CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 305

La Sirena di Giorgia Sanlorenzo al Sagittario di Ponzano

In occasione di una visita ad Ettore Cascioli, geniale interprete della tecnica di fotopittura che si avvale di una sapiente elaborazione dei colori, del tratto cromatico e della modifica di luci e prospettive, ho ammirato, nel giardino della settecentesca dimora “Al Sagittario” di Ponzano, l’interessante installazione contemporanea di Giorgia Sanlorenzo.

“La Sirena” è una bella scultura dalla linea essenziale ed avvolgente, in ferro secondo la tradizione dell’arte povera, che porta avanti in senso innovativo un soggetto trattato da poeti, pittori, scultori, con significati polivalenti a seconda delle epoche.

Protagonista di ancestrali miti, allegoria medioevale di profane tentazioni, espressione della femme fatale che porta l’uomo alla perdizione come per Aristide Sartorio ed i simbolisti, leggiadra apparizione che introduce il turista a Copenhaghen.

Con la Sanlorenzo la sirena diventa, come tutti gli altri soggetti esclusivamente marini, l’occasione di riallacciare il presente al passato guardando, attraverso il suo progetto artistico TerrEmerse, alla promozione turistica del Monferrato, che nella memoria dei tempi era sommerso dalle onde del mare.

Cascioli ha voluto così commentare l’opera che ha recentemente acquistato.

D.​​Qual è la sua valutazione complessiva dell’opera che ha voluto installare nel suo giardino?

R.​​L’opera, nel suo complesso, mi è molto piaciuta, sia per lo stile originale dell’artista, che per la tipologia del materiale impiegato (il ferro) e per la caratteristica delle forme realizzate.

​​L’unico aspetto che mi ha lasciato non dico deluso, ma quantomeno perplesso, è l’uso dei colori. Non per i colori prescelti, condivisi fin dall’inizio con l’artista, quanto piuttosto dai problemi di colorimetria, completamente sottovalutati dall’artista.

​​Per capirci meglio esemplifichiamo il problema. Secondo la scelta iniziale dei colori, il risultato della scultura avrebbe dovuto apparire  più o meno così:

​​Quello che vede invece l’osservatore nella collocazione definitiva dell’opera è più o meno questo:

​​Qual è la causa di una così vistosa differenza? Un problema di colorimetria, cioè il fatto che l’artista non abbia tenuto conto della temperatura luce del contesto in cui l’opera veniva collocata (decisamente e costantemente in ombra).

​​La prima immagine è stata ottenuta dalla seconda semplicemente aumentando la luminosità in Photoshop, così da simulare come sarebbe apparsa l’opera se collocata in pieno sole.

​​In effetti generalmente le opere di Giorgia Sanlorenzo sono collocate ad esempio in mezzo alle vigne, quindi in pieno sole.

​​(Si veda al riguardo il progetto Terre Emerse,link: Terremerse (terremersemonferrato.it, con la mappa delle principali collocazioni delle opere dell’artista in questione).

Per la Sirena destinata Al Sagittario non si è dato alcun peso alla diversa natura della luce dominante nel luogo di collocazione, per cui al sole compare nei suoi colori corretti previsti a progetto, ma nell’ombra della sua definitiva dimora  appare quasi monocromatica.

D.​​Quale suggerimento potrebbe dare all’artista per evitare in futuro simili “incidenti di percorso”? Lei ha una certa esperienza di fotopittura, quindi ha una certa conoscenza sul trattamento dei colori.

R.​​Non suggerirei di certo un percorso “scientifico”, basato sull’uso di colorimetri e quant’altro, quanto piuttosto un semplice metodo empirico, di sicura efficacia.

​​Una volta stabiliti i colori definitivi che dovranno caratterizzare un’opera, la nostra artista si dovrebbe munire di pennelli ed accessori connessi, di campioni dei colori prescelti più una disponibilità di bianco e di nero? (non sono un esperto di pittura) per eventualmente schiarire o scurire i colori prescelti, una lastra del ferro del tipo che utilizza per realizzare le sue sculture ed un seggiolino pieghevole. Dopo di che raggiunge la location per cui sta lavorando, scegliendo un giorno di luce favorevole (pieno sole?) e lì sul posto prova i colori che ha a corredo, fino ad ottenere sulla lastra campione i colori che vorrebbe risultassero ad opera finita.

​​A questo punto, tornata in laboratorio, potrà applicare all’opera in esecuzione i colori così come li “vede” sulla lasta campione. Potranno apparire diversi da come li aveva formulati sulla lastra campione, probabilmente più scuri, ma quelli saranno i colori da applicare all’opera. Quando poi, alla fine, la collocherà nel luogo di destinazione finale, i colori torneranno ad esplodere nelle gradazioni che si era immaginata fin dall’inizio.

GIULIANA ROMANO BUSSOLA

LINK:

 

Incontro con Caravaggio in mostra ad Alba

Un viaggio per conoscere il geniale artista partendo dalla fine della tormentata vita del maestro lombardo.

La mostra ruota intorno all’esposizione del “San Giovannino Giacente” ed è ideata e organizzata da Piemonte Musei in collaborazione con l’Ordine dei Cavalieri delle Langhe e l’Associazione Insieme di Cuneo e curata da Roberta Lapucci, storica dell’arte e restauratrice fiorentina. L’iniziativa è stata realizzata grazie al sostegno dell’Associazione Be Local.

L’idea della mostra è quella di raccontare la vita di Caravaggio attraverso una delle opere meno conosciute dell’artista ma dal profondo valore simbolico. Intorno ad essa è stato creato un progetto multimediale e interattivo volto ad offrire una visita multisensoriale in cui i visitatori possano sentirsi parte dello vita e delle opere del maestro. L’esposizione prevede un tour composto da proiezioni, tavoli interattivi, video informativi e ricostruzioni tridimensionali ed olografiche.


Informazioni utili ℹ

ORARI: da martedì a venerdì dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 18.00
Sabato e Domenica e Festivi dalle 10.00 alle 18.00.
Chiuso il Lunedì
Aperture straordinarie: 8, 26 dicembre 2022 (orario festivo dalle 10.00 alle 18.00); 31 dicembre 2022 (orario festivo dalle 10.00 alle 18.00) 6 gennaio 2023 (orario festivo dalle 10.00 alle 18.00).
Chiusure programmate: 5 dicembre 2022 – 1 gennaio 2023

COSTO DEL BIGLIETTO: OPEN 12 euro, INTERO 10 euro, RIDOTTO 8 euro, SCUOLE 5 euro (Gratuito per gli insegnanti che accompagnano le classi); GRUPPI 6 euro (da 10 a 25 persone) – GRATUITA’ Bambini fino a 6 anni non compiuti e cittadini diversamente abili

TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 350 5550166

E-MAIL INFO: info@piemontemesuei.it

SITO UFFICIALE: http://www.piemontemusei.it

“Vitamine Jazz Festival” La musica che cura

Sabato 3 dicembre, alle ore 17.15 al Teatro Juvarra di Torino, corso Palestro 14, prima edizione del Vitamine
Jazz Festival, curato da Raimondo Cesa, con una rappresentanza dei musicisti che volontariamente, da cinque
anni, donano la loro arte nei reparti dell’Ospedale S. Anna per rispondere all’appello della Fondazione
Medicina a Misura di Donna. Il ricavato della serata sarà destinato ai progetti di ricerca per la cura
dell’emicrania della donna.

Nel corso del concerto saranno rievocate le musiche che hanno caratterizzato “Vitamine Jazz”. Le sonorità
jazzistiche daranno il loro colore a motivi classici, mediterranei e sudamericani.

Nell’ottobre 2017 è scesa in campo la Comunità Jazz di Torino arricchendo con le Vitamine Jazz il progetto
Vitamine musicali, attivo dal 2016 e nato per portare la musica dal vivo all’interno dell’Ospedale S. Anna.

Oltre 290 jazzisti di fama nazionale e internazionale, che hanno ricevuto l’attenzione di quotidiani e riviste,
fra cui citiamo la prestigiosa “Musica Jazz”, si sono alternati in questi anni con 325 appuntamenti, per portare
il benvenuto alla vita nei reparti maternità, accompagnare le cure oncologiche durante le chemioterapie e
dare valore al tempo dell’attesa nelle sale d’aspetto e al pronto soccorso.

Il percorso è stato valutato “benefico per le pazienti e per gli operatori sanitari, nel sistema delle relazioni”
nel corso dei focus group condotti da Catterina Seia, Responsabile progetto “Cultura e Salute” della
Fondazione, insieme ai ricercatori di Pier Luigi Sacco, Economista della Cultura, con infermieri e medici
esposti ogni giorno alla sofferenza.

“La musica è conversazione, comunicazione in armonia. Il jazz in particolare è condivisione continua.
Dall’interazione fra musicista e spettatore nascono le successive improvvisazioni”, afferma con orgoglio
Raimondo Cesa – regista teatrale ed esperto in arti performative – che cura la rassegna e presidia ogni
incontro, durante i quali è frequente vedere le pazienti unirsi nel canto, leggere lo stupore sul volto dei
neonati.

“Attendiamo gli appuntamenti con curiosità e meraviglia. Siamo ogni giorno parte di una lotta. La musica ci
stimola. Ci ha aperto personalmente nuovi mondi. Le note rimangono nelle stanze, con le pazienti, anche dopo
il saluto dei musicisti” affermano le infermiere intervistate segnalando anche il cambiamento e la crescita del
loro consumo culturale nel tempo libero.

Un rapporto biunivoco. Gli stessi musicisti definiscono l’ospedale “un grembo armonico” e considerano che
l’esperienza dell’esecuzione ad personam generi un arricchimento personale e professionale.

Le “Vitamine Jazz”, che sono diventate il più articolato, ampio e longevo programma al mondo di esecuzioni
di jazz realizzate in un ospedale. riprenderanno a breve dal vivo all’Ospedale S. Anna per la sesta stagione
consecutiva.

Il progetto si colloca nel percorso strategico sull’alleanza virtuosa tra “Cultura e Salute” varato dalla
Fondazione nel 2011.

“Oggi esistono strumenti di ricerca che consentono di studiare gli effetti di diversi stimoli sensoriali su
specifiche aree del cervello e sui meccanismi psiconeuroendocrini che influenzano la capacità di relazionarci
con noi stessi e l’ambiente che ci circonda. Noi ci muoviamo su questi principi, cercando di umanizzare i luoghi
di cura, secondo il desiderio delle pazienti e del personale” considera la Prof.ssa Chiara Benedetto, Presidente
della Fondazione Medicina a Misura di Donna.

con il patrocinio di Fondazione Medicina a Misura di Donna ONLUS
Sede Operativa: Struttura Complessa a Direzione Universitaria Ginecologia e Ostetricia 1
Ospedale Sant’Anna – Via Ventimiglia 3, 10126 Torino, AOU Città della Salute e della Scienza di Torino
info@medicinamisuradidonna.it – www.medicinamisuradidonna.it

Le donazioni ricevute saranno destinate al contrasto e la gestione delle cefalee femminili, uno degli assi di
impegno della Fondazione Medicina a Misura di Donna, che sostiene borse di ricerca e servizi di medicina
integrativa, con attenzione al periodo della gravidanza.
Per partecipare, prenotare ai numeri 339.4307283 e 335.1320634
Donazione minima 25 euro. Modalità di versamento: sul sito www.medicinamisuradidonna.it tasto DONA
IBAN IT64 G030 6909 60610000 0062 768 Intesa San Paolo causale: Concerto di Natale

 

Teatro Juvarra
c.so Palestro 14
sabato 3 dicembre ore 17,15
Vitamine Jazz
Festival

La musica che cura
Dopo aver accompagnato per cinque anni le pazienti, familiari e personale dell’Ospedale Sant’Anna,
riempiendo le corsie con le loro note, in occasione del Natale alcuni musicisti di “Vitamine Jazz”si
presentano al pubblico per questa prima rassegna al Teatro Juvarra organizzata dalla
Fondazione Medicina a Misura di Donna onlus

Partecipano

20 Strings
Maurizio Mazzeo, Roberto Cannillo,
Alberto Palazzi, Andrea Garombo
Young Piano Player
Andrea Capocefalo
BEAT in 2
Carola Cora, Francesco Tringali
Ugo Viola

Emanuele Francesconi, Fulvio Chiara
Michele Anelli, Antonio Stizzoli
3 Chic
Marinella Locantore, Martha Umana,
Serena Guarnero
Massimiliano Brizio, Riccardo Chiara,
Emanuele Olivetti, Alex Sorel

Brasil
Gilson Silveira, Sabrina Mogentale,
Lucio Costa, Fabrizio Forte Max Gallo Quartet
Max Gallo, Massimo Artiglia,
Roberto Celio, Mel Contino

Giulia Firpo
Fabrizio Fortunato
Isabella Stabio
Emanuele Sartoris
Piano a 4 mani
Emanuele Sartoris &Federica Bertot
Federica Riva
Donato Riva
Felice Reggio
Emanuele Sartoris Caterina Accorsi
Emanuele Sartoris

Emanuele Cisi
Massimo Artiglia, Veronica Perego,
Antonio Stizzoli
DipintiDiBlues
Yelewna Babu,Claudio Bertuol,
Marcello Bianco, Luciano Devietti,
Francesco Peinetti

Presenta
Marco Basso

Direzione artistica
Raimondo Cesa

I proventi del Concerto saranno destinati a sostenere i Progetti di Ricerca della Fondazione
per la cura dell’emicrania della donna

Partecipazione con prenotazioni ai numeri: 339.4307283 e 335.1320634
Donazione minima 25€. a persona.Modalità di versamento tramite:
1)bonifico bancario IBAN IT64 G030 6909 6061 0000 0062768 – causale : concerto di Natale
2)tasto dona subito sito www.medicinamisuradidonna.it– Qr code

Parcheggio consigliato APCOA via Bertola 68

 

 

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APPROFONDIMENTI sulle CEFALEE della DONNA
La Fondazione Medicina a Misura di Donna collabora con il Centro Cefalee dell’Ospedale S. Anna
sostenendone diversi progetti. Il Centro Cefalee della Donna è attivo in molti campi della ricerca sulle cefalee
primarie, con una elevata produzione di letteratura scientifica internazionale in merito, e partecipa a
numerosi studi multicentrici nazionali e internazionali allo scopo di introdurre terapie innovative per la lotta
al dolore emicranico.

Nel 2022 è uscito sulla rivista Neurological Science un articolo sull’efficacia e la sicurezza dell’agopuntura per
la prevenzione dell’emicrania durante la gravidanza, sostenuto dalla Fondazione
Inoltre a novembre 2022 la Presidente della Fondazione, Prof.ssa Benedetto, ha rilasciato una intervista su
RaiNews 24 (https://www.rainews.it/rubriche/bastalasalute/video/2022/11/Basta-la-salute-del-02112022-
7a847a69-6b9b-466a-9b5e-351015f7d5bf.html) in cui si conferma l’impegno nel contrasto alle cefalee della
donna, con ricerca e servizi.

Fondazione Medicina a Misura di Donna Onlus
Chiara Benedetto – Presidente Fondazione Medicina a Misura di Donna e Direttore della Struttura Complessa
Universitaria – Ginecologia e Ostetricia 1, Presidio Ospedaliero S. Anna, Via Ventimiglia 1, 10126 Torino
presidente.fondazionemamd@gmail.com
Raimondo Cesa – curatore della rassegna Vitamine Jazz – ray.world@libero.it
Catterina Seia, Co-founder e Vice-Presidente Fondazione Medicina a Misura di Donna, Responsabile progetto
“Cultura e Salute” presidenza@culturalwelfare.center

Alla scoperta delle Gipsoteche del Piemonte

A riscattare le gipsoteche dal lungo periodo in cui i gessi sono stati sottovalutati, una graduale rivalutazione ha fatto comprendere come le opere preparatorie siano indispensabili per illustrare la genesi delle sculture tradotte in marmo e bronzo.

Il Piemonte possiede 5 gipsoteche che favoriscono il confronto tra scultori vissuti tra metà ottocento primo novecento ognuno con proprio stile seppure col gusto della moda dell’epoca.

Famosa la gipsoteca Leonardo Bistolfi a Casale Monferrato con gessi e terrecotte, del tutto simili al risultato finale, toccati unicamente dalle mani del più importante scultore simbolista italiano la cui poetica si fonda su scienza positivista, pseudo scienza e ideismo, assertore della morte come terreno fertile di vita poiché lo spirito è immortale.

Dal naturalismo de “il boaro” si passa al “bacio” di sentore scapigliato e ai monumenti funebri; stupenda la cappella sepolcrale Hierschel de Minerbi col funerale della vergine influenzato dallo stiacciato Donatelliano.

A Bistagno la gipsoteca Giulio Monteverde formatosi nella bottega di Giovanni Bistolfi, padre di Leonardo, contiene gessi realisti col tema sociale del lavoro oltre ai classicheggianti per monumenti funebri.

A Rima la casa museo di Pietro Della Vedova possiede gessi provenienti dallo studio di Torino con predilezione per gli angeli, affascinante la Cleopatra orientaleggiante.
A Savigliano la gipsoteca di Davide Calandra, allievo come Bistolfi, di Odoardo Tabacchi con bozzetti veristi di destinazione domestica e gessi liberty oltre a gessi per monumenti funebri tra cui quello per il principe Amedeo di Savoia inaugurato a Torino nel 1902.

A Verbania la gipsoteca Paolo Troubetzkoy propone gessi, terrecotte, bronzi, marmi antiaccademici scapigliati e impressionisti, in particolare figure muliebri e animali dal singolare aspetto picchiettato e sfaldato.

Giuliana Romano Bussola

L’isola del libro

RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA

Elizabeth Day “La gazza” -Neri Pozza- euro 19,00
La maternità è la grande protagonista di questo romanzo-thriller psicologico della scrittrice e giornalista inglese Elizabeth Day che ammanta la vicenda con il tocco dell’esperienza personale. Lei per 10 anni ha provato inutilmente ad avere un figlio, ha attraversato il dolore di 4 aborti spontanei, l’ultimo nel 2020 all’inizio del lockdown; ed è lì che è scattata la gestazione di “La gazza” dove la scrittrice mette nero su bianco il significato e l’impatto emotivo di anni di tentativi faticosi e stremanti dagli esiti fallimentari.
Al centro della vicenda ci sono il complesso concetto di maternità surrogata e i dubbi che pone, l’infertilità della coppia e quanto si è disposti a fare ed accettare pur di avere un figlio.
Le protagoniste sono due donne, Marisa e Kate. La Day ha concepito questo bellissimo romanzo in due parti che corrispondono alle loro divergenti versioni dei fatti.

Margaret è una giovane scrittrice e illustratrice di libri per bambini con un passato doloroso alle spalle. E’ stata abbandonata dalla madre quando aveva 7 anni, cresciuta in collegio, diventata adolescente era scappata per andare alla ricerca della donna che l’aveva messa al mondo, ma era finita ubriaca vittima di un predatore che l’aveva violentata.
Ora pare che le cose stiano marciando nella direzione giusta perché ha incontrato Jake che incarna tutto quello che desidera: è affidabile, equilibrato, ha un buon lavoro, la ama e lei aspetta un figlio da lui.
A incrinare l’idillio arriva la loro inquilina Kate, la cui presenza scivola velocemente nell’invadenza e finisce per essere ingombrante agli occhi di Marisa. Kate e Jake sembrano avere un’intesa che travalica il consueto rapporto tra padrone di casa e affittuaria. Tutto precipita quando Marisa scopre i messaggi tra i due.

Ed ecco il colpo di scena magistrale che ribalta tutto e sorprende il lettore presentandogli un’altra versione della vicenda e una coppia ben diversa.
A stare insieme da 7 anni sono Kate e Jake, si amano, ma lei non è riuscita a dargli l’agognato figlio. Ha attraversato l’inferno delle inseminazioni artificiali, le terapie ormonali, i ripetuti aborti spontanei e le continue delusioni.
Poi la decisione di ricorrere a un’altra donna che sia disposta a portare in grembo l’embrione creato in vitro, ovvero la maternità surrogata.

Ed ecco entrare in scena Marisa che però ha qualche problema con la realtà e una patologia ben precisa… e non voglio anticiparvi troppo perché il gusto di questo libro sta anche nella progressiva scoperta e nel ribaltamento della prospettiva iniziale. Chi è la gazza del titolo? Ladra e foriera di sventura?

Un romanzo scritto sulla propria pelle dalla Day che pone spunti di riflessione notevoli.
Cosa spinge una donna a fare di tutto pur di avere un figlio; perché un’altra si presta a portare avanti una gravidanza sapendo che dopo il parto la genitorialità legale verrà trasferita a una coppia che neanche conosce; chi è la vera madre di quella creatura tanto desiderata e messa al mondo da una terza persona.

 

Tessa Hadley “L’arte del matrimonio” -Bompiani- euro 18,00
E’ un’intrigante storia di incroci affettivi-amorosi questo romanzo della scrittrice inglese (nata a Bristol nel 1956) che racconta le dinamiche di un quartetto di coniugi-amanti-amici le cui esistenze vengono stravolte da un evento tragico che li spinge a cercare nuovi equilibri.
E’ il secondo romanzo pubblicato in Italia di questa autrice abilissima e fuori dalle mode che ha esordito a 46 anni e da allora ha al suo attivo 8 romanzi e 3 raccolte di racconti.
Protagoniste sono due coppie mature formate da Zachary e Lydia, Alex e Christine; la prima più upper class, mentre la seconda arranca con difficoltà per arrivare a fine mese. Si conoscono, sono amici stretti e si frequentano da quando avevano 20 anni; ora ne hanno più di 50 e le loro storie si sono intrecciate, scomposte e riannodate nel corso del tempo.
Il brillante e generoso Zach (il più risolto dei quattro) per 30 anni ha fatto da àncora di salvezza agli altri e
quando viene stroncato da un infarto, nella sua prestigiosa galleria londinese, getta nel caos le vite del gruppo.
A partire dalla pigra e indolente moglie Lydia che si ritrova sola e disperata; l’amica Christine artista insicura che Zach aveva sostenuto fin da subito come mercante d’arte; l’ombroso Alex, poeta in cerca di fama, ma di scarso successo, che aveva ripiegato sull’insegnamento.

Il lutto inaspettato di colui che era la struttura portante del quartetto scaraventa i superstiti in un mix di dolore, senso di vuoto, ricordi di viaggi e crisi superate a fatica. E’ la storia di due amiche del cuore e due amici altrettanto legati le cui vite si erano intersecate nel passato. Da giovani studentesse entrambe le ragazze si erano invaghite di Alex, nonostante fosse già sposato e con un figlio, e si erano offerte alla coppia come babysitter.
Poi Alex aveva presentato loro il suo ricco amico Zachary che dopo un flirt (poco convinto) con Christine, aveva finito per sposare l’intraprendente Lydia, ossessionato dalla sua bellezza.
Invece Alex aveva divorziato dalla moglie ed era convolato a nozze con Christine.
Ed ecco lo scambio delle coppie che in questa formazione procedono nella vita tra nascite dei figli, interessi artistici comuni, gite a Venezia e amicizia cementata negli anni.

Ma la morte di Zach risconvolge gli equilibri e le cose precipiteranno quando l’inconsolabile e seduttiva neo vedova Lydia si trasferisce a casa – e letteralmente, nel letto- di Christine e Alex.
Grazie alla bravura di Tessa Hadley, che miscela sapientemente continui flashback, vi addentrerete nelle dinamiche emotive dei protagonisti, svelate e descritte con spietata lucidità.

 

Lauren Elkin “Flaneuse” – Einaudi- euro 19,95

“Flâneuse” è il corrispettivo femminile del termine “Flâneur” che nell’800 indicava la figura affascinante, un po’ esteta e un po’ vagabondo, che amava vagare per le vie cittadine.
Delle avventurose Flâneuse in gonnella ci parla la studiosa, traduttrice e saggista americana Lauren Elkin, nata e cresciuta a New York ma che ha trascorso 20 anni a Parigi, con incursioni a Tokyo, Venezia e Hong Kong, prima di fermarsi a Londra dove vive attualmente.
Scrive proprio con un intrinseco spirito da Flâneuse, lei che è l’emblema di una donna libera che ama macinare chilometri camminando alla scoperta dei luoghi che attraversa e senza una precisa meta.
In questo libro tra romanzo e saggio ricostruisce le vite di alcune donne del passato che incarnarono perfettamente lo spirito delle Flâneuses.

Con le sue ricerche è risalita a quella che può essere considerata l’antesignana del genere. Pioniera sarebbe stata la pittrice Marie Bashkirtseff, giovane aristocratica russa e pittrice di talento che attraversò in lungo e in largo Parigi e ne scrisse nel 1879 (in uno degli 8 volumi del suo diario) prima di morire di tubercolosi a soli 25 anni. All’epoca era rivoluzionario per una donna uscire dalla sicurezza delle mura domestiche e andare alla scoperta della città, dei suoi anfratti e delle vite che erano passate per gli stessi viottoli in passato. Marie sapeva di avere poco tempo da vivere e quindi nulla da perdere a sembrare quasi trasgressiva.

La Elkin ripercorre anche le camminate di altre donne famose o meno; dalla scrittrice di origine caraibica Jean Rhys che si inoltrò nella Ville Lumière e creò protagoniste che come lei amavano avventurarsi senza destinazione, osservando e pensando, vivendo e scoprendo.
Chi invece risolse il problema di eventuali molestie mentre si avventurava da Flâneuse fu George Sand che usciva vestita da uomo. E come non citare anche Virgina Woolf che scrisse un saggio sullo “street haunting” ovvero l’arte di mettere in relazione quello che si incontra per strada con i fantasmi della nostra immaginazione.

Ad arricchire il libro ci sono anche i resoconti della Elkin che la vita ha portato in varie città del mondo; ci racconta le sue esperienze personali di Flâneuse che si avventura mossa da inarrestabile intelligente curiosità per le strade di Parigi, Tokio e New York, fantastica esploratrice urbana.

 

Maurizio Vanelli “Flâneries. Passeggiate Parigine” -Mattioli 1885- euro 12,00

Ci si perde nella bellezza delle strade meno battute della Ville Lumiere in questo piccolo e prezioso libriccino di Maurizio Vannelli -medico, professore e giornalista- che ama Parigi e condivide con noi lettori le sue suggestioni.
Diciamo che queste pagine torneranno utili soprattutto a chi ha in mente di scoprire una città diversa da quella dei soliti tour turistici; qui c’è un tocco di raffinatezza che ci fa vivere Parigi con un’attenzione volta a piccoli dettagli, a odori, fragranze, colori, alle mille anime della città vissuta con passione da amanti.
Vannelli è l’emblema del Flâneur, camminatore che non conosce stanchezza e procede scoprendo ad ogni passo sempre qualcosa di nuovo.
La Parigi che vediamo attraverso i suoi occhi si ammanta di aneddoti, dettagli architettonici, storia passata e vite che l’hanno attraversata.
Dai suoi infiniti appunti scritti su iconici Moleskine (che fanno subito scoperta e viaggio come ci ha insegnato Bruce Chatwin) alla fine emerge una Parigi caleidoscopica inedita. Tante riflessioni e suggestioni che ha annotato mentre aspettava il métro o passeggiando lungo gli argini della Senna, alzando gli occhi verso edifici, o avventurandosi tra parchi, boulevard, fontane, viottoli e anfratti tutti da scoprire.
Un libro da mettere in valigia se pensate ad un viaggio a Parigi, per vederla con occhi nuovi e con una guida eccezionale in tasca….e magari assaggiando le bontà tipiche delle pâtisseries, delle épiceries e dei bistrots che caratterizzano Parigi.

 

Il Premio Pannunzio a Ugo Nespolo

A TORINO LA CONSEGNA DEL RICONOSCIMENTO 
MERCOLEDI’ 30 NOVEMBRE dopo un incontro conviviale, iI V. Presidente Anna RICOTTI consegnerà il Premio “Pannunzio” 2022 a Ugo NESPOLO, artista di fama internazionale.
Ingresso su inviti.
Il Premio, nato nel 1982, che consiste in una artistica incisione in argento di Mino Maccari, viene conferito ogni anno a personalità italiane della cultura, del giornalismo, dell’arte che si siano distinte per il loro spirito libero. Sono stati premiati, tra gli altri, Piero e Alberto Angela, Enzo Bettiza, Claudio Magris, Indro Montanelli, Enrico Paulucci, Alberto Ronchey, Giovanni Spadolini, Gianfranco Ravasi.
UGO NESPOLO
Nasce a Mosso Santa Maria, in provincia di Biella, il 29 agosto 1941. Si diploma all’Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, sotto la guida di Enrico Paulucci, e si laurea in Lettere Moderne all’Università di Torino. Si dedica all’insegnamento dell’arte e contemporaneamente alla pittura con il risultato di organizzare, tra le altre, una mostra personale a New York. Partecipa al movimento “Arte povera” e realizza il suo primo film, “Grazie, mamma Kodak”. Negli Stati Uniti si dedica al disegno di scenografie e costumi teatrali ed in seguito si occupa di design industriale nei settori della ceramica e del vetro. L’artista Ugo Nespolo unisce un insaziabile appetito artistico e intellettuale alla grinta di chi fa le cose a modo suo. “L’artista non si deve porre limiti”, afferma. “Amo ciò che faccio e mi piace impiegare tecniche e materiali diversi”.

A teatro una storia di donne geniali

SFUMATURE DI DONNE DI SCIENZA

di e con

SARA D’AMARIO

regia, musiche dal vivo e mise en scène

FRANCOIS-XAVIER FRANTZ

10 dicembre 2022

ore  21.15

Teatro Blu

Piazza Roma, 3

Buriasco (TO)

Una storia di donne geniali nel firmamento della storia. Si presenta così Sfumature di Donne di Scienza, il nuovo spettacolo teatrale di Sara D’Amario, anche protagonista, con regia e musiche dal vivo di François-Xavier Frantz, in scena il 10 dicembre al Teatro Blu di Buriasco.

La trama

Lo spettacolo metterà in luce l’attività e la personalità di venti scienziate vissute dal IV secolo a.C. a oggi e attraverso i secoli racconterà la storia delle pioniere nella matematica, nell’astronomia, nella fisica e nell’informatica. Si arriverà così per esempio a Hollywood, con l’attrice e inventrice Hedy Lamarr; a Monte Palomar con l’astronoma Vera Rubin; si scopriranno i segreti delle prime alchimiste-streghe per arrivare ai misteri delle studiose degli affascinanti universi dell’infinitamente piccolo, dallatomo al Dna.

Sfumature di Donne di Scienza parlerà di donne che hanno saputo imporsi in mondi che troppo spesso le hanno relegate in ruoli da comprimarie; nel passato alcune di loro hanno perfino dovuto cambiare nome e travestirsi da uomo per lavorare e dimostrare il loro valore. Lo spettacolo sarà pertanto un tributo a figure femminili che, anche grazie ai loro papà, alle loro mamme, e a mariti, amanti, colleghi e insegnanti hanno saputo dimostrare valore e tenacia, al di là del loro sesso.

Sfumature di Donne di Scienza è una produzione dell’Associazione Culturale Ancóra e Constellation Factory con il sostegno e il patrocinio del Comune di Moncalieri, assessorato alla Cultura e alle Pari Opportunità.

 

La messa in scena

L’intelligenza ha un sesso? È da questa semplice domanda, che lo spettacolo sviluppa un viaggio nel tempo alla scoperta di donne che, contro ogni pregiudizio temporale e intellettuale, hanno dato un contributo alla ricerca e alle scoperte dell’umanità. Su questa traccia, la narrazione si svilupperà con umorismo ed energia in un “One-Woman Show” colto e ironico, destinato a un pubblico eterogeneo per formazione ed età.

La rappresentazione si svilupperà con elementi scenici essenziali: rapidi cambi di costume, dialettica divertente e contemporanea, contenuti curiosi, ricchi d’informazioni che rievocheranno sodalizi intellettuali e, perché no, amori e tradimenti.

Parte integrante di Sfumature di Donne di Scienza saranno le originali e avvolgenti scenografie luminose concepite dal regista François-Xavier Frantz: un poetico trionfo della luce e dell’intelligenza, vista come celebrazione di un sogno, inno alla passione capace di sconfiggere l’oscurità del pregiudizio.

Critica e obiettivi

Il messaggio principale di cui Sfumature di Donne di Scienza si fa promotore riguarda il pregiudizio che spesso, ancora oggi, etichetta le ragazze come poco dotate o poco interessate a materie scientifiche come la matematica, la fisica, la chimica.

A rivelarlo sono gli studi delle fonti bibliografiche, ma anche le numerose conversazioni con studenti (dalla scuola primaria alla secondaria di secondo grado) che hanno rivelato come questa falsa premessa sia ancora molto radicata, a volte anche nelle convinzioni delle bambine e delle ragazze stesse.

Con questo obiettivo, François-Xavier Frantz e Sara D’Amario hanno voluto evidenziare la necessità e la possibilità di liberarsi da una forma mentale, sbagliata e penalizzante, che non ha natura biologica, ma storica, sociale e culturale. Ed è per questo che lo spettacolo si propone di offrire un momento di arricchimento e condivisione tra generazioni, stimolando ciascuno di noi a riflettere sulla figura della donna nella scienza senza in alcun modo polemizzare nei confronti degli uomini, ma facendosi ambasciatore di un messaggio più ampio e positivo. Perché la differenza tra donne e uomini va vissuta come un valore, non come motivo di scontro, di paura e di rivalità.

Biografie degli autori

Sara D’Amario

Nel 1993 si è diplomata presso la Scuola per Attori del Teatro Stabile di Torino, fondata e diretta da Luca Ronconi. Si è perfezionata a New York con Susan Batson e Elizabeth Kemp. Ha conseguito la laurea in Lettere Moderne, specializzandosi in drammaturgia presso l’Università degli Studi di Torino.

In teatro è stata diretta, tra gli altri, da Luca Ronconi, Krzysztof Zanussi, Nanni Garella e Luca Zingaretti.

Per il cinema ha recitato in diversi film, tra cui Il ricco, il povero e il maggiordomo, La banda dei Babbi Natale, Il cosmo sul comò (con Aldo Giovanni e Giacomo), Caos calmo (con Nanni Moretti), Solo un padre (Luca Lucini), Colpo d’occhio (di Sergio Rubini), Assassini dei giorni di festa (di Damiano Damiani), La ragazza del lago (con Toni Servillo), Casomai (di Alessandro D’Alatri), Come diventare grandi nonostante i genitori (di Luca Lucini).

In televisione ha partecipato a molti sceneggiati, tra cui Le stagioni del cuore, Il commissario Nardone (nel ruolo di Rina Fort), Le tre rose di Eva (nel ruolo di Angela Corti), Non smettere di sognare, Distretto di polizia 8, Io ci sono (la storia vera di Lucia Annibali), L’onore e il rispetto, Sacrificio d’amore, I Topi, oltre alle soap opera Vivere e Centovetrine. È la protagonista femminile della fiction “Fratelli Caputo” accanto a Nino Frassica e Cesare Bocci.

Oltre a Sfumature di Donne di Scienza, è attualmente in scena con Storie di donne di fuoco e di luce (in cui racconta di alcune donne che hanno cambiato il loro destino e hanno acceso luci che non si sono mai spente nelle menti e nei cuori di tante persone); Greenminds (un viaggio intorno alla terra scoprendo i Green Jobs e tentando di schivare le fake news), Un quartetto per la Resistenza (i 20 mesi di due donne e due uomini emblematici per la Storia del nostro Paese) e con la commedia feroce NEGLI OCCHI DI MIA MADRE – IL MAMMONE sul trio più famoso del mondo: Mamma, Moglie e Mammone, tutti diretti da François- Xavier Frantz.

È inoltre autrice di quattro romanzi: Nitro (Baldini Castoldi Dalai editore, 2009); Un cuore XXL (Fanucci Editore, 2013) vincitore del Premio Sirmione per la Letteratura per Ragazzi; Kikka (Fanucci Editore, 2014); e Magnetic (Leggereditore, 2018) semifinalista Premio Bancarellino 2019.

François-Xavier Frantz – regista, attore e drammaturgo

Nato in Madagascar da genitori francesi, dopo aver vissuto a lungo in Francia, vive e lavora in Italia da diversi anni. Si è diplomato nel 1983 alla Scuola per Attori Le Cours Simon di Parigi e nel 1988 si è diplomato con lode in Arti Plastiche all’Accademia di Belle Arti di Metz (Francia). Nel 1993 ha partecipato a un seminario intensivo di regia condotto da Luca Ronconi, presso il Teatro Stabile di Torino.

Tra il 1983 e il 2004 ha lavorato come attore, regista teatrale, drammaturgo con alcuni grandi maestri, tra cui Anatoli Vassiliev (Russia), Jerzy Grotowski (Pontedera), Michelle Kokosowski – Académie Expérimentale des Théâtres (Francia)

Ha collaborato con Daisy Amias alla prima creazione mondiale di Phaedra (Seneca), Andromaca (Jean Racine ) in lingua coreana a Seoul – Corea del Sud, e sull’adattamento di Nadja di André Breton; in seguito ha collaborato  con Isabelle Janier sulla messinscena di diversi testi di Marivaux.

Tra le sue regie teatrali spiccano varie opere di Pasolini, Fassbinder, Georges Ribemont-Dessaignes,  Tennessee Williams, Werner Schwab, Jean Genet, Edouard Dujardin.

Ha realizzato alcuni cortometraggi di fiction in lingua francese e italiana.

Tra il 2004 e il 2011 ha lavorato come produttore di lungometraggi per il cinema a livello internazionale presso Love Streams agnès b. Productions, Parigi. Dal 2011 lavora come attore, autore, regista e script doctor indipendente anche in Italia. È autore, insieme a Sara D’Amario, e regista di 4 spettacoli attualmente in tournée: (XXn) Sfumature di donne di scienza ( un monologo su 20 scienziate che hanno rivoluzionato il mondo), Storie di donne di fuoco e di luce la storia di alcune donne che hanno cambiato il loro destino e hanno acceso luci che non si sono mai spente nelle menti e nei cuori di tante persone), Greenminds (un viaggio intorno alla terra scoprendo i Green Jobs e tentando di schivare le fake news) e Un quartetto per la Resistenza (i 20 mesi di due donne e due uomini emblematici per la Storia del nostro Paese).

Informazioni e prenotazioni

Teatro Blu

Buriasco (TO)

10 dicembre 2022

ore 21,15

per prenotazioni:

3480430201

teatroblu.buriasco@gmail.com

Venezia è salva ma ci voleva così tanto?

Venezia è salva, San Marco anche! Due brevi considerazioni su quanto accaduto in questi giorni nella città lagunare.

Il Mose funziona, finalmente, come si deve, dopo una montagna di denaro speso e innumerevoli rinvii. È un sistema di dighe mobili molto sofisticato, necessita di manutenzione continua e di tanti soldi e speriamo naturalmente che continui a funzionare. Se tutto filerà liscio, Venezia non sprofonderà più grazie ad una delle più grandi opere di ingegneria che tutto il mondo ci invidia. Qualche giorno fa le condizioni di vento e di marea erano peggiori di quelle dell’acqua alta del 2019 e hanno tenuto tutti quanti con il fiato sospeso. Senza il Mose oltre l’80% della città sarebbe stato allagato, le previsioni davano un picco di 170 centimetri, il terzo della storia dopo il disastro del 4 novembre 1966 (194 centimetri) e del 12 novembre 2019 (187). Il Mose, e non è questa la prima volta, è emerso dalla laguna come un mostro marino, un Leviatano del terzo millennio, la città non è finita sott’acqua e la basilica di San Marco è rimasta all’asciutto grazie anche alla barriere di vetro erette in questi mesi intorno alla chiesa. Una “cintura di vetro”, soluzione temporanea, ancora non inaugurata ma che ha funzionato alla grande salvando dall’acqua i pavimenti a mosaico della basilica, già fortemente danneggiati dal sale marino. Il Mose e la barriera di vetro, ma bisognava aspettare così tanto per salvare la città più bella del mondo?    Filippo Re

Sergio Castellitto autentico Dalla Chiesa, una fanciullezza negata tra i rifiuti in Nicaragua

Le prime immagini del 40° TFF

 

 

Le prime immagini del 40° Torino Film Festival arrivano dal Nicaragua (ampia coproduzione supportata da Messico/Olanda/Germania/Francia/Norvegia/Spagna) con “La hija de todas las rabias” della quarantenne regista Laura Baumeister: immagini di povertà, di violenza sociale, di una fanciullezza negata, terribili angosciose. La vita è terribile, uno spiraglio di folle speranza va cercata in un mondo altro, di protezione, di sogno che è soltanto della piccola protagonista. Maria, ragazzina di 11 anni, vive con la madre Lilibeth e passa gran parte delle sue giornate in cima a quelle montagne di rifiuti che sorgono a due passi dalla capitale e che danno un lavoro e a tratti anche un minimo di sostentamento a tanta gente. Un giorno Lilibeth sparisce su un camion per andare in città e Maria si ritrova in mezzo ad una piccola comunità di bambini schiavizzati a ripulire faticosamente i tanti oggetti che quelle discariche possono restituire e che possono essere riciclati. L’aiuta e quasi si prende cura di lei il giovane Tadeo, per restituirla a una madre che Maria al contrario ha perso per sempre. Le resta il sogno e in questo un abbraccio protettivo. La regista imprime dolcezza e rabbia e sacrosanti momenti di ribellione alla giovanissima protagonista, offre soprattutto un panorama d’angoscia di questo angolo di mondo che noi guardiamo con occhio incredulo dall’altra parte del mondo.

Usa diversi moduli cinematografici Bertrand Bonello nel suo ultimo “Coma” (sezione Nuovimondi), non sempre in un logico clima narrativo. Si fatica a seguirlo in questa lettera che un padre, un vero e proprio atto d’amore, scrive alla propria figlia (la giovanissima Louise Labeque, la figlia stessa del regista) chiusa in casa durante un’emergenza sanitaria, raccontandola in un solitario realismo e in video chiamate con le proprie amiche, circondandola al centro della stanza di una casa di bambola abitata da quelle bambole che riempiono il mondo dell’infanzia con le fattezze di Scott e Sharon, i cui tormenti d’amore sono affidati alle voci di Letitia Casta, Louis Garrel e dello scomparso Gaspard Ulliel. Aggiungeteci disegni, live action e l’inquietante apparizione di una enigmatica youtuber, e avrete completo il pasticcio che l’eccellente autore di “Saint Laurent” ci ha regalato.

Al contrario apprezzabilissimo “Il nostro generale” (dal 9 gennaio su Rai 1) con cui Lucio Pellegrini e Andrea Jublin ci riconsegnano la figura solida, paterna, combattiva di Carlo Alberto Dalla Chiesa. Grazie anche all’apporto dell’Arma dei Carabinieri e con il sostegno della famiglia, rendendo onore al servitore dello Stato come all’uomo colto nel privato, con materiali di repertorio (grazie alle teche Rai) ed esatte ricostruzioni, ci ritroviamo al centro degli anni Settanta, ad iniziare esattamente dal quel 1973, quando Dalla Chiesa viene trasferito da Palermo dove è impegnato nella lotta alla mafia per operare a Torino, la presenza combattiva e affettuosa dei componenti del “Nucleo speciale antiterrorismo”, gli intenti a muoversi come un vero e proprio gruppo operativo di combattimento guardando agli altri come a degli avversari da combattere sul loro stesso terreno. Sono gli anni di Curcio, del primo processo alle BR, che al nord hanno steso una rete di uccisioni e di ferimenti di industriali e di giornalisti, di attentati, come quello a Fulvio Croce, presidente dell’ordine degli avvocati di Torino, dell’amicizia con Caselli, dei giorni di paura (la figlia costretta a sposarsi in un garage, protetta a vista), della pretesa affiliazione alla P2, accettata nel disordine del tempo e immediatamente rifiutata, del sequestro Vallarino Gancia e della morte di Mara Cagol durante la liberazione del re dello spumante nella cascina sperduta sulle colline dell’Astigiano. Anni, quelli “piemontesi” del generale, fatti anche di amarezza e d’isolamento (rintanato in un piccolo ufficio, in attesa di “mi hanno dato un incarico”), man mano che la sua lotta ai brigatisti diveniva sempre più serrata Dalla Chiesa si ritrovava sempre più solo, conteggiando un buon numero di nemici anche all’interno delle istituzioni e dell’Arma stessa. È un’opera, quella firmata da Pellegrini e Jublin, decisamente robusta, accorata, anche capace di mostrare di un uomo combattivo i momenti forse più deboli, di ridare alla società di oggi la dichiarata integrità e la grandezza nell’obbedienza. Sergio Castellitto è autenticamente presente, in ogni momento, con a fianco una Teresa Saponangelo esempio di remissiva dolcezza, con tutta la squadra dei giovani attori che sono i suoi collaboratori, Antonio Folletto in testa, voce narrante di tutti quegli anni. Gli angoli torinesi aggiungono un che di verità in più alla forza e alla bellezza della vicenda.

 

Elio Rabbione

 

Nelle immagini, scene tratte da “Il nostro generale” di Lucio Pellegrini e Andrea Jublin, sugli anni torinesi di Carlo Alberto Dalla Chiesa, e la giovane protagonista del film del Nicararagua “La hija de todas las rabias” di Laura Baumeister.

Rock Jazz e dintorni: Paolo Conte e Ludovico Einaudi

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Lunedì. Il documentario di Marco Spagnoli su Franco Battiato è al cinema per 7 giorni.

Martedì. Al Blah Blah si esibisce Buzz Kull. All’auditorium del Lingotto suona Ludovico Einaudi.

Mercoledì. Al Jazz Club è di scena il quintetto di Angelo Greco. Al Blah Blah Giovanni Corgiat e Davide Broggini, sonorizzano il film d’animazione giapponese “l’uovo dell’angelo”.

Giovedì. Al Magazzino sul Po sono di scena Danielle e Carbs. All’auditorium del Lingotto recital di Paolo Conte per beneficenza. Al Jazz Club tributo a Ray Brown con il trio di Max Gallo. Al Blah Blah si esibisce Simon Joyner preceduto da Riccardo Salvini. Al Mad Dog suona il trio di Aura Nebiolo. All’Archivio di Stato si inaugura la mostra fotografica “America Sogni Diritti” con i ritratti di David Bowie scattati da Steve Schapiro. Al’Hiroshima Mon Amour suonano gli Hang Massive. Al Mao per la mostra “Buddha10” performance dell’artista coreana Park Jiha.

Venerdì. Allo Ziggy si esibisce il trio Ottone Pesante. Al Teatro Colosseo è di scena il Soweto Gospel Choir. Al Cap 10100 suonano i Management. Allo Spazio 211 si esibisce Daniele Celona mentre all’Off Topic è di scena Gnut. Al Magazzino sul Po suonano i Bluebeaters.

Sabato. Al Bunker si esibisce il duo elettronico Dame Area con Katatonic Silencio. Alla Suoneria di Settimo arriva Nada. Al Cap 10100 suona il quintetto Makepop. Al Blah Blah sono di scena i Diaframma. Al Folk Club si esibisce Jesper Lindell. Al Teatro Colosseo canta Marco Masini.

Domenica. Sempre al Teatro Colosseo è di scena Alex Britti.

Pier Luigi Fuggetta