Cosa succede in città- Pagina 270

Il Capo dello Stato venerdì a Torino per le celebrazioni dei 190 anni dell’Editto di Racconigi

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A Torino per le celebrazioni dei 190 anni dell’Editto di Racconigi con cui nel 1831 Carlo Alberto istituì il Consiglio di Stato e dei 50 anni della legge istitutiva dei Tribunali Amministrativi Regionali, venerdì 12 novembre alle ore 11 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella visiterà il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano.

Il Capo dello Stato si recherà in particolare nella Camera dei Deputati del Parlamento Subalpino, l’Aula in cui si compì il percorso parlamentare che dal 1848 al 1860 portò all’Unità d’Italia, cuore del Museo Nazionale del Risorgimento.
Per l’occasione, sul tavolo che veniva utilizzato dal Presidente del Consiglio e dai Ministri del Regno di Sardegna saranno esposti l’originale dell’Editto di Racconigi, in lingua italiana e francese, lo Statuto Albertino e altri documenti storici di primaria rilevanza, richiesti in prestito temporaneo all’Archivio di Stato.
Sergio Mattarella è il settimo Presidente della Repubblica a visitare il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano: prima di lui lo hanno fatto Luigi Einaudi, Giovanni Gronchi, Sandro Pertini, Francesco Cossiga, Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano.

Il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano
Fondato nel 1878, oggi il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano rappresenta un polo culturale di riferimento per la città di Torino e non solo. Ha sede nel famoso Palazzo Carignano, uno dei più pregevoli edifici dello stile barocco, riconosciuto come bene protetto dall’UNESCO dal 1997. Nel 2011, in occasione delle celebrazioni per il Centocinquantenario dell’Unità d’Italia, è stato completamente rinnovato, divenendo uno dei più importanti musei di storia d’ Europa. Conserva un patrimonio straordinario, a cui si aggiunge una Biblioteca di altissima specializzazione. Lungo il percorso museale si possono ammirare due aule parlamentari ancora intatte: la Camera dei Deputati del Parlamento Subalpino, attiva dal 1848 al 1860, monumento nazionale dal 1898, e la maestosa Camera dei Deputati del Regno d’Italia, con affreschi di Francesco Gonin, costruita tra il 1864 e il 1871.

Lagnanze inascoltate per il servizio GTT? “Telefonate al Papa!”

Diario minimo urbano…Vedere e ascoltare per credere

Di Gianni Milani

Incredibile, ma vero! Il fatto “minimo” che voglio oggi raccontarvi mi è capitato qualche mese fa, ma ancora non riesco a dimenticarlo. Sono alla fermata del tranvai numero 13 (quello ancora su binario e non in forma più moderna e chiccosa del bus); per la precisione, mi trovo all’angolo fra il corso Svizzera e via Nicola Fabrizi, davanti ad una deliziosa panetteria gestita da una altrettanto deliziosa e gentile madama panettiera. Vedo il tram spuntare in lontananza: é  alla fermata che fa angolo con il corso Lecce. Ho tempo di osservare con calma – mi dico – la durata del biglietto da obliterare, appena acquistato in tabaccheria”. Con calma, perché il tratto che ci separa sarà truc e branca poco più di duecento metri, coperti solitamente fra semafori rossi e code d’auto in non meno di 2 – 3 minuti. Sì, vatti a fidare! Non sarà passato neppure un minuto che il tram è già qui davanti a me. Al miracolo!, mi verrebbe da gridare. Se non che subito mi accorgo che non di miracolo trattasi. Anzi! Le porte si aprono e si chiudono che manco un fulmine, con borse, giacche e oggetti vari incastrati fra le antine, con l’imprevista frenesia di chi ancora deve scendere o salire, con fiochi lamenti del tipo di oh mi mi povra dona e altri più giustamente incazzosi del tipo ma checcazzo, che minchia di fretta hai, rivolti al conducente. Eh sì, il conducente ha proprio una fretta del diavolo. Provetto pilota, però. Scambia le vie che portano al centro città per la pista di Maranello.

Forse gioca a fare Leclerc, un Leclerc che ha sbagliato macchina, invero. Và pi pian, gli urla un’arzilla donnina agganciata all’alto scorrimani quasi senza toccare terra, mentre un’altra un tantino meno arzilla si trova catapultata in braccio al distinto signore che le siede davanti con in braccio un rassegnato barboncino che non ha nemmeno la forza di emettere un bau. Oh my God! Where are we ended!!. Woh, that driver is a good pilot. Ci mancavano solo i turisti inglesi, maschietto e femminuccia con zainoni alle spalle da sei posti! A casa, di Torino si porteranno anche il ricordo di questo folcloristico viaggio mozzafiato per le vie del centro cittadino. Corso Tassoni, piazza Statuto e Porta Susa sono tappe da incubo. Io devo arrivare in piazza Castello. Ci rinuncio. Meglio scendere in via Pietro Micca o, meglio ancora, in via Cernaia. Boia fauss,ferma stu tram,badola. Dallo pseudo-Leclerc non una parola. I gialli sembrano essere i suoi semafori preferiti. Meglo dei verdi. A volte rallenta per non beccarne manco uno. Le curve sono il suo pane. Le affronta con spavalderia e, immagino, con ghigno satanico. E chi lo ferma? Fra teste che ondeggiano in burrasca intravvedo finalmente la fermata di via Cernaia. Scendo di corsa. Barcollando un po’.

A terra mi viene però spontaneo cercare di capire e guardare in faccia l’impavido driver. Il semaforo, per lui, è rosso. Che rabbia! Lo fisso dal finestrino con aria fra il rimbrotto incazzoso e l’ironico. Anche lui mi fissa. Ma sembra non vedermi. Ha solo voglia di ripartire alla garibaldina. Mi tolgo lo sfizio. Gli faccio un bel battimani. Come dirgli bella prodezza, ma cambia mestiere! E qui succede l’incredibile. Lui apre il finestrino, gli occhi fuori dalle orbite, così risponde al mio battimani: Cazzo vuoi?Se hai da lamentarti, telefona al Papa! Telefona al Papa?! Resto sconvolto. Senza parole. Una vecchietta, al mio fianco, anche lei sopravvissuta al drammatico tragitto, mi guarda incredula: Al Papa?Ma basta là, a jé pi nen religiun. Io non reagisco. Ho pensato: delle due l’una. O mi trovo di fronte ad un’arroganza, a una maleducazione e ad un’ignoranza senza limiti. O quel poveretto è andato a sbattere di brutto contro qualche inciampo della vita, di quelli che ti tramortiscono e non ti lasciano scampo. E oggi vive impotente una rabbia che lo divora. Contro tutto e tutti. Ho optato (non so perché) per la seconda ipotesi. Gli ho sorriso, senza più ironia. E un po’ l’ho compatito. Lui, come tutti i passeggeri che ancora dovevano arrivare (poveri!) al capolinea della Gran Madre.

Gianni Milani

Una proposta di legge regionale contro l’odio in rete

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Odio in rete: la Quarta e la Sesta commissione regionale in congiunta affronteranno il tema nelle prossime sedute.

TORINO – Ieri è stato  avviato l’iter della proposta di legge 136 “Disposizioni in materia di prevenzione e contrasto dei fenomeni di Hate Speech” presentata dai consiglieri Diego SarnoDomenico RavettiDomenico Rossi e Mauro Salizzoni.
“La Pdl affronta una materia fortemente dibattuta a livello europeo e nazionale e nasce da un progetto sulla presenza dell’odio sul web che ha visto il coinvolgimento dell’Università degli Studi di Torino – ha detto il primo firmatario Sarno -. L’idea è creare dei centri di ascolto in ogni provincia, per fornire sostegno psicologico e assistenza legale alle vittime, oltre a campagne di sensibilizzazione e progetti nelle scuole”.
Carlo Riva Vercellotti (Fdi) ha proposto di sentire i diversi soggetti competenti in materia, compresi gli ordini degli psicologi e degli avvocati, mentre Francesca Frediani (M4o) ha suggerito di far riferimento nel testo anche al contesto politico, sempre più bersaglio del linguaggio d’odio in rete.
La Commissione ha stabilito che le audizioni si svolgeranno in modalità mista, in presenza e on line, entro il 20 dicembre.

Ultimo giorno: il Collegio “San Giuseppe” ricorda l’artista torinese Elisabetta Viarengo Miniotti

Animati sogni/di una sovraterrestre primavera”

Un appassionato e creativo amore per la Natura

Fino al 9 novembre

Ci ha lasciati nel giugno di un anno fa Elisabetta Viarengo Miniotti (Torino 1937-2020). Aveva dipinto per una vita intera, ritagliandosi uno spazio prestigioso e assolutamente meritato nel panorama dell’arte piemontese e non solo. Arte di figurazione, carica di pathos e di singolare forza innovativa nel trasformare il reale in narrazione di segno e colore lasciati correre in vibrante, materica libertà. Per arrivare all’essenza poetica delle cose. Per raggiungere con il cuore ciò che agli occhi non è dato sempre di vedere. Nota soprattutto come artista della stampa incisa, di notevole valore e piacevolezza sono pur anche i suoi oli, così come gli acquerelli e i disegni. A dimostrarlo, ancora una volta, la retrospettiva a lei dedicata nella sala mostre del Collegio “San Giuseppe” di Torino, con la curatela di Alfredo CentraDonatella Taverna e Francesco De Caria.

Al primo colpo d’occhio è subito ben chiara l’impronta  in lei lasciata dai preziosi insegnamenti di Giacomo Soffiantino alla torinese “Accademia Albertina”, così come di Riccardo Licata nel Corso Internazionale di “Grafica Sperimentale” di Venezia.  Ad accompagnare la mostra al Collegio di via San Francesco da Paola, i versi di Jean Arp, pittore e scultore esponente di punta di  alcuni fra i più importanti movimenti artistici del ‘900 (dal surrealismo all’arte astratta al dadaismo) ma anche poeta di forte impronta emozionale: “Animati sogni/di una sovraterrestre primavera”“Sogni” e “sovraterrestre primavera”. Parole e concetti in cui si riflette, infatti, alla perfezione l’opera della Viarengo Miniotti. Natura come “sogno”, “primavera” d’impronta quasi surreale, “sovraterrestre”. Natura, soggetto principale della sua narrazione artistica, che non è mai cristallizzata in pagine di rigorosa, fotografica fedeltà al “veduto”, ma è altresì occasione, premessa e strumento non di rado casuale per raccontare visionarie emozioni, immagini traslate dalla concretezza dei “paesaggi aspri e petrosi” delle sue montagne, così come dalla “rugosità e dalle macchie di cortecce e intrighi di rami e radici”, all’intimità di un “guardarsi dentro” per offrire spazi larghi all’immaginazione e alla poesia.

Così da perdersi, senz’ombra di pause o tentennamenti, nella sciolta fluidita del verbo astratto. O nel compiacimento del trafiggere e dello scomporre la materia in rivoli tattili di corposa godibilità. In quest’ottica, si vedano in rassegna la sontuosa acquaforte “Betulle” o la quasi informalità di “Acqueo”  come l’olio su tela, pura poesia, “Dee di fiori si fingono nuvole”.  “L’osservazione ‘macroscopica’ della Natura – scrive Francesco De Caria – fa sconfinare  il realismo con la visione ‘astratta’ fatta di linee, maculazioni di cortecce, macchie di colore. Affascinano l’artista anche le espressioni di grande energia della natura, dalla rigogliosità del bosco e del sottobosco – è la natura selvaggia, non dominata dall’Uomo ad attrarre soprattutto l’attenzione della Viarengo- alle ondate del mare mosso che si frangono sugli scogli, alla vitalità della vegetazione, in vedute caratterizzate dall’intrecciarsi di linee o dal polverizzarsi dell’acqua sugli scogli”. Restano, in queste opere, la passione e la totale dedizione ad un “mestiere”, che non è solo sovrapporsi di grafia e colore, ma soprattutto vitalità di cuore e capacità di sconfinare oltre  i limiti di tempo e spazio.

g.m.

“Elisabetta Viarengo Miniotti. “Animati sogni/di una sovraterrestre primavera”

Collegio “San Giuseppe”, via San Francesco da Paola 23, Torino; tel. 011/8123250 o www.collegiosangiuseppe.it

Fino al 9 novembre

Orari: lun. ven. 10,30/12,30 e 16/18; sab. 10/12

Nelle foto

–         “Dee di fiori si fingono nuvole”, olio su tela

–         “Betulle”, acquaforte

–         “Vite alla prima luce”, olio su tela

–         “Acqueo”, serigrafia

L’arte di Giovanni Fattori, un percorso lungo quarant’anni tra i campi di battaglia e i paesaggi della sua Maremma

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Sino al 20 marzo prossimo, nelle sale della GAM

Due autoritratti, l’uno, del 1854, conservato a Pitti, quello di un ragazzo non ancora trentenne che approda alla maturità artistica, grande massa di capelli corvini, elegante giubba marrone, pennelli e tavolozza nella mano, soprattutto gli occhi scuri e imperiosi che trafiggono chi guarda; l’altro, quarant’anni dopo, proprietà dell’Istituto Matteucci di Viareggio, la tela sul cavalletto, altri lavori alle spalle, la grande e disordinata giubba chiara e il berretto scuro in testa, i grandi baffoni bianchi e lo sguardo tranquillo e disincantato di vecchio signore che ha attraversato una vita. Tra le due tele, oltre una sessantina di opere nella mostra “Fattori. Capolavori e aperture sul ‘900” (sino al 20 marzo prossimo, forse una delle più belle esposizioni viste in città negli ultimi anni, assolutamente da non perdere) con cui la GAM torna a dare il benvenuto ad un pubblico numeroso, non più rarefatto, seppur co

n ogni cautela, dai timori della pandemia.

“Una mostra raffinata e intensa”, l’ha definita il direttore Riccardo Passoni, altresì “ambiziosa”, dovuta all’organizzazione della GAM Torino – Fondazione Torino Musei e di 24 Ore Cultura – Gruppo 24 Ore in collaborazione con l’Istituto Matteucci e il Museo Civico Giovanni Fattori di Livorno e alla ricerca attenta e mai facile, quasi ardimentosa, delle due curatrici, Virginia Bertone, Conservatore Capo della GAM, e Silvestra Bietoletti, Storica dell’arte e specialista di pittura toscana dell’Ottocento (affiancate da un Comitato scientifico composto da Cristina Acidini, Giuliano Matteucci e Fernando Mazzocca), la ricerca di opere preziose che non appartengono soltanto a Musei ma pure al collezionismo privato giustamente geloso dei propri tesori. E una ricerca che ha voluto abbracciare, a completare l’arco espositivo, alcune opere emblematiche di allievi di Fattori e di artisti influenzati dalla sua pittura – una pittura per cui si sono spesi i nomi antichi di Giotto e di Masaccio, di Paolo Uccello e di Piero della Francesca -, da Plinio Nomellini a Oscar Ghiglia, da Modigliani (“Ragazza rossa”) a Carlo Carrà con i suoi capanni deposti sulla riva del mare, del 1927, a Giorgio Morandi con il suo “Paesaggio”, datato 1942.

Un percorso ospitato per la prima volta, nei suoi 158 anni di storia, nelle sale della Galleria torinese, entro nove tappe, con tele di grandi proporzioni come con minuscoli gioielli e una interessante selezione di acqueforti, tutti a raccogliere i temi del maestro ottocentesco, dalle grandi e importanti battaglie risorgimentali ai ritratti, dai soggetti legati alla vita dei campi e al paesaggio rurale, trattati nell’espressione più umanamente sensibile della fatica e della rispettosa solennità: un arco cronologico quarantennale a partire dalla sperimentazione “macchiaiola” e dalle importanti opere degli anni Sessanta e Settanta per giungere alla produzione dell’età matura, dove lo sguardo innovatore dell’artista si spinge verso quei panorami artistici e quelle aperture sul Novecento su cui giustamente il titolo della mostra lascia cadere tutta l’importanza.

Tra gli anni e le opere risorgimentali spicca – con “Garibaldi a Palermo”, del periodo 1860/62 – “Campo italiano alla battaglia di Magenta” del 1862, una sorta di passaggio tra le regole accademiche e la tecnica definita “macchiaiola”, una grande tela di oltre 2 metri per 3,50, con cui l’artista aveva vinto il concorso indetto dal Governo Provvisorio toscano di Bettino Ricasoli (se ne andò con il denaro vinto sui luoghi della battaglia, per confrontarsi sino all’ultimo con gli elementi del “vero”), quattro lavori a ricordare altrettanti momenti salienti della Seconda Campagna (gli altri, Curtatone Palestro e San Martino), tra le truppe franco-piemontesi e quelle austriache, oltre seimila vittime lasciate sul terreno. Le distruzioni, le sofferenze, la guerra e la vittoria viste non nel loro momento di gloria, ma l’obiettivo, mentre ancora i fumi delle ultime cannonate scuotono in lontananza la cittadina lombarda, mentre uomini per cui nulla rimane da fare giacciono sul terreno, posto ad inquadrare nei tanti particolari il ritorno dei soldati feriti, distesi sul carro e affidati alle cure delle suore infermiere. Altri capolavori tra queste opere di carattere militare: “Il muro bianco (In vedetta)”, del 1872, i tre militari posti sotto un sole troppo luminoso a ridosso di quel muro osservato di sghembo, in tutta la loro solitudine, unici elementi a rompere la geometria della perfetta composizione; “Militari e cavalli in pianura”, “Posta militare al campo” (1874) e “La lettera al campo” (1873/75), un’unica presenza umana, il piacevole intervallo della lettura dopo il combattimento, i due cavalli, le tende sullo sfondo. La guerra vista dal basso e opere di rara immediatezza, di descrizione perfetta delle situazioni, dei sentimenti della truppa.

“Quasi una sorta di affettuosa identificazione con la propria indole, che permise fino all’ultimo a Fattori di ricercare maniere innovative per rappresentare la sua idea del ‘vero’”, sottolineano le curatrici. A ribadire lo sguardo di Fattori – era nato a Livorno nel settembre del 1825, gli studi abbandonati con le elementari, un fratello, Rinaldo, più vecchio di quindici anni, che instaurerà con lui un rapporto quasi da padre a figlio, un’innata predisposizione per il disegno, l’Accademia fiorentina e la frequentazione del Caffè Michelangiolo, rifugio e trincea dei Macchiaioli, in compagnia del critico Diego Martelli, l’incancellabile desiderio d’autonomia artistica, la morte a Firenze nell’agosto del 1908 – verso un mondo povero e semplice, lontano da ogni traccia di facili raggiungimenti, il rapporto con la campagna, con la sua amata Maremma, è stretto, intimo. Lo dimostrano, a tratteggiare una nuova poetica e a costruire forti emozioni in chi guarda, le tante presenze degli animali (“Bovi bianchi al carro”, 1868), l’animazione dei panorami e dei mercati, il lavoro degli uomini (il viso scavato dei butteri) e delle donne (“Le macchiaiole” del 1866). Non soltanto sulle tele: ma anche nei disegni preparatori, nelle incisioni-acqueforti cui è dedicata l’ultima sezione, la settima dell’intero percorso espositivo, materiale appartenente agli anni a cavallo del Novecento e tutto raccolto nel Museo di Fattori a Livorno. Visioni quali il Lungarno alle Cascine basterebbero a descrivere la grandezza di un poeta.


Nell’attraversare le sale, ancora il ritratto della moglie Settimia Vannucci o quello della “Signora Martelli a Castiglioncello” (!867/70, il personaggio femminile immerso tra gli alberi di un’estate toscana), “Gotine rosse” del 1882 (un profilo bellissimo, un semplice muro a fare da sfondo, la carnagione rosea), assicurato alla GAM da Vittorio Viale nel 1930 dopo aver fatto parte delle collezioni fiorentine di Giovanni Malesci: un’opera che riafferma degli stretti rapporti di Fattori con il capoluogo piemontese, iniziati nel 1863 allorché il pittore inviò alla Promotrice di Belle Arti torinese “Ambulanza militare”, appuntamento ripetuto sino al 1902, ancora alla Promotrice come alle Esposizioni Nazionali. Un’attenzione e un successo che coinvolsero anche vari estimatori, tra cui Marco Calderini, brillante allievo di Antonio Fontanesi e autorevole animatore della scena culturale cittadina, come i collezionisti privati, quali Riccardo Gualino, che acquistò il “Ritratto della seconda moglie”, conservato a Pitti e oggi presente in mostra.

Elio Rabbione

Nelle immagini:

“Soldati francesi del ’59”, 1859 ca., olio su tavola, 15,5 x 32 cm, Istituto Matteucci, Viareggio;

“In vedetta”, 1872, olio su tela, Fondazione Progetto Marzotto, Trissino;

“Pastura maremmana (Cavalli al pascolo”, 1872 ca., olio su tela, Istituto Matteucci, Viareggio;

“Autoritratto”, 1894, olio su tela, Istituto Matteucci, Viareggio

All’origine della tutela degli animali, la mostra in Consiglio regionale

Tutto ebbe inizio nel 1871 quando a Torino s’inaugurò la prima sede della Società protettrice degli animali, diventata nel tempo Ente nazionale protezione animali (Enpa).

Per riassumere la sua lunga storia il Consiglio regionale patrocina la mostra 150 anni di protezione degli animali: excursus storico e legislativo, realizzata dall’Enpa e allestita nelle vetrine dell’Urp di via Arsenale 14, a Torino, dall’8 novembre al 7 dicembre.

“Un’occasione – afferma il presidente del Consiglio regionale Stefano Allasia – per conoscere e approfondire, attraverso documenti e immagini, la storia di un’associazione che, nata un secolo e mezzo fa nel capoluogo subalpino su impulso di Giuseppe Garibaldi, mette in evidenza le componenti storiche, giuridiche e culturali della tutela dei diritti degli animali in Italia e in Piemonte”.

Attraverso una serie di pannelli – infatti – vengono rievocati i tempi gloriosi in cui Giuseppe Garibaldi, con una lettera spedita da Caprera il 1° aprile 1871 e indirizzata all’amico Timoteo Riboli, medico frenologo di Torino, esortò a dare il via a una società che potesse ambire a realizzare, anche nel campo della difesa degli animali, quella “unità d’Italia” che l’eroe dei due mondi aveva contribuito in modo determinante a realizzare sul piano politico. Pur avendo agito su impulso della nobildonna inglese Anna Winter, componente della Reale Società per la prevenzione della crudeltà verso gli animali (Rspca) indignata per il cattivo trattamento verso gli animali in Italia, è noto che Garibaldi amava gli animali e ne possedeva in quantità considerevole. Vengono poi ripercorsi i momenti dell’inaugurazione della prima sede dell’Associazione, al primo piano di via Accademia Albertina 29, a Torino, con la nomina di Garibaldi e Winter a presidenti onorari e i momenti salienti che hanno punteggiato la sua storia per il riconoscimento dei diritti degli animali, a cominciare dall’approvazione della prima legge italiana per la tutela degli animali nel 1913.

“Dopo 150 anni – ricorda il presidente del Consiglio nazionale e della sede torinese Enpa  Marco Bravi – i diritti degli animali sono migliorati notevolmente, ma c’è ancora molto da fare. Ogni conquista è stata e sarà possibile grazie all’impegno quotidiano, gratuito e disinteressato, di migliaia di volontari”.

Per questo, venerdì 19 novembre alle 18.30 nella Sala Albertina di via Giolitti 21, a Torino, alla presenza delle autorità cittadine, verranno ripercorsi i momenti storici rievocati dalla mostra e premiati, con le medaglie celebrative del 150° Enpa, persone che in questi anni si sono distinte nell’impegno a favore della tutela degli animali e dell’ambiente.

Con oltre 200 sedi e più di 3.000 volontari operativi sull’intero territorio nazionale, l’Enpa svolge la propria attività in tutti i settori legati alla tutela, al benessere e alla protezione degli animali. Organizzato in coordinamenti regionali e sezioni, è una Onlus che non riceve finanziamenti governativi ma opera solo grazie all’aiuto di chi condivide le sue finalità.

Anpas all’evento annuale del Piano di prevenzione, comunicazione e gestione delle situazioni di rischio naturale

Anpas (Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze) ha partecipato all’evento annuale del Piano Tematico Riskprogetto Risk-Com, organizzato dalla Regione Piemonte 

L’evento, aperto al pubblico, si è svolto presso il piazzale dell’Auditorium Rai di Torino dove è stato possibile visitare allestimenti realizzati dalla Regione Piemonte e dalle associazioni convenzionate, tra cui Anpas, conoscere meglio la protezione civile attraverso l’esposizione dei mezzi e l’incontro con i volontari.

Per l’occasione Anpas Comitato Regionale del Piemonte ha presentato il nuovo modulo di igiene neonatale a complemento della propria Struttura protetta per l’infanzia, uno spazio particolare dedicato ai bambini, ideato per dar loro un senso di normalità e sicurezza nei momenti di emergenza. La Struttura protetta per l’infanzia è attrezzata in modo da garantire al bambino sia la parte ludica sia il momento del riposo.

Il presidente Anpas Piemonte, Andrea Bonizzoli: «Siamo felici di aver presentato proprio oggi, nella giornata dedicata alla conoscenza del Sistema regionale di Protezione Civile, che ricorda la drammatica Alluvione del 5 e 6 novembre 1994 e che ci ha visti anche allora sul campo, il nuovo modulo per l’igiene e la cura dei bambini, a complemento della nostra Struttura Protetta per l’infanzia, realizzata nel 2005, per ospitare i bambini nei momenti di emergenza. Una giornata che vede anche la consegna di riconoscimenti, da parte della Regione Piemonte, al volontariato piemontese di protezione civile coinvolto, negli ultimi due anni, nell’emergenza sanitaria. Ringrazio la Regione e tutti i volontari per il grande impegno profuso in questa pandemia per l’assistenza e il soccorso alla popolazione, soprattutto nei momenti più critici e i volontari della Sala Operativa di Protezione Civile Anpas che con grande professionalità sono tutt’ora impegnati nella gestione dell’emergenza».

L’Anpas (Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze) Comitato Regionale Piemonte rappresenta oggi 82 associazioni di volontariato con 9 sezioni distaccate, 10.301 (di cui 3.986 donne), 5.509 soci, 595 dipendenti, di cui 64 amministrativi che, con 433 autoambulanze, 220 automezzi per il trasporto disabili, 260 automezzi per il trasporto persone e di protezione civile e 4 imbarcazioni, svolgono annualmente 493.795 servizi con una percorrenza complessiva di 16.035.424 chilometri.

 

I 45 anni del Comitato Resistenza e Costituzione e la figura di Dino Sanlorenzo

Un convegno al Polo del ‘900 di Torino lunedì 8 novembre

Nel 1976, quarantacinque anni fa, l’allora presidente del Consiglio regionale piemontese Dino Sanlorenzo (scomparso nel dicembre scorso a 89 anni) ebbe l’idea di dotare l’istituzione di un organismo che offrisse un ancoraggio di solida riflessione sul presente (l’Italia era entrata nel cono d’ombra della Strategia della Tensione e del terrorismo neo fascista e rosso) in un connubio con il passato che riaffermasse i principi fondativi della nostra Carta costituzionale. Vide così la luce il “Comitato Resistenza e Costituzione”, che divenne operativo con un’apposita legge regionale nel 1976 intitolata “Attività della Regione Piemonte per l’affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione repubblicana”. In proposito, con un taglio prettamente rievocativo storico, l’Associazione La Porta di Vetro, con il sostegno del Consiglio regionale del Piemonte e del Comitato Resistenza e Costituzione (di cui la stessa Associazione fa parte con il suo presidente Michele Ruggiero), ha organizzato un doppio momento di ricordo degli eventi che portarono alla nascita del Comitato e della figura di Dino Sanlorenzo. Il primo appuntamento avrà luogo a Torino l’8 novembre al Polo del Novecento ( Sala ‘900 di via del Carmine, ore 9,30 – 17,30) ed è stato realizzato in collaborazione e condivisione della Fondazione Gramsci. Nel pomeriggio del 23 novembre, la memoria storica si trasferirà anche idealmente a Novara, dove Dino Sanlorenzo ha cominciato la sua attività politica. In questo caso, partner dell’iniziativa, che gode sempre del sostegno del Consiglio regionale del Piemonte e del Comitato Resistenza e Costituzione, è l’Istituto storico della Resistenza di Novara “Piero Fornara”.

M.Tr.

A Flashback l’arte di qualità ha attirato oltre 18 mila persone in fiera

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Dal 4 al 7 novembre all’ex Caserma Dogali di Torino.

Un grande spazio abbandonato che l’arte ha fatto rivivere.  

Flashback, l’arte è tutta contemporanea vince la sfida di una nuova sede. Non era scontato poter allestire una fiera d’arte all’interno di uno spazio fortemente connotato da vicende storiche come la ex Caserma Dogali di via Asti a Torino, pressoché dimenticato dalla Città e senza più un utilizzo. A riportare a nuova vita questo grande edificio storico, vincolato dalla Soprintendenza, ci hanno pensato, con coraggio e sensibilità, le due direttrici di Flashback, Ginevra Pucci e Stefania Poddighe grazie soprattutto alla collaborazione e grande disponibilità delle gallerie partecipanti e del Museo Diffuso della Resistenza di cui la ex Caserma è una delle sedi diffuse.

 

L’edizione è andata al di là delle nostre aspettative – commentano le direttrici di Flashback Ginevra Pucci e Stefania Poddighesia in termini di qualità delle opere sia in termini di pubblico partecipante che di vendite. Ma la più grande soddisfazione è sicuramente stata notare lo stupore negli occhi delle persone nel rivedere uno spazio come la ex Caserma Dogali riprendere vita grazie all’arte. In questo momento però, quello che ci dispiace è che questo splendido spazio da domani, tornerà nell’oblio. Cogliamo l’occasione per offrire uno spunto di riflessione alle istituzioni e agli enti, come Cassa Depositi e Prestiti – proprietari della struttura – perché la possibilità di utilizzo temporaneo degli immobili diventi una pratica semplice e veloce per tutti coloro si occupano di arte e di cultura.

 

Alla ex Caserma Dogali, hanno esposto oltre una trentina di gallerie italiane, sia di lunga tradizione che di recente fondazione e quindi dirette da giovani galleristi come Flavio Gianassi Fine Art di Londra, Umberto Benappi, Luca Cena (White Lands) e Caretto & Occhinegro di Torino, Miriam di Penta Fine Arts di Roma.

L’anteprima a inviti di mercoledì 3 novembre ha accolto tantissimi tra collezionisti, direttori di musei e addetti ai lavori, per lo più dal nord Italia ma con presenze anche da altre regioni e dalle vicine Francia e Svizzera. Questa edizione segna inoltre un aumento di pubblico rispetto all’ultima edizione in presenza del 2019. Un risultato inaspettato che soddisfa le direttrici e fa ben sperare in questa graduale ripresa. La fiera, che si conclude oggi domenica 7 novembre, va avviandosi verso le oltre 18.000 presenze (dati delle ore 17.00 di domenica 7 novembre mentre la fiera è ancora in corso).

 

Le trattative di vendita delle opere, come si sa, sono riservate e spesso richiedono tempi lunghi per essere finalizzate. A vendite ancora in corso, riportiamo alcune informazioni segnalate dalle gallerie (aggiornate a domenica 7 novembre, mattina).

 

Galleria dello Scudo (Verona), il cui stand ha presentato importanti opere di Mimmo Paladino, riferisce di aver venduto due terrecotte dipinte dell’artista campano a 80.000 Euro l’una. Caretto & Occhinegro (Torino), giovane galleria specializzata in arte fiamminga, ha venduto un’opera di Denijs van Alsloot: “Paesaggio Invernale con la Fuga in Egitto”, olio su rame circolare del 1610 ca. per un valore di 60.000 Euro. La Galleria Carlo Virgilio (Roma), alla sua prima presenza sulla scena torinese, ha finalizzato con soddisfazione la vendita di 5 opere a nuovi clienti. Schreiber Collezioni (Torino) ha venduto un cavallo in terracotta della dinastia Tang (618 – 907 d.C.) intorno ai 10.000 Euro ad un nuovo cliente conosciuto in fiera. Galleria Russo (Roma) ha finalizzato delle acquisizioni a clienti storici, e anche a nuovi, di opere di Giacomo Balla. Aleandri Arte Moderna (Roma) si ritiene soddisfatto delle vendite a vecchi e nuovi clienti di opere tra le quali si segnalano Mario Sironi “Manichino Metafisico” del 1919, l’opera “Ermafrodito” di Antonietta Raphaël del 1937 e “Notturno con linee atmosferiche” di Sexto Canegallo del 1917. White Lands (Torino) ha venduto a nuovi clienti “Autoritratto” di Gerardo Dottori del 1932 e “Composizioni” di Enrico Prampolini del 1956. Biasutti & Biasutti (Torino) ha finalizzato vendite di opere di artisti internazionali tra i 10.000 e i 50.000 Euro. Flavio Pozzallo (Oulx), ad un cliente acquisito due anni fa proprio a Flashback, ha venduto un’opera in legno dorato: “Coppia di angeli cerofori” del Maestro di Magione del 1550 -1570 e ha, inoltre, riscosso l’interesse di un’istituzione per un’altra importante opera. Sempre da Roma, la gallerista Miriam di Penta riporta di aver venduto subito due oggetti preziosi: una miniatura su pergamena francese fine 1600 da Charles Lebrun con cornice di argento dorato Bulgari degli anni ‘20-‘30 e una pietra paesina toscana dei primi del 1600 con Cristo che cammina sulle acque. Molto interesse sulle due teste Neoclassiche su carta di ambito Gandolfi 1770-80 ca. e sull’Orazio Fidani con un intrigante ritratto di un paggio favorito del Granduca Ferdinando II de Medici.

Altre gallerie, come Galleria Luigi Caretto (Torino) e Galleria Alessandro Bagnai (Foiano della Chiana), per citarne un paio, sono in trattativa con collezionisti consolidati per alcune opere di grande pregio.

 

Insieme alla scoperta delle opere d’arte presentate dalle gallerie di Flashback in questa edizione, il pubblico, si è addentrato nei racconti delle tre mostre – la prima dell’artista Enrico Bertelli, autore dell’immagine guida di questa edizione, poi la presentazione dei manifesti di Opera Viva Barriera di Milano e infine la documentazione del progetto / workshop Artista di Quartiere di Alessandro Bulgini – si è potuto perdere nelle immagini del video Stanze dei fratelli De Serio, fermarsi ad ascoltare i talk che hanno affrontato i temi del collezionismo e dell’arte pubblica e imparare a conoscere l’arte attraverso i laboratori per i più piccoli.

 

Natale alla Bottega Paideia, un negozio dal cuore solidale

Per sostenere le attività del Centro Paideia. Arriva il nuovo calendario dell’avvento Paideia, goloso e solidale

 

 Alla Bottega Paideia, in via Villa della Regina 9/D, è già Natale! Lo spazio alle spalle della Gran Madre ha aperto le proprie porte con articoli per la casa, per i bambini, per la cura della persona e tante idee regalo in vista delle festività natalizie. Ogni acquisto fatto in bottega è importante, perché sostiene le attività del Centro Paideia, che si prende quotidianamente cura di tanti bambini con disabilità e delle loro famiglie.

 

Un’idea, quella di Bottega Paideia, che nasce da lontano. Spiega infatti Paola Giubergiaconsigliera della Fondazione Paideia: “La scintilla è scattata quando ero a Parigi e ho visitato Merci, il negozio creato dalla famiglia Cohen del celebre marchio Bonpoint. Un luogo dove moda e design sono al servizio della solidarietà, perché tutto il ricavato è destinato in beneficenza. Lì ho capito che avrei voluto portare un progetto simile a Torino. Un progetto che, in breve tempo, si è trasformato in un’importante realtà. “Inizialmente ci siamo dedicate all’oggettistica per casa e cucina – prosegue Paola Giubergia –, poi col tempo la Bottega ha ampliato l’offerta per cercare di soddisfare le varie esigenze delle persone, diventando oggi un luogo di incontro in cui, consigliati dalle volontarie, trovare idee regalo carine e originali. Il tutto con un importante valore aggiunto: quello della solidarietà”.

 

Ogni acquisto alla Bottega è prezioso, perché si trasforma in ore di terapia per bambini con disabilità o corsi e attività per i familiari. Dallo scorso anno, inoltre, è attivo il sito bottegapaideia.it, l’e-commerce solidale della Bottega avviato per far fronte alle restrizioni legate all’emergenza sanitaria e oggi attivo per rispondere alle diverse esigenze delle persone” racconta Fabrizio Serra, direttore della Fondazione Paideia

Fino al 20 novembre, Bottega Paideia sarà aperta, dal martedì al sabato, dalle ore 10 alle 13 e dalle ore 15 alle 19. Con l’approssimarsi delle festività natalizie, dal 22 novembre al 23 dicembre l’apertura verrà quindi estesa: dalle ore 15 alle 19 il lunedì e dalle ore 10 alle 19 dal martedì alla domenica.

 

Sempre per avvicinarsi a Natale, Fondazione Paideia ha realizzato il nuovo calendario dell’avvento Paideia con cioccolato Domori. Goloso e solidale, in edizione limitata, è disponibile al Centro Paideia (in via Moncalvo n.1, dietro la Gran Madre), acquistabile dal lunedì al sabato, dalle 10 alle 18. Prossimamente sarà disponibile presso il Centro Commerciale Shopville Le Gru (al piano terra, davanti a Zara), nelle giornate 19-20 e 21 novembre, dalle 10 alle 18. Infine, è possibile riceverlo a casa propria o a casa della persona a cui lo si regala: per la spedizione (al costo aggiuntivo di euro 8) è necessario scrivere a sostenitori@fondazionepaideia.it o chiamare lo 011 0462400.