ilTorinese

“Bianco al Femminile”. In mostra sei secoli di autentici capolavori tessili

Appartenenti alle Collezioni di “Palazzo Madama”

Fino al 2 febbraio 2026

Occasione contingente, il riallestimento della “Sala Tessuti”. Da questa pratica incombenza, nasce una mostra di notevole valore culturale, storico e didattico che racconta, attraverso sei secoli di altissima arte tessile una storia che passa per ricami minuti e intricati e preziosi merletti, arrivando al più iconico degli abiti femminili di colore bianco, il colore naturale della seta e del lino: l’abito da sposa. Si presenta così la mostra dal titolo (non per nulla) di “Bianco al Femminile” curata da Paola Ruffino e allestita nella “Sala Tessuti” di “Palazzo Madama” fino a lunedì 2 febbraio 2026. In rassegna, trovano adeguato spazio cinquanta manufatti tessili, appartenenti alle Collezioni del Palazzo che fu “Casa dei secoli” per Guido Gozzano, di cui sei restaurati per questa precisa occasione e quattordici esposti per la prima volta: autentici capolavori nati dal sorprendente lavoro (più che artigianale) passato, per tradizioni secolari, attraverso “mani femminili” che hanno operato con minuta diligenza sul “ricamo in lino medievale”, così come sulla lavorazione dei “merletti ad ago” o “a fuselli” o ancora sul “ricamo in bianco su bianco”. Donne artigiane, donne artiste, donne “autrici, creatrici, nonché raffinate fruitrici e committenti di tessuti e accessori di moda”. Comune fil rouge, per tutte, il colore bianco, colore “in stretta connessione, materiale e simbolica, proprio con la donna”. E che trova il suo massimo apice in Francia e in Europa, sul finire del XVIII secolo, complice il fascino esercitato dalla statuaria greca e romana su una moda che guarda, affascinata non poco, all’antico. “Le giovani – si legge in nota – adottano semplici abiti ‘en-chemise’, trattenuti in vita da una fusciacca; il modello del ‘cingulum’ delle donne romane sposate, portato alto sotto al seno, dà avvio ad una moda che durerà per trent’anni. I tessuti preferiti sono mussole di cotone, garze di seta, rasi leggeri, bianchi o a disegni minuti, come le porcellane dei servizi da tè”.

Dal XIV – XV secolo fino al Novecento (dietro l’angolo) l’iter espositivo prende avvio dai primi “ricami dei monasteri femminili”, in particolare di area tedesca e della regione del lago di Costanza (lavorati su tela di lino naturale e poi diffusisi, per la povertà dei materiali e per la facilità di esecuzione, anche in ambito domestico – laico, per la decorazione di tovaglie e cuscini) per poi passare a documentare la lavorazione del “merletto” nell’Europa del XVI e XVII secolo che vide protagonisti i lini bianchissimi e la straordinaria abilità delle “merlettaie veneziane e fiamminghe”. In rassegna una scelta di bordi e accessori in pizzo italiani e belgi illustra gli eccezionali risultati decorativi di quest’arte “esclusivamente femminile”, che nel Settecento superò gli stretti confini della casa o del convento e si organizzò in “manifatture”. E proprio l’inizio della “produzione meccanizzata” causò, nel XIX secolo, la perdita di quell’insostituibile virtuosismo nell’arte manuale del “merletto”, che riemerse invece nel ricamo in filo bianco sulle sottili “tele batista” (in trama fatta con filati di titolo sottile) e sulle “mussole” dei “fazzoletti femminili”. Quattro splendidi esemplari illustrano l’alta raffinatezza raggiunta da questi accessori, decorati con un lavoro a ricamo che restò sempre un’attività soltanto al femminile, anche quando esercitata a livello professionale.

L’esposizione si conclude nel XX secolo con uno dei temi che più vedono uniti la donna e il colore bianco nella nostra tradizione, l’ “abito da sposa”, con un abito del 1970, corto, accompagnato non dal velo ma da una avveniristica cagoule (cappuccio), scelta non scontata “che ribadisce la forza e la persistenza del rapporto tra l’immagine della donna e il candore del bianco”.

La selezione di tessuti è accostata nell’allestimento a diverse “opere di arte applicata”, fra cui miniature, incisioni, porcellane e legature provenienti dalle Collezioni del “Museo”. 

In occasione del nuovo allestimento delle Collezioni Tessili, “Palazzo Madama” propone, inoltre, un laboratorio di cucitura in forma meditativa” a cura di Rita Hokai Piana nelle giornate di sabato 15 e 22 marzo, 5 12 aprile,  dalle ore 10 alle ore 13. Tutte le info su: www.palazzomadamatorino.it

Gianni Milani

“Bianco al Femminile”

Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica, piazza Castello, Torino; tel. 011/4433501 o www.palazzomadamatorino.it

Fino al 2 febbraio 2026

Orari: lun. e da merc. a dom. 10/18; mart. chiuso

 

Nelle foto: “Sala Tessuti” (Ph. Studio Gonella); Caracò, Italia 1750-60; Corpetto, Germania sud-occidentale, 1750-75

Il bilancio della stagione 2024-2025 del Teatro Superga

Il teatro Superga chiude la stagione teatrale 2024-2025 con più di 7 mila spettatori, e oltre 30 mila partecipanti tra affitti ed eventi privati. 9 sono stati i sold out su 24 spettacoli in programma, 18 in cartellone al teatro Superga di Nichelino, 6 concerti di “lirica e musical a corte” nel Salone d’onore della Palazzina di Caccia di Stupinigi. Hanno registrato il sold out il nuovo spettacolo di Alessandro Bergonzoni “Arrivano i dunque (avannotti, sole blu e la storia della giovane saracinesca)” e il debutto di Alice Mangione “Cruda e nuda”, il primo spettacolo di stand up comedy da solista di una delle protagoniste dei più noti programmi comici italiani (La prova dell’8 di Caterina Guzzanti su MTV, Mai dire Martedì e Colorado), che ha raggiunto la notorietà nel 2022 con “LOL 2” su Prime Video. “Delirio a due” con Corrado Nuzzo e Maria Di Biase è stato un piccolo capolavoro del teatro dell’assurdo, e “Bouquet of madness”, il primo podcast tre crime dal vivo che tratta casi misteriosi e irrisolti. “Perestrojka e pancake” è stato l’ultimo spettacolo di stand up comedy, che ha debuttato come comico a Colorado, su Italia 1, e dal 2017 nel cast di Stand Up Comedy su Comedy Central. Su Rai 2 ha fatto parte del cast di “Battute?” e su Italia 1 è tornato come monologhista a Le Iene. Sold out anche u o dei tre spettacoli di TSN Next, con le compagnie emergenti del territorio: “Il mio Doc della compagnia C’è trippa per gli atti”, tratto da “Toc Toc”, commedia francese del 2005 di Laurent Baffie, riafattata e rielaborata da Davide Piconese, e “Shakespeare in musical” per la rassegna Lirica e Musical a Corte. Tra i protagonisti della stagione figurano anche Andrea Pennacchi con il suo nuovo spettacolo, e Paolo Benvegnù, che a vent’anni dalla pubblicazione del suo esordio solista “Piccoli fragilissimi film” ha portato sul palco una nuova versione “Reloaded” in uno dei suoi ultimi spettacoli.

“Siamo orgogliosi che il teatro Superga sia diventato un punto di riferimento per la cultura sul nostro territorio – commenta il Sindaco di Nichelino Giampiero Tolardo – vedere così tante persone scegliere di partecipare a una stagione così ricca e diversificata, dimostra che la comunità necessita di emozioni, cultura e condivisione dal vivo. Il nostro impegno è quello di continuare a sostenere una proposta teatrale cala e di includere, coinvolgere e far crescere in ogni senso la nostra città”.

“Questa stagione – spiegano i direttori artistici Alessio e Fabio Boasi, e Claudia Spoto – è il risultato di una visione che unisce passione, ascolto e sperimentazione. Abbiamo cercato di creare un programma che potesse sorprendere e accogliere, portando sul palco artisti noti, ma anche nuove voci da scoprire. I numeri confermano che il pubblico ha risposto con entusiasmo e partecipazione. Per noi ogni spettacolo è un’occasione per creare connessioni  tra palco e platea, tra tradizione e innovazione, tra teatro e comunità”

La stagione 24/25 del teatro Superga è promossa dalla Città di Nichelino e da Sistema Cultura, con il sostegno di Fondazione CRT e Regione Piemonte, in collaborazione con Piemonte dal Vivo.

Info – Teatro Superga – 011 6279789 biglietteria@teatrosuperga.it

Mara Martellotta

Spaghetti di Baviera

Quanti di noi, recandosi all’estero per lavoro o in vacanza, assaggiano i cibi e le bevande tipiche, magari ottenuti da cibi e sostanze a noi sconosciute?

Vi sono due scuole di pensiero al riguardo: una sostiene che sia corretto, e culturalmente preferibile, assaggiare i cibi tipici, come pure sforzarsi di imparare almeno i saluti nella lingua locale (o, perlomeno, parlata in loco) per apprendere la cultura del Paese che ci ospita; una seconda scuola ritiene che se non sappiamo cosa contengano i piatti locali, come siano cucinati e come abbinarli sia meglio cercare di procurarsi i piatti che conosciamo.

Inutile dire che io abbraccio sine conditio la prima filosofia: in Marocco ho assaggiato il cammello, in Turchia i panzerotti di montone conditi con kefir, in Romania a colazione la ciorbă de legume, una minestra di verdure condita con panna acida, e in Albania, sempre nella prima colazione in un mengjezore, ho mangiato testina di vitello marinata con riso pilaf accompagnati da vino rosso, nella Repubblica Dominicana ho mangiato presso una famiglia indigena nel parco nazionale del Este e così via nei vari Paesi del mondo in cui sono stato.

Personalmente, poiché ritengo che se viaggio per piacere e, dunque, ho scelto io di farlo, è perché voglio conoscere i luoghi, la cultura locale e, con essa, la cucina, la musica, i balli, gli abiti, la religione e molto altro.

Se poi ci si vanta di aver viaggiato nei Caraibi senza essere mai usciti dal villaggio, dove ci hanno scaricati col bus proveniente dall’aeroporto, allora forse è meglio non raccontare nulla delle vacanze; se, invece, si resta nel villaggio il tempo necessario a dormire ma si vuole conoscere tutto (o quasi) del posto in cui ci si trova, allora ecco che si potranno cercare i ristoranti locali, ci si documenterà prima di partire, chiederemo all’agenzia di viaggio o sul web e poi si deciderà con cognizione di causa.

Non è detto che i cibi che assaggeremo, la musica che ascolteremo o i profumi che sentiremo ci entusiasmino, ma almeno potremo parlare dopo aver provato, avendo sperimentato anziché farsi condizionare dai pregiudizi.

Anni fa, in un viaggio per i mercatini di Natale a Innsbruck, due mie vicine di autobus stavano decidendo dove andare a pranzo una volta giunte a destinazione; fortuna (loro) volle che proprio dove il bus ci scaricò ci fosse un ristorante che serviva cannelloni di magro, lasagne alla bolognese e altre specialità italiane; io ed i miei amici preferimmo un chiosco dove ordinammo brezeln salati, wurstel e crauti, birra per concludere con una fetta di apfelstrudel.

Terminato il viaggio risalimmo sul bus e, curioso di conoscere l’esperienza delle mie vicine, chiesi loro come fosse andato il pranzo: candidamente, una di loro rispose che avevano trovato un ristorante italiano (e già lo sapevo…) dove avevano ordinato cannelloni di magro ma che non erano rimaste soddisfatte perché poco gustosi e, forse, neppure freschissimi; aggiunsero che non avevano niente a che vedere con quelli che mangiavano a Torino.

Per educazione non dissi cosa pensavo.

Lo stesso vale per quanti vengono nel nostro Paese e ordinano chele di granchio fritte accompagnate da cappuccino oppure spaghetti alla carbonara bevendo latte. Forse non hanno osato chiedere consigli, forse non sanno abbinare correttamente cibi e bevande, fatto sta che perdono alcuni aspetti importanti della cultura di un Paese, il nostro nel caso specifico.

Un amico, spesso in Senegal, raccontava che quel Paese era uno dei pochi in Africa dove si cucinava, perché gli altri si limitavano a cuocere i cibi; non sono in grado di avvalorare o confutare questa sua tesi, ma avendo mangiato spesso a casa di nigeriani, etiopi, somali o senegalesi posso dire che sicuramente hanno nei confronti della cucina un approccio diverso rispetto al nostro. Forse mangiano per vivere, mentre noi viviamo per mangiare. La compagna finlandese di un mio amico potrebbe vivere a minestrina e hamburger ogni giorno senza sentire la necessità di variare.

Quello che, però, rovina alcuni di noi è l’attaccamento morboso per le nostre tradizioni, forse sarebbe meglio chiamarle abitudini, al punto di ritenerle le migliori, le uniche accettabili e degne di essere mantenute, senza pensare che i popoli che hanno conquistato il nostro Paese si sono convertiti alla nostra cucina tradizionale e non il contrario, che le influenze arabe, catalane, francesi, tedesche, greche e slave hanno lasciato nella nostra cultura culinaria solo tracce perché gli invasori hanno mutuato le tradizioni presenti facendole loro.

Dunque, perché non provare ciò che i Paesi offrono a tavola? Potremmo scoprire che anche i cibi più insoliti rispecchiano i nostri gusti o, addirittura, che li preferiamo. Spero di andare presto in Vietnam; un amico che vi è stato ha assaggiato le tarantole femmina, preferibili ai maschi per la presenza delle uova gustosissime. Se avesse ragione?  Se non resterò soddisfatto non ripeterò l’esperienza. 

Sergio Motta

Il ristorante “Giudice” di Torino: Tradizione e Raffinatezza in Città

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SCOPRI – TO Alla scoperta di Torino 
Nel panorama enogastronomico torinese, il ristorante “Giudice” si distingue come una delle mete più apprezzate da chi cerca un’esperienza autentica, ma al contempo ricercata. Situato in una zona discreta ma centralissima della città, questo locale è diventato negli anni un punto di riferimento per chi ama la cucina piemontese rivisitata con eleganza e misura, senza inutili stravaganze. La filosofia del ristorante si percepisce subito: attenzione per la materia prima, rispetto per le stagioni e un equilibrio tra gusto, memoria e creatività che si riflette in ogni piatto. Il personale, cordiale ma mai invadente, accompagna il cliente in un percorso gastronomico che sa essere tanto rassicurante quanto sorprendente. L’ambiente, curato ma non ostentato, gioca su toni caldi e luci soffuse, con dettagli che raccontano una lunga storia fatta di passione e professionalità. Ogni dettaglio, dai tavoli ben distanziati alle posate lucide, dalla mise en place raffinata al servizio preciso, contribuisce a creare un’atmosfera che invita alla lentezza e al piacere della scoperta.
La carta propone piatti che affondano le radici nella tradizione regionale, come il vitello tonnato, i plin al fondo bruno o il brasato al Barolo, ma li reinterpreta con tecnica e leggerezza. Le porzioni sono calibrate, pensate per accompagnare il cliente in un percorso completo, magari con l’abbinamento dei vini suggeriti da una cantina che spazia tra etichette locali e proposte nazionali di grande pregio. Il pane fatto in casa, servito caldo in piccoli cestini, è il primo segnale di una cura che non lascia nulla al caso. I dolci meritano un capitolo a parte: dalla panna cotta classica al bonet rivisitato fino a interpretazioni più moderne come il semifreddo alla nocciola con croccante di fava tonka; ogni dessert chiude il pasto con una nota di poesia. E proprio questa è una delle chiavi del successo di “Giudice”: la capacità di essere contemporaneo senza rinnegare l’identità di una cucina che ha fatto la storia.
Pur essendo conosciuto e apprezzato, Il ristorante “Giudice” mantiene un profilo basso, lontano dai clamori e dalle mode passeggere. La sua clientela è variegata: coppie, professionisti, famiglie, turisti informati. Tutti accomunati dalla ricerca della qualità e dal desiderio di vivere un’esperienza gastronomica che vada oltre il semplice nutrimento. Non mancano i riconoscimenti, certo, ma ciò che rende speciale questo ristorante è la coerenza con cui porta avanti una visione fatta di serietà, gusto e rispetto. Chi entra dal “Giudice” non cerca effetti speciali, ma autenticità. E proprio per questo, spesso, ci torna. Perché in un’epoca in cui tutto è immediato, rumoroso e replicabile, trovare un luogo che sa di vero è qualcosa di raro e prezioso.
Il “Giudice” non si ferma mai. Ogni stagione porta con sé piccole novità che si inseriscono con naturalezza in un menù coerente, studiato nei minimi dettagli. Le proposte fuori carta, suggerite con discrezione dal personale di sala, sono spesso l’occasione per scoprire ingredienti meno noti o preparazioni inedite. Senza mai perdere il legame con la tradizione, la cucina del ristorante riesce a sorprendere con tocchi contemporanei, accostamenti armonici e cotture perfette. Le verdure provengono da piccoli produttori locali, le carni sono selezionate con cura maniacale e il pesce – presente in carta con misura – arriva fresco ogni giorno. Ogni piatto racconta una storia, un’intenzione, un gesto preciso. E questa precisione, che non è mai rigidità, si percepisce anche nel modo in cui ogni elemento viene pensato per dialogare con il resto del piatto, senza sovrastarlo.
Uscendo dal “Giudice”, si ha la sensazione di aver vissuto qualcosa di più di una semplice cena. È l’effetto che solo certi luoghi riescono a lasciare, quando la qualità incontra il senso del tempo, la discrezione e l’arte dell’accoglienza. Il rapporto qualità-prezzo è equilibrato, considerando l’alto livello della proposta gastronomica e la cura per il cliente. Chi cerca un’esperienza intima, misurata, lontana dai riflettori, trova qui una risposta rara. Non ci sono slogan, non ci sono mode da rincorrere. Solo un lavoro quotidiano fatto con passione e rispetto, in un luogo che parla sottovoce ma resta nella memoria. E forse è proprio questo il segreto del ristorante “Giudice”: la capacità di essere indimenticabile senza mai alzare la voce.
NOEMI GARIANO

Treni, modifiche sulla linea SFM 2 Pinerolo-Torino-Chivasso

Al fine di garantire la continuità del servizio e limitare l’impatto dei lavori sul territorio, Regionale ha riprogrammato l’offerta con servizio bus nella tratta tra Torino Lingotto e Pinerolo per i treni della linea SFM 2 con fermate intermedie in tutte le stazioni previste dalla linea. L’orario del bus può variare in funzione delle condizioni del traffico stradale, con possibile aumento dei tempi di percorrenza. Si consiglia pertanto di valutare la ripianificazione del proprio viaggio. Sui bus non è ammesso il trasporto bici e non sono ammessi animali di grossa taglia eccetto i cani da assistenza.

È possibile consultare la sezione “Infomobilità” su sito e app Trenitalia, chiamare il call center gratuito 800 89 20 21 e rivolgersi al personale di stazione, presente quest’estate con un presidio più numeroso. I viaggiatori saranno anche informati tramite sms, e-mail e notifiche su app.

I clienti del Regionale possono ricevere sms ed e-mail grazie al biglietto digitale acquistabile anche in tutte le biglietterie di stazione. Inoltre, è possibile attivare, tramite App Trenitalia, le notifiche Smart Caring.

Torino Pride 2025, “Senza esclusione di coRpi”

Previste modifiche viabili

 

Sabato 7 giugno avrà luogo la manifestazione con corteo dal titolo “Senza Esclusione di Corpi” organizzata dal Coordinamento Torino Pride LGBT con il patrocinio della Città di Torino, della Città Metropolitana, dell’Accademia Albertina delle Belle Arti, del Politecnico di Torino e dell’Università di Torino.

«Alla violenza senza esclusione di colpi, opponiamo la nostra resistenza senza esclusione di corpi!»
Il 7 giugno torna la marcia per l’orgoglio, le rivendicazioni e i diritti delle persone LGBTQIA+: una marcia colorata, battagliera, arrabbiata e festosa per affermare la nostra esistenza, la nostra rabbia, la nostra autodeterminazione: siamo qui, siamo ovunque, con i nostri corpi multiformi scegliamo di resistere a chi ci vorrebbe silenziosə e invisibili!”, dicono i promotori.

La manifestazione prenderà il via alle 16.30 da corso Principe Eugenio alla volta di piazza Vittorio Veneto, dove è previsto l’arrivo intorno alle 21, transitando lungo il seguente percorso:

  • partenza in c.so Principe Eugenio, tratto Regina Margherita – Beccaria;
  • corso Beccaria, tratto Principe Eugenio – Statuto;
  • piazza Statuto;
  • corso San Martino, tratto Statuto – XVIII Dicembre;
  • piazza XVIII Dicembre;
  • via Cernaia;
  • via Pietro Micca;
  • piazza Castello;
  • via Po, tutta;
  • piazza Vittorio Veneto.

Il corteo partirà intorno alle 16.30 da corso Principe Eugenio, nel tratto compreso tra i corsi Regina Margherita e Beccaria, dove già dalle 14.30 è previsto l’afflusso di partecipanti.

Il percorso sarà chiuso al transito veicolare, compresi velocipedi e monopattini, e veicoli riconducibili alla mobilità sostenibile, su tutto il percorso dalle 13.30 sino a cessate esigenze e non sarà in alcun modo consentito l’attraversamento veicolare, per il tempo necessario a garantire il passaggio in sicurezza del corteo.

A causa delle numerose variabili non prevedibili, tra cui numero di partecipanti, che si prevede in crescita rispetto alle scorse edizioni, e il ritmo di percorrenza del tragitto, non è possibile stabilire in anticipo gli orari e la durata delle chiusure.

È consigliabile pertanto l’utilizzo di viabilità alternativa: saranno aperti tutti gli assi viabili che circondano il centro città.

Saranno quindi aperti e transitabili: corso Regina Margherita e sottopasso Repubblica, corso San Maurizio, corso Inghilterra, corso Francia, piazza Statuto lato ovest e sottopasso Statuto, corso Principe Oddone, corso Matteotti, corso Vittorio Emanuele II. Oltre a questi assi stradali, saranno aperti anche il ponte Umberto I e corso Moncalieri.

Chiusure stradali previste

Saranno invece chiuse le seguenti vie, del percorso e limitrofe:

  • corso Principe Eugenio;
  • corso Palestro;
  • corso Beccaria, piazza Statuto est e corso San Martino;
  • piazza XVIII Dicembre;
  • via Cernaia;
  • corso Vinzaglio, tratto Matteotti – Cernaia;
  • corso Galileo Ferraris, tratto Matteotti – Cernaia;
  • corso Siccardi;
  • piazza Solferino e corso Re Umberto tratto Matteotti – Cernaia;
  • via San Francesco d’Assisi;
  • via Pietro Micca e via XX Settembre tratto Bertola – Regina Margherita;
  • piazza Castello, viale Primo Maggio e viale Partigiani;
  • via Po;
  • via Vanchiglia (da corso Regina Margherita);
  • piazza Vittorio Veneto.

Anche il Ponte Vittorio Emanuele I (ponte della Gran Madre) sarà CHIUSO.

Divieti di sosta, parcheggi, aree taxi

Lungo tutto il percorso sarà in vigore il divieto di sosta con rimozione forzata per tutti i veicoli, compresi velocipedi e monopattini, dalle ore 8 di sabato 7 giugno e fino a cessate esigenze.

In corso Principe Eugenio, il divieto riguarderà la carreggiata centrale, tratto Regina Margherita – Beccaria; in corso Beccaria, divieto di sosta sulla carreggiata ovest, tratto Principe Eugenio – San Martino; in corso San Martino, divieto di sosta sulla carreggiata ovest, tratto Beccaria – XVIII Dicembre.

Gli ingressi dei parcheggi sotterranei di piazza Vittorio Veneto e Roma/San Carlo (ingresso piazza Castello) saranno chiusi dalle 12, mentre l’uscita degli utenti ancora presenti sarà possibile sino alle 16.

Dalle 12 è previsto la sospensione temporanea fino a cessate esigenze dei posteggi TAXI di piazza XVIII Dicembre, via Cernaia / Mastio Cittadella, piazza Castello / via Pietro Micca, piazza Castello / via Po.

Varchi

Saranno disattivati nella fascia oraria 13.30 – 20 i varchi elettronici per il controllo da remoto degli accessi alle vie riservate al mezzo pubblico:

  • Accademia Albertina/Mazzini ovest, dir. corso Vittorio Emanuele II;
  • piazza Statuto (strade/corsie centrali di bypass tra lato est e lato ovest);
  • Arsenale/San Quintino.

Divieti bevande e alimenti in contenitori idonei all’offesa

Previsto il divieto vendita per asporto, consumo e detenzione in luogo pubblico di bevande in bottiglie di vetro e lattine o altra tipologia comunque idonea all’offesa della persona, sabato 7 giugno dalle 13 alle 21, e comunque sino a quando sarà rilevata presenza di pubblico, all’interno dell’area cittadina delimitata dalle vie parallele di entrambi i lati del percorso della manifestazione, comprese l’intera estensione delle piazze percorse e di piazza Vittorio Veneto.

Mezzi di trasporto pubblico

Anche i percorsi dei mezzi di trasporto pubblico che transitano nell’area interessata dalla manifestazione subiranno variazioni.

Per maggiori dettagli sulle linee deviate, visionare il sito Internet di GTT alla pagina https://www.gtt.to.it/cms/avvisi-e-informazioni-di-servizio/torino-e-cintura/12003-torino-pride-2025-variazioni-linee-sabato-7-giugno

TORINO CLICK

Al Grattacielo Piemonte la copia in resina del Giganotosaurus alto 14 metri

Il Grattacielo Piemonte apre le sue porte a un ospite d’eccezione, una fedele copia in resina dello scheletro di un Giganotosaurus carolinii, il gigantesco dinosauro carnivoro che cento milioni di anni fa dominava le terre della Patagonia.

Il progetto “Un dinosauro a Palazzo”, che si sviluppa dal 6 giugno al 30 novembre prossimo, trasforma una parte del piano terra dell’edificio regionale in uno spazio espositivo aperto al pubblico dove, dal lunedì al venerdì in orario 9-18, cittadini e visitatori potranno ammirare da vicino la ricostruzione di uno dei predatori più importanti mai esistiti sulla Terra.

La storia inizia nel 1993 quando Ruben Carolini, appassionato ricercatore di fossili, durante un’escursione a Villa El Chocón nella provincia argentina di Nequén, scopre una lunga tibia che si rivelerà appartenere a una nuova specie di dinosauro teropode. Nasce così  la definizione di Giganotosaurus carolinii, in onore del suo scopritore.

La copia in resina esposta al Grattacielo Piemonte, realizzata in Argentina sui resti d’un individuo completo al 70%, permette di osservare nei dettagli anatomici questo straordinario predatore del Cretaceo superiore. Con i suoi 14 metri di lunghezza, 8 tonnellate di peso e un cranio lungo circa 2 metri, il Giganotosaurus rappresenta uno dei carnivori terrestri più grandi mai esistiti.

“’Un dinosauro a Palazzo’ interpreta in modo esemplare il significato che attribuiamo al patrimonio pubblico – dichiara l’assessore al Patrimonio, Gianluca Vignale – Vogliamo che gli edifici della  Regione   non siano soltanto sedi amministrative, ma luoghi aperti, accoglienti e vivi, capaci di stimolare curiosità, conoscenza e stupore. Con l’esposizione del dinosauro, il Grattacielo Piemonte diventa il simbolo concreto di questa visione: uno spazio istituzionale che si apre alla cittadinanza, trasformandosi in un punto di incontro tra scienza e meraviglia, tra passato remoto e presente. Trovare un dinosauro nel cuore di Torino è un’esperienza sorprendente, che affascina e incuriosisce, soprattutto, i più giovani. È esattamente questo l’obiettivo, rendere il patrimonio pubblico accessibile e coinvolgente, capace di generare cultura, emozione e partecipazione per tutti”.

“Il Giganotosaurus che accogliamo oggi al Grattacielo Piemonte è  molto di più  di una straordinaria ricostruzione scientifica, è un ponte tra il nostro patrimonio museale e la collettività- sottolinea l’assessore regionale alla Cultura Marina Chiarelli . Come Regione vogliamo avvicinare i cittadini al patrimonio custodito dal Museo regionale di Scienze Naturali.

Da quando abbiamo reso nuovamente disponibile questo spazio, ormai chiuso da dieci anni, sono stati accolti quasi 250 mila visitatori. Questo museo va oltre la semplice divulgazione, offrendo anche aule didattiche per le scuole e spazi per la ricerca scientifica. Un gioiello che continueremo a sostenere e valorizzare”.

Le ricerche paleontologiche hanno rivelato caratteristiche affascinanti di questo gigante preistorico. La conformazione del cranio suggerisce che fosse dotato di un olfatto molto sviluppato, probabilmente utilizzato per un’attività di caccia  principalmente notturna. La lunga coda, tenuta in posizione eretta, contribuisce a mantenere l’equilibrio durante il movimento sulle zampe posteriori, sia in fase di camminata, sia in fase di corsa.

Nonostante la somiglianza con il più noto Tyrannosaurus  rex vissuto oltre 30 milioni di anni più tardi negli attuali Stati Uniti occidentali, i due giganti non sono imparentati: le analogie sono dovute ad adattamenti e modalità di vita simili,un esempio di evoluzione convergente. Il Giganotosaurus viveva in un ambiente ricco di biodiversità.

Il progetto “Un dinosauro a Palazzo” trasforma il Grattacielo Piemonte in uno spazio pubblico di divulgazione scientifica. L’iniziativa si inserisce nella volontà della Regione Piemonte di promuovere la cultura scientifica e paleontologica offrendo la possibilità di organizzare visite guidate rivolte  a scuole e associazioni con il supporto di esperti del Museo Regionale di Scienze Naturali.

Informazioni dal lunedì al venerdì dalle 9 alle18.

Ingresso gratuito

Grattacielo Piemonte. Piazza Piemonte 1, piano terra

Mara Martellotta

Referendum: votare sì, no o non votare

Andare a votare al referendum: una scelta consapevole
Perché votare SÌ
Chi sceglie il SÌ vuole cambiare lo stato attuale delle cose. Ritiene che la proposta del referendum rappresenti un miglioramento, una risposta concreta a un problema o un’opportunità di riforma.
Perché votare NO
Chi vota NO desidera mantenere la situazione attuale o non è d’accordo con i cambiamenti proposti. Votare no è comunque una forma attiva di partecipazione e una presa di posizione chiara.
Rispettare ogni scelta, anche chi sceglie di non votare
La democrazia si fonda sul diritto di scelta. Anche non recarsi alle urne può essere una forma di espressione politica, una scelta consapevole che merita rispetto.
Non votare può voler dire:
Rifiutare il quesito o il contesto in cui è proposto
Esprimere sfiducia nel sistema
Affermazione del diritto all’astensione
L’importante è informarsi, riflettere e rispettare.
Che si scelga di votare SÌ, NO o di non votare, è fondamentale riconoscere la legittimità di ogni decisione. La democrazia si rafforza con il confronto civile e con il rispetto reciproco.

Enzo Grassano