Rubrica a cura di ScattoTorino
Non è un coworking nel senso tradizionale, ma un laboratorio per l’imprenditoria che punta su un ecosistema di risorse, opportunità di collaborazione e stimoli per aumentare l’impatto positivo generato sulla società. Fondato da 8 “pionieri” che credono nelle potenzialità di Torino e hanno voluto riportare il modello internazionale già esistente anche all’ombra della Mole, Impact Hub Torino sorge in piazza Teresa Noce 17d negli spazi della ex fabbrica di cavi elettrici Incet. Un quartiere che si sta appropriando di una nuova identità anche grazie a questo luogo in cui hanno sede alcuni dei principali attori dell’open innovation locale. ScattoTorino ha incontrato Laura Cosa, Co-founder e CEO di Impact Hub, che ci ha raccontato qual è il format di questa community che conta 102 sedi tra Europa, Nord e Sud America e oltre 16.000 iscritti. Dopo la laurea cum laude in Finanza conseguita presso l’Università degli Studi di Torino e due esperienze di studio all’estero, in India e in Cina, Laura ha lavorato nel settore della microfinanza, è stata responsabile dello sviluppo di progetti in Italia, Europa e Africa della ONG francese PlaNet Finance (oggi Positive PlaNet) guidata dall’economista Jacques Attali e nel 2013 ha conseguito il diploma di Certified Expert in Microfinance presso la Frankfurt School of Finance & Management.
Cos’è Impact Hub?
“È una rete internazionale, una community di innovatori sociali. Ovvero di spazi che ospitano imprese, investitori, startup, organizzazioni, enti, associazioni e liberi professionisti accomunati dalla volontà di generare un impatto positivo sull’ambiente, sulla società e sul territorio. Ogni sede è interconnessa a livello locale e mondiale per cui possono nascere relazioni professionali sia legate al contesto in cui si opera sia di più ampio respiro”.
Impact Angels invece?
“Si tratta di una membership esclusiva per i Business Angels “ad impatto” cioè quegli investitori che sono interessati ad un target che sviluppa progetti imprenditoriali volti alla sostenibilità e che hanno la possibilità di incontrare delle startup ad alto impatto sociale che vengono selezionate dal nostro network. L’obiettivo è facilitare le relazioni tra questi due protagonisti del mercato che sono connessi tra loro”.
Ci presenti Angels for Women?
“Il club è composto da donne che sostengono l’imprenditoria femminile. In questo caso, così come con gli Impact Angels, siamo guidati dall’obiettivo di portare un cambiamento anche culturale nelle modalità di fare impresa. Oggi purtroppo si tratta di nicchie di mercato, ma l’idea è che in futuro diventino lo standard”.
Da chi è composto il team torinese?
“Quando abbiamo iniziato eravamo otto giovani che avevano studiato economia, ciascuno con declinazioni professionali diverse e complementari: Marilù Sansone, Davide Moletti, Alessandro Amelotti, Alessandro Straffolino, Alessandro Cappellini, Laura Casale, io e Paolo Russo, che è anche il Presidente. Ci conoscevamo già dai tempi dell’università e dell’AIESEC, l’associazione studentesca internazionale che ha valori affini ai nostri. Oggi Marilù ed io siamo operative full time, mentre altri tre co-founder ci supportano in base alle loro competenze. Abbiamo inoltre dei collaboratori e dei tirocinanti dell’Università di Torino. Per loro è una bella opportunità perché il nostro è un mondo lavorativo diverso da quello tradizionale e infatti abbiamo avuto dei feedback positivi da parte di molti, che hanno definito quella con noi un’esperienza illuminante. Oltre ai fondatori abbiamo una compagine societaria aperta ad altri investitori del territorio che hanno deciso di far parte del progetto e che si occupano di innovazione con un ruolo attivo”.
Quali sono i plus di una struttura fluida come la vostra?
“Questo è un contesto professionale aggregativo perché grazie al coworking è possibile fare networking, trovare delle opportunità di business e confrontarsi quando si lancia un prodotto o un servizio nuovo avendo dei riscontri diretti e immediati. Anche noi di Impact Hub creiamo momenti di incontro e confronto grazie a degli eventi mirati. Di recente, ad esempio, il Relationship Manager di LinkedIn ha tenuto un corso di formazione sul personal branding. Inoltre organizziamo workshop gratuiti con esperti e trattiamo temi come l’innovazione e l’importanza di fare impresa e abbiamo degli strumenti che mettiamo a disposizione dei membri come i programmi di accelerazione e una serie di opportunità agevolate tramite i partner del territorio”.
Che cos’è la Global Community App?
“Si tratta di una piattaforma virtuale che connette gli oltre 16.000 Hubbers del mondo in cui gli iscritti possono chattare, far parte di gruppi tematici e creare connessioni professionali”.
E l’Impact Hub Passport?
“Chi fa parte della nostra rete può utilizzare gratuitamente, fino a 3 giorni all’anno, una postazione in una delle 102 sedi. Gli iscritti hanno gli stessi valori di condivisione, apertura mentale e professionale e spesso succede che si creino delle sinergie tra loro. In ottica di condivisione, ogni anno il network organizza due gathering: un incontro con i fondatori di Impact Hub di tutto il mondo che si tiene ogni volta in una città diversa; c’è poi un secondo meeting a livello europeo”.
Avete stretto una partnership con l’aeroporto di Torino. Di cosa si tratta?
“Da diverso tempo l’aeroporto ragiona su come trasformare il proprio spazio per essere più funzionale per i viaggiatori e tra i progetti aveva la creazione di location per riunioni o per il business. In questo periodo stiamo esplorando se la partnership funziona perché, dopo la prima fase di indagine sul campo, abbiamo attivato una sala riunioni che era già presente in aeroporto e ne stiamo monitorando l’utilizzo. I risultati sono interessanti e le grandi aziende che hanno manager che si spostano in Europa organizzano qui i meeting. Tra i plus ci sono il parcheggio gratuito e il fast track per accedere più velocemente all’area imbarchi”.
Quali eventi avete in calendario?
“C’è un palinsesto fisso con dei format che organizziamo con regolarità. Si tratta di incontri per la community: dai workbench mensili gratuiti per gli Hubbers e per gli esterni ai momenti di networking come la Sexy salad: un pranzo dove ognuno porta del cibo e vengono invitati ospiti speciali che presentano il loro progetto, se di valore per il gruppo. A marzo terremo un secondo corso per Business Angels che si svolgerà in 5 serate e interverranno esperti che affronteranno ognuno un tema specifico: da quello giuridico-fiscale alla scelta dell’investimento giusto”.
Fuckup Nights significa?
“È un format innovativo e internazionale nato in Messico ed esportato in più di 300 città. Si tratta di serate informali dove si raccontano storie di fallimento professionale perché tutti ci siamo passati e spesso i migliori successi sono figli di errori. Le storie possono essere di ispirazione, motivazione e condivisione e servono per aiutare gli altri. Tra gli ospiti abbiamo avuto Paola Gianotti, che nel 2012 ha dovuto chiudere l’azienda e si è reinventata decidendo di fare il giro del mondo in bici per battere il Guinness World Record come donna più veloce ad aver circumnavigato il globo. Altri protagonisti sono stati Fabio Zaffagnini geologo e imprenditore che ha fondato Rockin’1000 e Trail Me Up, Augusto Coppola managing director del programma di accelerazione per startup Luiss EnLabs, Francesca Corrado fondatrice della Scuola del fallimento, Alfredo Carlo founder di Housatonic e Gregorio Caporale imprenditore e socio della digital factory torinese Synesthesia. Il prossimo appuntamento è entro giugno e troverete le informazioni su torino.impacthub.net”.
Torino per te è?
“Durante l’università ho fatto delle esperienze all’estero e successivamente ho lavorato a Milano, ma sono tornata a casa perché Torino è l’ideale per creare una realtà di questo tipo. Prima di aprire Impact Hub ci siamo chiesti se avesse senso farlo e la risposta è stata sì perché questa è una città dalle dimensioni perfette per il proliferare delle iniziative dal basso. Abbiamo scelto un quartiere in via di riqualificazione perché ci piace far parte della trasformazione torinese che da città industriale diventa un luogo che punta sull’innovazione”.
Un ricordo legato alla città?
“Nel 2014 siamo partititi con l’idea di portare Impact Hub a Torino e abbiamo cercato una location. All’inizio non è stato facile, ma poi siamo approdati al progetto di riqualificazione della fabbrica di cavi elettrici Incet, che era in disuso, completamente degradata e la piazza di fronte al nostro spazio addirittura non esisteva. Abbiamo seguito tutte le fasi evolutive e oggi, quando entro nella nostra sede, ricordo lo stato di desolazione in cui versavano gli oltre 10.000 metri quadri e sono contenta che, anche grazie a noi, ci sia stato un rinnovamento. Abbiamo compiuto da poco il secondo compleanno e abbiamo voluto festeggiare per restituire ciò che abbiamo fatto in questo periodo, sottolineare cosa siamo e cosa vogliamo fare per il prossimo anno”.
Coordinamento: Carole Allamandi
Intervista: Barbara Odetto