancora via Roma si arriva nel salotto di Cuneo, l’ottocentesca Piazza Galimberti, grande e generosa (24.000 mq), circondata da dieci palazzi porticati collegati tra loro da terrazzi, in centro, orgoglioso, il monumento dedicato a Giuseppe Barbaroux. Questa piazza ogni martedì si trasforma in un fornitissimo mercato e non mancano, per deliziare il palato e per fare una meritata pausa, pasticcerie e confetterie della tradizione cuneese. Uscendo dal centro, nella parte laterale, troviamo Viale degli Angeli, una area di bellissime ville liberty, palazzine in stile neoclassico e un tocco di moderno.
Esattamente nella parte opposta invece spicca, per il suo volume, il paradiso degli amanti della birra (da amare sempre con moderazione): l’Open Baladin, un locale davvero caratteristico e coloratissimo che ospita una chicca: Baladin Open Lab, il primo laboratorio con un impianto per la produzione di 50 litri di birra in cui i produttori casalinghi di birra (homebrewers) potranno dare libero sfogo al loro estro creativo seguiti da un esperto. Questa deliziosa cittadina, forse un po’ sottovalutata nel suo fascino e nella sua bellezza, è candidata come Città della Cultura 2020, a conferma della ricchezza del suo patrimonio e dell’ apprezzamento ad essa dovuto.
Maria La Barbera
Domenica in poesia / di Alessia Savoini

Il Fai riapre le porte dei beni storici
Fondo Ambiente Italiano da venerdì 22 maggio : Castello e Parco di Masino, Caravino (TO) e Castello della Manta (CN)
SOLO SU PRENOTAZIONE
Per prenotazioni, orari, prezzi ed eventuali modifiche sui percorsi di visita:
www.ibenidelfai.it
Il FAI – Fondo Ambiente Italiano, dopo due mesi di isolamento, riapre i suoi Beni su tutto il territorio nazionale e inaugura una nuova fase, per guardare con fiducia al futuro del Paese ed esaudire la voglia di Italia degli Italiani, ansiosi di ritrovare e riscoprire il proprio patrimonio di arte, natura e bellezza. Da venerdì 22 maggio 2020 molti dei Beni storici, artistici e paesaggistici della Fondazione saranno nuovamente aperti al pubblico, che potrà usufruire di visite libere o guidate esclusivamente su prenotazione, al fine di garantire la massima sicurezza per tutti.
In Piemonte riaprirà le porte il millenario Castello di Masino a Caravino (TO), la sontuosa dimora di una delle più illustri casate piemontesi, discendente nel mito da Arduino, re d’Italia: oltre a visitare saloni affrescati e arredati, si potrà passeggiare nel monumentale parco all’inglese con il panoramico viale alberato affacciato sulla Serra Morenica di Ivrea, i giardini all’italiana “dei Cipressi” e “delle Rose”, il tempietto neogotico e lo sconfinato Prato di Eufrasia, alla scoperta di alberi millenari e delle fioriture stagionali.
Si potrà tornare ad ammirare il Monviso, circondato dalla splendida cornice delle Alpi Cozie, dallo speciale palcoscenico del parco del Castello della Manta (CN), una fortezza medievale dal fascino severo, che nel suo Salone Baronale custodisce una delle più stupefacenti testimonianze della pittura tardogotica profana, ispirata ai temi dei romanzi cavallereschi.
Per scoprire caratteristiche, segreti e curiosità del Castello di Masino e del territorio in cui si trova verrà offerta una preziosa opportunità: con la ricevuta di acquisto del biglietto i visitatori riceveranno via mail l’accesso ad un sito web dedicato ai contenuti di accompagnamento alla visita. Potranno così consultare già da casa, oppure durante la visita e lungo il percorso (anche tramite QR code in biglietteria), tanti e diversi materiali di introduzione, spiegazione e approfondimento: dalle schede descrittive di luoghi e oggetti, a vere e proprie visite guidate con guide d’eccezione, da ascoltare in podcast (ricordarsi gli auricolari!); da brevi racconti video a suggerimenti di itinerari a piedi o in bici nei dintorni del Bene FAI, per prolungare la visita e magari organizzare un’intera giornata all’aria aperta.
MODALITÀ DI VISITA IN SICUREZZA
Per consentire al pubblico di visitare i Beni nella massima sicurezza, il FAI si è preoccupato di garantire il pieno rispetto dei principi definiti dal Governo a partire dal mantenimento della distanza sociale. In tutti i Beni la visita sarà contingentata per numero di visitatori e, ove possibile, organizzata a “senso unico” per evitare eventuali incroci. Le stanze più piccole e quelle che non permettono un percorso circolare saranno visibili solo affacciandosi; le porte saranno tenute aperte onde ridurre le superfici di contatto. Sarà d’obbligo indossare la mascherina per tutta la durata della visita. Saranno inoltre a disposizione dispenser con gel igienizzante sia in biglietteria che nei punti critici lungo il percorso.
Il giorno precedente la visita, i partecipanti riceveranno una mail con le indicazioni sulle modalità di accesso e un link da cui scaricare i materiali di supporto, che non saranno più distribuiti in formato cartaceo. Chi visiterà il Castello di Masino potrà acquisire i materiali digitali anche in loco grazie a un QR code scaricabile direttamente in biglietteria. Per rendere più sicuro il percorso e arricchire l’esperienza, la visita al Castello della Manta sarà guidata: un calendario di visite tematiche che si alterneranno le une alle altre per ogni giornata di apertura. La visita guidata è compresa nel prezzo del biglietto di ingresso.
L’accesso alla biglietteria, al bookshop e ai locali di servizio sarà permesso a un visitatore o a un nucleo famigliare alla volta; nei negozi FAI i clienti dovranno indossare, oltre alla mascherina, anche i guanti. Si invita inoltre a effettuare gli acquisti con carte di credito e bancomat, per ridurre lo scambio di carta tra personale e visitatori.
Tutte le postazioni di lavoro e le aree comuni saranno sottoposte a igienizzazione costante e proporzionata all’utilizzo. Sarà garantito un adeguato ricambio di aria nei locali tramite ventilazione naturale o grazie a impianti regolarmente sanificati.
Apertura a partire da venerdì 22 maggio 2020
per prenotazioni, orari, prezzi ed eventuali modifiche sui percorsi di visita: www.ibenidelfai.it
Visite: solo su prenotazione, in autonomia o guidate; all’ingresso sarà accettata la presentazione del voucher sul dispositivo elettronico. L’accesso alla biglietteria sarà consentito a una persona (o famiglia) alla volta; si prega di rispettare la fila mantenendo le distanze di sicurezza di almeno 1,5 metri. L’accesso è vietato a chi abbia una temperatura corporea superiore a 37.5° o altri sintomi influenzali.
Per prenotazioni e informazioni:
La prenotazione online è obbligatoria; per effettuarla accedere al sito www.ibenidelfai.it
Per ulteriori informazioni:
faimasino@fondoambiente.it; tel. 0125 778100
faimanta@fondoambiente.it; 0175 87822
La riapertura e il calendario “Eventi nei Beni del FAI 2020” sono resi possibili grazie al fondamentale sostegno di Ferrarelle, partner degli eventi istituzionali e acqua ufficiale del FAI, al prezioso contributo di NESPRESSO, nuovo importante sostenitore del progetto, e di PIRELLI che conferma per l’ottavo anno consecutivo la sua storica vicinanza alla Fondazione. Grazie a Golia Herbs che rinnova nel 2020 il suo sostegno al FAI.
www.fondoambiente.it
(foto Paolo Barucci)
Oggi, 21 maggio, era prevista alla Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino l’inaugurazione della mostra sul grande architetto Filippo Juvarra: una mostra pensata e allestita per presentare al grande pubblico, per la prima volta nella sua interezza, il Corpus Juvarrianum, il più consistente fondo di disegni del celebre artista e dei suoi collaboratori.
La mostra, in collaborazione con importanti enti del territorio e sostenuta dalla Fondazione Compagnia di San Paolo, è una delle iniziative dell’anno 2020 dedicato al Barocco ed è stata posticipata all’autunno prossimo.
Come virtuale premessa inaugurale inizia da oggi una serie di suggestioni online sulla mostra e sul Corpus Juvarrianum per accompagnarci all’appuntamento autunnale.
Ouverture: il logo della mostra che sarà il “ritornello” del nostro percorso di avvicinamento nei prossimi mesi.
La musica di sottofondo, di buon auspicio, è la sinfonia La Fortuna in machina, dal primo atto (scena 5) del Giustino di Antonio Vivaldi rappresentato nel 1724 al Teatro Capranica di Roma, per il quale Juvarra firmò qualche anno prima progetti e bozzetti scenografici.
La sinfonia (ms. autografo in Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino, ms. Foà 34, cc. 23v-24r) condivide il ritornello con il primo tempo del concerto La Primavera op. 8 n. 1 (pubblicato ad Amsterdam nel 1725, ma probabilmente composto in precedenza) e con il terzo tempo della sinfonia e il coro “Dell’aura al sussurrar” (I/1) della Dorilla in Tempe (1726).
Nuovo ciclo di comunicazioni tematiche della Biblioteca Nazionale Universitaria e della sua Associazione Amici della Biblioteca: al link www.abnut.it/juvarra dedicato all’iniziativa
La programmazione estiva a San Secondo di Pinerolo / Sarà un’estate tutta o quasi en plein air quella che a partire dalle prossime settimane vedrà riavviarsi la programmazione culturale, espositiva e didattica della pinerolese Fondazione Cosso.
Ancora in un momento di grande difficoltà e dopo il lungo lockdown imposto dall’emergenza sanitaria, la Fondazione – creata nel 2008 da Maria Luisa Cosso e dalla figlia Paola Eynard, salvando dall’abbandono il seicentesco Castello di Miradolo e il suo meraviglioso Parco storico – sta infatti lavorando di buzzo buono per tornare presto ad accogliere i visitatori e le famiglie, cui da sempre è rivolta un’attenzione più che particolare.
In agenda troviamo già numerose attività all’aperto organizzate all’interno degli oltre sei ettari del Parco (1700 alberi, di cui sei monumentali, con circa settanta specie e varietà botaniche diverse) del Castello di Miradolo, sede della Fondazione, “così da garantire –sottolinea la presidente Maria Luisa Cosso – la gestione del pubblico in sicurezza e in termini di distanziamento sociale”. “L’impegno assunto – replica da parte sua la vicepresidente Paola Eynard – per la promozione della cultura del verde e per una riflessione consapevole sulle tematiche ambientali, l’attenzione posta alla progettazione di nuovi paradigmi di relazione e incontro con l’opera d’arte, la ricerca di differenti linguaggi espressivi e performativi sono temi sui quali, in questi anni, la Fondazione ha costruito la propria identità: oggi, il senso di questa continua ricerca assume ancora più significato, per affrontare la ripartenza e provare a costruire nuove modalità di fruizione della cultura”. Ecco dunque, gli appuntamenti già in programma:
Domenica 21 giugno all’alba delle 4.30, il consueto Concerto d’Estate inaugurerà la programmazione estiva e, idealmente, la nuova stagione. Dopo i ripetuti sold out delle precedenti edizioni, la rilettura inedita di “Music for 18 musicians” di Steve Reich, a cura di “Avant-dernière pensée”, tornerà in una veste nuova. Attenzione! Non sono disponibili sedie e il pubblico è invitato a portare un plaid da casa. La prenotazione é obbligatoria.
A giugno riapre i battenti (avrebbe dovuto chiudersi il 3 maggio scorso) la mostra fotografica dedicata all’ “irriverente” Oliviero Toscani. Il grande progetto espositivo, concepito appositamente per svilupparsi nelle sale del Castello e nel Parco, traccia un quadro completo dell’opera di Toscani, dagli esordi alle più famose campagne che hanno caratterizzato il suo stile, dalle immagini iconiche agli incontri della sua carriera, che lo collocano tra i grandi della fotografia mondiale. Il percorso espositivo propone un’ampia sezione all’aperto, con i progetti “Hardware+Software”, “Razza umana” e “Manifesti pubblicitari”, grandi installazioni che dialogano con la natura e con il mutare delle stagioni.
Ogni giovedì del mese di luglio alle 21.30, sarà la volta del Cinema nel Parco con le cuffie e come consuetudine con coperta che il pubblico porterà da casa per accomodarsi sul prato: tutto intorno solo le lucciole e i suoni della natura. La programmazione prevede diverse proposte anche per le famiglie con bambini. Prenotazione, anche qui, obbligatoria.
Un altro obiettivo per i prossimi mesi sarà il consolidamento delle proposte digitali sviluppate durante il periodo di lockdown, a partire dal progetto didattico “Da un metro in giù”, diventato anche digitale e che ora prevede la distribuzione periodica e gratuita di un “Giornale dei Giochi”, quale strumento didattico destinato sicuramente ai piccoli, ma dedicato anche agli adulti. “Unico requisito per partecipare – dicono alla Fondazione – è adottare lo sguardo dei bambini”. Tutti i giochi “Da un metro in giù” creati in queste settimane sono disponibili gratuitamente sul sito internet della Fondazione Cosso ( www.fondazionecosso.com ) e sui canali social, oppure è possibile riceverli tramite la newsletter.
Per info: Fondazione Cosso – Castello di Miradolo, via Cardonata 2, San Secondo di Pinerolo (Torino), tel. 0121/502761.
Gli orari e i giorni di apertura saranno rimodulati, favorendo l’accesso su prenotazione per meglio gestire gli ingressi dei visitatori. Per le prenotazioni: e-mail prenotazioni@fondazionecosso.it
g. m.
La 19esima edizione del GLocal Film Festival di Torino svoltasi di recente ha ospitato l’anteprima regionale del documentario “Moka noir: a Omegna non si beve più caffè” del regista svizzero ticinese Erik Bernasconi con la sceneggiatura di Matteo Severgnini, giornalista e scrittore omegnese.
La rassegna, ideata dall’Associazione Piemonte Movie che ogni anno porta in sala il meglio della produzione cinematografica piemontese, anche quest’anno ha dato visibilità al cinema “di casa nostra”, contribuendo a dare il giusto spazio a quei film che nel loro percorso hanno incrociato il Piemonte.
In “Moka Noir”, un regista-detective con un’indagine, ironicamente condotta in stile poliziesco, ricerca il colpevole della scomparsa del polo industriale del casalingo di Omegna, sul lago d’Orta. Matteo Severgnini, in una intervista ha dichiarato di aver “sentito il bisogno di narrare ciò che stava accadendo alla mia città. Vedevo e vedo tuttora molta gente tirar sera per le vie di Omegna, e non parlo solo dei pensionati e degliumarell, i vecchietti che osservano i lavori nei cantieri, ma anche di giovani e persone in età da lavoro, e ho cominciato a interrogarmi su questo fenomeno da imputare, ovviamente, alla crisi industriale, alla chiusura delle fabbriche del settore casalingo che hanno fatto la storia di Omegna e dell’Italia intera”. Già qualche anno fa raccontò la vita di Alfonso Bialetti e la sua invenzione in un audiodocumentario della RSI, la Radiotelevisione svizzera intitolato “L’invenzione della mok”, sostenendo come “l’invenzione della moka non abbia modificato soltanto il modo di fare il caffè, ma abbia anche influenzato nel profondo la socialità degli italiani”.
Una storia dalle radici lontane e originalissime. “ La moka venne inventata nel 1933 da Alfonso Bialetti – afferma Severgnini – reduce da esperienze migratorie e ispirato dalla moglie che faceva il bucato con la lisciveuse, l’antesignana della lavatrice; uno strumento, dotato di una sorta di caldaia e di un tubo, il cui funzionamento ricorda in parte proprio quello della moka”. “Moka noir” è stato pensato come una sorta di scatola cinese, come una storia che contiene altre storie e che hanno portato gli autori a pensare al territorio come ad una persona, un tempo in buona salute e dotata di una certa vitalità, che era stato uccisa. A partire da questa metafora è stato quasi naturale costruire il film come un’inchiesta di polizia in stile giallo-noir. Un modo originale per raccontare la storia di una realtà che la crisi ha ridimensionato drasticamente l’economia di quella che un tempo è stata la capitale italiana dell’industria del casalingo. Omegna, conosciuta come paese di pentole e caffettiere che ha dato i natali a Gianni Rodari, ha vissuto l’intero ciclo ascendente di questo settore che segnò per alcuni decenni la storia industriale dell’area attorno al lago d’Orta. Un successo che affondava le sue radici nel boom economico, sui consumi di massa e la competitività in termini di costo del prodotto. Realtà come Bialetti, Girmi, Lagostina e Alessi dominarono il mercato, entrando nelle case e nelle cucine degli italiani. Le stesse imprese operavano in un distretto territorialmente ben definito e risultavano fortemente ancorate a tradizioni industriali legate ad alcune famiglie che avevano fatto leva sulla capacità inventiva, l’innovativo design e l’abilità manifatturiera per costruire il loro successo. La globalizzazione , la saturazione dei mercati con prodotti di minor qualità a prezzi modesti creò problemi enormi agli elettrodomestici marcati Girmi, alle pentole a pressione Lagostina e alle caffettiere Bialetti dell’indimenticabile “omino coi baffi” al punto che , dagli anni ’90 in poi, la crisi diventò sempre più evidente. Tra le realtà storiche solo Alessi, con un impegno caparbio che accompagna l’assoluta qualità dei prodotti, ha tenuto alta l’immagine e la storia di un settore che un tempo era una monocultura industriale capace di influenzare economia e sviluppo sociale dell’intera zona.
Marco Travaglini