ilTorinese

Sotto i portici di via Sacchi il talento contagia

I portici torinesi di Via Sacchi sono tra quelli noti a Torino, una cifra urbanistica e architettonica della città. Via Sacchi è ad un passo dalla Grande Stazione Porta Nuova con una sua storia, in pieno centro ma sulla veloce traiettoria verso Stupinigi. Via Sacchi residenza storica di personaggi famosi, di belle vite. Chi vive lì ha tanto da raccontare e merita un nuovo impulso che durante il giorno restituisca il dinamismo commerciale e culturale appartenuto alla zona in passato.

Con questi obiettivi ecco domenica 24 novembre la seconda edizione di Sacchi di Talento. Un evento, appoggiato fin da subito con calore dall’Assessorato al Commercio, sostenuto dai commercianti della Via –Caffetteria  “artigianale” Donna Rosa e Madama Giancarla in testa e la nota Pasticceria Pfatisch dall’altra lato del percorso , e animato dal talento degli operatori creativi della neo nata Associazione Fatto-a-mano.

Evento culturale sfaccettato e ricco di stimoli proprio per dimostrare quanto straordinario e virtuoso contenitore di talento possano diventare i Portici.  Tra una colonna e l’altra, dalle ore 10 alle 18, esporranno 30 creativi artigianali di vario e differenziato ambito, di qualità. Ed alcuni di loro organizzeranno per adulti e piccoli (perché Sacchi di Talento è pensato anche per loro) laboratori e workshop a tema.

Ma il talento è anche proposto dalla musica dell’eclettico duo acustico Paola & Renata, voce femminile e chitarrrista con un vario repertorio internazionale

E poi ancora libri con la nuova pubblicazione di Francesco Nugnes e Angelo Toppino “Incontriamoci a Torino”: un viaggio nel tempo, nella storia e negli angoli di Torino attraverso parole, documenti, poesie e le fotografie Ana Maria Dinu.

L’Associazione Fatto-a-mano nella mattinata di domenica organizza uno dei suoi tipici Tour  guidati,  che quest’anno prevede la visita di due musei “unicum” della città, un suo vanto di recente apertura: Il Choco Story Museum in Via Sacchi e il piccolo Museo della Scrittura manuale in Via San Secondo. Ci sarà modo di apprezzare anche i primi pannelli del progetto “Arte in transito”, sempre nell’ottica della riqualificazione artistica della via.

A poco tempo dall’appuntamento natalizio, Sacchi di Talento diventa una vetrina anticipata per i regali . Non doni qualsiasi ma pensieri unici, rigorosamente fatti a mano e made in Italy, conattenzione al riciclo e all’impatto ambientale. Per un consumo ed un acquisto consapevole che siamo certi gradirà anche il destinatario del regalo. Perché il talento contagia ed è una catena virtuosa di positività.



Uisp Piemonte e la piscina al femminile

L’INTERVENTO

Caro direttore,

in questi giorni si è parlato di nuovo di piscina al femminile, a seguito di una nuova proposta presentata al Comune di Ciriè dalla Uisp di Bra.

Un’attività sportiva importante, raccontata negli anni anche attraverso articoli e servizi televisivi, della quale ci fa piacere ricordare il vero obiettivo e valore. La proposta della Uisp di Bra trae spunto dall’esperienza torinese.

Nella primavera del 2007, Uisp Torino promuove un progetto dal titolo “Lo Sport quotidiano delle donne”. L’obiettivo era organizzare attività, nelle palestre e nelle piscine, dedicate e attente alle diverse esigenze e ai tempi di donne, di tutte le età e di diverse culture, con la possibilità di portare con sé i propri figli, usufruendo dell’organizzazione in contemporanea di attività adatte alla loro età.

Tra le diverse proposte c’era quella di riservare, per un giorno alla settimana, quattro delle sessanta ore di apertura di una piscina ad un’attività dedicata alle donne. La proposta riscuote successo e si iscrivono tante giovani donne, ragazze e intere famiglie, tante mamme con i loro bambini e le loro nonne. Tutte apprezzano questa nuova dimensione dell’attività, una grande vasca con uno spazio dedicato al gioco, uno alla scuola nuoto con corsie diverse per bambini e adulti e uno al fitness in acqua.

In questi 17 anni nella piscina di Torino sono passate tante donne di culture e religioni diverse, italiane, egiziane e marocchine che portavano il velo per scelta, ma anche donne che lo hanno ripudiato e ne hanno combattuto l’imposizione. Tra di loro e con loro, studentesse universitarie, professioniste con incarichi importanti, anche alcune suore italiane e tante donne impegnate contro il patriarcato, nella difesa e nell’affermazione dei loro diritti.

Insieme a loro, un gruppo di donne siriane arrivate dal corridoio umanitario tramite la chiesa valdese, un’associazione che si occupa della tratta delle donne nigeriane, le quali hanno frequentato i corsi di nuoto con la loro psicologa, diverse donne operate al seno, un’associazione che ha accompagnato donne somale occupate come badanti, affette da gravi problemi alla schiena per le quali il nuoto era consigliato dai medici.

In diversi casi abbiamo riscontrato che proprio lo sport è stato un primo passo per uscire di casa: stare con altre donne e imparare a nuotare.

La piscina femminile è un luogo per le donne dove si discute, ci si confronta, si parla di diritti e si acquisisce consapevolezza. Durante la pandemia del Covid 19 una donna ha usato la chat della piscina per chiedere aiuto: era chiusa in casa con un uomo violento.”

(Patrizia Alfano, Presidente regionale Uisp Piemonte APS)

“La piscina delle donne è stata dichiarata Buona pratica all’interno della Carta Europea dei Diritti delle Donne nello Sport e in vari altri progetti europei fatti in collaborazione con associazioni che lavorano nel campo del rispetto dei diritti delle donne, associazioni sportive ed enti locali ed europei. Recentemente, nel 2024, all’interno del progetto Sentry Sport (https://www.sentrysport.org/…/SENTRY_bestpractises_03.pdf) è stato validato come progetto di successo e presentato ad un congresso internazionale a Saint Denis (una delle sedi dei Giochi Olimpici e Paralimpici). Questa metodologia non vuole esser ghettizzante, né tanto meno escludente, ma vuole essere un luogo in cui ogni donna si senta a proprio agio, donne con storie personali di violenza fisica e psicologica, donne con problemi di disturbi alimentari, donne con disabilità e anche donne con fedi religiose differenziate o con culture di origine diverse. Come UISP ci siamo sempre battuti per dare alle donne (a tutte le donne) pari opportunità nel mondo dello sport, ma dobbiamo farlo anche nel rispetto che si deve a culture, sensibilità personale e fedi religiose differenti, come sancito anche nella nostra costituzione”

Daniela Conti

responsabile politiche per l’interculturalità e la cooperazione UISP Nazionale APS

Rock in giallo e verde

CALEIDOSCOPIO ROCK USA ANNI 60

La conoscenza approfondita del fenomeno del garage rock americano anni ‘60 di cui possiamo disporre oggigiorno affonda le proprie radici fin negli anni ‘70 (quindi ben prima del “garage revival”, a me, per la verità, piuttosto inviso). Le due imprescindibili “compilations apripista” furono senz’altro “Nuggets: Original Artyfacts from the First Psychedelic Era, 1965-1968” (risalente addirittura al 1972) e “Pebbles” (avviatasi nel 1978), che nello scorrere degli anni resero fecondo un terreno da cui nasceranno fino ad oggi decine e decine di nuove “compilations”, più o meno omogenee, curate e “a tema”. Personalmente rilevo che per qualche oscuro ed insondabile motivo alcune etichette restarono per troppo tempo fuori dalla compilazione di queste raccolte; in ulteriori casi altri “labels” vennero a tratti del tutto dimenticati e a tratti giustamente riportati in luce. Tra questi ultimi vi è in particolare l’etichetta  “Raynard”, fondata nel 1953 a Milwaukee (Wisconsin) da Dave Kennedy; nel triennio 1965-67 furono incisi sotto questo marchio brani davvero interessanti e nel 1965 spiccava certamente quella tipologia di garage rock ancora “in nuce” delle origini, nella fase di passaggio dal rock ‘n roll al garage vero e proprio definitosi in pieno nel 1966. A livello cromatico si rileva che l’etichetta assunse svariate combinazioni in base ai più diversi generi musicali toccati, sebbene la colorazione “classica” fu il celebre giallo verde con scritta gialla su campo verde.

Qui di seguito (data la non trascurabile estensione dei numeri di catalogo “Raynard”) si elencano i soli esempi di incisioni di garage rock finora conosciute e con datazione certa: 

  D.J. & The Invaders  “Mickey Finn / Dedication to “HER” (843K-1045)  [1965];

  The Ricochettes  “I’ll Be Back / Can I Be Sure”  (RS 10030)  [1965];

  Road Runners  “Do The Temptation / It’s So Hard”  (RS 10031)  [1965];

  The Vibratones  “Eventually / Little Egypt”  (RS 10032)  [1965];

  The Shags  “Cause I Love You / Dance Woman”  (RS 10034)  [1965];

  John Dee and The Shadows  “I’m A Rolling Stone / Can’t You Love Me Too”  (RS 10035) [1965];

  The Mustard Men  “Another Day / I Lost My Baby”  (RS 10036)  [1965];

  The Bryds  “Your Lies / Why Did You Have To Break My Heart”  (RS 10038)  [1965];

  The Originals  “Now’s The Time / Pretend It’s All Right”  (RS 10039)  [1965];

  The Moody Walkers  “We Never Loved Before / Barbara”  (RS 10043)  [1965];

  The Vibratones  “I Remember Yesterday / Screamin’ Mimi”  (RS 10044)  [1965];

  The Deverons  “On The Road Again / Unnoticed”  (843K-1046)  [1966];

  The Secrets  “I Know It’s You / I Don’t Know”  (RS 10047)  [1966];

  The Sultans Five  “Tonight Is The Night / With You”  (RS 10052)  [1966];

  The Sultans Five  “Daisy / Life Is Like A River”  (RS 10053)  [1966];

  The Coves  “You’re All Through / A Love Like That”  (RS 10058)  [1966];

  Tomorrow’s Children  “I Can Only Give You Everything / In The Midnight Hour”  (843K-1065) [1967];

  The Peasants  “Big Boss Man / The People Are Wrong”  (843K-6289)  [1967];

  The Rat Pak  “Frosty Rudolph With Bells / I Need You”  (SS-8796-01)  [1967];

  Van-Tels  “Ain’t Too Proud To Beg / Stand By Me”  (843K-1085)  [1968].

Gian Marchisio

Piattaforma Residenzialità rinnovata: ecco le nuove funzioni

La Piattaforma regionale per la Residenzialità si è rinnovata con nuove funzioni che consentono agli operatori sanitari di gestire con efficienza la realtà sanitaria e socio-assistenziale delle 1.861 strutture del Piemonte.

Creata durante l’emergenza Covid per monitorare la situazione dei contagi, in particolare nelle strutture per anziani, amplia le sue potenzialità diventando un vero e proprio cruscotto digitale che consente una migliore gestione del settore, dalle Rsa alle strutture per anziani, minori, persone con disabilità fisica o psichica oppure con dipendenze.

Al momento consente di avere in tempo reale la situazione dei posti letto disponibili e una gestione centralizzata della documentazione di autorizzazione e accreditamento delle strutture, permettendo così un’assistenza sempre più tempestiva e adeguata ai pazienti, poi entro fine anno si amplierà includendo la parte che riguarda la vigilanza fino ad arrivare, in futuro, al censimento della sanità territoriale.

“È un esempio unico a livello nazionale di informatizzazione del sistema e di buona gestione del settore”, sottolinea l’assessore regionale alla Sanità Federico Riboldi, mentre l’assessore al Welfare Maurizio Marrone evidenzia come sia “uno strumento molto prezioso anche per chi eroga il servizio per avere un contatto informativo costante con la Regione. Mettere a sistema questo strumento e ampliarlo rendendolo sempre più operativo rappresenta una grande leva di semplificazione“.

Con la raccolta e la condivisione online della documentazione necessaria per l’accreditamento delle strutture e la gestione dei documenti in modalità centralizzata, si agevola infatti anche l’attività di vigilanza, perché è possibile accedere alla documentazione in qualsiasi momento, anche da remoto. La sezione dedicata alle attività di verifica a cui le strutture sono sottoposte periodicamente permette alle commissioni di vigilanza delle aziende sanitarie di pianificare sopralluoghi e condividerne gli esiti con i referenti grazie all’area documentale integrata.

Unioni di Comuni, un bando da 4,5 milioni

“Il nuovo bando sulle unioni dei comuni prevede 4,5 milioni di euro di investimento: su 86 unioni, oltre 50 sono montane e in questo quadro abbiamo già avviato una stretta collaborazione con tutti i presidenti”. Lo ha spiegato l’assessore agli enti locali, Enrico Bussalino, in commissione Autonomia presieduta da Andrea Cerutti, durante la quale ha anche annunciato un aggiornamento della legge 11/2012 su autonomie locali e gestione associata.

Diversi i punti chiave: saranno individuati 33 “ambiti territoriali ottimali”, parti di territorio entro le quali dovranno essere costituite le unioni di comuni. La definizione di tali ambiti ricalca quelli stabiliti nel piano territoriale regionale, ma è previsto un percorso di concertazione con i territori per valutare eventuali necessità di scostamento.
Suddivisione del territorio regionale in tre aree omogenee, montana, collinare e di pianura, con un limite minimo di popolazione per costituire un’unione rispettivamente di 3000, 3000 e 5000 abitanti.
Sarà confermata la necessità che l’unione sia composta da almeno tre comuni e, per garantire stabilità, si prevederà che il singolo comune non possa recedere dall’unione di cui fa parte per almeno 5 anni, pena l’introduzione di un meccanismo sanzionatorio.
Si conferma la “Carta delle forme associative” quale strumento di riconoscimento istituzionale delle unioni il cui inserimento sarà necessario per accedere ai finanziamenti regionali.
Saranno infine previsti incentivi per aumentare le estensione delle unioni con premialità fino al raggiungimento dell’estensione dell’ambito ottimale, e attività di formazione e supporto per la governance.

Durante il dibattito sono intervenuti i consiglieri Mauro Calderoni e Gianna Pentenero (Pd) che si sono detti “preoccupati della fragilità di questi soggetti che derivano le loro funzioni dai comuni, dove gli amministratori fanno fatica a gestire politiche sovracomunali complesse a causa della sempre più drammatica carenza di personale”.

Per Elena Rocchi (Lista Cirio) “questa riforma è molto sentita dai sindaci di montagna” e ha chiesto maggiori informazioni sugli incentivi per le attività associate,

Marco Protopapa (Lega) si è detto “molto favorevole alla proposta dell’assessore. Lo spirito è dare continuità definitiva alle comunità, valutiamo se dare ai comuni un anno ‘sabbatico’ prima di prendere una decisione definitiva, e solo in seguito sanzionarli per l’uscita dall’aggregazione”.

Giulia Marro (Avs) ha chiesto delucidazioni “in merito agli investimenti su sicurezza e vigili urbani”.

Noi siamo le vergin…

Alcuni anni fa era consuetudine, da parte degli sposi, dopo la prima notte di nozze esporre un lenzuolo macchiato di sangue, a dimostrazione che la moglie era ancora vergine, a tutela dell’onorabilità di lei e di lui.

Come sa chiunque abbia una Qi appena normale, tale esposizione non provava nulla per due motivi: in primo luogo il sangue poteva essere dovuto alle mestruazioni o procurato in altro modo (carne macellata) per tacitare i pettegolezzi; in secondo luogo, particolarmente durante gli anni ’70, era quasi una regola praticare sesso anale per arrivare integre al matrimonio (anche con un altro partner). Molti anni prima, nel 1928, Hertz De Benedetti aveva scritto un poemetto goliardico dal titolo “Ifigonia in culide” (parodia di Ifigenia in Aulide) dove raccontava come le vergini di Corte, per deliziare il Sovrano, restassero vergini davanti concedendo, diremmo noi oggi, il lato B.

Resta, tuttavia, vivo nella nostra cultura il concetto di verginità quale pregio, quale maggior valore per una donna, esattamente come un’auto nuova vale più di una usata, se escludiamo le auto d’epoca che però, nel caso delle donne, sono fortemente deprezzate.

La verginità (e l’imene come suo simbolo) infatti non ha alcun significato medico essendo unicamente un concetto culturale, risalente ad un’epoca in cui il controllo sulle donne e sulla loro sessualità era totale e l’autodeterminazione inesistente.

Tutti, almeno lo spero, sanno che l’imene è una membrana ubicata all’ingresso del canale vaginale che può avere forme diverse (luna, semiluna, perforato); le più sfortunate hanno un imene imperforato che le obbliga a subire un piccolo intervento chirurgico in occasione del menarca per permettere la fuoriuscita del mestruo.

Mi sono sempre domandato quale funzione abbia l’imene e ancora non l’ho capito: qualcuno sostiene che eserciti una barriera contro la risalita di germi nel canale vaginale, altri che sia un organo come l’appendice, della quale sentiamo la presenza solo quando si infiamma e dobbiamo essere operati.

Si tratta di una membrana piuttosto elastica che in alcuni casi non viene deflorata durante il primo coito ma, per assurdo, può rompersi in seguito ad un trauma, attività sportiva violenta, caduta da cavallo, ecc.; in alcuni casi, inoltre, è stato riscontrato un imene intatto in donne prossime al parto, segno che l’attività sessuale non aveva modificato la struttura delle membrana.

Su un campione di 100 donne intervistate, solo 4 hanno dichiarato di aver subito una perdita di sangue durante la presunta deflorazione, segno anche questo di enorme ignoranza nell’associare perdita di sangue a deflorazione; molto più verosimilmente si tratta di perdite ematiche dovute alla scarsa lubrificazione, alla mancanza di delicatezza del partner per scarsa intimità, poca dimestichezza e disinteresse per il piacere della partner.

Anni addietro una persona mi chiese perché io non scegliessi donne  vergini, piuttosto di una con molta esperienza; risposi, in totale onestà, che se era molto “usata” vuol dire che aveva ottime prestazioni, altrimenti sarebbe stata sempre a riposo. Lasciai l’interlocutore perplesso.

La religione, poi, soprattutto quella farneticante di certi estremismi anglosassoni considera la verginità un “must”, un obbligo nei confronti del futuro marito; guarda caso tra quelle persone il tasso di infelicità è ai massimi livelli.

L’idea stessa di doverlo fare solo con il marito (dopo aver pronunciato il fatidico SI) e quindi sapere di dover dare il massimo con quella persona, in quel luogo, in quel momento è sicuramente un’ottima fonte di stress, di ansia da prestazione; va da sé che non potendo imparare la pratica a scuola o presso conoscenti di chiara fama ci si presenti all’appuntamento coitaleda perfette impreparate. Per gli uomini invece nessuna prescrizione perché, beati noi, non vi sono segni visibili di presunte esperienze pregresse e, quand’anche vi fossero, sarebbero giuste perché “l’uomo è uomo”.

Ovviamente non la penso così, riporto solo i pensieri di molte, troppe persone.

La Chiesa ha sicuramente contribuito enormemente a diffondere questo culto della donna vergine. Sant’Ambrogio, per esempio, scrisse ben cinque opere sulla verginità, con preferenza per quella femminile: De virginibusDe viduisDe virginitateDe institutione virginis e Exhortatio virginitatis. Il Vescovo di Milano esaltò la verginità come massimo ideale di vita cristiana, degno erede di quel Saulo, poi convertitosi col nome di Paolo di Tarso,che disse “colui che sposa la sua vergine fa bene e chi non la sposa fa meglio. Ambrogio ritenne che la verginità fosse l’unica vera scelta di emancipazione per la donna dalla vita coniugale, in cui si trova subordinata. Critica aspramente il fatto che il matrimonio costituisce solo un contratto economico e sociale, che non lascia spazio alla scelta degli sposi e in particolare della donna: Davvero degna di compianto è la condizione che impone alla donna, per sposarsi, di essere messa all’asta come una sorta di schiavo da vendere, perché la compri chi offre il prezzo più alto”.Ambrogio arriva al punto di invitare i genitori a rispettare la scelta di restare vergini dei figli che, così facendo, non sono obbligati a sposarsi.

E’ vero, parliamo di 17 secoli fa ma solo fino a 50-60 anni fa guai se un genitore scopriva che la figlia aveva avuto rapporti prima del matrimonio; nota bene, non perché la figlia avesse fatto male di per sé, ma perché poi lo sposo e tutti i suoi parenti avrebbero denigrato la ragazza e, “Il lupo e l’agnello” di Fedro insegna, la sua famiglia di origine.

A tutt’oggi, e per i distratti ricordo che siamo nel millennio, in alcune scuole degli Stati Uniti il programma di educazione sessuale include o si basa sull’astinenza: un chewing gummasticato o un mozzicone di sigaretta vengo usati come metafora: una volta usati sono da buttare perché nessuno li vuole più.

La realtà è che, tuttora, troppe persone ancora pensano che il primo coito cambi la vita a chi lo subisce, che nulla sia più come prima; la verità è che, se la società abbattesse il culto della verginità, avremmo persone consapevoli di ciò che fanno e lo fanno senza ansia, paure, tabù e obblighi o divieti.

Per finire non voglio obbligare nessuno a “perdere” la verginità:semplicemente, chi vuole restare vergine per qualsiasi motivo è giusto che lo rimanga, come è sacrosanto che chi desidera avere rapporti appena la ragione glielo consente sia libero di averli senza essere etichettato, catalogato o, peggio, schernito o denigrato.

E’ però necessario che, da parte di entrambi, vi sia il consenso.

Sergio Motta

Sex coach

 

Conferma torinese di Epat Ascom a livello nazionale

n occasione della conferma di Lino Enrico Stoppani alla presidenza nazionale dell’Associazione dei Pubblici Esercizi FIPE-Confcommercio, per il quinquennio 2024-2029, EPAT Ascom conferma il peso di Torino a livello nazionale con due importanti nomine.

 

Vincenzo Nasi, presidente di EPAT Ascom Torino, è stato eletto nel Direttivo nazionale, mentre Claudio Ferraro, direttore di EPAT Ascom Torino, è stato confermato nel Collegio dei Sindaci.

Queste nomine sottolineano il lavoro svolto dai rappresentanti EAPT Ascom a favore dei pubblici esercizi del territorio torinese e mettono in luce la capacità di contribuire attivamente alle decisioni strategiche nazionali. La presenza di Vincenzo Nasi e Claudio Ferraro garantisce un collegamento permanente tra le esigenze locali e le prospettive di sviluppo del settore a livello italiano.

La conferma di Lino Enrico Stoppani alla guida di FIPE-Confcommercio evidenzia la continuità e la solidità della Federazione, impegnata nella tutela e nella promozione dei pubblici esercizi italiani. EPAT Ascom Torino rinnova il proprio sostegno alla presidenza Stoppani e a tutti i gruppi di lavoro di FIPE.

30 anni della Fondazione Donat-Cattin, uno sguardo al futuro

Anche a Roma, dopo le iniziative torinesi, si è ripercorsa la storia della Fondazione Carlo DonatCattin, nata l’anno dopo la scomparsa dello statista piemontese.

Una iniziativa che si è svolta in Senato e che ha visto alcuni interventi importanti tra cui quello di Pier Ferdinando Casini, Guido
Crosetto e Bruno Vespa. Una Fondazione che è nata non solo per ricordare il magistero e l’azione
politica, culturale e sociale dello statista Dc e del leader indiscusso della sinistra di ispirazione
cristiana. Ma, soprattutto, è una Fondazione che ha il merito, e l’obiettivo, di rilanciare e
riattualizzare il pensiero, la cultura e la tradizione del cattolicesimo sociale nel nostro paese. Una
tradizione e una cultura che conservano una straordinaria attualità e modernità nella società
contemporanea. Perchè la Fondazione, nel corso di questi anni, ha affrontato anche – e continua
ad approfondire – tematiche strettamente legate alla società, con particolare riferimento alle
istanze, alle esigenze e alle domande che provengono dalle giovane generazioni.

Ma, per fermarsi al dato politico, è indubbio che il lavoro della Fondazione Donat-Cattin è
particolarmente utile e prezioso per richiamare un pensiero politico che ha segnato in profondità
la stessa storia democratica del nostro paese. E questo, pur senza riproporre moduli ed
esperienze politiche del passato, perchè è abbastanza evidente che la democrazia nel nostro
paese non può fare a meno di una cultura politica e di un pensiero che hanno qualificato ed
arricchito la storia e la stessa esperienza del cattolicesimo politico nel nostro paese. E la rilettura
dell’azione politica, legislativa, culturale e soprattutto sociale di Donat-Cattin e della sua storica
corrente, Forze Nuove, significa anche rileggere i punti cardinali di un pensiero che non può
essere banalmente e qualunquisticamente archiviato.

E l’iniziativa che si è tenuta al Senato ha confermato la bontà e l’efficacia di questa azione
culturale e, soprattutto, le ricadute concrete che una presenza del genere può avere. E non solo
nell’area di riferimento – cioè quella del cattolicesimo popolare e sociale del nostro paese – ma
nell’intera società. E questo perchè i valori, i principi e gli asset culturali della cultura del
cattolicesimo sociale rappresentano tuttora un giacimento ideale, etico e politico che non può
essere sacrificato sull’altare di nessun maldestro nuovismo. E la Fondazione Carlo Donat-Cattin –
guidata per oltre vent’anni dal figlio Claudio scomparso nel 2022 dopo aver dato un impulso
straordinario alla stessa Fondazione fortemente voluta dalla famiglia dello statista piemontese –
come hanno giustamente evidenziato e ricordato Pier Ferdinando Casini e Bruno Vespa in Senato,
può diventare, senza supponenza e senza arroganza, un autorevole punto di riferimento della
tradizione e del pensiero del cattolicesimo politico italiano.

Giorgio Merlo

La storia di Romina, operata in ipnosi

I nuovi traguardi della Cardiologia di Asti

Il Rapporto Agenas la classifica prima in Piemonte per la velocità di intervento nell’infarto

A 40 anni esatti di distanza dalla prima operazione al cuore che, a soli 2 mesi di vita, le ha salvato la vita, Romina è tornata a sorridere grazie a un intervento complesso realizzato in due tempi nella sala di elettrofisiologia dell’Ospedale Cardinal Massaia di Asti.

Con un primo intervento nell’agosto 2023 si è liberata dal ripetersi continuo e sfiancante di attacchi di tachicardia mal tollerate, al punto di dover ricorrere continuamente e prontamente all’assistenza medica. Originaria di Alessandria, la giovane donna era all’epoca in vacanza ad Aosta quando è stata costretta a rivolgersi al pronto soccorso per l’ennesimo attacco di “flutter atriale”. Da Aosta la paziente si è rivolta al Gaslini di Genova, dove è in cura, che ha creato un ponte con il reparto ospedaliero di Asti con cui collabora da anni. Come da prassi, l’equipe diretta dal cardiologo Marco Scaglione ha ricostruito minuziosamente la storia e l’anatomia della paziente tramite tracciati e Tac, per programmare la strategia con cui effettuare l’ablazione transcatetere, procedura mini-invasiva durante la quale il medico introduce un sottile tubicino flessibile (catetere) nei vasi sanguigni e lo manovra fino a raggiungere il cuore, isolando i percorsi elettrici anomali presenti nei tessuti cardiaci, causa dell’aritmia.

«Oltre alla complessità del caso, una nuova sorpresa è arrivata quando abbiamo scoperto che la paziente era priva della vena cava inferiore a livello addominale, via d’accesso privilegiato per portare il catetere al cuore passando dalle gambe come avviene abitualmente – spiega Marco Scaglione – Tale intervento richiedeva di effettuare una puntura per passare dalla parte destra a quella sinistra del cuore, dove si trovava il problema, utilizzando un ago rigido lungo circa 60 centimetri, per questo motivo normalmente inserito dalle vene delle gambe. Non essendo questa via praticabile, rimaneva una sola possibilità, finora effettuata in pochi casi al mondo per la sua elevata difficoltà, resa ancora maggiore dall’anatomia cardiaca completamente inusuale della paziente».

L’equipe determinata a risolvere il problema alla giovane donna, forte della propria esperienza, ha deciso di così di effettuare la difficile manovra usando una via dall’alto: la vena giugulare nel collo. A livello internazionale si registrano pochissimi casi di interventi simili.

«Dopo essere finalmente riuscito a entrare nell’atrio sinistro del cuore – prosegue il cardiologo – ho potuto mappare il circuito elettrico e studiare la strategia di ablazione, interrompendo la sequenza consecutiva di tre circuiti responsabili dell’aritmia. Il cuore è stato successivamente stimolato fino a 220 battiti al minuto per verificare che non ripartissero nuove aritmie, dimostrando il successo della procedura».

L’eccezionalità dell’intervento non è solo nella complessità tecnica e nella durata di oltre 6 ore, ma nell’utilizzo dell’ipnosi quale tecnica analgesica, grazie alla quale la paziente è rimasta tranquillamente immobile sul lettino operatorio per tutta la durata dell’intervento. Nel 2018 il reparto astigiano ha utilizzato per primo al mondo l’ipnosi per gestire l’analgo-sedazione nell’impianto di un defibrillatore sottocutaneo. Da allora la tecnica è diventata routine ed è già stata utilizzata ad Asti su oltre 2.000 pazienti in tutte le procedure di elettrofisiologia interventistica. Tale esperienza è stata divulgata in congressi europei ed è stata oggetto di pubblicazione su riviste scientifiche cardiologiche internazionali, tra cui la Rivista della Società Americana di Aritmologia.

A distanza di un anno, alla fine dell’estate 2024, il percorso di cura di Romina ha richiesto ancora un intervento della Cardiologia astigiana per il posizionamento di un pace-maker: «Ora finalmente gestisco la quotidianità in modo più sereno e sono fiduciosa nel futuro», commenta la paziente.

La Cardiologia dell’Asl AT è tra le poche in Italia ad eseguire interventi di alta complessità sia negli adulti sia nei bambini e, ancor più, in pazienti affetti da cardiopatie congenite. Collabora, infatti, con l’Ospedale infantile Regina Margherita di Torino, il Gaslini di Genova, il Sant’Orsola di Bologna e il Meyer di Firenze. Su un totale di circa 420 ablazioni transcatetere all’anno, il 66% dei pazienti afferisce dal resto del Piemonte e d’Italia.

A livello nazionale è sede di training per l’Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione ed è collegata con le Università di Torino, Verona, Bologna, Modena-Reggio Emilia, Roma, Palermo, e altri, che inviano specializzandi ad Asti per completare il loro percorso di formazione. È un punto di riferimento per la formazione anche a livello internazionale. La Regione Piemonte nel novembre 2022 lo ha riconosciuto con una Dgr quale Centro di Alta Specializzazione e di riferimento piemontese per l’Elettrofisiologia interventistica e l’Aritmologia.

Secondo l’ultimo rapporto di Agenas, la Cardiologia dell’Asl AT è prima in Piemonte (e nona in Italia) per la rapidità nell’esecuzione dell’angioplastica nei pazienti con infarto, dall’arrivo in pronto soccorso all’ingresso nella sala interventistica che cura circa 200 casi in urgenza su un volume complessivo annuo attorno ai 1.200 interventi di emodinamica.

«La Struttura complessa di Cardiologia dell’azienda sanitaria astigiana risponde ottimamente alle esigenze del territorio e nello stesso tempo è un punto di riferimento internazionale nell’Elettrofisiologia e nella cardiologia interventistica sempre più avanzata – conferma l’assessore alla Sanità della Regione Piemonte, Federico Riboldi – Il caso di Asti testimonia che l’eccellenza nelle cure è un traguardo raggiungibile anche nei centri di provincia di minori dimensioni, quando a politiche sanitarie lungimiranti si unisce la determinazione verso nuovi traguardi da parte dei medici e degli operatori sanitari. La Regione Piemonte ha sostenuto e sosterrà convintamente questo modus operandi, assicurando le risorse e il sostegno che merita».

“Lapponia”, risate e riflessioni, ovvero si fa in fretta a dire Natale!

Al Gioiello, sino a domenica 24

Si fa in fretta a dire Natale. Con tutto il suo carico di buone intenzioni, promesse, sorrisi da ogni parte e abbracci anche a chi non si vede da secoli, e tavole e brindisi e montagne di regali. Un gran bel castello di sabbia – per qualcuno o per molti – che un’onda più grande è lì a rovinare o a distruggere del tutto. Immancabilmente, c’è chi tenta di salvare il salvabile ma i tanti giuochi per rimettere ordine e continuità sono sempre più pericolosi e difficili e troppe volte procurano altri guai. Per le festività corrono al nord della Finlandia, nella bianca e fredda Lapponia, Monica e il marito spagnolo Ramon (che pare uscito mezz’ora prima dall’ufficio) con il loro Giuliano per festeggiare con Silvia, sorella trasmigrata di lei onde sposare il nativo Olavi e mettere al mondo la piccola Aina. Tutto potrebbe o dovrebbe filar liscio tra una mezza dozzina di esseri umani che da un po’ di tempo non si vedono e avrebbero saccate di cose da raccontarsi e spartire: ma lassù tra i ghiacci il truce destino vuole che Aina, prole infervorata e troppo sveglia di quattro anni, racconti solerte al cuginetto che Babbo Natale non esiste, che altro non è che una pura invenzione, una grossa bugia dei grandi per mettere tranquilli i bambini e costringerli a comportarsi secondo le migliori maniere. Mentre la duplice prole se ne sta di là a giochicchiare e a frignare (non li vedremo mai in scena, ne sentiremo di tanto in tanto le voci registrate), attorno al tavolo dei perduti festeggiamenti, davanti alla grande vetrata che riflette un paesaggio di abeti e di neve che più serafico non potrebbe essere, in attesa dell’aurora boreale forse rappacificatrice, iniziano a scannarsi gli adulti, scambiando quell’angolo di paradiso per un campo di battaglia dove viaggiano ormai in piena libertà volgarità con scontri fisici inclusi, avendo a contorno, mettendole allo scoperto, quelle confessioni che nessuno ha mai avuto il coraggio di fare finora. Non è soltanto affrontare il problema se ai due ragazzini siano migliori la verità o le bugie, se sia sempre più lodevole lasciare pieno spazio a quella e a quel carico di magia e di illusioni che queste si portano dietro. Perché sono le tradizioni che se ne vanno, i valori familiari cileccano (perché non mi hai chiamata al capezzale di nostro padre mentre stava per andarsene?), le scoperte improvvise e certo inattese (perché Silvia e Ramon da un po’ di tempo si scambiano mail?), certe paternità non proprio sacrosante da sempre tenute nascoste (visto che anche voi la vostra bella bugia l’avete detta?). E via di questo passo.

Lapponia”, autori Marc Angelet e Cristina Clemente, successo a furor di popolo in Spagna e Sud America, guarda nella versione italiana di Pino Tierno, azzeccatissima e tutta nostra, con i suoi sapori tutti di casa nostra, alla famiglia e al cuore suo più interno con una spregiudicatezza così acida e abbrutita che più non si potrebbe. Attraverso una drammatica quanto divertente scrittura che costruisce situazioni e dialoghi e battute a raffica pronte a squadernare risate su risate, la commedia è anche un bell’esempio da cui tirar fuori riflessioni sui rapporti e sul nostro vivere quotidiano che abbiamo costruito e sulle convinzioni che ognuno porta dentro sé, in opposte posizioni: in fondo, fatti di che? Ironia, divertimento, pensieri che riempiono appieno la serata, in un successo incondizionato.

Per la regia di Ferdinando Ceriani che dà un ritmo ai 90’ minuti della vicenda senza un attimo di tregua e nella scenografia di Pier Paolo Ramassa – le pareti in legno, la grande vetrata, l’ambiente ovattato che dovrebbe esprimere calore, una lode a parte – si muovono i quattro interpreti. Come due farfalle sempre più impazzite le presenze femminili, Miriam Mesturino virago tutta scatti e acidume che tutto ordina e che tutto è convinta d’aver previsto secondo il migliore dei modi, e Cristina Chinaglia, capace di accomodare ma anche di gettare qua e là tizzoni ardenti in mezzo ai familiari. Sergio Muniz ci mette pacatezza e tentativi di quieto vivere mentre Sebastiano Gavasso, il nordico che viaggia per leggi libertarie tutte sue, è il più convincente di tutti, attraversando la storia a suon di piatti finlandesi e invettive in lingua, avventurandosi tra l’altro in massime che iniziano con l’affibbiare un retaggio di bugiarderie a tutto il sud dell’Europa e ritagliandosi un successo personale.

Elio Rabbione

Le foto dello spettacolo sono di Maria Letizia Avato.