ilTorinese

Camionista ubriaco urta due auto (e commette 34 infrazioni)

Nel guidare un autocarro mentre si trovava in stato di ebbrezza, ha urtato due auto in sosta in corso Regina Margherita, a Torino.

Il camionista di Mantova si è visto ritirare la patente dalla polizia municipale. Da una  analisi del tachigrafo sono state rilevate 34 violazioni relative ai tempi di guida, di riposo e di pausa. Sono anche stati registrati sei allarmi emessi dalla strumentazione di bordo per guida senza carta nel tachigrafo e un eccesso di velocità.

La società di investigazioni evade mezzo milione di euro

Immobili nel pinerolese, in Sicilia ed una decina di conti correnti, il tutto per oltre 500.000 euro.

A tanto ammonta il sequestro effettuato nelle scorse ore dalla Guardia di Finanza di Torino nei confronti di un imprenditore del pinerolese, da anni nel settore della vigilanza e delle investigazioni.

È il risultato delle indagini dei Finanzieri della Compagnia di Pinerolo che hanno appurato come l’uomo, un cinquantenne di Bricherasio (TO), nonostante la sua società avesse effettivamente lavorato conseguendo ricavi, abbia per alcuni anni sistematicamente evaso centinaia di migliaia di euro. L’imprenditore, inoltre, come hanno ricostruito i Finanzieri, stava anche procedendo a trasferire immobili e altri asset ad un’altra società, il tutto al fine di rendere inefficaci eventuali sequestri.

Ora, a fronte dell’ingente evasione accertata, i Finanzieri, coordinati dalla Procura della Repubblica di Torino, hanno effettuato perquisizioni presso le abitazioni dell’indagato e eseguito i sequestri finalizzati alla successiva confisca, anche al fine di restituire alla collettività quanto indebitamente sottratto dall’imprenditore.

Come detto, i Finanzieri hanno cautelato alcuni immobili riconducibili alla società coinvolta nell’indagine, siti nel pinerolese e a Palermo nonché undici conti correnti per un valore complessivo di oltre 500.000 euro, il tutto a tutela e garanzia del credito erariale.

La tutela delle risorse dello Stato e degli Enti Locali nonché il contrasto alle frodi alla pubblica amministrazione, sono compiti prioritari per la Guardia di Finanza che ricorda come l’evasione fiscale danneggia tutti i cittadini e fa aumentare i costi dei servizi pubblici.

 

Linee guida sull’aborto, i dubbi della Regione

L’avvocatura della Regione Piemonte  verificherà “se il governo Conte sta rispettando oppure no il diritto alla scelta consapevole e alla salute delle donne, garantito dalla legge 194”.

Lo comunica l’assessore agli Affari Legali Maurizio Marrone (FdI), che ha deciso di chiedere il parere prima di fare applicare dalla sanità piemontese le nuove linee guida, annunciate dal Ministro della Salute Roberto Speranza.

Riguardano l’interruzione volontaria di gravidanza attraverso metodo farmacologico in day hospital e senza l’obbligo di ricovero.

L’isola del libro. Speciale James Patterson

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

James Patterson   “Sporco ricco”   -Chiarelettere-    euro 18,60

 

Patterson, insieme al giornalista Tim Malloy e allo scrittore inglese John Connolly, ricostruisce la losca vicenda del magnate americano Jeffrey Epstein, accusato di violenza sessuale e morto in carcere a New York nel 2019, in circostanze misteriose.

Il  libro ha ispirato anche la docuserie Netflix che riporta a galla la brutta storia che ha visto coinvolti il finanziere e la sua cerchia di amici, usi ad adescare ragazzine per una manciata di dollari. Una rete di uomini ricchi e potenti, sesso, potere e perversione a volontà.

Hanno contorni oscuri e inquietanti l’ascesa e la caduta di Epstein, titolare di una società di consulenza finanziaria che curava gli interessi di grandi miliardari americani, condannato per violenza sessuale nel 2008 e di nuovo nel 2019 per reiterazione del reato.

Il libro fa luce sulla sfera pubblica e privata di quest’ uomo ricco e potente, spietato e malvagio, privo di scrupoli; amico di Donald Trump, Bill Clinton e Andrea Duca di York (fratello del principe Carlo d’Inghilterra).

Ma Patterson denuncia anche una buona parte di alta società, poteri forti e la giustizia americana che hanno minimizzato le malefatte di Epstein e l’hanno in qualche modo protetto. Una società moralmente corrotta in cui tutto è in vendita e contano soprattutto perversione sessuale e denaro.

 

 

James Patterson   “Luna di sangue”  -Tre60-    euro  14,90

 

Sono due i casi inquietanti di questo thriller ad alta tensione.

Qualcuno sta prendendo di mira coppie di sposini novelli in luna di miele e li uccide in modo spietato. La prima viene ammazzata in un resort di lusso ai Caraibi e poi via via il killer spezza i sogni e il futuro di altri innamorati. In circolazione c’è un assassino crudele e sulle sue tracce si mette l’agente dell’FBI John O’Hara.

L’altra indagine vede coinvolta l’agente speciale Sarah Brubaker che deve indagare sulla morte di vari uomini, da una parte all’altra del paese, che si chiamano tutti John O’Hara. Sarà un caso che si chiami così anche un uomo molto vicino al presidente degli Stati Uniti d’America?

 

 

James Patterson  “La First Lady è scomparsa”  -Longanesi –   euro 16,80

 

E’ un thriller politico con nell’occhio del ciclone niente meno che la Casa Bianca e i suoi principali inquilini.

Il presidente Harrison Tucker viene sorpreso dalle telecamere insieme alla sua amante, la giovane lobbista in carriera Tammy Doyle, ed è subito scandalo che pregiudica la rielezione per un secondo mandato. Ora più che mai, Tucker ha bisogno di avere al suo fianco la moglie; peccato che la First Lady non si trovi più, dopo che ha abilmente seminato la sua scorta.

Panico e subito scattano indagini serrate per scoprire che fine abbia fatto. Il delicato e difficile incarico di ritrovarla è affidato all’agente segreto Sally Grissom, una di quelle che sorvegliano sulla sicurezza del presidente.

E qui si intrecciano storie pubbliche e strettamente private di più personaggi. A partire dalle distrazioni presidenziali, l’insoddisfazione della First Lady che ritaglia solo per sé momenti di pace, ma anche la spregiudicatezza del capo di gabinetto Parker Hoyt, depositario degli scheletri nell’armadio del presidente e principale artefice della sua carriera politica fino al vertice. Non anticipo altro se  non che starete col fiato sospeso tra ricerche, scoperte di cadaveri, una temibile assassina prezzolata e tanto altro…

Se amate questo autore e magari siete rimasti un po’ indietro ecco altri due suoi libri:

 

James Patterson   “New York codice rosso”   – Longanesi –  euro 16,90

 

Patterson ha scritto questo thriller nel 2015 ma è nel 2019 che viene pubblicato in Italia e richiama un po’ la tragedia delle Torri Gemelle.

New York è sotto attacco, conta i morti e i danni di alcuni attentati. Dalle bombe esplose nelle stazioni della metropolitana a quelle nel quartier generale dell’FBI, dall’assassinio del sindaco alle manovre per mandare in tilt l’intera città bloccando traffico, comunicazioni ed illuminazione.

In azione entra Michael Bennet (protagonista di altri romanzi di Patterson), a capo delle complesse indagini per fermare l’ondata di odio verso la Grande Mela.

 

 

James Patterson   “L’ultimo sospettato”   – Longanesi –  euro 17,60

 

Questo libro rientra nella serie che vede protagoniste 4 donne fuori dal comune. Sono le amiche Lindsay Boxer di professione detective; la spregiudicata e brillante giornalista Cindy Thomas, caporedattrice delle cronaca nera al San Francisco Cronicle; Claire Washburn, direttrice dell’Istituto di Medicina legale; e  l’avvocato Yuki Castellano.

Quattro personaggi femminili alle prese con problemi ed equilibrismi tra carriera  e vita privata.

La Castellano si trova a gestire un caso insolito in cui il suo giovane e prestante cliente, Marc Christopher, dichiara di aver subito violenza sessuale dal suo capo, Brianna Hill, punta di diamante di una delle agenzie pubblicitarie più famose di San Francisco.

Nel mentre  il sergente Lindsay Boxer se la deve vedere con un serial killer che semina morte tra i senzatetto.

E il momento che fa da corollario alle varie vicende è l’abituale incontro delle quattro amiche in un locale vicino alla Corte di Giustizia, il MacBain’s the World Salon, punto di ritrovo delle Donne del Club Omicidi.

 

 

 

 

 

 

L’uomo di Pianaccio

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni/ Enzo Biagi di cui ricorre il centenario della nascita, ha avuto l’onore di ottenere un francobollo a lui dedicato, come lo ebbero pochissimi giornalisti, da Longanesi a Pannunzio.

La frase sul francobollo che evidenzia che Biagi si considerasse un uomo di Pianaccio, il paesino sull’ Appennino dove nacque, evidenzia, forse senza consapevolezza, il limite di Biagi che sicuramente aveva girato il mondo, ma era rimasto sostanzialmente un provinciale.

Era l’accusa che gli fece Giulio De Benedetti, il terribile direttore della “Stampa” che lo allontanò dal suo giornale. Molte delle pagine di Biagi appartengono, come ha scritto Dino Cofrancesco, al populismo moralistico ante litteram.  Cofrancesco vide il corrispettivo alto di Biagi in Barbara Spinelli, oggi del tutto scomparsa dalla scena. Il suo stile semplice, immediato, quasi guareschiano, senza avere il genio e la poesia dell’inventore di Don Camillo, gli consentì un larghissimo successo sia come giornalista, sia come uomo televisivo.

Sembrava uno di noi, mi disse una volta un amico non particolarmente colto, suo attento e appassionato lettore. Dicono che Biagi abbia raccontato il mondo e la vita, la politica e la quotidianità. Fu un fustigatore inflessibile degli altri, soprattutto quelli avversi alla sua parte politica, forse dimenticando che compito di un giornalista è quello di capire ed aiutare a capire e non quello di giudicare. Secondo Marc Bloch neppure agli storici è consentito di giudicare prima di aver capito, figurarsi ai testimoni del presente che vivono nella contemporaneità. Non so più chi lo definì il citazionista per il suo vezzo di infiocchettare i suoi articoli con citazioni più o meno dotte o popolaresche,una mania ripresa in maniera persino fastidiosa dall’incolto Mauro Corona che cerca così di avvalorare una cultura che non possiede. Gli scritti di Biagi sono facili facili, ma alla fine spesso sembrano quasi aria fritta.

Il populismo moralistico  ebbe in Biagi il suo Vate che << giudica e manda>>, quasi esclusivamente, quelli che non la pensano come lui. Il servizio televisivo Biagi, nell’ultima parte della sua attività, lo ritenne una sorta di pulpito dal quale lanciare scomuniche e sollevare polveroni polemici. Non ho mai approvato l’editto bulgaro di Berlusconi che rivelò anche in quella occasione di non essere liberale, ma certo non potevo neanche approvare Biagi che pontificava in Tv come neppure fece Giuliano Ferrara ,allora faziosissimo berlusconiano, dopo essere stato faziosissimo comunista e faziosissimo craxiano. Non ci sono confronti con l’equilibrio e il tatto di Sergio Zavoli che pure si dichiarò di parte e fu deputato e senatore.

Questo fingere di essere indipendente, rigorosamente indipendente e poi parteggiare è un altro limite di Biagi. Il giornalista non parla in nome dell’ opinione pubblica, ma semmai deve rispettare in primis le regole deontologiche del mestiere giornalistico che sulla carta sono molto rigorose, come nella pratica sono assai  poco rispettate. Il giornalista deve avere l’umiltà di ascoltare e di riportare le idee di tutti, senza escludere a priori nessuno. Non teorizzo l’utopia di un giornalismo obiettivo che non esiste e non è neppure possibile, ma sostengo la necessità di un giornalismo non preconcetto che sia aperto al pluralismo delle idee e dei giudizi morali che  per un giornalista sono accettabili sono in alcuni casi ben precisi e limitati. In altri casi il giornalista deve astenersi dal dare valutazioni morali per cui non ha l’autorità.

Nei giorni scorsi ho letto le celebrazioni del centenario e ho notato la mancanza di spirito critico. Certo fu uno dei giornalisti di maggiori successo, ma c’è da domandarsi cosa resterà di Biagi. Non a caso le celebrazioni avranno come punto di riferimento Pianaccio dove esiste un museo a lui dedicato. Enzo Bettiza, Oriana Fallaci e Giampaolo Pansa sarà impossibile dimenticarli, come forse anche Giorgio Bocca, ma su Biagi bisogna oggi invocare almeno una sospensione di giudizio. Di Biagi ricorre il centenario della nascita a tredici anni dalla morte e quindi c’è ancora un’aureola intorno a lui, sopravvissuta alla morte. Per Pannunzio, ad esempio,morto nel 1968 e ricordato nel centenario della nascita nel 2010, c’è stato il tempo di vedere ciò che era vivo e ciò che era morto della sua opera giornalistica e intellettuale. Per Biagi no.

Delle celebrazioni di amici e sodali non ci si può fidare, possono essere considerati al massimo dei materiali, in verità poco affidabili, per una storia del giornalismo che è cosa diversa dalle agiografie. Neppure Biagi si sentirebbe a suo agio nel ruolo di mezzobusto.Se aveva un sicuro pregio, era quello di rifuggire la retorica di cui sono piene le commemorazioni e le celebrazioni per il suo centenario e, ovviamente, non solo per il suo. Per altri versi, fu un buonista deamicisiano  di rito emiliano, a volte persino sdolcinato.

 

scrivere a quaglieni@gmail.com

Cinquant’anni di Regione. Calleri di Sala, il Presidente

La Regione Piemonte a cinquantanni dalla sua nascita. Suo primo Presidente fu Edoardo Calleri di Sala, esponente della Democrazia Cristiana, con un’ampia esperienza antecedente di sindaco

Il 13 luglio 1970, esattamente cinquant’anni fa, nasceva la Regione Piemonte, vale a dire quel giorno, che era un lunedì (come quest’anno), i cinquanta membri del primo Consiglio Regionale del Piemonte, riuniti nel palazzo delle Segreterie di piazza Castello, diedero avvio alla fase costituente dell’Ente, previsto dal Carta Costituzionale del 1948.

Dieci giorni dopo la seduta che aveva decretato l’elezione del presidente del Consiglio Regionale, il socialista Paolo Vittorelli, nel corso della seduta del 23 luglio fu nominato primo Presidente della Regione Piemonte il conte Edoardo Calleri di Sala, esponente dell‘allora partito della Democrazia Cristiana.

“Oggigiorno la nascita delle Regioni italiane afferma Guido Calleri di Sala – non rappresenta un avvenimento che venga moltoapprofondito dal punto di vista storico come, invece, si meriterebbe,e, con tutta probabilità, il cinquantesimo anniversario della loro fondazione, coinciso purtroppo con un anno di emergenza sanitaria, certo non ha agevolato la promozione di eventi tali da poterricordare un passaggio storico epocale come fu quello rappresentato dalla nascita delle regioni, nell’avvio del processi di decentramento edi autonomia differenziata.

Calleri a Torino con Maria Callas

“La figura di nostro padre – spiega Maria Clotilde Calleri di Sala – è  sicuramente stata emblematica per l’avvio della Regione Piemonte. Nonostante la sua formazione universitaria fosse maturata in campo medico ( era laureato in Medicina con specializzazione in Otorinolaringoiatria ), la sua passione politica sorse ben presto, tanto da spingerlo ad impegnarsi per il suo territorio,  divenendo sindaco di Bricherasio, dove abitava, e  ricoprendo questo incarico dal 195q al 1960. Successivamente divenne sindaco di Moncalieri nel 1965, ma vi rimase in carica per poco perché nel luglio dello stesso anno fu dimissionario in quanto eletto Presidente del Cassa di Risparmio di Torino. Egli proveniva da una famiglia in cui risultavano centrali l’impegno per il prossimo, per la comunità e per lo Stato. Suo padre, Guido Emilio Calleri di Sala, era ammiraglio della Regia Marina ed i fratelli erano in Marina ed in Aviazione“.

“L’epoca in cui mio padre – aggiunge Guido Calleri di Sala – fu sindaco di Bricherasio coincise con gli anni Sessanta, che rappresentarono un decennio di grande trasformazione e rinascita industriale per il nostro Paese. Furono costruite, a livello locale,alcune vie di comunicazione fondamentali, servizi essenziali evenne introdotta anche, in paesi come Bricherasio, l’elettricità. Mio padre ( Edoardo Calleri di Sala) era un uomo sicuramente progressista per i tempi, nel senso che aveva perfettamente compreso l’importanza rappresentata, per il progresso del territorio,da parte della costruzione di infrastrutture. Quando ricoprì il mandato di Presidente della Regione, promosse, infatti, la costruzione del primo tratto della Torino-Bardonecchia e di un tratto della TorinoPiacenza. Diede anche avvio alla creazione di una società per la costruzione della metropolitana torinese. Negli anni in cui fu Presidente della Regione mantenne anche l’incarico di Presidente della Cassa di Risparmio di Torino, ricoperto dal 1965 “.

“Erano anni – spiega Maria Clotilde Calleri di Sala –  quelli, durante i quali mio padre fu presidente della Regione e, ancor prima,sindaco in cui fare politica aveva un significato abbastanza diverso da quello che ha assunto nella società  odierna. Chi ricopriva incarichi di responsabilità  aveva alle spalle un lungo percorso di preparazione politica, una vera e propria gavetta di “scuola politica, già a partire dagli anni giovanili, che spesso affondata le radici nello stesso associazionismo giivanile. I partiti, come la Democrazia Cristiana in cui papà ( Edoardo Calleri di Sala) militava, erano contraddistinti da correnti interne, ma tra i rappresententanti ed i militanti delle singole correnti era presente un profondo rispetto reciproco. Mio papà faceva parte della corrente dorotea, ma aveva un attimo rapporto di stima e di dialogo con Carlo Donat Cattin, esponente della corrente di sinistra della Dc, e con lo stesso Giorgio Merlo, che avrebbe ricoperto l’incarico di presidente della Commissione di Vigilanza della Rai, ed anche con Gianfranco Morgando.

Intensi e fraterni furono anche i rapporti precisa Guido Calleri di Sala con altri esponenti della Torino intellettuale e politica a lui contemporanea, quali l’esponente democristiano Silvio Lega, che è stato vicepresidente della Delegazione per le Relazioni con i Paesi della Europa dell’Est e membro della Commissione per i Bilanci, l’onorevole Giuseppe Botta, che rivesti’ il ruolo di Presidente della Commissione Ambiente e Lavori Pubblici della Camera, l’onorevoleed eurodeputato Vito Bonsignore, e Rolando Picchioni, dal ’95 al ’98 Presidente del Consiglio regionale del Piemonte“.

Oggi la Fondazione Donat Cattin sta avviando un’ampia ricerca –prosegue Guido Calleri di Sala di documenti che sono la testimonianza diretta del dialogo tra esponenti politici che hanno collaborato con Carlo Donat Cattin. Siamo stati interpellati per poter raccogliere lettere scritte da nostro papà, capaci di testimoniare anche l’attiva collaborazione ed il dialogo presenti tra nostro padre elo stesso Donat Cattin anche negli anni in cui, a Torino, fu sindacoGiovanni Porcellana, esponente della DC“.

Edoardo Calleri di Sala era un politico daltri tempi e preparazione, sempre curioso nei confronti della realtà politica e civile del suo tempo, attento lettore di diversi quotidiani e, soprattutto, uomo dotato di grande temperamento.

Ricordo – conclude la figlia Maria Clotilde – la grande ampiezza di vedute politiche di nostro padre e l’importanza che per lui fu sempre rappresentata dal confronto con le altre compagini politiche. Un giorno mi portò ad assistere in piazza Castello ad un comizio tenuto da Marco Pannella perché, secondo lui, era importante conoscere a fondo il pensiero degli avversari politici, sempre da rispettare.

Mara Martellotta 

La polizia sospende licenza di un bar

Nei giorni scorsi  è stato notificato il decreto, emesso dal Questore di Torino su segnalazione del personale del Commissariato Dora Vanchiglia,  di sospensione della licenza per la somministrazione di alimenti e bevande al bar sito in corso Vercelli n.30.

Il provvedimento, emanato ai sensi dell’art.100 del TULPS, comporta l’immediata chiusura al pubblico del locale per 60 giorni, in ragione della reiterata turbativa all’ordine ed alla sicurezza pubblica arrecata dall’esercizio in questione, divenuto una vera e propria “base logistica” per la consumazione di reati in materia di stupefacenti, attività illecita connotata da un elevato grado di allarme sociale.

Lo scorso 24 Luglio, personale della locale Squadra Mobile era intervenuto all’interno del bar, traendo in arresto il titolare della licenza, un cittadino albanese di 30 anni e sua madre, di 55 anni,  per reati inerenti agli stupefacenti. Nel locale, infatti, erano stati rinvenuti  8 involucri di cocaina, nascosti all’interno di scatole di biscotti, la somma di 4000€ in contanti ed un bilancino elettronico di precisione. Altro stupefacente, 50 grammi circa di cocaina, materiale vario utile al confezionamento delle dosi ed un’agendina riportante nomi e cifre abbinate è stato rinvenuto durante la perquisizione dell’attigua abitazione nella disponibilità di madre e figlio. Il locale era stato tra l’altro colpito da analogo provvedimento di sospensione della licenza nel dicembre 2018 in ragione dell’accertata attività di spaccio esercitata al suo interno.

Considerato che il bar, inserito in un ambito territoriale sensibile, contribuisce all’incremento dei fenomeni delinquenziali nella zona e costituisce un pericolo costante ed imminente per l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini, il Questore ne ha disposto la sospensione della licenza per 60 giorni.

 

Tuffi, le medaglie piemontesi

Si sono conclusi alla piscina Karl Dibiasi di Bolzano i Campionati Italiani Assoluti Estivi di tuffi, manfestazione che nell’ultima giornata di gare ha regalato tre medaglie – due argenti e un bronzo – agli atleti piemontesi impegnati. Matilde Borello e Eduard Timbretti Gugiu

entrambi classe 2002 e tesserati per la Blu 2006 Torino, si sono tuffati in coppia nel sincro misto dal trampolino 3 metri, salendo sul secondo gradino del podio con 259,80 punti. Davanti a loro con 296,85 punti Chiara Pellacani e Matteo Santoro (MR Sport Fratelli Marconi), alle loro spalle Kiki Camilla Magnolini-Giulio Propersi (Circolo Canottieri Aniene) con 209,64 punti. Buona prestazione per la coppia piemontese, anche considerando il fatto che si trattava dell’esordio assoluto in una gara di tuffi sincronizzati misti.

In precedenza Eduard Timbretti Gugiu aveva gareggiato nel sincro maschile dal trampolino 3 metri, in coppia con Gabriele Auber (Marina Militare), e nel sincro maschile dalla piattaforma, insieme a Andreas Sargent Larsen (Circolo Canottieri Aniene). Dai 3 metri, Timbretti e Auber hanno vinto la medaglia di bronzo con 297,12 punti, preceduti dagli azzurri Lorenzo Marsaglia (Marina Militare CS Nuoto)-Giovanni Tocci (Centro Sportivo Esercito), primi con il punteggio di 379,11, e da Francesco Porco (Fiamme Oro)-Andreas Sargent Larsen (Circolo Canottieri Aniene), secondi con 345,42 punti.

Dalla piattaforma, Timbretti e Larsen hanno invece concluso in seconda posizione con 330,45 punti, dietro a Maicol Verzotto (Fiamme Oro) e Julian Verzotto (Bolzano Nuoto), primi con 338,52. Dopo aver condotto la gara nei primi quattro tuffi, Timbretti e Larsen hanno commesso un errore nel quinto della serie – il triplo e mezzo rovesciato raggruppato – permettendo ai fratelli padroni di casa di recuperare terreno e passare poi in testa dopo il sesto e ultimo salto.

«In generale Eduard e Matilde non sono riusciti a ripetere le prestazioni molto buone della settimana scorsa ai Campionati Italiani di Categoria, molto probabilmente a causa di un po’ di stanchezza – commenta Claudio Leone, tecnico della Blu 2006 – non è semplice affrontare due eventi così ravvicinati, e la formula di questi Assoluti era decisamente impegnativa dal punto di vista fisico. Ma proprio per questo credo che sia stata un’esperienza importante, per capire cosa significa gestire tante gare ravvicinate; è un aspetto sul quale possiamo lavorare e migliorare».

Nuovi contributi per le scuole di montagna

La Regione Piemonte sostiene con convinzione il mantenimento e lo sviluppo dei servizi scolastici statali nei territori montani anche per l’anno 2020-2021.

Come annuncia il vicepresidente e assessore alla Montagna, Fabio Carosso, la Giunta ha deciso la predisposizione di un bando per la concessione di contributi per complessivi 300.000 euro.

Le Unioni montane sedi di plessi scolastici potranno formulare, in accordo con gli istituti di riferimento, programmi capaci di garantire nelle scuole statali dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado l’impiego del personale necessario per assicurare il mantenimento dell’offerta in caso di accertate condizioni di sofferenza, documentata marginalità e rischio di chiusura.

Inoltre, potranno provvedere alla razionalizzazione di situazioni di pluriclasse dove sono documentabili particolari disagi dovuti alla composizione delle stesse in rapporto alla dotazione di personale docente e al tempo scuola previsto.

Ogni programma dovrà considerare la dotazione dei servizi scolastici esistenti, la loro dislocazione e le caratteristiche geomorfologiche del territorio.

Il Templare di Moncucco

Anche solo a pronunciarlo, il nome Templari suscita particolari emozioni e soprattutto rievoca quell’antico mondo cavalleresco che cerchiamo in qualche modo di far rivivere, di riportare alla luce dalle tenebre della storia

E poi scopriamo che nei luoghi da noi visitati spunta spesso qualcosa che rimanda a quel mondo e a quell’epoca lontana, qualcosa che era appartenuto ai templari, una chiesa, una “domus”, un castello, una fortezza, una croce, una moneta, un sigillo.

Oppure emergono figure templari, uomini templari, nati e vissuti vicino a noi. Si è scritto molto sui templari e si continua a scrivere fin troppo, sono stati pubblicati ottimi libri ma anche testi scadenti, film pregevoli e altri mediocri. Si contano sull’argomento storici seri e competenti accanto a scrittori meno documentati e a volte un po’ improvvisati. Tra i primi spicca Bianca Capone Ferrari, residente a Torino, che da qualche decennio si dedica alla ricerca degli insediamenti dell’Ordine del Tempio in Italia. Fondatrice della Libera associazione ricercatori templari italiani, è tra i maggiori studiosi del fenomeno medioevale templare nella nostra penisola ed è autrice di vari libri e saggi sul tema. Nella sua vita di studiosa ha scoperto e individuato anche il Templare di Moncucco Torinese, nato nel piccolo paese situato nelle vicinanze di Castelnuovo don Bosco, nell’astigiano confinante con la provincia di Torino, più noto per la Freisa e le trattorie che per il suo castello che dalla collina domina la valle. Eppure proprio in quel castello nacque un certo Jacopo da Moncucco, l’ultimo templare italiano al quale Bianca Capone Ferrari ha dedicato un romanzo storico. Dalle sue ricerche su questo personaggio è nato il libro “Il Templare di Moncucco”, Edizioni Federico Capone, una storia avventurosa e drammatica dell’ultimo Maestro d’Italia dell’Ordine Templare, Jacopo da Moncucco.

 

Nato nel Castello dei Grisella e vissuto a metà fra il XIII e XIV secolo, Jacopo da Moncucco è stato l’ultimo Gran Maestro e precettore d’Italia dell’Ordine dei Templari, una delle più importanti associazioni monastico-cavalleresche del Medioevo, fondato nel 1118-19 da Ugo de Payns. “Sulla vita e sulle gesta di Jacopo non sappiamo quasi nulla, scrive l’autrice, e le poche notizie sono desunte dagli interrogatori dei Templari processati negli Stati della Chiesa, in Toscana e a Cipro e da qualche documento riguardante locazioni, permute e donazioni di terre e case”. Nel libro si parla della vita di Jacopo prima della soppressione del Tempio ordinata dal re di Francia Filippo IV il Bello e poi della fase successiva quando l’ex templare, diventato chierico di una chiesetta piemontese, la pieve di San Cassiano di San Sebastiano Monferrato, entra in contatto con il mondo della campagna, impregnato a quel tempo di credenze magiche e di superstizioni. In realtà, nel castello di Moncucco nacquero due cavalieri templari: i fratelli Iacopo e Nicolao. Il secondo fu arrestato e processato nell’isola di Cipro mentre Iacopo divenne precettore di Santa Maria del Tempio di Bologna alla fine del Duecento e nel 1303 divenne precettore di Lombardia, Roma e Sardegna. Nel 1308 si perdono le sue tracce come Templare. Ricercato dagli inquisitori fu condannato in contumacia per non essersi presentato al processo ai templari nello Stato Pontificio. Dov’era Jacopo quando fu condannato? “Forse ritornò nel suo castello del basso Monferrato, spiega la Capone Ferrari. Gli storici dell’epoca sostengono che molti cavalieri appartenenti a famiglie prestigiose tornarono nelle loro dimore senza essere molestati. Se diamo per certa quest’ipotesi, Jacopo rimase nella sua Moncucco fino al 1316”.

Filippo Re