CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 283

Scrittori leggono scrittori, rassegna letteraria della Scuola Holden

Giovedì 15 Dicembre Mario Desiati racconta Goffredo Parise

A partire da novembre, la Scuola Holden ha inaugurato la rassegna letteraria Scrittori leggono scrittori-  pensata da Federica Manzon, direttrice di Holden Original – in cui autori e autrici contemporanee hanno raccontato uno scrittore che per loro è stato decisivo, che ha influito sulla loro vita professionale e personale.

  Il primo incontro è stato  il 10 novembre: lo scrittore e giornalista Gabriele Romagnoli ha letto Richard Ford, autore che ha più volte intervistato e da cui è legato da un profondo rapporto di amicizia.

Si è proseguito poi il 17 novembre con Giorgio Fontana, Premio Campiello 2014 con il libro Morte di un uomo felice e docente Holden: Fontana ha parlato di Franz Kafka, soffermandosi sugli aspetti meno noti e discussi della sua opera, come l’ironia.

Il 1° dicembreChiara Valerio ha presentato la poeta Patrizia Cavalli. Valerio è stata sua editor e amica e si adopera tuttora per tenerne viva l’opera, dedicandole spesso contenuti sui suoi canali social, in cui mescola l’intimità e il racconto personale alla letteratura.

Il 15 dicembreMario Desiati, Premio Strega 2022 e profondo conoscitore della letteratura italiana del secondo dopoguerra, racconterà Goffredo Parise.

Gli incontri della rassegna Scrittori leggono scrittori, invece, sono a ingresso libero fino a esaurimento posti. Chi vuole prenotarsi può scrivere a reception@scuolaholden.it.

Ettore Andenna: “Mi ritiro dalle scene. Questo mondo dello spettacolo non rispetta più il pubblico”

“Dopo gli ultimi lavori che ho fatto più che altro per dimostrare a me stesso che sono ancora capace di non fare danni, anzi, mi sono accorto di non riuscire più a riconoscermi in questa televisione e nell’attuale magico mondo dello spettacolo.

Soprattutto mi sono reso conto di non avere più interlocutori, la maggior parte degli addetti ai lavori dimostrano di non sapere neanche chi sono o se sono ancora vivo, mi mancano persone con cui parlare di progetti, evoluzione, tecnologie e tutto quello di cui si parlava tempi fa per creare emozioni. Sì, perché fare spettacolo vuol dire creare emozioni per l’unico utilizzatore finale che conta, il PUBBLICO. Trovo che non sia più così e che l’unico utilizzatore finale sia il fare più denaro possibile fregandosene di quello che dovrebbe andar bene per chi ti guarda ed ascolta. Quindi, caro mondo, dopo attenta riflessione in cui mi sono guardato ben bene dentro ed ho acclarato con me stesso di non avere rimpianti e che anzi rifarei tutto quello che ho fatto esattamente come l’ho fatto, ho deciso che è giunto il momento di RITIRARMI DALLE SCENE! Con decisione unilaterale e definitiva!” .

Così Ettore Andenna, noto conduttore televisivo, un pezzo di storia della radio e della televisione, annuncia su Facebook, esattamente 55 anni dopo l’inizio della sua carriera con la prima apparizione a Radio Monte Carlo, l’addio al mondo dello spettacolo. Tanto amore e altrettanta amarezza verso un ambiente che non ha più rispetto per i valori artistici e per i valori in assoluto. Ma anche tanta lucidità e coraggio da parte di un uomo la cui storia è stata segnata dalla radio e dalla televisione. Una storia che ha radici lontane.

Monte Carlo, fine Anni Sessanta. Mentre Ranieri e Grace Kelly regnavano sul loro piccolo Stato fiabesco, due giovani – un italiano e un francese – di grandi speranze e talento (ma con pochi, pochissimi quattrini), si aggiravano per il Principato. Avevano iniziato a collaborare come voci nuove di Radio Monte Carlo, stazione che trasmetteva in Italia scardinando il monopolio Rai. L’emittente per un certo periodo non pagò granché i due ragazzi. Tant’è che, per mettere qualcosa sotto i denti, andavano all’economica trattoria di madame Balestra. La simpatica ristoratrice aveva intuito che i giovanotti disponevano di una limitatissima quantità di franchi ma li aveva presi in simpatia per il loro genuino entusiasmo per un mestiere del tutto nuovo. E così, a poco prezzo, li rifocillava con gustose pietanze volutamente rinforzate nelle porzioni. Grazie alle loro capacità e rimpinguati dal cibo della generosa ostessa, i due iniziarono a fare strada. Il francese diventò un top manager della tv d’oltralpe. E l’italiano? Lui era ed è nientemeno che Ettore Andenna, popolare conduttore radiofonico e televisivo. Una lunga carriera, la sua. Iniziata per caso, pensate un po’, perché venne iscritto dalla mamma a un provino di dizione e conduzione. Ne uscì primo tra i concorrenti. Nel 1972 Cino Tortorella lo volle conduttore della trasmissione Scacco al re, della TV dei ragazzi del primo canale RAI, dove presentò anche Il Dirodorlando, celebre trasmissione giovanile della storia della tv. Andenna Negli anni ottanta è stato anche europarlamentare, per il Partito Socialista Democratico Italiano: sua la direttiva “Televisione senza frontiere”, che ha regolamentato l’emittenza comunitaria. Terminata la parentesi in politica è tornato a condurre Giochi senza frontiere. Ma noi lo ricordiamo soprattutto come conduttore della Bustarella, il programma che fece epoca su Antennatre Lombardia, grazie alla visione e all’inventiva dello stesso Andenna, di Cino Tortorella e di Renzo Villa, il fondatore della leggendaria emittente privata che cambiò il modo di fare televisione. E siamo arrivati ad oggi.

“Ci siamo, l’avevo promesso – scrive Andenna su Facebook – Il 12 dicembre 1967, più o meno a quest’ora, attorno alle 16,45, la mia amica Barbara Marchand mi presentava come suo nuovo collega dai microfoni di RadioMonteCarlo e ricordo quei momenti in modo molto nitido:
“Vi presento un nuovo collega, è un bel ragazzo, alto, si chiama Ettore, da dove vieni?”
“da Milano”
“Quanti anni hai?”
“21”
“Hai già fatto radio?”
“no, mai è la prima volta”
“Bene, allora annuncia il prossimo disco”
“ok, qual è?”
“Questo!”
Era “Mes rèves de satin” versione francese di “Nights in white satin” dei Moody Blues interpretato da Patricia, una cantante franco svizzera che partecipò anche ad un EuroSong festival.
Da allora sono passati esattamente 55 anni!
Con Barbara siamo ancora affettuosi amici su Fb e ci sentiamo ogni tanto per telefono”.

“D’ora in avanti farò l’uomo di campagna (si occupa di un’azienda agricola a Moncalvo, dove risiede, ndr) , il marito, il padre, il nonno a tutto campo, – prosegue Andenna – giocherò un po’ a golf, finché ci riuscirò, per mantenere lubrificate le cartilagini e vivrò, come del resto ho sempre fatto, senza soffrire perché sono fuori. Mi ci sono messo io! Ci sono tante cose che si possono apprezzare della vita anche in età avanzata e quello che ho di più importante è la famiglia che sono riuscito a creare con quella gran donna che è mia moglie Diana. Fra cinque giorni accompagnerò a nozze, tenendola sottobraccio, mia figlia Giaele ed è un altro sogno che si realizza, poi ci sarà il primo compleanno di un nipotino, poi ci sarà Natale e poi l’inizio dell’anno nuovo. Care amiche ed amici di Fb, rallenterò un poco, in futuro, la mia partecipazione social, ma non del tutto, nel mio ego un po’ di relazione con un palcoscenico, anche se affievolita, non è sparita del tutto e questa la manterrò attiva, siete in 5000, pubblico di tutto rispetto d’altronde, come sempre. Buone Feste a tutte ed a tutti!”

Una scelta difficile, sofferta, che merita rispetto. Anche se non ci vogliamo credere fino in fondo e ci piace pensare che, da vero uomo di spettacolo qual è, Andenna ci abbia solo somministrato un beffardo coup de théâtre. Caro Ettore, non è un addio ma un arrivederci.

Cristiano Bussola

A/R Andata e Racconto – Appunti di viaggio

Un concorso letterario per “racconti di viaggio”, con “Salone Internazionale del Libro” e “Gruppo FS Italiane”

Invio entro il 3 febbraio 2023

Tema: il o un viaggio. Inteso non solo come “esplorazione di luoghi, culture, popoli, città”, ma anche come “percorso di conoscenza di sé e di esperienza dell’altro”. Il viaggio reale e il viaggio sognato; il viaggio con gli occhi e il corpo, ma anche “quello con il cuore e con la mente”. Il viaggio in treno, verso altri lidi e incontri  e che dolcemente ci introduce nelle stazioni ferroviarie, dove nuovi mondi e realtà ci accolgono.

Sono tanti i modi di viaggiare e di raccontare le proprie esperienze legate al viaggio. Per stimolare la scrittura attorno a questo tema che, sin dall’antichità e dal mito di Ulisse, affascina l’essere umano prende il via la prima edizione di un “concorso letterario”, organizzato dal “Salone Internazionale del Libro” di Torino in collaborazione con il “Gruppo FS Italiane”. Dedicato alla letteratura di viaggio sostenibile, il concorso dal titolo “A/R Andata e racconto. Appunti di viaggio” è dedicato a racconti inediti di scrittori e scrittrici esordienti dai 18 anni in su che non abbiamo mai pubblicato alcun racconto o romanzo edito da una casa editrice italiana e distribuito in libreria.

Saranno ammessi racconti inediti con una lunghezza compresa tra le 15mila e le 20mila battute (spazi inclusi), che abbiano come tema centrale il “viaggio sostenibile”, nei suoi molteplici significati e sfumature.

Info: www.salonelibro.it  e www.fsnews.it

La partecipazione è gratuita e la consegna del racconto deve avvenire seguendo le indicazioni presenti nel regolamento entro e non oltre le ore 12 del 3 febbraio 2023.

Una prima commissione tecnica, nominata dal “Salone Internazionale del Libro” di Torino, selezionerà una rosa di 25 racconti finalisti che passeranno alla giuria finale, la quale, composta da 8 tra scrittori e scrittrici (che nei loro romanzi e saggi hanno saputo raccontare tutte le sfumature del viaggio, da quello reale e sperimentato in prima persona a quello immaginato) e da un rappresentante del “Gruppo FS”, selezionerà i 3 racconti finalisti. Questi i nomi degli otto giurati: Enrico Brizzi, Fabio Genovesi, Antonella Lattanzi, Andrea Marcolongo, Matteo Nucci, Antonio Pascale, Lorenza Pieri e Veronica Raimo.

La proclamazione dei tre racconti vincitori si terrà durante il “Salone Internazionale del Libro”, che si svolgerà a Torino dal 18 al 22 maggio 2023. Le tre opere vincitrici verranno pubblicate, insieme ai racconti degli scrittori e scrittrici che fanno parte della Giuria finale, in un’antologia edita da una casa editrice italiana. Tutti i 25 finalisti riceveranno una “carta regalo Trenitalia”.

“L’iniziativa – dicono i responsabili – vede il ‘Gruppo FS’ impegnato con un prestigioso partner culturale, quale ‘Il Salone Internazionale del Libro’, per promuovere e sostenere, anche attraverso la filiera del libro, la cultura della sostenibilità in un’ottica di inclusività e di accessibilità. È una vocazione naturale per un’azienda come il ‘Gruppo FS Italiane’, radicato da oltre un secolo nel tessuto civile, economico e sociale italiano e protagonista dello sviluppo del Paese”.

Il concorso, in linea con lo spirito del ‘Salone del Libro’, “mira inoltre a fare emergere la creatività che ogni viaggiatrice e viaggiatore porta con sé nel corso delle proprie personali esperienze di viaggio, reali o immaginate, stimolando giovani e adulti a esprimerla attraverso la scrittura”.

Info: www.salonelibro.it  e www.fsnews.it

g.m.

Nelle foto:

–       Andrea Marcolongo, Ph. copy Jeosm

–        Antonella Lattanzi, Ph. Cristiano Gerbino

–       Antonio Pascale, Ph. Andrea Lardani

“Emozioni” per ricordare il giovane Marco Di Rella

 MERCOLEDI’ 14 DICEMBRE ALLE 21, SPETTACOLO SOLIDALE AL TEATRO SUPERGA DI NICHELINO

ADRIANA CAVA DANCE COMPANY E ADRIANA CAVA JAZZ BALLET UNITI IN SCENA PER SOSTENERE IL REPARTO CURE PALLIATIVE DELLE MOLINETTE

Marco Di Rella era un giovane nichelinese con tanti progetti nel cuore e un sorriso pieno di vita: nell’agosto scorso è purtroppo scomparso a soli 26 anni a causa di un male incurabile, una tragedia che ha sconvolto la sua famiglia, i suoi tanti amici e l’intera comunità nichelinese.

Per ricordarlo e sostenere chi si occupa delle persone che soffrono si è pensato di mettere in scena lo spettacolo “Emozioni”, una performance di danza dai ritmi suggestivi e coinvolgenti, in cui si alterneranno sul palcoscenico i giovani allievi della scuola Adriana Cava Jazz Ballet e i ballerini della compagnia Adriana Cava Dance Company.

Il ricavato dello spettacolo, in scena mercoledì 14 dicembre alle 21 presso il Teatro Superga di Nichelino, sarà devoluto per sostenere le attività del reparto Cure Palliative dell’ospedale Molinette di Torino, un posto dove le persone sono curate come in una famiglia e accompagnate con dignità e rispetto nell’affrontare la malattia.

Una giovane vita spezzata dal destino, che ha lasciato tutti coloro che lo conoscevano senza fiato per una notizia che non avrebbero mai voluto sentire. Tifosissimo dell’Inter, Marco lavorava in un supermercato nichelinese. Aveva lottato a lungo per uscire dalla malattia e in un primo momento sembrava esserci riuscito: pochi mesi fa, invece, la notizia del riformarsi di quel male che ha poi spento la sua giovane vita ma non il suo sorriso e l’affetto dei cittadini di Nichelino.

«Sono davvero lieta di portare questo spettacolo a Nichelino e di onorare così la memoria del giovane Marco Di Rella – spiega Adriana Cava -. Questa serata nasce con lo scopo primario di far sognare e riflettere al contempo chi ci verrà a vedere, e con la mission di dare una mano concreta a sostenere economicamente il reparto di Cure Palliative dell’ospedale Molinette di Torino».

Adriana Cava, danzatrice, insegnante e coreografa, ha saputo creare un suo stile caratterizzato da un elevato livello tecnico e da una grande espressività: ogni anno organizza numerosi spettacoli e rassegne che porta in tourneè in Italia e all’estero.

Per info ulteriori sullo spettacolo si può scrivere una mail all’indirizzo di posta elettronica info@adrianacava.it.

 

Alberto Angela ci racconta Nerone, con humour e tanta passione

“Aspettando il Salone”, nell’ampio spazio della Nuvola Lavazza

Non poteva che dedicarla a suo padre questa tappa finale del lungo viaggio che lo ha portato a indagare sull’incendio che divampò quel sabato 18 luglio del 64 dopo Cristo e che per molti versi cambiò il destino dell’antichità e del mondo: “A mio padre, amico che manca, che mi ha trasmesso l’entusiasmo di viaggiare tra le stelle della conoscenza con la semplicità delle parole e la profondità del pensiero.” Ha assorbito ogni cosa Alberto Angela da sua padre, come un Ulisse dantesco desideroso in ogni istante di conoscere e di andare oltre le barriere, ha assorbito certo tutto l’entusiasmo, e lo tocchi con mano non appena entra da vera star, circondato dalle guardie del corpo che ne proteggono i movimenti e i tempi, e inizia a chiacchierare nella vastissima sala della Nuvola Lavazza per la presentazione di “Nerone. La rinascita di Roma e il tramonto di un imperatore”, uscito da pochi giorni per HarperCollins con Rai Libri e già un successo editoriale, primo ospite di “Aspettando il Salone”, il percorso d’avvicinamento all’appuntamento torinese di primavera, in programma dal 18 al 23 maggio prossimi, che durante il corso dell’anno porterà scrittori e scrittrici a confrontarsi con il pubblico di lettori, pare, sempre più numeroso. La sobrietà nell’esporre, le parole mai nascoste e lontane da quelle troppo spesso usate da certi tromboni tivù, morbide e spinte talvolta verso la risata d’alleggerimento da una materia che troppo impegnata, la cultura che spazia per molte direzioni, l’amore verso un mestiere – paleontologo, naturalista, divulgatore scientifico e scrittore -, tutto lo ha portato a esplorare, a indagare come un detective del nuovo millennio sulle cause di un’occasione e su una figura della storia che troppe voci hanno per secoli sepolto sotto la coltre della più dura negatività.

“Voi siete entrati qui con un’idea di Nerone, vi prometto che uscirete con una totalmente diversa.” Una trilogia avventurosa, ricca di piccoli passi che ci hanno fatto scoprire la vita di Roma del tempo e del suo milione di abitanti, le ore che precedono l’incendio, la guida dei due vigiles Saturninus e Vindex con il militare Primus – tra ricostruzioni e approfondimenti, i primi due sicuramente esistiti, lo sappiamo dalle steli mortuarie che l’uno dedicò all’altro, vivi e vegeti a camminare per le strade in quelle ore a svolgere il proprio incarico, come reali sono il sarto o la pescivendola o le matrone in fuga, che hanno cercato gli ultimi attimi per raccogliere tra le mani o in una borsa qualche gioiello (ma fino a quando?), in cui Angela ci fa imbattere nella sua narrazione -, l’aiuto di Tacito e Dione Cassio e Svetonio nelle testimonianze, gli scavi che riportano alla luce gli strati proprio di quei giorni con le strade che vetrificano a causa dell’elevatissima temperatura che si è creata (i calcoli fatti parlano di 1200 gradi, a Hiroshima si arrivò a seicento), l’incidente di una lucerna lasciata accesa da una serva improvvida, in un magazzino alla base del Circo Massimo, il vento di libeccio che alimenta le fiamme, le varie zone della città implicate (“delle 14 circoscrizioni tre andarono completamente distrutte, quattro uscirono non poco disastrate e sette intatte”), le domus e le insulae (i caseggiati di oggi, ne furono distrutti circa 4 mila) che bruciano e crollano, molte aiutate dai pessimi materiali che la speculazione di troppi costruttori aveva usato. E poi i mezzi di difesa, l’antica via Lata odierna via del Corso usata con le strade adiacenti a far da sbarramento al fuoco, pronti a distruggere palazzi intatti quando occorrerà; e ancora gli sfollati, circa 200 mila, accampati a nord di Roma dove le fiamme non erano arrivate, i mezzi di soccorso, le fughe, i corpi piagati, i feriti e i morti ai lati delle strade e sotto le macerie.

“Non avrei mai immaginato di scrivere una trilogia con la figura di Nerone al centro”, ma l’imperatore è l’inevitabile punto d’arrivo, il protagonista incontrastato di questo terzo volume. Lui, ultimo rampollo della stirpe giulio-claudia: principe e imperatore, poeta e attore, musicista, cantante e danzatore; saggio negoziatore, benefattore del popolo di Roma, invasore, spietato massacratore di senatori, persone comuni, ribelli e cristiani; accanito tifoso da stadio, amante della velocità, appassionato di qualsiasi novità tecnologica, promotore di esplorazioni geografiche, inventore di drink, ribelle nel vestire e nell’acconciarsi i capelli; matricida, uxoricida, marito di tre donne e di due uomini; razziatore di opere d’arte e patrimoni altrui, grande edificatore e urbanista. Questo il quadretto nelle pagine del libro di un ragazzo salito al trono a 17 anni e costretto a porgere il coltello e il collo alla fida serva e amante devota Atte quando non aveva ancora trent’anni. “I primi cinque anni del suo impero furono il migliore periodo di Roma”, ci informa Tacito che non lo trattò mai con cuor leggero, priva di guerre e prosperosa, non certo retta con il proprio vasto impero da un guerrafondaio. La madre Agrippina che “lo marca stretto” (quando risulterà “ingombrante”, sappiamo però che non ci pensò due volte a spedirla a miglior vita), i consigli di Petronio e gli ammaestramenti di Seneca, la modernità della visione politica, la moglie Poppea che muore con tutta probabilità di aborto – non per un calcio che lui le rifilò in pancia: e qui cominciamo a sfatare gran parte del diabolico che Nerone s’è portato sul gobbone in saecula saeculorum -, la scuola per gladiatori (e Angela ti va pure a scoprire e descrivere lo schiniere che porta impresso il nome “Nero”) e la costruzione della sfavillante Domus Aurea aperta tra giardini e fontane e viali al pubblico, le dispense di grano da elargire, i Ludi juvenales (ovvero una sorta di giochi della gioventù, nati nel 59 d.C., durante i quali deliziare tutti gli accorsi con corse di cavalli, gare ginniche e musicali e altro ancora) e le tournée in Italia e in Grecia a far conoscere ogni propria dote e a vincere tutti i giochi, come la corsa su un carro tirato da dieci cavalli, in cui cade ma riesce a superare la prova, l’inizio ad operare sul taglio dell’istmo di Corinto. A dirla tutta, buone doti sì, ma non eccelse, se oltre a mangiar porri e mettere lastre sul petto per irrobustire i muscoli, manteneva una voce “abbastanza buona, ben educata, seppur roca” e se fece fare la fine della madre Agrippina al suo liberto egizio Paride che nella danza non gli aveva fatto raggiungere dei risultati soddisfacenti.

Con quei capelli rossicci, che richiedevano quotidianamente le cure di creme e di pinze roventi, il corpo in leggera abbondanza, una sorta di Ed Sheeran lo definisce Angela – o provate a ripensare al gran faccione di Peter Ustinov che in “Quo vadis” osserva felicità e miserie attraverso l’enorme smeraldo che porta al dito -, uno di quegli amici con cui trascorrere una felice serata in compagnia, in una trattoria a farti una birra e a parlare di ragazze tra una barzelletta e l’altra. Ma l’autore lo definisce anche “Joker”, un essere umano in chiaro scuro, “gioviale e feroce”, un sorriso e un ghigno malefico, come lo ha immaginato Milo Manara nelle pagine del libro. E allora si torna al cattivone? Si torna a quello che in un tramonto dorato sui colli se ne sta con la cetra in mano a cantare un proprio poema, dedicato alla “Caduta di Troia”, e a mirare alla città che lui stesso ha dato alle fiamme, come corre la voce messa in giro dai senatori conservatori che di lui non ne possono più? Che manda ad bestias nel circo e a illuminare le strade che portano a Roma centinaia e centinaia di cristiani, spudoratamente accusati e nel giro di tre mesi mandati a morte? Certo i rumors non stanno in piedi se si immagina Nerone a distruggere più della metà del suo patrimonio, in ville e palazzi e altro, certo la tradizione enfatizzò e accrebbe il numero dei martiri, tra una comunità che contava all’incirca 300 anime, in una Roma dove i cristiani vivevano appartati (Pietro arrivò a visitare i seguaci non a fondare una comunità) ed erano malvisti dagli ebrei che con essi avevano rapporti che Angela definisce “brutti”. Il capro espiatorio ci fu e la ferocia dell’epoca lo trovò nei cristiani. Certo non vanno cancellati gli aspetti che nella Storia hanno bollato la figura di Nerone, principe delle fake news, ma è altrettanto vero che non gli si può appioppare il titolo di Anticristo e legare a lui il perverso 666 (“il calcolo si basa sulle lettere dell’alfabeto ebraico secondo una tecnica che si chiama gematria: in pratica, a ogni lettera corrisponde un numero, a seconda della sua posizione nell’alfabeto. Sommando i numeri corrispondenti alle lettere che compongono il nome di Nerone, si ottiene 666”, ci insegna l’autore, congedando il suo protagonista.

Senza quella tragedia, senza quella figura in chiaroscuro, la Storia avrebbe preso un’altra strada (la necessarietà del Male?), non avremmo avuto la tomba di Pietro e l’edicola, gli scavi e un frammento del muro rosso con il graffito in cui si riesce a leggere “Petros eni” ovvero “Pietro è qui”, non sarebbe nata la basilica, non avremmo ammirato la Sistina e il Giudizio Universale e gli autori del Quattrocento, la tela di Caravaggio a Santa Maria del Popolo, avremmo avuto una Roma diversa. Il “Nerone” di Alberto Angela è un’opera che avvince nel racconto e avvincerà nella lettura, 550 pagine di notizie a rivedere la Storia, a immergerci in un’epoca, a sorbirne ogni aspetto. Un’opera massiccia, completa. Se, mentre termina di firmarvi la copia, chiedete all’autore su quale personaggio andrà a cadere la propria indagine, alzando lo sguardo e posando un attimo il pennarello nero, vi dice, quasi con uno sguardo tra l’esausto e quello che esige compassione: “Adesso credo sia il tempo che io mi riposi”. Ma chi ci crede? Preparatevi a incontrarlo la sera di Natale con “Stanotte… a Milano”, naturalmente targato Rai 1.

Elio Rabbione

La foto di Alberto Angela è di Barbara Ledda; la copertina del libro edito da HarperCollins con Rai Libri “Nerone. La rinascita di Roma e il tramonto di un imperatore”; alcuni momenti della presentazione alla Nuvola Lavazza.

Una serata per avvicinarsi a Tiziano, Tintoretto e Veronese

A Saluzzo e a Torino, due incontri con Giovanni Carlo Federico Villa, curatore della mostra a Cuneo sui tre “giganti” della scuola veneta rinascimentale

Mercoledì 14 e martedì 20 dicembre, ore 18,30

Saluzzo (Cuneo)

Un viaggio illuminante fra i capolavori del “principe dei pittori”, Tiziano Vecellio (Pieve di Cadore, 1488/1490 – Venezia, 1576), del “più terribile cervello che abbia mai avuto la pittura”, Tintoretto – Jacopo Robusti ( Venezia, 1518 – 1594), e del “tesorier dell’arte e dei colori”, Paolo Veronese (Verona, 1528 – Venezia, 1588). Tale si preannuncia e certamente sarà l’incontro con Giovanni Carlo Federico Villa, direttore del torinese “Palazzo Madama”, che mercoledì 14 dicembre, alle ore 18,30, presso la “Sala Tematica” della “Fondazione Bertoni” (piazza Montebello, 1) a Saluzzo, terrà una conferenza dal titolo “Tiziano, Tintoretto e Veronese rivali a Venezia”. L’incontro, a ingresso gratuito, sarà replicato martedì 20 dicembre, sempre alle ore 18,30, a Torino, presso la “Sala Turinetti” di “Gallerie d’Italia” (piazza San Carlo, 156). Entrambi gli appuntamenti, su prenotazione tramite il sito della “Fondazione CRC” (www.fondazionecrc.it), fanno parte delle iniziative collaterali al progetto espositivo promosso da “Fondazione CRC” e “Intesa Sanpaolo”, dal titolo I colori della fede a Venezia. Tiziano, Tintoretto e Veronese, inaugurato recentemente presso il “Complesso Monumentale di San Francesco” aCuneo (via Santa Maria, 10).

La mostra, ad accesso gratuito, è aperta al pubblico dal martedì al venerdì dalle 15,30 alle 19,30 e il sabato e la domenica dalle 10 alle 19,30, fino a domenica 5 marzo 2023. Moltissime le iniziative collaterali per adulti e bambini: per informazioni e prenotazioni www.fondazionecrc.it


Racconta Giovanni Carlo Federico Villa: “Raccogliendo l’eredità tutta italiana di Giovanni Bellini, Tiziano, Tintoretto e Veronese hanno la capacità di definire una ‘signoria del colore’ che sarà il paradigma stesso della pittura moderna. E quello che si proporrà è il suggestivo racconto per immagini di capolavori capaci di contribuire a generare il mito della Serenissima Repubblica, quella Venezia che anche sull’arte fonda il proprio formidabile immaginario di Dominante”.

L’incontro sarà di nuovo replicato a gennaio del 2023, a Cuneo, Alba e Mondovì.

I possessori del biglietto di ingresso alla mostra “I colori della fede a Venezia. Tiziano, Tintoretto e Veronese” avranno diritto ad accedere con tariffa riffa ridotta alle “Gallerie d’Italia” di Milano, Napoli, Torino e Vicenza, fino al 30 giugno 2023.

g.m.

 

Nelle foto:

–       Giovanni Carlo Federico Villa

–       Tiziano: “L’Annunciazione”, 1563-1565, dalla Chiesa di San Salvador

–       Tintoretto: “L’ultima Cena”, 1561-1566, dalla Chiesa dei Santi Gervasio e Protasio, detta San Trovaso

L’angolo della poesia: Salvatore Quasimodo


Di Gian Giacomo Della Porta / Salvatore Quasimodo, premio Nobel per la Letteratura nel 1959, e considerato uno dei più grandi poeti italiani del Ventesimo secolo, nacque a Modica nel 1901 e morì a Napoli nel 1968.

Oltre che per l’opera poetica, Salvatore Quasimodo è riconosciuto come uno tra i più importanti traduttori dei lirici greci e di opere teatrali di Moliere e di Shakespeare.

La fase creativa più importante della sua opera poetica si esprime all’inizio degli anni Trenta con le raccolte “Acque e terre”, “Oboe sommerso” e “Ed è  subito sera”, nelle quali sono evocati i ricordi di una Sicilia che nel suo cuore avverte sempre più lontana a causa del periodo post industriale.

Tratta dalla sua prima opera vi è una delle sue poesie più celebri intitolata “Vento a Tindari”, nella quale trasmette tutta la propria angoscia esistenziale per la sua terra natale, la Sicilia, che diventa il simbolo di una spensieratezza perduta insieme ai sogni dell’infanzia.

La Sicilia rimane un tema centrale nell’opera di Quasimodo, caratteristica che si riscontra in molti importanti autori nativi di questa terra. Anche nella seconda importante opera intitolata “Oboe sommerso”, in cui raggiunge la piena maturità  della sua voce poetica, riscontriamo una Sicilia identificata come terra depositaria della cultura greca. Da lì a poco sarebbe uscita la sua celebre traduzione dei lirici greci.

In quest’opera l’inquietudine del poeta si trasforma paradossalmente in una pace interiore affidata al rapporto tra il poeta stesso e la divinità.

Quasimodo, autore di uno dei testi più conosciuti in poesia dal titolo “Ed è  subito sera”, concentra in questa lirica i temi a lui più cari a livello esistenziale, quali la solitudine come conseguenza dell’incomunicabilità e il senso della precarietà della vita.

Considerato un poeta appartenente alla corrente ermetica, possiamo affermare che, attraverso l’utilizzo di stili e temi differenti Quasimodo non sia del tutto inquadrabile nel contesto dell’ermetismo, nel quale rientra a pieno titolo soltanto in una delle sue fasi poetiche.

 

VENTO A TINDARI

Tindari, mite ti so

fra larghi colli pensile sulle acque

delle isole dolci del dio,

oggi m’assali

e ti chini in cuore.

 

Salgo vertici aerei precipizi,

assorto al vento dei pini,

e la brigata che lieve m’accompagna

s’allontana nell’aria,

onda di suoni e amore,

e tu mi prendi

da cui male mi trassi

e paure d’ombre e di silenzi,

rifugi di dolcezze un tempo assidue

e morte d’anima

 

A te ignota è la terra

ove ogni giorno affondo

e segrete sillabe nutro:

altra luce ti sfoglia sopra i vetri

nella veste notturna,

e gioia non mia riposa

sul tuo grembo.

 

Aspro è l’esilio,

e la ricerca che chiudevo in te

d’armonia oggi si muta

in ansia precoce di morire;

e ogni amore è schermo alla tristezza,

tacito passo al buio

dove mi hai posto

amaro pane a rompere.

 

Tindari serena torna;

soave amico mi desta

che mi sporga nel cielo da una rupe

e io fingo timore a chi non sa

che vento profondo m’ha cercato.

 

 

ED È SUBITO SERA

 

Ognuno sta solo sul cuor della terra

trafitto da un raggio di sole:

ed è subito sera.

 

 

 

 

 

 

 

 

Sting sceglie Sonic Park Stupinigi

MERCOLEDÌ 12 LUGLIO 2023
Biglietti in vendita da giovedì 15 dicembre alle 10

STING

My Songs 2023

IL GRANDE RITORNO DI STING IN ITALIA

STING torna in Italia con tre nuovi appuntamenti nel 2023 e sceglie Sonic Park Stupinigi per portare sul palco moltissime canzoni del suo indimenticabile repertorio.

Dopo gli annunci di Simply Red e Placebo, uno dei nomi più importanti della scena musicale mondiale arricchisce la line up del festival organizzato da Reverse nel Parco della Palazzina di Caccia di Stupinigi. La rassegna torinese si conferma così come una delle migliori venue italiane per la musica dal vivo grazie a una location straordinaria e a un’organizzazione di profilo internazionale: un’occasione perfetta per aggiungere all’emozione della musica dal vivo tutta la suggestione e l’incanto di Stupinigi, residenza reale e patrimonio Unesco dell’Umanità.

“My Songs” è uno spettacolo dinamico e divertente che si concentra sulle canzoni più amate scritte dall’artista durante la sua prolifica carriera come solista e frontman dei Police, costellata di successi e premi tra cui 17 Grammy Awards. Dopo il sold out delle sei serate al London Palladium, “My Songs” è stato definito “una masterclass” dal Times; “Sting rimane un interprete innegabilmente abile con un catalogo d’oro”. Un viaggio musicale che comprende successi come “Fields of Gold”, “Shape of my Heart”, “Roxanne” e “Demolition Man”, il concerto è stato descritto come “una rara delizia” dal The Telegraph e Sting è stato elogiato come “quasi impareggiabile” dal The Guardian con una “sublime alchimia pop”. I fan potranno ascoltare anche “Englishman In New York”, “Every Breath You Take”, “Message In A Bottle” e molte altre.
Durante il tour, Sting suonerà come sempre accompagnato dalla sua band.

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Federico Rampini “America. Viaggio alla riscoperta di un paese” -Solferino- euro 18,00

Rampini non ha bisogno di presentazione, giornalista e scrittore, è stato inviato di “Repubblica” a Parigi, Bruxelles, San Francisco e Pechino; ma soprattutto è un profondo conoscitore dell’America nella quale vive da quasi 25 anni, avendone ottenuta anche la cittadinanza.
In queste pagine sfata alcuni luoghi comuni sul paese che conosce così bene e nel quale si è trasferito con la famiglia; lo fa con illuminanti aneddoti personali miscelati a ricostruzioni saggistiche perfettamente documentate sulle tante Americhe.

Chiarisce subito che l’America è composta da tante realtà diverse tra loro: geografiche, climatiche, paesaggistiche, architettoniche, etniche, sociali e culturali. Un paese complesso in cui l’estensione continentale fa sì che annoveri differenze simili a quelle che in Europa oppongono realtà come l’Islanda a nord e la Grecia a sud.
Sostanzialmente il paese può dirsi diviso tra due Americhe che si guardano in cagnesco e vivono realtà parallele; quando si va a votare una volta vince una e un’altra l’altra.
Quella conservatrice e quella progressista, quella dei ricchi e quella dei poveri, di chi ha l’assicurazione sanitaria e di chi invece non può permettersela. Diversità anche linguistiche, tra chi parla slang e chi arriva da Sud America, India, Indocina, India,ecc. ; dunque un paese plasmato fortemente dall’immigrazione che ha creato quartieri-specchio dei paesi di origine (per esempio Chinatown a New York e San Francisco).

Una spaccatura geografica che è divisione etnica, politica, di valori e religione. L’America delle metropoli costiere ha molti più immigrati ed è segnata da queste diversità, è più progressista, vota democratico, va meno in chiesa ed ha meno armi.
L’America più profonda, quella che sta in centro, è all’opposto.
Eccezione è la Florida, capace di attrarre stranieri e fasce della popolazione – come i pensionati – che lì trovano esenzioni fiscali e agevolazioni che consentono una vita facilitata.

Tra i temi del libro, l’annoso problema delle armi che possono essere acquistate anche da persone squilibrate e tendenti a compiere stragi di innocenti (in scuole, supermercati e strade), ma non dovunque. In città come San Francisco e New York le leggi in materia sono severe come quelle europee. Le statistiche dicono che sul territorio degli Stati Uniti ci sono 400 milioni di armi da fuoco, ovvero più di una per ogni abitante, bambini compresi; ma è altrettanto vero che molti sono disarmati, mentre altri possiedono un arsenale domestico.
Rampini spiega anche cosa vuol dire studiare ed essere giovane in America, i costi dell’istruzione e le opportunità che si aprono ai più volenterosi e talentuosi. Interessante anche l’analisi che fa del sistema sanitario e di quello fiscale, e pure in questi casi ci svela che la realtà è molto più variegata e complessa di quel che normalmente si pensa.

Julia Navarro “Naufraghi del destino” -tre- 60- euro 19,80

La scrittrice spagnola compone un affresco storico in cui centrali sono gli effetti della Guerra civile spagnola e fa muovere i suoi personaggi su più sfondi: Madrid, Alessandria d’Egitto, New York, Santiago del Cile e Parigi. Protagonisti sono 4 giovani dalla vita ingarbugliata: Fernando Garzo, Cataline Vilamar, il pittore Eulogio Jeménez e l’americano con velleità poetiche Marvin Brian.

Fernando è il figlio di un famoso editore arrestato dal regime, e dopo aver tentato inutilmente di farlo liberare, quando apprende che è stato condannato a morte e fucilato, medita la vendetta, ma si trova costretto alla fuga.
Eulogio è un giovane pittore figlio di repubblicani, ferito nel corso della guerra è tornato a casa insieme all’americano Brian, al quale ha salvato la vita; e culla il sogno di andare a vivere e dipingere a Parigi.
Catalina appartiene a un’importante famiglia di grandi proprietari terrieri di fede monarchica che hanno perso tutto; indebitati fino al collo si vedono costretti a promettere la figlia in sposa al figlio dello spregevole usuraio che li tiene sotto scacco.

I tre sono cresciuti insieme e Fernando è innamorato – non corrisposto- di Catalina che lo vede solo come amico.
Le cose si complicano ulteriormente quando la ragazza s’invaghisce dell’americano Brian, che è planato a Madrid sulle orme di Cervantes, ha combattuto per i repubblicano ed ha un debito di riconoscenza verso Eulogio che l’ha tratto in salvo.
Proprio come dei naufraghi alla deriva i 4 protagonisti devono lasciare la Spagna per cercare un futuro migliore altrove ed inseguire i loro sogni. Ma intanto scoppia la seconda guerra mondiale e le loro vite vengono dirottate attraverso mille prove, pur sempre tenacemente attaccati al sogno della libertà e del riscatto.

Agatha Christie “Il giro del mondo” -Mondadori- euro 23,00

Esattamente un secolo fa l’allora 32enne giallista Agatha Christie fu la prima donna occidentale a fare surf in piedi alle Hawaii e a raccogliere esperienze uniche ed esotiche durante il suo Grand Tour in giro per il mondo.
Tutto racchiuso in questo libro che ha la prefazione scritta dal nipote Mathew Prichard, e accompagnato dai ricordi dell’ autobiografia della scrittrice. Risultato: un affascinante album di lettere e fotografie con cui la grande scrittrice inglese ha raccontato il lungo ed emozionante viaggio fatto con il marito nel 1922.
Attraverso le missive destinate alla madre e alla figlia ha praticamente redatto una sorta di diario di bordo e viaggio di quella che ha annoverato come una delle esperienze più straordinarie della sua vita.

Il 20 gennaio del 1922 ebbe inizio il viaggio nell’Impero Britannico, in cui la famosa giallista accompagnò il consorte Archibald nel British Empire Exhibition Tour, ovvero il viaggio ufficiale dal Sud Africa all’Australia, di lì alla volta della Nuova Zelanda, poi Hawaii e Canada. Tutto per promuovere la mostra dell’Impero che si doveva tenere tra 1924- 25 a Wembley.

La Christie scattò centinaia di foto con la sua fotocamera portatile, raccolse cartoline, ritagli di giornale e cimeli vari.
Un giro durato un anno e scandito da navigazioni a tratti perigliose e con il mal di mare che inchiodò la Christie per giorni tra cuccetta e malesseri. La scoperta del Sud Africa, tra le imponenti Cascate Vittoria, Città del Capo, scoperta del fiume Zambesi a bordo di una lancia. Sempre accolti con tutti gli onori dai personaggi che li ospitarono. Ma anche un viaggio oscillante tra glamour e miserie locali, che contribuì a instillare nella giovane scrittrice la passione per l’avventura

Seconda tappa la lontanissima Australia dove la coppia andò alla scoperta del Queensland, con escursioni nella rigogliosa e sorprendente giungla tropicale e le sue felci gigantesche. Poi Melbourne, Sydney e i loro dintorni con l’allevamento e le piantagioni di ananas

Da lì alla volta della Tasmania, con flora e fauna sorprendenti, e incontri bizzarri come quello con un ricco
“Disidratatore” che faceva soldi seguendo la moda del momento: disidratare frutta e verdure che la Christie fu tenuta ad assaggiare e trovò totalmente senza sapore.
In Nuova Zelanda -che la scrittrice descrisse come il paese più bello che avesse mai visitato- soggiorneranno a Wellington, (che trovò meno deludente di Auckland) e verranno guidati in escursioni per scoprire la rigogliosa natura dei dintorni e paesaggi “straordinari”.

Altre tappe le Fiji e poi Honolulu,dove lei e Archie si cimentarono nel surf, alle prese con enormi tavole rudimentali. Infine di nuovo in viaggio verso il Canada per ammirare le Niagara Falls, le Montagne Rocciose e il lago Louise che ammaliò letteralmente la Christie.
Infine una tappa a New York e poi il viaggio di ritorno a bordo della prima classe (lussuosissima come testimoniano le foto) della sontuosa SS Majestic.

 

Nina De Gramont “Il caso Agatha Christie” -Neri Pozza- euro 18,00

Nina De Gramont, scrittrice americana e docente di scrittura creativa nel North Carolina, è tornata sul mistero irrisolto degli 11 giorni in cui la famosa giallista Agatha Chritie sparì nel nulla, e lo fa in questo romanzo di grande suspense psicologica, in cui miscela realtà e fantasia, e ci tiene incollati fino all’ultima pagina.

Il 3 dicembre 1926 la Christie sale sulla sua Morris Cowley (acquistata con i guadagni dei primi 6 romanzi), lascia la casa nella periferia londinese, affida alla cameriera la figlia Rosalind di 7 anni e il terrier Peter. Indossa pelliccia e cappello e ha con sé una valigia.
La madre a cui era molto legata è morta recentemente e il marito Archibald le ha appena comunicato di volere il divorzio perché innamorato della giovane segretaria Nancy Neele.

La Christie scomparve e gettò l’intero paese nell’angoscia. Furono organizzate ricerche su vasta scala e si sprecarono le supposizioni sul destino della donna; dal suicidio a una calcolata mossa pubblicitaria, ad una strategia per punire l’infedele marito.
Ancora oggi nessuno ha scoperto cosa accadde in quel lasso di tempo, e quando la scrittrice viene ritrovata – viva e vegeta in un albergo termale dello Yorkshire- afferma di non ricordare nulla di quel periodo in cui era scomparsa dal mondo. Per tutta la vita si trincererà dietro a “non ricordo”, il mistero non verrà svelato neanche nell’ autobiografia che scrisse.

La De Gramont compie una magia letteraria in cui intreccia un puzzle raffinato, elegante, arguto e a tratti ironico. Mette al centro della trama l’altra donna, l’amante del marito, che è chiamata “Nan O’Dea”. Solo apparentemente ingenua sprovveduta, vittima di una spietata società bigotta che non perdona certi errori. In realtà è un personaggio ricco di soprese, ed ha un preciso piano in testa che scoprirete leggendo.

Attraverso più voci –un onnisciente narratore, Nan, Aghata, Archie, e altri personaggi minori ma funzionali al racconto- la De Gramont orchestra un romanzo che rimanda allo stile dei gialli scritti dalla Christie, e si avvale anche di rigorosi indizi storici e carte dell’inchiesta, orchestrando un libro notevole e godibilissimo.