ilTorinese

Welfare di comunità, ossia welfare generativo

Le “Proposte per Torino” di Insieme online mercoledì 26, ore 21

Prosegue il ciclo di incontri per approfondire le “Proposte per Torino” presentate dal gruppo torinese di Insieme (www.insieme-per.it).

Dopo aver trattato l’housing sociale, auspicando una sua maggiore diffusione, e il decentramento, proponendo il recupero della dimensione di quartiere, affrontiamo ora il tema delle politiche sociali nell’incontro
“Welfare di comunità, ossia welfare generativo”
di mercoledì 26 maggio, dalle ore 21.

Dopo l’introduzione al tema di Daniele Ciravegna per Insieme Torino, avremo i contributi di:
Elide Tisi – vicepresidente ANCI Piemonte;
Raffaella Dispenza – presidente ACLI Torino metropolitana;
Alessandro Brescia – referente Pastorale Giovanile Salesiana;
Wally Falchi – referente Servizi alla persona Caritas Diocesana;
Alessandro Cavallo – segretario MMDP Onlus.

Seguirà il dibattito con domande e interventi dei partecipanti.

Chi fosse interessato a partecipare può richiedere il link per collegarsi alla riunione scrivendo a insieme.torino.2021@gmail.com

 Le pantofole tradiscono il pusher

In casa nascondeva stupefacente e denaro, arrestato per resistenza e spaccio

Gli agenti del Commissariato Barriera Milano stanno pattugliando l’area di competenza quando, mercoledì sera in via Malone, riconoscono un uomo, già arrestato in precedenza per spaccio, che si aggira in ciabatte. Questi, all’atto del controllo, tiene il pugno serrato e non si mostra per niente collaborativo; anzi, ad un certo punto, spintona gli agenti e porta il contenuto della mano alla bocca. Con sé ha diversi frammenti di cocaina parte dei quali riesce ad ingerire

 Il 31enne del Gabon ha con sé anche un telefono cellulare che, all’interno della cover, nasconde una lametta, probabilmente utilizzata per suddividere lo stupefacente. Gli agenti trovano anche un mazzo di chiavi dei quali lo straniero non ne riconosce l’appartenenza. Il fatto che sia in pantofole, però, fa presumere agli agenti che lo straniero abiti nei dintorni, così gli agenti effettuano un controllo portone per portone. Ciò consente loro di individuare l’alloggio del 31enne in via Chiusella.

Una volta fatto ingresso nell’appartamento l’uomo si catapulta sul letto nel tentativo di nascondere una scatolina. All’interno gli operatori trovavano 2 frammenti di cocaina e 455 euro in banconote di piccolo taglio. Il trentunenne viene arrestato per violenza e resistenza a Pubblico Ufficiale oltre che per detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio. L’uomo aveva a carico la Misura Cautelare del Divieto di Dimora nel comune di Torino.

Penny Market, nuova apertura a Pozzo Strada

Nel nuovo store sostenibilità e territorialità dei prodotti i punti di forza

Ha aperto a Torino, in via Sant’Antonino 58, nel quartiere Pozzo Strada, un nuovo spazio PENNY Market. Lo store, con una superficie di vendita di circa 480 mq e un parcheggio interrato, è situato in uno fra i quartieri più conosciuti ai Torinesi e si affaccia sul grande giardino comunale “Bambine e bambini vittime del Beslan”, che rappresenta un importante punto di riferimento e svago per gli abitanti della zona.

Con questa apertura PENNY Market consolida la sua presenza nell’area torinese con 5 negozi a Torino e altri 15 nella prima cintura dell’interland.

Oltra a un assortimento di circa 2000 prodotti tra dry e freschi, il nuovo negozio vanta una scelta selezionata anche nel settore non food. Nel nuovo PENNY Market la shopping experience è all’insegna dell’italianità e del territorio. Il consumatore trova un vasto assortimento di prodotti nazionali, per una spesa volta a valorizzare – con responsabilità – le eccellenze italiane e locali in ambito food e non.

La sostenibilità è tra i punti di forza del nuovo punto vendita, che utilizza l’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico sul tetto. Inoltre il PENNY Market di Torino adotta tecnologie con basso impatto ambientale in grado di migliorare la percezione dell’ambiente. come ad esempio l’uso di corpi illuminanti a Led ad alta resa cromatica e bassi consumi, e banchi frigoriferi con chiusure vetrate in grado di abbattere i consumi e migliorare il comfort climatico lungo il percorso di acquisto.

Questi accorgimenti contribuiscono a risparmi annui fino a 60.000 KWh, traducibili in circa 11,2 tonnellate equivalenti di petrolio non bruciate, con una mancata emissione di CO2 in atmosfera pari a circa 21 tonnellate.

 

PENNY MARKET
Penny Market, discount alimentare del gruppo REWE, è uno dei gruppi commerciali leader sul mercato tedesco ed europeo nel settore della Grande Distribuzione Organizzata. L’insegna nasce nel 1994 e segna un momento di straordinario cambiamento nel mondo del discount italiano, dando inizio al rinnovo del settore grazie alla nuova formula “assortimento di qualità, marca e prezzi bassi”. A livello nazionale, è presente sul territorio italiano con 391 punti vendita distribuiti nelle principali regioni d’Italia ed è attualmente in forte crescita, con fatturato per metro quadro superiore alla media di categoria. A livello internazionale, è presente con successo anche in Austria, Germania, Repubblica Ceca, Ungheria, Romania. Obiettivo principale del gruppo è la soddisfazione dei clienti, ai quali garantisce non solo un’ampia scelta di prodotti di qualità a prezzi concorrenziali, ma anche punti vendita accoglienti e confortevoli, per una spesa facile e veloce. Penny Market propone anche una linea di prodotti a marchio proprio.
Per ulteriori informazioni: www.pennymarket.it

La “Fondazione Bottari Lattes” racconta un anno di attività

“La cultura come relazione”. A Cuneo illustrati i progetti futuri
Sabato 29 maggio, ore 11 Monforte d’Alba (Cuneo)

Un anno difficile. In salita. Insidioso. Ma un anno durante il quale (e nonostante gli intoppi e le insidie create dall’emergenza sanitaria) la “Fondazione Bottari Lattes”, nata nel 2009 a Monforte d’Alba per volontà di Caterina Bottari Lattes – con lo scopo di promuovere la cultura e l’arte in memoria del marito, Mario Lattes, scrittore editore e pittore, fra gli intellettuali più prestigiosi del secolo scorso – non si è certo risparmiata. Sono tante infatti, fra il 2020 e questi primi mesi del 2021, le attività e gli eventi realizzati dalla Fondazione.

E tanti e importanti anche quelli messi in piedi per il prossimo futuro. L’elenco è lungo. Dalla recente pubblicazione del cofanetto “Opere di Mario Lattes” (Olschki editore) all’XI edizione del “Premio Lattes Grinzane”, con la designazione dei finalisti e il Premio Speciale a Margaret Atwood, al nuovo progetto digitale per “Vivolibro”, in cui si coinvolgono scuole e territorio (reso possibile grazie ad una campagna di “crowdfunding” promossa dalla Fondazione CRC in collaborazione con “Rete del Dono”) fino all’istituzione del “Centro Studi” a Monforte d’Alba (luogo di ricerca di tutte le iniziative ruotanti intorno alla figura di Mario Lattes) e all’ideazione del docufilm, ancora in fase di realizzazione, firmato da Claudio e Federico Strinati, dedicato sempre al grande intellettuale scomparso nel 2001. Eventi cui ancora s’aggiungono le mostre in presenza e online, la promozione in Italia del progetto europeo “Eti” che ha visto la selezione della proposta open air “Wine in progress” dello street artist Gec Art, con le sue opere di arte pubblica partecipata. Per finire con le collaborazioni, siglate da un Protocollo d’Intesa, con “Unesco” e “Alba capitale della cultura 2021” fino al recentissimo ingresso della Fondazione al torinese “Polo del ‘900” in qualità di “Ente partecipante non residente”. L’elenco è davvero lungo. E si è solo a metà percorso. Tanta anche la soddisfazione e la voglia di condividerla, raccontandone passione ed impegno – fra territorialità ed internazionalità – con il più vasto pubblico. Per questo motivo, la “Fondazione Bottari Lattes” dà appuntamento sabato prossimo, 29 maggio, alle ore 11 a Cuneo, nello spazio outdoor della tettoia di Piazza Virginio con l’iniziativa “La cultura come relazione”. “Sarà una occasione – ricorda Caterina Bottari Lattes – per ribadire quanto sia importante la collaborazione tra pubblico e privato a livello nazionale, internazionale e territoriale, per la realizzazione di proficue reti di partecipazione culturale”.
L’ingresso è su prenotazione, nel rispetto delle normative vigenti sulla sicurezza sanitaria dovute all’emergenza Covid-19: book@fondazionebottarilattes.it. Ma l’appuntamento sarà trasmesso anche in streaming sul sito e sulla pagina Facebook della Fondazione. Aperto a tutti – e realizzato in collaborazione con Fondazione CRC, la Città di Cuneo e con il supporto di “Mobili Bianco” – l’incontro sarà condotto dalla giornalista Marta Perego. Interverranno: la presidente e il direttore marketing della “Fondazione Bottari Lattes” Caterina Bottari Lattes e Mario Guglielminetti, i membri della giuria del “Premio Lattes Grinzane” Gian Luigi Beccaria (presidente) e Valter Boggione, i curatori del cofanetto “Opere di Mario Lattes” Giovanni Barberi Squarotti e Mariarosa Masoero.

Per info: “Fondazione Bottari Lattes”, via Marconi 16, Monforte d’Alba (Cuneo); tel. 0173/789282 o www.fondazionebottarilattes.it

g. m.

Nelle foto
– Caterina Bottari Lattes con gli studenti del “Premio Lattes Grinzane”
– Mario Lattes: “Autoritratto”, 1990
– Marta Perego

Chiudono le ecoisole di San Donato

Come già comunicato precedentemente, Amiat Gruppo Iren ricorda che a partire dal 26 maggio 2021 verranno definitivamente chiuse le nuove ecoisole in attivazione nel quartiere di San Donato e si potrà accedere ai cassonetti solo tramite la propria tessera elettronica.

La zona interessata include l’area compresa tra corso Francia, corso Alessandro Tassoni, corso Svizzera, Fiume Dora, corso Potenza, via Nole, corso Umbria e corso Principe Oddone.

 

Per aiutare e facilitare i conferimenti dei rifiuti per tutti i cittadini residenti nelle suddette aree, da oggi e fino al 4 giugno 2021, operatori Amiat presidieranno le ecoisole della zona, spostandosi sul territorio, per assistere gli utenti al corretto uso delle stesse e per ricordare le buone norme di una raccolta differenziata efficace.

Inoltre, sempre nello stesso periodo verranno affisse locandine informative sui nuovi cassonetti per ricordare la data di chiusura imminente e per sollecitare chiunque non abbia ancora ritirato le tessere a recarsi al punto info distributivo allestito presso la sede A.I.P.S.D., in via Pinelli 22/F aperto fino al 12 giugno 2021tutti i giovedì e venerdì dalle 16.00 alle 20.00 e tutti i sabati dalle 9.00 alle 13.00.

Parco della Salute/Boni (Radicali/+Europa): ha ragione ex assessore Donna: ci vuole un “project manager”

La sventurata vicenda del grattacielo Regione serva da esempio”

Igor Boni (candidato primarie del centrosinistra per Radicali Italiani/+Europa):

Concordo con la proposta di Giorgio Donna (ex assessore comunale al bilancio e pianificare nella prima Giunta Castellani) di individuare un “project manager” che si assuma la responsabilità di gestire il progetto del nuovo “Parco della Salute”.

La Regione Piemonte dovrebbe fare tesoro dei suoi errori, testimoniati in modo visibile dal grattacielo della Regione Piemonte, che si trova proprio accanto a dove dovrà sorgere il Parco della Salute.

La Regione volle gestire tutta la fase di costruzione del grattacielo basandosi unicamente sulle sue strutture tecniche, che si sono dimostrate inadeguate.

Ora la Regione  ha investito della responsabilità del “Parco della Salute” l’Azienda Ospedaliera “Città della Salute”, che ha chiaramente una diversa “mission” e non è costituzionalmente in grado di gestire un’opera così rilevante.

Ci vuole, invece, un soggetto terzo, che fa quello di mestiere, per gestire tutte le fasi del progetto, assumendosene le responsabilità.

Siamo agli inizi del cammino. C’è tutto il tempo per fare le scelte giuste. Senza presunzioni e approssimazioni che (il grattacielo insegna) alla lunga costano molto care all’intera comunità piemontese.

Vita da spiaggia: aperta la stagione balneare in Piemonte

Sono 79 le spiagge che hanno il “via libera” da Arpa per la qualità delle acque relativa alla balneazione e di queste 45 hanno ottenuto la classificazione di “eccellente”. Nel complesso, il 97% delle spiagge ha centrato l’obiettivo imposto dalla normativa europea. L’assessore all’Ambiente Marnati: “Sono convinto che molti turisti si riverseranno in Piemonte in una stagione all’insegna della ripresa”

Si apre per chiudersi il prossimo 30 settembre, la stagione balneare in Piemonte. E quest’anno alla rete delle “acque di balneazione” che hanno avuto il via libera da Arpa dopo i prelievi e le analisi, si aggiunge la new entry di località Vevera di Arona, inserita al termine dei lavori di adeguamento alla rete fognaria in prossimità della costa, e dove lunedì scorso è stato fatto il primo campionamento con esito favorevole.

I punti sono distribuiti su sette laghi – Maggiore, Orta, Mergozzo, Viverone, Avigliana, Sirio e Candia – e due torrenti – Cannobino e San Bernardino. Quasi la totalità delle spiagge, per l’esattezza, il 97%, hanno centrato l’obiettivo imposto dalla normativa europea; 45 sono quelle che hanno ottenuto il massimo punteggio, con la certificazione di stato di qualità, relativa alla balneazione, di “Eccellente”, la maggior parte delle quali, ben 24, si trovano sul Lago Maggiore. Dieci quelle sul Lago d’Orta, 3 sul Lago di Mergozzo, 4 sul Lago di Viverone, 3 sul Lago Sirio e 1 sul lago di Avigliana. Le restanti spiagge presentano uno stato da buono a sufficiente.

“I nostri laghi – commenta l’assessore regionale all’Ambiente Matteo Marnati – sono meravigliosi e puliti. Sono convinto che molti turisti si riverseranno in Piemonte in una stagione all’insegna della ripresa”.

Anche nel corso della stagione balneare 2021 verrà inoltre fatto un monitoraggio dei cianobatteri con lo scopo di prevenire eventuali rischi per la salute dei bagnanti sui laghi Maggiore, Sirio, Candia, Viverone e Avigliana Grande.

 

Universiadi, concordia istituzionale per riqualificare i siti sportivi

“La notizia, importante e significativa, dell’ottenimento delle Universiadi 2025 – per Torino, le valli olimpiche e l’intero Piemonte – adesso deve saper praticare e recuperare dal passato due elementi che sono e restano centrali per la buona gestione di un evento internazionale.

Innanzitutto coltivare quella ‘concordia istituzionale’ che resta la più grande eredità poltiica della gestione di Torino 2006. Una concordia istituzionale che è stata in grado di far convergere le varie articolazioni politiche ed istituzionali presenti sul territorio nel perseguimento dello stesso obiettivo. Certo, una concordia istituzionale che non può e non deve sfociare nel consociativismo ma che resta, certamente, l’elemento più gettonato per poter governare un’iniziativa di questo genere.

In secondo luogo la necessità di costruire o riqualificare siti sportivi, che saranno sede di gara, che saranno destinati ad essere usufruiti anche e soprattutto dopo le Universiadi. Un impegno, questo, che è decisivo soprattutto per un territorio che ha già visto e sperimentato una cattiva gestione del post olimpico. Certo, non possiamo paragonare le Universiadi 2025 con Torino 2006. Ma è pur vero che con una gestione oculata delle risorse e con un piano di investimenti finalizzato al miglioramento dei siti sportivi, le Universiadi potranno diventare un volano di sviluppo e di crescita per un intero territorio. E noi garantiamo, sin d’ora, che lavoreremo a fianco degli organismi preposti per centrare questi obiettivi”.

Giorgio Merlo, Sindaco Pragelato, Assessore Comunicazione Unione Montana Comuni Olimpici Via Lattea.

“Io ne esco”, torna il teatro

 CINQUE ATTORI, UNO SPETTACOLO, DIECI REPLICE. DRAMMATURGIA DIVIREN BELTRAMO

Di Alessia Savoini

Io ne esco, primo spettacolo teatrale post pandemia con cui debutta il Cap10100, un’esperienza visiva in replica per dieci giorni, dal 27 maggio al 5 giugno 2021, con la prestigiosa regia di Viren Beltramo, attrice, formatrice e organizzatrice teatrale, presidente dell’associazione culturale Compagnia GenoveseBeltramo.

Sul palco di uno spazio culturale che non si è lasciato indebolire dagli effetti della pandemia, ma che anzi ha stravolto questa nuova normalità con innovazione e inclinazione all’arte e all’incontro, cinque attori coinvolti nella drammaturgia e nell’intreccio di tre opere del grande Eugenio Ionesco – Il rinoceronte, il pedone dell’aria, il muore -, porteranno in scena la rivisitazione originale di queste piéces teatrali, attraverso lo sguardo di VirenBeltramo, che ci guiderà in un’esperienza nuova e toccante.

In questo tipo di teatro e nella rappresentazione che ne hai costruito, esiste ancora un’identificazione tra la narrazione e il pubblico (che è un nuovo pubblico), o i dettami di questo momento storico hanno stravolto i canoni di fare teatro? Le persone che verranno a vedere lo spettacolo sono sature di un lungo periodo di silenzio, isolate dal palco.

L’idea di questo spettacolo nasce prima del tempo della pandemia, anche se l’allestimento ha preso forma nei postumi del lockdown. È nato da un amore per il teatro e per la scrittura di Ionesco, mi sono sempre trovata nelle sue parole e, riletto alla luce di quello che ci sta succedendo, così come lo è stato alla luce di quanto mi stava succedendo due anni fa,  va a costituire una sorta di ancora, uno stimolo, che si snoda attraverso un’opera di innamoramento della parola. Ionesco parla di virus, di vaccini, della paura di ammalarsi, della diversità, della disumanizzazione, sono tutte tematiche che questa pandemia ha fatto esplodere e quindi credo che le persone si possano riconoscere quanto noi, quanto me. Sono parole, le sue, di cui mi sono presa una libertà, con la scusa di amarlo l’ho un po’ stravolto, l’ho decostruito e ricostruito per costruire una nuova storia, perché io avevo bisogno di una storia.

Il nuovo pubblico. Io ne esco suggerisce l’invito a un’azione, quasi liberatoria. Non vi è epicità nella presa di posizione, quanto un ricollocamento della coscienza, individuale e quindi collettiva, della dimensione dell’uomo nella sua normalità. Qual è la spinta e quale la responsabilità che vuoi trasmettere in e con questo spettacolo, qual è la sua potenzialità trasformativa?

Io ne esco vuole essere uno specchio, come spesso il teatro si trova a essere. Vedere persone dal vivo che vivono delle esperienze che automaticamente ti contagiano nell’esperienza, fa sì che tu ne esca trasformato. Credo che chi si lascerà attraversare dallo spettacolo ne potrà uscire meno solo, perché questo è il viaggio di un essere umano che si torva più volte a fare una scelta e a decidere da che parte stare e che poi sceglie fondamentalmente la vita, sceglie di non accontentarsi. Credo sia un messaggiotrasversale a tutte le generazioni più che per il nuovo pubblico, perché ne ha bisogno il giovane come il meno giovane, sia nella sensazione di sciogliersi dalla solitudine sia nella volontà di essere contagiato da questa voglia di prendere coraggio. In questo momento soprattutto in cui ci sentiamo così isolati. Spero che alla fine le persone si sentiranno parte di qualcosa. E questo è proprio il potere del teatro dal vivo.

Quale posizione occupa il teatro in una società sempre più localizzata in una dimensione virtuale? Molti lavori hanno adottato la forma di smart working, il contatto umano e la soglia di separazione tra lo spazio personale e il mondo esterno si sono molto assottigliati e spesso nullificati. Nel mondo dell’arte del corpo, della vibrazione e del contatto visivo e sonoro, quali evoluzioni possibili e di valore vedi concrete in questo nuovo modo di viversi normali?

Finché si poteva abbiamo lavorato dal vivo, con l’uso della mascherina. Non abbiamo fatto laboratori online, solo un unico spettacolo in streaming lo scorso mese, ma perché ci è stato chiesto da amici, abbiamo evitato il più possibile di fare teatro virtuale, per me la parola teatro-in-streaming non ha senso, ma questo non vuol dire che chi l’ha fatto non abbia realizzato qualcosa di vero, è che per me non è teatro, poi noi facciamo cinema, il video lo amiamo e lo affrontiamo, ma è un altro strumento di comunicazione. Abbiamo percorso anche la realtà virtuale in questa pandemia, è una cosa ancora più distante, all’ennesima potenza del digitale, ma non è teatro. Il teatro è solo dal vivo. Tutto il resto sono altre cose, sono ibridi, sono sperimentazioni, sono tentativi, dignitosi di sopravvivenza. Ma il teatro non è morto e ha resistito per ora, vive da ben prima di noi e ci supererà tutti.

Eugenio Ionesco ha vissuto un tempo di transizione, il passaggio dalla Romania a Parigi, portando nelle sue rappresentazioni il limite della lingua che aveva sentito proprio. Delle tre opere che hai scelto, qual è la linea che le lega in una narrazione unica e in che modo la tua rielaborazione ha toccato l’ordinario? Quale aspetto hai toccato, smascherato, per ri-rappresentarlo?

Sono tre opere collegate per appartenenza, fanno parte di quello che viene definito ciclo Bérenger, nome del personaggio che incarna l’alter ego dell’autore. Nel mio caso, la storia del rinoceronte è il collante generale, al cui interno sono inseriti il pedone, che per me è il viaggio che più si avvicina alla spiritualità, quell’esperienza grazie alla quale si cominciano a vedere le cose in modo nuovo, e il muore, che nel nostro caso serve per accedere agli inferi, alle paure, all’incubo, all’ultima manifestazione di paura prima di fare la scelta finale. Poi non voglio rivelare troppo, ho rappresentato delle scelte che vorrei scoprisse il pubblico mentre guarda lo spettacolo.

Per quanto riguarda la rielaborazione, ho messo in relazione quello che per me è il teatro, rispettando Ionesco e omaggiandolo, creando due dimensioni: la dimensione dove è il pubblico (poi capirete perché) e la dimensione del palco, che hanno due linguaggi diversi, due modi di gestire il caos diversi, di gestire la paura, di manifestarla. Sicuramente il mio focus è molto incentrato sulla paura, sulla relazione con la paura e sulla scelta. Decidere da che parte stare. Credo sia un momento storico in cui uno questo sforzo lo si debba fare.

La dimensione del pubblico dovrà fronteggiarsi con una nuova modalità di essere spettatore: guardare uno spettacolo con la mascherina, distanziato nel suo insieme, già questo è una forma di isolamento, chi assiste è questa volta ancora più incanalato dentro sé. Si crea una separazione più sentita. Forse il teatro intraprenderà nuovi sviluppi, come compagniaavete pensato a nuove formule e forme nel vostro modo di fare teatro?

Io credo che le persone siano sature di sentir parlare di virus e mascherine, per cui l’ultima cosa di cui vogliono sentire qualcosa è la pandemia, io non tradurrei per ora questa realtà che ci appartiene, soprattutto in questo momento, lascerei passare del tempo prima di raccontarla, perché ancora la stiamo vivendo, ancora stiamo cercando di capire cosa ci sta succedendo, quindi anzi, proteggerei tutto quello che è stato fatto. Noi siamo una generazione di mezzo, proteggere quello che abbiamo è un obbligo morale per le generazioni a venire. Chi è stato prima di noi ci sta lasciando un’eredità e ne ho sempre avvertito molto forte la responsabilità, ora più che mai, perché sono tantissime le persone ad avere perso ciò che non era basato su fondamenta sufficientemente forti dal punto di vista economico, politico, e per me questa è una responsabilità, prima che di artista, di essere umano. Sono così contenta di accogliere un pubblico dal vero, che anche se sono separati da un metro cercheremo di colmare questa distanza con tutta la nostra energia. Mi auguro che il desiderio per questa stanca arte sia forte e sufficiente a mantenerci in vita.

Fare produzione è stata la nostra scelta, in questo periodo ci siamo resi conto di cosa era in nostro potere, abbiamo potuto creare reti, aprirci, metterci in contatto con tutte le altre realtà che vogliono collaborare, per creare insieme e farci trovare pronti quando il pubblico avrebbe potuto goderne di nuovo. Questo è quello che abbiamo fatto in pandemia e che stiamo continuando a fare.

Siamo in un momento di ri-apertura. Apertura e chiusura sono gli estremi necessari alla creazione, il presupposto è il vuoto come condizione indispensabile all’artista per la produzione dell’espressione. Il vuoto a cui segue il rifiuto del vuoto stesso. E in mezzo a questa concatenazione, vi è il momento creativo. Il tuo spettacolo, come hai dichiarato all’inizio, nasce da un’idea precedente alla chiusura, mentre la sua realizzazione è avvenuta nella fase di riapertura. C’è stato, in questo intramezzo, un’evoluzione, un cambiamento, un’infiltrazione che ha cambiato il modo di produrre e di vedere questo spettacolo?

ed è stato il tempo. Non abbiamo mai avuto il tempo di dedicare così tanto tempo. Concretamente, questo periodo difficile ci ha portato quel che nell’ordinarietà in cui eravamo immersi prima era spesso solo un ritaglio, e abbiamo cercato di valorizzarlo il più possibile. Tutti siamo stati coinvolti in un processo di approfondimento, abbiamo avuto il tempo di interrogarci, perché meno presi dal vortice. Abbiamo perso tutto,ma nel perdere tutto abbiamo guadagnato questa cosa preziosa chiamata tempo e abbiamo cercato di farlo fruttare.

Questo periodo storico si è declinato in una plurima dimensione del conflitto. Mentre Ionesco lo ha affrontato dal punto di vista linguistico, da una lingua a un’altra lingua, noi ne abbiamo vissuto uno tra corpo e corpo. Chi recita porta una realtà del suo ordinario e, per quanto il tuo spettacolo vuole essere un omaggio alla scrittura e al teatro di Ionesco, c’è qualcosa di imprescindibilmente tuo e del tuo tempo. Qual è stato il tuo conflitto?

Io mi sono focalizzata più sui parallelismi che sul conflitto, ho fatto un altro tipo di percorso, ho cercato tutto ciò che in luirisuonava come punto in comune con la nostra realtà, seppur lui scrisse dopo una guerra, figlio di una delle cose più truci che ha vissuto la nostra umanità. Forse il conflitto è talmente quotidiano, quello che viviamo, che per me questo spettacolo è statoun’ancora, un’esigenza, l’ho creato e ci ho dato energia perché in un momento di tensione costante della vita quotidiana di ciascuno, nel fare qualsiasi cosa, non avevo questa necessità di esplorare un travaglio. È un viaggio sulle domande che uno si fa, per cui il conflitto è intrinseco all’opera stessa, ma non ho dato energia a questa dimensione. Per me il conflitto fa parte della vitalità, è un motore, io adoro la possibilità, il privilegio che si ha all’esterno di vedere due piani che vivono in parallelo, nello spettacolo succede spesso, puoi vederlo come un conflitto o puoi vederne la tessitura comune, ci sono entrambe le cose. Io tendo più all’armonia e forse lo spettacolo questa cosa la rispecchia.

Ionesco dice che <<il teatro è al rivelazione di qualcosa che era nascosto>>. Si porta sempre in scena l’uomo, quando ci si espone si mostra una parte che era stata nascosta. È una scelta tra ciò che riveli e ciò che decidi di tenere nascosto.

A me spaventa sempre dover spiegare, soprattutto Ionesco, perché spiegando si incorre nel pericolo di porre dei limiti. Sono moltovisiva, ho creato immagini. Figlia di un pittore, sono cresciuta con l’arte visiva, alla domanda che ponevo innanzi all’arte astratta di mio padre “cos’è?” lui rispondeva “quello che vedi”. Se ti dico cosa vedo io, tu che stavi vedendo qualcos’altro cadi nella preclusione della possibilità di vederlo.

Io ne esco. Critica sociale o dramma interiore?

Abbiamo tentato di fare quello che non siamo soliti fare. Non vuole essere una presa di posizione politica, ma una necessità di uscire dall’angoscia, da questo stato che questo periodo ci ha fagocitato.

Il rinoceronte di Ionesco andò in scena per la prima volta in Francia nel 1960. La sua era una denuncia alle ideologie totalitarie, che producono massificazioni e conformismo. Gli abitanti de Il rinoceronte si abbandonano passivamente alla metamorfosi da uomo ad animale. Qual è il rischio della nostra perdita? Quale soglia implica questa deriva?

Il pericolo è la disumanizzazione, che è intrinseca all’opera del rinoceronte. Abbiamo una costante necessità di identificare cosa sono le emozioni positive e cosa sono quelle negative, volendo a tutti i costi escludere quelle negative, manifestando sempre quelle positive e dichiarandole sui social, pensiamo che questo ci salvi, ci protegga e ci elevi, ma in realtà non è così, perché l’essere umano si unisce e cresce attraverso il dolore. Nel nostro caso credo che il pericolo sia una ricerca di sicurezza, abbiamo bisogno di essere rassicurati perché siamo spaventati, abbiamo mille motivi per esserlo.

Credo che il male, la violenza, sia una condizione naturale e il bene, il positivo, sia una chiave di lettura, una tendenza che si va a ricercare. Attribuendo quindi alla violenza un connotato naturale, è come se il teatro assumesse questa forza violenta, ha il potere di travolgere, finito lo spettacolo si torna a casa con una domanda o con una risposta e se è così è perché qualcosa si è smosso. E affinché qualcosa venga mossa, il teatro agisce una piccola violenza sul suo pubblico. Io ne escopuò reputarsi un atto violento?

Io spero che sia l’atto violento più efficace. Perché in questo momento l’atto violento con più risonanza è la delicatezza, siamo anestetizzati dalla violenza. Quello che vediamo non ci tocca più, non abbiamo bisogno di schiaffi, di parole pesanti… Nello spettacolo sono presenti queste componenti, ma sono impotenti in questo momento. Una persona che ti vuole parlare davvero, che ti vuole sfiorare davvero, questa è forse la cosa più violenta in questo momento.

Nel teatro di Ionesco è predominante l’aspetto del surreale. Nel tuo spettacolo, come hai affrontato questa soglia?

Il rapporto con il surreale nella nostra compagnia è sempre stato presente, spesso le nostre opere sono originali del tutto. Ionesco è una figura a cui noi ci siamo ispirati spesso e questa volta abbiamo provato a usare le sue di parole, in un linguaggio che anche se è nuovo, perché la regia spetta a me, quindi rivisitato sotto la mia visione, è in linea con il nostro modo di fare teatro. Ho lavorato sull’incastro di queste tre opere, poi ho scelto le persone, con un lungo lavoro di selezione, cercavo attori che mi piacessero. Vedere ad esempio Lidia Ferrari, una nostra ex allieva che si è staccata da noi e ha fatto altre esperienze, lavorando anche in Francia, superare tutti i livelli di selezione, è stato molto bello e gratificante. L’obiettivo è stato anche quelli di trovare persone che condividessero lo stesso desiderio e che fossero in grado di tradurre la mia visione, che è fatta di un aspetto fisico, sono tutti attori che hanno un grandissimo rapporto con il loro corpo, con la propria voce e che non sono attori marionette: quando abbiamo iniziato a lavorare, oltre a esplorarci reciprocamente, una volta che ho dato loro il testo e un reticolato, avevo davanti a me attori attivi, capaci di spazio sulla scena. Mi piace che le persone che abitano le immagini siano vere e vive e per esserlo devono essere attori molto percettivi, che sappiano sostenere questa verità e sono molto fiera di loro.

Regista donna. In questi tempi di rivoluzione e rivendicazione, la tua posizione potrà produrre una risonanza. Ma specificare che la regia è femminile può essere sia un atto di rivendicazione sia un sottolineare che tutt’oggi si debba ancora specificare che una donna può farlo.

Conosco uomini, a cui tra l’altro voglio anche bene, che dicono “a me piace la mia donna perché sa stare al suo posto. Quando ho sentito questa frase, mi sono detta “adesso credo che cambierò posto. Continuamente.

Per prenotare il tuo biglietto, cliccare il seguente link -> https://tinyurl.com/IoNeEsco

Dal 27 maggio al 5 giugno, presso il Cap10100, corso Moncalieri, 18, Torino

Per informazioni relative all’evento -> https://www.facebook.com/events/855651021696427?acontext=%7B%22event_action_history%22%3A[%7B%22mechanism%22%3A%22your_upcoming_events_unit%22%2C%22surface%22%3A%22bookmark%22%7D]%2C%22ref_notif_type%22%3Anull%7D

Coreografie: Valentina Gallo

Aiuto regia: Fabio Regis

Visione musicale: Leonardo Aloi

Scenografie: Massimo Voghera

Supervisione costumi: Giovanna Fiorentini

Supervisione illuminotecnica: Liliana Iadeluca

Realizzati dagli studenti dell’Accademia Albertina di belle arti di Torino:

Niccolò Bianchi – Giulia Bussetti – Veronica Cicirello – Maria Teresa Desario – Agnese FalcarinAsja Lanzetti – Sara Marenco– Cristina Sabato – Valeria Sapiere – Chiara TommasiniMengran Zhang

Mottarone, “attivato sostegno psicologico per i soccorritori”

La seduta del Consiglio regionale

Bandiere a mezz’asta nelle sedi della Regione

La Giunta regionale ha svolto una comunicazione sulla tragedia della funivia tra Stresa e Mottarone.

L’assessore alla Protezione civile, Marco Gabusi, ha spiegato che “quando abbiamo ricevuto i primi messaggi domenica mattina speravamo non ci fossero vittime, ma la speranza si è spenta nel corso di pochi minuti. I soccorsi sono arrivati sul posto in 25 minuti e purtroppo il numero dei dispersi si è rapidamente azzerato trasformandosi in vittime, con due bambini sopravvissuti, di cui uno non ce l’ha fatta. Con il presidente Cirio e il vicepresidente Carosso ci siamo recati subito sul posto, preceduti dalla Protezione civile arrivata prontamente con le Forze dell’Ordine, i Vigili del Fuoco, il Soccorso Alpino e il soccorso infermieristico”.

“Ci siamo trovati di fronte tutte le vittime pronte per essere portate via – ha aggiunto l’assessore -. Non è servito chiedere nulla: le risposte erano tutte negli occhi dei primi soccorritori e nei racconti di chi mentre estraeva i corpi senza vita, sentiva ancora suonare i cellulari delle vittime”.

L’assessore ha ringraziato tutto il sistema di soccorso: almeno 50 volontari della Protezione civile, 20 del Soccorso alpino e un gran numero di Vigili del fuoco, oltre ai Carabinieri attivi nella protezione dell’area. “Il sistema, come ha riconosciuto anche il capo Dipartimento della Protezione civile, – ha proseguito Gabusi – ha funzionato, ma è una magra consolazione che questa volta preferiremmo non avere. Abbiamo attivato un supporto psicologico anche per i soccorritori perché per loro non sarà facile superare ciò che hanno visto. Il ministro Giovannini, venuto con noi sul posto lunedì, ha istituito una Commissione per comprendere come sia possibile migliorare la sicurezza degli impianti e da parte nostra c’è la massima disponibilità nel lavorare insieme. Abbiamo chiesto attraverso il ministro Giovannini di modificare il programma del Giro d’Italia evitando la salita al Mottarone per rispetto delle vittime e per che scongiurare che qualche curioso possa inopportunamente andare sul luogo della tragedia. Abbiamo inoltre chiesto all’organizzazione del Giro di dare un segnale di cordoglio alla partenza di Verbania.

L’assessore al Patrimonio, Andrea Tronzano, nel suo intervento ha spiegato che la legge regionale 15 del 1997 ha sancito il trasferimento della proprietà della funivia Stresa-Mottarone dalla Regione Piemonte al Comune di Stresa. Nel 2014 è stato siglato un Accordo di programma promosso dal Comune di Stresa, attraverso il quale la Regione Piemonte ha stanziato 1.750.000 euro per gli interventi di ammodernamento e revisione dell’impianto, con una compartecipazione anche da parte del Comune di un milione di euro. Sempre nel 2014 è stata siglata anche la convenzione tra Scr e il Comune di Stresa che individua nel Comune l’amministrazione “concedente” per la gara d’appalto di gestione dell’impianto ed esecuzione dei lavori. Essendo andata deserta la prima gara, nel 2015 il Consiglio comunale di Stresa ha approvato i nuovi indirizzi, incluso la durata della concessione fino al 2028 e un incremento della propria compartecipazione economica che è salita a 1.860.000 euro. Nel capitolato d’oneri di gara è stato specificato che, al termine del periodo di concessione, l’impianto con le opere e gli immobili ritorneranno nella materiale disponibilità del Comune di Stresa. La proprietà quindi è attribuita per legge al Comune di Stresa. La trascrizione nei registri catastali non è ancora stata finalizzata a causa di alcuni contenziosi. La Regione ha recentemente, nel mese di marzo, sollecitato nuovamente il Comune di Stresa a perfezionare gli ultimi atti.

Dopo gli assessori sono intervenuti i consiglieri Domenico Rossi (Pd) e Alberto Preioni (Lega)

Rossi ha parlato di una “ferita enorme per tutta la comunità e per l’Italia intera. Ogni mezzo d’informazione parla di questa tragedia. Da novarese il Mottarone è una montagna anche simbolo delle giornate in famiglia e della gita fuori porta. Il cordoglio va ai familiari delle vittime. Dobbiamo lavorare instancabilmente per mettere in sicurezza le infrastrutture, dobbiamo moltiplicare gli sforzi per un paese più sicuro”.

Preioni come “unico rappresentante regionale del Vco”, ha voluto ringraziare i soccorritori, “tifiamo tutti per il piccolo Eitan (unico sopravvissuto), che possa farcela, un fiore di vita e di speranza in una tragedia così immane, un abbraccio alle vittime italiane e israeliane. Israele è storicamente legato a Stresa. Chiediamo che nei tempi giusti queste famiglie israeliane e italiane possono avere verità e giustizia”.