ilTorinese

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Arianna Farinelli  “Gotico americano”   -Bompiani-   euro 18,00

Questo primo romanzo della scrittrice romana -che da quasi 20 anni vive negli Stati Uniti ed insegna in un’università newyorkese- assembla più argomenti e lo fa tenendoci incollati alle pagine fino alla fine.

Scritto magnificamente, racconta rapporti tra genitori e figli che sconfinano in soffocanti dipendenze e impossibili emancipazioni affettive, tradimenti, sessualità incerte, e l’amore impossibile tra una donna matura e il suo giovane allievo che finisce ingoiato dall’Isis.

Difficile tenere insieme tanti argomenti e incastrarli alla perfezione, ma la missione della Farinelli è perfettamente compiuta.

Protagonista del libro è Bruna, che ha fatto uno scatto sociale rispetto alla modesta famiglia di origine: è diventata professoressa ed insegna in un college di New York. Si è trasferita in America anche per amore di Tom, medico di successo, emotivamente immaturo e soggiogato da genitori invadenti ed ottusi.

Bruna e Tom hanno due figli, Minerva e Mario, sui quali i nonni paterni incombono: inevitabile lo scontro con i suoceri, acuito dalla scoperta che il piccolo Mario si sente femmina costretta in un corpo che non riconosce, disprezzato dal nonno che lo chiama “faggot” (finocchio)… e sarà la goccia che fa traboccare il vaso.

Anche dopo l’apparente strappo del cordone ombelicale, Tom continua a rivelarsi un marito e padre assente e ad un certo punto il “matrimonio americano” di Bruna giunge al capolinea.

Tanto più che nella sua vita irrompe Yunus, con lo straripante vigore dei suoi 20 anni. E’ un suo allievo afroamericano, ha un passato difficile, arriva da Harlem e tutti i pomeriggi si ritrova nel suo letto, tra passione e interessi comuni.

Poi un bel giorno scompare: si è convertito all’Islam ed è partito per Mosul, dove finisce per militare nelle file del sanguinario Stato Islamico, tra sgozzamenti e orrore allo stato puro.

Bruna si trova così nell’occhio del ciclone: incinta di Yunus, interrogata dall’Fbi, in rotta con il marito. Di più non vi anticipo, ma scoprirete schemi che saltano, vite che sembravano perfette e invece nascondevano scheletri nell’armadio, integrazioni difficili, ricerca affannosa di identità e senso di appartenenza…e tanto altro… in un libro di esordio strepitoso.

 

Roberto  Bolaño   “Sepolcri di cowboy”   -Adelphi –   euro 18,00

Lo scrittore -cileno di nascita e messicano di adozione, nato a Santiago del Cile nel 1953 e morto a Barcellona  nel 2003 a soli 50 anni- scrisse i tre abbozzi di romanzi raccolti in questo volume, negli ultimi anni della sua vita. Sono stati trovati dopo la sua morte, mentre il suo nome diventava leggenda, insieme ad altri inediti pubblicati postumi.

Il primo dei tre scritti, che dà il nome al volume, ha chiari riferimenti autobiografici. Suo alter ego è il giovane Arturo Belano (voce narrante) sospeso tra due mondi. Scorrono pagine in cui compaiono i genitori: la madre cilena, donna bellissima dalla mente matematica, stravagante, lettrice di romanzi rosa e riviste esoteriche. Il padre messicano, pugile che si dichiara con fierezza cowboy, figlio di cowboy e lettore appassionato solo di romanzi western. La loro è una storia d’amore che va avanti e indietro tra i due paesi e genera tre figli.

Su tutto però incombe il golpe militare che l’11 settembre del 1973 abbatté il governo del Presidente Salvador Allende, innescando l’atroce destino dei desaparecidos.

Arturo, che più di tutto si sente latinoamericano, decide di  tornare in Cile per partecipare alla rivoluzione. Belano racconta i curiosi incontri durante il viaggio (inclusa una spogliarellista che seduce lui e il compagno di cabina), poi arriva il dramma di un intero paese con la rievocazione dell’incredulità di fronte alla notizia del golpe.

Nel secondo brano, la “Patria” del titolo è quella della dittatura militare e qui l’autore intesse storie tragiche ed emblematiche. Come quella di una ragazza desaparecida e il dramma di una vita finita nel nulla, con i devastanti effetti sulla sua famiglia. O ancora, punta il dito contro l’organizzata e redditizia rete del traffico di organi che prevede il rapimento di bambini mendicanti-vagabondi per i quali il destino ha in serbo un futuro da macelleria.

Di tutt’altro tono, invece, l’ultimo brano che parte da un’eclissi e ci fa scoprire il Gruppo Surrealista Clandestino che da tempo sopravvivrebbe nelle fogne parigine.

 

Preston & Child   “L’uomo che scrive ai morti”   -Rizzoli-  euro 19,00

Ancora un punto messo a segno dalla coppia formata dal giornalista del “New Yorker” Douglas Preston e dall’editor e saggista Lincoln Child, che firmano un altro dei loro thriller con protagonista Aloysius  Pendergast. Ritroviamo così il pluridecorato agente dell’FBI: cane sciolto poco incline a rispettare la catena di comando, dai metodi investigativi poco ortodossi, avvolto da un certo mistero, sempre vestito in modo impeccabile, con un’affilata intelligenza, notevole cultura e pungente sarcasmo.

Scende in campo per districare una matassa decisamente inquietante che inizia con il ritrovamento nel cimitero di Bayside-Miami di un cuore sanguinante sulla tomba di una ragazza suicidatasi 11 anni prima, Elise Baxter. E’ accompagnato da un biglietto in cui qualcuno ha scritto con grafia elegante un messaggio che sa di pentimento ed ha riferimenti letterari ben precisi, firmato da un fantomatico Signor Cuorinfranti.

Ed è solo l’inizio, perché 3 giorni dopo lo schema si ripete; altro cuore strappato a una vittima e depositato sulla tomba di una presunta suicida di tempo addietro.

Pendergast arriva a Miami insieme al giovane collega Coldmon, che i vertici del Bureau gli hanno affiancato più che altro per sorvegliarlo. Ma ben presto le indagini sconfinano oltre le Everglades della Florida, passano dal Maine e da New York, perché si collegano ad altri delitti.

Tra autopsie e macabre scoperte, una mano decisiva la gioca anche la bravura della giovane anatomopatologa Charlotte Fauchet, della quale Pendergast intuisce subito la professionalità puntigliosa.

Insomma, un thriller ad alta tensione, in cui a fiutare le tracce lasciate dallo psicopatico di turno è l’abilissimo Pendergast che ha in se lo strabiliante mix dei detective più celebri della narrativa: eleganza alla Philo Vance, raffinato come James Bond, fuori dal comune come Hercule Poirot, colto e con l’istinto da segugio di Sherlock Holmes.

La libertà è una camminata veloce (senza mascherina)

Sabato.
Metà pomeriggio.
Come al solito di corsa e trafelata.
Con la vita che faccio devo camminare almeno un po’ nel week end.

Parto come un fulmine dopo aver spiegato ad un amico che una camminata veloce non è la stessa cosa di una passeggiata. In effetti la camminata veloce, che è una attività motoria intensa, è spesso confusa con la “classica passeggiata” che rappresenta invece una mera forma ricreativa.

E lui le confonde continuamente e mi distrae.
Sono in fondo alla via quando mi accorgo di essere uscita senza mascherina.
Ahimé!…

… continua a leggere:

La libertà è una camminata veloce (senza mascherina)

Riapre anche la montagna e si contano i morti

Sono stati numerosi gli interventi del soccorso alpino sulle montagne piemontesi, oggi, con il ritorno alla possibilità  senza autocertificazione di compiere escursioni in montagna

Terminato il lockdown, per ora il bilancio è di due morti:  uno scialpinista di 50 anni precipitato a Punta Collerin, nella zona di Balme e  un uomo che con un  amico stava praticando canyoning in un torrente nel Vallone del Piantonetto.

In altre località sono stati trovati almeno altri due feriti.

Coronavirus, in calo vittime e contagi

Il bollettino della Regione delle ore 16 di domenica 24 maggio


15.376
PAZIENTI GUARITI E  3.318 IN VIA DI GUARIGIONE

Oggi l’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha comunicato che i pazienti virologicamente guariti, cioè risultati negativi ai due test di verifica al termine della malattia, sono 15.376 (+342 ) rispetto a ieri: 1448 (+7) in provincia di Alessandria,  680 (+30) in provincia di Asti,  666 (+20) in provincia di Biella, 1569 (+37 ) in provincia di Cuneo, 1370 (+25) in provincia di Novara, 8058 (+180) in provincia di Torino, 668 (+ 14) in provincia di Vercelli, 794 (+29 ) nel Verbano-Cusio-Ossola,  123 provenienti da altre regioni.

Altri 3.318 sono “in via di guarigione”, ossia negativi al primo tampone di verifica, dopo la malattia e in attesa dell’esito del secondo.

I DECESSI SALGONO COMPLESSIVAMENTE A 3.783

Sono 12 i decessi di persone positive al test del Covid-19 comunicati nel pomeriggio dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte, di cui 2 al momento registrati nella giornata di oggi (si ricorda che il dato di aggiornamento cumulativo comunicato giornalmente comprende anche decessi avvenuti nei giorni precedenti e solo successivamente accertati come decessi Covid).

Il totale è ora di 3.783 deceduti risultati positivi al virus, così suddivisi su base provinciale:    630 Alessandria, 223 Asti, 202 Biella, 361  Cuneo,  326 Novara, 1673  Torino,  206 Vercelli,   125 Verbano-Cusio-Ossola, 37 residenti fuori regione, ma deceduti in Piemonte.

LA SITUAZIONE DEI CONTAGI

Sono 30.180 (+43 rispetto a ieri) le persone finora risultate positive al Covid-19 in Piemonte: 3848 in provincia di Alessandria, 1775 in provincia di Asti, 1031 in provincia di Biella,  2739 in provincia di Cuneo, 2658 in provincia di Novara,  15399 in provincia di Torino,  1270 in provincia di Vercelli, 1104 nel Verbano-Cusio-Ossola, 256 residenti fuori regione, ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 100 casi sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale.

I ricoverati in terapia intensiva sono 75  (-1 rispetto a ieri).

I ricoverati non in terapia intensiva sono 1283 (-8 rispetto a ieri).

Le persone in isolamento domiciliare sono 6345

I tamponi diagnostici finora processati sono 285.160, di cui 158.371  risultati negativi.

“Movida in Santa Giulia, senza il Pattuglione è il disastro”

“Primo weekend di Fase 2 a locali aperti, situazione sotto controllo finché le Forze dell’Ordine hanno presidiato la zona: poi il disastro, assembramenti e frastuono. Lo diciamo da tempo: il Presidio Interforze è necessario, la sua presenza fa la differenza tra il divertimento sostenibile e il caos”

Tutto bene finché le Forze dell’Ordine sono rimaste sul territorio, poi il disastro: un disastro fatto di frastuono, urla e assembramenti, alla faccia del principio del distanziamento fisico. Questo il bilancio del primo sabato notte di movida a locali aperti in Fase 2 in Vanchiglia.

Un grazie sincero agli Agenti per il loro perfetto lavoro. La bomba a orologeria è esplosa non appena il Presidio Interforze ha lasciato il campo, in concomitanza con la chiusura dei locali. Centinaia di persone in piazza, urla, assembramenti incompatibili con quanto decreti e buonsenso impongono in questa fase ancora delicatissima dopo due mesi abbondanti di lockdown.
In altre zone di Torino la situazione è stata simile: per esempio in certi tratti di corso Regio Parco e in piazza Vittorio. Condivido la preoccupazione dei residenti. Chiediamo con forza che la presenza del Pattuglione – la cui efficacia è stata definitivamente provata nelle scorse ore – sia garantita non per due sole settimane, ma finché non saremo in grado di garantire una movida compatibile con il rispetto del diritto al riposo dei residenti e della sicurezza di tutti.

Silvio Magliano – Capogruppo Moderati, Consiglio Comunale Torino.

Quella volta in cui il mio cuore sputò sangue 

Domenica in poesia / di Alessia Savoini

 

Quella volta in cui il mio cuore sputò sangue 
Ho smarrito la soglia della mia ferita
dove ho riposto la sindone di umide parole,
strappate all’unghia del rimorso
acerbo
come il vizio che intercorre tra l’estasi e il domani,
dopo aver setacciato lo scisma di sette universi che abitano il corpo.
.
E tuttavia
anche prima di aver mendicato il valico di un altrove attiguo,
ancor prima di aver seviziato il ciglio di un artificio,
vidi [arrossire] i cieli abbracciare la notte.
.
Intimamente provai
qualcosa di simile all’aver espatriato il midollo dei mondi
al primo respiro della terra,
la genesi di un adulterio
che fece dell’uomo l’incontro con la sua stessa ferita.
.
La ferita che sanguina
quando gli anni cicatrizzano la carne al tempo di una smorfia,
quando l’ultimo uomo che circumnavigò l’anima delle sue ambizioni
estirpò dai suoi stessi sensi
l’agiografia dei continenti.
.
Gli occhi sudano il rammarico di un’assenza che non so digerire,
il ventre cola a picco il volto di un’Ermione
su cui la pioggia confondeva
la silvestre illusione del possesso
con il divino plagio del sussurro.
.
Grido selvaggia alla luna,
curva sulla gruccia dei mondi,
sensibile al sale di un’antica roccia
che sgorga dai fiumi delle mie palpebre.
.
Ricordi quando ti dissi
che
insieme
abbiamo saputo sradicare
l’aspetto androgino del fiore?
E concedemmo ai nostri corpi
il piacere supremo dell’unione,
avvinghiati a recitare l’amore,
nel morso di un fremito soffuso,
per il vuoto di una platea silente.
.
Com’è che solo quando ti temo
il mio cuore sputa sangue?

In auto investe due mucche e le uccide, lui finisce in ospedale

Ha distrutto l’auto  l’uomo rimasto ferito dopo avere investito due mucche morte nell’urto.

L’incidente stradale si è verificato ieri sera sulla provinciale 460 del Gran Paradiso a Cuorgnè. La Giulietta guidata  da un quarantenne di Valperga, ha travolto e ucciso due bovini  che si trovavano lungo la carreggiata. Per la violenza dell’impatto l’auto si è ribaltata. Gli accertamenti sono condotti dai carabinieri.

Bimbo di tre anni cade dal balcone

Ieri a Pollone, nel Biellese, un bambino di tre anni è precipitato dal balcone di casa, al primo piano 

I genitori hanno chiamato i soccorsi e il bimbo è stato portato all’ospedale di Biella. Viste le gravi condizioni si è deciso di trasportarlo al Regina Margherita, dove ora è ricoverato in prognosi riservata.

I carabinieri stanno verificando la dinamica dell’incidente.

 

Il vissuto psicologico della Pandemia

Ciò con cui siamo chiamati a raffrontarci in questo determinato periodo storico, come individui e come società, la pandemia, può essere delineato come un evento a portata traumatica collettiva.

Ognuno di noi, infatti, può rinvenire tra i propri vissuti interiori la paura della morte, propria o dei propri cari, il senso di precarietà e di incertezza sul futuro, dovuti allo spettro della recessione economica, la percezione costante del pericolo collegata allo stato di emergenza; siamo sottoposti ad uno stress continuativo, al quale contribuiscono significativamente e concretamente anche la sottrazione della nostra autonomia, le limitazioni alla nostra libertà e la deprivazione sociale.

Il trauma generalmente viene inteso come un avvenimento che supera le nostre capacità di significarlo e di reagire ad esso, qualcosa che impegna le nostre difese in maniera eccessiva e che irrompe bloccando il flusso regolare del nostro essere nel mondo; ciò che può essere messo in discussione è, in questi casi, il senso di continuità del nostro Sé, cioè la sensazione di essere sempre noi stessi al di là dello scorrere del tempo e dell’avvicendarsi di differenti contesti, si tratta quindi di una caratteristica fondamentale del Sé, sulla quale poggia la nostra stessa identità e la nostra esistenza.La pandemia, con tutto ciò che essa implica, porta però anche con sé delle peculiarità rispetto ad altri eventi a valenza traumatica collettiva, come ad esempio la guerra, e rispetto all’esperienza che facciamo di essa; infatti la minaccia di cui si fa portatrice è invisibile, il nemico non può essere riconosciuto e affrontato direttamente ma può celarsi dietro chiunque, quindi chiunque può essere, di fatto, il nostro nemico; inoltre lo stato di emergenza non può essere delimitato, la sua durata  è indefinita, la minaccia è quindi impercettibile e perenne. Questi presupposti di per sé pongono sotto forte tensione il nostro funzionamento mentale, mettendo a dura prova il nostro assetto psicologico. La vulnerabilità umana diventa la protagonista, a scapito del senso di controllo e dell’illusione di onnipotenza che caratterizzano peculiarmente l’uomo contemporaneo, provocando una ferita narcisistica che ci impone di misurarci con il limite e ci consegna incertezza, smarrimento e frustrazione. Ad un livello più profondo, ciò con cui dobbiamo confrontarci nel nostro vissuto psicologico è l’angoscia di morte, il senso della caducità intrinseca alla condizione umana, che il pericolo imminente e invisibile del virus ci presenta davanti agli occhi con prepotenza, senza darci la possibilità di ignorarla; angoscia di morte che è abitualmente rimossa dagli individui in condizioni di “normalità”, per favorire un assestamento psichico ottimale. Ciò che accade è che l’ansia e la paura scaturenti da tale situazione intrapsichica possono andare incontro a varie strategie difensive, come ad esempio: negazione, scissione, evitamento, intellettualizzazione, rimozione, con conseguenze più o meno funzionali ed adattive, in base alla loro modalità di utilizzo e al perdurare di esse nel tempo, due condizioni in base alle quali può strutturarsi il trauma.

Nel tempo però, necessitiamo alla base di un’elaborazione psicologica più complessa ed efficace, che implica un lavoro mentale più articolato ed impegnativo. In generale potremmo dire che è necessario andare oltre la posizione schizo-paranoide della psiche ed accedere a quella depressiva, all’interno della quale è possibile il superamento dei meccanismi di difesa arcaici e il rinvenimento dell’”altro da sé”, in una posizione più evoluta, attraversando e compiendo cioè la fase dell’elaborazione del lutto. Elaborazione del lutto innanzitutto per i nostri morti, che ci è stata significativamente e concretamente impedita nell’impossibilità di dar luogo al rito dei funerali, ma, simbolicamente, elaborazione del lutto per ciò che era, in tutti i vari ambiti possibili del mondo che è stato colto dalla pandemia, cioè dal punto di vista sociale, culturale, economico, relazionale. Il punto fondamentale da cui partire è l’accettazione della perdita, e questo passaggio non può e non deve essere evitato, perché è la base necessaria per una rinascita e una ripartenza possibili, che siano individuali e collettive. Vi è nell’integrazione degli aspetti psichici e della realtà più sgradevoli e dolorosi la possibilità intrinseca dell’evoluzione, aspetti che nel momento in cui vengono rifiutati, non ci permettono, invece, di venire a patti con essi. Soltanto tale posizione della mente può prepararci ad affrontare il “nuovo”, può consentirci di procedere tangibilmente ed utilizzare quelle che possono rivelarsi delle effettive opportunità di crescita, mantenendo una prospettiva aperta rispetto alle differenti possibilità insite nel nostro futuro più o meno prossimo; la nostra disposizione deve quindi e innanzitutto assumere in sé stessa il cambiamento e farsi carico dell’imprevedibilità che in questo momento ci viene imposta ma che di per sé è una dimensione intrinseca alla condizione umana, con cui dobbiamo costantemente misurarci. Può venirci in aiuto, a tal proposito, un’attitudine di cui parla Bion (1967) : la “capacità negativa” , che è una condizione che dovrebbe far propria l’analista rispetto alla tecnica analitica, ma che in generale riguarda la capacità di stare nell’incertezza, che comporta anche il tollerare la rinuncia ad una soluzione salvifica, ad un’inquadratura definitiva e razionale e quindi all’illusione di dominio e di controllo, accettando il dubbio, la problematicità e lo smarrimento, ma rimanendo, nel contempo, nel processo della conoscenza, con la consapevolezza dei suoi limiti e delle sue contraddizioni, permettendo così il mantenimento di un funzionamento psichico vitale, nel voler comprendere e reagire. Tale auspicabile iter può tuttavia non venire proprio intrapreso o può interrompersi in più fasi, generando disturbi d’ansia e depressivi, o amplificando i disturbi già presenti. Bollas (2018) mette in evidenza, come nella Seconda Guerra Mondiale la capacità di percepire la perdita fu alterata e si tramutò in uno stato di “malinconia misconosciuta” e inconscia, il lutto irrisolto finì quindi per trasformarsi in disperazione, disorientamento e rabbia, anche se apparentemente sembrava non esserci alcun contatto con il dolore per la perdita di alcun che; soluzione esemplificativa della tipologia di individui “normopatici”, di cui tratta l’autore.

Dalla prospettiva di non bloccare la processualità insita nel vissuto psichico sollecitato dalla pandemia, e rinunciando ad un’idealizzazione del passato e del futuro come immagini statiche nelle quali si cristallizzano gli aspetti proiettati dei nostri desideri non ancorati all’esperienza che siamo chiamati a vivere nel presente, potremmo prendere ispirazione per recuperare l’opportunità di pensare e ri-pensare al nostro futuro pur non potendolo programmare in maniera abituale; eppure, come abbiamo visto, le limitazioni da un certo punto di vista possono essere viste come delle opportunità, infatti se da una parte l’isolamento forzato e la deprivazione sociale portano con sé sicuramente un aumento del malessere psicologico, dall’altra, la frenata negli impegni lavorativi e sociali e l’interruzione del comportamento consumistico, rappresentano anche una dilatazione temporale che ci conduce a doverci confrontare con delle dimensioni intrapsichiche, a favorire processi mentali introspettivi e trasformativi, riprendendo delle questioni e tematiche rimaste sullo sfondo, perché troppo occupati e inghiottiti dalla frenesia delle occupazioni quotidiane, per permetterne lo sviluppo. In effetti gli accadimenti esterni di tipo traumatico stimolano la riattivazione di conflitti intrapsichici, complessi irrisolti e aree del Sé dissociate che riappaiono nell’esperienza individuale cercando una nuova occasione per essere riconosciute ed analizzate. Questo tanto atteso ricominciare sembra quindi poter prendere forma a partire da un confronto con se stessi che può diventare l’occasione per ristabilire finalmente le proprie priorità, nell’ottica di una resilienza che non si realizza soltanto nella forma di una resistenza agli eventi, ma in un mutamento interiore conseguente all’aver affrontato una situazione in prima persona ed  individuabile proprio in una modifica della nostra autoconsapevolezza; e questo processo può mettersi in moto e compiersi solo come esito di una nostra scelta, sapendo anche che non sarà un percorso privo di ostacoli e di turbamento, ma forse davvero soltanto ciò che ci scuote nel profondo e che ci mette alla prova fino ai nostri limiti, può generare trasformazione.

Nel realizzare il percorso delineato, un posto importante deve essere riservato all’altro, transitando da una visione individualista e narcisistica ad una collettivistica e di partecipazione. Creando dei ponti tra noi e l’altro , infatti, riscoprendoci uniti e simili,  possiamo provare a dividere questo fardello troppo gravoso da portare in solitudine; il cambiamento non accade da soli, e, come individui, siamo naturalmente interdipendenti ed è questa caratteristica che adesso può venirci in aiuto, senza scadere in forme moralistiche e decontestualizzare di solidarietà, ma connettendoci nel presente, nel nostro ambiente relazionale più prossimo, anche attraverso connessioni digitali, se sono quelle di cui possiamo adesso servirci per mantenere vivo il legame con l’altro. A tal proposito, dice Bion: “e così il catalizzatore che fa emergere l’esperienza emotiva è il legame tra un essere umano e l’altro. È da questa esperienza emotiva che poi prenderà il via un processo di pensiero o una scarica. Senza i legami non ci sarebbe nessuna esperienza emotiva. E senza di essa nessuno sviluppo del pensiero. Essi sono quindi la pietra delle fondamenta senza la quale non ci sarebbe nessun edificio”. Quale circostanza migliore di questa, quindi, per scoprire o riscoprire l’imprescindibilità dei legami? In quanto esseri umani le relazioni sono ciò che ci costituisce in quanto tali, ed è soltanto all’interno di relazioni che possiamo r-esistere e ri-conoscerci, ri-identificarci e ri-stabilire la continuità del sé messa in pericolo dalla pandemia. In definitiva, ognuno di noi può decidere se e come costruire un senso, dare significato alla condizione che stiamo vivendo e riconnettere il proprio vissuto attuale con la propria storia passata e futura, come parte integrante di un tessuto relazionale in cui rispecchiarsi, ritrovando in questo modo noi stessi e gli altri attraverso il tempo.

Antonella Basile

psicologa clinica

Contatti:
antonellabasile.psy@gmail.com
351 776 8555

Test sierologici, gestione unica di tutte le analisi

Diventa operativo, su proposta dell’assessore regionale alla Sanità del Piemonte, Luigi Genesio Icardi e con l’approvazione da parte Giunta regionale, il nuovo protocollo della Regione Piemonte per la gestione dei test sierologici, sia in ambito pubblico che privato.

Predisposto dal coordinatore del piano regionale di prevenzione, il documento fornisce le indicazioni a tutti i soggetti che a vario titolo sono coinvolti nell’emergenza Covid e potrà essere aggiornato in base all’evoluzione della situazione epidemiologica, delle conoscenze scientifiche disponibili e degli eventuali nuovi indirizzi nazionali.

«In assenza di linee guida nazionali – osserva l’assessore regionale Icardi -, andava comunque fatta chiarezza sulla gestione degli esiti dei test sierologici a cui sempre più cittadini stanno facendo ricorso, nonostante questi test non abbiano alcun valore diagnostico e siano utili prevalentemente a fini epidemiologici. Attraverso l’azione combinata tra test sierologico e tampone, contiamo di aver dato una risposta razionale, che riconduce tutte le analisi ad un’unica gestione, mediante il filtro territoriale del medico di medicina generale e la rete della piattaforma covid della Regione Piemonte. Parallelamente, proseguiamo gli screening epidemiologici rivolti alle categorie più esposte al contagio. Sono quasi ultimati i test sul personale della Sanità regionale, mentre stanno iniziando quelli sul personale di Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia Municipale, Esercito, Vigili del fuoco ed Uffici Giudiziari, in modo da avere una misura sempre più precisa della circolazione del virus sul territorio».

In generale, qualora l’esito dell’esame sierologico rilevi una positività alle IgG, l’individuo asintomatico sarà considerato “sospetto” di infezione Covid-19. Al fine di consentire le misure di prevenzione necessarie da parte della Sanità Pubblica, il laboratorio provvederà ad effettuare la segnalazione al medico di famiglia o di riferimento dello studio epidemiologico, inserendo il referto sulla piattaforma Covid-19. Il medico disporrà l’isolamento fiduciario dell’assistito mediante l’inserimento della richiesta di tampone sulla piattaforma Covid-19.

Se il tampone derivante dalla positività alle IgG risulterà positivo, l’isolamento verrà trasformato in quarantena e si procederà all’indagine epidemiologica completa da parte del Servizio di Igiene e prevenzione (Sisp) per la ricerca di ulteriori contatti, la disposizione di ulteriori quarantene, eccetera.

In particolare, ecco come il protocollo viene applicato nei tre ambiti di riferimento.

PROGRAMMI DI SCREENING SIEROLOGICI REGIONALI

La Regione attraverso il Sistema Sanitario Regionale ha già realizzato ed ha in programma di realizzare programmi di screening che prevedono l’effettuazione di test sierologico seguito da tampone rino-faringeo per i soggetti risultati positivi alle IgG, individuando gruppi di popolazione a maggior rischio e di priorità legate al pubblico interesse.

Oltre allo studio già effettuato sul personale del Servizio sanitario regionale e sui medici competenti, altri studi potranno essere individuati sulla base di successive valutazioni tecnico scientifiche.

Ogni studio individuerà le modalità tecniche di isolamento fiduciario e di messa in quarantena derivante dall’esecuzione del tampone.

La Regione indica quale tecnica di elezione per esame sierologico il test immunometrico IgG semiquantitativo (test sierologico per le IgG anti SARS-CoV2).

Nei casi in cui sia necessario assicurare tempestività tra il riscontro di IgG e l’effettuazione del tampone diagnostico in modo da ridurre al minimo i tempi di isolamento fiduciario che, se prolungati, potrebbero avere un impatto negativo importante nell’erogazione di servizi pubblici, si potranno utilizzare, in via straordinaria, previa valutazione tecnico scientifica, i test rapidi.

La Regione Piemonte ha inoltre aderito al programma di screening sierologico nazionale, organizzato dall’Istituto superiore di Sanità, che coinvolgerà un campione di 8.099 cittadini piemontesi, che saranno scelti sulla base di criteri prestabiliti e contattati dalla Croce Rossa per effettuare il test sierologico e, in caso di positività ad IgG, il tampone.

Considerato l’interesse pubblico dei test epidemiologici suddetti, le attività richieste sono interamente a carico del Servizio sanitario regionale.

TEST SIEROLOGICO AI PRIVATI PRESSO LABORATORIO AUTORIZZATO

E’ consentito, seppur sconsigliato, ad ogni cittadino di poter effettuare, a proprie spese, presso laboratorio autorizzato inserito nell’elenco della Regione, un test sierologico validato per la ricerca di anticorpi Covid-19.

Al fine di assicurare una corretta informazione al cittadino evitando di creare false aspettative o innescare comportamenti scorretti, sono introdotti i seguenti obblighi per i laboratori analisi autorizzati:

  1. a) il cittadino che richiede ad un laboratorio un test sierologico deve ricevere adeguate informazioni sui risultati che otterrà e sulle misure da adottare, mediante l’utilizzo dell’apposito modulo di consenso informato, approvato a livello regionale e, che il cittadino sottoscrive;
  2. b) qualora si rilevi una positività alle IgG, l’individuo asintomatico sarà considerato “sospetto” di infezione Covid-19. Al fine di consentire le misure di prevenzione necessarie da parte della Sanità Pubblica, il laboratorio provvederà ad effettuare la segnalazione al medico di famiglia inserendo il referto sulla piattaforma Covid-19. Il medico disporrà l’isolamento fiduciario dell’assistito mediante l’inserimento della richiesta di tampone sulla piattaforma Covid-19.

L’Asl competente territorialmente procederà, tenendo conto delle priorità legate ai compiti di istituto previsti per i casi sospetti e per il contact tracing, nonché connessi alla gestione degli screening regionali e nazionali, all’effettuazione del tampone (in questo caso a carico del Sistema sanitario regionale).

Se il tampone risulterà positivo, l’isolamento diverrà una quarantena e si procederà all’indagine epidemiologica completa da parte del Sisp (ricerca di ulteriori contatti, disposizione di ulteriori quarantene eccetera).

SCREENING VOLONTARI EFFETTUATI DA ENTI O AZIENDE PUBBLICHE E PRIVATE

La proposta di test sierologici al di fuori del Servizio sanitario regionale e di scelte individuali può avvenire in questa fase esclusivamente sotto la supervisione di un medico e per finalità definite.

Alla luce degli screening per la valutazione della sieroprevalenza attivati a livello nazionale e regionale, si ritengono non approvabili programmi a livello locale che possano creare delle sovrapposizioni.

Possono invece avere una utilità, valutazioni dei livelli di sieroprevalenza per la modulazione delle misure di contenimento sul posto di  lavoro.

Nel caso in cui un ente o azienda pubblica o privata (per es. ambiente di lavoro, sindaco del Comune, eccetera) intenda avviare un percorso di screening di soggetti mediante test sierologici, tale attività dovrà avvenire previo nulla osta da parte della Asl competente per territorio, a seguito della trasmissione di una proposta di programma alla Asl medesima.

La stessa Asl concederà un nulla-osta sulla base della presenza e appropriatezza della documentazione trasmessa, dopo aver appurato che l’esecuzione del test sierologico, per i tamponi di diagnosi che ne derivano come attesi, non possa generare difficoltà nell’esecuzione dei tamponi obbligatori o sovrapporsi a programmi della sanità pubblica.

I relativi costi (test sierologico, tampone, visite, refertazioni, eccetera) non sono in carico al Servizio sanitario regionale.

Il referto positivo a test sierologico, con metodica Clia o Elisa o equivalenti, e del successivo tampone, devono essere comunicati, da parte del medico responsabile o del laboratorio analisi, alla Asl di residenza del soggetto, attraverso la piattaforma Covid-19 Regione Piemonte.