CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 440

Ivrea Capitale del libro, il percorso continua

Oltre 60 i sostegni alla candidatura ricevuti dai Comuni e dalle realtà pubbliche e private. Prossima tappa il 7 luglio alle 18 con la presentazione dei temi del dossier

 

 La corsa per la definizione del progetto di candidatura di Ivrea per il titolo di Capitale italiana del libro 2022 non si arresta. Dopo il town meeting di fine maggio, le Comunità del Libro si sono incontrate e hanno messo a punto i temi del dossier che sarà consegnato alla Direzione generale biblioteche del Ministero della cultura entro il prossimo 11 luglio.

Attraverso il dialogo e il confronto, i rappresentanti di editori, lettori, scrittori, bibliotecari, librai, scuole e referenti del mondo tecnologico hanno delineato i temi centrali del progetto, che vede Ivrea e il territorio come luogo in cui sperimentare il futuro del libro e della lettura.

Oggetto simbolo e filo conduttore del lavoro di progettazione del dossier di candidatura sarà la Lettera 22, quasi a voler creare un legame tra il passato della città eporediese e il suo futuro attraverso il concetto olivettiano di “Comunità”, affiancando quindi allo sviluppo economico la crescita culturale, sociale, urbanistica del territorio ponendo al centro di tutto la persona, snodo centrale del progetto di imprenditoria civile di Adriano Olivetti.

 

I temi e i principali progetti contenuti nel dossier saranno presentati in un incontro pubblico mercoledì 7 luglio alle 18 nel cortile del Museo Garda di Ivrea. L’appuntamento è aperto a tutti (fino a esaurimento dei posti disponibili, in osservanza alle norme sanitarie vigenti) e sarà trasmesso in diretta streaming sul sito e sul canale YouTube di Ivrea 2022 Capitale italiana del libro.

 

Intanto, dopo il videomessaggio di appoggio arrivato da parte dell’Assessore alla cultura della Regione Piemonte Vittoria Poggio, numerose realtà pubbliche e private hanno manifestato il sostegno alla candidatura di Ivrea. Più di 60 sono le lettere arrivate da istituzioni e rappresentanti del mondo culturale nazionale, regionale e locale, dai Comuni del territorio e da quelli aderenti al Sistema Bibliotecario di Ivrea e Canavese, da libraieditorifondazioniistituzioni scolasticheassociazioni culturali e dalla Casa Circondariale di Ivrea. A questi si aggiungono i 79 sottoscrittori del Patto Locale per la Lettura, volto alla costituzione di una rete territoriale di promozione della lettura per un coinvolgimento complessivo ad oggi di oltre 130.000 abitanti. L’elenco dei sostenitori sarà disponibile nelle prossime ore sul sito della candidatura https://ivreacapitaledellibro.it/.

 

Tutti i dossier ricevuti dal Ministero saranno oggetto di valutazione da parte della commissione composta da cinque esperti indipendenti di chiara fama nel settore della cultura e dell’editoria, che selezionerà i progetti finalisti fino a un massimo di dieci, chiamati a una presentazione del progetto dal vivo. A seguire la designazione della vincitrice entro il 30 novembre 2021.

 

Il Sindaco di Ivrea Stefano Sertoli al riguardo dichiara: “Ivrea ha fortemente voluto presentare la propria candidatura, ritenendo che fosse utile provare a tradurre le tantissime attività che ruotano attorno alla lettura in città e nel territorio, in una mappa leggibile e in grado di esprimere un’idea convincente e innovativa di promozione della lettura e del libro. Il grande consenso che sta raccogliendo l’iniziativa, oltre che incoraggiante, è indicativo del fatto che quando l’obiettivo è riconosciuto e condiviso si riesce a fare rete e a cooperare”.

 

L’Assessore alla Cultura di Ivrea Costanza Casali dichiara: “Con grande gioia presentiamo la Candidatura di Ivrea a Capitale italiana del Libro 2022. Essa si colloca all’interno del percorso di rinascita culturale che questa amministrazione promuove attraverso varie iniziative che vanno dalle arti visive, allo spettacolo dal vivo, fino a questa prestigiosa candidatura. Il prezioso lavoro per la redazione del dossier, supervisionato da Paolo Verri, è stato sostenuto e affiancato con entusiasmo e dedizione da Lettori, Scrittori, Editori, Librai e Bibliotecari Eporediesi e Istituzioni scolastiche, nonché dal mondo legato alla tecnologia. Un particolare riconoscimento va alla direttrice della nostra Biblioteca Civica e ai suoi collaboratori che hanno coordinato gli incontri reali e virtuali tra i vari stakeholders e accolto i vari contributi di ciascuno. Ivrea conferma anche in questa nuova sfida una vocazione alla Cultura di olivettiana memoria, rivelando capacità di reazione e desiderio di ripresa sociale ed economica, facendo comunità, che è appunto il tema della nostra candidatura. Siamo lieti che questa presentazione al pubblico avvenga il giorno di San Savino: la “gara” era in passato componente importante delle feste patronali e con questa candidatura in effetti Ivrea si rimette in gioco e si confronta con altre città italiane (per vincere ma felice anche di partecipare). La presentazione avrà luogo in Piazza Ottinetti, sede di numerosi eventi e spettacoli dal vivo dell’Ivrea Summer Festival e del Museo Garda, che il 3 luglio inaugurerà la prima di una serie di prestigiose mostre dedicate alla collezione di opere d’arte del patrimonio Olivetti. In questo modo la settimana dedicata alla festa patronale si arricchisce di eventi culturali in grado di attrarre un pubblico vario, eporediese e non. Vi aspettiamo!

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Foto: Ivrea e la Dora Baltea – credit Francesca Tappero

Le torri di Francesco I a Villanova d’Asti

Si scorgono a nord e a sud di Villanova d’Asti. Svettano all’improvviso davanti agli occhi, alte una ventina di metri e larghe settanta, in mezzo alla campagna, tra fattorie, cascinali, aziende agricole e allevamenti di cavalli.

Sono le torri di Francesco I, re di Francia. Massicce e imponenti, prive di cinta muraria, purtroppo scomparsa da secoli, erano piccole fortezze in mano ai francesi che nel Cinquecento difesero città e borghi del Piemonte dagli eserciti stranieri. Villanova d’Asti rispolvera il suo passato da “grandeur” francese. Sembra quasi impossibile che questo paese di poco più di 5000 abitanti sia stato cinque secoli fa una delle piazzeforti militari francesi più importanti del Piemonte, eppure la presenza di due grandi torri lo testimoniano e narrano un pezzo di storia astigiana. Comunemente chiamate “bissoche”, appartengono al demanio militare e il Comune vorrebbe acquistarle e ristrutturarle. Costo del progetto: un milione di euro. All’epoca i monarchi francesi erano i padroni della nostra regione. Il nuovo sovrano Francesco I di Valois diede nuovo vigore alle guerre in Italia seguendo la stessa politica di forza e di egemonia condotta nella penisola dai suoi predecessori Carlo VIII e Luigi XII. Torino, Chieri, Chivasso, Pinerolo e Villanova erano cittadelle fortificate sotto il controllo dei francesi. Possenti torri di avvistamento difendevano Villanova d’Asti dall’esercito del rivale Carlo V che disponeva di presidi militari in altre aree del Piemonte. I lavori di costruzione delle torri, iniziati nel 1520, terminarono nel 1548, un anno dopo la morte di Francesco I. Dall’alto dei torrioni i soldati comunicavano con la torre municipale del paese con fuochi notturni e, di giorno, con le bandiere per avvertire in tempo i villanovesi dei pericoli imminenti. All’interno delle torri si trovavano viveri e riserve d’acqua, la cucina, l’armeria e i posti letto. Sotto le torri sono stati scoperti di recente lunghi cunicoli sotterranei usati come vie di collegamento. Oggi restano in piedi due torri a base quadrata: la bissoca di Supponito a nord e la bissoca di San Martino a sud di Villanova in strada per Isolabella. Dove trovare i quattrini per riportarle in vita? Si spera nel mitico Recovery Fund che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe risolvere tutti i problemi italiani. Il comune di Villanova ha presentato al governo il progetto di recupero per avere i fondi necessari e ora si attende la decisione del Demanio miliare e l’arrivo dei finanziamenti per iniziare le prime opere di ristrutturazione. “Si tratta di due tesori da custodire con cura per le future generazioni, afferma entusiasta il sindaco Christian Giordano, faremo di tutto per recuperare le torri, aprirle ai turisti e valorizzare il patrimonio storico del nostro territorio”.
Filippo Re

L’isola del libro

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Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Speciale desaparecidos argentini e dittatura militare

 

Marco Bechis “La solitudine del sovversivo” -Guanda- euro 18,00

Ci sarebbero innumerevoli pagine da scrivere su questo libro, sull’esperienza di Mario Bechis e sui film che ha fatto; pietre miliari per capire cosa hanno vissuto i desaparecidos durante la dittatura militare in Argentina dal 1976 al 1982. E potete anche ascoltare la lunga intervista che ha concesso a Benedetta Pallavidino, che trovate su You Tube.

Marco Bechis, nato a Santiago del Cile da madre cilena e padre italiano, profondo conoscitore dell’America Latina, ha 20 anni quando viene catturato a Buenos Aires, nel 1977, all’uscita dalla scuola che frequenta per diventare maestro con il sogno di andare a insegnare nel nord del paese ai bambini indigeni.
Condivideva un appartamento con alcuni compagni coinvolti nella guerriglia contro i militari; ma aveva preso le distanze dalla loro strategia suicida, fatta di lotta armata e attentati. A denunciarlo era stata la giovane Muñeca catturata prima di lui e torturata. E’ l’inizio di un’atroce prigionia, bendato, incatenato e seviziato con le scariche elettriche della “picana”.

Nei sotterranei del Club Atlético diventa il detenuto AO1, bloccato dai lucchetti alle caviglie numeri 190 e 191, rinchiuso nella cella 16 (un asfittico buco sotto terra) e perennemente bendato.
Nel libro racconta tutto l’orrore vissuto in pagine che lasciano il segno e spingono ad approfondire uno dei capitoli più crudeli della storia dell’umanità. Non per niente i luoghi in cui venivano rinchiusi e ammazzati i prigionieri erano chiamati campi di concentramento. Metodi di eliminazione diversi da quelli nazisti, ma identico scopo: sterminare l’altro, in questo caso gli oppositori al regime.
Negli anni della dittatura almeno 30.000 persone sono scomparse nel nulla. Sedate e gettate in mare ancora vive; o comunque uccise, sotterrate chissà dove, oppure bruciate. Cancellate dalla faccia della terra, senza che le loro famiglie avessero un luogo dove piangere i familiari perduti.

Nelle pagine di Bechis c’è la cronaca della sua prigionia, le torture che non hanno lasciato segni visibili sul corpo, ma cicatrici immense nell’anima; riassumerle non renderebbe appieno la portata di ciò che ha subito. Lui è un “sopravvissuto” attanagliato dal senso di colpa per essere stato salvato e aver avuto quella possibilità di vita e futuro, strappata invece alle migliaia di desaparecidos.
Ha impiegato anni per arrivare a riconoscersi nel ruolo di “vittima”; ed è stato un percorso impervio che 44 anni dopo lo ha portato a scrivere questo libro, una sorta di catarsi all’alba dei 65 anni.

C’è anche il racconto della sua complicata liberazione, il ritorno in Italia e la sua vita, dopo quella tragedia, dedicata a denunciare le atrocità della dittatura. C’è l’accusa verso un sistema perverso che dopo la deposizione dei militari ha comunque consentito ai tanti aguzzini di vivere liberi a fianco delle loro vittime sopravvissute e sempre dilaniate da una paura e un’ incertezza che stravolgevano la vita.
E c’è la sua deposizione contro i torturatori che non hanno mai mostrato un’oncia di pentimento. Anzi si sono fatti scudo di un’arroganza smisurata, complice l’amnistia di cui godettero per un certo tempo. E, ad aggiungere infamia, c’è il fatto che non hanno mai rivelato che fine avessero fatto i desaparecidos, né dove li avevano sepolti e fatti sparire.

 

Marco Bechis è diventato sceneggiatore, regista e produttore, punto di riferimento per chi vuole capire più a fondo queste tragiche vicende.
Vi consiglio la visione del suo film “Garage Olimpo” ( lo trovate su Prime Video), presentato nel 1999 al Festival di Cannes. Un potente pugno nello stomaco perché le immagini, i suoni, le parole e le dinamiche di questa pellicola esprimono appieno il clima che si respirava nei sotterranei in cui i prigionieri venivano ingoiati.
Protagonista è la giovane attivista Maria che si oppone alla dittatura e insegna nelle baraccopoli. Vive con la madre Diane (un’intensa Dominique Sanda) che per le difficoltà economiche ha affittato alcune stanze della magnifica villa in cui vive. Maria viene catturata e sprofonda nel buio della prigionia e delle scariche elettriche. Non avrà speranze e alla fine sarà sedata e caricata con altri prigionieri sui camion che li portano fuori dal Garage maledetto…destinazione i voli della morte.
C’è anche la descrizione di quanto i militari si ritenessero autorizzati a qualsiasi nefandezza, come derubare della propria casa la mamma di Maria in cambio dell’ingannevole e spregevole promessa di farle rivedere la figlia.

Un film che, quando uscì nelle sale cinematografiche in Argentina, fu visto da poche persone, perché all’epoca gli aguzzini vivevano tranquillamente graziati dall’amnistia ed era troppa la paura che appesantiva l’aria. Poi quando sono usciti i VHS le vendite sono balzate alle stelle e almeno 30.000 hanno visto questo film che oggi è punto di riferimento. Ogni 24 marzo, anniversario del giorno del Colpo di Stato dei militari,
viene proiettato nelle scuole e Marco Bechis apre a tutti la possibilità di vederlo su Vimeo.

Horacio Vertbitsky “Il volo” -Feltrinelli- euro 30,00

Altro libro imprescindibile sull’argomento è questo racconto delle rivelazioni agghiaccianti fatte dal militare pentito Adolfo Scilingo, raccolte dal giornalista argentino Horacio Verbitsky.
Scilingo era stato capitano di corvetta e membro dell’apparato repressivo che detenne il potere in Argentina dal 1976 al 1983. Fu processato insieme ad un centinaio di altri aguzzini e condannato, nel 2005, da un tribunale spagnolo a 640 anni di carcere.

Nel 1995 l’ex militare -che aveva prestato servizio nel principale campo di concentramento clandestino, l’EMA, ovvero la Scuola di meccanica della Marina- contatta Vertbitsky e inizia a raccontare l’orrore della dittatura e la “guerra sporca” contro gli oppositori o presunti tali. E quello che tutti già sapevano, raccontato da chi aveva perpetrato l’orrore, ebbe l’impatto di un uragano.

Fu una caccia ai “sovversivi” spietata e senza quartiere. Gli squadroni li braccavano per strada, nelle case, ovunque e poi li facevano sparire.
E’ la tragedia dei 30.000 desaparecidos che durante la prigionia venivano torturati con le scariche elettriche della “picana”, e poi, stupri, mutilazioni e barbarie varie, infine giustiziati con le armi, cremati o sedati con potenti sonniferi, caricati sugli aerei e gettati vivi e intontiti nel mare.

Due i metodi di eliminazione privilegiati: il volo e la griglia. Al riguardo Scilingo racconta «Nel deposito di costruzioni vidi una vasca lunga 2 metri e alta 30 centimetri, con sopra una griglia. Su un bordo c’era un tubo con un imbuto rialzato. Mettevano lì i corpi e attraverso l’imbuto facevano passare il gasolio. Era così che scomparivano».

Racconta come i prigionieri venivano ingannati dicendo loro che sarebbero stati trasferiti in luoghi di detenzione migliori, poi una prima dose di sonniferi spacciata per vaccino necessario per il trasferimento. Secondo Scilingo nessuno di loro sospettò che quella in realtà era la condanna a morte.
Per lo più perdevano le forze poco dopo essere saliti sui camion che li portavano alla pista dell’aeroporto militare. Lì ormai semicoscienti venivano caricati a forza sull’aereo, dove un altro medico faceva in volo una seconda iniezione sedante; poi si ritirava in cabina, mentre i corpi venivano denudati e scaraventati in mare.

Una macchina di morte ben organizzata che prevedeva voli fissi ogni mercoledì, ma anche altri nel corso della settimana,.
Scilingo partecipò a due trasferimenti aerei. Durante il primo, con 13 prigionieri a bordo, rischiò di scivolare dallo sportellone aperto insieme a un corpo nudo; questo shock contribuì a incrinare dentro di lui il perverso meccanismo militare di spersonalizzazione e a fargli vedere per la prima volta le vittime come esseri umani.

Racconta anche un’onta che macchia la storia ecclesiastica argentina dell’epoca: dal punto di vista religioso tutto ciò era accettato.
I cappellani militari approvavano i voli della morte, giustificavano gli assassini affermando che quella era una morte cristiana «…perché non soffrivano, non era traumatica». Scilingo riporta che il prete diceva che dovevano essere eliminati e che «anche la Bibbia prevedeva l’eliminazione dell’erba cattiva dai campi di grano».

 

C’è poi un’altra pagina nera nella storia della dittatura. Il sistema efficiente e perverso con cui gli aguzzini rubavano alla nascita i bambini delle prigioniere per darli a famiglie delle alte sfere e dei militari. Una doppia morte per le madri, che dopo il parto venivano immancabilmente uccise, mentre i neonati crescevano proprio con chi le aveva eliminate.

Ne ha parlato anche Marco Bechis nel suo film “Figli”; mentre io vi segnalo il libro scritto da

Elsa Osorio – “Doppio fondo”, che l’autrice venne a presentare al Salone del Libro di Torino nel 2017.
La Osorio e’ anche l’autrice di quello che in America latina è ormai un classico, “I 20 anni di Luz”, sui “desaparecidos con vida”, una delle pagine più aberranti della follia.

In “Doppio fondo”, a distanza di 30 anni, si incrociano due storie.
Anno 2004, in un tranquillo villaggio di pescatori bretoni viene ripescato il cadavere di Marie, riservatissima dottoressa di origine argentina. Ha le ossa spappolate dall’impatto con l’acqua e tracce di Pentonaval (l’anestetico usato per sedare i prigionieri prima di scaraventarli, vivi, in mare). Suicidio o altro?
Buenos Aires 1977, nel pieno della dittatura, la giovane militante dei Montoneros, Juana, è catturata insieme al figlio di 3 anni. Per metterlo in salvo e sfuggire ai “voli della morte” finge di pentirsi, diventa ostaggio dell’Esma -l’abisso della tortura- e di Rulo, l’aguzzino che la manda in Francia come spia con l’incarico di scoprire le mosse degli esuli sovversivi. A trovare il filo che lega le due vicende sarà la giornalista Muriel Le Bris, la cui carriera riprenderà slancio.

Vi ripropongo alcuni stralci dell’intervista che le feci al Salone del Libro.
Quanto l’ha toccata da vicino la dittatura argentina? E perché torna spesso sui figli dei desaparecidos?
«La dittatura ha spezzato in due la nostra vita…e lo ha fatto nel periodo in cui iniziavamo ad avere figli e una vita lavorativa. Io ho vissuto un esilio interno, nascosta per un po’ in Argentina con il mio ex marito; poi in Francia ed infine siamo ritornati. Ma non potevo lavorare perché vigeva la legge di sicurezza nazionale ed ero stata licenziata. Non ho mai fatto parte di gruppi armati; semplicemente ho sempre pensato con la mia testa e al massimo ho avuto rapporti con il sindacato».
Quanto le è costato scrivere di quel periodo ?
«Per molto tempo non sono stata in grado di farlo; non perché qualcuno me lo impedisse, ma per una sorta di mia evoluzione interiore. Ci sono riuscita solo dopo 20 anni dal golpe».
Il confine tra fatti storici realmente accaduti e finzione narrativa?
«Mi interessa il metodo narrativo della composizione. Invento liberamente, ma sempre basandomi su fatti reali. Prendo elementi e caratteristiche di una persona o di un’altra, li metto insieme e costruisco un personaggio di finzione che faccio interagire con personaggi che hanno una realtà storica. Per esempio, in “Doppio fondo” Rulo è inventato, ma sono realmente esistiti i suoi compagni torturatori che cito».
La letteratura cosa e quanto può fare?
«Scrivere significa mettere in parole questi fatti e credo sia importante soprattutto per il recupero della memoria storica. Sono convinta che i popoli debbano tornare al loro passato per poter vivere il presente. Scrivendo riesco anche a capire meglio quello che nella vita mi sfugge: come quando cerco di mettermi nei panni di personaggi che trovo ripugnanti, e riesco ad afferrare di più anche il loro lato di esseri umani con determinati sentimenti».
Torture, furti di neonati e voli della morte. Che spiegazione si è data di tanta crudeltà?
«E’ una domanda che mi faccio spesso e continuo a non trovare risposta. E non solo nei confronti della dittatura: in genere non riesco a capire come l’uomo possa arrivare a certi livelli di atrocità».
In “Doppio fondo” uno dei personaggi si chiede perché, visto che i militari disprezzavano tanto i prigionieri, prendevano e crescevano i loro bambini. Effettivamente sembra un controsenso.
«Me lo spiego considerandolo una sorta di esperimento che hanno voluto fare. Allevare e crescere i figli del nemico, cercando di convertirli alla loro ideologia, renderli ostili ai genitori naturali. Come dire: sterminare un’ideologia dalle radici».
La storia è piena di tragedie ,dai lager nazisti al genocidio attuato dai Khmer rossi di Pol Pot in Cambogia: la repressione argentina ha avuto connotati unici ?
«Caratteristico è stato il furto dei bambini per farli crescere dagli oppressori. Poi… ed è un tema centrale di “Doppio fondo”… ad un certo punto la persecuzione ha smesso di essere ideologica ed è diventata di stampo mafioso. Venivano sequestrate persone con grandi patrimoni, e costrette a firmare documenti con cui passavano tutti i loro beni ai torturatori».
Madri e poi abuelas, le nonne di Plaza de Mayo, quanto hanno fatto la differenza?
«Sono state l’unica vera resistenza alla dittatura. 40 anni fa ci fu la loro prima uscita in Plaza de Mayo; quando iniziarono a chiedere cosa fosse successo a figli e nipoti. In quel momento c’era uno stato di assedio ed erano proibiti gli assembramenti di qualsiasi tipo. E cosa fecero? Al centro della piazza c’è un albero e loro, a 2 a 2, gli girarono intorno, continuando a manifestare in questo modo ogni giovedì».
A che punto è la ricerca dei neonati desaparecidos con vida?
«Si scava ancora in quel periodo; c’è un lavoro incredibile e si continuano a trovare quei bambini. Ora sono uomini e donne di circa 40 anni che credevano di essere figli di una certa coppia, e così non è».
E’ vero, come ha scritto, che qualcuno nella gerarchia della chiesa argentina suggerì che era più cristiano mettere i prigionieri su un aereo che non sarebbe mai arrivato a destinazione”?
«Si e non lo dico io, è un fatto storico. La chiesa ha avuto sicuramente una responsabilità molto forte perché è stata complice. Il Nunzio Apostolico disse alle abuelas che non dovevano preoccuparsi: i nipoti sarebbero cresciuti meglio nelle famiglie abbienti a cui erano stati dati, più che con i genitori e i nonni biologici».

Rock Jazz e dintorni Patti Smith e il Quintetto Astor Piazzolla

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Gli appuntamenti musicali della settimana

 

Lunedì. Debutta a Collegno “Flowers”  con i Fast Animals And Slow Kids. Per “Stupinigi Sonic Park” si esibisce Umberto Tozzi. Per 3 giorni di fila in vari cinema si può vedere il documentario firmato da Pietro Marcello “Per Lucio”.

Martedì. Alle OGR per “Summer Vibes” è di scena la cantante Nava. All’Anfiteatro dell’anima di Cervere canta Antonello Venditti.

Mercoledì. Tributo a Frank Sinatra  a “Flowers” proposto da Massimo Lopez con la Big Band diretta da Gianpaolo Petrini.

Giovedì. Alla Tesoriera per “Evergreen Fest” è di scena Oscar degli Statuto. A Stupinigi arriva Nek. Per “Flowers” si esibisce Willie Peyote. Lo spettacolo “ Bogdanoviana” con le parole di Wu Ming e le musiche di Simone Benvenuti e Andrea Rebaudengo è ospitato nel parco Salvemini di Rivoli.

Venerdì. Nel Sound Garden  dell’Hiroshima Mon Amour concerto di Cristiano Godano dei Marlene Kuntz. A Cervere è di scena Francesco De Gregori. Per “Flowers”  l’hip hop di Frah Quintale. Allo Spazio 211 suonano i Bull Brigade. A Stupinigi prima di due sere consecutive per Emma Marrone.

Sabato. Per “Musicastelle” in Val d’Aosta nel Vallone di Vertosan è di scena Daniele Silvestri. Flowers” presenta i “Zen Circus”. A La Magdeleine “Chamoisic” suona il quartetto del pianista Riccardo Ruggieri. Per il vernissage di “Collisioni” ad Alba, si esibisce Patti Smith. Per “Monfortinjazz” suona il Quintetto Astor Piazzolla. Per “Monferrato On stage”  a Baldichieri è di scena Paolo Bonfanti.

Domenica. Sul palco della Tesoriera si esibisce il trio del chitarrista Max Gallo.

Pier Luigi Fuggetta

 

 

“Fuori. Storie dal manicomio”

Una drammatica pagina di storia nazionale rivive sul palco dell’ex ospedale psichiatrico di Collegno. Martedì 6 luglio

Fra le più importanti strutture manicomiali d’Italia, quello che fu il “Regio Manicomio” di Collegno (costruito nel 1852 e gestito dall’Ordine Certosino fino al 1890, per poi passare all’Opera Pia come nuovo ente gestore autonomo per effetto delle Leggi Crispine) rivive e racconta la sua storia sul grande palco montato nel cortile della Lavanderia dell’ex-struttura psichiatrica, attraverso lo spettacolo teatrale “Fuori.

Storie dal manicomio”, firmato e prodotto da “Lab22” nella seconda serata del “Flowers Festival”. L’appuntamento, messo in scena in un luogo fortemente simbolico, è per martedì 6 luglio, a partire dalle 21. Dentro quei terribili muri di cinta, costruiti su progetto dell’inegner Luigi Fenoglio e che separavano totalmente il mondo dei “matti” dalla realtà del paese che viveva tutt’intorno, all’esterno, prende corpo una pagina orribile e disumana di storia locale e nazionale, insieme alle vite di chi – adulto o bambino – fu rinchiuso e cancellato come essere umano in quei tetri corridoi, sottoposto a crudeli terapie sperimentali e a punizioni e costrizioni vergognose, sotto l’aspetto psicologico e corporale. Il testo è stato scritto da Serena Ferrari partendo dalle inchieste dei giornalisti Alberto Papuzzi e Alberto Gaino e dal libro di Bruna Bertolo “Donne e follia in Piemonte”, ma anche dalle vite dei protagonisti del tempo, come lo spregiucato professor Giorgio Coda, vice direttore dell’Ospedale psichiatrico, processato nel 1970-1974 per “maltrattamenti” con relativa condanna a cinque anni di detenzione, al pagamento delle spese processuali e all’interdizione dalla professione medica per cinque anni. Ma la storia intreccia anche l’amore nei versi di Alda Merini e in quelli cantati da Simone Cristicchi e da Franco Battiato. Racconta quel mondo e la battaglia che nacque al suo interno e condusse, poi, nel 1978, alla promulgazione della legge n. 180 relativa agli “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”, comunemente nota come Legge Basaglia, che portò alla chiusura dei manicomi. Già l’anno precedente l’Amministrazione Comunale di Collegno aveva fatto abbattere il primo tratto del muro di cinta che circondava il Manicomio, precorrendo la coraggiosa misura legislativa che decretò il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici, con una conseguente e rinnovata sensibilità nei confronti del disagio psichico. Serena Ferrari, insieme a Fabrizio Rizzolo, firma anche la regia di “Fuori. Storie dal manicomio” che conta su un cast numerosissimo, fatto di attori professionisti, ballerini ma anche di un’orchestra che realizza dal vivo, sul palco, tutte le musiche di accompagnamento. “Negli ultimi anni abbiamo creato degli spettacoli su temi d’impegno civile. Ne abbiamo firmato uno sulle morti bianche e sui morti della Thyssen Krupp di Torino, uno per contrastare la violenza sulle donne, uno sulla scomparsa del ragazzo collegnese Fabrizio Catalano» spiega il presidente di “Lab 22”, Claudio Ferrari. Nessuno ha però ottenuto il riscontro di “Fuori”, che ha inanellato, dalla sua prima messa in scena, 15 repliche e 15 sold out. Uno spettacolo forte, che “urla” come suggerisce la slide che viene proiettata prima dell’inizio della pièce. Al centro storie di abusi e violenze. Di speranze e di poesia. Di muri costruiti e non più abbattuti. Di esclusione del diverso. “A tratti un pugno allo stomaco, a tratti una musica che unisce amori e storie. Uno spettacolo intenso che mescola movimento e parole, ricordi e il messaggio che escludere non porta mai a nulla”.

Biglietti in vendita al link: http://bit.ly/FUORI_STORIE_DAL_MANICOMIO

Costo 20 euro più prevendita.

g. m.

 

Renato Rascel, torinese “per caso” 

Trent’anni fa, il 2 gennaio del 1991, moriva dopo una lunga malattia Renato Rascel, nome d’arte di Renato Ranucci. Artista incredibilmente versatile, indimenticabile protagonista del teatro leggero italiano, nella sua lunga carriera di attore, comico, cantautore e ballerino si cimentò in moltissimi ruoli.

In molti, tra i non più giovanissimi, lo ricorderanno protagonista di moltissimi spettacoli dalla rivista alla commedia musicale, dall’intrattenimento televisivo e radiofonico all’operetta e al teatro. Non tutti sanno però che nacque “casualmente” a Torino il 27 aprile 1912, durante una tournée della compagnia di cui facevano parte i suoi genitori, il cantante di operetta Cesare Ranucci e la ballerina classica Paola Massa, artisti di opera comica che lavorarono anche con il grande Ettore Petrolini. Il piccolo Renato passò così i primi giorni di vita in una cesta dietro le quinte dove i genitori, a turno, si prendevano cura di lui tra una scena e l’altra. Venne poi battezzato  a Roma, nella basilica di San Pietro per volontà del padre “che volle confermare la sua romanità risalente a sette generazioni”. Nascendo in una famiglia d’artisti fu normale che anche Renato sentisse il richiamo della scena e così, fin  da piccolo, si ritrovò a calcare i palcoscenici di compagnie filodrammatiche e teatrali. L’esperienza lo portò a inventare un suo personaggio che lo rese riconoscibile al grande pubblico. La bassa statura e il fisico esile gli suggerirono la celebre, esilarante e surreale  interpretazione del Corazziere. Elaborò sketch e canzoni diventate pietre miliari della rivista, al fianco di attori e autori come Garinei e Giovannini. I ragazzini della mia generazione lo ricordano in televisione con la veste talare del protagonista de “I racconti di padre Brown”, sceneggiato prodotto e messo in onda dalla Rai nel 1970. Risale a quello stesso anno la sua ultima  interpretazione in una commedia musicale di Garinei e Giovannini (Alleluja brava gente) dove Rascel ebbe l’onere di sostituire all’ultimo istante il famosissimo  Domenico Modugno con un giovane Gigi Proietti, pressoché sconosciuto al pubblico.

Marco Travaglini

Le eccellenze femminili del circo contemporaneo

XX FESTIVAL INTERNAZIONALE SUL FILO DEL CIRCO

In scena dal 2 al 10 luglio 2021 al Parco culturale Le Serre di Grugliasco (TO)

Dal 2 al 10 luglio torna, presso il Parco culturale Le Serre di Grugliasco, in provincia di Torino, l’appuntamento con il Festival Internazionale Sul Filo del Circo, la principale manifestazione nazionale di Circo Contemporaneo per storicità e qualità degli spettacoli proposti, giunto quest’anno alla sua ventesima edizione. Undici le compagnie ospiti, fra cui i cast degli allievi del secondo anno dell’Accademia professionale di Fondazione Cirko Vertigo, organizzatrice del festival, con artisti provenienti da Italia, Portogallo, Francia, Svizzera, Spagna, Croazia, Germania, Regno Unito, Grecia, Albania, Polonia, Israele, Colombia, Messico e Argentina.

Sul Filo del Circo riconferma anche quest’anno, dopo lo stop forzato dell’edizione 2020, la sua vocazione a essere sostenitore delle espressioni più innovative del circo contemporaneo, con un focus sulla creatività al femminile. Spazio quindi a spettacoli di circo contemporaneo che vedano la presenza artistica e creativa di una o più figure eccellenti di professioniste dello spettacolo dal vivo senza limitazione di ambito o spettacoli dedicati ai temi riguardanti la figura della donna e l’universo femminile, ovvero scritti, diretti e creati da artiste donne. Attraverso questa scelta, che non è solo tematica ma vuole incidere sul reale coinvolgimento di un maggior numero di professioniste dello spettacolo, si intende dare evidenza alle donne che sono state e sono protagoniste nelle diverse discipline del percorso artistico e creativo, portatrici attraverso di esso di significative istanze sociali di mutamento. Diffondere conoscenza su questo tema produce un nuovo livello di consapevolezza sul ruolo delle figure femminili nella vita culturale e sociale, e aiuta concretamente a perseguire quel principio di equità e di pari opportunità che deve trovare concretezza nella nostra quotidianità, oggi più che mai.

La necessità di incontrare il pubblico dal vivo, di sentire gli applausi, di emozionarsi sul palco e far emozionare, la voglia di portare in scena le proprie creazioni sono i sentimenti che accomunano tutte le professioniste dello spettacolo, protagoniste a vario titolo di questa edizione.

“Un traguardo auspicato, atteso e difeso per la comunità di artisti e spettatori che si ritroverà magicamente sulla scena diffusa del Parco Culturale Le Serre – spiega il direttore di Fondazione Cirko Vertigo, Paolo Stratta -. Per l’occasione tre scene lavoreranno ininterrottamente a riportare in vita quel triangolo d’oro che Fondazione Cirko Vertigo ha saputo creare in questi vent’anni, tra alta formazione, creazione artistica (della compagnia blucinQue di Caterina Mochi Sismondi e delle Residenze Artistiche) e diffusione”.

Il festival, organizzato da Fondazione Cirko Vertigo, con il sostegno di Città di Grugliasco, che lo ospita fin dalla sua prima edizione e di Regione Piemonte, il patrocinio di Città Metropolitana di Torino e Acci – Associazione Circo Contemporaneo Italia e in collaborazione con Fondazione Piemonte dal Vivo e Società Le Serre, ospiterà in media tre compagnie al giorno che si esibiranno all’interno del TLS – Teatro Le Serre, nello Chapiteau Teatro nelle Foglie, montato ad hoc per il festival, e all’aperto, all’interno del parco. La collaborazione con Fondazione Piemonte dal Vivo fa rientrare il festival Sul filo del Circo in una più ampia programmazione estiva su base regionale, con la quale si intende dare vita a un unico grande e multidisciplinare palcoscenico piemontese.

Ogni spazio potrà ospitare un numero massimo di spettatori, stabilito nel pieno rispetto delle normative anti Covid e gli orari saranno scaglionati per permettere, a chi lo desidera, di vivere, con un unico biglietto giornaliero, una vera e propria esperienza immersiva nel mondo del circo contemporaneo e poter godere quindi di tutti gli spettacoli della giornata semplicemente spostandosi nel verde del parco Le Serre.

Il Festival aderisce al progetto Take Off, nato dall’unione delle forze di Fondazione Cirko Vertigo con Associazione Sarabanda Impresa Sociale e Associazione Culturale IdeAgorà, in collaborazione con Fondazione Piemonte dal Vivo e con il sostegno di Fondazione CRT, Città di Grugliasco e Molecola. Il progetto, che ha lo scopo di immaginare e costruire un circo contemporaneo italiano di qualità, sostenendo compagnie innovative che realizzano produzioni competitive sul mercato internazionale, gode di una serie di partenariati internazionali quali: Delegazione del Québec in Italia – Roma; Plateforme 2 Pôles Cirque en Normandie – La Brèche de Cherbourg – Francia; CIRCa, Pôle National Cirque Auch – Francia; Lost in Translation Circus – Regno Unito; FEDEC (European Federation of Professional Circus Schools).

“Potremmo chiamarla l’edizione della ripartenza e per questo apprezziamo l’averla dedicata alle donne – dichiara Emanuela Guarino, Assessora alla Cultura della Città di Grugliasco – Sono le donne ad aver subito di più in questa pandemia, da molti punti di vista, ed è dalla capacità feconda delle donne di guardare avanti, con resilienza e creatività, che possiamo trarre esempi e motivi di ottimismo. La Fondazione Cirko Vertigo, e la sua direzione artistica, con questa scelta si dimostrano in sintonia con il sentire dell’Amministrazione grugliaschese e attenti lettori degli eventi. A loro va il plauso del Sindaco Roberto Montà e mio e il ringraziamento per la professionalità e la fiducia con cui guardano al futuro”.

Il Festival sarà l’occasione per conoscere artiste di circo di grande talento, sia a livello tecnico che espressivo, come Edvige Ungaro, Coline Mercier e Chiara Capparelli. Presenterà i lavori di registe e coreografe approdate al circo dopo aver sviluppato esperienze nel teatro, nella danza, nella clownerie, come Caterina Mochi Sismondi, Joanna Bassi, Clara Larcher, Sophia Perez e Karine Noël, oltre che musiciste di grande creatività e innovatività, come Bea Zanin. Ambasciatore delle più innovative espressioni del circo contemporaneo in Italia e al tempo stesso catalizzatore delle creatività internazionali più all’avanguardia del settore, il festival si dimostra così in grado di dialogare con la scena mondiale e assolvere al ruolo di facilitatore di quel processo inscindibile tra formazione, creazione e diffusione delle opere d’arte. Il tema del femminile è trasversale ai generi e ai luoghi; in questo senso, rappresenta un focus di riflessione che accomuna tutto il contesto europeo.

Saranno protagoniste delle prime due giornate della kermesse, ovvero il 2 e 3 luglio, tre compagnie molto differenti fra loro: si tratta del trio costituito da Joanna Bassi, Vio Garcia e Sabina Drag, Chiara Capparelli e Compagnia blucinQue.

Lo spettacolo Trioom, in prima italiana al festival, parte dal concetto secondo cui l’umorismo sia il legame più forte tra le persone. Andando oltre le loro carriere individuali come donne clown, Sabina Drag dalla Polonia, Vio Garcia dalla Spagna e Joanna Bassi, discendente da una famiglia di artisti italo-franco-inglese, si sono riunite a Berlino, dove attualmente vivono, per dare vita a un progetto artistico con il quale reagire all’attuale situazione pandemica. Le artiste hanno così creato uno spettacolo nel quale il classico format di performance comica accompagnata dalla musica si mescola con influssi contemporanei. Utilizzando il pretesto di una falsa videochiamata, le tre clown si prendono gioco della nostra nuova vita digitale, piena di difficoltà tecniche. “Indubbiamente è troppo presto per misurare l’impatto globale della pandemia sul mondo dello spettacolo. È già chiaro che, con o senza pubblico, vengano documentati molti più spettacoli, una tendenza destinata a rimanere – commenta Joanna Bassi, figlia d’arta, alle spalle una carriera lunga una vita -. Questo crea da un lato una memoria artistica e culturale senza precedenti, e a lungo termine ciò influenzerà gli artisti. Dall’altro dà una responsabilità aggiuntiva agli organizzatori di spettacoli nei confronti del pubblico: dovranno riuscire a ricreare degli ambienti in grado di competere con la comodità del salotto di casa, dove il pubblico ha imparato a guardare tutto ciò che desiderava per mesi”.

Nelle stesse giornate andrà in scena, emozionata per il fatto di portare al festival la sua prima creazione personale, Chiara Capparelli con Além-Corpo, sull’esperienza di “uscita dal corpo fisico”, in cui il corpo e la coscienza si separano per alcuni istanti, permettendoci di conoscere le nostre reali possibilità. In quest’opera dal sapore noir e grottesco troviamo un virtuosismo dato dalle acrobazie aeree su corde verticali che opera in funzione di narrativa, interpretazione e movimento e anche una plasticità scenica dovuta alla decostruzione dell’attrezzo e dei materiali utilizzati per la scena.

Il 3 luglio sarà portata in scena Gelsomina Dreams, ultima produzione della compagnia blucinQue  diretta da Caterina Mochi Sismondi. Dichiarato omaggio all’immaginario di Federico Fellini a 100 anni dalla sua nascita, lo spettacolo è stato selezionato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI), in collaborazione con il Ministero della Cultura tra le 20 produzioni artistiche inedite di danza, teatro e circo contemporaneo da finanziare nell’ambito dell’iniziativa “Vivere all’italiana sul palcoscenico”. Gli artisti in scena si muovono in un’ambientazione sospesa e senza tempo, che allude a un set cinematografico dismesso di felliniana memoria. Gelsomina Dreams innesta sul linguaggio del teatrodanza i linguaggi della musica, suonata dal vivo, qui rielaborando anche melodie del grande Nino Rota, e del circo contemporaneo. Protagonisti in scena: Alexandre Duarte, Elisa Mutto, Federico Ceragioli, Vladimir Ježić, Antonio Fazio, Beatrice Zanin, Niccolò Bottasso e Michelangelo Merlanti.  Con la partecipazione di Paolo Stratta e Nina Carola Stratta. “In ambito artistico non parlerei di questioni di genere quanto di identità: se l’identità dell’artista è forte – spiega Caterina Mochi Sismondi – e si ricerca una coerenza nel proprio percorso creativo, basata su una reale necessità, il fatto di essere una donna può diventare anche un punto di forza”.

Corda aerea, danza, sospensione capillare sono invece le discipline che Clara Larcher e Jose Cerecéda della Compañia Depàso porteranno in scena domenica 4 e lunedì 5 luglio nella loro nuova creazione La Trottola. Due personaggi avvolti in una scena senza tempo, si incontreranno in un viaggio vertiginoso dentro un vortice, un rituale per scoprire che cosa c’è dentro ognuno di loro in mezzo al caos. “È impossibile – spiega Clara Larcher – slegarsi da questa epoca di cambiamento nel mondo delle performing art: è stato così tanto inscatolato fra le mura domestiche e gli schermi che inevitabilmente ci dovrà essere una rinascita esplosiva e potente, lo stesso potenziale di trasformazione e sconvolgimento profondo che sta portando avanti il mondo delle donne. C’è un’evidente sete di cultura da parte di tutti, voglia di fare, di vedere, di nutrirsi. La cultura è necessaria per lo sviluppo di una società sana”.

Domenica 4 luglio data unica per Coline Mercier che si esibirà in prima nazionale in Seule en roue, spaccato su quello che per una clown possa significare essere una giovane donna oggi, nata in un paese patriarcale, educata in mezzo agli stereotipi femminili e a disuguaglianze culturalmente accettate. “La discriminazione uomo-donna esiste e c’è tanto ancora da fare per annullarla, nella fase di formazione dei nuovi artisti così come nella distribuzione degli spettacoli. Il fatto stesso di porci la domanda: esistono discriminazioni di genere nel mondo dello spettacolo dal vivo, testimonia il fatto che le discriminazioni esistono. Gli artisti di tutti i tipi, uomini, donne o LGBTQ, sono essenziali”. Coline sarà come un raggio di sole che rischierà lo spirito del pubblico con le sue marachelle perché chiunque potrà identificarsi nel suo groviglio di gioia, frenesia e indecisione.

Il tempo, concetto su cui i lockdown hanno costretto tutti alla riflessione, è il punto di partenza dello spettacolo in prima nazionale Kairos. Riflessi per la creazione della compagnia Teatro nelle Foglie. Per Elena Fresch, Marta Finazzi e Nicolas Benincasa, i tre poliedrici artisti che fondano la compagnia, supportati da Damian Fiore Giralt, Lucie Vendlova e Marco Meneghel, il gioco è la chiave per liberare il tempo e renderlo libero da impegni e questioni materiali. Per Elena Fresh, socia fondatrice della compagnia e i suoi colleghi, la nuova normalità dettata dalla pandemia “richiede resilienza e capacità di reinventarsi, e la storia ci insegna che noi donne abbiamo tutte le qualità per far sì che ciò accada. Torno in scena diversa, consapevole che niente sarà come prima ma non per forza con un’accezione negativa”. Fra una ricca scenografia e tecnologie di proiezione 3D digitale, per ben cinque giorni, dal 4 all’8 luglio, prenderà vita una realtà altra nella quale lo spettatore non potrà fare altro che immergersi.

Con gli occhi sognanti ma sempre ben aperti il 6 e 7 luglio potremo assistere alla commedia romantica della Compagnia Autoportante. I due filferristi Emma Edvige Ungaro e Damián Elencwajg in Fuori al naturale porteranno sul filo teso una storia d’amore, la loro storia, raccontando la routine di una coppia che giornalmente si prepara per la vita con conflitti, divertimento, delusioni e riconquiste. Equilibrio, danza e teatro si mescoleranno con l’unico fine di stupire ed emozionare i pubblici di tutto il mondo. Gli acrobati si muoveranno sulle note della Pizzica, danza tradizionale del Salento, che farà da colonna sonora all’intero spettacolo. “Tornare in scena con la prima di uno studio del nostro nuovo spettacolo è ancora più emozionante, e che sia Fondazione Cirko Vertigo a ospitarci assume un significato ancora più forte – spiega Edvige Ungaro -, il trampolino di lancio verso i miei sogni, da dove tutto è partito, dove ci siamo conosciuti io e mio marito, compagno di vita e di lavoro. Un ‘emozione indescrivibile, sarà una grande sfida per me gestire emozioni così forti. Amo le sfide, per questo faccio filo teso”.

Una indimenticabile protagonista della letteratura mondiale e di una delle storie d’amore più popolari al mondo, Giulietta di William Shakespeare, è colei che dà ispirazione al secondo lavoro portato al festival dalla compagnia blucinQue diretta da Caterina Mochi Sismondi, in data unica mercoledì 7 luglio. Vertigine di Giulietta – Distance mode è un lavoro di ricerca sul movimento e la composizione tra teatrodanza, testo, musica dal vivo e discipline circensi, ora con il focus della distanza, da agire e sperimentare anche sulla scena per un percorso post lockdown. A scandire il ritmo, l’alternanza simbiotica di brani di Prokofiev e della musica eseguita da un violoncello classico processato dal vivo da Bea Zanin, musicista in scena insieme ai cinque performer, danzatori e circensi, coinvolti nella composizione fisica e musicale, ovvero Elisa Mutto, Alexandre Duarte, Federico Ceragioli, Vladimir Ježić, e Rio Ballerani.

Il corso professionale per Artista di Circo contemporaneo di Fondazione Cirko Vertigo riconferma la propria vocazione ad essere hub creativo e formativo, preparando le giovani promesse del circo contemporaneo non solo all’esibizione scenica, ma a diventare individualmente artefici di un processo creativo ed esprimere al meglio il proprio talento. È questo il senso più vero di Exit, esibizione dei 14 allievi dell’ultimo anno dell’Accademia, impegnati ciascuno nella realizzazione di un numero intimo e personale volto a suggellare il proprio percorso formativo e artistico. Con l’accompagnamento artistico di Alessandra Simone e Luca Morrocchi, i giovani artisti si esibiranno durante le tre serate conclusive del festival in quattro differenti cast, di cui faranno parte: Filimon Alexandro Balacel, Shunya Baner, Sukey Jane Calladine, Victoria Georgoulaki Tzannetou, Mayra Alejandra Gonzalez Borja, Simona Lea Huber, Daniele Ippolito, Michelangelo Merlanti, Sara Montanaro, Arianna Puiatti, Beatrice Rosso, Yaniv Shem Tov, Besmir Sula, Carina Zimmermann e Georgina Danaé Basurto Gutiérrez.

La carta, così malleabile e delicata, è elemento guida della creazione Charta della compagnia Nomaduo, costituita da Cristiana Morelli e Flavio Barbui, visibile nelle due serate conclusive del festival, il 9 e 10 luglio. Tra mano a mano, scala di equilibrio e aerea e acroduo i due artisti, emozionati all’idea di poter condividere dal vivo la loro arte, portano in scena uno spettacolo nel quale la carta si trasforma e diventa contenitore di infinite possibilità, luogo in cui poter mettere qualunque tipo di espressione umana, un magazzino infinito di arte e significato, aperto a qualunque persona voglia assaporarne e condividerne il contenuto.

In prima nazionale il 9 luglio uno degli appuntamenti più attesi dal festival: la compagnia francese Cabas, grazie alla regista Sophia Perez e l’aiuto regista Karine Noël, la direttrice di produzione Maude Tornare e la sound designer Colombine Jacquemont, porta in scena l’adrenalinico spettacolo Desiderata con il quale affronterà il tema dell’identità di genere attraverso i corpi di 6 giovani uomini: Remi Auzanneau, Hernan Elencwajg, Johannes Holm Veje, Tanguy Pelayo, Baptiste Petit e Martin Richard. Le loro acrobazie mozzafiato, eseguite con l’ausilio della bascula e del quadro coreani, racconteranno la parte più intima degli acrobati in scena. Desiderata reinventa la loro arte, la loro tecnica acrobatica in modo che risuoni coralmente. I protagonisti metteranno in discussione la propria identità lasciando il pubblico a bocca aperta con i loro virtuosismi e grazie alla vasta gamma di emozioni portate sul palco.

Il festival internazionale Sul filo del Circo chiude con Leo Bassi, monumento della clownerie mondiale, che lascerà gli spettatori piacevolmente sconvolti e totalmente disarmati di fronte alle sue trovate dissacranti, frutto di una carriera lunga 40 anni. Nel suo Best of Leo Bassi – Woman Edition dedicato alla donna e al tema del femminile, riuscirà a giocare come sempre sulla provocazione e sugli eccessi per rompere ancora una volta tutti gli schemi e i generi, collocandosi fra il comico, il teatro di strada, l’arte circense e il teatro politico.

Durante i giorni del festival è inoltre in programma, all’interno dello Chalet Allemand, nel parco culturale Le Serre di Grugliasco, una mostra dedicata a Eugenio Guglielminetti, scenografo, costumista, pittore e scultore italiano, nato ad Asti nel 1921. Questa mostra intende rendere omaggio al suo genio artistico a cento anni dalla nascita attraverso non solo l’esposizione di alcune delle sue opere ma anche con la lettura, a cura dell’attrice comica Luisella Tamietto, di passi de Il carro volante, opera letteraria del Maestro Guglielminetti. Le letture si terranno il giorno di apertura del festival, il 2 luglio alle 19.30 e a seguire lunedì 5, martedì 6 e mercoledì 7 luglio alle ore 19, all’interno del parco culturale Le Serre. La mostra sarà aperta al pubblico dalle 18 alle 22 nei giorni del festival.

Eugenio Guglielminetti ha frequentato l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. Allievo di Giuseppe Manzone e di Felice Casorati, si è formato nel vivace ambiente artistico torinese degli anni Quaranta e Cinquanta, a contatto con artisti quali Enrico Paulucci, Albino Galvano, Luigi Spazzapan, Mino Rosso, Italo Cremona e Paola Levi Montalcini. Attingendo a quegli umori culturali, con la direzione della galleria d’arte “La Giostra” di Asti e gli intensi rapporti con la cultura più viva del tempo, Guglielminetti definisce le coordinate del suo operare di pittore-scultore, parimenti segnato dai frequenti soggiorni parigini del secondo dopoguerra e dal contatto con le tendenze delle avanguardie internazionali. Da tali esperienze il suo mondo poetico scaturisce in tutta la sua pienezza. A partire dal 1946 all’attività artistica Guglielminetti affianca quella di scenografo teatrale, divenuta professione dal 1953, che lo rende noto a livello internazionale e lo impegna in produzioni di grande prestigio. Basti pensare che dal 1946 al 2006 Guglielminetti progetta più di 300 scenografie. Ha collaborato con il Centro Nazionale di Studi Alfieriani, i teatri stabili di Torino, Roma, Genova e Palermo, il Maggio Musicale Fiorentino, il Teatro delle Novità di Milano, il Teatro alla Scala di Milano, il Carlo Felice di Genova, il San Carlo di Napoli, il Regio di Torino, la Fenice di Venezia, il Colon di Buenos Aires, la Deutsche Oper di Berlino, il Grand Theatre di Ginevra, la RAI-Tv Italiana, il Teatro Comunale di Bologna, l’Autunno Musicale Napoletano, il Teatro Bellini di Catania, le compagnie Proclemer-Albertazzi, Mario Scaccia, Ileana Ghione, Calindri-Villi, Paolo Poli, Loredana Furno, Mago Povero, Satta Flores-Quattrini, Gigi Proietti, il Teatro Sistina. La ricerca pittorica e scultorea, tuttavia, non è mai abbandonata, come documenta la presenza dell’artista a numerose rassegne d’arte contemporanea.

PROGETTO DI Fondazione Cirko Vertigo

CON IL SOSTEGNO DI Città di Grugliasco, Regione Piemonte

CON IL PATROCINIO DI Città metropolitana di Torino e ACCI – Associazione Circo Contemporaneo Italia

IN COLLABORAZIONE CON Fondazione Piemonte dal Vivo, Società Le Serre e Festival internazionale di circo e arti performative Mirabilia, Festival internazionale di circo teatro Circumnavigando, Associazione Macramé

SPONSOR Iren e Nova Coop

Vendite Vivaticket online al link https://www.vivaticket.com/it/cerca-biglietti/grugliasco

e presso i rivenditori autorizzati – Info su www.vivaticket.com

Orari biglietteria: 9:30-13 e 14:30-18 presso gli uffici di Fondazione Cirko Vertigo all’interno del parco culturale Le Serre. Durante i giorni del festival, dopo le 18 la biglietteria sarà aperta presso il teatro Le Serre.

Informazioni e prenotazioni

Tel. 011 071 4488

biglietteria@cirkovertigo.com | www.sulfilodelcirco.com

Attraverso il tempo, antologica di Piergiorgio Panelli

Nell’antico castello Paleologo di Casale Monferrato si svolge, dal 26 giugno al 25 luglio, la mostra “Attraverso il tempo” con le opere di Piergiorgio Panelli, a cura del Circolo Ravasenga e del critico Carlo Pesce.

Grazie al sapiente allestimento, i bei dipinti e le pregevoli sale espositive, non semplici contenitori, si valorizzano a vicenda nella vasta antologica che percorre a ritroso i periodi di un artista costantemente attento ad ogni movimento dell’arte moderna e contemporanea. Nella sala Chagall sono esposti gli ultimi lavori, i “Paesaggi lenti”, simboleggiati da tartarughe dipinte e inserite in una rarefatta sinfonia tonale del blu, ritenuto da Kandinskij colore del sentimento, già usato come protagonista della mostra “Il Silenzio è blu” in una precedente esposizione a Villa Vidua di Conzano.

Il tema del lento cammino della tartaruga in un cielo silente diventa metafora di pacata meditazione, immersione dell’anima nell’armonia del cosmo mentre l’affidarsi all’unione dell’arte con la natura è un messaggio per ritrovare l’umanità che rischia di svanire in un mondo sempre più frettoloso e tecnologico.
I due grandi dipinti del 2020 rappresentano la summa di tutto il percorso aniconico verso l’annullamento della figurazione a favore della linea e del colore.
Attraverso sperimentazioni di astrattismo, action painting, dripping, informale, traendo suggestioni dai pionieri delle avanguardie, senza diventarne emulo, Panelli è giunto ad uno stile personale e immediatamente riconoscibile.

Nell’ultima sala le prime opere, ancora tradizionali, mostrano attenta preparazione tecnica e passione che gli saranno di sostegno nelle successive opere che gradualmente abbandoneranno la figurazione.Il breve ma prezioso catalogo con gli acuti commenti di Carlo Pesce e il video di Marco e Stefano Garione contribuiscono a far conoscere il lungo viaggio durato quarant’ anni di questo bravo artista già pronto a rimettersi in cammino per nuove avventure.

Giuliano Romano Bussola

I musei? Svecchiamoli ma lasciamoli musei

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Ormai da diversi anni è invalsa l’insana abitudine di trasformare i Musei, anche quelli più ricchi di opere, talmente carichi che resta difficile visitarli in un giorno, in Mostre a tema.

Di Donatella D’Angelo *
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Queste Mostre, a volte basate sul nulla, oppure per promuovere un personaggio, un artista straniero, si basano su una pletora di curatori, allestitori e responsabili  a vario titolo, decine di collaboratori, arrivando a cifre  talmente elevate che viceversa, con gli stessi importi si potrebbe  restaurare un monumento in degrado.  Pertanto è stata una piacevole sorpresa,  sentire dal neo Direttore di Palazzo Madama a Torino,Giovanni Villa, che è sua intenzione e programma, invertire questa tendenza.
Palazzo Madama, infatti per chi  torinese non è, rappresenta una pregevole quanto curiosa costruzione, tanto da farla definire da Guido Gozzano la “casa dei secoli”, dall’impianto romano,passando dal medioevo, al barocco, al risorgimento al XX secolo.
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Proprio nel secolo appena passato, nel 1934 ,assurse al ruolo di Museo, stante il grande conoscitore di Arte e di Arti, quale fu Giuseppe Bottai, con un  sapiente restauro conservativo, dopo essere stata la dimora delle Madame Reali Cristina di Borbone  e Giovanna Maria Battista di Nemours, quindi a tutti  gli effetti una Dimora Sabauda, tanto da renderla una  consuetudine per i Savoia, organizzarvici soprattutto  feste e matrimoni. Al suo interno vi è ancora il ricco mobilio originale, tanti  dipinti importanti e varie collezioni dalle statue lignee medievali,alle porcellane ,ai bronzi ,ai merletti, ignorate ,sconosciute e non visibili  dalla sovrapposizione forzosa ed un po’ invadente di alcuni allestimenti discutibili, in occasione delle tantissime Mostre, qui allestite nelle varie sale.
E che dire del più iconico dei Musei italiani, il Museo dei Musei, il primo in assoluto, essendo nato da una felice intuizione di Francesco I  de Medici nel 1574 per condividere con i fiorentini la eccezionale ed unica collezione in Europa contenuta nei suoi Uffizi?
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I vari riallestimenti, che assorbono  anziché  esaltare le opere, nonché i forzosi spostamenti di opere, primo fra tutti  il ritratto del Bronzino di Eleonora de Toledo, moglie di Cosimo I de Medici, dalla “sua” Tribuna, una Wunderkammer, concepita dal Buontalenti nel 1581, il cuore degli Uffizi anzi la prima intuizione di quello che poi sarebbe stato un museo ,spostato poi nella Sala 65.
Ora gli Uffizi che sono la più straordinaria  collezione italiana ed i suoi depositi  potrebbero  costituire un  altro Museo, sono diventati lo scenario, chiusura  per  pandemia a parte,  di continue Mostre, che distolgono l’attenzione dal corpo  e dall’anima principale,  le sue rare opere d’arte.
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Molti miei conoscenti attirati dai messaggi  martellanti di Mostre di arte contemporanea, mi hanno confessato di non aver visto i veri Uffizi, anzi di averne un vago  ricordo solo per una lontana gita scolastica, lo stesso succede per Palazzo Madama o per altri importanti luoghi ,depositari di capolavori che rendono l’Italia insieme allo Stato Vaticano, il più importante  Paese d’Arte al  mondo. Premesse queste mie considerazioni, non essendo mai stata una talebana dell’Arte, non rifiuto a priori l’apertura a varie iniziative che possano dare ristoro economico ai Musei, sovente in sofferenza,mi riferisco ad eventi mondani nei saloni delle feste delle varie dimore, palazzi e castelli ,ci mancherebbe sono nati per quello scopo, ma soprattutto  attrarre sponsor della Moda, in tutti i suoi aspetti: abiti, accessori ,gioielli ,acconciature, profumi,un’altra  peculiarità tutta italiana,non dimentichiamoci  mai che fu Caterina de’Medici a portare, a metà del cinquecento in una Francia ancora naive, queste raffinatezze ,oltre la enogastronomia toscana. Non scordiamoci  dei piccoli Musei  privati, a Torino la Fondazione Accorsi, nata dall’idea  di un antiquario che raccolse e riordino’ con grande passione e anche spirito bulimico,  quasi 300 arredi dei più importanti ebanisti piemontesi ,quasi 700 oggetti di complemento  e più di 200 dipinti.
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Nonostante la bellezza e densità, quasi da “horror vacui”, anche qui non sono sfuggiti alla tentazione di fare Mostre, ovviamente costrette in spazi angusti, vizio che spero non venga mai ai fratelli Lastrucci, che senza il supporto di nessuno, hanno creato in via de’ Servi a Firenze,nel Palazzo di Sforza Almeni, uno straordinario percorso propedeutico ed illuminante, didascalico ma non noioso, costituito anche di oggetti curiosi,  alla visita della città dominata   dall’ importante dinastia , città che li sente ancora vicini. Un merito loro  è anche quello della  presenza della cultura enologica, derivata proprio dai Medici, con l’invenzione dei  marchi doc e dagli ottimi vini che si possono anche gustare.
C’è  infatti tanto,  volendo con un po’ di intraprendenza e tanta passione, da mostrare senze le Mostre, i Musei si possono rendere attrattivi e fascinosi, in tanti modi, si possono svecchiare,con tante idee, con tocchi  ed effetti illuminotecnici, con aperture notturne,con aperitivi ,perchè no, insieme al biglietto e tanto altro ancora, ma per cortesia lasciamoli  vivere e respirare della loro stessa Bellezza!
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* Architetto

Nel Cortile di Palazzo Arsenale va in scena Madama Butterfly di Giacomo Puccini

Regio Opera Festival. A Difesa della Cultura
Sabato 3, mercoledì 7 e venerdì 9 luglio ore 21
MADAMA BUTTERFLY
Torino, Cortile di Palazzo Arsenale, via dell’Arsenale 22

Una scoperta straordinaria grazie a un narratore d’eccezione: Giacomo Puccini
L’incasso della prova generale di venerdì 2 luglio ore 21
Fermata d’Autobus Associazione Onlus per le donne vittime di abusi

Nella foto: Madama Butterfly di Giacomo Puccini
Secondo appuntamento con l’opera al Regio Opera Festival. A Difesa della Culturasabato 3, mercoledì 7 e venerdì 9 luglio alle ore 21 al Cortile di Palazzo Arsenale va in scena Madama Butterfly di Giacomo Puccini, nella straordinaria produzione che più di quindicimila spettatori hanno applaudito qualche anno fa in piazza San Carlo, nella quale è proprio il compositore, interpretato dall’attore-narratore Yuri D’Agostino, a raccontare la tenerezza, il trasporto e la cruda disillusione che travolgono la protagonista. Questa versione con l’adattamento e i testi di Vittorio Sabadin, che nulla cambia della musica scritta da Puccini, è pensata anche per chi si avvicina per la prima volta all’opera, ma senza tradire lo spirito e l’ambientazione; il narratore introduce l’opera e, tra aneddoti e ricordi, accompagna lo spettatore nello sviluppo della vicenda. Occasioni straordinarie per scoprire il Cortile di Palazzo Arsenale, una meraviglia nel centro di Torino, e di riassaporare, finalmente, la musica dal vivo, in una platea all’aperto di 1000 posti in totale sicurezza.

L’Orchestra e il Coro del Teatro Regio sono diretti da Pier Giorgio Morandi, che dirige le compagini artistiche del Regio per la prima volta. Morandi ha al suo attivo un vastissimo repertorio operistico ed è regolarmente direttore ospite nei più importanti teatri italiani e internazionali; apprezzato interprete anche de lrepertorio sinfonico, ha al suo attivo numerose registrazioni con la Sony. Il Coro del Teatro Regio, impegnato in importanti scene, è istruito da Andrea Secchi. Protagonisti di questo allestimento: il soprano Rebeka Lokar (Madama Butterfly), il tenore Antonio Poli (Pinkerton), il baritono Alessio Verna (Sharpless), il mezzosoprano Sofia Koberidze (Suzuki), il tenore Didier Pieri (Goro) e Yuri D’Agostino, attore interprete di Giacomo Puccini. Completano il cast: Franco Rizzo (commissario imperiale), Roberta Garelli (Kate Pinkerton) e Sofia La Cara e Francesca Urso, che si alternano nei panni del figlio di Butterfly. L’allestimento del Teatro Regio è firmato nella regia da Vittorio Borrelli, le scene sono di Claudia Boasso, i costumi di Laura Viglione e le luci di Andrea Anfossi.

Madama Butterfly è la storia di un amore illuso e ingenuo, pagato a caro prezzo dalla protagonista. Non è però solo la storia di un tragico amore, ma anche la denuncia di un colonialismo spregiudicato e senza scrupoli, in questo caso il tenente della Marina degli Stati Uniti, F.B. Pinkerton il quale, sbarcato in Giappone, compra casa e sposa la quindicenne Cio-cio-san (Butterfly) per soli cento yen, circa un euro d’oggi. Nel giugno del 1900 Puccini, a Londra, vide il dramma di David Belasco Madame Butterfly. Pur non conoscendo l’inglese, il compositore toscano rimase affascinato dalla vicenda della giovane giapponese che si uccide per amore. Appena tornato in Italia chiese a Giulio Ricordi l’autorizzazione per trarre un’opera da quel lavoro, con la collaborazione di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa per il libretto. Il titolo andò in scena il 17 febbraio 1904 al Teatro alla Scala e fu uno dei più clamorosi insuccessi della storia dell’opera, che poi rinacque – in una seconda versione –, al Teatro Grande di Brescia il 28 maggio dello stesso anno. Da allora la triste storia d’amore di Butterfly, sostenuta dalla fida servente Suzuki, osteggiata da tutta la famiglia, e rallegrata solo dal sorriso di figlio avuto con Pinkerton, è rimasta nel repertorio di ogni teatro del mondo.

Lo spettacolo dal vivo è condivisione, partecipazione, sicurezza, fiducia, basi fondanti del sentirsi parte di una collettività. Senso di appartenenza alla comunità è anche non dimenticare chi vive situazioni di disagio e di fragilità. Per questo L’Impegno del Regio prosegue: abbiamo scelto di destinare l’incasso della prova generale di Madama Butterflyvenerdì 2 luglio alle ore 21, a Fermata d’Autobus Associazione Onlus per la comunità residenziale “Fragole Celesti”, che si occupa delle donne vittime di abusi, maltrattamenti e violenze. Per sostenere questo progetto è possibile acquistare il biglietto richiedendo il codice necessario a: rabo48@libero.it – Tel. 348.3615173; per informazioni sul progetto: www.fermatadautobus.net e www.fragolecelesti.it.

L’estate del Regio è la festa di tutti. Dopo il grande entusiasmo suscitato dalla Chorus Parade, proseguono gli appuntamenti gratuiti per offrire musica alla città e per condividere il lavoro dei nostri artisti. Il Regio propone due prove musicali aperte a ingresso gratuito con l’Orchestra e il Coro, che avranno luogo – in completa sicurezza –, nella Galleria Tamagno del Teatro Regio. Sabato 3 luglio dalle ore 11 alle 13.30 l’Orchestra d’Archi Teatro Regio Torino, con Sergey Galaktionov maestro concertatore e violino, proverà il concerto Le 8 Stagioni con Le Stagioni di Antonio Vivaldi e Las cuatro estaciones porteñas di Astor Piazzolla, un match affascinante e ricco di suggestioni. Sabato 10 luglio dalle ore 16.30 alle 18.30, il Coro, istruito da Andrea Secchi, proverà il Concerto di mezza estate (in programma il 30 luglio) e l’opera Pagliacci di Ruggero Leoncavallo (in programma il 7, 10 e 12 agosto).

I prossimi appuntamenti del Regio Opera Festival

  • Sabato 3 luglio ore 11 prova aperta dell’Orchestra d’Archi (Galleria Tamagno Teatro Regio; ingresso gratuito)
  • Sabato 3 luglio ore 21 Madama Butterfly di Giacomo Puccini
  • Mercoledì 7 luglio ore 21 Madama Butterfly
  • Venerdì 9 luglio ore 21 Madama Butterfly
  • Sabato 10 luglio ore 16.30 prova aperta del Coro (Galleria Tamagno Teatro Regio; ingresso gratuito)
  • Sabato 10 luglio ore 21 Concerto Le 8 Stagioni; in collaborazione con Piemonte dal Vivo
  • Lunedì 12 luglio ore 21 Strehler 100. Parole e musica per Giorgio Strehler concerto-spettacolo con Marta Comerio, Margherita Di Rauso, Andrea Jonasson, Pamela Villoresi e il Quartetto del Teatro Regio; regia di Lluis Pasqual; in collaborazione con Piemonte dal Vivo

Un Festival che nasce dal desiderio e con l’auspicio di ritrovarsi finalmente insieme uniti nella musica. Proprio con questo intento il Regio propone le Festival Card a 6 e 10 spettacoli, che danno la possibilità di scegliere 6 o 10 spettacoli tra opere, concerti e spettacoli per bambini, oppure di essere utilizzate per assistere da più persone per la stessa manifestazione. Inoltre, per gli under 30 è prevista la riduzione del 20% su tutti i biglietti, e con la Festival Card Giovani 10 il biglietto costa solamente € 10.

Il Regio Opera Festival. A Difesa della Culturache si svolge presso la sede del Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito, è realizzato dal Teatro Regio Torino con il patrocinio del Ministero della Difesa e del Ministero della Cultura, grazie al Main Partner Camera di commercio di Torino, in collaborazione con la Fondazione Piemonte dal Vivo, con il contributo di Reply, di Federfarma Torino con l’Ordine dei Farmacisti della Provincia di Torino Farma Cares, e di Sipal.

BIGLIETTERIA
La Biglietteria è aperta dal lunedì al sabato ore 10-14 presso l’Info-Point di piazza Castello 215 (Teatro Regio, Ingresso Uffici) e un’ora prima degli spettacoli al Cortile di Palazzo Arsenale (via dell’Arsenale 22). Acquisti esclusivamente con carta di credito, bancomat e Satispay.

Biglietti e Festival Card in vendita anche online su www.teatroregio.torino.it, su www.vivaticket.it e presso i Punti Vivaticket.

BIGLIETTI
Madama Butterfly€ 50, € 40, € 30 a seconda del settore
Biglietti per i concerti€ 10 – 15 a seconda del settore

FESTIVAL CARD
Festival Card 10 biglietti: € 200
Festival Card 6 biglietti: € 120
Festival Card Giovani (under 30) 10 biglietti: € 100

INFORMAZIONI
Info-Point: ore 10-14 dal lunedì al sabato presso l’Ingresso Uffici del Teatro Regio (piazza Castello 215), per informazioni e assistenza al pubblico; info@teatroregio.torino.it
Info-Tel. 011.8815.241: ore 10-18 dal lunedì al venerdì 10-18; sabato 10-13; biglietteria@teatroregio.torino.it.

REGIO OPERA CAFÉ
All’interno del Cortile di Palazzo Arsenale, il Regio Opera Café vi aspetta a partire da un’ora prima dell’inizio degli spettacoli.

Per tutte le informazioni: www.teatroregio.torino.it.

Torino, 29 giugno 2021

MADAMA BUTTERFLY
Tragedia giapponese in due atti
Libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa
dal racconto di John Luther Long e dal dramma di David Belasco
Adattamento e testi di Vittorio Sabadin
Musica di Giacomo Puccini

Personaggi e interpreti
Madama Butterfly (Cio-cio-san) soprano: Rebeka Lokar
F.B. Pinkerton, tenente della Marina U.S.A. tenore: Antonio Poli
Sharpless, console degli U.S.A. a Nagasaki baritono: Alessio Verna
Suzuki, servente di Cio-cio-san mezzosoprano: Sofia Koberidze
Goro, nakodo tenore: Didier Pieri
Il commissario imperiale baritono: Franco Rizzo
Kate Pinkerton mezzosoprano: Roberta Garelli
Il figlio di Butterfly mimo: Sofia La Cara / Francesca Urso
Nel ruolo di Giacomo Puccini attore: Yuri D’Agostino

Direttore d’orchestra: Pier Giorgio Morandi
Regia di Vittorio Borrelli
Scene di Claudia Boasso
Costumi di Laura Viglione
Luci di Andrea Anfossi
Maestro del coro: Andrea Secchi

Orchestra e Coro Teatro Regio Torino
Allestimento Teatro Regio Torino

Prova generale
Venerdì 2 Luglio ore 21

Recite
Sabato 3 Luglio ore 21
Mercoledì 7 Luglio ore 21
Venerdì 9 Luglio ore 21