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Il Piemonte investe in Germania per promuovere il turismo

La Regione continua a investire nella promozione sul mercato tedesco Primo appuntamento a “F.re.e” – la Fiera dedicata ai viaggi e al tempo libero dal 19 al 23 febbraio a Monaco di Baviera

 La promozione turistica del Piemonte in Germania segna la prima tappa del 2020 con il ritorno a F.re.e. – Die Reise – und Freizeitmesse, la più grande manifestazione fieristica B2C della Germania meridionale, che si svolge dal 19 al 23 febbraio all’International Congress Centre Munich Messegelände.

Giunta alla sua 50° edizione – che vede l’Italia Paese partner – con 1.300 espositori provenienti da 60 Paesi, F.RE.E. è tra i più interessanti scenari di incontro e business a livello europeo, incentrato su diverse aree tematiche, che offrono una panoramica attenta alle tendenze e alle proposte più attuali del comparto viaggi, turismo e outdoor. Il Piemonte, in collaborazione con VisitPiemonte – Regional Marketing and Promotion1 parteciperà all’evento con una rappresentanza di Agenzie Turistiche Locali e di operatori turistici del territorio all’interno dello stand ENIT (Padiglione Halle A6). Per i professionisti piemontesi del turismo è un’occasione importante, in quanto rivolta ad un pubblico che viaggia molto di frequente anche nei periodi considerati di bassa stagione e colloca il Piemonte tra le mete italiane predilette.

La Baviera, inoltre, rappresenta un bacino incoming di particolare rilievo per la nostra regione, grazie alla prossimità geografica e ai collegamenti aerei diretti Monaco di Baviera – Torino. Nei giorni di fiera il Piemonte promuoverà una variegata gamma di proposte di vacanza attiva, sportiva e di turismo “slow”, che caratterizzano l’offerta territoriale. Tra i segmenti di punta della regione, il turismo outdoor ha assunto negli ultimi anni una dimensione economica sempre più rilevante e che consente di proporre esperienze diversificate, partendo da un patrimonio ambientale di gran pregio: 16.000 km di percorsi e sentieri strutturati, 2 Parchi Nazionali (Gran Paradiso e Val Grande), 94 aree protette (che comprendono anche le Riserve naturali speciali dei 7 Sacri Monti UNESCO) e 3 Riserve della Biosfera UNESCO. Un paesaggio impreziosito dalle colline e dai Paesaggi Vitivinicoli di Langhe, Roero e Monferrato patrimonio UNESCO, dalle distese a risaia e dalle atmosfere di lago. Il tutto inserito in un contesto culturale sfaccettato che sa accogliere il visitatore in una dimensione di autenticità fatta di arte e architettura, itinerari spirituali e una notevole varietà di prodotti enogastronomici di qualità, integrata da una rete di servizi ricettivi di alta professionalità. Ancora in tema di vacanza green in armonia con la natura e la storia dei luoghi, il Piemonte offre un circuito davvero unico: 25 “Borghi sostenibili” da visitare sull’intero territorio (alcuni dei quali si fregiano anche del titolo di “Borghi più belli d’Italia”), per conoscere le tradizioni, la storia e le espressioni culturali dei quali sono testimoni e custodi.

Sono questi i principali elementi che fanno del Piemonte una “destinazione attiva” per eccellenza per la Germania, che anche nel 2018 si è attestata al primo posto tra i mercati esteri di riferimento della regione, 1 VisitPiemonte è la società in house della Regione e Unioncamere Piemonte per la valorizzazione del settore turistico e agroalimentare con 362.214 arrivi e 1.450.114 presenze, totalizzando il 22% delle presenze sul totale estero (fonte: Osservatorio Turistico Regionale che opera all’interno di VisitPiemonte). L’importanza di questo Paese è evidenziata e confermata anche dal viaggio stampa che è stato realizzato tra Piemonte e Liguria l’autunno scorso come “prologo” tematico all’edizione 2020 di F.re.e. Organizzato da VisitPiemonte, in coordinamento con ENIT Monaco di Baviera e in collaborazione con l’Ente Fiera di Monaco, dal 18 al 20 ottobre il tour itinerante ha coinvolto 6 giornalisti di importanti testate e radio tedesche in un’insolita scoperta degli aspetti meno noti del Piemonte. Tra cultura, tradizioni, territorio ed enogastronomia, sono tante le esperienze per un turismo di qualità che lo scorso anno hanno portato il Piemonte sul podio della classifica “Best in Travel” della Guida Lonely Planet, come prima regione da visitare al mondo.

Pusher catturato grazie all’app per la consegna del cibo

Sono circa le 14 di domenica pomeriggio. Una volante transita in Lungo Dora Savona ed un uomo alla sua vista, cambia immediatamente direzione. Insospettiti dal comportamento ambiguo del soggetto, gli operatori del commissariato Centro lo controllano

Si tratta di un cittadino italiano di 28 anni. Perquisito, il ventottenne viene trovato in possesso di 2 buste in plastica ed 1 involucro in cellophane contenenti marijuana, 1 involucro contenente cocaina, denaro contante per 1040 euro e 2 telefoni cellulari utilizzati per negoziare l’acquisto della droga.

Considerata l’ingente quantità di stupefacente e denaro al seguito, i poliziotti interrogano il giovane riguardo il suo domicilio, ma questi si rifiuta di fornire indicazioni.

Gli agenti del commissariato riescono, però, con astuzia, a risalire all’indirizzo dell’abitazione consultando un applicazione di consegna pasti a domicilio utilizzata dall’uomo. All’interno dell’appartamento vengono rinvenute 5 buste in cellophane trasparenti contenenti marijuana. Una busta viene trovata all’interno di uno zaino rosso, due occultate sotto il divano ed ulteriori due poste al di sopra del sofà. Sul tavolo era appoggiato un contenitore di plastica contenente hashish, un bilancino di precisione ed un rotolo di cellophane.

Il ventottenne, con precedenti di polizia specifici, viene arrestato per detenzione e spaccio di sostanza stupefacente. Complessivamente, i poliziotti hanno sequestrato oltre 2350 grammi di droga.

 

Torino Esposizioni, terra di frontiera tra refurtiva e ricercati

Nei giorni socrsi gli agenti del Commissariato Barriera Nizza hanno effettuato un controllo all’interno dei locali in stato di abbandono di Torino Esposizioni

SEI PERSONE DENUNCIATE 

In un primo ambiente, sono stati trovati due cittadini marocchini di 26 e 26 anni. Da accertamenti è emerso che i due stranieri erano inottemperanti a un ordine di lasciare il Territorio Nazionale. Su un giaciglio presente nel locale i poliziotti hanno trovato un smartphone risultato rubato in via Madama Cristina la sera del 4 febbraio. Entrambi i cittadini marocchini sono stati denunciati per ricettazione e per la violazione delle norme in materia di immigrazione. Il ventottenne, inoltre, è stato denunciato in stato di libertà per una rapina avvenuta la sera prima del controllo, all’interno del Parco del Valentino. Insieme ad altre tre persone rimaste ignote, con la minaccia di un coltello aveva derubato un uomo impossessandosi del cellulare e di 400 euro in contanti. In un secondo locale, è stata riscontrata la presenza di altri tre cittadini marocchini, uno dei quali è stato denunciato in stato di libertà per non aver abbandonato il territorio italiano dopo l’ordine ricevuto. Infine, in una terza stanza della struttura, i poliziotti hanno trovato una sesta persona: un cittadino marocchino di minore età, denunciato poi in stato di libertà per una rapina effettuata il 31 dicembre 2019. Nella circostanzaun gruppo di persone, del quale faceva parte il minorenne, aveva accerchiato la vittima, alla quale era stato rubato il telefono e la somma di 80 euro.    Tutti e sei i cittadini stranieri trovati all’interno della struttura sono stati denunciati per invasione di terreni o edifici.

 

(Foto Museo Torino)

ARTiglieria, il Con-temporary Art Center 

Il nuovo incubatore di progetti culturali per la valorizzazione dello spazio dismesso dell’ex Accademia Artiglieria di Torino

Si ispira a Les Grand Voisins di Parigi e a La Casa Encendida di Madrid il progetto “ARTiglieria – Con-temporary Art Center” nell’ex Accademia Artiglieria di Torino: un incubatore di arte e creatività emergente che aspira a diventare un punto di riferimento nazionale e internazionale, al pari di progetti analoghi riconosciuti nel mondo.

Dopo la sottoscrizione di una convenzione con la Città di Torino, lo spazio è stato dato in concessione fino al 31.12.2020 a PRS Srl Impresa Sociale ente no profit, da CDP Investimenti SGR, società del Gruppo Cassa depositi e prestiti. Si tratta di una delle prime esperienze in Italia di affidamento temporaneo di uno spazio pubblico per la riqualificazione del patrimonio immobiliare inutilizzato.

Nata nel 1679 come “Reale Accademia”, scuola di formazione per nobili e giovani gentiluomini alla vita di corte, l’Accademia Artiglieria fu in seguito trasformata in accademia militare e sede dell’esercito, sino ad essere abbandonata al degrado. Dopo l’apertura per la prima volta al pubblico in occasione di Paratissima lo scorso mese di novembre, l’ex Accademia Artiglieria è stata ribattezzata “ARTiglieria – Con-temporary Art Center” ed è pronta a condividere i propri spazi con la cittadinanza. L’obiettivo è incubare e rendere autonomi e sostenibili progetti culturali di realtà pubbliche e private che vorranno partecipare alla “chiamata alle armi” di PRS. Al piano terra del complesso saranno concentrate le attività ordinarie di PRS, mentre i piani superiori saranno utilizzati in occasione di appuntamenti ed eventi temporanei o per ospitare gli studi degli artisti “in residenza”, ovvero artisti stranieri e/o ospiti che necessitano di un laboratorio per realizzare o produrre la propria opera (non è però prevista attività ricettiva notturna all’interno del complesso). Lo spazio delle ex scuderie ospiterà mostre temporanee di arte e design. L’ex mensa ufficiali una zona lounge per presentazioni, incontri, reading e live performance.

Si prevedono attività laboratoriali per gli Istituti scolastici la mattina dal lunedì al venerdì e per le famiglie nei pomeriggi e nel weekend; attività formative come il corso N.I.C.E., alla settima edizione, destinato ai giovani curatori, ma anche incontri di formazione e workshop destinati ai professionisti, agli artisti e agli appassionati di arte e design. Il primo appuntamento è in programma nel mese di marzo: Paratissima Talents, il progetto espositivo curato dalla direzione artistica di Paratissima che raccoglie le migliori proposte presentate alla 15esima edizione della fiera internazionale degli artisti indipendenti e l’apertura dell’ArtShop, lo spazio dove vedere e acquistare a prezzi accessibili opere d’arte selezionate e realizzate in edizioni a tiratura limitata. A seguire, a maggio, Paratissima PhotoView, in concomitanza con Fo.To Fotografi a Torino.

Lo spazio dell’ex Accademia Artiglieria sarà gestito e presidiato da PRS – Paratissima Produzioni e Servizi Srl, l’impresa sociale nata nell’ottobre del 2017 con il compito di gestire e sviluppare le attività di Paratissima, subentrando nella gestione a YLDA Associazione Culturale no profit. La compagine societaria di PRS vede la partecipazione dei soci storici di Paratissima e di un pool di investitori torinesi che hanno creduto nell’ambizioso progetto di crescita e diffusione del marchio Paratissima sul territorio nazionale e internazionale. Fondamentale anche il percorso di accelerazione e il grant ricevuto da Socialfare, il centro torinese per l’innovazione sociale, nel novembre 2017, che hanno permesso al team di PRS di focalizzare l’attenzione sul percorso di crescita e sviluppo dei diversi ambiti di progetto dal 2018 al 2020.

L’operazione di concessione temporanea di un bene così prestigioso situato nel cuore della città a favore di una realtà radicata ed affermata sul territorio che opera a livello nazionale da 15 anni nel campo dell’arte contemporanea e creatività emergente, rappresenta un’opportunità di costruzione e sperimentazione di un modello gestionale che può essere scalato e replicato su tutto il territorio nazionale. PRS, attraverso la sua attività, funge sia da presidio per la conservazione del bene e sia da soggetto in grado di valorizzare il complesso nell’ottica di una futura destinazione d’uso definitiva.

Granfondo Alassio, percorsi dalla bellezza incredibile

La Granfondo di Alassio è ormai conosciuta a tutto il mondo del ciclismo per via della bellezza dei territori attraversati

La presenza del mare e la possibilità di pedalare in salita è già di per sé un doppio vantaggio incredibile per chi ama pedalare, in quanto, il 15 marzo 2020, potrà beneficiare dell’aria mite e della possibilità di affrontare ascese vere, che metteranno a dura prova fin da subito i partecipanti.

La partenza della settima edizione della Granfondo di Alassio è prevista davanti al famoso Muretto di Alassio, monumento famoso in tutto il mondo in quanto nel corso del tempo sono state apposte delle piastrelle in ceramica, variamente decorate, recanti le firme di personaggi celebri che venivano in vacanza in questa zona della Liguria.

I partecipanti avranno a disposizione due percorsi, e sarà davvero difficile decidere quale dei due intraprendere, in quanto entrambi presentano delle bellezze paesaggistiche incredibili. Il tracciato corto misura 68 km per 1590 metri di dislivello, mentre il lungo è di 109 km con un dislivello di 2400 metri. Contrariamente a quanto comunicato in precedenza, la gara attraverserà anche Imperia, snodo cruciale per entrare nell’entroterra ligure.

Entrambi i tracciati vedranno la propria conclusione in cima alla salita di Madonna della Guardia, dove è presente il famoso Santuario. Le pendenze di questa ascesa sono veramente difficili, anche perché prima della salita finale c’è da affrontare il Testico, salita famosa per tutti coloro che amano pedalare in Liguria.

Chi vuole affrontare la Granfondo Alassio troverà quindi poca pianura, ma tanto divertimento sulle salite e sulle discese a picco sul mare.

Per info e iscrizioni: https://www.granfondoalassio.it 

In Piemonte la Giornata per la Pace

Il Piemonte, seconda regione in Italia, ha la sua giornata per la pace. L’ha deciso la Prima commissione, riunita in sede legislativa, che ha approvato all’unanimità la nuova legge che istituisce in modo permanente il Comitato regionale per i diritti umani.

Il presidente del Consiglio regionale, Stefano Allasia, primo firmatario della Pdl approvata, ha voluto fortemente la giornata per la pace e la stabilizzazione del Comitato. Lo ha ricordato illustrando il provvedimento, che si pone l’obiettivo di ampliare e consolidare l’impegno del Comitato nella promozione e nella tutela dei diritti umani e civili, anche in considerazione dell’attuale periodo storico nel quale è sempre più sentita la necessità di far conoscere, rendere effettivi e garantire con maggior forza i diritti civili riconosciuti dalla Costituzione a tutte le persone fisiche. Questi principi sono richiamati nel preambolo dello Statuto della nostra Regione, che vede quale fonte d’ispirazione la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. La data della giornata regionale per la pace verrà stabilita dall’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale.

Flash mob di Azione per Patrick Zaky

Il comitato “Nuove Energie” di #Azione, il partito di Carlo Calenda e Matteo Richetti, organizza per questo sabato, 22 febbraio, un flash mob per richiedere la liberazione di Patrick il giovane studente universitario ingiustamente incarcerato in Egitto

Patrick è uno studente dell’Università di Bologna, è stato arrestato e torturato in Egitto con l’accusa di “rovesciamento del regime al potere” un reato simile al terrorismo per il quale si rischia l’ergastolo. A dirlo è stato uno dei suoi legali, Wael Ghaly, specificando che a far scattare quest’accusa sarebbe stato un post su Facebook che, di fatto, non apparterrebbe nemmeno al vero account sul social network di Zaky.

IL FLASH MOB SI TERRÀ SABATO ALLE ORE 15.30 IN PIAZZA CARIGNANO A TORINO

Il silenzio dei Corti, l’eredità di Nino Chiovini

Il 14 e 15 febbraio scorsi Verbania ha ospitato “Il Silenzio dei Corti”, iniziativa ispirata alla memoria di Nino Chiovini promossa dalla municipalità verbanese e dal Parco Nazionale Val Grande con Casa della Resistenza, Anpi e Tararà Edizioni

Nino Chiovini (Biganzolo, 1923 – Verbania, maggio 1991) è stato un partigiano, scrittore e storico italiano, studioso della Resistenza e della cultura contadina di montagna delle valli tra il Verbano, l’Ossola e la Val Vigezzo. Dopo l’azione teatrale del Teatrino al Forno del Pane “Giorgio Budidan” ispirata al libro di Chiovini su Cleonice Tomassetti, unica donna tra i 42 martiri fucilati a Fondotoce nel giugno del ’44, a Villa Giulia si è svolto il convegno sulla figura di Chiovini e sulla prospettiva di un parco letterario a lui intitolato, imperniato sul binomio natura-cultura. Al convegno sono intervenuti Giovanni Antonio Cerutti, direttore dell’Istituo stroicod ella Resistenza di Novara e Vco (“Capire dove e come sbagliammo. La lunga riflessione del partigiano Chiovini sull’eredità della Resistenza”), i giornalisti e scrittori Erminio Ferrari (“I fogli della semina”), Giuseppe Mendicino (“I sentieri della libertà di Mario Rigoni Stern, Nuto Revelli e Nino Chiovini”), Marco Travaglini ( “Sostenibilità delle aree alpine, dalle intuizioni di Nino Chiovini alle esperienze odierne”) e, infine, il direttore del Parco nazionale della Val Grande Tullio Bagnati (“Il silenzio dei Corti e l’esercizio della memoria: nuovi profili della Val Grande”).

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Riportiamo qui una sintesi dell’intervento di Marco Travaglini, collaboratore della nostra testata

E’ praticamente impossibile inquadrare la personalità di Nino Chiovini in una sola definizione. Le sue passioni e l’impegno di narratore, storico, antropologo, appassionato di sociologia rappresentano un tutt’uno.E il collante di tutto, capace di generare un fermento emotivo, era la sua forte e determinata etica civile, la passione per la storia, l’abilità nello scrivere, la capacità di intuire e comprendere i fenomeni sociali, e – non certamente secondario –   un’ideale politico tendente al riscatto degli ultimi, degli umili. La traccia più evidente si trova nei suoi libri dove le fatiche contadine entrano nella narrazione delle storie, rendendo omaggio e offrendo risarcimento a un mondo ormai scomparso. Il ritmo dei cambiamenti ha fatto sprofondare luoghi e persone in un niente, in un oblio al quale la caparbia determinazione di ricercatori come Nino Chiovini hanno saputo opporre l’ostinata volontà della memoria, la forza della narrazione, il racconto del tempo vissuto. Gli stessi paesaggi montani, aspri e carichi di memorie e di senso, racchiudono come una cornice le esili vite dei protagonisti. Nei suoi libri sulla civiltà rurale montana – “Cronache di terra lepontina”, “A piedi nudi”, “Mal di Valgrande” e “Le ceneri della fatica”, uscito postumo -, così come nei volumi dedicati alla lotta partigiana – “I giorni della semina”, “Classe IIIa B. Cleonice Tomassetti. Vita e morte”e i due volumi pubblicati postumi “Fuori legge??” e “Piccola storia partigiana” – il suo impegno di ricerca emerge con grande forza e nitidezza. In questo importante lavoro culturale che ci ha lasciato in eredità il passato ritorna attraverso i volti e le parole di quelle persone, uomini e donne. Un mondo arcaico, retto da pratiche e valori ancestrali, per certi versi poco moderni, secondo i canoni odierni, ma quanto mai importanti, necessari, utili per l’oggi e il domani.

 

Nelle sue opere Nino rende giustizia agli abitanti del territorio, al lavoro duro, alla fatica che schianta, al rispetto del tempo, del ritmo delle stagioni e della terra, all’impegno spesso obbligato che genera sudore mischiato a un grumo di rabbie e speranze, di tradizioni e fame, di poche gioie e tanti, troppi dolori. Mi è venuta in mente un’intervista a Francesco Guccini dove, ricordando quel prozio emigrato oltreoceano al quale dedicò la canzone “Amerigo”, raccontava come – ritornato in Appennino – al saluto della gente rispondeva con un “Buongiorno e vita lesta, mangiar poco e lavorar da bestia”.Quello indagato e descritto da Chiovini è un mondo che ci insegna ad essere umili, a riconoscere che una parte importante della cultura accumulata da generazioni di montanari risiede in quei luoghi aspri, spesso percorsi su sentieri ripidi sotto il peso di una gerla. Posti dove le frontiere dei crinali sono stati più un punto d’incontro che una linea di demarcazione e separazione. Se c’è una eredità che Nino Chiovini ci ha lasciato credo si possa individuare nell’assillo di una riorganizzazione della cultura in grado di aiutare una sintesi su storia, radici, saperi. Si riconosce lì il messaggio di chi, pur tra speranze e illusioni, ha sempre pensato ad una società nuova e più giusta. Un messaggio che sottende la volontà di ricerca, di un approfondimento più che mai necessari per salvare noi e il paese in questo tempo segnato da superficialità, dalla riduzione e impoverimento del linguaggio. E’ la rivalutazione di quella parte del paese che non sta sotto i riflettori e che rappresenta buona parte della montagna più povera, dell’area prealpina, dell’entroterra appenninico e pedemontano, dei piccoli borghi abbandonati,ai margini del commercio, dell’industria, della cultura. Negli incontri con Nino Chiovini e nella lettura dei suoi libri avvertivo l’urgenza, il bisogno di testimoniare e in qualche modo risarcire la memoria degli ultimi, narrando la civiltà contadina, le radici e le origini. Un pensiero antico e al tempo stesso moderno che, in parallelo, ricordava le ricerche di Nuto Revelli o – più tardi – quelle di Marco Aime sui pendii ruvidi della Val Grana o tra i pastori transumanti di Roaschia, in Valle Gesso. La difesa e il riscatto quantomeno culturale del “mondo dei vinti” fa emergere un’attenzione, una forza nella denuncia dell’abbandono della montagna, dei coltivi, degli alpeggi, delle borgate che ha portato ad un depauperamento dell’ambiente, alla perdita di capacità, conoscenze, competenze. Quando l’antico edificio agromontano si sgretolò, iniziò l’abbandono della montagna. Raccontando il disboscamento della Val Grande con l’Ibai, la cura del bestiame, i lavori precari nel fondovalle nello “spartano” secondo dopoguerra, Chiovini raccolse ,tra confessioni e reticenze, la testimonianza del collorese Settimio Pella sul tema delle “disobbedienze” – il   bracconaggio, la pesca di frodo, il contrabbando con le bricolle –chiedendosi quale processo si dovesse fare a questi uomini che, al netto di queste “disobbedienze”, furono “corretti servitori di uno stato diretto da un ceto dirigente che tanto non meritava”. Siamo nel 1983 e così scrive Chiovini: “Gente che non evade il fiscoche non spreca, che non inquina, che produce fino alla fine dei suoi giorni, che non intrallazza con il potere, che non impoverisce l’azienda Italia; gente che, chiamata alle armi, mandata su ogni fronte, pagò i prezzi che conosciamo; gente che quando fu il momento ospitò i partigiani e fu dalla loro parte più che in altri luoghi, mentre anche i suoi giovani si facevano combattenti per la libertà; in cambio, dal nemico, ebbe devastazioni, spoliazioni, morte; dallo Stato nato dopo la Resistenza, che ancora oggi pretende e in parte ottiene il loro consenso politico, quasi nulla”. E si domandava ( e chiedeva) quale processo potesse essere fatto a queste persone e se non fosse il caso di conceder loro un’amnistia precisando però che non si trattava di “quella che periodicamente premia evasori, speculatori, trafugatori di pubblico denaro e via sottraendo… Un’amnistia culturale, di costume: quella che passando attraverso il territorio, possa giungere ai suoi antichi utenti”.

 

 Aggiungeva: “Forse il Settimio e la sua gente comprenderebbe il valore e il senso di quell’amnistia, di quel messaggio: giungerebbero, forse, alla conclusione che il rapporto stabilito da sempre con l’ambiente, non tollera più antiche devianze, remote e recenti contraddizioni. Quell’amnistia, poetico e politico ripianamento di colpe nei riguardi dell’ambiente, se sorretta dall’assenso delle giovani generazioni, dei ragazzi che oggi frequentano le sopravvissute scuole di quei villaggi – che dovrebbero fungere anche da sedi di rifondazione della cultura montana e da fonte della sua memoria – potrebbe diventare più efficace dei guardacaccia e dei finanzieri. Forse, un esperimento da ripetere in settori molto più importanti e decisivi del pianeta”. Una grande lezione morale. La stessa lezione che si trova nella conclusione di “A piedi nudi” quando scrive : “ Quello scomparso era un mondo imperfetto e crudele in cui tuttavia erano ravvisabili e riconosciuti vivi gli obiettivi, il senso della vita, il suo fine:l’obiettivo della sopravvivenza e quello della continuità della stirpe; il senso della vita sorretto dalla memoria della specie; il fine del bene operare che faceva perno sulla speranza. Quel mondo scomparso rappresentava la riconosciuta e accettata civiltà della fatica quotidiana, del lavoro realizzato da mani con le palme di cuoio; la civiltà dei sentieri e delle mulattiere selciate e lastricate, dei geometrici terrazzamenti e, in fondo, dell’ottimismo collettivo, simboleggiato dal rituale saluto di congedo – alégher, allegri – che si scambiavano i suoi abitanti”. Qui si coglie, nel saluto, l’importanza della lingua e del linguaggio. Un caro amico mi ha fatto rilevare come la lingua si fondi sul significante, sull’immagine acustica della parola che la distingue dal significato. La nostra cultura ha dato la preminenza assoluta al significato mentre nel dialetto è il significante che pesa e conta. Alégher non è traducibile con un “ciao”. Il significato è più o meno lo stesso ma il saluto è più denso e più ricco, parla e suona diversamente perché è la lingua il significante. La parola risuona diversamente e ha effetti differenti su di noi e questa è l’identità della lingua. Tutto ciò racchiude quell’insieme che è la storia delle ceneri della fatica, di quella civiltà alpina sulla quale calò, come scrisse, “ un sipario di fogliame”.

Residenze reali non più sabaude? Manca il senso della storia

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni / Il prof. Guido Curto è un  vip rampante torinese di grande successo, figlio dell’egittologo Silvio, che da vice preside di Giovanni Ramella al liceo d’Azeglio diventò direttore dell’Accademia Albertina, per poi approdare a palazzo Madama e infine alla Reggia di Venaria

Una carriera sfolgorante e sicuramente  molto meritata  per un  iniziale, modesto  professore liceale di storia dell’arte.

Adesso  il prof. Curto vuole cancellare dal circuito delle residenze sabaude l’aggettivo sabaude. La notizia mi fa un po’ trasalire e mi domando a che titolo il prof. Curto può decidere  -in una intervista di giornale- di annunciare la cancellazione  del nome dei Savoia dalle residenze che appartennero alla Dinastia millenaria che si fonde con i destini stessi  del Piemonte e dell’Italia. Spero che ci sia  stato un equivoco e che la cosa si chiarisca, andando oltre le polemiche già scatenate  su Facebook. Infatti apparirebbe  strano, se non persino ridicolo, che proprio nel bicentenario della nascita del primo Re d’Italia e Padre della Patria Vittorio Emanuele II, venisse ostracizzato  un nome che non può essere cancellato e non va cancellato per nessun motivo da quelle residenze che appartennero storicamente  ai Savoia. Non  e’  una questione di monarchia o repubblica, ovviamente, ma di   modesto buon senso o,meglio,di quello che Omodeo definiva  il “senso della storia”.

Aldo Viglione, presidente del Piemonte per antonomasia, che  volle per primo il recupero delle residenze sabaude, non si sarebbe mai sognato, in epoca di trionfante demagogia antisabauda, di cancellare quel nome che può piacere o non piacere, ma che risulta oggettivamente dalla realtà storica tramandata nei secoli. Vorrei chiedere al Presidente della Regione Cirio che si ritiene un erede di Viglione, di prendere  posizione e di dire la sua opinione in proposito.

Chi volesse cancellare il nome di Savoia  dalle residenze  reali  apparirebbe, pur  magari non volendolo,  quasi  l’erede dell’ oscuro sindaco di Ceresole Reale che desiderava eliminare la parola Reale dal nome del suo comune. O di chi tolse il nome Reale da Venaria o il nome Sabauda da Villafranca. Fu  piccola gente senza storia che non rispetto’ il passato perché troppo carica di faziosità vendicativa , dovuta a vecchi furori giacobini.Il prof. Curto non può certo  confondersi con quelli che vollero censurare la storia. Benedetto Croce, in visita a Torino dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, denunciò  in una lettera a Filippo Burzio, con  grande fermezza, il piccolo tentativo di scalpellare via  il nome dei Savoia dalla toponomastica torinese.
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Le motivazioni addotte da Curto appaiono abbastanza  pretestuose. Sostituire Piemonte alla parola Sabaude, per evitare errori di localizzazione da parte dei turisti, appare  privo di senso. Semmai, se proprio si voleva, si poteva aggiungere Piemonte, senza togliere  il riferimento ai Savoia. Le confusioni territoriali  che teme il professore non  sono giustificate, mentre appare invece molto  chiaro l’intento di cancellare, in modo del tutto ingiustificato,  l’identità storica delle dimore sabaude. Spero che il prof. Curto voglia considerare anche la voce di chi dissente  e che scrive, richiamandosi alle ragioni della storia, sicuramente  più importanti di quelle del turismo, pur di per se’ molto importanti.

 

Scrivere a quaglieni@gmail.com

(Foto Mario Alesina)

Affidi, Marrone (Fdi): “Nessun passo indietro”

Nel dibattito sul provvedimento della Regione Piemonte interviene il capogruppo di Fratelli d’Italia

“CE LO CHIEDONO LE FAMIGLIE”

“Sul ddl contro l’allontanamento selvaggio non ci sarà nessuna retromarcia”, a dichiararlo è il capogruppo di Fratelli d’Italia Maurizio Marrone, commentando l’ipotesi di un tavolo con enti locali e parti sociali. “Siamo contenti che l’assessore Caucino voglia dare ascolto a tutte le parti sociali e agli enti locali perché ne gioverà la massima condivisione possibile sella riforma – prosegue Marrone -, ma nella maggioranza di centrodestra Fratelli d’Italia vigilerà affinchè non vi sia alcuna frenata sui tempi e sui contenuti del testo, che anzi, intendiamo rafforzare con alcuni emendamenti. Quando abbiamo iniziato questa battaglia abbiamo preso impegni chiari con le famiglie e i bambini che aspettano di farvi ritorno. La realtà emersa dai lavori della commissione d’indagine di cui siamo stati promotori ci dà il quadro di un sistema che necessita di un profondo intervento. Non intendiamo venir meno alla parola data”.