Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Alice Helliot Dark “Fellowship Point” -NNE- euro 22,00
Questo splendido libro della scrittrice americana (nata a Filadelfia nel 1955) prende il titolo da un promontorio panoramico sulla costa del Maine. Un paradiso che è il buen retiro in cui sorgono le case di campagna delle famiglie discendenti dai primi coloni quaccheri.
La storia è ambientata a inizio anni Duemila e Fellowship è dove trascorrono da sempre le vacanze le due agiate protagoniste della Philadelphia bene: vispe ottantenni, vicine di cottage, amiche da una vita, nonostante le differenze caratteriali e le scelte esistenziali.
Agnes Lee è convintamente single ed eremitica, battagliera, intellettualmente brillante, scrittrice di successo di libri per bambini. Ma sotto pseudonimo è anche autrice di fortunati romanzi che, tra l’ironico e il trasgressivo, raccontano la vita delle ricche ragazze di Filadelfia. E’ insofferente verso gli stereotipi, si veste come le pare e combatte un tumore al seno facendosi forza con il suo cinismo.
La sua amica del cuore è Polly Wister, moglie e madre sottomessa ai doveri familiari, molto più affettiva che cerebrale. Dopo 60 anni di matrimonio e tre figli, all’inizio del romanzo è praticamente sprofondata nel ruolo di badante dell’anziano marito, un pomposo ex professore universitario. Poi le cose cambieranno, anche in modo drastico.
Pur essendo diverse la loro amicizia è di quelle che hanno retto tutta la vita ed ora si alleano per combattere le proposte di speculatori edilizi che vogliono comprare le loro proprietà e costruire un porticciolo turistico che stravolgerebbe del tutto Fellowship Point. Purtroppo non tutti gli altri residenti la pensano come loro, e persino i figli di Polly si schierano contro la madre, attratti dalla prospettiva del guadagno.
La trama alterna capitoli del passato a quelli del presente, ripercorre episodi importanti relativi al passato delle protagoniste.
Ma il romanzo va ben oltre. Perché quando Agnes in biblioteca trova dei documenti sul bisnonno William Lee, di fatto si trasforma in una saga che attraversa due secoli di storia del luogo. All’epoca del suo arrivo come colono si rivelò uomo illuminato e rispettoso degli indiani che vivevano lì dalla notte dei tempi; intendeva includerli nei nuovi insediamenti pacificamente e con pari diritti.
Gli antenati di Agnese e Polly e gli altri primi colonizzatori di questa parte di costa del Maine avevano creato un’Associazione che era un vincolo d’onore per impedire la vendita dei loro insediamenti ai forestieri. Patto che aveva resistito per oltre 150 anni….
Ora quell’accordo sta per saltare di fronte all’avanzare degli speculatori e questo finisce per creare dissapori nella comunità e persino tra Agnes e Polly.
Ma il romanzo abbraccia un orizzonte ben più ampio in cui si amalgamano altri personaggi, come l’editor Maud di cui scopriamo la vita, poi in ordine sparso: affetti, amicizia, editoria, affari, vantaggi ma anche magagne della terza età, e qualche mistero dei tempi passati.
Rebecca Kauffman “La famiglia Shaw” .BigSur- euro 17,50
L’ultimo romanzo della brillante scrittrice americana Rebecca Kauffman è ambientato nella Virginia rurale tra inizi Novecento e fine anni Cinquanta, e racconta la storia della famiglia Shaw. In scena c’è la complessa rete di rapporti affettivi di 7 tra fratelli e sorelle, cresciuti in una fattoria e accomunati dalla tragedia della morte precoce della madre.
In un alternarsi tra passato e presente la Kaufmann penetra nell’animo dei vari personaggi e porta a galla tutta una serie di incomprensioni, parole dette o taciute, ricordi, nostalgie, incomprensioni, segreti, diverbi e partenze.
Gli Shaw sono la coppia formata da Jim e Marie e i loro figli: Wendy, Sam, Jack, Maeve, Lane, Henry e Bette. Il capofamiglia Jim è profondamento legato alla sua fattoria, contadino gran lavoratore che non si sottrae alla fatica.
Marie combatte da tempo contro la depressione e nel 1933 viene trovata morta nel suo letto; forse suicida, oppure stroncata senza volere da un dosaggio sbagliato dei farmaci. All’epoca i figli sono ancora tutti troppo giovani, e a trovarla esangue è la maggiore Wendy; quella che poi resterà ancorata alla casa, alla famiglia e al padre, senza mai desiderare un futuro diverso e altrove.
Intorno al trauma di questa perdita la Kauffmann orchestra il romanzo che, sullo sfondo della Grande Depressione e della Seconda Guerra Mondiale, ripercorre i differenti modi dei fratelli di far fronte al dolore.
Racconta il loro sentire, i loro rapporti, le motivazioni delle loro scelte future, il loro diventare adulti dopo la morte anche del padre; la crescita e l’evoluzione verso l’età adulta, tra chi resta e chi invece spicca il volo verso altri lidi….tutti in qualche modo scandagliati a fondo nell’anima.
Andrea De Carlo “Io, Jack e Dio” -La nave di Teseo” -euro 20,00
E’ una storia di affetto, amicizia, fede, un legame che resiste alla lontananza e allo scivolare del tempo, per cui i due protagonisti non possono fare a meno l’uno dell’altra. Il romanzo è orchestrato intorno a un uomo e una donna che da giovani condividevano le estati dai nonni sulla costa adriatica a Lungamira. Un legame che alternava periodi di frequentazione a quelli della lontananza, durante i quali mantenevano una fitta corrispondenza; lei dall’Italia e lui dall’Inghilterra. Poi si erano allontanati, persi, ed ora si sono ritrovati.
A raccontare in prima persona è Mila, che dopo un black –out di 7 anni rivede Jack. Lei è smarrita, la vita l’ha ferita e si ritrova sola; Jack invece le sue piaghe le ha lenite incontrando la fede.
Ora vive in una comunità di frati che hanno fondato un ordine minore; 8 spiriti puri e radicali che vogliono instaurare un rapporto migliore con Dio.
Jack si era allontanato quando una profonda crisi esistenziale l’aveva portato a rompere i ponti con il resto del mondo, e una ricerca interiore l’aveva condotto su un cammino di fede al seguito di un frate. E quell’affetto per Mila, che poteva diventare storia di passione e amore, resta invece sospeso un passo prima.
Quando i due si rivedono -tra recriminazioni, riconciliazioni e dissertazioni religiose- tra loro ora c’è Dio, con tutto quello che ne consegue.
Ancora una volta De Carlo ci conduce nelle spire dei sentimenti complicati e contraddittori tra un uomo e una donna. Questa volta nelle sue pagine compare anche una ricerca spirituale con infinite riflessioni sulla Bibbia e i Vangeli, alla scoperta di come l’umanità cerchi da sempre di spiegarsi l’universo. Dunque un romanzo tra grande storia di amicizia e d’amore e fede.
Kavita Bedford “Amici e ombre” -Edizioni e/o- euro 18,00
Questo è il libro di esordio della giornalista e scrittrice indoaustraliana Kavita Bedford che vive e insegna a Sydney, ed è proprio in questa città che ambienta la storia di un gruppo di amici trentenni.
Sono coinquilini e dividono un appartamento a Sydney, ma anche una solida e quasi indefinibile alleanza nell’affrontare quanto la vita riserva loro, e quello che sognano. Sono un gruppo di amici assai diversi tra loro, che decidono di trasferirsi e affittare insieme un appartamento nel centro di Sydney, poi ognuno di loro si avventura all’esterno.
E’ il ritratto della vita urbana di un pool di millenial dall’altra parte del mondo, e alle prese con una realtà diversa da quelle che conosciamo. Si destreggiano tra ambizioni, ricerca di realizzazione e successo, ma anche con i limiti della precarietà in una realtà urbana dal futuro a tratti incerto e periglioso.
Voce narrante e protagonista è quella di una giovane donna che resta anonima, in lutto per la morte del padre, sospesa tra teneri e struggenti ricordi e il presente in cui si fa dolorosa la sua assenza.
Un romanzo breve in cui si racconta la battaglia di un pool di amici tra carriera, appuntamenti, famiglia e ricerca di una loro collocazione sullo scacchiere della vita. Anche un libro che ci apre un potente spiraglio sulla vita australiana che suscita sempre un notevole fascino su noi europei.
I cani, fra i temi più fotografati nella sua lunghissima carriera. A loro ha dedicato 4 dei suoi oltre 40 libri a tema fotografico. Non c’è quindi da stupirsi del soggetto preso a pubblico manifesto della mostra a lui dedicata, fino al prossimo 11 giugno, dalla “Palazzina di Caccia” di Stupinigi. Siamo a New York, 1974. Lo scatto, catturato (alla Cartier-Bresson) nel suo più indifferibile “attimo fuggente” ci mostra gli stivali alti e lucidi di un’elegante (si presume) signora dal lungo soprabito, alla sua sinistra un buffo e simpatico cagnolino agghindato per le feste e alla sua destra le lunghe zampe di un cagnolone di alta taglia. Iconico e ironico trio. Anche questa è “Famiglia”.

Passeggiare per Torino
Tale meridiana zodiacale pu
pregando.Al suo arrivo in diocesi regnava la pace come nel resto dell’alta Italia.Ma la vita facile del momento portò a ostilità politiche e militari e contrasti nel clero contro lo stesso vescovo da parte di famiglie nobili e potenti, perché “vescovo marchese forestiero troppo austero”.Nel 1680 richiamò i padri barnabiti che erano stati allontanati nel 1654 dalla città sopprimendo i conventini, rimettendo i canonici nelle scuole e alla direzione amministrativa.Nel 1690 denunciava il grave degrado della città senza leggi e senza fede. Nel 1693 le famiglie potenti appesero ai muri
In questa delicata situazione il Gozani si ritirò nel castello di famiglia di Olmo Gentile, edificandone la zona residenziale. Importanti i suoi Sinodi per una efficace riforma della diocesi. Il primo celebrato nel 1679,il secondo nel 1699 fu molto contrastato.Altro tentativo per il terzo nel 1706,mentre il quarto ebbe esito negativo. A testimoniare la sua devozione alla Madonna, costruì a sue spese la basilica di San Pietro sulla decadente antica cattedrale, donando la bellissima statua lignea settecentesca della Addolorata. Ristrutturò a proprie spese la nuova cattedrale inserendo le due entrate laterali e la nuova porta centrale con lo stemma di famiglia applicato a pastiglia,il nuovo altare e i nuovi pavimenti.
sua attività pastorale per 46 anni,il periodo più lungo della diocesi di Acqui,é stata la sua più grande impresa.

Visualizzare ed esplorare con l’obiettivo fotografico gli studi degli artisti, aprendo uno spiraglio su luoghi spesso solo immaginati, sacrali (“Studio is sanctuary”, scriveva il pittore e scultore newyorkese Barnett Nwman) e accessibili solo in virtù di “comprovate fedeltà”: questo il progetto avviato già alcuni fa da Corongi e Greco, lavorando su un’idea ripresa oggi con l’intento e la curiosità di focalizzare il lavoro specificamente sull’universo artistico femminile, aprendo le porte agli atelier di alcune artiste operanti prevalentemente nell’area piemontese. Nasce così “La stanza di Artemisia”, inaugurata non a caso mercoledì 8 marzo “Giornata Internazionale della Donna”. E sono ben ventisette gli studi, stanze di lavoro e di vita quotidiana cristallizzate nelle loro peculiarità dai due fotografi, per un buon centinaio di immagini esposte accanto ad un’opera a firma di ogni artista coinvolta nel progetto. Dagli spazi in cui si muove la ricerca di irrequiete figure femminili di Laura Avondoglio, fino allo studio della torinese Elisabetta Viarengo Miniotti, scomparsa nel 2020 e allieva di Giacomo Soffiantino, colta nella meraviglia della sua attività incisoria, via via, il percorso si dipana attraverso fucine di armoniose o vulcaniche attività creative accomunate da una caratteristica comune (che vale, credo, per tutti gli artisti, uomini e donne): una confusione e un caos da “Big Bang”, da cui pare svilupparsi il tutto e il ricomporsi di forme e intuizioni da percorrere con pennello e colore . Non mettete ordine nello studio degli artisti! L’ordine potrebbe interrompere il loro gesto creativo. Chissà?!
