CRONACA- Pagina 1269

E’ arrivato il generale Inverno, ma pioggia e neve si fanno ancora attendere in pianura

E’ arrivato il freddo invernale in Piemonte, ma non si prevedono precipitazioni se non irrisorie. Da qualche giorno il termometro è sotto lo zero anche in pianura. La scorsa notte la minima  è stata -1.9 nel centro di Torino. Ben più freddo sulle montagne, dove la temperatura è scesa a -30, domenica scorsa, sul Monte Rosa, e a  -20 nel parco del Gran Paradiso. Le previsioni parlano di pioggia e neve da venerdì e potrebbero portare qualche nevicata  a bassa quota, anche se l’aria fredda dal Nord Europa è molto  asciutta. Sempre in vigore in tutto il Piemonte il decreto di massima pericolosità per gli incendi boschivi facilitati dal vento sulle montagne.

La Regione sull’Oftalmico: “Trasloco graduale e servizi garantiti”

Il Consiglio straordinario sull’Oftalmico si è concluso con l’approvazione di un Ordine del giorno che prevede cinque punti. Il testo, primo firmatario Paolo Allemano (Pd) è stato approvato a maggioranza e impegna la Giunta “a procedere alla riallocazione territoriale dei servizi di oftalmologia in maniera graduale, con tempistiche e modalità ben definite, in modo da assicurare la piena continuità e accessibilità ai servizi”. Si chiede anche la garanzia che “le due Strutture complesse abbiano la disponibilità di tutto il personale sanitario necessario” e che sia assicurata una “nuova allocazione dei servizi e delle attività che consenta un più efficiente ed efficace utilizzo delle risorse disponibili e, dunque, una riduzione delle liste d’attesa”. Si pensa anche all’edificio e “tenuto conto del ruolo storicamente acquisito dall’Ospedale Oftalmico” si chiede “che nei locali di via Juvarra a Torino sia ospitata una Casa della Salute” anche per un “primo orientamento all’utenza e di accompagnamento alla certificazione della disabilità legata a patologie oculari; a mantenere, infine, nell’Ospedale Oftalmico quelle attività in ambito oculistico di carattere ambulatoriale che si sono affermate in questi decenni, quali l’ortottica e l’ipovisione”. La seduta straordinaria sulla chiusura e sullo spostamento del Pronto soccorso del Presidio Oftalmico ha riguardato anche il progetto della rete oculistica torinese ed è stata richiesta da Gian Luca Vignale (Mns) e sottoscritta dai gruppi di opposizione. Il consigliere ha sottolineato che in più occasioni l’Assemblea ha contestato il fatto che il Presidio venga ridotto a uno “spezzatino” tra le strutture di via Cherasco e il San Giovanni Bosco. C’è molta preoccupazione, ha aggiunto, perché a suo avviso è materialmente impossibile garantire nelle dieci stanze di via Cherasco i medesimi servizi e pari assistenza alle migliaia di utenti che si rivolgono ogni anno all’Oftalmico. “Un’amministrazione può sbagliare ma non perseverare – ha concluso -. Chiediamo alla Giunta e al Consiglio di fare un passo indietro”. L’assessore alla Sanità Antonio Saitta ha affermato che la chiusura dell’Oftalmico è stata una scelta della Giunta precedente. E che quando quella attuale ha cominciato ad affrontare il tema, ha voluto evitare gli errori commessi con la chiusura dell’Ospedale Valdese, la cui decisione venne presa dall’oggi al domani e senza pensare a strutture alternative in cui allocare i servizi. Si è poi detto sicuro che “la creazione di una rete oculistica per la Città di Torino e l’istituzione di reparti di oculistica in due grandi ospedali torinesi, che ne erano sprovvisti, porterà a una crescita dell’offerta sanitaria e a un aumento della sicurezza per i pazienti”.

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IL DIBATTITO IN AULA

Nel corso del dibattito sono intervenuti i consiglieri Davide Bono e Gian Paolo Andrissi (M5s) che hanno accusato l’assessore “di aver trasformato un disastro annunciato in un potenziamento della rete cittadina dal momento che lo smembramento dell’Oftalmico sarà una disgrazia per la Sanità piemontese e che persino la maggioranza mostra di dar segni di vita sull’argomento”. “Siamo disposti a interrompere la polemica politica – hanno assicurato – per dare vita a una delibera che offra certezze agli operatori e agli utenti”. Per Stefania Batzella (Mli) “difficilmente l’assessore si è confrontato con gli operatori sanitari che ogni giorno operano all’interno del Presidio perché, se lo avesse fatto, un po’ di dubbi sul trasferimento gli sarebbero sorti”. In via Cherasco – inoltre – “la prima cosa che colpisce è la presenza di barriere architettoniche e tutti i reparti, a eccezione di quelli appena ristrutturati, sono decrepiti e pieni di crepe” e ha ricordato le firme dei 90mila cittadini contro la chiusura. Per Forza Italia sono intervenuti Daniela RuffinoClaudia Porchietto Gilberto Pichetto, che hanno domandato come s’intenda far fronte all’emergenza con lo “smantellamento di un ospedale che vede una media di 53mila passaggi l’anno al pronto soccorso e un tempo medio di 44 minuti d’attesa”. Il trasferimento del Presidio è secondo Forza Italia “una scelleratezza politica” ed è “mancata l’attivazione di un tavolo di confronto così come una presa di posizione da parte della sindaca di Torino”. Pichetto ha aggiunto che il problema non è tanto mantenere la sede quanto mantenere l’integrità, l’unitarietà del servizio offerto, trasferendo in toto la struttura magari alla Città della Salute. Per il Partito democratico sono intervenuti Allemano e Davide Gariglio infastiditi dal fatto che “si dipinga la maggioranza come un gregge che si risveglia dal sonno”. Sarebbe grave, hanno aggiunto, tornare indietro su quanto previsto nel piano di rientro o ridurre i servizi per i cittadini. L’Oftalmico, hanno ribadito, non viene chiuso ma riallocato in due “hub” torinesi: “chiediamo che tale processo venga fatto garantendo la qualità dei servizi, macchinari efficienti e il personale medico necessario e che i locali dell’Oftalmico vengano trasformati in un ospedale di comunità. È fondamentale, a questo proposito, che i cittadini vengano informati nei particolari sulla nuova allocazione dei servizi, che sappiano dove andare, che gli spostamenti siano graduali e venga mantenuta l’operatività dei servizi”. Prima dell’approvazione dell’ordine del giorno di Allemano (Pd) l’Assemblea ha bocciato gli atti d’indirizzo presentati rispettivamente dai primi firmatari Vignale (Msn) Bono (M5s) e Pichetto (Fi) che sostanzialmente chiedevano di preservare la struttura.

 

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Donna cade dalla bici e muore

Una donna di 40 anni, ieri sera, è morta cadendo dalla bici mentre percorreva corso Massimo d’Azeglio, all’altezza di corso Marconi. Trasportata alle Molinette, in gravissime condizioni, è deceduta in breve tempo.La polizia municipale sta cercando testimoni per accertare se si è trattato di un malore o se la donna è stata investita da un pirata della strada.

Tre detenuti del Ferrante Aporti danno fuoco alla cella: due in gravissime condizioni

La Segreteria Regionale FNS CISL della Polizia penitenziaria ha reso noto che ieri alle 17.30 tre detenuti maggiorenni, uno marocchino, uno italiano ed uno ucraino, hanno appiccato il fuoco alla loro cella bruciando i materassi, per futili motivi. Due  di loro sono in gravissime condizioni in prognosi riservata, tutti ricoverati al CTO reparto grandi ustioni e sono dovuti intervenire i Vigili del Fuoco per spegnere il rogo. Commenta in una nota il sindacato Fns Cisl: “purtroppo l’escalation di violenza all’interno del carcere continua, ma il Dipartimento di Roma invece di risolvere le problematiche si disinteressa e non fa altro che peggiorare la situazione. Allucinante  è il fatto, che qualche ora prima dell’incendio, i colleghi di Bologna abbiano portato 3 nuovi detenuti per sfollamento, su ordine del Dipartimento, al carcere del Ferrante che è anch’esso affollato e anche senza personale. Torino è stata abbandonata al suo destino ed ai suoi problemi, che crescono giorno dopo giorno. Invece di mandare un Direttore, un Comandante e nuovi Agenti, il Dipartimento Minorile pensa di poter risolvere accorpando i servizi per recuperare più risorse. Questo modus operandi sta portando il carcere al collasso ed il gravissimo episodio non fa altro che dimostrare la triste realtà”.

4^ MARATONINA DELLA FELICITA’

Ottimo risultato organizzativo e di partecipazione per la 4^ Maratonina della Felicità, facilitata da una giornata splendida
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Nonostante il blocco auto, circa 500 partecipanti al via tra i quali, come sempre, podisti di ottimo livello (1h e 20 minuti il tempo impiegato dal più veloce partecipante alla 21 km), persone alle prime armi persino in una 5 km e tanti appassionati della corsa e della camminata sportiva che si sono cimentati a scelta sugli anelli da 10 o 21 km.
Il percorso principale – scandito da 21 pannelli alti 2 metri con i messaggi di buon senso tratti dalla guida scritta da L. Ron Hubbard intitolata appunto “La Via della Felicità” – è stato apprezzato da molti sia per la sua qualità tecnica e paesaggistica che per il suo il significato sociale.
La Maratonina della Felicità infatti vuole essere anche un veicolo di integrazione e di sensibilizzazione, di convivenza e di coinvolgimento andando non a caso a svilupparsi in aree significative e critiche delle periferie torinesi, con l’obiettivo a medio termine di contribuire in modo determinante alla riqualificazione di queste stesse aree. 
Tra i rappresentanti delle istituzioni il presidente della Circoscrizione 7 Luca Deri ha dato formalmente il via alla corsa assieme all’ultramaratoneta Simone Leo reduce dalla sua ultima impresa sportiva, ultramaratoneta piemontese finisher della Atene – Sparta – Atene490 km no stop e co-fondatore della Maratonina della Felicità.
L’associazione Fitwalking Settimo Chilometro si è aggiudicata il primo premio per i gruppi numerosi, al secondo posto Peace Road, terzi classificati O.A.S.I. di Cantù.
Beppe Tesio, presidente dell’associazione PRO.CIVI.CO.S. onlus, ideatrice e organizzatrice della Maratonina della Felicità nata nel 2014, ringrazia tutti “gli sponsor, i partner, la Polizia Municipale, le istituzioni e i numerosi volontari di altre associazioni che hanno contribuito in modo determinante all’ottima riuscita di questa edizione”. L’appuntamento è ormai d’obbligo al 2018. 

Rivalta da oggi è città

Mille anni di storia Il 25 ottobre scorso il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato il decreto presidenziale con cui attribuisce a Rivalta il titolo di Città. Si tratta di un riconoscimento che viene concesso ad alcuni Comuni in virtù della loro storia, del loro patrimonio artistico e culturale e per l’attuale importanza. Rivalta ha da poco compiuto i suoi primi mille anni ed è ricca di storia, di cultura e di tradizioni. Così il sindaco di Rivalta di Torino Nicola de Ruggiero: «Il primo ringraziamento sincero va al nostro Presidente per la fiducia che ha voluto accordare alla nostra comunità, al Ministro dell’Interno Marco Minniti per aver relazionato positivamente al Presidente e al Prefetto Renato Saccone per aver seguito con cura la nostra richiesta». «È una notizia che abbiamo accolto con emozione e orgoglio, in quanto si tratta di un riconoscimento che viene concesso solo ad alcuni Comuni, con caratteristiche e storie peculiari. È il giusto riconoscimento alla storia millenaria di Rivalta. Una storia ricca di cultura, di natura e di memoria. Una storia di lavoro e fatica, prima nei campi e poi nelle fabbriche». «Rivalta ha vissuto da protagonista gli anni della Liberazione e della lotta partigiana, dell’industrializzazione e della deindustrializzazione, dell’immigrazione degli anni cinquanta e di quella di oggi». Il titolo di Città non porterà più risorse nelle casse comunali, né contribuirà, da solo, a migliorare la qualità della vita dei rivaltesi. Non si tratta però neanche di un semplice cambio di nome. «Diventare Città -ha detto ancora Nicola de Ruggiero- vuol dire continuare a valorizzare le peculiarità della cultura locale che non risiedono solo negli edifici e nelle tradizioni, ma anche e soprattutto nelle persone, vecchie e nuove, che hanno scelto di abitare a Rivalta. Il compito che abbiamo adesso di fronte è non deludere la fiducia che il Presidente Mattarella ha voluto accordare alla nostra comunità». Rivalta nei prossimi mesi organizzerà incontri e appuntamenti in tutti i quartieri, per far conoscere e per far vivere questo riconoscimento nei rivaltesi. Si comincia già il 16 dicembre prossimo, giorno in cui verrà inaugurata la nuova Biblioteca nelle sale Castello.

FLASH MOB FOTOGRAFICO DEI BAMBINI PER CHIEDERE FONDI AL COMUNE

 

Questa mattina si è svolto il girotondo degli alunni per chiedere al Sindaco Chiara Appendino il ripristino dei fondi tagliati, un aumento di quelli destinati all’handicap e la puntualità del Comune nei pagamenti alle scuole

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Grande partecipazione al primo flash mob fotografico dei bambini delle scuole materne paritarie convenzionate di Torino. Dalle 9:30, infatti, in concomitanza con l’incontro della Giunta nel quale si discuteva la petizione* presentata da oltre 1.800 genitori contro i pesanti tagli previsti dall’amministrazione guidata da Chiara Appendino, nelle loro aule, alunni e insegnanti hanno manifestato vicinanza all’appuntamento in corso a Palazzo Civico attraverso un colorato girotondo. Il messaggio: “Non siamo bambini di serie B!”. Le foto e i video dei girotondi dei diversi istituti sono stati raccolti sulla pagina Facebook GeniTori Noi, piazza virtuale dove da qualche mese si sono spontaneamente raccolti migliaia di genitori torinesi contrari alla decurtazione dei fondi alle scuole dei propri figli. Nel Bilancio 2018, il Comune di Torino ha previsto, infatti, un taglio di 500.000 euro al finanziamento di 3 milioni spettante alle materne paritarie convenzionate, una sforbiciata pari al 16% che mette in difficoltà le strutture, il personale e le famiglie. A Torino, le scuole materne paritarie convenzionate svolgono un servizio essenziale perché accolgono 5.500 bambini – per i quali non c’è posto nelle altre strutture, né nelle comunali paritarie né nelle statali –, hanno tariffe imposte dal Comune, non hanno scopo di lucro e non possono, come accade invece per quelle private, determinare la retta mensile di frequenza a loro piacimento. Oggi, senza i fondi su cui hanno sempre potuto contare, queste scuole sono costrette a chiedere prestiti in banca e, soprattutto, non riescono più far fronte agli stipendi dei loro dipendenti. Molte, infatti, a causa del ritardo nell’erogazione dei fondi da parte del Comune non stanno pagando gli stipendi dal mese di agosto e i 550 dipendenti rischiano così il loro posto di lavoro. Inoltre, per trovare una soluzione alla riduzione dei finanziamenti comunali, alcuni istituti stanno chiudendo o si stanno trasformando in strutture private, mentre la maggioranza si è vista costretta ad aumentare le rette, gravando sui bilanci delle famiglie che, pur essendo contribuenti al pari delle altre, si sono trovate nuovamente svantaggiate. I genitori presenti all’incontro in Comune hanno chiesto, quindi, il ripristino per le scuole materne paritarie convenzionate dei fondi comunali pari a 3 milioni di euro ante taglio operato dalla giunta Appendino nel mese di maggio 2017, con assegnazione a parte dei fondi per handicap pari a 14.000,00 euro a bambino (cioè copertura totale fuori da fondi generici), nonché il rispetto del pagamento della rateizzazione concordata con il Comune per i contributi relativi all’anno 2016 (finora, infatti, sono state pagate dal Comune di Torino solo 7 rate delle 10 previste, mentre i fondi relativi all’anno 2017 non sono stati nemmeno ancora presi in considerazione). Infine, la delegazione dei genitori ha chiesto spiegazioni sulla disparità di trattamento che vedrebbe assegnati dal Comune oltre 50 milioni di euro alle scuole materne comunali, anch’esse paritarie, che in totale ospitano circa 7.800 bambini, a fronte di soli 3 milioni (decurtati ora del 16%) alle paritarie convenzionate (per 5.500 bambini). Perché questa differenza? I genitori lamentano che a Torino ancora esistono bambini di serie A e di serie B: in tema di diritti scolastici, infatti, non a ogni bambino vengono destinati gli stessi fondi, che però tutte le famiglie pagano attraverso le tasse, ma ad alcuni viene destinato molto, e, ad altri, viene tagliato da quel poco che gli spettava. Ecco perché anche dalle scuole si è alzato il grido: “Siamo tutti uguali!”.

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GeniTori Noi

Siamo un gruppo di genitori di bambini iscritti alle scuole materne paritarie convenzionate con il Comune di Torino. Recentemente abbiamo sentito la necessità di organizzarci e iniziare a strutturarci per far sentire la nostra voce in opposizione alla decisione del Sindaco Chiara Appendino di prevedere nel Bilancio del 2018 pesanti tagli ai fondi destinati alle nostre scuole.  Crediamo fortemente nella libertà di scelta educativa sancita dalla nostra Costituzione che all’articolo 30 afferma che “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli”, principio che ha ispirato la legge sulla parità scolastica 62/2000 che conferma, infatti, proprio questa libertà, stabilendo che esiste un solo sistema scolastico nazionale, in cui confluiscono istituti statali e istituti non statali paritari. La nostra posizione avversa ai tagli alle scuole materne paritarie convenzionate è fortemente condivisa in Città: lo scorso 3 maggio si è svolta anche una manifestazione pacifica sulla piazza del Comune durante la quale sono state consegnate a rappresentanti della Giunta Appendino oltre 9.500 firme, raccolte in pochi giorni, di cittadini che chiedevano, come noi, la sospensione del provvedimento.  La piazza sulla quale ci ritroviamo per confrontarci e informarci reciprocamente è la nostra pagina Facebook GeniTori Noi https://www.facebook.com/1genitorinoi/

Il ’67 cinquant’ anni dopo: “E io difendo Mario Allara”

di Pier Franco Quaglieni

Ma ci furono anche professori che non subirono. Giovanni Getto (grande italianista che aveva anche alcune fisse curiose) chiese l’intervento della Polizia denunciando l’interruzione di un pubblico servizio, quando gli venne impedito di tenere la sua lezione


Lunedì’ 27 novembre 1967-esattamente cinquant’anni fa- ebbe inizio a Palazzo Campana ,sede delle Facoltà umanistiche, la contestazione con l’occupazione da parte di un gruppetto di studenti nell’aula magna di via principe Amedeo. Nessuno colse l’importanza del fatto relegato in un articoletto delle cronache locali. Ricordo che nel dicembre dello stesso anno si tenne al teatro Carignano un convegno liberale importante e nessuno -parliamo di personalità come Firpo, Ricossa, Passerin d’Entrèves- fece cenno a quanto accaduto pochi giorni prima. Per altri versi, già in altre università straniere si era saggiato il clima contestativo che stava montando. Pannunzio che chiuse il suo giornale nel 1966,vedendo conclusa un’esperienza, colse perfettamente il senso di ciò che stava accadendo nelle università e ne colse il significato eversivo e profondamente illiberale. Pannunzio sentì quei giorni tra ’67 e ’68 -morì nel febbraio del 1968 e si fece seppellire, lui laico con i “Promessi sposi” di Manzoni che i contestatori avrebbero volentieri bruciato -come un’ubriacatura prodotta dalle ideologie superbe  e totalizzanti del secolo breve. In effetti ciò che accadde a Torino con l’occupazione porterà ad un ’68 molto lungo che in parte è arrivato a lambire i nostri tempi. Ci fu allora la resa all’illegalità, al ribellismo, al rifiuto del rigore negli studi, all’utopia egualitaria, all’ arbitrio trasgressivo e  autoreferenziale più assoluto. E’ vero che allora la scuola e l’Università in Italia  erano severe e selettive, ma esse sfornavano giovani preparati, perché in prevalenza  “capaci” e “meritevoli” ,come sanciva la Costituzione. La battaglia per il rinnovamento divenne subito la battaglia per la parità tra docente e discente, l’abolizione della valutazione, il superamento dei piani di studi. L’autogestione fu la parola magica che risuonò a Palazzo Campana.

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Alcuni contestatori come Luigi Bobbio che provenivano da famiglie colte, non subirono danni dal blocco delle lezioni. Vittorio Rieser e Anna Bravo erano già laureati e potevano anche  permettersi il lusso di occupare. Il danno, di fatto la perdita di un anno accademico, colpì invece la grande maggioranza degli studenti. Soprattutto i meno abbienti e gli studenti itineranti furono molto danneggiati perché le lezioni ripresero quasi regolarmente solo nel 1969. Se posso citare il mio esempio personale, l’anno perso tra il ’67 e il ’68 non riuscii più a recuperarlo , malgrado abbia poi dato dodici esami in sei mesi per rimettermi in pari. Devo dire, onestamente, che quei dodici esami in pochissimo tempo furono possibili perché le maglie della valutazione in tante discipline erano state allargate in seguito alla contestazione e alla paura indotta in tanti docenti che si arresero senza combattere. Ma ci furono anche professori che non subirono. Giovanni Getto (grande italianista che aveva anche alcune fisse curiose) chiese l’intervento della Polizia, denunciando l’interruzione di un pubblico servizio, quando gli venne impedito di tenere la sua lezione. Gli scrissi un bigliettino di solidarietà a cui il maestro rispose con una letterina molto gentile. Con ogni probabilità fui l’unico a scrivergli. L’allora Sindaco di Torino Giuseppe Grosso ,giurista di altissimo livello, non cedette al facilismo preteso a gran voce dai contestatori. Il rettore Mario Allara combattè a viso aperto la battaglia per difendere l’Università. Venne sbeffeggiato e insultato: Viale lo definì un imbecille e un tormentatore di studenti. Allara era un uomo straordinario che imponeva agli altri la stessa severità che imponeva a sé stesso. Avevo il senso di un dovere kantiano che pochi ebbero la capacità di comprendere.  Gli storici Aldo Garosci  e Franco Venturi  non si arresero. Alcuni forse erano baroni un po’ troppo severi, ma una parte dei contestatori divennero dei baronetti destinati a loro volta di diventare baroni. La maggioranza dei professori preferì apparire progressista e democratico, calando le brache. Non solo nell’Università ,ma anche nelle scuole superiori dove il preside del “Cavour” Luigi Vigliani venne definito fascista solo perché voleva ripristinare l’ordine nel suo istituto.

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Un esempio negativo per eccellenza fu quello di Guido Quazza che sostenne che nella contestazione c’era la continuazione della Resistenza tradita. Una affermazione che uno storico come lui non avrebbe potuto sostenere perché falsificava la verità storica. Così finì di legittimare anche la violenza, assumendosi una gravissima responsabilità.  Non sarebbe giusto vedere nei contestatori di 50 anni fa degli scansafatiche che produssero solo guasti  senza pagare prezzi,anzi costruendo molte carriere di successo. Ha ragione Giovanni De Luna nel difendere le ragioni di chi come lui scelse la via della contestazione.
Ma, se è vero che in quelle giornate di novembre del 1967 si posero tanti problemi ,è altrettanto vero che non arrivarono proposte e  soluzioni praticabili. Prevalse la provocazione fine a sè stessa e quindi sterile.
Anzi, dalla contestazione studentesca si passò ben preso all’idea della rivoluzione e dell’operaismo, trascurando i problemi della scuola. In quel momento venne anche fuori uno degli aspetti positivi della contestazione che portò ad una liberalizzazione del sesso che portò ad un superamento di una visione stantia e superata del rapporto  tra uomini e donne, anche se le contestatrici furono più addette al ciclostile che alla discussione politica nelle assemblee. Forse, però, il superamento del bigottismo sessuale ci sarebbe stato anche senza il ’68,magari in tempi più lenti, perché certe arretratezze italiane si stavano superando. Io ricordo che le stesse ragazze che nell’estate del ’67 non erano disponibili a rapporti sessuali completi, come si diceva allora, nell’estate dell’anno successivo si resero pienamente disponibili, per non apparire “retrograde”, al sesso. Lo Stato italiano cedette alla contestazione ,i ministri della Repubblica furono vili e Fiorentino Sullo agli esami di Maturità del ’69 fece una riforma ,destinata a restare in vigore per decine d’anni, che rese una burletta un esame che segnava il passaggio da un’età all’altra delle vita dei giovani. Solo Giorgio Amendola ebbe il coraggio di difendere l’esame di Maturità selettivo, passaggio da superare per prepararsi alle ben più dure  prove che la vita avrebbe riservato. Il Pci cavalcò la contestazione finché pensò che gli fosse utile, salvo poi essere a sua volta contestato. Io passai le domeniche in tutta la primavera -estate precedente alla Maturità  a studiare la “Divina Commedia” , servendomi di più commenti. E non ero certo un “secchione”, né un allievo modello, ma lo sforzo finale diventava una scelta obbligata.

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Anche docenti considerati progressisti come il latinista Vincenzo Ciaffi vennero svillaneggiati.
Con un qualche stupore ho letto che Luigi Rossi di Montelera che non vidi mai in prima fila nel fronteggiare la contestazione,oggi si vanta di aver capeggiato gli studenti che volevano la ripresa delle lezioni.Ad onor del vero, a combattere quella battaglia che coniugava il rinnovamento del studi con la loro serietà fu solo “Riforma democratica universitaria” che già nel nome indicava la strada non della negazione di per sé ,ma della proposta. E non posso dimenticare di aver trovato nel rettore Allara, ancora oggi definito “odiato”, un interlocutore che mi ricevette nel suo studio di via Po e mi intrattenne oltre un’ora a parlare.Se si vuole ricostruire la storia di quelle giornate  “formidabili”, per usare un aggettivo caro a Mario Capanna ( che fu leader della contestazione milanese ed oggi rivendica il vitalizio parlamentare ) bisogna andare oltre le celebrazioni ed i miti , oltre, ovviamente le demonizzazioni aprioristiche. Chi continua ad autocelebrarsi dopo 50 anni non contribuisce a storicizzare quel periodo che, non dimentichiamolo mai, fu il brodo di coltura in cui nacquero i movimenti estremisti di “Lotta continua” e di “Potere operaio”. Da quei movimenti a cui parteciparono i contestatori torinesi di 50 anni fa ,nacque l’omicidio del commissario Luigi Calabresi  e il terrorismo  che insanguinò Torino. Proprio negli stessi giorni di novembre di dieci anni dopo Carlo Casalegno ,colpito a morte sotto casa, era  agonizzante all’Ospedale Molinette e si spense il 29 novembre 1977. Tra le date dell’inizio della contestazione e la data della uccisione di Casalegno  ci sono dieci anni in cui l’Italia venne sconvolta, ma non rinnovata.
All’eskimo e ai jeans della contestazione io continuo a preferire ,senza incertezze, le grisaglie doppio petto di Pannunzio che-riconobbe Alberto Arbasino-erano il simbolo di una civiltà fondata sulla democrazia, sulla libertà e sulla tolleranza che la contestazione cancellò, sbandierando slogan ad effetto, vedendo in Che Guevara e in Mao i nuovi “idola fori” a cui inneggiare. Giustamente Bacone li considerava dei pregiudizi della mente e in effetti lo furono. Gran parte degli intellettuali si unì al coro della contestazione. Solo pochi isolati come Ceronetti, Montale, Prezzolini, Casalegno, Romeo, Luraghi, Spadolini, Valiani, Montanelli non si unirono al coro. La gran maggioranza firmò addirittura l’infame manifesto che decise l’uccisione di Calabresi e solo pochi si pentirono di averlo fatto.

La settimana inizia con il blocco auto fino a Euro 5. Ma lo smog dovrebbe diminuire

Da domenica,  a Torino è scattato  il divieto di circolazione per i veicoli diesel fino a Euro 5, oltre che per  per quelli a benzina, gpl e metano Euro 0. L’aumento del tasso di pm10 ha fatto decidere alla giunta comunale di inasprire le misure anti-smog. Il blocco del traffico è in vigore dalle 8 alle 19 per i veicoli adibiti al trasporto persone. Invece dalle 8:30 alle 15 e dalle 17 alle 19 non potranno circolare quelli adibiti al trasporto merci (gpl/metano possono circolare). Ieri nella zona centrale Ztl, per la domenica ecologica,  il blocca ha riguardato tutti i mezzi di trasporto privati dalle 10 alle 18. Poiché il livello delle Pm10, nei giorni scorsi, ha doppiato i limiti di legge, anche se secondo l’Arpa, è probabile che i valori tornino nella norma, al momento l’amministrazione comunale conferma il blocco delle auto diesel fino all’Euro 5 anche per la giornata di lunedì 27 novembre.

PARTE DA TORINO #CONIBAMBINI – TUTTA UN’ALTRA STORIA, PER LA LOTTA ALLA POVERTÀ EDUCATIVA MINORILE

E’ la manifestazione nazionale itinerante #Conibambini – Tutta un’altra storia, per incontrare e ascoltare i ragazzi, le scuole, le associazioni, le fondazioni e in generale le “comunità educanti” di Italia

La tappa torinese, con i ragazzi delle scuole piemontesi, si svolgerà al Teatro Nuovo di Torino(C.so Massimo D’Azeglio 17), dalle 10.30 alle 12.00. L’evento è promosso da Con i Bambini,Compagnia di San PaoloFondazione CRTFondazione CRC, in collaborazione con l’Associazione delle Fondazioni di origine bancaria del Piemonte.

 

Un evento che metterà al centro gli adolescenti attraverso il racconto e la condivisione di esperienze, mostrando come i limiti imposti da condizioni svantaggiate possano, talvolta, trasformarsi in opportunità.

 

L’obiettivo è infatti quello di condividere idee e buone pratiche, far emergere le criticità e i bisogni di quella generazione talmente liquida da sembrare invisibile. Si parte dall’utilizzo di tre parole chiave (povertà educativa minorile, periferie e comunità educante) che potrebbero cambiare il presente e il futuro di molti bambini e ragazzi, costretti a vivere in situazioni di marginalità, mancanza di opportunità e accesso, in contesti di povertà dove la comunità educante, adeguatamente sostenuta, può offrire risposte concrete per il futuro dei giovani e del Paese. 

 

A raccontare le proprie storie saranno Alessandro (Laureando in Scienze Motorie, Università degli Studi di Torino), Maria (studentessa del Politecnico di Torino), Ivana (Studentessa di Diritti Umani ed Internazionali, Università degli Studi di Torino), Esa (Direttore dell’Orchestra Pequenas Huellas di Torino).

Con loro: Oney Tapia (Campione Paraolimpico Rio 2016); Loredana Errore (cantante); Luigi Mastrangelo (Campione di pallavolo); Gianpaolo Anastasi (Educatore parkour – Tor Bella Monaca – Roma).

 

Sui temi della campagna interverranno: Carlo Borgomeo (Presidente di Con i Bambini);Giovanni Quaglia (Presidente Fondazione CRT e Presidente dell’Associazione delle Fondazioni di Origine bancaria del Piemonte); Francesco Profumo (Presidente Compagnia di San Paolo);Giandomenico Genta (Presidente Fondazione CRC). A condurre l’evento l’incontro sarà Celeste Savino (Rai Gulp).

 

La campagna rientra nelle iniziative di comunicazione sociale del Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile, ed è promossa da Con i Bambini, soggetto attuatore del Fondo: attraverserà il paese da Nord a Sud, incontrando i ragazzi e le comunità educanti dei territori (scuola, famiglia, terzo settore, fondazioni, enti locali, università, ecc.), per ascoltarli e condividere con loro idee e buone pratiche di alleanze educative e di contrasto alla povertà educativa minorile.

 

Nei prossimi mesi la manifestazione farà tappa a Reggio Emilia, Milano, Napoli, Brindisi, Catania e si concluderà nella prossima primavera a Roma, data in cui le storie raccolte durante la campagna verranno simbolicamente consegnati alle istituzioni

Il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile nasce da un’intesa tra le Fondazioni di origine bancaria rappresentate da Acri, il Forum Nazionale del Terzo Settore e il Governo. Sostiene interventi finalizzati a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori. Per attuare i programmi del Fondo – la cui dotazione è di 360 milioni di euro per tre anni – a giugno 2016 è nata l’impresa sociale Con i Bambini, organizzazione senza scopo di lucro interamente partecipata dalla Fondazione CON IL SUD. In poco più di un anno sono stati pubblicati tre bandi e approvati i primi 80 progetti relativi alla fascia di età 0-6 anni.

Info su www.conibambini.org