CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 304

Premio Pannunzio, la bandiera della libertà

Ogni anno, salvo quello della pandemia, a partire dal 1982 viene conferito il Premio Pannunzio consistente in un’artistica e storica incisione di Mino Maccari, a personalità italiane della cultura, del giornalismo e dell’arte che si siano distinte per il loro spirito libero.

Hanno in passato, ricevuto il premio Pannunzio, tra gli altri, Giovanni Spadolini, Nicola Abbagnano, Piero e Alberto Angela, Enzo Bettiza , Giorgio Bocca, Paolo Conte, Giorgio Forattini, Claudio Magris, Igor Man, Paolo Mieli, Massimo Mila, Indro Montanelli, Enrico Paulucci, Marcello Pera , Mario Rigoni Stern , Sergio Romano, Alberto Ronchey, Barbara Spinelli, Giampaolo Pansa, Antonio Ricci, Stefano Zecchi, Piero Ostellino, Antonino Zichichi, Arrigo Cipriani, Allegra Agnelli, Dacia Maraini, Gianfranco Ravasi, Ernesto Ferrero. Nel 1982 il premio fu ideato da Mario Soldati, cofondatore con Arrigo Olivetti e Pier Franco Quaglieni  e presidente del Centro “Pannunzio” per oltre vent’anni. Dal 2005 è stato creato il Premio Pannunzio Alassio che rappresenta il fiore all’occhiello della nostra sezione ligure che ho personalmente contribuito ad organizzare. Rileggendo il nome dei premiati possiamo individuare personalità anche molto diverse tra loro, ma c’è un filo rosso o meglio tricolore che tiene insieme donne e uomini anche distanti tra loro nel corso del tempo. Di ognuno di questi premiati si potrebbe dire qualcosa di particolare ,ma l’elemento che li accomuna tutti è il loro livello culturale e il loro spirito di libertà. In tempi plumbei di conformismo il Centro “Pannunzio” ha tenuto alta la bandiera della libertà, del libero dissenso , senza lasciarsi stordire ,per dirla con Aron, dall’ oppio delle ideologie che hanno avvelenato la cultura novecentesca. Come sentiremo dalla lettura della motivazione, Ugo Nespolo, Premio “Pannunzio” 2022, si inserisce  perfettamente nel quadro dei suoi predecessori.

ANNA RICOTTI

Il coro Cai Uget celebra 75 anni di vita

Tre quarti di secolo significano longevità, successo, capacità di rinnovarsi ma soprattutto divertimento, senza il quale ogni attività del tempo libero perde interesse.

Significano capacità aggregative che solo la musica e il canto riescono a generare, come se fossero un collante naturale che mette insieme persone con storie e presente diversi, sovente distanti fra loro.

In settantacinque anni la compagine si è ovviamente rinnovata, il repertorio si è allungato e si è aperto alle novità. Il canto popolare e anche quello di montagna si sono evoluti: nuovi armonizzatori si sono presentati alla platea dei cori; alcuni di questi hanno convinto il nostro Coro.

Quello che è restato intatto nel tempo è lo spirito, lo stesso che ha animato Gilberto Zamara ed i suoi amici nell’ormai lontano 1947 e che oggi ci fa fare le ore piccole parlando liberamente di musica, provando accordi improbabili davanti ad una birra donata dai nostri amici tedeschi del DAV di Buchen o ad un Teroldego arrivato da Borgo Valsugana.

Forte è lo spirito di aiuto reciproco che ci contraddistingue, perché tante sono le professioni che i coristi rappresentano. Ma nel momento in cui il direttore aspira nel tonimetro – lo strumento che dà il primo accordo del brano – tutto si dimentica, tutto si cancella per concentrarsi su quei puntini neri e bianchi sul pentagramma e sulla magia delle armonie che quei puntini riescono a rappresentare su un foglio di carta.
I festeggiamenti per questo traguardo del Coro CAI Uget di Torino sono già iniziati, prima ospiti del Coro Valsella a Levico Terme a settembre, poi a Domodossola e a Cuneo, in ottobre e infine ospiti del Comune di Caprie, in una stracolma Chiesa di S. Rocco a Novaretto, a inizio novembre.

IL CORO CAI UGET

Premio Stella della Mole a Malcom McDowell

 

Nell’edizione del quarantennale del Torino Film Festival, il Premio Stella della Mole va a Malcom McDowell, grande star del cinema internazionale.

“Per noi è un grande onore poter conferire il Premio Stella della Mole a Malcom McDowell – sottolineano Enzo Ghigo e Domenico De Gaetano, rispettivamente presidente e direttore del Museo Nazionale del CinemaLa prima premiata è stata Isabella Rossellini nel 2020 durante il TFF, in piena pandemia. Dopo di lei sono stati premiati grandi artisti come  Monica Bellucci, Xavier Dolan e Dario Argento. Ora è il turno di Malcom McDowell, un grande personaggio, vera icona del cinema internazionale, che con le sue interpretazioni ha segnato non solo la storia della settima arte ma anche e soprattutto l’immaginario collettivo di diverse generazioni”.

 

“Durante questo Torino Film Festival è stato per me un grande piacere trascorrere questo periodo qui in vostra compagnia – afferma Malcom McDowell dopo aver ricevuto il Premio Stella della Mole -, grazie per l’invito e grazie per lo straordinario Torino Film Festival. Torino ha anche questo meraviglioso Museo del Cinema, ne visitati molti nel mondo ma niente è paragonabile alla bellezza di questo museo. Grazie ancora, la vostra città è davvero meravigliosa, mi dispiace lasciare Torino. Pensavo di vedere una città molto simile a Manchester, pensavo che a Torino si fabbricassero le automobili della Fiat. In realtà è una città bellissima ed elegante, la più bella d’Italia”.

 

La motivazione.

Nella sua lunga carriera, Malcolm McDowell ha interpretato 270 film e in tutti ha lasciato un segno indelebile. Esordisce nel 1968 interpretando Mick Travis in If di Lindsay Anderson e già si fa portatore di una ribellione che caratterizzerà molte delle sue interpretazioni successive. Per il grande pubblico sarà sempre identificato con Alex DeLarge nel film di Stanley Kubrick Arancia meccanica, ma la sua fama di attore versatile è legata ai film più diversi, da Il bacio della pantera di Paul Schrader a Intrigo a Hollywood di Blake Edwards, da Mortacci di Sergio Citti, a I protagonisti di Robert Altman e Halloween di Rob Zombie. Tra i molti premi di cui è stato insignito il Nastro d’argento europeo nel 2005 per Evilenko di David Grieco.

I nativi d’America, i fantasmi del tunnel e le madri di sapori dittatoriali

Spagna, Giappone e Stati Uniti in concorso al 40° TFF

 

Staticità nipponica, immobilità cinematografica del Sol Levante: un prendere o lasciare, non c’è via di mezzo, per il pubblico di casa nostra. Un cinema chiuso, a tratti indecifrabile, fatto di sovrapposizioni, di un tempo che sfugge e si mostra confuso, di personaggi immateriali, di un mondo onirico che si rivela reale e viceversa; di riprese soprattutto che s’affidano totalmente alla camera fissa, estenuanti, lunghi corridoi notturni e no per portarci a due passi da una tragedia, insistiti, privi di uno sviluppo ma chiusi nel loro scorrere, l’attore posto non sai se più per vezzo o per abitudine di spalle a mostrare la nuca per manciate e manciate di secondi, o l’inquadratura di questo o quell’oggetto mentre l’unica presenza sono certi suoni o un pianto indecifrato o un intervento anonimo, frasi a brandelli, sesso giovanile meccanico e affatto risolto. “Nagisa” (in concorso) è diretto da Takeshi Kogahara, è la storia di un ragazzo, Fuminao, e di sua sorella Nagisa che da poco tempo hanno perduto la madre. La ragazza ha un incidente alle porte di Tokio, sull’autobus su cui viaggia per andare a trovare Fuminao, universitario nella capitale. Nagisa non lo abbandonerà del tutto, dopo pochi anni rivisitando più e più volte il tunnel che è stato il luogo della tragedia, il ragazzo sarà certo di rivederne il fantasma. Materia “surreale”, trattata attraverso cenni fine a se stessi, decine di episodi minimi, brevissimi, flashes aperti e presto chiusi, dove i contenuti non hanno assolutamente il tempo e la possibilità di irrobustirsi, di amalgamarsi, di legarsi l’uno all’altro: la materia, già impalpabile, si perde anche negli ultimi attimi, nelle immagini conclusive, quando un clima di normale allegria e affettività sembrerebbe spazzar via quanto di infelicemente sospeso abbiamo visto sinora.

Di area spagnola (coprodotto con l’Argentina da Alex de la Iglesia) “La pietad” del trentenne Eduardo Casanova, ormai osannato in patria, una delle promesse del cinema europeo, autore nel 2017 di “Pelle”, passato su Netflix, chiacchierato affresco di persone che, a causa delle loro deformità fisiche, sono costrette a nascondersi e a isolarsi dal resto del mondo. Anche con “La pietà” non si scherza. Libertad, nomen omen, detta Lili, donna non ancora cinquantenne (Angela Molina) e Mateo (Manuel Llunell) sono madre e figlio, vivono insieme in un vasto ed elegante appartamento dove il color rosa predomina e l’ordine regna. Il loro affetto è forte, sconfina nella passione, senza limiti la dipendenza dell’uno nell’altra, il mondo tagliato fuori, un padre e un marito che s’è rifatto una vita con un’altra donna. Lili pensa per il figlio, parla per lui, agisce al posto suo, riempie ogni sua necessità. Qualche più o meno piccola ribellione è cancellata sul nascere: il cancro, il tentativo di un’operazione, gli ultimi istanti di un padre che ha voluto porre fine alla propria esistenza, li uniranno più di prima. L’eleganza, la malattia, la morte, la dedizione reciproca, l’amore incondizionato di una madre per chi ha generato e cresciuto, spingono il regista a spiccare un volo che nessuno spettatore s’aspetterebbe mai: sta più o meno a due passi la Corea del Nord, con il proprio dittatore Kim Jong-un, padre di un popolo osannante e prono, pronto a versare fiumi di lacrime quando sarà il tempo della sua dipartita… perché non creare un bel dualismo, un serioso (quanto eccentrico!) paragone con questa madre-dittatora amabilmente in rosa? Ossessione, dipendenza, maternità, controllo, terrore e potere in un’orgia di melodramma, in scenografie raffinate, in un profumo d’Almodovar datato e scimmiottato che ti dà alla testa. Non è l’estrema rifinitura a disturbare, è quella morbosità insistita e bisturizzata e gelida a guastare in fondo l’embrione di una intera vicenda.

Ancora bandiera spagnola per il convincente “Mantìcore”, scritto e diretto da Carlos Vermut, a cui il festival sta dedicando una sezione speciale composta di quattro lungometraggi. Ha da poco superato i quaranta ma il suo nome non è tra i più frequentati dal nostro pubblico. Deve aver preso a prestito ben più di un’idea dalla sua vecchia professione di illustratore a “El mundo” o di ri-creatore della serie nipponica “Dragon Ball” se anche al suo protagonista Julian (un intenso Nacho Sànchez), ragazzo chiuso e senza legami affettivi, affida le immagini e le costruzioni al computer abituali della medesima professione. Quei video game di successo che porta avanti con l’editore partoriscono mostri, animali stranissimi, paesaggi e vicende inimmaginabili. All’inizio del film un incendio lo mette di fronte ad un bambino e al suo salvataggio, nel corso della storia con l’apparizione della giovane Diana (Zoe Stein, il viso bellissimo, una sorta di Demi Moore in “Ghost”) inizierà a vedere una finestra aperta sulla felicità. Ma i mostri non sono soltanto delle immagini, abitano dentro di noi, costantemente, quando pensi di averli cacciati, mostri che vivono nei nostri rapporti e nei nostri sentimenti, che puoi incontrare in ogni angolo: ma “Mantìcore” è anche la lotta per liberarci di essi, è la manifestazione delle nostre richieste d’amore, del bisogno che ne abbiamo, di amare e di essere amati, la lotta contro il buio e i silenzi che stiamo attraversando. Un film sincero, intimo, capace di rendere una felice scrittura dei personaggi, ben calibrato, che trova posto nel fuori concorso e che qualche distributore italiano dovrebbe con un minimo di coraggio proporre nei mesi prossimi.

In finale di carrellata, “War Pony” che nel maggio scorso, presentato a Cannes nella selezione ufficiale di “Un certain regard”, ha vinto la Caméra d’Or, il premio per la miglior opera prima, trasversale a tutta la selezione del 75° Festival. Potrebbe aver tutta l’aria di essere uno dei premiati anche al festival torinese. È un esordio promettente, che va dentro alle vicende e ai personaggi, ai luoghi degradati, che è un esempio di conduzione d’attori, che mette in campo appieno la naturalezza di adulti e ragazzini, che non nasconde i lati oscuri e duri di quanti portano avanti un’esistenza nella riserva indiana di Pine Ridge, nel South Dakota; è la prima volta dietro la macchina da presa dell’attrice e modella Riley Keough (è anche nipote di Elvis Presley) che lo ha codiretto con Gina Gammell (anche produttrice). Una storia ottimamente trattata, che a tratti ha l’ambizione di accostarsi alla materia con sguardo documentaristico, l’affresco di una quotidianità fatta di problemi e di modalità di risoluzione non sempre legittimi, di funerea sopravvivenza, di abitazioni squallide e di disoccupazione, dell’arrancare di ogni giorno, del consumo di droga e di alcol, dell’infanzia già troppo adulta, della separazione dal resto della nazione e del rintanamento imposto, come di una componente antica e religiosamente ricordata, con le preghiere e i riti e l’immagine dell’immenso bisonte che è un po’ il dio protettore dell’intera comunità. Basterebbe pensare a Matho, di dodici anni, qualche volta frequenta la scuola, più spesso scorribanda con altri ragazzini, cresce in fretta con un padre che è tossico e spacciatore: a cui ruba la droga, per essere cacciato di casa e trovare rifugio da una nonna che tiene tra le sue quattro pareti una centrale di spaccio. O al Bill ventitreenne (le due storie sono obbligate a incrociarsi), padre di due pargoli da due donne diverse, che cerca di tirar su un po’ di soldi con l’allevamento di cuccioli. S’accontenta di lavoretti al limite del legale e se il padrone bianco accampa scuse per non dargli il promesso, ecco che violenza ancora una volta si aggiunge a violenza. E la rabbia è destinata a continuare.

 

Elio Rabbione

 

 

Nelle immagini, scene tratte da “Nagisa” del giapponese Takeshi Kogahara, da “La Pietad” con Angela Molina, dallo spagnolo “Manìcore” e dallo statunitense “War Pony” diretto dalla coppia femminile Riley Keough/Gina Gammell.

L’innocenza racchiusa in un carcere

“La lunga corsa” di Andrea Magnani, unico italiano al TFF

Andrea Magnani è un cinquantenne regista riminese, all’attivo ha un’opera prima di notevole spessore e di successo, “Easy – un viaggio facile facile”, preso in considerazione per premi e ai festival. Al 40° TFF presenta il tenue “La lunga corsa”, unico titolo italiano in concorso, che sta da tutt’altra parte rispetto alle generali asprezze, alla rabbia e alla crudeltà, ai suicidi (o ai tentativi di) e agli affetti estremi che stiamo vedendo sullo schermo in questi giorni. L’ingenuità e la spensieratezza, l’aspirazione continua ad un bene assoluto la fanno da padroni.

L’innocente protagonista è Giacinto, nome ad esprimere animi sensibili e pieni di grazia, impegnati a respingere la crudezza del mondo di cui forse neppure si rendono conto. Figlio di due detenuti, abbandonato dal padre sul sedile dell’auto il giorno della nascita, alla perenne ricerca di una madre che lo ha rifiutato, il piccolo e il ragazzo poi ha scelto da sempre come proprio rifugio il carcere e il capo delle guardie Jack come affettuosa figura di riferimento, paterna, burbera e comprensiva. Gioca e corre per quei corridoi, veloce passa attraverso le sbarre che non gli fanno paura, con un sorriso che lo accompagna di giorno in giorno, diventa un diciottenne che spegne le candeline della torta e vorrebbe affrontare le strade di fuori ma ne ha paura. Quel carcere Magnani, nel racconto di una favola che potrebbe essere ambientata nei giorni che viviamo o in un tempo diverso, lo trasfigura nell’immobilità come pure nel desiderio d’evasione che è in ognuno di noi, lo idealizza come contenitore delle scelte che molti hanno il terrore di essere obbligati a compiere. Dice che l’idea del film gli è venuta già anni fa ripensando ai tanti che nel luogo dove lui stesso è cresciuto, un grumo di terra che sentiva “molto piccolo e sempre immobile”, alle “persone che nascevano, vivevano la loro vita e morivano nello stesso posto: mai, o di rado, si avventuravano al di fuori del mondo”. Respiravano l’aria del litorale adriatico e qui Fellini docet.

Adriano Tardiolo (già visto in “Lazzaro felice” di Alice Rohrwacher) ha il viso, la voce e i movimenti giusti, anche la goffaggine per far sì che il mondo gli scivoli accanto, tra divertimento e pensieri che lasciano il segno. Forse il film pecca a tratti di una eccessiva semplicità e delle proprie radici favolistiche che poco si traducono in una  pretesa robustezza, ma il clima surreale e sospeso viene alla fine ad imporsi e a convincere sulla riuscita. Tra gli altri interpreti Barbora Bobulova e Giovanni Calcagno soprattutto, faccia teatrale non dimenticata nell’”Ifigenia/Oreste” della scorsa stagione, con la regia di Valerio Binasco, per la stagione dello Stabile torinese.

Elio Rabbione

Dalle marionette ai burattini, un progetto della Compagnia Grilli

Una realtà torinese riconosciuta dal Mic teatro di figura e immagine 

 

GIORNI DI FESTA

La stagione 2022/2023 all’Alfa Teatro

 

Sogno di una notte di mezza estate, il 1 dicembre, prima nazionale della riduzione per marionette della celebre commedia di W. Shakespeare, con la regia di Augusto Grilli

programma

 

Continua “Giorni di festa” la stagione 2022/2023 all’Alfa Teatro, a cura della Compagnia Marionette Grilli, fondata nel 1978 da Augusto Grilli, che festeggia quest’anno la 33° stagione.

Fino a marzo 2023, la sala teatrale Alfa Teatro (via Casalborgone 16/1, Torino), ospita una ricca programmazione con 21 titoli, con più di 50 repliche e spettacoli proposti da 7 Compagnie teatrali provenienti da tutta Italia.

 

In prima nazionale, dall’1 dicembre va in scena, con 10 repliche, lo spettacolo di marionette a filo “Sogno di una notte di mezza estate” la nuova produzione della Compagnia Marionette Grilli, una riduzione per marionette della celebre commedia di W. Shakespeare, con la regia di Augusto Grilli.

“Sogno di una notte di mezza estate” è uno spettacolo tra tradizione e innovazione, tra linguaggi nuovi e arcaici, consigliato per i bambini dai 6 anni. Un’opera letteraria che ripercorre le tre storie d’amore che si intrecciano in un’unica vicenda, permeate di magia in una notte d’estate dove, all’interno di un bosco, tutto assume un alone di mistero e di fantastico. Dopo il vagare dei vari personaggi nella notte, finalmente, all’alba, tutto si chiarirà e con una farsa fi nale ogni storia andrà a buon fine con la vittoria dell’Amore.

 

L’Alfa Teatro è anche per la stagione 2022/2023 un luogo di incontro e di condivisione della passione per il teatro, per le famiglie, per i più piccoli, e non solo. La Compagnia Marionette Grilli è l’unica realtà riconosciuta dal Ministero per il teatro di figura e di immagine presente sul territorio piemontese e con una proposta teatrale per bambini dai 3 ai 10 anni, riconosciuta e sovvenzionata dalla Regione Piemonte con il Progetto Teatro dei burattini e marionette.

 

Inoltre, ogni lunedì, dalle h 17.00 alle h 19.00, da ottobre a marzo, l’Alfa Teatro ospita il corso di teatro, a cura della Compagnia Marionette Grilli, per bambini dai 6 ai 12 anni. L’esperienza teatrale è uno strumento in grado di divertire e sostenere lo sviluppo intellettivo, emotivo e relazionale del bambino. Con attività di improvvisazione, giochi teatrali, espressione corporea, recitazione e lettura, il corso coinvolge fino alla primavera e si conclude con uno strage.

La prima lezione di prova è gratuita. Per informazioni sul corso di teatro: tel. 334.2617947, segreteria@alfateatro.it

 

Trame e prossimi spettacoli

 

Sogno di una notte di mezza estate

Nuova produzione 2022

Compagnia Marionette Grilli (TO)

Per bambini dai 6 anni

 

GIOVEDÌ 1/12 – h 20.30

VENERDÌ 2/12 – h 20.30

SABATO 3/12 – h 17.00 e h 20.30

DOMENICA 4/12 – h 17.00

GIOVEDÌ 8/12 – h 17.00

VENERDÌ 9/12 – h 20.30

SABATO 10/12 – h 17.00 e h 20.30

DOMENICA 11/12 – h 17.00

 

Riduzione per marionette a filo della celebre commedia di W. Shakespeare, con la regia di Augusto Grilli.

Trama. Uno spettacolo tra tradizione e innovazione, tra linguaggi nuovi e arcaici. Un’opera letteraria che ripercorre le tre storie d’amore che si intrecciano in un’unica vicenda, permeate di magia in una notte d’estate dove, all’interno di un bosco, tutto assume un alone di mistero e di fantastico. Dopo il vagare dei vari personaggi nella notte, finalmente, all’alba, tutto si chiarirà e con una farsa finale ogni storia andrà a buon fine con la vittoria dell’Amore.

 

Quando arriva il Natale?

Stilema Unoteatro (TO)

Per bambini dai 3 anni

SABATO 17/12 – h 17.00

DOMENICA 18/12 – h 17.00

 

Una storia semplice, che permetterà ai bambini di sperimentare ricordi, profumi e climi dell’evento

più atteso dell’anno. Uno spettacolo sull’attesa. Tecnica Spettacolo di narrazione

con oggetti e musica.

Trama. In mezzo alla scena c’è un albero di Natale ancora spoglio. Arriva un personaggio con uno scatolone e si lamenta che “tutti gli anni tocca a lui addobbare l’albero”, “che tutti dicono di volerlo aiutare ma quando è il momento di farlo non c’è mai nessuno”, “che lui ha un mucchio di altre cose da fare”. Apre lo scatolone per prendere palline e festoni, ma lo scatolone è vuoto. Contiene solo un mandarino. Forse dimenticato lì, forse un ricordo. Il nostro personaggio ricorda improvvisamente di quando era piccolo e dicembre profumava di mandarino. Lo sbuccia, lo assaggia e, come per magia, si ritrova, bambino, ad attendere il Natale chiedendo a tutti ‘Quando arriva Natale? Il nostro personaggio-bambino arriverà poco alla volta a pensare e a sperare che il Natale non arriva quando ci saranno tutti i festoni e tutti i regali, ma, forse, quando riuscirà a provare una piccola, autentica emozione.

 

Il Natale di Gianduja

Compagnia Marionette Grilli (TO)

Per bambini dai 3 anni

SABATO 24/12 – h 17.00

DOMENICA 25/12 – h 17.00

LUNEDÌ 26/12 – h 17.00

 

Spettacolo di burattini tradizionali piemontesi con protagonista Gianduja.

Trama. Classico spettacolo di burattini tradizionali con Gianduja protagonista di una storia molto particolare: il perfido Belzebù ha rapito Babbo Natale! Non sopporta la gioia e l’allegria di questo giorno e decide quindi di privare il Natale del suo vero significato trasformandolo in una festa consumista in cui l’egoismo e l’avidità rendono tutti più tristi e più soli. Ma grazie al saggio Gianduja, aiutato dai bambini presenti in sala, Babbo Natale verrà liberato e tutti potranno festeggiare un Natale pieno di allegria e serenità con le persone a cui vogliono bene!

 

Gianduja e i libri magici

Compagnia Marionette Grilli (TO)

Per bambini dai 3 anni

VENERDÌ 6/1

SABATO 7/1 – h 17.00

DOMENICA 8/1 – h 17.00

 

Spettacolo di tradizione per marionette a filo.

Trama. Gianduja e Pietro fanno naufragio e si salvano su un’isola dove trovano una

caverna. Da questa esce uno scheletro che chiede di essere vendicato per essere stato così

ridotto da una Maga. Come aiuto dona a Gianduja tre libri magici che potranno servirgli in momenti

difficili. La strada che Gianduja e Pietro dovranno intraprendere sarà lunga e piena di

perigli e si verificheranno incontri a sorpresa con Giacometta e Brighella passando

da ville meravigliose ad orride prigioni, ma , alla fine, grazie alle magie dei libri,

tutto si risolverà per il meglio.

 

Il Re Leone e l’elefante

Compagnia Marionette Grilli (TO)

Per bambini dai 3 anni

SABATO 14/1 – h 17.00

DOMENICA 15/1 – h 17.00

 

Una favola moderna che insegna l’importanza dell’amicizia, della gratitudine e del rispetto al di là

delle differenze. Tecnica Teatro d’attore e pupazzi

Trama. Solo al mondo, piccolo, pieno di coraggio eppure timido, un elefantino incontra il grande re degli animali, sua maestà il leone. Il re grande per autorevolezza e il piccolo pieno di umiltà e rispetto. Il re lo istruirà alla vita fino a condurlo alla soglia della maturità.

L’elefante, divenuto grande in tutti i sensi, affronterà da solo il mondo e non perderà mai la consapevolezza della propria condizione. Anzi farà trionfare bontà e fierezza soccorrendo proprio il re, ormai vecchio e decaduto.

 

Biglietteria

Prezzi:

intero € 10

formula family: 3 ingressi € 28*

formula family: 4 ingressi € 32*

carnet 6 spettacoli € 52*

 

Online su Vivaticket posto unico € 10 per tutti

Biglietti su www.marionettegrilli.it o Vivaticket

 

* Solo presso la biglietteria del teatro

 

Informazioni sugli spettacoli

Alfa Teatro – Marionette Grilli

via Casalborgone 16/1, Torino

tel. 334.2617947

prenotazioni@alfateatro.it

www.alfateatro.it

Dal Piemonte riparte la rassegna nazionale di Uto Ughi per i giovani

Concerti, incontri e prove a porte aperte stanno per prendere il via, con il Maestro Uto Ughi e tanti altri grandi interpreti, proposti ai giovani, per salvaguardare la cultura musicale e per donare alla comunità la gioia della grande musica.

Uto Ughi, tra i maggiori violinisti del nostro tempo, è protagonista per il secondo anno consecutivo della rassegna nazionale che porta il suo nome ”Uto Ughi per i giovani”  con partenza dal Piemonte, precisamente dalla città di Alba, e con tappe previste in tutta Italia.

Dopo il successo, il festival “La Santità Sconosciuta” dell’Associazione culturale Arturo Toscanini di Savigliano di Ivane Natascia Chiarlo, che per 14 edizioni ha portato ad esibirsi in Piemonte interpreti di altissimo livello artistico facendo incontrare in varie forme, musica e spiritualità, si è trasformato, mantenendo la sua identità, in un progetto dedicato ai giovani.

I Concerti e le masterclass dedicati ai giovani, saranno a ingresso libero e gratuito “….perchè l’arte è un bene prezioso e spirituale  a cui tutti devono poter accedere…”come ha sottolineato il Maestro Uto Ughi.

In un momento in cui le nuove generazioni hanno subito un grave impoverimento formativo e culturale a causa della pandemia, nel 2021 La Santità Sconosciuta d’intesa con il Maestro Uto Ughi e la Fondazione Piera, Pietro e Giovanni Ferrero, la cui presidente è Maria Franca Ferrero, ha elaborato un programma ricco di interpreti affermati, talenti virtuosi e momenti musicali eccellenti per far vivere al pubblico l’emozione della grande musica.

Sono in programma incontri con i giovani di tutte le scuole di ogni ordine e grado per trasmettere alle nuove generazioni l’amore, la sensibilità verso la musica e, in generale verso la cultura, mediante conversazioni aperte tra i ragazzi, il Maestro Ughi e gli interpreti coinvolti.

Questo tipo di divulgazione ha il merito di catturare l’attenzione dei ragazzi, trasmettendo loro messaggi positivi da applicare alla quotidianità.

Attraverso una programmazione di concerti, la musica viene spiegata in modo semplice e diretto, sollecitando un’attiva partecipazione da parte del pubblico.

La tappa 2022 del Festival che si realizza nel mese di dicembre e gennaio, parte dal Piemonte, precisamente dalla città di Alba, in provincia di Cuneo, per poi raggiungere Savigliano e altre città del Piemonte e non, come Taranto e Venezia.

Il Concerto inaugurale, che vedrà protagonista il Maestro Ughi, si svolgerà nell’Auditorium della Fondazione Ferrero di Alba  e i concerti successivi in vari luoghi della città di Alba e di Savigliano, con dibattiti con personaggi molto conosciuti del panorama culturale italiano, concerti e prove aperte.

Il Maestro Ughi, con l’Orchestra “Uto Ughi and friends”, sarà anche a Taranto i prossimi 15 e 16 dicembre, sostenuto da Eni conil patrocinio del Comune di Taranto.

Più in dettaglio giovedì 15 dicembre, alle ore 21, al Teatro Orfeodi Taranto eseguirà le Quattro stagioni di Antonio Vivaldi, la più nota delle composizioni del “Prete Rosso”. Il maestro Ughi leggerà e commenterà i sonetti originali vivaldiani che precedono l’esecuzione di ogni concerto, per restituire al testo tutta la sua poeticità, facendo apprezzare la musicalità dei versi e quella delle note del suo violino. Si potrà seguire il testo sul programma di sala per una maggiore e affascinante comprensione, come se fosse una lezione-concerto.

Questa famosissima composizione barocca vertice assoluto della creatività italiana di ogni tempo, rappresenta simbolicamente l’esaltazione della vita, di ogni suo momento di cui Vivaldi mostra la bellezza, inserendola nell’armonia del ciclo del tempo.

Con “Prove a porte aperte: dialoghi con la musica, suoni e parole”, giovedì 15 dicembre, alle ore 10.30, sempre al Teatro Orfeo di Tarantoil progetto prevede un incontro dedicato e riservato ai giovani delle scuole, di ogni ordine e grado, in forma di conversazione sulla musica. 

I giovani sono invitati alla prova generale che precede il concerto e sarà data loro la possibilità di interagire attraverso quesiti e scambi, instaurando un sincero e spontaneo dialogo con i musicisti. 

“Lo scopo – è stato spiegato – è trasmettere l’amore, la sensibilità verso la musica e la cultura nelle nuove generazioni mediante una conversazione aperta tra i ragazzi, il maestro e gli interpreti che aderiscono a questo progetto. Dall’esperienza proposta si auspica possano scaturire ed emergere, attraverso l’universale linguaggio della musica, suggestioni, approfondimenti, aspetti emozionali e valoriali sconosciuti o dimenticati. La musica spiegata, in modo semplice e diretto, ed i messaggi ad essa riconducibili compongono l’immagine della bellezza in senso lato, quale caratteristica imprescindibile che deve nutrire le giovani sensibilità”.

Infine, unitamente alla prova a porte aperte, l’Associazione Toscanini propone e organizza venerdì 16 dicembre, alle ore 16, una masterclass di alto perfezionamento musicale gratuita per i giovani studenti del Conservatorio di Taranto. Un’opportunità per i giovani talenti che possono studiare sotto la guida del maestro Uto Ughi.

“Con la proposta “Masterclass a porte aperte” – spiegano i promotori – si vuole promuovere un incontro basato sull’ascolto della musica orientato a soddisfare le curiosità del giovane uditorio tramite dialoghi e scambi di opinione tra docenti e studenti, al fine di creare un’atmosfera favorevole allo sviluppo della sensibilità e della comunicazione dell’idea musicale”.

Vito Piepoli

 

PROGRAMMA CONCERTI PRESSO  AUDITORIUMFONDAZIONE FERRERO – ALBA:

– MARTEDI 6 DICEMBRE 2022 h. 21.00

Italian Saxophone Quartet

Da Bach a Piazzolla -Quartetto fondato da Federico Mondelci sassofonista di fama mondiale

– MARTEDI 13 DICEMBRE  2022 h. 21.00

Uto Ughi e Leonardo Bartelloni

Note d’Europa: 7 Nazioni in musica

Pezzi emblematici dalla grande tradizione violinistica- Recital per Violino e Pianoforte

-VENERDI 27 GENNAIO 2023 h. 21.00

Convegno con UTO UGHI: I giovani e la musica. La parola di un Maestro

Conversazione con Uto Ughi

 

PROGRAMMA CONCERTI PRESSO  CHIESA DI SAN DOMENICO – ALBA

– VENERDI 9 DICEMBRE ORE 21.00

I NERI PER CASO

-Natale per Caso -Canti natalizi tradizionali

La formazione del collettivo a cappella più amato d’Italia

– SABATO 10 DICEMBRE ORE 21.00

UTO UGHI E L’ORCHESTRA UTO UGHI AND FRIENDS

Da Bach a Paganini- La musica spiegata da Uto Ughi-come una lezione concerto.

– DOMENICA 11 DICEMBRE ORE 21.00

Quintetto d’archi dei Berliner Philharmoniker

Classica e virtuosismo

PROGRAMMA CONCERTI PRESSO  TEATRO ORFEO – TARANTO

GIOVEDI’ !5 DICEMBRE ORE 10.30

Il programma musicale inizierà con “Prove a porte aperte: dialoghi con la musica, suoni e parole”, dedicate e riservate agli studenti delle scuole

GIOVEDI’ !5 DICEMBRE ORE 21.00  

Il maestro Uto Ughi, insieme alla sua orchestra, eseguirà e racconterà in una lezione-concerto dedicata a tutto il pubblico le “Quattro stagioni” di Antonio Vivaldi

MASTERCLASS PRESSO  CONSERVATORIO PAISIELLO – TARANTO

VENERDI’ 16 DICEMBRE ORE 16.00

Il maestro Ughi terrà una masterclass di alto perfezionamento musicale destinata agli studenti del Conservatorio Paisiello di Taranto.

CONCERTO PRESSO TEATRO MILANOLLO DI SAVIGLIANO:

GIOVEDI 26 GENNAIO 2023 ORE 21.00

Uto Ughi e i virtuosi italiani per Savigliano

La magia del suono

TUTTI I CONCERTI PER I GIOVANI SONO A INGRESSO GRATUITO SU PRENOTAZIONE

n.340 6856173- 347 8072022

Per prenotazioni dei concerti in Fondazione Ferrero -Alba- 0173 295259

Il Festival Uto Ughi per i giovani -da La Santità Sconosciuta è

organizzato da Associazione culturale Arturo Toscanini di Savigliano

e realizzata grazie al   sostegno e la collaborazione di Fondazione Ferrero.

Con il contributo di :

FONDAZIONE FERRERO-REGIONE PIEMONTE-COMUNE DI ALBA-COMUNE DI SAVIGLIANO-FONDAZIONE CRC-FONDAZIONE CRT-BANCA CRS-BANCA D’ALBA-EGEA-SISCOM-EUROTEC

“La luna che uccide verrà troppo presto. Il destino va contro la tua volontà”

MUSIC TALES LA RUBRICA MUSICALE

 

“la luna che uccide

verrà troppo presto

Il destino va contro la tua volontà”

L’immagine che racconta meglio la vita di Pete the Freitas è il videoclip di Chinatown di Julian Cope del 1989: un motociclista misterioso che arriva in città, conquista una ragazza e fugge con lei.

Pete è l’eroe maledetto del rock inglese anni 80, non ho mai amato questi anni musicalmente parlando, ma quando si parla di lui si parla di un batterista senza freni appassionato di motori che finisce la sua corsa in sella la sua Ducati in un terribile incidente, mentre corre verso uno studio di registrazione di Liverpool.

Quindi mi sembrava doveroso ricordarlo.

Prima di questo tragico epilogo, il ragazzo è stato l’anima di una delle band che hanno creato un genere musicale diventato sinonimo di un sentimento, il dark.

Loro si chiamano Echo & the Bunnymen.

Nascono sul palco dell’Eric’s club di Liverpool nel 1978 ed il nome viene scelto (dai fondatori che sono cantante e chitarrista n.d.r.) perché all’inizio suonano con una drum machine che hanno battezzato “Echo”.

Nel 1978 nella formazione entra il bassista e la band pubblica con un’etichetta indipendente il primo singolo: “The Picture on my Wall”.

Ed è soltanto nel 1980 che decidono di abbandonare la drum machine per arruolare Pete.

Il ragazzo si dimostra subito molto più di un semplice batterista diventa così la spina dorsale delle canzoni eleganti era rarefatte dell’album “Crocodiles”.

Album che esce il 18 luglio del 1980 e che porta il gruppo nella top di inglese.

Ma solo nel momento di massimo successo Pete lascia la band e si rifugia per due anni a New Orleans dove tenta di lanciare il suo nuovo gruppo “The Sex Gods”.

Come prevedibile finisce travolto dai suoi eccessi dopo aver distrutto due macchine, due moto e aver segnato alcuni record dello stile di vita sfrenato rock’n’roll (si dice che sia rimasto sveglio per 18 giorni consecutivi n.d.r.), il ragazzo torna a Liverpool senza soldi e in cerca di una seconda opportunità.

Gli Echo, che nel frattempo hanno registrato un disco omonimo con l’ex batterista degli ABC, lo riprendono nella formazione come session man a contratto, e risuonano tutto l’album che esce nel 1987 arrivando al numero quattro della classifica inglese.

Nel 1988 però la storia della band finisce perché il cantante se ne va.

Il resto dei componenti cerca di andare avanti come trio fino all’ultima corsa in moto ed ad un tragico incidente che porta via uno dei migliori batteristi della sua generazione.

Le cose devono arrivare a un punto di estremismo per poter rinascere, così che possiamo di nuovo apprezzare le piccole cose della vita: la droga, il sesso e il rock’n’roll.”

MARILYN MANSON

[droga, eccesso, rock, sesso]”

Chiara De Carlo

Ascoltate il brano che ho scelto per voi oggi e restate sintonizzati!

https://www.youtube.com/watch?v=LWz0JC7afNQ&ab_channel=Echo%26theBunnymen

scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

Ecco a voi gli eventi da non perdere!

La Sirena di Giorgia Sanlorenzo al Sagittario di Ponzano

In occasione di una visita ad Ettore Cascioli, geniale interprete della tecnica di fotopittura che si avvale di una sapiente elaborazione dei colori, del tratto cromatico e della modifica di luci e prospettive, ho ammirato, nel giardino della settecentesca dimora “Al Sagittario” di Ponzano, l’interessante installazione contemporanea di Giorgia Sanlorenzo.

“La Sirena” è una bella scultura dalla linea essenziale ed avvolgente, in ferro secondo la tradizione dell’arte povera, che porta avanti in senso innovativo un soggetto trattato da poeti, pittori, scultori, con significati polivalenti a seconda delle epoche.

Protagonista di ancestrali miti, allegoria medioevale di profane tentazioni, espressione della femme fatale che porta l’uomo alla perdizione come per Aristide Sartorio ed i simbolisti, leggiadra apparizione che introduce il turista a Copenhaghen.

Con la Sanlorenzo la sirena diventa, come tutti gli altri soggetti esclusivamente marini, l’occasione di riallacciare il presente al passato guardando, attraverso il suo progetto artistico TerrEmerse, alla promozione turistica del Monferrato, che nella memoria dei tempi era sommerso dalle onde del mare.

Cascioli ha voluto così commentare l’opera che ha recentemente acquistato.

D.​​Qual è la sua valutazione complessiva dell’opera che ha voluto installare nel suo giardino?

R.​​L’opera, nel suo complesso, mi è molto piaciuta, sia per lo stile originale dell’artista, che per la tipologia del materiale impiegato (il ferro) e per la caratteristica delle forme realizzate.

​​L’unico aspetto che mi ha lasciato non dico deluso, ma quantomeno perplesso, è l’uso dei colori. Non per i colori prescelti, condivisi fin dall’inizio con l’artista, quanto piuttosto dai problemi di colorimetria, completamente sottovalutati dall’artista.

​​Per capirci meglio esemplifichiamo il problema. Secondo la scelta iniziale dei colori, il risultato della scultura avrebbe dovuto apparire  più o meno così:

​​Quello che vede invece l’osservatore nella collocazione definitiva dell’opera è più o meno questo:

​​Qual è la causa di una così vistosa differenza? Un problema di colorimetria, cioè il fatto che l’artista non abbia tenuto conto della temperatura luce del contesto in cui l’opera veniva collocata (decisamente e costantemente in ombra).

​​La prima immagine è stata ottenuta dalla seconda semplicemente aumentando la luminosità in Photoshop, così da simulare come sarebbe apparsa l’opera se collocata in pieno sole.

​​In effetti generalmente le opere di Giorgia Sanlorenzo sono collocate ad esempio in mezzo alle vigne, quindi in pieno sole.

​​(Si veda al riguardo il progetto Terre Emerse,link: Terremerse (terremersemonferrato.it, con la mappa delle principali collocazioni delle opere dell’artista in questione).

Per la Sirena destinata Al Sagittario non si è dato alcun peso alla diversa natura della luce dominante nel luogo di collocazione, per cui al sole compare nei suoi colori corretti previsti a progetto, ma nell’ombra della sua definitiva dimora  appare quasi monocromatica.

D.​​Quale suggerimento potrebbe dare all’artista per evitare in futuro simili “incidenti di percorso”? Lei ha una certa esperienza di fotopittura, quindi ha una certa conoscenza sul trattamento dei colori.

R.​​Non suggerirei di certo un percorso “scientifico”, basato sull’uso di colorimetri e quant’altro, quanto piuttosto un semplice metodo empirico, di sicura efficacia.

​​Una volta stabiliti i colori definitivi che dovranno caratterizzare un’opera, la nostra artista si dovrebbe munire di pennelli ed accessori connessi, di campioni dei colori prescelti più una disponibilità di bianco e di nero? (non sono un esperto di pittura) per eventualmente schiarire o scurire i colori prescelti, una lastra del ferro del tipo che utilizza per realizzare le sue sculture ed un seggiolino pieghevole. Dopo di che raggiunge la location per cui sta lavorando, scegliendo un giorno di luce favorevole (pieno sole?) e lì sul posto prova i colori che ha a corredo, fino ad ottenere sulla lastra campione i colori che vorrebbe risultassero ad opera finita.

​​A questo punto, tornata in laboratorio, potrà applicare all’opera in esecuzione i colori così come li “vede” sulla lasta campione. Potranno apparire diversi da come li aveva formulati sulla lastra campione, probabilmente più scuri, ma quelli saranno i colori da applicare all’opera. Quando poi, alla fine, la collocherà nel luogo di destinazione finale, i colori torneranno ad esplodere nelle gradazioni che si era immaginata fin dall’inizio.

GIULIANA ROMANO BUSSOLA

LINK:

 

Incontro con Caravaggio in mostra ad Alba

Un viaggio per conoscere il geniale artista partendo dalla fine della tormentata vita del maestro lombardo.

La mostra ruota intorno all’esposizione del “San Giovannino Giacente” ed è ideata e organizzata da Piemonte Musei in collaborazione con l’Ordine dei Cavalieri delle Langhe e l’Associazione Insieme di Cuneo e curata da Roberta Lapucci, storica dell’arte e restauratrice fiorentina. L’iniziativa è stata realizzata grazie al sostegno dell’Associazione Be Local.

L’idea della mostra è quella di raccontare la vita di Caravaggio attraverso una delle opere meno conosciute dell’artista ma dal profondo valore simbolico. Intorno ad essa è stato creato un progetto multimediale e interattivo volto ad offrire una visita multisensoriale in cui i visitatori possano sentirsi parte dello vita e delle opere del maestro. L’esposizione prevede un tour composto da proiezioni, tavoli interattivi, video informativi e ricostruzioni tridimensionali ed olografiche.


Informazioni utili ℹ

ORARI: da martedì a venerdì dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 18.00
Sabato e Domenica e Festivi dalle 10.00 alle 18.00.
Chiuso il Lunedì
Aperture straordinarie: 8, 26 dicembre 2022 (orario festivo dalle 10.00 alle 18.00); 31 dicembre 2022 (orario festivo dalle 10.00 alle 18.00) 6 gennaio 2023 (orario festivo dalle 10.00 alle 18.00).
Chiusure programmate: 5 dicembre 2022 – 1 gennaio 2023

COSTO DEL BIGLIETTO: OPEN 12 euro, INTERO 10 euro, RIDOTTO 8 euro, SCUOLE 5 euro (Gratuito per gli insegnanti che accompagnano le classi); GRUPPI 6 euro (da 10 a 25 persone) – GRATUITA’ Bambini fino a 6 anni non compiuti e cittadini diversamente abili

TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 350 5550166

E-MAIL INFO: info@piemontemesuei.it

SITO UFFICIALE: http://www.piemontemusei.it