ilTorinese

“Il CAAT ha un grande cuore”. Intervista al Presidente Marco Lazzarino   

“Anche e soprattutto in questo momento di emergenza – precisa il Presidente del CAAT, l’ingegner Marco  Lazzarino – il CAAT (Centro Agroalimentare di Torino) continua ad operare regolarmente, garantendo, così, la fornitura di prodotti ortofrutticoli freschi ai mercati e supermercati di Torino e del Piemonte. In questo delicato periodo di emergenza sanitaria da Covid 19, presso il CAAT abbiamo adottato tutta una serie di misure atte a garantire la sicurezza sul posto di lavoro e a limitare il rischio di contagio (sanificazione ed igienizzazione costante di tutti gli spazi ad uso comune, distanziamento tra le persone, utilizzo di mascherine e guanti, utilizzo di dispositivi igienizzanti per le mani).

La società monitora, inoltre, costantemente la situazione ed è pronta ad introdurre misure ancora più restrittive, qualora vengano ritenute necessarie per poter conciliare la prosecuzione delle attività (che costituiscono un servizio essenziale per la collettività) con la sicurezza dei propri lavoratori.

“Questo ultimo periodo – precisa il Presidente Marco Lazzarino – è  stato contraddistinto da alcuni fenomeni nuovi. Il primo, sicuramente, è stato rappresentato dal decremento degli accessi al mercato da parte degli acquirenti. I loro accessi si attestano, infatti, a circa il -40% rispetto a quelli rilevati nello stesso periodo del 2019. Tale diminuzione può facilmente essere spiegata alla luce delle restrizioni che sono state imposte ai mercati rionali e che, conseguentemente, hanno determinato un minor afflusso di ambulanti presso il CAAT medesimo. Per quanto riguarda gli altri canali (supermercati, negozi di prossimità) si rileva un incremento delle forniture che, talora, si realizzano senza la presenza diretta di buyers presso il CAAT ed attraverso sistemi di acquisto telematici, in grado di non richiedere la presenza fisica”.

“Per quanto riguarda la disponibilità e la qualità dei prodotti ortofrutticoli – aggiunge il Presidente del CAAT Marco Lazzarino – la situazione risulta assolutamente normale. Non si segnala, infatti, nessun tipo di problematica dal punto di vista degli approvvigionamenti dei prodotti e la qualità degli stessi resta elevata; rilevo, in particolare, che è aumentato l’approvvigionamento di prodotti della produzione nazionale italiana, a scapito dell’importazione dall’estero.

“Un altro tema – aggiunge il Presidente Marco Lazzarino – cui il CAAT è  da sempre molto attento è  quello riguardante il rilevamento e la trasparenza dei prezzi. A questo proposito, occorre sapere che il CAAT è dotato di un sistema di rilevazione dei prezzi (prezzi all’ingrosso), che vengono pubblicati quotidianamente sul nostro sito web (www.caat.it) ed accessibili liberamente da tutti.

In questo senso il nostro sistema di rilevazione dei prezzi è un valido strumento di calmieramento e trasparenza dei prezzi

Abbiamo, inoltre, registrato aumenti significativi di alcuni prodotti, a seguito di un’accresciuta domanda, avvenuta, talora, in concomitanza con la conclusione della stagione e, quindi, con la conseguente minore disponibilità dei prodotti in questione. I prodotti che hanno subito i maggiori aumenti sono stati i seguenti: Agrumi (arance, limoni, clementine), Cavolfiori, Broccoli, Peperoni, Fagiolini, Melanzane

Altri prodotti, invece, non hanno subito aumenti significativi e, anzi, in taluni casi hanno visto un calo dei prezzi: Fragole, Finocchi, Carciofi”.

“Il CAAT – precisa il suo Presidente Marco Lazzarino – ha inoltre deciso di aderire alla campagna social #aiutiamochiaiuta, donando oltre 3000 Kg di prodotti agroalimentari a favore del personale medico e paramedico di cinque ospedali di Torino e provincia, impegnati in prima linea nel contrasto al Covid-19. Questa iniziativa è stata resa possibile grazie alla generosità dell’Associazione grossisti (APGO) ed a quella di un operatore della logistica. Così, in un momento  di forte emergenza sanitaria, il CAAT ha dimostrato, oggi più che mai, di essere una componente viva e vitale della comunità di cui fa parte e di svolgere un ruolo di primaria importanza, oltreché di interesse generale”.

“Infine il CAAT ha deciso – precisa l’ingegner Marco Lazzarino – di approfondire e potenziare il tema delle donazioni, considerando che, ogni anno, i grossisti che vi operano donano oltre

400 000 Kg di prodotti al Banco Alimentare. In questo periodo di particolare difficoltà sociale è  stato intensificato il numero di prelievi da parte dei volontari del Banco, i quali si recheranno presso il CAAT cinque giorni alla settimana”.

 

“CAAT HA UN GRANDE CUORE  – conclude il suo Presidente Marco Lazzarino – e di ciò sono particolarmente orgoglioso.

Per ringraziare tutti i grossisti che hanno aderito all’iniziativa benefica, ho voluto far affiggere due grandi cartelloni all’ingresso dell’edificio nel quale si trovano le aziende dei grossisti, in modo tale che, arrivando ogni notte al lavoro, sappiano che la loro generosità è riconosciuta ed apprezzata da tutta la comunità”.

 

I testimoni di Geova celebrano la morte di Gesù

Il  7 aprile, dopo il tramonto, i Testimoni di Geova celebrano la Commemorazione della morte di Gesù, il più importante evento dell’anno per la loro confessione

A causa del coronavirus e nel rispetto delle disposizioni governative,la celebrazione si tiene in via eccezionale nelle abitazioni, in streaming. Si tratta di mezzo milione di persone solo  in Italia e 21 milioni nel mondo che potranno partecipare virtualmente con le proprie comunità o collegandosi al sito ufficiale, jw.org.
La notte prima di morire Gesù ordinò ai suoi seguaci di commemorare la sua morte: “Fate questo in memoria di me” (Luca 22:19, CEI). Per rispondere a questo comando, seguendo l’usanza dei primi cristiani, i Testimoni di Geova si radunano dunque  una volta all’anno nella data corrispondente al giorno in cui Gesù morì: il 14nisan del calendario ebraico in uso nel I secolo, e  quest’anno corrisponde al 7 aprile, dopo il tramonto. Il collegamento  è gratuito e accessibile a tutti, anche a chi non appartiene ai Testimoni di Geova. Ecco i llink : https://www.jw.org/it/biblioteca-digitale/video/#it/mediaitems/L atestVideos/pub-mo-tk20r_1_VIDEO

Da Poli e Università un progetto per accelerare la ripartenza dopo Covid 19

Coordinati dal Politecnico e dagli altri Atenei Piemontesi, cinque gruppi di lavoro elaboreranno proposte su strumenti e procedure per una ripresa in sicurezza delle attività lavorative. Il primo rapporto tra pochi giorni

 

 Il tema della ripartenza delle attività produttive nella attuale emergenza COVID19 è sempre più all’ordine del giorno dell’agenda politica e dei media: un aspetto che presenta elementi di grande complessità proprio per l’eccezionalità della situazione che si troveranno a fronteggiare sia gli imprenditori che gli stessi lavoratori. La riapertura dovrà basarsi infatti su misure condivise tra lavoratori e imprese, che tutelino da una parte la piena sicurezza dei lavoratori nei termini di rischio di contrarre il virus nel loro posto di lavoro e nei necessari spostamenti dalle loro case a fabbriche e uffici, e dall’altra garantiscano agli imprenditori la fattibilità e sostenibilità economica di tali misure.

Il Politecnico di Torino ha dato il via, insieme ad esperti tecnico-scientifici delle università piemontesi e di altre università e centri di ricerca, anche indicati dalle parti sociali e dal sistema delle imprese, ad un progetto che possa fornire un quadro di riferimento scientifico e tecnologico volto a minimizzare le probabilità di contagio tra persone che non presentano sintomi, così da consentire un rientro controllato ma pronto sui luoghi di lavoro e di aggregazione sociale, non appena i dati epidemiologici lo consentiranno.

“Siamo convinti che la massima protezione delle persone nel loro luogo di lavoro sia tanto imprescindibile quanto una rapida riapertura delle attività economiche del Paese”, spiega il Rettore Guido Saracco: “La riapertura sarà un elemento chiave per la competitività delle aziende italiane, se non per la loro stessa sopravvivenza, specialmente nel caso delle piccole e medie imprese”. Proprio in quest’ultima prospettiva, le linee guida e prassi definite dovranno abbinare alla garanzia del conseguimento di un efficace controllo dei rischi di contagio, la praticabilità tecnica ed economica in tempi rapidi a qualsiasi stadio delle filiere produttive, dalle piccole alle grandi imprese.

L’obiettivo del progetto è, nel concreto, di delineare le indicazioni contenute nel Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro – sottoscritto dal Primo Ministro e dai Ministri competenti in materia in data 14 marzo 2020 – in prassi e metodologie applicative che possano favorire una rapida implementazione nei contesti di riferimento. Si parla quindi di luoghi di lavoro non aperti al pubblico (aziende manifatturiere, magazzini), teatri e altri luoghi di aggregazione sociale con biglietto nominativo ed esercizi commerciali, aeroporti, cinematografi e altri luoghi ad accesso libero o comunque non completamente tracciato.

La necessità di impostare rigorosamente tali procedure è data alla prospettiva temporale nella quale sarà necessario applicarle, che dipenderà dalla durata dell’emergenza sanitaria e che oggi alcuni esperti prevedono non sarà inferiore a un anno (cioè il tempo minimo necessario per la disponibilità di un eventuale vaccino).

Sono quindi al lavoro cinque gruppi operativi, composti da docenti e personale del Politecnico e degli altri Atenei piemontesi, insieme a decine di soggetti qualificati pubblici e privati che hanno voluto aderire all’iniziativa, con il compito di predisporre analisi e proporre strumenti e procedure in altrettanti campi di interesse: valutazione e mitigazione del rischio di contagio nei mezzi di trasporto e nei luoghi lavorativi; definizione di politiche di welfare e di gestione della privacy dei lavoratori, che per le caratteristiche del virus COVID19 dovranno con ogni probabilità essere trattati diversamente in base alla loro età e stato di salute; definizione di adeguati protocolli e strumenti di informazione e formazione dei lavoratori, ad ogni livello (operai, quadri, manager, ecc.); definizione di adeguate misure di supporto economico e logistico alle imprese per il loro adeguamento alle prescrizioni per il contenimento del rischio di contagio; convalida della resilienza delle misure, prescrizioni e protocolli definiti dai tavoli di lavoro sopra citati, nella loro applicazione rispetto ad alcune aziende esemplari di diversi settori produttivi, merceologici, commerciali selezionate anche in modo da coprire dimensioni di organico variabili da piccole a grandi imprese.

L’obiettivo è di fornire in tempi molto brevi, entro 10 giorni dal 3 aprile scorso, un rapporto che possa supportare i decisori politici e l’Istituto Superiore di Sanità, insieme all’analisi del quadro epidemiologico aggiornato, nella definizione di strumenti tecnologici e scientifici per accelerare la ripartenza del nostro sistema economico produttivo nel suo complesso: “In questo momento di grande difficoltà, ci siamo messi, con le altre università del territorio ,a disposizione del sistema produttivo del nostro Paese, che il nostro Ateneo ha contribuito storicamente a far crescere e a innovare, perché siamo convinti che la ripartenza debba essere progettata al più presto e nella piena sicurezza deli lavoratori, mettendo a sistema tutte le conoscenze disponibili”, conclude il Rettore Guido Saracco.

Quel 7 aprile 1979. La rivoluzione sbagliata fa i conti con la storia

Il 7 aprile del 1979, a Milano, venne arrestato il professore Toni Negri. Ordinario della cattedra di Filosofia Politica di Padova. L’accusa: essere il capo ideologico delle Br. Personaggio ondivago nel panorama della politica italiana fin dai primi anni 60. Cattolico e poi cattolico del dissenso, socialista e poi ideologo di Potere operaio ed in generale ideologo dell’estremismo politico di sinistra.

Diventato radicale, e diventato parlamentare  scappò in Francia. Dopo la rivoluzione, il suo secondo obbiettivo fu quello di non farsi 1 giorno di carcere. Operazione che in parte gli riuscì. Poi più che voler fare la rivoluzione , diceva agli altri che dovevano fare la rivoluzione. Fece diventare il suo istituto un covo di novelli terroristi e si difese sempre dicendo: un conto e dire fate la rivoluzione, un conto  sparate a qualcuno. Decisamente un cattivo maestro.

Aveva rapporti con tutta l’intellighenzia cosiddetta di sinistra, e l’ altro obiettivo  dire che il PCI era peggio dei padroni. Uno dei suoi punti di forza era l’ ateneo di Torino, in particolare Palazzo nuovo e le facoltà umanistiche. Alla fine degli anni 60 ed inizio anni 70 capitava spesso nella nostra città. Le sue riunioni- lezioni finivano sempre con la richiesta di un contributo per comprare armi per la rivoluzione. Tutto alla luce del sole e probabilmente sotto i vigili occhi di polizia politica in borghese e, magari perché no, dei servizi segreti italiani e non. A fine del 1976 Lotta Continua di Adriano Sofri si dissolse come neve al sole. E molti del cosiddetto servizio d’ ordine di Lotta Continua confluirono nel terrorismo con le loro diverse ramificazioni. Br , Senza Tregua, Prima linea, Nuclei armati Proletari e chi più ne ha più ne metta. Con Autonomia Operaia che teorizzava la violenza di massa per sovvertire questo nostro Stato. Ideologia? Eccolo di nuovo il loro Professore Antonio Negri. Anni difficili. Era scoppiato il 77 , il movimento del 77 con il suo carico di odio e di violenza, trovando terreno fertile in certe parti della società torinese. Da Palazzo Nuovo alle fabbriche si respirava odio, troppo odio. Era pure difficile frequentare le lezioni. Frequentavamo l’ Università in gruppo. Non si sapeva mai. Ebbi l’onore di essere immortalato in un manifesto. Con un impermeabile e l’immancabile toscano, ironicamente: Tenente Colombo. E fin qui nulla di male . Quando però sul disegno delle mie gambe venne tracciato un tiro a segno la cosa diventò inquietante. Venni anche circondato e minacciato in Via Po, verso le 10 di sera. Spintonato ebbi molta paura. L’apice della violenza nel marzo 77 per le elezioni universitarie. Gli epigoni del Professore Negri non erano  d’accordo e semplicemente tentarono di impedire le votazioni. Con tragicomici aneddoti. Un leader di Lotta Continua ebbe l’ infelice idea di presentarsi in giacca e cravatta per votare. Era reduce da un matrimonio. Fu preso a schiaffi dai suo stessi compagni che non lo riconobbero , del resto aveva tagliato barba e capelli. Cominciavano a capire che qualcosa stava cambiando anche a casa loro. Terroristi e violenti presi da un delirio di onnipotenza sbagliavano, con il risultato di un loro sempre maggiore isolamento. Dal rapimento all’omicidio di Aldo Moro all’uccisione del compagno sindacalista Guido Rossa o all’omicidio del vicedirettore della Stampa Carlo Casalegno . E il figlio che era stato di Lotta continua non ebbe dubbi: con voi non voglio averci più niente a che fare. Per tutto ciò, arrestato Toni Negri e Oreste Scalzone, ne fui contento. Non andava di moda, almeno per quegli anni, essere dalla parte dei magistrati. Io viceversa lo ero. Mi accusarono di non essere garantista. Pazienza, non si è mai perfetti. In verità Negri e compagni furono processati e alla fine assolti. Non sempre. Il Professore si beccò dodici anni per concorso morale in omicidio. Riuscendo comunque a farsi pochi mesi di galera. Altra cosa toccò ad alcuni dei suoi epigoni che scontarono pene dai venti anni in su. Con una certezza: Tony Negri è stato un cattivo maestro senza se e senza ma. Magari l’ accusa di  essere il Grande vecchio delle Br non resse in tribunale. Visti gli atti processuali è prova incontrovertibile. Ma non davanti alla sua coscienza. Tony Negri ha molto di cui vergognarsi. E non mi risulta che ammettendo abbia lenito le sue indubbie colpe morali.

Patrizio Tosetto

Riflessioni sulla Giornata della Salute

Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della disciplina dei Diritti Umani intende sollecitare tutto il mondo della scuola sulla tematica del diritto alla salute, in occasione della Giornata mondiale della salute del 7 aprile 2020

Istituita nel 1950 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’Agenzia dell’ONU specializzata nella difesa e tutela della salute, per commemorarne la fondazione nel 1948 è tesa alla sensibilizzazione tutti i popoli sull’importanza del diritto alla salute.

La salute è un diritto fondamentale dell’uomo che si caratterizza per l’universalità, l’uguaglianza e l’equità del suo riconoscimento ai sensi dell’art. 25 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, dell’art. 32 della Costituzione e della legge 833 del 1978. È una risorsa per l’intera comunità, garantita attraverso la promozione, il mantenimento e il recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione, senza distinzione per condizioni individuali, sociali ed economiche. Nell’attuale emergenza, il Servizio Sanitario Nazionale si trova costretto a far fronte ad un incessante bisogno di assistenza sanitaria da parte dei pazienti affetti dal covid-19. Eppure, se per un verso le condizioni restrittive in cui viviamo tutelano dal contagio, dall’altro rappresentano un rischio concreto per la salute psichica delle famiglie e, in particolar modo, dei bambini e degli adolescenti.

In questo difficile panorama, il ruolo dei docenti impegnati come volontari nella DAD funge da garante dell’equilibrio psicofisico degli alunni. La vicinanza dei docenti assicura la continuità della principale routine degli alunni: l’impegno scolastico. Il rapporto che si instaura tra docenti ed alunni, inoltre, va oltre la didattica: esso è frutto di un legame emotivo e formativo che lascerà il segno in ognuno, contribuendo alla salvaguardia della serenità psicologica dei giovani. Nella ricorrenza del bicentenario della nascita di Florence Nightingale, fondatrice dell’infermieristica moderna, l’OMS ha dichiarato il 2020 “anno internazionale dell’infermiere e dell’ostetrica”, chiedendoci di far luce sul loro ruolo vitale svolto per l’assistenza sanitaria in tutto il mondo.
Entrambi ci assistono nei momenti di massima fragilità: gli infermieri rappresentano il primo e più diretto contatto del paziente, le ostetriche un caposaldo che accompagna ogni mamma in uno dei momenti più difficili ed emozionanti della vita. Il loro lavoro è sempre stato “prezioso”, come definito da Papa Francesco, e lo è tantopiù in questo momento di emergenza in cui il loro contributo è vitale per la sopravvivenza di tantissimi ammalati.

Non meno valore, però, ha la vita degli infermieri impegnati in prima linea nella lotta al virus. Secondo i dati divulgati dalla Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche lo scorso 2 aprile, sono 23 i decessi registrati fra gli infermieri positivi a Covid-19, tra cui due suicidi.  Al giorno d’oggi è inaccettabile che lavoratori così esposti in una battaglia essenziale e comune vengano privati delle più avanzate dotazioni di sicurezza; retribuiti secondo tabelle inadeguate all’effettivo valore del loro servizio; sovracaricati, fino allo sfinimento ed alla morte, a causa della irrisolta carenza di organico.

Questa emergenza illumina le coscienze su quali siano le figure professionali essenziali attraverso cui lo Stato agisce per il bene dei suoi cittadini. Tra questi vi è tutto il personale medico e paramedico; le forse di pubblica sicurezza e gli insegnanti di ruolo e precari che, come gli altri, senza ricevere alcun riconoscimento eccezionale portano avanti una missione eccezionale.
Cogliamo l’occasione per segnalare la pericolosità dei messaggi contraddittori lanciati in questi giorni dai media circa la correttezza delle misure di protezione. Veicolare messaggi contraddittori a cittadini che si trovano totalmente inermi, costretti alla compressione di alcuni dei loro diritti fondamentali, genera un pericoloso stato di confusione e rischia di alimentare disordini comportamentali. In questo momento i docenti sono gli unici intermediari tra lo Stato e i cittadini che, quotidianamente, entrano nelle case delle famiglie italiane e ne percepiscono le paure, le perplessità e i disagi attraverso i più giovani. In questo ruolo esclusivo, i docenti hanno bisogno di avere ragioni univoche da veicolare ai propri studenti allorquando questi rivolgono domande e chiarimenti circa la situazione attuale, specie durante le lezioni di diritto.

Chiediamo, quindi, a tutte le forze politiche e istituzionali impegnate nell’emergenza di agire in sinergia, risolvendo ogni contrasto con il supporto di fondate evidenze scientifiche e, solo successivamente, di inviare messaggi coerenti alla popolazione.  In occasione della giornata, il CNDDU propone ai docenti di infondere nei giovani fiducia e apprezzamento per il lavoro di infermieri ed ostetriche presentando la loro professione attraverso il suggerimento di film, libri, documentari, approfondimenti della stampa o semplicemente raccontando esperienze vissute: non solo al fine di diffondere la consapevolezza del loro ruolo nell’assistenza sanitaria, ma anche per ispirare coloro che si sentano portati ad intraprendere queste professioni.
Utilizzando le dotazioni digitali, gli alunni possono creare dei file multimediali (lettere, video, presentazioni, ecc.) per esprimere la loro gratitudine e riconoscenza per il lavoro di infermieri ed ostetriche e indirizzarli alle strutture sanitarie delle proprie città. Il CNDDU mette a disposizione uno spazio sul proprio sito per ospitare tutte le produzioni multimediali che invita le scuole a pubblicare con l’hashtag #iosupportoinfermierieostetriche.

Prof.ssa Veronica Radici

I maestri di sci aiutano la Regione contro il coronavirus

Il Collegio  dei Maestri di Sci del Piemonte e l’Amsao hanno devoluto 15mila euro alla Regione  per  aiutare a combattere l’emergenza Coronavirus

“Il Collegio Regionale  e l’Amsao – recita la lettera dei presidenti Franco Capra e Gianni Poncet – nonostante la categoria dei maestri di sci sia in un momento di difficoltà economiche dovuto all’interruzione prematura della stagione sciistica, nello spirito di solidarietà che li contraddistingue, ha deciso di dare un contributo di 15.000 euro alla Regione Piemonte sul conto corrente dedicato all’emergenza Coronavirus. Siamo convinti che la Regione, che ringraziamo per l’impegno  in questo periodo emergenziale, sia l’ente che è in grado di avere contezza della situazione e compiere le opportune valutazioni su quali siano gli enti e associazioni da sostenere”

Lotta senza sosta per combattere il virus nei dormitori torinesi

Ieri in consiglio comunale è intervenuta su  richiesta delle consigliere Eleonora Artesio (Torino in Comune) e Federica Scanderebech (Rinascita Torino)   la vicesindaca e assessora al Welfare Sonia Schellino per fornire comunicazioni in merito alla situazione dei dormitori torinesi durante l’emergenza sanitaria Covid-19

L’assessora ha spiegato che negli ultimi giorni sono incrementati i casi di ospiti con sintomatologia da Covid-19 e si è quindi proceduto a valutare l’estensione dei servizi di accoglienza in nuovi spazi.

Lo scorso 3 aprile è stata allertata l’Unità di crisi regionale, che il giorno successivo ha poi effettuato un sopralluogo negli spazi di via Reiss Romoliconcordando l’installazione di un presidio esterno gestito dalla cooperativa, con l’assistenza della Croce Rossa e della Polizia Municipale. Tutto ciò in attesa di ulteriori direttive dell’Unità di crisi regionale, che poi ha stabilito l’acquisizione di 120 posti al Maria Adelaide e al Padiglione 5 di Torino Esposizioni.

I dormitori sono servizi pubblici essenziali – ha ricordato Schellino – e sin dall’inizio dell’emergenza sono rimasti aperti. Solo con la Circolare sui Servizi Sociali del 27 marzo 2020 (paragrafo 4) vengono però citati i servizi per persone senza fissa dimora, stabilendo che non devono essere interrotti, mentre l’assessora regionale Caucino – ha aggiunto – sta elaborando delle linee guida per il Piemonte.

Sono attive 19 strutture con 580 posti, oltre 100 posti disponibili in piazza d’Armi e ad alloggi d’autonomia (32 posti). Sono nove i dormitori gestiti dal terzo settore con il contributo della Città, dieci le strutture della Città date in appalto o concessione.

Utilizzando i contributi del Piano di inclusione sociale, abbiamo rafforzato servizi e interventi, d’intesa con rete gestori e volontariato, abbiamo acquistato dpi adeguati e altri ne abbiamo chiesti alla Protezione Civile e non è mai stato mandato via alcun ospite – ha affermato la vicesindaca.

È stata chiuso il dormitorio gestito da Bartolomeo & C, i cui ospiti sono stati riassorbiti da altre strutture, mentre è stata prorogata per tutto il mese di aprile l’apertura del sito in piazza d’Armi e sono stati attivati ulteriori spazi in via Ghedini 6 e piazza Massaua 18 (per 33 posti aggiuntivi), così da permettere un maggiore distanziamento negli altri dormitori.

È stato inoltre chiesto ai gestori di prevedere una chiusura di sole 4 ore al giorno degli spazi, necessarie per la sanificazione quotidiana degli spazi.

Sono state attivata procedure di accesso di pre-triage per tutti gli ospiti e procedure da attuare in caso di positività.

Il dibattito in Consiglio comunale

Eleonora Artesio (Torino in Comune): Sono insoddisfatta per le modalità di intervento adottate. Si tratta di competenze socio-assistenziali della Città e non mi pare si sia proceduto con la tempestività necessaria. Già il 13 marzo in Conferenza dei Capigruppo avevo sottolineato criticità relative al distanziamento nei dormitori. Sono delusa dalla mancata tempestività della Città.

Francesco Tresso (Lista Civica per Torino): Le misure sono state prese con ritardo evidente e i numeri forniti dall’assessora non sono gli stessi forniti dai media. Ci si è mossi solo dopo disposizioni regionali. Bisognava partire prima per individuare nuove strutture ricettive! Si è preferito aspettare indicazioni di altri organi… Si è agito in ritardo, senza ascoltare i segnali, dati per tempo.

Federica Scanderebech (Rinascita Torino): Quanti casi di positività ci sono e quanti tamponi sono stati fatti a ospiti e personale? Quante persone sono ora in quarantena?

Elide Tisi (PD): Era evidente da subito come le strutture per persone senza fissa dimora fossero a forte rischio, ospitando persone fragili dal punto di vista sanitario. Il distanziamento è difficile nei dormitori. Occorreva pensare da subito a strutture aperte h24. Come le Rsa, anche i dormitori devono essere soggetti a monitoraggio sanitario tempestivo, per la sicurezza dei frequentatori e degli operatori che di loro si occupano.

Deborah Montalbano (DemA): Già da metà marzo, con la collega Artesio, avevo chiesto che si aprissero alcune nuove strutture per accogliere i senza fissa dimora, a tutela loro e degli operatori. Si poteva verificare la disponibilità di caserme o di strutture in dismissione, istituendo presidi sanitari permanenti. Non è stato fatto: sostenere che si aspettano linee guida da Ministero e Regione non esime dalle proprie responsabilità. Se chi non ha casa è abbandonato a se stesso, è una sconfitta per tutti.

Marina Pollicino (Con.Ci.): È vero che quattro persone senza fissa dimora portate in una struttura ospedaliera, sono poi ritornate in dormitorio in autobus? Si mette a rischio tutta la cittadinanza.

Al termine del dibattito, ha ripreso la parola la vicesindaca Schellino, che ha ringraziato la consigliera Pollicino per la domanda, confermando il caso avvenuto: “Si tratta di una popolazione di persone fragilicon difficoltà, da proteggere, che hanno bisogno di accompagnamento”. Per non farli uscire dagli spazi ci va un’ordinanza sanitaria di obbligo di dimora che stabilisce che una persona è infetta e deve dimorare in uno spazio chiuso, che non può essere un dormitorio – ha spiegato l’assessora. Per questo Prefettura e Unità di crisi regionale hanno aperto ulteriori strutture con spazi il più possibile isolati, così come chiesto dalla Città – ha aggiunto.

La competenza su sanità – ha poi precisato – e sulla tutela delle persone infette spetta alla sanità piemontese.

Volpiano, durante le festività pasquali rafforzati i controlli: restate a casa

Le forze dell’ordine hanno già segnalato 66 violazioni alle disposizioni in vigore

La Polizia Municipale di Volpiano, d’intesa con le altre forze dell’ordine operanti sul territorio, ha previsto un’intensificazione dei controlli nei giorni di Pasqua e Pasquetta, per verificare il rispetto dei provvedimenti emanati dal governo per contenere il diffondersi dell’epidemia da Coronavirus, in particolare per quanto riguarda il divieto di uscire di casa se non in caso di necessità ed esibendo l’autocertificazione circa le ragioni dello spostamento. Dall’inizio dell’emergenza, a Volpiano le forze dell’ordine hanno eseguito 675 controlli e segnalato 66 violazioni alle disposizioni in vigore.

Commenta il sindaco di Volpiano Emanuele De Zuanne: «È fondamentale continuare a rispettare l’obbligo di restare in casa durante questa emergenza per contenere la diffusione del virus; si tratta senza dubbio di un sacrificio, a maggior ragione durante le festività pasquali, ma è il modo più efficace per ridurre i contagi e aiutare gli operatori sanitari a gestire questa emergenza».

Nuovi ventilatori polmonari donati dalla comunità cinese

La Fondazione benefica cinese “Zhejiang Anfulisheng” ha acquistato e donato all’Unità di crisi della Regione Piemonte 10 ventilatori polmonari per terapie sub-intensiva, per un valore di circa 80 mila euro. I costi del trasporto sono stati coperti dal governo di Wenzhou, mentre tutta la gestione amministrativa relativa all’acquisto e al trasporto in Italia dei dispositivi è stato reso possibile dall’impegno dei volontari dell’Angi (Associazione Nuova Generazione Italo-Cinese).  

I 10 ventilatori sono stati consegnati dai rappresentanti dell’associazione direttamente all’assessore alla Sanità, Luigi Genesio Icardi, che ha provveduto a distribuirli sul territorio tramite l’Unità di crisi della Regione Piemonte: 4 all’ospedale di Verduno, 2 al Mauriziano di Torino, 2 all’Asl di Vercelli e 2 all’Asl di Alessandria.

«Ringrazio sentitamente l’Angi, la Fondazione “Zhejiang Anfulisheng”, il governo di Wenzhou e tutta la comunità cinese – ha dichiarato l’assessore Icardi in occasione della consegna – per il contributo fattivo e la vicinanza che ci sta dimostrando in questo momento complicato, con importanti donazioni che aiutano il nostro sistema sanitario a fronteggiare al meglio questa epidemia».

Guariti 506 pazienti, 93 nuove vittime in Piemonte

Il bollettino della Regione Piemonte delle ore 19 di lunedì 6 aprile

506 PAZIENTI GUARITI  E 659 IN VIA DI GUARIGIONE

Oggi pomeriggio l’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha comunicato che il numero complessivo di pazienti virologicamente guariti, cioè risultati negativi ai due test di verifica al termine della malattia, è di 506 (72 in più di ieri): 37 in provincia di Alessandria, 28 in provincia di Asti, 28 in provincia di Biella, 51 in provincia di Cuneo,  22 in provincia di Novara, 278 in provincia di Torino, 29 in provincia di Vercelli, 23 nel Verbano-Cusio-Ossola, 10 provenienti da altre regioni.

Altri 659 sono “in via di guarigione”, ossia negativi al primo tampone di verifica dopo la malattia e in attesa ora dell’esito del secondo.

93 DECESSI OGGI, COMPLESSIVAMENTE 1.284

Sono 93 i decessi di persone positive al test del “Coronavirus Covid-19” comunicati nel pomeriggio dall’Unità di Crisi: 16 in provincia di Alessandria, 4 in provincia di Asti, 5 in provincia di Biella, 8 in provincia di Cuneo, 4 in provincia di Novara, 43 in provincia di Torino, 6 in provincia di Vercelli  5 nel Verbano-Cusio-Ossola,  2 provenienti da altra regione.

Il totale complessivo è ora di 1.284 deceduti risultati positivi al virus, così suddivisi su base provinciale: 239 ad Alessandria, 61 ad Asti, 92 a Biella, 86 a Cuneo,  143 a Novara,  507 a Torino,  66 a Vercelli, 66 nel Verbano-Cusio-Ossola, 24 residenti fuori regione, ma deceduti in Piemonte.

LA SITUAZIONE DEI CONTAGI

Sono 13.046 le persone finora risultate positive al “Covid-19” in Piemonte: 1.930 in provincia di Alessandria, 617 in provincia di Asti, 585 in provincia di Biella, 1.143 in provincia di Cuneo, 1.015 in provincia di Novara, 6.246 in provincia di Torino, 650 in provincia di Vercelli, 620 nel Verbano-Cusio-Ossola, 181 residenti fuori regione, ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 59 casi sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale.

I ricoverati in terapia intensiva sono 440

I tamponi diagnostici finora eseguiti sono 43.306 , di cui 25.140 risultati negativi.