Nella notte un incendio ha distrutto il piano terra della scuola media di Banchette. Dopo la mezzanotte è scattato l’allarme quando alcuni passanti hanno visto le fiamme dall’esterno e hanno chiamato il 115.I vigili del fuoco di Ivrea hanno domato il rogo in un paio d’ore.Gli uffici della scuola e diverse aule sono state seriamente danneggiate dall’incendio. La polizia sta indagando sulle cause del rogo e al momento non è esclusa alcuna pista: nemmeno quella dolosa.
Oltre la Mole / Cronache italiane
DALLA LIGURIA
E’ approdata al tribunale del riesame la storia di Fiocco-Tequila, il gatto conteso da due vicine. Le donne, dopo un periodo di tranquilla coabitazione e condivisione sono andate dal giudice per rivendicare il felino. Il gatto è stato così messo sotto sequestro dal pm e poi rilasciato dal Riesame. Il micio di 4 anni, dopo essere stato per due anni fedele animale della sua padrona, ha scelto di trasferirsi poco lontano da un’altra padroncina dove ha preso anche l’abitudine di passare la notte. Il gatto era Fiocco per la prima proprietaria, Tequila per la seconda. La vicenda avviene a Struppa, nella periferia genovese. A un certo punto la nuova padrona si trasferisce portandosi appresso il micio. Ma a prima padrona non ci sta e denuncia l’ex vicina ai carabinieri per il furto dell’animale . L’indagine giunge così in procura e il fascicolo viene affidato al pm che di nome fa Emilio Gatti. Nomen omen.
Cinquanta studenti – 29 ragazze e 21 ragazzi -, accompagnati dallo storico Gigi Garelli, dell’Istituto storico della Resistenza e della Società contemporanea “Dante Livio Bianco” di Cuneo e da 10 docenti in rappresentanza di otto istituti superiori delle province di Asti, Cuneo, Novara, Torino e Vercelli hanno partecipato, dal 19 al 21 maggio al viaggio studio al campo di concentramento di Mauthausen e al Memoriale di Gusen, in alta Austria. Il viaggio – secondo e penultimo degli appuntamenti finali della 36° edizione del progetto di Storia Contemporanea, promosso dal Consiglio regionale del Piemonte – tramite il proprio Comitato Resistenza e Costituzione – in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale.
Mauthausen,simbolo dei lager nazisti
Mauthausen rappresenta nell’immaginario collettivo uno deisimboli dei lager nazisti, insieme ad Auschwitz. Il Konzentrationslager (ossia “campo di concentramento”) di Mauthausen, dall’estate del 1940, venne denominato anche Mauthausen-Gusen, nome rimasto tristemente e indelebilmente impresso nella memoria della deportazione. In cima alle verdi colline austriache dell’Oberdonau, a circa 20 chilometri ad est di Linz, quello di Mauthausen era lo Stamm Lager, ovvero il “campo madre” di un gruppo di una quarantina di strutture concentrazionarie, di diverse dimensioni. Di fatto queste erano i satelliti del Lager maggiore, sparsi in buona parte dell’Austria. La sua istituzione risale all’8 agosto 1938, alcuni mesi dopo l’annessione (l’Anschluss) dell’Austria al Terzo Reich della Germania nazista, mentre la sua liberazione, per opera delle truppe alleate dell’11ª Divisione corazzata statunitense, avvenne il 5 maggio 1945. Edificata con il granito della sottostante cava, l’incombente fortezza di pietra ricorda nel suo profilo architettonico uno stile orientaleggiante, tanto che i prigionieri ne ribattezzarono la porta d’accesso principale con il nome di “porta mongola”.
Campo di lavoro e prigionia durante la “grande guerra”
A Mauthausen, già durante la Prima guerra mondiale, l’Impero Austro-ungarico aveva individuato un luogo di internamento e prigionia per quei militari degli eserciti nemici catturati durante i combattimenti sul fronte orientale e meridionale. Anche allora i prigionieri venivano obbligati al lavoro nella cava di granito, utilizzato per la pavimentazione delle strade. Tra il 1914 e il 1918 vi confluirono circa 40mila persone, perlopiù di origine russa, serba e italiana. Di esse almeno novemila vi perirono, tra cui 1.759 nostri connazionali, a causa della fame e degli stenti, anche se il campo di prigionia di allora nulla aveva a che fare con quello che vent’anni dopo venne istituito dai nazisti.
Gli oppositori rinchiusi nella “fortezza di pietra”
La quasi totalità di quanti vennero rinchiusi a Mauthausen tra il 1938 e il 1945 lo fu per ragioni politiche o razziali: la parte restante era costituita da delinquenti comuni, i cosiddetti “asociali” e gli appartenenti ai popoli zingari. Complessivamente i prigionieri furono circa 200mila di cui 50mila polacchi, 40mila sovietici, 40mila ebrei (perlopiù ungheresi e polacchi), 6.781 italiani e 127 donne.Tra l’agosto 1938 e il luglio 1945 (calcolando anche chi perse la vita dopo la liberazione a causa degli stenti patiti) le morti furono 100mila, praticamente la metà di quanti furono internati tar quelle mura. Un numero pazzesco, al quale vanno aggiunti quanti furono sterminati con il gas, nel vicino castello di Harteim e nella camera a gas del lager, dove veniva usato il mortale Zyklon B a base di acido cianidrico (o acido prussico). Altri ancora furono uccisi con il ricorso aiGaswagen, veicoli sigillati dove i malcapitati erano soffocati dai gas provenienti dai tubi di scappamento.
La cava e i 186 gradini della “scala della morte”
L’orario di lavoro nel lager era di undici ore.La razione di cibo quotidiana non superava le 1.500 calorie (ma spesso era inferiore), corrispondente a meno della metà di quella necessaria. Le conseguenze erano la fame cronica e la malnutrizione, le malattie e, da ultimo, la morte. Nei primi di anni la durata media della vita degli internati raggiungere i quindici mesi poi, con il passare del tempo, diminuì a sei e, nei periodi più duri e drammatici, a tre. La “scala della morte”collegava con la sottostante cava per l’estrazione del granito.Lungo i centottantasei gradini di questa scala scavata nella roccia della collina, i deportati erano costretti a salire e scendere più volte al giorno, portando a spalla sacchi pieni di massi. Chi cadeva esausto, travolgeva i compagni di sventura con un terribile effetto-domino. Oppure i prigionieri venivano allineati lungo il bordo del precipizio, definito con nero sarcasmo dalle SS come il “muro dei paracadutisti”, costretti a scegliere se ricevere un colpo di pistola o gettare nel vuoto il compagno al proprio fianco. “La cava era là, con i suoi 186 gradini irregolari, sassosi, scivolosi. Gli attuali visitatori della cava di Mauthausen non possono rendersi conto, poiché in seguito i gradini sono stati rifatti – veri scalini cementati, piatti e regolari – mentre allora erano semplicemente tagliati col piccone nell’argilla e nella roccia, tenuti da tondelli di legno, ineguali in altezza e larghezza”. Così scrisse nel 1974 il giornalista francese Christian Bernadac, figlio di un deportato, nel suo “I 186 gradini o Tra i morti viventi di Mauthausen”, rendendo l’idea di cosa fosse quel girone infernale.
I tre sottocampi di Gusen
I tre sottocampi intorno al villaggio di Gusen, a poca distanza da Mauthausen, denominati Gusen I, Gusen II, Gusen III, hanno costituito una realtà a sé per l’alto numero di deportati e l’estrema durezza delle condizioni di prigionia e di lavoro. Aperti dal 1939, anche lì uno degli obiettivi era costituito dallo sfruttamento delle vicine cave di granito. Fin da subito il lavoro costituì uno dei mezzi di eliminazione dei prigionieri, in prevalenza polacchi, fra cui molti religiosi, e repubblicani spagnoli deportati dalla Francia.Nel 1941 fu installato il crematorio e si avviarono le eliminazioni sistematiche di malati, inabili, portatori sospetti di malattie contagiose con bagni di acqua gelida, annegamenti di massa, iniezioni al cuore, gassazioni. Nel marzo del 1944 iniziarono i lavori per la costruzione del campo di Gusen II (St. Georgen). I deportati, oltre a costruire il campo, lavorano allo scavo di un sistema di gallerie entro le quali vengono collocati impianti per la produzione di armi e parti di aerei (Steyr-Daimler, Messerschmitt). In dicembre inizia la costruzione di Gusen III, destinato alla produzione di laterizi. A Gusen passarono complessivamente 60mila prigionieri, di cui circa tremila italiani. Almeno la metà vi lasciò la vita. Nel tempo il campo di Gusen I ha subito un’alterazione della sua fisionomia, ospitando ora una complesso di abitazioni residenziali. Non vi è più traccia di recinzioni, baracche o altre strutture. Resta riconoscibile, anche se ora è una villetta abitata, l’edificio dell’ingresso e del comando del campo. Il Memorial – che rimane ad emblema e memoria- è stato realizzato solo grazie alla decisione dell’ANED e di altre organizzazioni di ex deportati – in primo luogo francesi – di acquistare alla fine degli anni ‘50 il lotto di terreno, per salvaguardarlo dalla speculazione edilizia. Il progetto del Memoriale fu realizzato dall’architetto Lodovico Barbiano di Belgiojoso, che a Gusen fu deportato. All’interno della costruzione si trova il forno crematorio originale del campo, oggi di proprietà del governo austriaco.
Una visita impressa nella memoria
La visita a Mauthausen per gli studenti rimarrà tra le esperienze che restano impresse nella memoria. Quando si ha l’occasione di visitare luoghi come questi, ora che i deportati sono quasi del tutto scomparsi, si diventa a propria volta testimone di una delle pagine più orribili della storia moderna, con l’impegno di non dimenticare ciò che sono stati i campi di sterminio. La deportazione non è stata soltanto una delle forme di omicidio collettivo ma una vera e propria mutilazione che l’Europa ha inflitto su di sé proprio in nome di quelle ideologie tese a cancellare l’altro, il diverso, negando il pluralismo e qualsiasi forma di rispetto e convivenza. Del resto, il compito di contribuire a far sì che non venga dimenticata la storia è il principale obiettivo che ,da più di quarant’anni, impegna il Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale del Piemonte nei confronti delle nuove generazioni.
M.Tr.
La Partita del Cuore
Domenica 21 maggio alle 12 al Salone del Libro il Consiglio regionale del Piemonte scende in campo a fianco della Nazionale Cantanti per promuovere la Partita del cuore, che si gioca il 30 maggio a Torino, e sostenere la Fondazione piemontese per la Ricerca sul cancro Onlus e Telethon.
Moderati dal giornalista Orlando Ferraris, partecipano all’appuntamento: Mauro Laus, presidente del Consiglio regionale del Piemonte; Gino Latino e Davide Dileo, in arte Boosta, tastierista dei Subsonica, per la Nazionale Cantanti; Sergio Brio, una delle grandi bandiere della Juventus, allenatore dei “Campioni per la ricerca”, che quest’anno sfideranno la Nazionale Cantanti, in rappresentanza della Fondazione piemontese per la Ricerca sul cancro Onlus e Telethon.
Sul palco dell’Arena Piemonte (Padiglione 3) saliranno anche gli studenti vincitori dei concorsi per le scuole “La salute per tutti” e “Un cuore rap”, banditi dal Consiglio regionale. I vincitori di “Un cuore rap” si esibiranno inoltre sul prato dello Juventus Stadium il 30 maggio, prima della Partita del Cuore.
“La consapevolezza di quanto importante sia la ricerca e la prevenzione – spiega il presidente del Consiglio regionale Mauro Laus – accomuna la mission degli Stati generali dello sport e del benessere con quella della Partita del Cuore. Per questo abbiamo deciso di affiancare questo importante evento di sport e beneficenza promuovendo un bando di concorso per le scuole medie e superiori. Il nostro obiettivo è che siano proprio i ragazzi ad avviare questa contaminazione culturale con genitori e gli adulti spiegando loro l’importanza di mantenersi in salute facendo costante attività fisica, unico farmaco a costo zero su cui occorre investire per il futuro”.
Sono 133 gli studenti che hanno partecipato al bando, presentando 34 video che sono stati valutati da una giuria composta da cantanti della Partita del Cuore e da rappresentanti del mondo della ricerca scientifica. Il vincitore del primo premio per le scuole medie è Massimo Pellegrino, dell’istituto comprensivo Beppe Fenoglio di Bagnolo Piemonte (Cn) con una toccante canzone dedicata a Stefano, un compagno di scuola che quest’anno ha vinto la partita più importante, quella con la vita. Per le scuole superiori ha invece vinto Andrea Colonese, dell’istituto Erasmo da Rotterdam di Nichelino (To), con una canzone di ottimismo e speranza dal titolo “Tutto può cambiare per un cuore rap”.
Fugge a 200 all”ora e si nasconde in un capannone
Una Saab ha forzato un posto di blocco ed è fuggito ai 200 all’ora nella tangenziale torinese, scappando poi per corso Francia e via Pavia. Qui ha imboccato una rotonda in contromano nei pressi del commissariato di Rivoli, ed è andato a sbattere contro una Peugeot 307. L’uomo alla guida ha abbandonato l’auto ed è fuggito a piedi, nascondendosi in un capannone dove non è stato ancora trovato.Il conducente della Peugeot è stato trasportato all’ospedale.
Nel corso della notte si è svolto un blitz antidroga nel quartiere di San Salvario, nel cuore della movida. Polizia, carabinieri e guardia di finanza hanno controllato diverse attività in particolare in via Berthollet. Diverse persone sono state identificate e fermate e i cani poliziotto Eddie e Kira hanno recuperato numerose dosi di eroina e cocaina, nascoste sotto le auto e sotto i cassonetti della spazzatura. Durante l’operazione di polizia alcune vie sono state chiuse al traffico.
(foto: il Torinese)
Ci sono volute quasi 24 ore per porre fine all’assedio di Ferdinando U., l’uomo che da ieri si era barricato nel suo appartamento di via Borgaro minacciando di sparare con una pistola (rivelatasi poi una scacciacani) , a se stesso e agli altri. Il commerciante calabrese con problemi di bipolarismo è stato convinto dai carabinieri che lo hanno persuaso portandogli un cappuccino, ad aprire la porta. L’uomo sarà ora sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio.
“Continuano ad essere numerosi i casi di cronaca che riguardano adolescenti giunti a gesti disperati dopo aver subito attacchi sui social network. Fortunatamente la politica si sta muovendo per regolare in qualche modo un ambito che potrebbe rivelarsi una trappola infernale per i più piccoli, spesso troppo sprovveduti e lasciati soli a navigare sul web. L’approvazione alla Camera del testo di legge che punta a contrastare il fenomeno, avvenuta il 17 maggio, è senza dubbio un segnale importante, si tratta della prima legge in Europa. Anche il Consiglio regionale ha lavorato in tal senso, presentando una proposta di legge che si affianca a quella parlamentare. Chi non comprende l’utilità e il senso di tali iniziative dimostra di non avere ben chiaro il ruolo e la responsabilità educativa che ognuno di noi, per la funzione che riveste, ha e deve assumersi. Con queste parole Mauro Laus, presidente del Consiglio regionale, è intervenuto al dibattito “Cyberbullismo: se lo conosci lo sconfiggi”, organizzato dal
Corecom Piemonte.
“Con un quadro normativo preciso – ha proseguito Alessandro De Cillis, presidente del Comitato regionale per le comunicazioni – oggi non possiamo più restare a guardare. Il bullo colpisce e si accanisce principalmente sulle persone più deboli. Il branco esclude, seleziona la vittima e la sacrifica. Ma attenzione il bullo è a sua volta fragile. Perché quelli forti sono coloro che hanno il coraggio di frapporsi tra il bullo e il più debole e sono spesso ragazzi in fase di crescita. È necessario quindi tornare a un sistema educativo diverso, che possa disporre di nuove competenze e che aiuti i giovani a comprendere che la legalità è un bene di tutti e che deve vincere sul desiderio di sopraffazione. In quest’ottica i genitori hanno il dovere di prendere consapevolezza che gli strumenti informatici, se non controllati, sono potenzialmente molto nocivi”.
Nel corso del dibattito, che ha affrontato con competenza tecnica ma anche con un linguaggio fruibile soprattutto dai numerosi giovani che hanno affollato l’Arena Piemonte, Antonio Martusciello, commissario AgCom ha sottolineato alcuni aspetti legati al cyberbullismo in termini di digital skills e privacy. In particolare ha poi evidenziato come “la recente approvazione della legge alla Camera sia in grado di coniugare un approccio preventivo e riparatorio ma sarebbe auspicabile un più spiccato coordinamento a livello europeo, in considerazione di un fenomeno che può superare i confini geografici dei singoli Stati. Occorre responsabilizzare maggiormente i giovani, soprattutto per quella che sarà la loro reputazione online. Virtuale e reale non possono essere declinati come ambiti distinti”.

dr- www.cr.piemonte.it
Crolla tetto di palazzina in via Romani
Un’ampia porzione della copertura in tegole di tetto di una palazzina di tre piani, ai piedi della collina di Torino, è caduta in strada, danneggiando le vetture parcheggiate in via Romani all’altezza del civico 4. Fortunatamente nessuno è rimasto ferito. I vigili del fuoco hanno isolato l’area e stanno mettendo in sicurezza il cornicione dello stabile, mentre la polizia ha fatto evacuare la zona a scopo precauzionale. Alcuni condomini sostengono che l’amministratore non ha mai risposto alle loro segnalazioni sul tetto pericolante.
(foto: archivio)
Aree collinari, il ruolo delle associazioni fondiarie
Le associazioni fondiarie possono essere una valida alternativa all’abbandono delle aree collinari e montane ed al recupero di aree che altrimenti rimarrebbero incolte. In questa forma di associazionismo la Regione Piemonte crede, avendo recentemente approvato una legge a Palazzo Lascaris. All’argomento dedica un convegno l’Uncem regionale. L’appuntamento è venerdì 19 maggio a Settimo Vittone, nella sala del consiglio comunale alle ore 20.30. Intervengono il sindaco e presidente dell’Unione montana, Sabrina Noro, il presidente di Uncem Piemonte Lido Riba, e i dottori forestali Roberta Benetti e Paolo Piatti, autori del piano degli alpeggi dell’Unione montana.
Massimo Iaretti