CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 5

CAMERA a Les Rencontres d’Arles con la mostra su Letizia Battaglia

 

Arles, dal 7 luglio al 5 ottobre 2025

CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia è lieta di annunciare la sua partecipazione al prestigioso Les Rencontres d’Arles 2025, il più importante festival di fotografia in Europa, in programma dal 7 luglio al 5 ottobre 2025 nella famosa cittadina francese, con la mostra Letizia Battaglia. Always in search of life curata da Walter Guadagnini, direttore artistico di CAMERA.

Il festival, nato nel 1970 nella città provenzale, si tiene ogni estate e rappresenta un punto di riferimento fondamentale per fotografi, curatori, critici e appassionati che raggiungono la Francia da ogni parte del mondo. Con numerose esposizioni diffuse in luoghi storici e spazi culturali della città, Les Rencontres d’Arles offre uno sguardo sul panorama internazionale attraverso progetti fotografici innovativi e approfondimenti su tematiche sociali, artistiche e culturali.

La mostra, coprodotta da CAMERA con Jeu de Paume, dopo una prima tappa a Tours trova una nuova casa nell’affascinante Chapelle Saint-Martin du Méjan di Arles con 160 immagini, tra stampe originali e moderne, e 20 documenti tra riviste e giornali per raccontare il lavoro della fotografa palermitana.

Grazie alla collaborazione con l’Archivio Letizia Battaglia, il progetto vuole mostrare le tante sfaccettature dell’attività della fotografa e il suo costante impegno sociale dagli esordi a Milano negli anni Settanta fino alla morte, avvenuta nel 2022. L’esposizione restituisce la potenza narrativa delle sue immagini, capaci di documentare senza filtri la violenza mafiosa, la dignità dei più fragili, ma anche la bellezza e le contraddizioni di Palermo e della Sicilia.

“CAMERA è tra i protagonisti al festival di Arles con una mostra dedicata a Letizia Battaglia, una delle più importanti fotografe italiane e un personaggio dalla dimensione internazionale. Siamo felici di trovarci in questo luogo che, nel corso dell’estate, diventa il centro nevralgico della fotografia mondiale – commenta Walter Guadagnini, direttore di CAMERA – un festival che da sempre scrive la storia della fotografia, trampolino per i talenti di domani e piattaforma dove si costruiscono nuove visioni. A rendere ancora più bello questo momento è la collaborazione con il Jeu de Paume, tempio della fotografia francese, che riconferma la reputazione anche internazionale che CAMERA ha conquistato nei suoi primi dieci anni di vita”.

 

“Una grande estate per CAMERA – commenta Emanuele Chieli, il presidente di CAMERA – che ha ricevuto, lo scorso 21 giugno ad Ostuni, uno dei più importanti riconoscimenti internazionali per la fotografia: il Lucie Award, nella categoria Spotlight. E ora CAMERA approda ad Arles e lo fa con una mostra di grande rilievo scientifico e sociale, realizzata insieme a prestigiose istituzioni. Nuove collaborazioni che ci rendono molto fieri e che confermano una crescita nazionale e internazionale, particolarmente significativa nell’anno che coincide con il nostro decimo anniversari. Dopo Arles l’esposizione proseguirà il suo tour in Italia e, nel 2026, approderà infine a Torino, negli spazi di CAMERA.”

Riparte Movie Tellers: la carovana del cinema

Riparte Movie Tellers – La carovana del cinema, rassegna di cinema & food che mette al centro le sale cinematografiche regionali e il loro pubblico, promuovendo la circuitazione di opere filmiche legate al territorio.

La 5a edizione, in programma dal 2 al 31 luglio, porterà in 25 città delle 8 province regionali, 25 film frutto della fervida produzione piemontese indipendente  4 lungometraggi, 4 documentari, 17 cortometraggi -, dando vita a una ricca rassegna composta da 27 appuntamenti con 123 proiezioni totali, grazie al sostegno del bando per la valorizzazione delle sale cinematografiche della Regione Piemonte e all’instancabile lavoro sul territorio di partner come Film Commission Torino Piemonte, Museo Nazionale del Cinema, TorinoFilmLab, Torino Film Festival, Agis-Anec Piemonte e Valle d’Aosta e Distretto Cinema.

Tra gli ospiti di questo mese all’insegna del cinema local, i registi Gianluca e Massimiliano De Serio, Davide Ferrario, Matteo Tortone, Alessandro Negrini, Andrea Icardi, le registe Beatrice Surano e Miriam Muraca, i produttori Enrico Cerasuolo e Fabrizio Nucci, l’attore Emilio Scarpa, il musicista e compositore Cristiano Lo Mele.

Organizzata dall’Associazione Piemonte Movie, che festeggia così i propri 25 anni di vitaMovie Tellers fa tappa anche a Torino l’8, 9 e 10 luglio, intrecciandosi con ’Cinema sulla Pista 500’ per le proiezioni di tre documentari: Canone effimero di Gianluca e Massimiliano De Serio, The Lost Legacy of Tony Gaudio di Alessandro Nucci, Italo Calvino nelle città di Davide Ferrario.

Nel corso di Movie Tellers, saranno proiettati anche i lunghi di fiction Onde di terra di Andrea Icardi, Sulla terra leggeri di Sara Fgaier, L’ultimo viaggio di Lorenzo Ceva Valla e Mario Garofalo e Zamora di Neri Marcorè; il doc La luna sott’acqua di Alessandro Negrini; e i film brevi Al termine della notte di Stefano Moscone, Choices&Changes di Miriam Muraca, Domenica sera di Matteo Tortone e Mefite di Beatrice Surano. 

Accompagnati dalle sonorizzazioni dal vivo di film muti dalla Cineteca del Museo del Cinema e un cortometraggio contemporaneo realizzato dall’archivio di Alfieri Canavero; i 9 corti del progetto TFF Sguardi Puri ad opera di giovani filmmaker local; e la nuova esibizione della mostra fotografica Ritratti Di Cinema a Verbania.

                     

A Torino si uniscono Asti, Cuneo, Novara, Verbania, Vercelli e 19 comuni sparsi per il Piemonte.

Qui, Movie Tellers porterà il classico format che unisce film e degustazioni, per valorizzare condivisione e convivialità: dalle 18 si susseguono le proiezioni di corti, doc, lunghi e sonorizzazioni, inframezzati da un aperitivo a base di prodotti enogastronomici locali, il tutto a un costo d’ingresso volutamente accessibile di 7€ (ridotto 5€).

Rock Jazz e dintorni: Lucio Corsi-Baustelle e i Thirty Seconds to Mars

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA

Lunedì. Per Flowers Festival a Collegno, si esibisce il cantautore Alfa.

Martedì. Per il Festival “Collisioni” ad Alba in piazza Medford, suoneranno i Thyrty Seconds to Mars, preceduti dai Les Votives. Per Flowers è di scena Lucio Corsi e i Baustelle.

Mercoledì. Allo stadio Olimpico Grande Torino arriva Marco Mengoni. All’Osteria Rabezzana si esibiscono i Ritmo Diferente. Al Flowers Festival sono di scena gli Offlaga Disco Pax + Murubutu , preceduti dal rapper Dutch Nazari. Per Evergreen Fest alla Tesoriera si esibisce Ron.

Giovedì. Al Flowers Festival arriva Tananai. Per Evergreen Fest musica dal vivo e visual performance con Giorgio Li Calzi, Valerio Corzani e Andrea Daddi.

Venerdì. Per Evergreen Fest si esibisce Andrea Cerrato. Al Circolino, jazz con gli Hibaku Jumoku.

Sabato. Per il Flowers Fest a Collegno sono di scena i Pop X e Dov’è Liana. Allo stadio Olimpico Grande Torino arriva Cesare Cremonini. Per “Collisioni” ad Alba è di scena Irama preceduto da Sayf. Per Evergreen Fest suona il Duo Dans Le Vent, a seguire Il Muro del Canto presenta :La mejo medicina.

Domenica. Al Flowers Festival si esibisce Marco Castello. A chiudere il Festival “Collisioni” arriva Sfera Ebbasta, preceduto da Promessa, Nabi e Kid Yugi. Per Evergreen Fest suona il Mythos Random Quartet.

Pier Luigi Fuggetta

Corconio, il lago d’Orta e “l’esilio rigeneratore” di Soldati e Bonfantini

 

Corconio è una frazione in collina di Orta San Giulio dove, tra il 1934 e il 1936, Mario Soldati e Mario Bonfantini trascorsero un lungo periodo dopo averlo scelto come luogo di volontario “esilio rigeneratore” per uscire da “storte vicende sentimentali”. Nel 1934 Mario Soldati aveva 28 anni, era già stato in America, si era sposato con Marion Rieckelman  – una sua allieva della Columbia –  e da qualche tempo scriveva sceneggiature per la Cines-Pittaluga di Roma. Ma, sfortunatamente, era incappato in Acciaio, film tratto da un soggetto di Pirandello, diretto da Walter Ruttmann: più che un insuccesso, un vero disastro. Si ritrovò licenziato, senza una lira e per di più anche un po’ sospetto agli occhi del Regime. Così prese una decisone netta, pur essendo per indole poco incline agli atti estremi: lasciò Roma e raggiunse l’amico Bonfantini a Novara e da lì,  in bicicletta, pedalando su strade sterrate e polverose “con ritmo quasi da professionisti” arrivarono al buen retiro di Corconio, stregati da panorama tra il lago, le montagne e le antiche case di pietra. Quel posto divenne il suo luogo dell’anima, del vino, delle carte : ci rimase due anni, lontano da Roma e dal cinema, in compagnia di Mario Bonfantini  (“vivendo la scrittori”) e della gente del posto. Nel racconto Un lungo momento magico lo scrittore torinese rievocò le circostanze che lo avevano spinto a cercare rifugio sul Lago d’Orta. Lo fece dopo la morte di Bonfantini, “ponendo fine al silenzio su quell’esperienza dovuto forse a quella forma di pudore cui si ricorre a volte per proteggere le cose più care”.

In quel tempo Soldati scrisse il suo primo e bellissimo libro, America primo amore, diario e racconti del giovanissimo intellettuale europeo della sua esperienza di vita negli Stati Uniti, tantissimi articoli e vari altri scritti tra cui la prima parte de La confessione. Soggiornarono all’albergo della famiglia Rigotti , quasi adottati da quella famiglia, dove Angioletta e sua sorella Annetta, la “Nitti”, mandavano avanti l’attività , perché il padre, pa’ Pédar, “badava alla campagna, alle bestie, a fare il vino, a distillare la grappa clandestina, a commerci vari, a divertirsi e battere la cavallina”. Corconio, cento abitanti allora, fu un luogo importante per Soldati e Bonfantini, in grado di offrire sorprese e meraviglie tra le pieghe più insospettabili della vita quotidiana, in prossimità del lago e sotto il “meraviglioso miraggio” del Monte Rosa. Lì condivisero con la comunità del piccolo borgo la vita, lenta e piacevole, scandita dalle partite di bocce e dalle “lunghe giornate al tavolino, ore interminabili proficue, difese e ovattate dal silenzio delle lente nebbie”. Conoscono personaggi eccentrici, ascoltando i loro racconti: il Nando, un “matto pacifico” che credeva di essere un genio della politica e si riferiva a se stesso in terza persona; il Cesarone, un uomo che aveva venduto sua moglie a un ricco capo mastro emigrato negli Stati Uniti. Insomma, fu un periodo d’incontri e di lavoro in un atmosfera dove Mario Soldati, cresciuto negli ambienti della borghesia sabauda, scoprì i valori della civiltà contadina, restandone influenzato. Soldati riconobbe l’importanza di quell’esperienza , parlando dell’antica amicizia con l’altro Mario, quando scrisse:..il momento più importante della nostra amicizia e forse anche della sua e della mia vita è tra l’autunno del 1934 e la primavera del 1936, quando il destino ci appaiò, ci assecondò nella scelta di un volontario esilio sul lago d’Orta: quell’autoconfino rigeneratore, quel delizioso paradiso perduto e ritrovato che accogliendo lui e me, Mario il vecchio e Mario il giovane, ci salvò in extremis da strazianti, estenuanti, storte vicende sentimentali e restituì l’uno e l’altro al suo vero se stesso. Fa bisogno di dire che recuperammo allora, e conservammo poi per sempre, il senso della realtà, della bellezza, della vita”. Sul finire della lunghissima parentesi romana, a metà degli anni Cinquanta, poco prima del suo “rientro al Nord”, Soldati frequentò assiduamente le zone della giovinezza come “villeggiante fuori stagione”, sul lago d’Orta e sul Maggiore, dove nacquero – ad esempio – i racconti de La Messa dei villeggianti.

A Orta e Corconio, Mario Soldati tornò anche per girare nel ’59 Orta mia, un magnifico cortometraggio della collezione Corona Cinematografica, di grande ed elegante narrazione, girato in un superbo Ferraniacolor. Già nel  1941 aveva scelto il lago per realizzarvi le scene conclusive del film Piccolo mondo antico e, successivamente, vi ambientò alcuni dei suoi Racconti del Maresciallo. Il filmato di Orta mia si chiude sulla terrazza di una vecchia osteria affacciata sul lago, richiamando il luogo che aveva accolto i due amici tanti anni prima. Per una significativa coincidenza, anche Mario Bonfantini, nel suo volume Il lago d’Orta del 1961, scelse di congedarsi dai suoi lettori con la stessa immagine di Soldati, descrivendo così l’albergo Rigotti: “Una modesta casa di belle linee dove era fino a non molti anni fa una cortese locanda: v’è chi sostiene che dalla sua lunga terrazza si gode, in ogni stagione, la più bella vista del lago”. Ora l’albergo non c’è più, ma tutto il resto è rimasto più o meno come allora. Dalla Chiesa di S. Stefano alla seicentesca villa della famiglia Bonola. La stazione , col quel rosso ferroviario dei muri sempre più smunto, da tempo è una casa privata: lì, i treni che sferragliano sulla Domodossola-Novara, non si fermano più da una vita. Ma se i muri delle case potessero parlare chissà quanti racconti avrebbe in serbo Corconio. Storie per chi sa ascoltare e non ha fretta. Come non ne avevano, a quel tempo, i due Mario.

Marco Travaglini

Le arcaiche “creature” di pietra di Savin

Oggi fra i più apprezzati e noti artisti – artigiani della Vallée

“Stele. Donato Savin” al valdostano “Forte di Bard” 

Fino al 31 dicembre

Rocce allungate verso il cielo o verso cime più alte. “Stele” come divinità protettrici o guerrieri posti in difesa di mura e ardui luoghi fortificati o ancora (perché no?) presenze aliene, sicuramente pacifiche, radicate in costoni di pietra diventati ormai protettivo rifugio terreno. Da alcuni giorni, e fino a mercoledì 31 dicembre, chi è salito o salirà lungo l’ultima parte della strada interna che porta alla sommità del “complesso fortificato” di Bard, troverà lungo il cammino, a fargli buona e piacevole compagnia, le opere di Donato Savin (classe ’59), valdostano doc di Cogne, residente e operante in frazione Epinel. La mostra, curata da Aldo Audisio in collaborazione con l’“Associazione Forte di Bard”, presenta dopo una serie di importanti esposizioni in Italia e all’estero,  una selezione di 30 opere del progetto “Stele” avviato dall’artista alcuni anni fa: si tratta di rocce posizionate su essenziali basi di ferro che ben si integrano con la maestosità delle grandi murature e creano un’inedita esposizione “en plein air”.

Gli inizi artistici di Savin risalgono piuttosto indietro negli anni, allorchè un bel giorno, visitando la celebre “Fiera di Sant’Orso” ad Aosta, scopre l’artigianato tradizionale, ricco di espressioni artistiche. Per Donato è un’autentica folgorazione. Alla vista di quelle opere che spesso é troppo riduttivo chiamare “artigianali”, gli si apre un nuovo entusiasmante mondo. Lì, sceglie un suo nuovo percorso di lavoro e di vita, avvicinandosi alla pietra che inizia a scolpire instancabilmente. Tanto che, nel 1987, partecipa lui stesso alla “Fiera” e vince uno dei più prestigiosi premi. È l’inizio della sua carriera, che lo vede scegliere definitivamente a materia del suo “produrre” le rocce delle sue montagne, tastandole, scolpendole, modificandone con avveduta oculatezza le forme, soffermandosi sui verdi acidi dei licheni mescolati alle venature del marmo o alla lieve porosità della pietra.

“L’idea della ‘Stele’ – racconta Savin – mi venne ad Aosta al ‘Museo Archeologico’. Vidi in quelle forme di rocce allungate ‘Dèi di Pietra’ e iniziai a cercare pezzi di scisti di quel tipo, cosparsi di licheni. Le mie opere restano aperte ad ogni interpretazione. Io ci vedo degli Dèi, specialmente femminili, che salgono verso l’alto; quando non ci sarò più, saranno i testimoni del mio passaggio nella vita terrena”. Un mondo di pietra, immobile, grandioso, fermato nel tempo a raccontare l’amore di Savin per la sua terra. Opere di pietra solide, dure, inamovibili ma palpitanti nel battere di un loro “cuore” che è il “cuore” dell’artista, che le rende ”uniche” ed “irripetibili”. Proprio come sono i frutti di un infinito amore.

“Toccare la roccia, sentirla con le mani e poi modificarla – sottolinea ancora Savin – è un modo per estraniarsi dal mondo. Liberarsi e sognare, far rivivere tante cose che ho appreso da bambino osservando i montanari. Un mondo di cui sono parte che, con le mie opere, cerco di perpetrare nel futuro, rinnovandolo”. Una sorta di “universo parallelo”, eppure così tenacemente radicato ad un paesaggio che ne è grembo materno, da cui prende vita e forma nella sua essenziale verticalità e in quel suo voluto, suggestivo gridare, di voce alta, al cielo.

Spiega la presidente del “Forte di Bard”, Ornella Badery“Siamo lieti di presentare ai tanti visitatori che ogni giorno percorrono il camminamento interno del ‘Forte’ questo iconico progetto firmato da Donato Savin, maestro dell’artigianato contemporaneo che interpreta e rivisita le rocce delle sue montagne in modo essenziale. Le rocce di Savin creano un potente dialogo con le pietre del ‘Forte’ e si fondono con armonia nel paesaggio circostante creando un itinerario artistico ricco di suggestione”.

Arte, spiritualità e natura. I tre elementi che fanno da ideale collante alle “rocciose” opere dell’artista cogninese (o cougnèn, in patois valdostano), che sarà altresì presente, da lunedì 28 luglio e per tutta l’estate, a Cogne nella mostra diffusa “Donato Savin. La vita attorno a me”, organizzata da “Fondation Grand Paradis” nell’ambito del 28° “GPFF – Gran Paradiso Film Festival”.

Gianni Milani

“Stele. Donato Savin”

Forte di Bard, via Vittorio Emanuele II, Bard (Aosta); tel. 0125/833811 o www.fortedibard.it

Fino al 31 dicembre

Orari: dal mart. al ven. 10/18; sab. dom. e festivi 10/19

Nelle foto: Donato Savin: “Stele”

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

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SOMMARIO: Pier Giorgio Frassati, un santo borghese – Premi e “amichettismo”- Giovanna Cattaneo Incisa della Rocchetta – Lettere

Pier Giorgio Frassati, un santo borghese
Cent’anni fa moriva Pier Giorgio Frassati (nella foto di copertina) che verrà proclamato santo in settembre dal Papa. Una figura straordinaria che, appartenendo ad una ricca ed importante famiglia piemontese, seppe farsi carico di una testimonianza cristiana autentica, fondata sull’altruismo e la  dedizione ai disagiati. Ho conosciuto la sorella Luciana Gavronska  che dedicò anni della sua vita per far conoscere il fratello morto. Spesso mi parlò di lui. Mario Soldati diede un contributo non indifferente alla causa della sua beatificazione durata troppo a lungo: i tempi del santo subito verranno tanti decenni dopo. Per Frassati fu applicata la regola dei piccoli passi. A sbloccare lo stallo fu il Papa polacco.
Jas Gavronski che  ha scritto mirabilmente dello zio, mi parlò di questo credente con i fatti e non con le parole, nato in una famiglia  in cui la religione cattolica non era certo così sentita. Il senatore Frassati, padrone de “La stampa” che  era  considerato un  miscredente se non un  framassone, fu molto impressionato dalla lezione umana e religiosa  del figlio.  Pier Giorgio fu confuso erroneamente da tanti   con i “santi sociali”  torinesi come don Bosco e il Cottolengo. La sua storia fu totalmente diversa come è facile da cogliere pensando alle opere dei due santi torinesi considerati sociali.
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Premi e “amichettismo”
Mario Pannunzio fu un critico severo dei premi letterari, compreso lo “Strega” che venne attribuito al suo amico Ennio Flaiano. Per dirla con una parola attuale molto in voga i premi si reggono sull’amichettismo e sui baratti tra case editrici . Anche sui legami politici perché certi partiti si sono infilati anche nei premi letterari. Ho assistito alla parte finale del premio 2025 naturalmente  su Rai 3 e più volte sono stato tentato di spegnere il televisore.
Più che un premio letterario sembrava quasi un comizio a molte voci, ma con temi sempre uguali, come un ossessionato antisemitismo filo palestinese. Mi era capitato in altri tempi di seguire più da vicino il premio che porta il nome del  liquore Strega, oggi quasi dimenticato. Io ho una bottiglia in casa di “Strega” e ogni volta che cerco di rifilarlo ai miei ospiti ne ottengo un rifiuto. Forse è il premio a danneggiare il buon nome del liquore. Avevo avuto anche modo di poter avere un assaggio del premio in un bellissimo paese del ponente ligure. Peccato che anche lì l’incaricata della piccola kermesse non fosse all’altezza, anche se possiede un altissimo tasso di faziosità.  Era facile con Franceschini , oggi con Giuli (che non è certo una cima) è meno facile il trionfalismo nei confronti di un premio nato da una mediocre scrittrice e dai suoi amici della domenica. Se la Bellonci si fosse dedicata alle scampagnate, forse sarebbe stato meglio.
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Giovanna Cattaneo Incisa della Rocchetta
La Marchesa – per matrimonio – Incisa della Rocchetta – che nascose il titolo nobiliare da quando entrò in politica con il PRI ,ha avuto il riconoscimento di un ricordo cittadino. Se non fosse stato per il caldo, sarei anche intervenuto: era un’amica. Il lavoro fatto per la Gam e per palazzo Madama è stato egregio, anche se non era laureata in storia dell’arte ed era una semplice appassionata.
Torino le deve essere grata. Ma come sindaco non è stata certo significativa. Venne eletta dopo la precipitosa fuga di Zanone che così diede il via al suicidio del PLI  e dovette lasciare il posto dopo pochi mesi al commissario Malpica, uomo di Scalfaro, considerato in tempi successivi responsabile di malefatte  certo non a lui attribuibili. Nei pochi mesi di governo si limitò a galleggiare. Le ambizioni dei vari Marzano e altri consiglieri e assessori non le consentirono di toccare palla.
La maggioranza si sfaldò e si tornò a nuove elezioni con un nuovo sistema elettorale che prevedeva l’elezione diretta dei sindaci. Venne eletto per dieci anni Valentino Castellani, il migliore sindaco dopo Peyron. Incisa fu rieletta  consigliera insieme a Marino e Lodi, per Marzano fu una debacle che decretò la sua fine politica, anche se poi, passando al pds, tornò  in Sala Rossa. Anche Dondona, liberale, non venne rieletto, ma tornò in Comune con Forza Italia. Forse sarebbe stata anche una brava sindaca, sia pure senza esperienza. A sostenerla fu Giorgio La Malfa paracadutato a Torino da suo padre Ugo: Donat Cattin lo definì Gesù Bambino. Anche lui come Zanone distrusse un partito, il PRI che Silvano Alessio aveva costruito. L’unica donna politica del PRI in Piemonte e non solo è stata Bianca Vetrino, sindaco di Pino torinese, consigliere regionale di tre legislature, assessore alla Sanità e Vice Presidente della Giunta Regionale. Un partito serio avrebbe dovuto portarla in Parlamento. Susanna Agnelli non aveva nulla di repubblicano se non un certo snobismo . Ma Bianca come Viglione ha sempre preferito impegnarsi in Piemonte anche come presidente del Traforo del Monte Bianco.
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LETTERE
scrivere a quaglieni @gmail.com
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Il capitano Medaglia d’oro Franco Balbis
Ho molto apprezzato a suo tempo che Lei e il gen.  Franco Odello abbiate ricordato ad Alassio con la presenza del sindaco Melgrati il capitano Medaglia d’oro Franco Balbis caduto al Martinetto sotto il fuoco dei fascisti nel 1944. Partecipai alla cerimonia più di dieci anni fa quando si scoprì la lapide per Balbis voluta da Lei e da Lelio Speranza nell’istituto salesiano dove Balbis era stato allievo. Sono passato ieri a lasciare un fiore in ricordo di un vero patriota dimenticato forse anche perché valoroso combattente ad El Alamein. Assistei però anche  ad un episodio indegno che guastò in modo irrimediabile la bella  cerimonia perché l’alfiere  della FIVL, presente alla manifestazione,  aggredi’ con male parole e con  il ricorso alla violenza fisica il comandante partigiano Lelio Speranza vice presidente nazionale della FIVL , vicino ai 90 anni. Uno dei presenti in modo incredibile disse che tra gentiluomini queste cose non si fanno ,ma l’unico gentiluomo era Speranza. Fu un episodio vergognoso a cui assistette il direttore dell’istituto salesiano e credo anche Lei ed altri. Lei si ricorda del fatto ?  G. B. Sbarbaro
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Mi ricordo del fatto increscioso a cui credo abbia anche assistito il sindaco di Alassio Canepa e altri invitati.  So anche i motivi dell’aggressione, ma evito di ricordarli. Non erano certo nobili.  L’alfiere  era un contadino un po’ troppo rustico e ruspante che non fece mai la Resistenza. Alla sua morte venne esaltato per cose che non ha mai fatto e forse non sarebbe mai stato in grado di fare. Pace all’anima sua. Certo rovinò con la sua irruenza la manifestazione per Balbis che lui sì, diede la vita per un’Italia libera. Un episodio triste  da dimenticare. L’alfiere in questione in effetti era di fatto un simpatizzante dell’ ANPI, come mi capitò di constatare nel corso di  una penosa riunione anch’essa da rimuovere a cui partecipai e in cui Speranza venne attaccato violentemente dall’ alfiere.
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L’equilibrio dei poteri
La frequenza con cui  i TAR, la Cassazione e la Consulta intervengono sull’operato del governo e delle Regioni fa pensare che i diversi  poteri dello Stato non rispettino gli equilibri stabiliti dalla Costituzione. Forse è solo un’impressione o il legislatore odierno non riesce più  a legiferare con la dovuta chiarezza e correttezza costituzionale. Lei cosa ne pensa?    Gina Resto
In poche righe è impossibile rispondere. E’ difficile non pensare che in alcuni casi ci siano pregiudizi politici piuttosto evidenti. Va altrettanto riconosciuto che non sempre il legislatore si rivela all’altezza  del suo compito. Manca in molti ministri, sottosegretari e parlamentari una cultura giuridica e questo appare altrettanto evidente. C’è gente neppure laureata al governo. Il tema nel suo insieme è  un argomento troppo incandescente per… affrontarlo con questo caldo. Rinviamo il discorso a settembre, così  avremo modo di riflettere su un punto molto delicato della nostra vita democratica.

“Collisioni” inizia col botto

 Una inaugurazione col botto quella di ieri sera a Collisioni festival in una Piazza Medford gremita insieme alle lunghe code, di quasi due chilometri, che hanno riempito la Città di Alba e l’hanno trasformata nel cuore pulsante della scena musicale italiana con il concerto di Gigi D’Agostino preceduto da Roberto Molinaro, producer italiano attivo dagli anni ‘90, noto per il suo stile techno ed eurodance, che ha collaborato con gli Eiffel 65 e Gabry Ponte.

Gigi D’Agostino è stata affidata la grande apertura della 17a edizione del festival, protagonista di un lungo show durato oltre 3 ore, in una grande festa dell’estate piemontese strabordante di pubblico di ogni età: da “Lento Violento” ai suoi tanti grandi successi, Gigi D’Agostino ha fatto ballare l’intera Piazza Medford al ritmo della sua musica.

 

Prossimo appuntamento atteso con la data internazionale di martedì 8 luglio, aperta da Les Votives, band milanese dal sound “chic rock” ispirata agli anni ‘60/’70, con un tocco contemporaneo, che ha conquistato il secondo posto a X Factor nel 2024, per continuare con l’attesissimo live dei Thirty Seconds to Mars, la band di fama mondiale e multi-platino composta dai fratelli Jared e Shannon Leto.

Il concerto ad Alba sarà una grandissima occasione da non perdere, per ascoltare le loro canzoni più iconiche, oltre ai nuovi brani pubblicati nell’ultimo disco It’s The End Of The World But It’s A Beautiful Day” uscito il 15 settembre 2023 da Virgin Records.

 

Si prosegue con la line up di Collisioni sabato 12 luglio con Shablo + Joshua + Mimì + Tormento. Proseguirà la serata Sayf, giovane rapper italo-tunisino di Genova che mescola con stile proprio e grande originalità lo street rap e il cantautorato in un mix unico, capace di renderlo oggi una delle voci più promettenti della scena rap italiana.

 

Ad accendere la notte di Collisioni sarà poi Irama, artista amato da un pubblico trasversale, capace di emozionare giovani e non, che incanterà Alba con un live memorabile e con tutte le sue hit che, ad oggi, gli hanno fatto collezionare 53 dischi di Platino e 4 oro e oltre 2,5 miliardi di streaming, consacrandolo come uno degli artisti di maggior successo nell’attuale panorama musicale italiano. Il suo sarà uno show coinvolgente che trasformerà il palco di Collisioni in un luogo di condivisione e intensa emozione per tutti i fan.

 

Non mancherà anche quest’anno l’appuntamento con la ‘Giornata Giovani’ di Collisioni, che negli ultimi anni ha caratterizzato il programma del festival, capace di renderlo una manifestazione in grado di sintonizzarsi con il pubblico dei giovani e dei giovanissimi, mettendosi in ascolto dei nuovi linguaggi, abbattendo le barriere intergenerazionali. Quattro gli artisti protagonisti della Giornata Giovani in collaborazione con Banca D’Alba che, domenica 13 luglio, infiammerà il pubblico con una line-up d’eccezione e con una maratona di oltre 5 ore di musica no-stop: il primo a calcare il palco del Festival sarà Promessa, il giovane rapper milanese la cui particolarità è saper rappare molto bene, senza doversi per forza piegare alle mode musicali del momento con una tendenza old school in chiave innovativa. Il suo EP ‘Vite Sgrammate’, ha totalizzato più di 1 milione di streams in meno di un mese dalla sua uscita.

 

A seguire sul palco salirà Nabi, artista classe 2004, madrelingua francese, originario della Guinea Conackry. Prima di trasferirsi stabilmente a Milano, ha vissuto a Parigi, città che gli ha trasmesso numerose influenze. I singoli “Felicità” in collaborazione con Néza, “Guérrila” e “Plaquette” gli hanno permesso di posizionarsi tra i volti emergenti più interessanti del panorama.

 

La Giornata Giovani proseguirà poi con il live dell’attesissimo Kid Yugi, artista di riferimento dei giovanissimi che fonde musica rap e urban a citazioni letterarie e di spessore, creando un mix unico e innovativo. Il suo album del 2024 ‘I nomi del Diavolo’ è stato il disco più ascoltato al mondo nei primi tre giorni dall’uscita su Spotify (Top Albums Debut Global Chart) oltre a essere stato certificato 4 Platino e aver superato le 200.000 copie.

 

Infine sarà Sfera Ebbasta, il Trap King con 230 Dischi di Platino e 32 d’oro, oltre a una solida fanbase multigenerazionale che sfiora i 5 milioni di follower su Instagram, a chiudere con un grande live la diciassettesima edizione di Collisioni. Indiscusso recordman di vendite e di sold out, torna sul palco di Collisioni per portare ad Alba la sua storia in musica, dalle origini alla fama globale passando per il ritorno al blocco con l’ultimo album ‘X2VR’, già quintuplo Disco di Platino.

 

COLLISIONI INCONTRA LoST-EU

Prosegue anche quest’anno la collaborazione col progetto LoST-EU, dedicato alla promozione in Italia e in Europa delle eccellenze casearie italiane. Nell’area hospitality di Collisioni saranno raccontate agli ospiti della manifestazione le storie e le qualità uniche del suo paniere di formaggi DOP: il Murazzano, il Roccaverano, l’Ossolano dal Piemonte, il Puzzone di Moena dal Trentino, lo Strachitunt della Lombardia, la Vastedda della Valle del Belice e il Pecorino Siciliano dalla Sicilia, e in ultimo ma non certo per importanza il Provolone del Monaco dalla Campania. Una nuova grande occasione per sensibilizzare anche il grande pubblico, specie quello dei giovani, al tema della sostenibilità, al rispetto per le tradizioni e per l’ambiente, temi chiave del progetto LoST-EU, che accomunano tutte le otto DOP di eccellenza del paniere. Il pubblico potrà così apprezzare la filosofia di LoST, che ha come scopo soprattutto quello di stimolare le persone a riflettere sugli attuali sistemi di distribuzione dei beni alimentari e conoscere le buone pratiche da adottare ogni giorno, in qualità di consumatori, scegliendo prodotti equi e sostenibili.

Gigi D’Agostino – PH Credit © Vincenzo Nicolello

Street art a Torino: una galleria a cielo aperto

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SCOPRI – TO ALLA SCOPERTA DI TORINO
Torino si è affermata negli ultimi anni come uno dei poli più vitali per la street art in Italia. Quella che un tempo era considerata arte marginale o vandalismo, oggi è diventata parte integrante del paesaggio urbano, capace di raccontare storie, identità e trasformazioni. Passeggiare per la città significa immergersi in un museo a cielo aperto, dove i muri non separano ma parlano, e le periferie si trasformano in vere e proprie gallerie d’arte pubblica. I murales diventano strumenti di rigenerazione urbana, simboli di comunità e voce dei quartieri. Dalle opere monumentali commissionate da festival e istituzioni, fino alle tracce più spontanee lasciate sui muri delle strade meno battute, la street art torinese offre un viaggio visivo e culturale denso di significato.
Dalle periferie ribelli alle opere monumentali
Il quartiere “Aurora” è uno dei primi a saltare all’occhio quando si parla di street art a Torino. Ex zona industriale, oggi è una delle aree più dinamiche sotto il profilo artistico e sociale. Qui, tra case popolari e vecchi capannoni, si trovano alcuni tra i murales più grandi e d’impatto della città. Opere come quelle realizzate da Millo, con i suoi personaggi in bianco e nero che interagiscono con la città, raccontano sogni urbani e quotidianità in modo poetico. Il progetto “B.Art” ha portato oltre 40 murales tra Barriera di Milano e altri quartieri della periferia nord, coinvolgendo artisti italiani e internazionali per trasformare muri grigi in spazi narrativi. Non sono solo decorazioni: questi interventi sono pensati per dialogare con il territorio, con le persone che lo abitano, con le sue ferite e le sue speranze. La street art assume così un ruolo sociale, capace di riqualificare esteticamente ma anche di ricucire il tessuto urbano.
Il centro città e le nuove frontiere dell’arte urbana.
Anche il centro di Torino non resta indietro. Pur conservando un’eleganza sabauda e un’architettura storica, accoglie sempre più spesso interventi artistici murali che si inseriscono con discrezione e intelligenza nel tessuto urbano. Zone come San Salvario o il Quadrilatero Romano ospitano opere più piccole ma ricche di significato, dove lo stile degli artisti si fonde con le atmosfere del quartiere. Le serrande dei negozi diventano tele temporanee che cambiano volto tra il giorno e la notte. In via Aosta e via Cecchi, alcuni spazi dismessi sono stati recuperati attraverso progetti condivisi che uniscono arte, educazione e cittadinanza attiva. L’arte urbana torinese oggi esplora anche linguaggi nuovi: stencil, poster, collage, sticker art e installazioni temporanee. Non si tratta più soltanto di disegni murali ma di una contaminazione tra generi che fa dialogare la città con il mondo contemporaneo. Il ruolo delle gallerie indipendenti, dei festival come “Picturin” o delle realtà come “Il Cerchio e le Gocce” è stato fondamentale per far crescere una scena urbana coerente, viva e aperta al cambiamento.
Torino continua ad evolversi e, con lei, anche la sua arte urbana. Ogni muro dipinto aggiunge un tassello alla narrazione collettiva della città, rendendola più inclusiva, espressiva e viva. Chi osserva i murales torinesi, oggi, non guarda soltanto un’opera d’arte: legge un messaggio, ascolta una voce, incontra una comunità. In una città che ha fatto dell’equilibrio tra memoria e innovazione il suo punto di forza, la street art non è più un linguaggio ai margini, ma una parte essenziale del suo volto, il volto di Torino.
NOEMI GARIANO