CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 309

La “siccità” invade Roma ma anche i nostri affetti bruciati

Sugli schermi l’ultimo film di Paolo Virzì

Pianeta Cinema a cura di Elio Rabbione

Da tre anni sui tetti e sulle strade non scende una goccia d’acqua, il lungo serpente del Tevere è in secca, il colore della terra s’è sostituito al colore più o meno azzurro delle acque, un reperto archeologico balza fuori all’improvviso – un momento facilmente felliniano -, nello squallore più totale e nella calura avanzano una coppia di giovani, lei su un asino, il loro bambino in braccio, ogni cosa è ingiallita e apocalittica (nella perfezione della fotografia di Luca Bigazzi). Ai lati delle strade le cisterne sono l’immagine del razionamento dell’acqua, le forze dell’ordine tentano di mantenere un ordine che la folla al limite della sopportazione ha una gran voglia di rompere. Non soltanto la mancanza d’acqua, eserciti di blatte come uno dei flagelli d’Egitto infestano ogni ambiente veicolando un’epidemia che ha preso a circolare tra la gente, gli ospedali sono piedi di malati, i medici sono stremati dai turni e dalle continue incombenze.


Questo è il quadro profetico di “Siccità”, ultimo film di Paolo Virzì, catastrofico affresco di questa epoca catastrofica, mosso a dovere dal montaggio di Jacopo Quadri. Scritto a otto mani (con il regista, Francesca Archibugi, Francesco Piccolo e Paolo Giordano – “La solitudine dei numeri primi” – e sarebbe interessante sapere quale degli sceneggiatori abbia seguito questa traccia piuttosto che quella), il regista livornese torna a uno di quei suoi, un tempo totalmente riusciti, film corali (“Ferie d’agosto” in testa, con quei due gruppi familiari su opposte posizioni politiche aveva tutt’altro spessore, “Tutta la vita davanti” altro successo), coglie con la sua macchina da presa gli affetti bruciati e aridi, la disperazione, la miseria, l’incessante “non me ne frega più di niente”, la fatica di vivere dei suoi personaggi: che hanno in sé il pericolo o decisamente il difetto infelicemente presente di essere troppi, irrisolti, sbiaditi, confusi, approssimativi, di riempire di un peso eccessivo per colpa di un bulimico script il lungo percorso della storia. Di storie, alcune con qualche riuscita in più – i ritratti dolorosi del tassista Valerio Mastandrea, strafatto, che guida in straripante sonnolenza il suo mezzo tra le ombre dei genitori o del politico per cui ha un tempo lavorato, che ripete le chiacchiere di sempre, che glorifica un paese che al contrario sta andando allo sfascio -, della dottoressa Claudia Pandolfi, attrice matura e mai come qui incisiva o di Elena Lietti, ottima, che cerca di reinventare la propria esistenza con una nuova avventura -, altre decisamente buttate via, sciupate – penso al commerciante Max Tortora, un impermeabile lercio addosso, buttato sul lastrico, che si trascina di angolo in angolo con il suo pacchetto di fatture non pagate, pronto a denunciare ogni cosa in tivù o alla superficialissima presenza di Monica Bellucci, da cancellare in quattro e quattr’otto, mentre ci chiediamo con che misura qualcuno lo scarso maggio le abbia dato un David di Donatello alla carriera, mah!  -: le intenzioni possono apparire eguali a quelle del vecchio Altman di “America oggi” o dell’insuperato “Nashville” o del Cronenberg di “Crash” o del Inarritu di “Babel”, ma in quei titoli c’era tutta la robustezza dello scavo psicologico, lo sguardo profondo e la misura giusta, appropriata, determinante per ogni personaggio, la scrittura esatta che era ben lontana dall’appesantire la vicenda o dal renderla a tratti superficiale, quadri di perfezione difficilmente raggiungibili.

Certo resta la critica sociale, l’ironia e il graffio che sono tipici del regista, quell’aria di “Diluvio universale” caro a De SIca che circola attraverso ogni fotogramma, il confronto generazionale con i padri che cercano di riallacciare rapporti, l’ambiente e il tanto sventolato discorso climatico – onesto? non onesto? sincero o messo in pista a seconda della convenienza e del momento? -, le crisi che sono e che verranno. Resta la grande allegoria, la siccità che invade non soltanto la Città Eterna è la medesima siccità che ha invaso i nostri cuori, le nostre esistenze, il nostro quotidiano definitivamente e irrimediabilmente inaridito. Restano le scappatoie, furbe o quasi macabre, che ognuno di noi sa costruirsi, l’”evaso” Silvio Orlando, strappato a Rebibbia dal furgone che trasporta la biancheria sporca dei detenuti e pronto a girare con la sua tanica per la città ma prontissimo a rientrare in cella la sera, l’ex attore Tommaso Ragno soltanto più capace di inorgoglirsi di like che piovono su quanto non smette di postare sui social, il professore Diego Ribon che come troppi suoi colleghi invade gli schermi televisivi a indottrinare schiere di utenti per poi sguazzare bellamente con coppa di champagne e diva accanto nella Jakuzi spaziosa.

“Siccità” aveva tutte le premesse per essere un film interessante e riuscire appieno in un periodo dove s’affacciano pericoli giorno dopo giorno e in un panorama cinematografico che tanto ha bisogno di risollevarsi: nonostante la pioggia finale che diremmo d’obbligo e che è lì a proporre un messaggio positivo su persone e cose, gli nuoce quella frammentarietà, quel disordine narrativo, quella necessità vuota a dire troppe cose.

Elio Rabbione

“Cose nostre” La mafia secondo noi

Spettacolo teatrale dei detenuti del carcere di Saluzzo

Da giovedì 29 settembre a domenica 2 ottobre (ore 15 – ore 17)

Saluzzo (Cuneo)

E’ un appuntamento fisso di ogni mese di settembre. Così anche quest’anno la direzione della Casa di Reclusione “Rodolfo Morandi”di Saluzzo, diventata nel 2019 di “Alta Sicurezza” per volontà del Ministro di Giustizia, apre i cancelli, ad ingresso gratuito, al pubblico che desidera assistere al nuovo spettacolo (ore 15 e, in replica, ore 17) presentato, da giovedì 29 settembre a domenica 2 ottobre, da una trentina di detenuti della Compagnia Teatrale “Voci Erranti”, reso possibile come sempre grazie al contributo della “Fondazione Cassa di Risparmio” di Cuneo. Il tema, su cui i detenuti hanno lavorato con forte passione, si presenta alquanto impegnativo e spinoso. Lo dice lo stesso titolo della rappresentazione: “Cose nostre”. Spiegano i registi Marco Mucaria e Grazia Isoardi: “Lo spettacolo allude al tema della mafia, parola delicata che incute paura, rabbia, indignazione, antipatia e che si preferisce pronunciare il meno possibile o utilizzando la dicitura ‘criminalità organizzata’”. Certamente un fenomeno secolare, analizzato per ogni verso e anche doverosamente e coraggiosamente (quasi sempre) perseguito ma che, nonostante tutto, “rimane ancora oggi, un grande mistero e un tabù”.

Cosa vogliono dunque raccontare i detenuti di Saluzzo? “Il nostro spettacolo vuole essere una sfida – spiegano ancora i registi –che i nostri detenuti hanno accolto in quanto hanno accettato di leggere con ironia alcuni atteggiamenti che li caratterizzano, ridere sulle tragedie non per mancanza di rispetto verso le vittime, né per sminuire le responsabilità individuali e sociali e tanto meno per banalizzare la storia del nostro Paese. Ma anche ridere per iniziare a pronunciare quella parola, per scalfire un po’ l’alone di omertà che l’avvolge, per dire a voce alta ‘noi siamo anche questo’”. E concludono: “I detenuti hanno accettato la sfida, ora tocca a noi volere un reale e concreto cambiamento culturale e sociale per fare in modo che le ‘cose nostre’ diventino patrimonio e responsabilità di tutti”.

Lo spettacolo rientra nella programmazione annuale delle attività dell’Istituto saluzzese, iniziata nel 2020 come attività formativa per un gruppo di venti reclusi e che, nel tempo, si è sviluppata fino a diventare parte di un progetto nazionale coordinato dalla “Compagnia della Fortezza” del carcere di Volterra. Oggi l’attività comprende una formazione annuale per attori, due corsi per tecnici audio-luci e scenografi. Oltre alle rappresentazioni interne all’Istituto Penitenziario, il progetto offre anche repliche in realtà esterne con i detenuti autorizzati all’uscita dal “Magistrato di Sorveglianza” di Cuneo (ci sono anche detenuti che hanno continuato l’esperienza teatrale, una volta concluso il periodo di pena), repliche riservate a studenti e docenti delle scuole nell’ambito dell’iniziativa “Educare alla libertà” e la partecipazione a momenti di formazione con gli studenti dell’“Università” di Torino.

Per info: Casa di Reclusione “Rodolfo Morandi”, Regione Bronda 19/B, Saluzzo (Cuneo); tel. 340/3732192 o 393/9095308 o info@vocierranti.org

g.m.

Nelle foto:

–       Immagine guida  “Cose nostre”

–       Immagine di repertorio

“E’ meglio che ti perdi nella musica, nel momento…”

MUSIC TALES, LA RUBRICA MUSICALE 

E’ meglio che ti perdi nella musica, nel momento,

ti appartiene, meglio che non te lo lasci mai sfuggire

hai un colpo solo, non perdere la tua occasione di spararlo

quest’occasione viene una volta nella vita”

Eminem, pseudonimo di Marshall Bruce Mathers III  (St. Joseph, 17 ottobre 1972),  è un rapper, produttore discografico e attore statunitense.

È considerato uno dei migliori artisti hip hop di sempre.

I suoi genitori, Marshall Bruce Mathers II e Debbie Briggs, erano due musicisti rock piuttosto poveri e per questo costretti a trasferirsi da una parte all’altra degli Stati Uniti d’America, in condomini e roulotte.

Quando Marshall aveva appena sei mesi la madre lo portò via dal padre accusato di molestie, che poi il padre smentì in una lettera diretta a Marshall.

Cresciuto a Detroit, è stato scoperto nel 1997 dal rapper e produttore discografico Dr. Dre.

Per chi non ne conoscesse i dettagli, durante gli MTV Europe Music Awards 2013 ha ricevuto il premio Global Icon, diventando così il quarto artista nel mondo ad aver ottenuto tale riconoscimento, dopo i Queen, Bon Jovi e Whitney Houston. Ai Grammy Awards 2014 ha ricevuto il premio come miglior album rap per l’album “The Marshall Mathers LP 2” e quello come miglior collaborazione con il singolo “The Monster” con Rihanna.

Nel 2014, ci dice wikipedia, Eminem è diventato inoltre il primo artista di sempre ad avere due dischi di diamante digitali, “Love the Way You Lie” e “Not Afraid”, che hanno rispettivamente 13 e 11 platini negli Stati Uniti;nel 2018 anche il brano “Lose Yourself”viene certificato disco di diamante con attualmente 13 dischi di platino.

È inoltre l’unico rapper insieme a Tupac Shakur con più di un album ad essere certificato disco di diamante, ossia The Marshall Mathers LP e The Eminem Show.

Proprio di “lose yourself” vi voglio parlare oggi.

10 milioni di copie vendute solo negli USA, un Oscar per la migliore canzone nel 2003, al primo posto nelle classifiche di mezzo mondo per intere settimane e motivo sonoro trainante del film “8 Mile”: questa è Lose Yourself, universalmente riconosciuta come la canzone pietra miliare di Eminem.

Scritta durante una pausa di lavorazione del film, in uno studio di registrazione mobile, la traccia in questione è diventata fin da subito un instant classic dell’hip hop mondiale. Tra l’altro il rapper di Detroit la scrisse in una sola volta, con il foglio di carta utilizzato per scrivere le tre strofe che compare anche in una scena del film (foglio che è stato venduto su Ebay alla modica cifra di 10mila dollari).

Il brano è un invito a non perdere di vista la nostra vera natura, a trovare sempre la motivazione per inseguire i nostri sogni, anche quando ci sembra impossibile realizzarli. Sono importanti la tenacia e il coraggio per non abbattersi di fronte alle difficoltà della vita.

L’uomo non è fatto per la sconfitta. Un uomo può essere distrutto ma non sconfitto.”


ERNEST HEMINGWAY

Buon ascolto

https://www.youtube.com/watch?v=_Yhyp-_hX2s&ab_channel=msvogue23

Chiara De Carlo

 
 
 

scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

Ecco a voi gli eventi da non perdere!
 

 

 

 

Ugo Nespolo firma l’immagine del 40° Torino Film Festival

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Per celebrare la 40ma edizione del Torino Film Festival, diretto da Steve Della Casa, il Museo Nazionale del Cinema ha deciso di affidare l’immagine coordinata della manifestazione a Ugo Nespolo.

Artista tra i più importanti e versatili del nostro tempo, lavora in un ampio campo di discipline, dalla pittura al cinema, alla scultura. Pioniere del cinema sperimentale italiano, nell’arco della sua carriera espone i suoi film e le sue opere in gallerie e musei in Italia e nel mondo tra cui il Centre Pompidou a Parigi, la Tate Modern a Londra, la Biennale di Venezia. Ugo Nespolo ha ricoperto la carica di Presidente del Museo del Cinema di Torino dal 2011 al 2014.

 

Il cinema mi ha sempre fatto battere il cuore, sin dagli anni della scoperta e della volontà di poter sperimentare liberamente con la macchina da presa – dichiara Ugo Nespolo. Anni di frequentazione dell’underground americano, New Dada e Pop, l’incontro con Mekas, Warhol, Yōko Ono, Allen Ginsberg sino ai giorni in cui Torino ha saputo proporsi come uno dei centri propulsivi del Cinema Sperimentale dopo esserne stata capitale e ‘Berceau du Cinéma Italien’. E, a proposito d’entusiasmo, la fantasmagoria straniante delle spirali di François Confino e l’emozione poi della Presidenza del Museo del Cinema…”.

 

Riguardo al concept da cui nasce l’immagine della quarantesima edizione, aggiunge: “Adesso è ora di celebrare i quarant’anni del Torino Film Festival, qualcosa di unico nel panorama dei festival non solo nazionali. Nato sotto il segno dell’innovazione, fatto della scrupolosa ricerca delle cinematografie di ricerca, del lavoro degli autori emergenti, ricerche stilistiche e contenutistiche inedite. Il TFF ha, da sempre, evitato atteggiamenti esornativi, tappeti rossi e passerelle modaiole, tentando di raggiungere il cuore pulsante del cinema come autentica espressione d’arte. I quarant’anni devono essere allora la celebrazione di una festa, un gioco visivo che corre senza schemi e ritegno nel corpo del cinema lontano dalle fronti corrugate dei severi maestrini per abbracciare con affetto Chien Andalou, Yellow Submarine, Kill Bill con Totò, Arancia Meccanica, Blues Brothers e tanto altro. Se l’arte è davvero un gioco, il cinema deve essere la sua essenza”.

 

Le immagini che compongono il poster saranno inoltre declinate in un progetto di arte urbana, diventando vere e proprie installazioni dislocate in vari punti della città.

 

Caccia ai Tesori arancioni del Touring Club

domenica 2 ottobre torna anche quest’anno la Caccia ai Tesori Arancioni del Touring Club Italiano.

100 i Comuni certificati con la Bandiera Arancione coinvolti per la più grande caccia al tesoro in contemporanea mai vista in Italia che invita a scoprire le piccole eccellenze dell’entroterra attraverso dei percorsi unici che si snodano nel cuore dei borghi e accompagnano i partecipanti – indizio dopo indizio – sulle tracce di storie, persone, monumenti e piccole curiosità custodite nei luoghi meno noti del nostro Paese.

In Piemonte, in particolare a Cannero Riviera (VB) la caccia al tesoro porta alla scoperta della storia e delle curiosità legate allo storico Corpo Filarmonico Cannerese. Tra le attività collaterali, previsti anche piccoli eventi e laboratori musicali per adulti e bambini. A Revello (CN) l’iniziativa si legherà ad attività dedicate ai fiori, ai frutti, alle verdure tipiche e ai funghi commestibili, con spiegazioni sulla flora autoctona. A Cherasco (CN) verrà allestito il Mercatino dell’antiquariato ed è prevista una passeggiata sul Sentiero del Bacio, un anello di 4 km per scoprire tutte le bellezze del luogo. A Castagnole delle Lanze (AT), invece, la caccia al tesoro comprenderà un percorso tra i filari con pranzo al sacco e degustazione di grappa e torta di nocciole, prodotti tipici della regione. A Usseglio, in provincia di Torino, la caccia è dedicata ai lavori di ieri e di oggi e sarà realizzata in concomitanza della Festa della transumanza e della patata di montagna.

La Banda dell’Esercito a Palazzo Arsenale

Evento  conclusivo del “Regio Opera Festival”.

Si è svolto giovedì nel Cortile d’Onore di Palazzo Arsenale, sede del Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione, il concerto della Banda dell’Esercito quale evento conclusivo della seconda stagione del  “Regio Opera Festival”. Quattro mesi di programmazione di opere, concerti e balletti, realizzate con il patrocinio del Ministero della Difesa, del Ministero della Cultura e della Città di Torino, durante il quale il celebre cortile di Palazzo Arsenale ha visto la presenza di circa 25.000 ospiti.

Il concerto, come nel resto della stagione, ha avuto luogo alla presenza di autorità civili, militari, Ufficiali frequentatori, rappresentanti delle Forze Armate e di Polizia presenti sul territorio.
Il Comandante dell’Istituto di Formazione, Generale di Divisione Mauro D’Ubaldi, nel corso del Suo intervento, ha parlato dell’importanza della sinergia, anche tra organizzazioni eterogenee, che può trovare una sintesi costruttiva nella condivisione di un comune obiettivo, quale il conseguimento di una preziosa offerta culturale alla cittadinanza

La Banda dell’Esercito, diretta dal Maggiore Filippo Cangiamila, ha proposto un programma di sala che curiosamente ha riunito in un unico concerto musiche di autori accomunati dallo stesso cognome, e quest’anno, legati da diversi anniversari.

In particolare ricorrono i 150 anni della nascita di Ralph Vaughan Williams (1872-1958) fra le figure più rappresentative della musica inglese del ‘900, a capo del movimento “neomodale”  ha dedicato molto spazio alle musiche concepite per banda militare, tra i brani eseguiti:Flourish for Wind Band, Toccata Marziale e English Folk Song suit.

I 90 anni compiuti a febbraio da John Williams (1932), famoso direttore d’orchestra e compositore statunitense,  apprezzato per le numerose colonne sonore cinematografiche, Durante l’esibizione sono stati eseguitibrani di particolare effetto, quali: Superman suite, arrangiamento di Bob Lowden, Theme from Schindler’s List,arrangiamento di Jacob de Haan, Indiana Jones Selection, arrangiamento Hans van der Heide e Star Wars Saga, arrangiamento Jo’han.de Meij,

Inoltre, la Banda dell’Esercito ha eseguito Fanfare and Allegro del talentuoso e versatile compositore americano Clifton Williams (1923-1976) che viene ricordato quale primo vincitore di un decennale concorso di compo

La serata è stata presentata dalla giornalista Germana Zuffanti.

Costituita nel 1964, la Banda dell’Esercito si compone di centodue elementi, tutti diplomati al conservatorio e reclutati per concorso diretto. La sua esecuzione dell’Inno Nazionale Italiano, registrata nella versione fedele della partitura di Michele Novaro, è stata inserita tra i simboli della Repubblica Italiana sul sito internet del Quirinale. Il complesso partecipa a molteplici manifestazioni militari e svolge anche un’apprezzata attività, sia in Italia sia all’estero.

“Nettuno e Mercurio. Il volto di Trieste nell’‘800 tra miti e simboli”

Presentato nella Sala delle Feste di “Palazzo Madama”, il nuovo volume del giornalista e storico Paolo Possamai

Ai piedi dell’altopiano carsico, Trieste è la capitale mitteleuropea per eccellenza, magico punto d’incontro fra la cultura italiana, quella slava e quella tedesca. E’ la città di Svevo, di Saba e dell’irlandese Joyce (che qui visse per sedici anni e qui scrisse e pubblicò tutte le sue opere giovanili), città della Barcolana, “città della bora”, città “inventata” da Maria Teresa d’Austria che a metà Settecento volle farne il porto dell’Impero e città dai celeberrimi Caffè storici, primo fra tutti il “Caffè degli Specchi” (dove esordì come direttore d’orchestra Franz Lehar), nel suggestivo salotto della piazza Unità d’Italia, affacciata al Golfo con vista sul Castello di Miramare e incastonata in un anfiteatro di mirabili architetture, storia e atmosfere ancorate ai fasti dell’Impero Asburgico. Una storia, quella della “piccola Vienna sul mare” tutta legata ai traffici e ai commerci marittimi con l’Oriente. “Una storia rivendicata ogni dove, sui palazzi dei mercanti e delle pubbliche istituzioni, ma anche sui teatri e sugli alberghi con le facciate ricoperte da bassorilievi, i tetti abitati da centinaia e centinaia di statue, i portoni istoriati, i soffitti affrescati sempre con dèi e miti che richiamano all’identità laica, civile, imprenditoriale della città. Una fitta trama di simboli, metafore, allegorie, dalla mitologia con Mercurio (divinità del guadagno e del commercio e..dei ladri), Nettuno (dio dei mari e delle correnti), Ulisse, Giasone e Venere, fino al taglio dell’istmo di Suez”. A parlare è Paolo Possamai, giornalista e scrittore vicentino (una lunga importante carriera giornalistica e di scrittura storica alle spalle), ed oggi direttore di “Nordest Economia”, che nei giorni scorsi è stato ospitato in “Palazzo Madama” a Torino per la presentazione del suo ultimo libro, dedicato per l’appunto a Trieste (e al disvelamento di questa città tanto bella quanto “bizzarra”) dal titolo intrigante di “Nettuno e Mercurio. Il volto di Trieste nell’ ‘800 tra miti e simboli”, Marsilio Editore. L’appuntamento fa parte del ciclo “Monumenta Italiae. Quattro incontri per un patrimonio”, in collaborazione con l’“Associazione Amici della Biblioteca d’Arte dei Musei Civici di Torino – Fondazione Torino Musei”. Dalle pagine di Possamai emerge il volto urbano di una delle città tra le più affascinanti ed atipiche, raccontato per la prima volta attraverso una narrazione mitologica e fotografie inedite realizzate da Fabrizio Giraldi e Manuela Schirra, per spiegare uno degli episodi urbani più significativi del neoclassicismo in Europa. La prefazione è a cura dello storico dell’arte, Giuseppe Pavanello.

Dopo l’incontro con Paolo Possamai, i prossimi appuntamenti di “Monumenta Italiae”, in “Palazzo Madama”, si terranno lunedì 3 ottobre (ore 18) con Lisa Parola, storica dell’arte, autrice di “Giù i monumenti? Una questione aperta” edito da “Einaudi” e lunedì 10 ottobre (ore 18) con Renzo Villa e Giovanni Carlo Federico Villa, direttore di “Palazzo Madama” e docente presso le Università di Bergamo e Udine, autori di “Statue d’Italia. I. Storia della statuaria commemorativa pubblica dal Risorgimento alla Grande Guerra”, per “Silvana Editoriale”.

g.m.

Nelle foto:

–       Paolo Possamai

–       Cover libro

RBE TV, da guardare e da ascoltare

La storica emittente comunitaria affianca alla programmazione radio un palinsesto originale e autonomo visibile sul canale 87 del digitale terrestre in Piemonte  nelle province di Torino, Cuneo e Asti.

Nata nel novembre del 1984, Radio Beckwith Evangelica – RBE è una delle poche realtà comunitarie del panorama radiofonico piemontese nata sull’onda lunga delle radio libere ancora presenti nell’etere. La sua è un’avventura lunga 38 anni, che oggi aggiunge un nuovo importante pezzo alla propria storia: dal 19 settembre è partita la programmazione di RBE TV, un progetto che conferma ancora una volta come la sua sia una realtà in continua crescita, capace di rispondere alle sfide del presente e cogliere le occasioni offerte dalla tecnologia senza snaturare il proprio carattere comunitario.

RBE TV intende oltrepassare alcuni schemi propri della televisione, coniugando alle possibilità offerte dall’immagine l’informalità e il ritmo tipici del mezzo radiofonico.

Sul canale 87 del digitale terrestre RBE TV è in onda 24 ore su 24 in Piemonte nelle province di Torino, Cuneo e Asti con una programmazione in parte condivisa con il palinsesto radiofonico e in parte originale e autonoma, con format culturali e informativi specifici concentrati principalmente nella fascia serale alle 21.00: show serali, film, documentari, cortometraggi, cabaret, teatro, concerti, programmi di informazione, rubriche su libri, musica, sport e dirette live da eventi e festival.

Lunedì appuntamento con il Monday Night sportivoDentro i secondi’, spazio dedicato agli sport definiti “minori” condotto da Nicola Giordano, Matteo Giai e Valerio Suppa; martedì si celebra il ritmo in tutte le sue forme con Luciano Morciano e il suo ‘RBGroove’; Mercoledì spazio a documentari, film e corti selezionati in collaborazione con enti del territorio per una ‘Seratina film’; il giovedì è dedicato al teatro, dal palco del Teatro Il Moscerino di Pinerolo Marta De Lorenzis e Samuel Dossi presentano ‘Mi ritorni in mente show’; il fine settimana si apre venerdì con ‘Date Night Radio Show’, uno spazio dedicato alla musica, nel quale ospiti dal mondo della cultura e dello spettacolo si raccontano guidati in studio da Andrea Bracco, Marco Gastini, Michele Gastini, Silvio Dealessandri e Occhiopesto; sabato è tempo di musica live con ‘Weekend a concerto’ per vedere e ascoltare speciali esibizioni provenienti da festival ed eventi che hanno animato le recenti serate piemontesi; domenica la settimana si chiude all’insegna del divertimento grazie agli spettacoli di stand-up comedy con ‘TAC – Tutta un’Altra Comicità’, associazione e scuola di stand-up torinese fondata, tra gli altri, da Stefano Gorno e Franco Bocchio (duo Gnomiz) e Andrea Pisani (PanPers).

Tra i nuovi programmi nati in occasione dell’avvento di RBE TV da citare anche ‘Almeno due pagine al giorno’ dove ogni sabato alle 17.00 saranno ospiti di Francesco Piperis autori e autrici di libri.

«L’intenzione è di portare in tv lo stile comunicativo che ha caratterizzato nel tempo RBE, in modo che i due media si integrino, arricchiscano e completino – racconta Matteo Scali, Coordinatore di Redazione –. Abbiamo in mente una televisione locale che si occupi di cultura, informazione e del racconto del mondo protestante; che sappia intrattenere in modo leggero accompagnando le persone con una proposta contenutistica che susciti interesse e curiosità. Un tassello che crediamo possa contribuire ad arricchire il dialogo in una società plurale».

Dalle rudimentali antenne degli anni 80 al digitale terrestre, passando per lo streaming, i podcast, i social e il DAB; RBE ha sempre saputo superare le prove di rinnovamento imposte dalle nuove tecnologie e la TV di oggi può dirsi figlia di un percorso iniziato lontano nel tempo che al rinnovamento tecnico ha sempre legato il profondo desiderio di un rinnovamento culturale. Si tratta di un passo ulteriore nella ricerca di linguaggi che uniscano radio, televisione e web, con lo scopo di raccontare il territorio piemontese e le sue interconnessioni con il mondo, attraverso le parole e le immagini. Per la redazione e lo staff di RBE la tv rappresenta un punto di arrivo del lavoro fatto negli scorsi anni in ambito video con la nascita nel 2018 del progetto Vibes (Video Beckwith Studio), ma anche una nuova sfida per continuare a costruire una prospettiva nel panorama dei media che includa il racconto consapevole del mondo delle chiese protestanti in Italia e in particolar modo della realtà ed identità della Chiesa Valdese.

Raffaele Gonnet, neopresidente dell’Associazione culturale Francesco Lo Bue – proprietaria della radio – dichiara: «Essere presidente da così poco tempo e avere l’onore di partecipare ad un evento epocale per l’Associazione e per RBE come è il lancio del canale televisivo, è davvero emozionante. Fondamentale è stato l’appoggio della Tavola Valdese e grazie all’impegno e al lavoro della redazione e del direttivo dell’associazione si è potuto raggiungere questo traguardo. Ora si tratta di proseguire il percorso e fare in modo che questo passaggio diventi un punto di partenza per dare continuità al progetto che vede impegnata RBE sui fronti dell’informazione, del racconto del territorio regionale e della Chiesa Valdese e più in generale del mondo protestante».

A partire da lunedì 3 ottobre il palinsesto sarà completo, con una programmazione ad hoc in onda dalla sede di Luserna San Giovanni (TO), ma non solo; RBE TV sarà presente in fiere, festival, eventi, con uno studio itinerante dal quale trasmetterà in diretta con talk e ospiti. Dopo il weekend passato a Terra Madre – Salone del Gusto 2022 di Torino e all’Alzheimer Fest Off di Luserna Alta (TO), RBE TV sarà presente al Festival delle Migrazioni (Torino) e dal Campionato Mondiale di Plogging (Villar Perosa, TO).

PROSSIMAMENTE IN ONDA

Mercoledì 5 ottobre alle 21.00 per ‘Seratina film’, RBE TV trasmetterà in collaborazione con il Ccv – Centro Culturale Valdese di Torre Pellice “Faithful for centuries (Fedeli nei secoli)di Nino Martinengo. Il film, realizzato nel 1924 su iniziativa del pastore Paolo Bosio, è dedicato alla Chiesa valdese e alla sua storia. La pellicola racconta le vicende dei valdesi, dalle origini con la conversione di Valdo, alle persecuzioni del 1500-1600 giungendo fino agli anni 20 del Novecento con una carrellata su diverse comunità valdesi presenti in Italia dal nord al sud del paese. Il film ebbe una vita difficile, infatti dopo la prima proiezione in un cinema romano, l’opera venne bloccata dalla censura fascista, che riteneva che potesse essere offensiva verso la religione cattolica e ne fu impedita la visione. Fu a quel punto distribuito in maniera clandestina all’estero, ma non ebbe successo e se ne persero le tracce. All’inizio degli anni 80 una copia della pellicola fu ritrovata nella sede dell’American Waldensian Society a New York. Nel 2015 la Fondazione Ccv, a cui appartiene oggi il film, ha deciso di farlo restaurare nei laboratori dell’Immagine ritrovata di Bologna. Faithful for century ha quindi cominciato a circolare nelle sale e arriva ora in versione completa anche alla Tv.

I film successivi saranno “Willy Jervis – Protestanti e Libertàrealizzato dal gruppo teatro del liceo valdese di Torre Pellice con la regia di Anna Giampiccoli e trasmesso in collaborazione con il Liceo Valdese il 12 ottobre e “Bartolomeo Peyrot, primo italiano sul Monviso di Emanuele Pasquet e Leopoldo Medugno, in collaborazione con il CAI UGET Val Pellice il 19 ottobre.

Venerdì 7 ottobre alle 21.00 primo appuntamento con ‘Weekend a concerto’. In collaborazione con Jazz Visions, verrà trasmesso il concerto “Secret Places”, registrato a giugno a Revello (CN). Sul palco la presenza scenica e la voce di Cèlia Kameni accompagnata da Alfio Origlio al pianoforte e arrangiamenti, Brice Berrerd al contrabbasso e Zaza Desiderio alla batteria. Il 21 ottobre, in collaborazione con Occit’Amo/Suoni dal Monviso verrà trasmesso il concerto “Omaggio a Lucio Dalla” registrato il 21 luglio scorso al Castello Tapparelli d’Azeglio di Lagnasco (CN). Sul palco un’orchestra sinfonica di 50 elementi per rendere omaggio al cantautore bolognese a 10 anni dalla sua scomparsa.

Sabato 8 ottobre alle 17.00 – ‘Almeno due pagine al giorno’ ospita lo scrittore Andrea Pomella, che ha da poco pubblicato per Einaudi il suo nuovo libro, Il Dio disarmato, un romanzo che interseca fatti pubblici e racconto privato delle ultime otto ore di vita di Aldo Moro prima del sequestro.

RBE TV

Canale 87 del digitale terrestre

In onda 24 ore su 24 in Piemonte nelle province di Torino, Cuneo e Asti

Video di lancio https://bit.ly/RBE_TV_spot  

Rabarama plasma la materia. Alla galleria d’arte Malinpensa by Telaccia

Una mostra di grande rilevanza con protagonista l’artista romana RABARAMA inaugura alla galleria d’arte Malinpensa by Telaccia il 4 ottobre prossimo

 

Si inaugura martedì 4 ottobre prossimo, presso la Galleria d’Arte Malinpensa by Telaccia, una personale dedicata all’artista romana RABARAMA, nome d’arte di Paola Epifani, che vive e lavora a Padova.
Figlia d’arte, fin da piccola ha mostrato un talento naturale per la scultura, avviando la sua formazione presso la Scuola d’Arte di Treviso e in seguito presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia. In realtà il gene artistico è presente nel suo DNA, in quanto anche il padre era pittore e scultore e la madre ceramista. Sin dall’infanzia la scultrice ha frequentato gli ambienti artistici, venendo a contatto con tecniche e idee variegate.
La scelta del suo pseudonimo risulta affascinante per il suo suono melodico che produce. La decisione di adottarlo risponde, comunque, a esigenze ancora più personali e intime. Coincide con il messaggio che ella vuole trasmettere attraverso le sue opere, vale a dire con la sua volontà di lasciare un segno.
La prima parte del nome “Raba”, nell’antica lingua indoeuropea del sanscrito, significa “segno”. La seconda parte “Rama” rappresenta nell’Induismo l’incarnazione divina. Si tratta, quindi, del passaggio dal mondo occidentale, frenetico e spesso distratto, all’universo orientale, più lento e contemplativo.
A soli diciassette anni il suo primo viaggio in Messico, in qualità di rappresentante italiana per il concorso di Toluca, per il quale ha realizzato una scultura in legno alta due metri, poi acquisita dalla collezione permanente del Museo di Arte Moderna.
Il suo talento per la scultura è apparso evidente già dai tempi in cui, ad appena dieci anni, partecipò alla mostra internazionale per il trentesimo anniversario della Nato. Il suo percorso artistico risulta costellato di numerosi successi. Le sue opere sono, per lo più, gigantesche sculture in metallo, in bronzo, alluminio, gomma e marmo, raffiguranti figure umane. Queste assumono una posa raccolta e introspettiva, che si accompagna alla varietà dei diversi pattern e disegni utilizzati per la decorazione. I colori usati esprimono una dirompente vitalità e creatività. Spesso l’artista accompagna le presentazioni delle sue opere con performance multimediali, musica d’avanguardia e set di bodypainting.
Le creazioni di Rabarama sono rappresentate da sculture e dipinti raffiguranti uomini, donne e creature ibride, spesso connotate da caratteristiche eccentriche. La pelle dei soggetti creati dall’artista viene frequentemente decorata con simboli, lettere, geroglifici e altre figure, in una pluralità di forme diverse.
La membrana di “mantello”, che sembra avvolgere queste figure, muta in maniera costante, arricchendosi di simboli, metafore e segni.
Grazie al suo talento Rabarama ha sperimentato e realizzato, nel corso del tempo, le sue creazioni in diversi materiali. Le prime sono state elaborate in terracotta, per passare poi ai bronzi dipinti, i suoi più classici e conosciuti.
Sicuramente di fascino sono le opere, gli splendidi pezzi in marmo, vetro e pietre rare, le inclusioni in resina, i monotoni in resina siliconica, i preziosi gioielli d’artista e gli splendidi dipinti e serigrafie.
L’arte di Rabarama è ricca di un’energia instancabile e di un lessico formale personale, capace di trasmettere all’osservatore una tematica di forte valenza simbolica, psicologica e sociale.
Il suo linguaggio risulta di straordinaria vitalità e si evolve, divenendo in grado di sprigionare un incredibile significato relativo alla vita umana.
L’essere da lei rappresentato acquista una profonda intensità dello sguardo e una luce spirituale notevole, in grado di esprimere stati d’animo e sensazioni variegate.
Rabarama conduce una ricerca assoluta in cui dominano il processo emotivo e quello concettuale, in un iter creativo che pare capace di trasformare la materia in pure emozioni.
Le sculture realizzate in bronzo nascono da un’interpretazione a sua volta originata da un indiscutibile impegno progettuale, di evidente valore artistico e culturale, carica di un significato esistenziale ricco di studi e contenuti. La materia viene plasmata dall’artista, che non dimentica mai i reali valori della vita umana.
Le opere di Rabarama sono esposte in particolar modo all’estero, soprattutto negli Stati Uniti, in Cina e a Parigi. Soltanto tre sculture si trovano in Italia e sono “Trans-lettera”, “Labirintite” e “Co-stell-azione”, sul lungomare Falcomatà di Reggio Calabria, realizzate nel 2007, in occasione di una personale dal titolo “Rabarama. Identità”.
La personalità di questa artista appare particolarmente controversa, ma molto amata dal pubblico. Anche se Rabarama è maggiormente conosciuta come scultrice, in realtà è anche una fine pittrice e le sue tele riproducono spesso i soggetti che realizzerà in seguito sotto forma tridimensionale.
Per la copertura del derma delle sue sculture prende ispirazione dai nidi d’ape, una forma a lei congeniale nel rappresentare l’eredità biologica e genetica insita nell’uomo, quale destino ineluttabile.
Per le decorazioni della pelle l’artista si sposta dalla visione a nido d’ape verso forme che, via via, acquistano valenze più profonde, quali geroglifici, lettere antiche e moderne.
L’indirizzo della sua ricerca è stato influenzato da numerosi viaggi compiuti all’estero, in Oriente, in particolare in Cina dove, a Shanghai, ma non solo, l’artista è diventata quasi di casa, tanto che una sua scultura è stata acquistata come arredo urbano dal governo cinese. Oggi si trova proprio a Shanghai, davanti al palazzo del governo. Rabarama risulta profondamente affascinata anche dal Giappone, come dall’India, dalle loro rispettive consuetudini e costumi, che le hanno permesso di ampliare la propria conoscenza e approfondire la sua ricerca artistica. Il tema del viaggio risulta, quindi, ispiratore nell’arte di Rabarama, un viaggio inteso come artistico, ma anche “della vita”.
Le tematiche toccate dall’artista sono la natura, con opere ispirate al mare e alla terra, legate a profondi valori umanistici.
Le sue sculture si ispirano al tema della memoria, ripercorrendo il passato per trarre da esso degli insegnamenti, alla tematica della fiducia, indispensabile in questo momento, e alla consapevolezza.
Numerosi i progetti e le collaborazioni realizzate da questa artista molto camaleontica. Si annoverano anche delle collaborazioni con altri artisti e performer, tra cui, nel 2013, il Cirque di Soleil, a Las Vegas.
L’arte, per Rabarama, è diventata espressione e sfogo per le emozioni provocate dallo stato di profondo disagio che ella vive in modo quotidiano nei confronti del mondo che la circonda. L’arte diventa, così, uno strumento che le consente di raggiungere un equilibrio interiore e la serenità desiderata.
Rabarama plasma la materia e, al tempo stesso, colma gli spazi umani interiori con una ricchezza d’animo autentica.

Mara Martellotta

Sbarca a Torino To Listen To, prima edizione: un festival di musica elettronica che omaggia le sue radici

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Da oggi fino al 3 ottobre una settimana di concerti, lecture e workshop nel segno della musica elettronica.

Ma non aspettatevi scatenati dj set alla Club To Club. “To Listen To– Festival dell’ascolto sperimentale è tutta un’altra musica, che più che allo stordimento mira alla consapevolezza. Il progetto, alla sua prima edizione, è ideato da SMET, la Scuola di Musica Elettronica del Conservatorio di Torino e si dipana in diversi luoghi: l’Imbarchino del Valentino, lo StudiumLab di Palazzo Nuovo, dove venerdì si è tenuta l’anteprima, il Cinema Massimo e il Conservatorio Giuseppe Verdi di via Mazzini. Se l’accostamento musica elettronica e Conservatorio, tempio della formazione classica, sembra insolito, per comprenderlo è necessario fare un tuffo nel passato, di almeno mezzo secolo. Nel 1964 il torinese EnoreZaffiri, pioniere della musica elettronica in Italia, fonda SMET, lo Studio di Musica Elettronica di Torino e nel 1968 istituisce presso il Conservatorio di Torino un Corso Sperimentale di Musica Elettronica, secondo solo a quello voluto da Pietro Grossi a Firenze nel 1965. Oggi alla guida di SMET c’è il geniale sperimentatore Stefano Bassanese, curatore di questo festival che pone al centro l’ascolto consapevole, senso imprescindibile per ogni atto creativo che non si finisce mai di acuire e raffinare in un mondo dominato dal frastuono. Ogni giorno due appuntamenti live al Conservatorio, uno alle 18.30 l’altro alle 20.30 dove si avvicenderanno artisti già affermati, studenti ed ex-studenti del Conservatorio, inframmezzati alle 19.45 da riflessioni sull’ascolto condotte da musicologi, sociologi, filosofi. Il foyer del Conservatorio accoglierà il pubblico con installazioni multimediali insolite che stuzzicheranno la fantasia senza complicate e sbruffone ricercatezze intellettuali, il tutto è inserito in una giocosa “sfida dell’inaudito” per riappropriarci di un senso importante, un po’ appannato. È anche un’opportunità per conoscere grandi maestri della musica contemporanea che hanno intrapreso percorsi fuori dai canoni. È il caso di Jean-François Laporte, artista eclettico del Quebec che mescola sound art, performance, installazione e arte digitale con gli insoliti strumenti acustici di sua invenzione come la “table de babel”, il “trompesax”, l’orgue de sirènes”. E c’è anche il nostro Davide “BoostaDileo con un suo brano per pianoforte “Music for piano with magnetic strings” il 28 settembre  e “Paper view, per suoni di carta ed elettronica” il 1° ottobre in anteprima assoluta.

Tra gli altri appuntamenti off da non perdere: i dj set all’Imbarchino e la serata di chiusura del 3 ottobre al Cinema Massimo con la sonorizzazione live di Zalamort, film del 1924 di Emilio Ghione.

GIULIANA PRESTIPINO

Tutti i concerti, le lecture e i workshop sono a ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria. Tutte le informazioni su:

https://www.to-listen-to.it/