CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 5

La GAM guarda al futuro: MVRDV vince il concorso per la riqualificazione  

La GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino si prepara a voltare pagina. È stato proclamato oggi, 18 dicembre 2025, al Collegio Carlo Alberto, il vincitore del Concorso Internazionale di progettazione per il grande Piano di riqualificazione, rilancio e valorizzazione del museo: il team guidato dallo studio MVRDV,  BALANCE ArchitetturaEP&S Group,dott. Michelangelo Di Gioia e il prof. Filippo Busato. Il concorso, promosso dalla Fondazione Torino Musei e dalla Fondazione Compagnia di San Paolo, in collaborazione con la Città di Torino e con il supporto della Fondazione per l’Architettura / Torino, ha premiato una proposta capace di coniugare visione contemporanea, qualità progettuale e rispetto della storia dell’edificio. Alla proclamazione erano presenti Marco Gilli, Presidente della Compagnia di San Paolo e della giuria, il Sindaco Stefano Lo Russo e il Presidente della Fondazione Torino Musei Massimo Broccio.

La Fondazione Compagnia di San Paolo sosterrà l’intero intervento, dal valore complessivo di 27,5 milioni di euro, accompagnando tutte le fasi della realizzazione accanto alla Fondazione Torino Musei: un investimento che si configura come uno dei più rilevanti in Italia per ambizione e impatto nel campo dei musei.

Collegati in diretta, i progettisti vincitori hanno illustrato l’idea guida del progetto: preservare e valorizzare gli elementi storici della GAM, aprendola però in modo deciso alla città. Infatti giardino e piazza diventeranno spazi attraversabili, parte integrante di un museo concepito come luogo vivo e inclusivo, capace di estendere la fruizione a tutti i livelli dell’edificio e di offrire grande flessibilità per le future esposizioni.

«La GAM è stata la prima galleria d’arte moderna d’Italia e continua ad avere un ruolo strategico per Torino», ha sottolineato il Sindaco Stefano Lo Russo, evidenziando come il concorso internazionale rappresenti un passaggio fondamentale per rilanciarne il prestigio nazionale e internazionale e aprire una nuova fase della sua storia. Per Massimo Broccio, Presidente della Fondazione Torino Musei, si tratta di «una giornata storica» per la città: «Grazie al supporto decisivo della Compagnia di San Paolo prende avvio il progetto più importante del nostro Piano Strategico». Un intervento che raccoglie lo spirito innovativo che ha segnato la nascita della GAM e lo proietta nel futuro, affrontando le sfide della sostenibilità, dell’innovazione tecnologica e dei nuovi modelli di fruizione museale, con una forte attenzione all’inclusione e al ruolo sociale del museo.

Con questa scelta, Torino affida il futuro della sua galleria più antica a una visione che intreccia memoria e innovazione, rafforzando il ruolo della GAM come punto di riferimento culturale della città e del panorama internazionale.

Valeria Rombolà

Tendenze da tenere sott’occhio, arrivano da una nuova cultura cinese

Fino al 10 gennaio, nel “Cortile Lagrange” (Palazzo Cavour)

Presentando una mostra – “Cina. La nuova frontiera dell’arte” – da lui curata negli spazi della Fabbrica del Vapore a Milano un paio di anni fa, Vincenzo Sanfo usava il termine “repentina” a indicare la “comparsa dell’arte cinese contemporanea”, interessante fenomeno artistico posto tra il trascorso e l’attuale secolo. Parlava di “sconvolgimento”, di un sovvertimento da parte della cultura e di un paese, “remoto, distante, misterioso”, nei confronti di linee da sempre consolidate, nei luoghi della storia, del sociale, dell’economia: un movimento tellurico che dai primi anni Ottanta veniva, chiaramente, a coinvolgere altrettanto il mondo artistico e culturale. “Improvvisamente tutto ciò che accade in Cina riguarda anche noi, direttamente o indirettamente. Piaccia o non piaccia, questa è la realtà di un futuro che ci riguarda sempre più da vicino e che non si può ignorare.” Il mondo dell’arte offriva su un nuovo palcoscenico, tra gli altri, i nomi nuovi di Xiao Lu, approdato al Guggenheim di New York o di Song Yon Ping, le cui opere sono oggi ospitate al Moma e al Paul Getty Museum. Interessi visti sotto una nuova luce, approfondimenti sino a quei momenti sconosciuti, la volontà (unita a una qualche dose di furbizia) di guardare al mondo Pop che, in loco, non si negava una certa “critica verso la classe politica dell’epoca, oltre a irridere la degenerazione dei comportamenti di una nascente società consumistica.”

Dietro queste premesse, sarà interessante visitare questo recente panorama, ospitante altresì nomi della più recente generazione, che Sanfo ha allestito nel Cortile Lagrange – Galleria delle Arti (a palazzo Cavour, via Lagrange 27, orari dal martedì al sabato dalle 10,30 alle 18,30, sino al 10 gennaio) per la mostra “Cina. Capolavori per un nuovo collezionismo”. Non so se l’occhio (antico) europeo li vorrà già definire capolavori, certo linguaggi diversi, innovativi e colmi di creatività, tendenze a molti fino a oggi sconosciute, ormai imperiose, anche investimenti in considerazione delle quotazioni eccellenti acquistate nelle aste internazionali. Una mostra che può rivelarsi di diritto un’occasione unica nel panorama artistico delle festività natalizie torinesi, un momento di confronto ragguardevole e da apprezzare, la scoperta di un territorio inesplorato ma di certo affascinante.

Quattro principali artisti, accomunati per lo meno dalla curiosità che coinvolge chi guarda, Xing Junqin, un ex militare che porta sfacciatamente e al colmo dell’ironia Duchamp tra due soldati in tuta mimetica intenti in un puro bisogno fisiologico (“The romance of Duchamp story”, 2006) o che sa costruire con estrema precisione, nel fitto degli alberi ricchi di fogliame, tra tinte verdi e marroni che riprendono l’abbigliamento militare, il suo “Paesaggio camouflage” (2006), elementi coraggiosi di grande impatto visivo. Zhang Hong Mei mette in campo preziosi “mental landscape” (2016), tessuti incollati su tela, accenni, stralci di paesaggi, macchie rivisitate brillantemente a creare scogli, angoli di mare, vele, miscelatura di materiali dove il colore s’impone, vivissimo, vissuto in piena libertà, tra pieni e improvvisi vuoti, come quello del 2017, un territorio che si frantuma, poco a poco, forse quello nordamericano, una deriva e una sparizione a due passi da noi. Soltanto nella mente? Per l’artista la pittura è anche capace di un ulteriore gioco, irreale, che si manifesta in un minuscolo “albero della fortuna” (2025), usando multicolori, giallo rosso verde, tessuti su fili d’acciaio. Come simili tessuti possono anche essere incollati sul bronzo e dare vita a curiose figure di dei o eroi, che non conosciamo. Xu De Qi realizza coloratissime e moderne figure di ragazze, selvagge e rampanti, pronte a imporsi, padrone di sé, vuoi che affrontino il mondo protette da una nera pantera, anch’esse aggressive (“Beauty and the beast”, 2019) o in discesa da un battello, fasciata da hotpants e canottierona a righe verdi e nere, questa volta avendo alle spalle la presenza di un non certo meno pericoloso felide (stesso titolo, 2024). Ancora l’iperrealismo di Luo Zhiyi, intenso e prezioso di tecnica, nella continua ricerca di particolari che certo affascinano. Senza contare le operazioni di autori quali l’ormai acclamato Ai Weiwei, tra tappezzerie e ceramiche dipinte a mano, o di Wu Dewu con la sua “Butterfly”, luminescente tra angosciosi omini in nero, o Ma Fengyun che regala tre ritratti in stampa digitale su tela di altrettante bizzarre ma impagabili vegliarde che valgono da sole una visita.

Elio Rabbione

Nelle immagini, alcune opere degli artisti cinesi esposti in mostra.

Gualazzi ospite speciale al Premio Gianmaria Testa “Parole e musica”

Raphael Gualazzi sarà l’ospite speciale della serata finale della VI edizione del Premio Gianmaria Testa “Parole e musica”, in programma lunedì 9 marzo alle 20.30, presso le Fonderie Limone, in via Pastrengo 88, Moncalieri. Gualazzi è fra gli artisti più originali, versatili e riconosciuti della scena italiana e internazionale. I biglietti della serata sono in prevendita al prezzo di 15 euro sul sito del Teatro Stabile di Torino. Con la presenza del musicista, il Premio si conferma luogo di incontro tra generazioni artistiche, dove la ricerca musicale e la cura della parola dialogano con la tradizione, e con le nuove forme della canzone contemporanea. Il concerto di Gualazzi offrirà un viaggio unico nella sua dimensione piano e voce, la più intima e autentica, in cui l’artista restituisce alle proprie composizioni una forza narrativa essenziale e luminosa, attraversando colonne sonore, omaggi alla tradizione afroamericana o arie d’opera rivisitate, improvvisazioni jazz e melodie della grande tradizione italiana. Vincitore di Sanremo Giovani nel 2011 con “Follia d’amore”, premiato con quattro riconoscimenti al Festival e secondo classificato all’Eurovision Song Contest dello stesso anno, il musicista e compositore ha costruito un percorso musicale unico, capace di fondere jazz, pop, musica classica, blues, soul ed elettronica. Artista dalle collaborazioni internazionali, ha calcato I grandi palchi di tutto il mondo, pubblicato album di successo pluripremiati e firmato musiche per cinema, televisione e grandi eventi, tra cui l’inno del Giro d’Italia 2024.

La sua presenza al Premio Testa assume un valore significativo: come il cantautore cuneese, Gualazzi è capace di far dialogare linguaggi musicali diversi, unendo profondità, eleganza e poesia. Il suo concerto rappresenterà uno dei momenti più attesi della serata, in cui I brani dei finalisti si alterneranno alla sua musica in un unico e grande racconto dedicato alla forza delle parole e della melodia.

La serata del 9 marzo prossimo rappresenta il culmine del percorso iniziato con il bando della VI edizione del Premio, aperto dal 10 novembre 2025 al 25 gennaio 2026, e rivolto a cantautori under 38 di ogni nazionalità. Una giuria di prestigio, presieduta da Paola Farinetti, selezionerà i cinque artisti che si esibiranno dal vivo interpretando il proprio brano in concorso e una canzone di Gianmaria Testa, costruendo un dialogo tra memoria e contemporaneità.

“Ogni anno il Premio si rinnova, rimanendo fedele allo spirito di Gianmaria – afferma Paola Farinetti – accogliere Raphael Gualazzi significa celebrare l’incontro fra talento, scrittura musicale e libertà creativa, valori che appartengono profondamente all’idea di canzone che Testa ha lasciato in eredità”.

Il Premio è promosso dal Comitato Moncalieri Cultura con Produzioni Fuorivia, con il contributo di Regione Piemonte e Città di Moncalieri.

Mara Martellotta

Sabrina Knaflitz e il figlio Leo Gassman  in “Ubi maior”

Va in scena dal 19 al 21 dicembre la pièce teatrale “Ubi maior” di Franco Bertini, con protagonisti Leo Gassman e Sabrina Knaflitz, per la regia di Enrico Maria Lamanna. Nei panni della mamma Lorena ci sarà la nota attrice Sabrina Knaflitz che, nella realtà, è madre del giovane Gassman.

Tito ha vent’anni ed è molto più di un campione di scherma, è un giovane brillante e carismatico che ha conquistato il gradino più alto del podio olimpico con sacrificio e dedizione. Il successo lo ha reso celebre, gli sponsor lo corteggiano, ma lui non si lascia sedurre dalle lusinghe e dal denaro del mondo dell’intrattenimento. La sua vita è scandita da allenamenti, competizioni, spostamenti continui, tanto da non aver bisogno di una casa tutta sua. Quando decide di farlo, resta comunque vicino alla famiglia. Un giorno, un messaggio di suo padre lo richiama a casa perché un guaio serio e pericoloso è comparso. Un guaio che nessuna vittoria sportiva può risolvere. Il problema più insidioso riguarda una leggerezza da parte della madre Lorena, che si trova ad avere a che fare con un personaggio poco raccomandabile. Tito si trova davanti alla sfida più difficile della sua vita, ma questa volta non potrà combattere sulla pedana, non vi saranno regole di gioco. I suoi genitori, da sempre punti di riferimento, si rivelano sotto una luce inedita, e lui stesso scopre un lato di sé fino a quel momento nascosto. Per proteggere la sua famiglia, Tito dovrà compiere una scelta: restare fedele ai suoi principi morali o infrangerli. In questa partita conterà solo ciò che si è disposti a sacrificare. Ubi maior, minor cessat.

Teatro Gioiello: via Cristoforo Colombo 31, Torino

Venerdì 19 e sabato 20 dicembre ore 21 – domenica 21 ore 16

Mara Martellotta

Jodie Foster nelle sale in veste di psichiatra

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

No, Rebecca Zlotowski non ha propria la stoffa di Hitchcock

Si chiama Lilian Steiner, di professione psichiatra, trapiantata tra le piazze e les avenue di Parigi, vita solitaria, un matrimonio interrotto alle spalle – ma una cena a due e un paio di bicchieri di buon vino rosso potrebbero lasciarci intravedere una notte di sesso e una conciliazione -, un rapporto parecchio maldestro con il figlio da poco divenuto padre. Ma la “Vita privata” non è soltanto questo, s’allarga a quello studio che ospita lettino e pazienti, alla gran gamma di registrazioni inscatolate a documentare situazioni drammatiche e no, segni e sogni, infanzie e rapporti, ricordi e vita quotidiana che ha necessità di un inquadramento. Magari d’immagini rosseggianti facendo parlare il colore e inondandone lo schermo. Un casellario popoloso e variopinto, a cui Lilian (una sempre eccellente Jodie Foster, dal grugno femminilmente duro) sembra a volte dare poca importanza, ascolta distrattamente, redarguisce se mancano agli appuntamenti e chiede di chiudere il conto. Tutto è una vaga partecipazione o lo svolgimento di un abitudinario lavoro ormai svolto da anni? Tutto è vago, se Lilian poco guarda agli altri mentre dimentica di scavare totalmente in se stessa.

Qualcosa prende ad agitarsi alla notizia del suicidio di una paziente, la bionda Paula, quando l’attività muta del tutto e da psichiatra si passa comodamente a giocare all’investigatore privato, con un’area di ricerca che altalena tra i toni drammatici a quelli (quasi) divertenti, allorché alla zelante Poirot s’affianca quel Watson di marito (di professione oculista, un Daniel Auteuil ancora innamorato e pronto di risate e carezze) trascinato allo svelamento di indizi e prove, essendosi convinta la nostra che di omicidio si tratti e che il colpevole vada ricercato tra le fredde mura domestiche della defunta. Anche il buon vecchio Hitchcock sobbalzava con momenti “divertenti”, inventava gag, incollava sui visi di Stewart o di Grant insuperabili intervalli di leggerezza dopo averli spremuti e terrificati a dovere: e qui, finché percorre i binari della descrizione dei caratteri e degli ambienti, finché inquadra l’avvio e il primo procedere della vicenda la regista Rebecca Zlotowski (franco-polacca, quarantacinquenne, anche sceneggiatrice qui con Anne Berest) non se la cava troppo male. Snella, veloce, essenziale, precisa: anche se l’indagine investigativa vera e propria vanta altri sapori, più profondi, più maturi.

Poi il film, nell’ultima ventina di minuti (ti  accorgi davvero come sulla Montée des marches di Cannes, dove “Vita privata” si è visto nel maggio scorso en première, i francesi posizionino prodotti di casa loro che con difficoltà dovrebbero trovarvi posto, la grandeur non mente), arriva improvviso sullo scivolo e sbanda clamorosamente e rumorosamente, anche per tratti ridicoli e quanto mai banali, con la coppia Poirot/Watson (con un pizzico di Gatto Silvestro) impegnata in appostamenti notturni e a documentare la doppia vita del recente vedovo (un irriconoscibile, spaesato Mathieu Amalric) e mamma Lilian a deporre la freddezza per recuperare un figlio e ricordarsi quanto è bello fare la nonna. Tutto diventa macchietta, assurdamente goffo. In lontananza s’intravedono due attrici francesi che hanno fatto la storia, Marlène Jobert – è passata dai nostri Petri e Risi E monicelli a Ford Coppola e Chabrol e Ozon – e Irène Jacob – un lungo itinerario anche il suo, da Kieślowski a Wenders, da Hugh Hudson a Angelopoulos a Lelouch -, due apparizioni perse nel definitivo pollice verso. Non sto a raccontarvi di un’ipnotista e di quanto riesce a cavare dalla mente polverosa della povera Lilian/Jodie, cioè riscoprirsi in una grande orchestra come violoncellista nella Parigi occupata dove i cattivi hanno le divise dei nazi e il direttore d’orchestra dirige a suon di pistola: musica per musica, volete ricordare per un attimo – tutt’altro panorama, diversissimi realtà e inconscio – dei piatti finali dell’”Uomo che sapeva troppo”, dove i cattivi erano i diabolici coniugi Drayton?

Dopo tre secoli il Legnanino torna negli Appartamenti dei Principi di Palazzo Carignano 

20 dicembre 2025 – 6 gennaio 2026

 

Dal 20 dicembre al 6 gennaio, gli Appartamenti dei Principi di Palazzo Carignano accolgono nuovamente, dopo più di tre secoli di assenza, il dipinto Belisario chiede l’elemosina di Stefano Maria Legnani, detto Legnanino (Milano, 1661-1713) che affronta un tema inconsueto nella pittura barocca, rappresentando il generale romano Belisario caduto in miseria e reso cieco. La scelta iconografica ha un evidente valore allegorico legato alla biografia del committente che ne ordinò la realizzazione: al destino del condottiero si accosta la vicenda di Emanuele Filiberto di Savoia-Carignano, detto “il Muto”, i cui aspri contrasti con Luigi XIV culminarono con l’esilio per il rifiuto di un matrimonio imposto con una nobile francese.

Le figure sono organizzate in una composizione teatrale, divisa in due gruppi dal gioco di luce e ombra, che combina solennità classica e vivacità cromatica, derivata dai pittori genovesi attivi alla corte sabauda.

 

L’opera, eseguita intorno al 1697 per volontà del principe Emanuele Filiberto, torna oggi nella sua sede originaria grazie a un articolato percorso di studi, ricognizioni archivistiche e collaborazioni specialistiche che ne hanno permesso l’identificazione e il recupero. Commissionata allo scorcio del Seicento per decorare una sala degli appartamenti, la grande tela (208 × 195 centimetri), probabilmente collocata in origine al centro di un soffitto a cassettoni, fu trasferita successivamente a Parigi dal figlio del principe, Vittorio Amedeo. Alla morte di quest’ultimo, l’opera venne dispersa in seguito alla vendita all’asta del 1743, scomparendo dalla storia documentata del palazzo.

Riemersa sul mercato antiquariale francese all’inizio del Novecento, la tela fu acquistata dal capostipite di una famiglia fiorentina, con un’attribuzione allora riferita a Luca Giordano. Rimasta nelle raccolte della famiglia fiorentina fino ai giorni nostri, è stato sottoposta a un approfondito intervento conservativo tra il 2020 e il 2021 che ne ha restituito leggibilità e integrità. Il 3 novembre 2025 è stato firmato il contratto di acquisto da parte delle Residenze reali sabaude.

Il ritorno del Belisario nella sua collocazione originaria rappresenta un momento di grande significato per la storia artistica e collezionistica di Palazzo Carignano, che è al centro di un grande cantiere che consentirà il prossimo anno di aprire un percorso del tutto nuovo nella splendida residenza, dotata di soluzioni museali all’avanguardia.

INFO

Palazzo Carignano, via Accademia delle Scienze 5, Torino

L’esposizione è inclusa nel biglietto di ingresso.

Prezzi: intero € 5; ridotto € 2; gratuito under 18; titolari di Abbonamento Musei, Torino+Piemonte Card e Royal Pass; persone con disabilità e relativi accompagnatori; ulteriori agevolazioni secondo le normative vigenti.

Giorni e orari di apertura: sabato e domenica 10-13 e 14.15-18 (ultimo ingresso ore 17). Mercoledì 24 e mercoledì 31 dicembre chiusura alle 17 (ultimo ingresso ore 16). Aperture straordinarie: venerdì 26 e lunedì 29 dicembre, venerdì 2, lunedì 5 e martedì 6 gennaio. Chiuso nei giorni giovedì 25 e martedì 30 dicembre, mercoledì 7 gennaio.

L’acquisto del biglietto può essere effettuato online su www.museiitaliani.it oppure tramite l’App Musei italiani. Domenica 4 gennaio 2026, in occasione della prima domenica del mese a ingresso gratuito (visita libera) la prenotazione è obbligatoria e viene effettuata tramite l’acquisto anticipato online del biglietto.

“Morte nella neve”: il giallo natalizio di Joseph Jefferson Farjeon

Un regalo perfetto da acquistare in edicola.

Cosa c’e’ di piu’ affascinante di un giallo in bianco, di una trama che tiene inchiodati alle pagine, avvolti da silenzio, da scenari da sogno ed enigmi al cardiopalmo? Morte nella neve mantiene la promessa che ci si aspetta da un libro in cui gioco intellettuale e senso di appagamento si mescolano, in cui la risoluzione del mistero avviene all’interno di uno scenario elegante e di calma rassicurante.

Pubblicato originariamente negli anni Trenta, Morte nella neve rappresenta uno degli esempi più raffinati del cosiddetto “Golden Age” del giallo inglese, il periodo tra le due guerre mondiali in Gran Bretagna, quando autori come Agatha Christie, Dorothy L. Sayers e Jefferson Farjeon definirono i canoni del mistero classico, con delitti intelligenti, indagini logiche e finali sorprendenti.

Joseph Jefferson Farjeon, scrittore britannico prolifico del XX secolo, noto per i suoi gialli classici caratterizzati da trame intricate, suspense calibrata e grande attenzione all’atmosfera, costruisce una trama che mantiene alta la suspense fino all’ultima pagina, dimostrando come anche ambientazioni apparentemente serene possano nascondere inquietudini e delitti.

Il Natale 2025 dei lettori piemontesi e italiani si tinge nuovamente di mistero grazie a Morte nella neve, proposto in edizione speciale da Lindau e che si’ trovera’ in edicola. Il romanzo unisce atmosfera invernale, tensione narrativa e fascino classico del giallo britannico, ideale per chi ama immergersi in un’indagine serrata tra neve e segreti.

La neve come elemento narrativo rende questo giallo particolarmente adatto al periodo natalizio. I paesaggi innevati amplificano la tensione, creano isolamento e intensificano il senso di mistero: il silenzio dei boschi, le strade deserte e le case illuminate solo dalle luci natalizie trasformano l’ambientazione in un personaggio aggiuntivo, che accompagna ogni colpo di scena. Un giallo sulla neve diventa così perfetto come “mood di Natale”: unisce l’atmosfera tipica delle feste con l’adrenalina della suspense, offrendo una lettura avvolgente, suggestiva e al tempo stesso elegante.

La storia si apre con un omicidio durante le festività invernali e procede tra sospetti, indizi nascosti e rivelazioni sorprendenti. Farjeon gioca abilmente con i codici classici del giallo: personaggi ambigui, tensione crescente e finale a sorpresa che ribalta le aspettative. L’ambientazione natalizia, con neve e gelo, accentua il contrasto tra la tranquillità apparente e l’oscuro segreto da svelare, rendendo la lettura un’esperienza unica, adatta a chi ama i misteri senza eccessiva violenza o crudezza.

L’edizione Lindau offre ai lettori la possibilità di scoprire o riscoprire Farjeon in un formato curato, con traduzione fedele e apparati che facilitano la comprensione del contesto storico. Il libro, pur appartenendo al filone classico britannico di altri tempi, risulta accessibile anche ai lettori moderni, combinando suspense e atmosfera natalizia con eleganza narrativa.

Oltre al piacere della lettura, Morte nella neve diventa anche un oggetto da collezione, perfetto da regalare o da conservare. È una lettura capace di intrattenere tutta la famiglia o di accompagnare momenti di riflessione e pausa nelle giornate invernali.

Infine, il libro conferma il fascino intramontabile dei classici del giallo d’epoca: storie costruite con precisione, tensione calibrata e ambientazioni suggestive, capaci di trasportare il lettore in un mondo lontano nel tempo ma vicino nella suspense. Morte nella neve è quindi un regalo perfetto per chi ama il mistero, la neve, il Natale e il gusto di scoprire colpi di scena tra le pagine di un romanzo elegante e senza tempo.

Di Maria La Barbera

Corto Maltese: nuove esplorazioni

Presentazione del nuovo saggio di Augusto Q. Bruni

Giovedì 18 dicembre, ore 18.30 – Libreria Belgravia, Via Vicoforte 14/d, Torino

 

Il viaggio continua. Dopo Corto Maltese dietro le quinte (Paginauno, 2021), Augusto Q. Bruni torna a indagare le origini, le fonti e i misteri del marinaio più famoso al mondo con il nuovo saggio “Corto Maltese: nuove esplorazioni”, un’opera che approfondisce ulteriormente ciò che si cela dietro la figura più iconica immaginata da Hugo Pratt.

Il titolo del volume è un manifesto programmatico: la ricerca non si ferma, anzi procede verso territori ancora più affascinanti. Il lettore curioso troverà in queste pagine una sorprendente serie di scoperte, rimandi simbolici, significati nascosti e verità insospettabili che arricchiscono e trasformano la lettura dell’opera prattiana. Bruni, con il suo approccio meticoloso e appassionato, dimostra ancora una volta come lo spirito della ricerca sia ciò che distingue la letteratura disegnata di Pratt da ogni altra forma narrativa.

L’incontro

Durante la presentazione, l’autore dialogherà con il giornalista Marco Margrita, accompagnando il pubblico in un percorso fatto di intuizioni, rivelazioni e analisi inedite, frutto di un lavoro che intreccia competenze filologiche, studio delle fonti e una profonda conoscenza del mondo di Corto Maltese.

L’autore

Nato nel 1957, Augusto Q. Bruni ha una formazione classica e una laurea in Giurisprudenza conseguita con lode, ma fin da giovanissimo coltiva la passione per la radio, il racconto mitologico, la fantascienza e il genere detective. Per oltre vent’anni ha ideato e condotto programmi per emittenti di Bologna e Roma legate a Popolare Network e per Rai2 Bolzano. Parallelamente ha scritto racconti a fumetti per Nova Express e pubblicato diversi volumi sulla tecnica della sceneggiatura cinematografica.

Allievo e collaboratore di Hugo Pratt, ha firmato la prefazione all’edizione di Corto Maltese. Mù, la città perduta. Da anni è tra le voci della rivista Paginauno, nella quale cura la rubrica musicale “Le insolite note”.

Un appuntamento da non perdere

La presentazione di Corto Maltese: nuove esplorazioni alla Libreria Belgravia sarà l’occasione per scoprire nuove prospettive sull’universo prattiano e per incontrare un autore che da decenni ne studia, interpreta e approfondisce i significati più profondi. Ingresso libero fino a esaurimento posti.

Hiroshima Mon Amour: una settimana di concerti e party

Tra folk metal, suoni mediterranei e anni ’80

Settimana ad alta intensità all’Hiroshima Mon Amour di Torino, che da mercoledì 17 a sabato 20 dicembre propone un calendario ricco di concerti e appuntamenti capaci di parlare a pubblici diversi, mantenendo lo spirito libero e musicale che da sempre contraddistingue lo storico club di via Bossoli.

Mercoledì 17 dicembre si parte con il ritorno dal vivo dei Folkstone, band simbolo del folk metal italiano, che approda per la prima volta sul palco dell’Hiroshima con il “Delirium Winter Tour – Special Edition”. Un’occasione speciale per ascoltare dal vivo i brani del doppio album Natura Morta, pubblicato lo scorso marzo, in uno show che promette di essere non solo un concerto, ma un vero momento di condivisione con il pubblico che da anni segue la band con passione.
Ore 20.30 – Ingresso 18 euro.

Giovedì 18 dicembre è la volta di Lello Analfino & T-Orkestar con il “Sicilia Express Tour”, un viaggio musicale che attraversa l’Italia portando sul palco tutta l’energia, i colori e i suoni della Sicilia. Tradizione e contaminazioni si mescolano in un live ad alto tasso di adrenalina, capace di far dialogare radici popolari e attitudine contemporanea.
Ore 20.30 – Ingresso 15 euro.

Venerdì 19 dicembre torna uno degli appuntamenti più attesi: il NON FARCELA PARTY, la festa solo per donne ideata da Francesca Fiore e Sarah Malnerich, fondatrici del progetto Mammadimerda. Una serata irriverente e liberatoria dedicata a chi ogni giorno si divide tra lavoro, famiglia, aspettative e realtà. Un party pensato come spazio sicuro, inclusivo e tutto al femminile, dove ballare, ridere, sfogarsi e celebrare senza filtri imperfezione, normalità e vita vera.
Ore 20.30 – Ingresso 15 euro.

Sabato 20 dicembre si chiude in pista con LET’S DANCE! Party Anni 80, un tuffo nostalgico nei “dieci anni più felici” tra Like a Virgin di Madonna, Bad di Michael Jackson, Drive In e spot della Morositas. Un viaggio musicale e culturale tra paninari e metallari, piumini Moncler e hit senza tempo, per ballare fino a notte fonda.
Dalle ore 22.00 – Ingresso 10 euro.

Valeria Rombolà

Baglioni e Cocciante all’anima Festival di Cervere 

Dopo Claudio Baglioni, anche Riccardo Cocciante ha scelto l’anfiteatro dell’anima di Cervere come location di prestigio per il suo nuovo tour che nel 2026 lo porterà ad esibirsi in dieci tra le location all’aperto più suggestive d’Italia.
L’appuntamento sull’altopiano di Cervere è per giovedì 3 settembre 2026, ma i biglietti sono già in prevendita su ticketone.it a partire dalle ore 11 di lunedì 15 dicembre.  Due giorni  più tardi, sabato 5 settembre 2026, sullo stesso palco salirà Claudio Baglioni, per il quale le prenotazioni sono già prossime al sold out.
Cocciante non si esibisce dal vivo in Piemonte da oltre trent’anni  e il suo concerto all’Anfiteatro dell’Anima sarà l’unica tappa del tour nel Nord Ovest, tra Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta.

Per il patron di Anima Festival, Ivan Chiarlo, insieme alla sorella  Natascia, si tratta di un colpo straordinario quello rappresentato dal tandem Cocciante Baglioni, che viene a coronare nel migliore dei modi il decennale della manifestazione, cresciuta anno dopo anno con solidità e costanza, fino a raggiungere i massimi livelli in Piemonte.
“Anima Festival  – spiega Ivan Chiarlo – è il risultato del fantastico percorso compiuto insieme al pubblico e agli sponsor, grazie ai quali è stato possibile portare all’attenzione nazionale  un luogo di eccezionale suggestione, ospitando artisti di primo piano a livello nazionale e internazionale.  Il 3 settembre 2015 rappresenta la data di inaugurazione dell’Anfiteatro dell’Anima e siamo davvero onorati di celebrare questa ricorrenza con il concerto di Riccardo Cocciante, celebrando inoltre i cinquanta anni di uno dei suoi album più conosciuti, “Anima”.
Il concerto di Cervere si inserisce nel tour “Io… Riccardo Cocciante nel 2026″ e segnerà il ritorno live del maestro nell’anno in cui festeggerà i suoi ottanta anni.
Un’occasione speciale per ripercorrere dal vivo i brani che hanno contrassegnato la storia della musica italiana e internazionale,  firmati da uno degli artisti e compositori più celebri al mondo.
Il tour non sarà soltanto un ritorno sul palco, ma anche una celebrazione di canzoni che non  hanno età, capaci di rinnovarsi e continuare a vivere nel presente.

La tournée prenderà il via il 20 giugno 2026 al Parco San Valentino di Pordenone, per poi proseguire in piazza San Marco a Venezia, al teatro Greco di Siracusa, all’Anfiteatro degli Scavi di Pompei,  a Villa Este a Cernobbio, al castello Carrarese di Este, al Parco Archeologico di Egnazia a Fasano, all’Anfiteatro dell’Anima di Cervere e al castello Visconteo Sforzesco di Vigevano, per concludersi il 12 settembre allo Sferisterio di Macerata.

Mara Martellotta