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Intel nel futuro di Torino: incontro a Roma il 3 agosto

Un dossier al Mise fa riferimento ad una possibile apertura a Mirafiori di una seconda fabbrica di semiconduttori in Europa da parte del colosso dell’elettronica Intel

L’azienda sta però valutando anche una zona a ovest di Monaco, anche se l’ad Pat Gelsinger ha già incontrato il governo italiano. Se ne è parlato nell’incontro che il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, e la sindaca di Torino, Chiara Appendino, hanno avuto a Roma martedì con il premier Draghi.   Questo sarà uno dei temi legati al futuro industriale del Piemonte che saranno affrontati dalle istituzioni piemontesi con il ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti. È a lui che  il presidente del Consiglio ha affidato il compito di studiare il piano per Torino e il Piemonte. Il primo incontro si terrà  martedì 3 agosto a Roma e forse sarà presente anche una delegazione di industriali e dei sindacati.

I teatri torinesi: Teatro Gobetti

Torino e i suoi teatri

1 Storia del Teatro: il mondo antico
2 Storia del Teatro: il Medioevo e i teatri itineranti
3 Storia del Teatro: dal Rinascimento ai giorni nostri
4 I teatri torinesi: Teatro Gobetti
5 I teatri torinesi :Teatro Carignano
6 I teatri torinesi :Teatro Colosseo
7 I teatri torinesi :Teatro Alfieri
8 I teatri torinesi :Teatro Macario
9 Il fascino dell’Opera lirica
10 Il Teatro Regio.

4 I teatri torinesi: Teatro Gobetti

La storia del Teatro Gobetti è una storia a “matrioska”, la sua stessa vicenda continene al suo interno almeno altre due narrazioni, inscrivibili ad essa ma di pari importanza. Manteniamo dunque la metafora del tipico “souvenir” russo: la forma più esterna rappresenta la vicenda dell’Accademia Filodrammatica di Torino, a cui si deve la costruzione dell’edificio, la bambolina mediana invece costituisce le attività del Teatro Stabile, di cui il Teatro Gobetti diventa sede ufficiale a partire dagli anni Cinquanta e, infine, il guscio più piccolo e interno è il corrispettivo di un aneddoto sonoro che tange entrambi i contesti appena accennati: è proprio in questo palazzo che è avvenuta la prima esecuzione assoluta del “Canto degli Italiani”, meglio conosciuto come “Inno di Mameli” o “Fratelli d’Italia”, nel novembre del 1847. Approfondiamo dunque questa storia “a cipolla” e iniziamo a sbucciare dall’esterno le vicende, affrontandole una alla volta, senza fretta e senza perder tempo. Tutto inizia nel 1828, quando nasce l’Accademia Filodrammatica di Torino, un’associazione amatoriale di appassionati di arte teatrale; il gruppo decide di utilizzare come propria sede una sala di “Palazzo Pallenzo” – situato nell’attuale via Alfieri- in questo luogo si tengono dibattiti e rappresentazioni teatrali riservate ad un pubblico assai ristretto.
Qualche anno più tardi risulta necessario cambiare sede, così i membri dell’associazione acquistano un terreno in quella che all’epoca era chiamata “Contrada della Posta” – attuale via Rossini- non lontano dai Giardini Reali, e incaricano l’architetto Barnaba Panizza di progettare un edificio da far sorgere proprio in quella zona.

A dirigere i lavori subentra il ticinese Giuseppe Leoni, anche lui abile architetto e membro stesso dell’Accademia. Ci vogliono due anni per ultimare il progetto; nel 1842 il teatro inaugura l’apertura ufficiale, all’evento partecipa anche il principe Vittorio Emanuele II e per l’occasione si eseguono “La Pia dei Tolomei”, tragedia di Carlo Marenco -anche lui membro dell’associazione Filodrammatica- e la commedia di Eugène Scribe, titolata “Una visita a Bedlam”. Il palazzo progettato da Leoni è di stile neoclassico; l’edificio presenta delle proporzioni peculiari, dovute alla specifica conformazione del terreno su cui sorge, originariamente destinato ad accogliere un campo da gioco per la pallacorda.
La facciata dell’immobile di tre piani è costituita da un basamento con tre ingressi, su cui poggiano sei lesene scanalate di ordine corinzio, che si alternano a cinque finestre sormontate da timpani, di cui tre balaustrate in marmo. All’ultimo piano vi era un’incisione ormai non più visibile riportante il nome dell’ “Accademia Filodrammatica”.
Il palazzo era senza dubbio sontuoso ed elegante, così come riporta Pietro Visetti, che descrive il salone riservato all’accoglienza come una “graziosa saletta ottagona appositamente costruita per servire da camera d’aspetto”; Visetti racconta anche di un vestibolo ellittico da cui partiva una importante scala che si collegava al piano superiore, dove c’erano la sala per gli spettacoli e gli spazi di servizio; egli si sofferma anche sul “maestoso proscenio, sorretto da quattro colonne scanalate”, nonchè sul soffitto a cassettoni decorati con “eleganti emblemi musicali rappresentati sui binari di fianco”.

Leoni dunque è stato assai abile nel ricavare da locali decisamente angusti un edificio “impeccabile nella classicità delle proporzioni”.
La compagnia dell’Accademia Filodrammatica si scioglie negli anni Sessanta dell’Ottocento. L’edificio rimane prima inutilizzato, successivamente passa sotto l’amministrazione cittadina, che ne adibisce i locali per le aule del Liceo Musicale, infine, nel 1928, diviene “Casa del soldato”, ossia un centro d’accoglienza e conforto per i militari di stanza in città.
È solo nel secondo dopoguerra che la struttura ritorna alla sua funzione originaria di “teatro”, a seguito della decisione del Comune di dedicare l’edificio al critico e intellettuale antifascista Piero Gobetti.L’inaugurazione del “Teatro Gobetti” ha luogo il 22 dicembre 1945, con la rappresentazione della commedia di Vittorio Bersezio “Le miserie ‘d Monsù Travet”.
A settembre dello stesso anno il Comune affida il teatro a un’associazione formata dal “Piccolo Teatro Eleonora Duse” di Genova e da una compagine cittadina, il gruppo prende il nome di “Piccolo Teatro di Genova e Torino”. A metà degli anni Cinquanta l’edificio è indicato come sede ufficiale del “Piccolo Teatro della Città di Torino”. Per tale occasione viene messa in scena la commedia goldoniana “Gl’innamorati”, affiancata dall’atto unico di Alfred De Musset “Non si può pensare a tutti”.
Il tempo non si arresta, neanche per i fabbricati, così nel 1956 sono necessari diversi interventi di manutenzione. Le modifiche però non sono sufficienti e negli anni Ottanta la struttura non risulta idonea alle norme di sicurezza, il teatro deve dunque affrontare un altro lungo periodo di chiusura.

Solo negli anni Novanta lo stabile viene riaperto, grazie allo stanziamento di diversi fondi approvato dalla giunta comunale; in questi anni sono gli architetti Luigi e Maria De Abate a seguire il cantiere, ultimato solo nel 2001. Questa volta è una commedia di Pirandello, “La ragione degli altri”, a sancire l’inagurazione, (18 aprile 2001). Lo spettacolo è prodotto dalla compagnia del Teatro Stabile di Torino, in collaborazione con il Teatro Stabile dell’Umbria. Nel 2016 proseguono i lavori di restauro, dell’atrio e della “hall”, affidati allo “Studio De Ferrari”.
Ed ecco che senza quasi accorgercene abbiamo cambiato “strato”. Dovremmo dunque trattare ora delle vicende del Teatro Stabile di Torino, che surclassa il Piccolo Teatro nel 1957, dopo la prima vera restaurazione del palazzo. Il Teatro Stabile di Torino è tra i principali enti di produzione e ospitalità per il teatro di prosa a livello italiano ed europeo.
Mi risulta tuttavia rischioso dedicare un intero paragrafo alle vicissitudini dello Stabile, perchè finirei per trascrivere un lunghissimo e monotono elenco di nomi altisonanti che si succedono nelle varie epoche, a partire da Nico Pepe e Gianfranco De Bosio, che dirigono le stagioni teatrali tra gli anni Cinquanta e Sessanta, passando per il turbolento Sessantotto, in cui il nome di riferimento è Giuseppe Bartolucci, per arrivare poi a tempi più recenti, dove è opportuno citare la direzione di Luca Ronconi che, tra i vari allestimenti memorabili, propone una versione “tutta sua” de “Gli ultimi giorni dell’umanità” di Karl Kraus, allestita nella Sala Presse dello stabilimento dismesso di Fiat Lingotto. Non mi dilungherei su questa via dunque, ma prima di arrivare al “nocciolo interno”, tengo a ricordare ancora l’essenziale contributo di Guido Davico Bonino al quale succede Gabriele Lavia. A partire dal 2018 la direzione artistica è affidata a Valerio Binasco.
Siamo così arrivati alla “matrioska” più interna, cuore del metaforico “souvenir”, ma anche del presente articolo. Ho detto fin da subito che un evento particolare contraddistingue le vicissitudini del Tetaro Gobetti e di conseguenza del Teatro Stabile: il teatro, inteso come struttura, è stato sede, nel novembre del 1847, della prima esecuzione assoluta del “Canto degli Italiani”, composto da Goffredo Mameli (Genova,1827-Roma,1849) e musicato dal genovese Michele Novaro, secondo tenore e maestro dei cori dei teatri Regio e Carignano.

Il testo di quello che diventerà “il nostro inno” viene scritto da un giovane Goffredo, sul finire degli anni Quaranta dell’Ottoscento; egli è all’epoca uno studente appassionato ma sopratuttutto un fervente patriota. Le strofe del canto infatti sono pregne non solo dei suoi ideali, ma anche del generale patriottismo diffuso che preannuncia i moti del 1848 e lo scoppio della Prima Guerra di Indipendenza (1848-1849). Il giovine Mameli vuole inizialmente adattare il suo testo a qualche musica già esistente, tuttavia non trova soddisfazione in questi suoi tentativi, così prova a inviare il lavoro a Michele Novaro, il quale ne è subito conquistato e –come alcuni raccontano – si mette a musicarlo la sera stessa in cui gli è arrivato il celebre testo.
Sono sicura che, mentre state leggendo queste righe, già un po’ state canticchiando, magari anche perchè siamo tutti “freschi di ripasso” dopo gli Europei appena terminati.
Mi fa piacere allora continuare a fischiettare il motivo insieme a voi, provando però a rispolverare il significato del testo, specie di quelle parti meno note, perchè generalmente non vengono eseguite. Mano sul cuore e… “Fratelli d’Italia/ L’Italia s’è desta/ dell’elmo di Scipio/ s’è cinta la testa”. Goffredo qui propone un richiamo metaforico alla seconda guerra punica, quando Publio Cornelio Scipione, detto l’Africano (253-183 a. C.), sconfisse a Zama (202 a.C.) i Cartaginesi guidati da Annibale, il senso è che l’Italia è ormai pronta alla guerra d’indipendenza contro l’Austria.
Proseguiamo, nella seconda strofa si incita la dea Vittoria – immaginata come una bellissima donna dai lunghi capelli – a “porgere la chioma”, il simbolico gesto richiama l’usanza di tagliare i capelli alle schiave in segno di sottomissione, ma in questa quartina Mameli suggerische che nessuno potrà privare la dea dei suoi capelli, nè l’Italia della sua vittoria.
Si parla poi di “coorte”, cioè un’unità di combattimento dell’esercito romano, esattamente la decima parte di una legione. È questa una vera e propria esortazione a impugnare le armi e allontanare l’oppressore straniero.

Nelle successive strofe si legge “Perchè non siam popolo/ perchè siam divisi”, verso che a suon di contrasti con le frasi successive sottolinea il desiderio tutto mazziniano, strenuamente condiviso anche da Goffredo, di unire i sette Stati in favore di una sola repubblica italiana. In altre strofe ancora meno conosciute, si accenna a degli episodi militari, alla battaglia di Legnano (1176) e alla coraggiosa difesa della Repubblica di Firenze che, tra il 12 ottobre del 1529 e il 12 agosto del 1530, viene assediata dall’esercito imperiale di Carlo V d’Asburgo.
Vi è anche la parola “Balilla” (“I bimbi d’Italia/ si chiaman Balilla”) nel nostro inno, ma l’attuale sentore di “politically correct” non ci fa arrivare a tale punto del canto, nè ci permette di capirne il significato. Balilla è il soprannome del mitico fanciullo genovese – probabilmente un certo Giambattista Perasso – che nel dicembre 1746 scaglia la prima pietra contro gli ufficiali della coalizione austro-piemontese, dando così avvio alla rivolta che porta alla liberazione della città. Siamo quasi giunti alla fine, siamo al “suon d’ogni squilla”, ossia di ogni campana; Mameli vuole qui richiamare l’episodio dei “Vespri Siciliani”, quando, il 31 marzo 1282, il lunedì di Pasqua, tutte le campane di Palermo si misero a suonare per incitare il popolo a insorgere contro i francesi.
Chiudiamo infine: “Stringiamci a coorte/ Siam pronti alla morte/ L’Italia chiamò.” Un ultimo invito a combattere, a dare il colpo di grazia all’ “aquila bicipite” degli Asburgo, un incitamento per i popoli oppressi a liberarsi dagli oppressori, gli Italiani dal giogo austriaco, come pure i Polacchi da quello russo (il “cosacco”).
Possiamo ora toglierci la mano dal cuore, felici e fieri di aver cantato fianco a fianco il nostro inno, che sempre ci rende orgogliosi e ci convince fermamente che, parafrasando il detto dazegliano, “oltre ad aver fatto l’Italia abbiamo anche fatto gli italiani”.

Alessia Cagnotto

 

 

 

 

Shopping illegale di abiti e intimo: arrestate

Shopping illegale

Arrestate in due dagli agenti del Commissariato Centro

 

Due cittadine albanesi di 56 e 49 anni sono state arrestate dagli agenti del Commissariato Centro per un furto perpetrato domenica pomeriggio in un centro commerciale di via Lagrange.

Le donne sono state viste armeggiare all’interno dell’esercizio, fatto che ha destato i sospetti del personale del negozio che hanno allertato la polizia. Gli agenti del Commissariato Centro intervenuti hanno appurato che le due cittadine straniere si erano impossessate di diversi capi di abbigliamento e di intimo e di alcuni prodotti alimentari per un valore complessivo prossimo ai 300 euro.

Una delle due arrestate è stata trovata in possesso di due forbici e una pinza.

Tre medaglie per l’Aquatica Torino ai campionati di salvamento

OTTIMI RISULTATI ANCHE NELLE ALTRE DISCIPLINE

 

Dal nuoto per salvamento fino al nuoto sincronizzato, passando per tante altre discipline. Nell’ultima settimana, l’Aquatica Torino è stata impegnata su più fronti, togliendosi numerose soddisfazioni.

A cominciare da Roma, dove si sono disputati i Campionati Italiani di Categoria di nuoto per salvamento. Tre le medaglie conquistate, arrivate tutte nella categoria senior. Rossella Fimiani ha vinto il bronzo nei 100 metri manichino pinne torpedo. Stesso colore anche per la medaglia vinta da Cristina Leanza, giunta terza nella 50 m trasporto manichino. Infine un podio è arrivato anche dai maschi, grazie a Simone Re, che ha concluso al terzo posto i 200 m con ostacoli.

 

Soddisfazioni anche dal triathlon, grazie al bel terzo posto di Kiril Polikarpenko nella competizione triathlon sprint del Barbarossa, che si è disputata a Lodi. Altra terza piazza anche nell’aquathlon, grazie a Edoardo Azario, nella competizione regionale che si è svolta ad Asti.

 

Le atlete del nuoto sincronizzato sono state impegnate al Campionato Italiano Estivo Juniores di Roma. Ottava posizione per Elisa Mattio e Cristina Sartore nel duo. 53ª per Martina Faccio negli obbligatori. Un risultato buono, se si considera che è stata la sesta 2007, in una gara alla quale hanno partecipato anche le 2003. I tecnici sono stati poi soddisfatti per la prestazione della “combo”, in quanto da poco le ragazze hanno iniziato a lavorare su questa gara. Il risultato finale viene quindi considerato una base da cui partire.

 

Infine, nell’ultima settimana, l’Aquatica ha ricevuto belle notizie anche dal nuoto master. Sono infatti uscite le classifiche dei Campionati Italiani che si sono svolti su base regionale. Sei le medaglie vinte: un oro e un argento con Raffaella Previtera nei 50 e 100 dorso m45; un oro con Stefano Cipriani nei 200 delfino m25; un argento con Matteo Debernardi nei 100 rana m25; un argento con Roberta Rigault nei 200 stile m40; il bronzo di Ilaria Bichi nei 50 dorso categoria m35

Alle Poste in pochi minuti i documenti per l’Isee

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Bastano pochi minuti per ricevere la documentazione necessaria per richiedere l’ISEE o la consistenza patrimoniale direttamente al proprio indirizzo mail certificato.

Da oggi l’innovativo servizio è disponibile anche per i cittadini di Torino grazie all’Assistente Digitale “Poste”.

Richiedere il rendiconto annuale dei prodotti finanziari e assicurativi di Poste Italiane è semplice e veloce: il cliente registrato e con mail associata potrà contattare, dal numero telefonico certificato, il voicebot al numero verde 800.00.33.22 oppure, dopo aver effettuato l’accesso all’area riservata, utilizzare il chatbot presente sui siti internet www.poste.it e www.postepay.it.

A questo punto, specificando l’anno di riferimento, sarà possibile richiedere la tipologia di certificazione che si vuole ricevere scegliendo tra documentazione ISEE o consistenze patrimoniali.

Poste Italiane fornirà all’indirizzo mail certificato, un unico documento contenente tutte le informazioni relative ai prodotti posseduti come ad esempio conti correnti BancoPosta, Libretti di Risparmio, Buoni Fruttiferi Postali, Carte PostePay, Fondi di Investimento e Polizze Assicurative.

L’Assistente Digitale “Poste”, disponibile 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 inclusi i festivi, è un’intelligenza artificiale rappresentata da un “faccino” giallo-blu in grado di indirizzare le esigenze dei clienti di Poste Italiane.

“Poste” è in grado di fornire informazioni, come il saldo e la lista movimenti del proprio conto corrente, bloccare la carta o ancora richiedere il duplicato del PIN e altro ancora.

Per richiamare “Poste” sui siti internet www.poste.it e www.postepay.it è sufficiente cliccare sull’apposito “oblò” in basso a destra nelle pagine.

Nel caso in cui l’Assistente digitale non sia in grado di trovare la soluzione, provvederà automaticamente a mettere in contatto il cliente con un operatore.

L’Associazione Pannella scrive ai candidati sindaco

ROVASIO E BARBARO: PRONTI A INTERLOCUZIONE SU TEMI SPECIFICI

Lettera aperta ai candidati Sindaco di Torino

Le elezioni per rinnovare il Sindaco e il Consiglio Comunale sono alle porte.
L’associazione Marco Pannella di Torino e il Partito Radicale da sempre si battono per difendere lo Stato di diritto e per la promozione dei Diritti Civili e Umani. Torino è sempre stata una città all’avanguardia su questi temi ed è anche per questo che siamo sempre riusciti a coinvolgere esponenti politici dei diversi schieramenti e Istituzioni locali in difesa delle persone più bisognose con incontri, iniziative, dibattiti. Abbiamo promosso diverse iniziative nonviolente compresi scioperi della fame che hanno visto coinvolti molti attivisti che hanno a cuore i temi della legalità e per il rispetto di ogni persona.

Chiediamo ai Candidati Sindaci e ai candidati al Consiglio Comunale di impegnarsi da subito sui seguenti temi:

– promozione e rispetto dei diritti civili e democratici che rendano viva la Costituzione Italiana in ogni suo aspetto;

– impegno sul mondo del carcere troppo spesso abbandonato da parte della classe politica con iniziative di aiuto e di assistenza con valorizzazione e promozione dell’attività di volontariato;

– lotta alla violenza e alla delinquenza prodotte da ogni forma di proibizionismo: studio di un nuovo approccio che avvii nuove politiche di dialogo, informazione, assistenza e aiuto con anche il coinvolgimento di associazioni, organizzazioni e operatori specializzati;

– trasparenza mediante riforme quali l’anagrafe pubblica degli eletti, trasparenza delle attività concernenti i servizi pubblici e maggiore sensibilità verso i cittadini;

– promozione e rilancio della Riforma democratica delle città metropolitane secondo lo spirito originario previsto negli anni novanta.

Siamo disponibili ad ogni interlocuzione utile per cercare di porre la nostra città al centro di un cambiamento necessario per la transizione verso lo stato di diritto democratico federalista laico.
Intendiamo dare una mano e dialogare con chi vorrà farlo anche per aiutare il futuro Sindaco e il futuro Consiglio Comunale nel difficile percorso che lo attende.

Sergio Rovasio

Presidente dell’Associazione Marco Pannella di Torino

Membro del Consiglio Generale del Partito Radicale

Mario Barbaro

Coordinatore dell’Associazione Marco Pannella di Torino

Membro della Segreteria del Partito Radicale

“L’orto fascista” Romanzo / 7

ERNESTO MASINA

L’Orto Fascista

Romanzo

PIETRO MACCHIONE EDITORE

 

In copertina:
Breno, Piazza Generale Ronchi, già Piazza del Mercato, fotografia d’epoca.

 

 

XXIII

Quella porta semiaperta era un invito palese. Forte della propria certezza, la aprì completamente e, senza bussare, entrò nella stanza. Franz se ne stava seduto sul bordo del letto con l’ampio torace scoperto, di un biancore mai visto. Portava solo un paio di boxer e, stranamente, un paio di cortissime calze bianche tendenti al rosa, quasi da bambina. Benedetta trovò così strane quelle calzine a ricoprire i due piedoni enormi, abituati a calzare scarponi o stivali, da non riuscire a distoglierne gli occhi. Chiusa la porta, era rimasta ferma in piedi in mezzo alla stanza senza sapere come comportarsi. Franz, dopo aver- le sorriso, si era alzato dal letto e le si era avvicinato. Le aveva preso la mano destra tra le sue e se l’era portata lentamente alle labbra per un breve bacio.
Benedetta ne era rimasta sconvolta. Mai in tutta la sua vita aveva ricevuto un gesto di affetto e di considerazione alla sua persona come quel semplice baciamano. Si era commossa al punto che, per riconoscenza, stava per buttare le braccia al collo dell’uomo. Ma, questi, forse vergognandosi del gesto affettuoso che aveva fatto, si era bruscamente girato ed era ritornato a sedersi sul letto.
Imbambolata Benedetta lo guardò: era uno sguardo di gratitudine ma anche di disagio: cosa doveva fare?
Franz le venne ancora una volta in aiuto. Sorrise nuovamente e le tese le braccia. Benedetta allora si tolse il vesti- to rimanendo nuda. Non sarebbe mai riuscita a spiegarsi come avesse potuto compiere quel gesto, per lei così spregiudicato, con tanta naturalezza. Poi si avvicinò al letto.

 

XXIV

I trenta metri circa che lo separavano dall’obbiettivo gli sembrarono interminabili, quasi dovesse percorrere una distanza superiore a quella del pratone della Concarena con le roccette che portano in vetta. Appaiono sempre a portata di mano ma non ci si arriva mai. Camminava il più velocemente possibile, piegato in due per limitare la sua visibilità. Finalmente arrivò a toccare la parte posteriore dell’auto. Si sdraiò a terra, sistemò i due candelotti con le parti terminali delle micce annodate tra loro. Mentre prima era nervoso ed eccitato, ora erano sopraggiunte calma e tranquillità. Avvicinò l’accendino, con un gesto deciso l’accese e die- de fuoco alle due cordicelle impregnate di resina.

 

XXV

I suoi grossi seni erano giusto all’altezza del viso di Franz. Lui vi affondò la testa, irritando leggermente la pelle delicata con i suoi ispidi baffi. Poi le posò le due mani sulle natiche attirandola a sé. Le baciò il seno, prese in bocca un capezzolo succhiandolo dolcemente. Fece lo stesso con l’altro seno. Le mani intanto scendevano verso il basso ad accarezzare l’interno delle cosce.
Per Benedetta erano tutte sensazioni ed esperienze nuove: mai il suo corpo aveva ricevuto delle attenzioni così delicate, almeno per quanto lei si ricordasse. La mano di lui andò a cercare la mano della donna e la accompagnò verso il suo membro, ormai eretto, tenendola sino a quanto lei non lo avvolse con la sua mano. Poi ritornò ad accarezzarle le cosce e infine le grandi labbra.
Per tutti e due il tempo sembrò fermarsi. Benedetta, che aveva temuto un brutale assalto da parte di Franz, ed il tedesco, che temeva volgarità nel comportamento della donna, si ritrovarono a vivere quel momento magico che solo i ragazzi vivono ai primi approcci al sesso.

 

 

XXVI

Il violento scoppio li richiamò brutalmente alla realtà. Lo spostamento d’aria provocato dall’esplosione aveva spalancato la finestra della stanza e tutti vetri erano andati in frantumi. Come un colpo di vento aveva scompigliato i capelli a Benedetta e a Franz. Entrambi rimasero per molti secondi immobili, forse rifiutando di vivere una dimensione differente da quella che erano riusciti a creare con la delicatezza, quasi la dolcezza, dei pochi minuti che avevano passato insieme. Poi Franz spostò bruscamente Benedetta e si precipitò alla finestra, imprecando contro una scheggia di vetro che gli era penetrata in un piede. Quando si affacciò sulla piazza rimase in silenzio, rifiutando di accettare quello che stava vedendo. La piccola auto di servizio era stata scoperchiata dalla violenta esplosione e lasciava vedere l’interno dell’abita- colo che era, ad eccezione dei sedili anteriori, completa- mente vuoto. Sopra la portiera destra, che si era staccata dalla carrozzeria ed era caduta a terra, Franz notò qualcosa ricoperto da una stoffa grigio verde che comprese essere la gamba di un uomo. Il resto del corpo, con la testa completamente ricoperta di sangue, quasi staccata dal collo ed in una posizione innaturale, era a qualche metro di distanza da quello che era rimasto della vettura.“BERND!” urlò Franz. “BERND!” ripeté con voce stra- volta. “NEIN! MEIN GOT! NEIN!” Si girò verso Benedetta con occhi iniettati di sangue. “Scheusliche hure du hast das attentat organisiert” – Brutta puttana tu hai organizzato l’attentato – gridò e poi “Brutta puttana, tu attentato, io te fucilare!” Intanto si era infilato i pantaloni della divisa e una ma- glia bianca. Con un piede che gli sanguinava uscì di corsa dalla stanza. “Achtung, achtung, kameraten, kommt, kommt, es ist was fuerchterliches passiert!” – Attenzione, attenzione, camerati, venite, è successo qualcosa di terribile! – urlava intanto il tedesco correndo nel corridoio verso le scale. Benedetta, inebetita, non riusciva a rendersi conto di cosa potesse essere accaduto. Era rimasta ferma appoggiata al muro dove Franz l’aveva spinta quando era corso alla finestra. Lo sguardo stravolto del tedesco l’aveva terrorizzata e nella sua mente continuava a rimuginare le uniche parole che le erano rimaste impresse: “Io te fucilare!”

 

XXVII

Lo spostamento d’aria creato dalla forte deflagrazione lo investì quando ancora non aveva raggiunto l’androne e per poco non lo fece cadere a terra. Continuò la corsa senza voltarsi indietro.
Poco dopo udì i vetri delle finestre che, andati in frantu- mi, cadevano sull’acciottolato e una voce, con l’odiato accento tedesco, che urlava parole incomprensibili.

 

 

XXVIII

Don Arlocchi aveva appena terminato la messa delle sei. Cominciava a far freddo alla mattina presto, e le vecchiette che intervenivano alla celebrazione mattutina erano ormai solo una dozzina. Col passare delle setti- mane, quando il freddo si sarebbe fatto pungente, il numero non avrebbe superato le sei, sette. Le irriducibili, le chiamava il buon prete. Don Pompeo Cappelletti aveva pensato di abolire quella messa nel periodo invernale, ma le vecchiette si erano ribellate a questa ipotesi. Tanto avevano urlato contro il Parroco che lui aveva dovuto rinunciare al suo proposi- to. La pretesa era tanto più assurda perché le donne, quando rientravano a casa verso le sette, passavano il resto della mattina al freddo, senza qualcosa di concreto da combinare se non rigovernare la casa. Erano, per lo più, vedove e convivevano solo con la loro solitudine. Don Arlocchi stava togliendosi i paramenti pregustando il ritorno nella sua povera casa, dove avrebbe però trovato un caffellatte ben caldo, con i biscotti che la sua vecchia perpetua gli preparava freschi ogni due giorni. Era il momento migliore di tutta la giornata e quel piccolo peccato di gola si ripeteva tutte le mattine alle sette, perché lui, da anni, era stato incaricato di officiare la prima messa. Con fastidio il prete si accorse che qualcuno, senza far rumore, si era introdotto in sagrestia. Miope com’era, vedeva solo la sagoma di una persona intabarrata. – Un uomo in chiesa a quest’ora? Chi può essere? – pensò. “Vieni avanti, figliuolo. Chi sei?” disse per sollecitare l’intruso vedendo, con la mente, la tazza di caffellatte che iniziava a raffreddarsi sul tavolo della cucina. L’uomo si avvicinò guardando dalla porta della sagrestia la chiesa per sincerarsi che il Silestrini, che faceva da sacrista ed aveva servito la messa, avesse spento le candele e se ne fosse andato.

“Ah, ma sei il Russì!” esclamò il prete. “Quanto tempo è passato dall’ultima volta che ti ho visto in chiesa? Vediamo, vediamo… forse dal funerale della tua mamma. Una decina di anni fa. Se sei venuto per denunciare i tuoi innumerevoli peccati torna più tardi perché ce ne vorrà di tempo e io adesso ho… un impegno” disse e pensò – col mio caffellatte. –
“Non posso aspettare, padre” rispose il Russì con voce triste e deferente. “Ho ammazzato un uomo”. Don Arlocchi, nonostante la stazza e l’età, a quelle paro- le fece un salto. La stola, che stava piegando, gli cadde a terra e il Russì corse a raccoglierla. “Tu hai cosa? Tu sei impazzito. Io non capisco, o mi prendi in giro o… o… vade retro Satana!” e si fece più volte il segno della croce. Ma dallo sguardo dell’uomo capì che stava dicendo la verità. Poi riprese: “Senti, qui non possiamo stare, neanche in confessionale e poi, poi io non voglio sapere… soprattutto se è un delitto politico. Io, io… come faccio ad entrarci e poi, poi… non posso mica darti subito l’assoluzione. Io devo consultare il diritto canonico, mica si fa così a dare l’assoluzione come se avessi rubato un cucchiaio di marmellata. Io non so, non mi è mai capitato. Devo chiedere lumi. Cominciamo a dire un Pater noster insieme che magari ci schiariamo le idee. In ginocchio, però. In ginocchio. Oh Maria Vergine ora pro nobis! Ma guarda te se alla mia età doveva capitarmi una cosa del genere, a me che non mi è mai capitata. Preghiamo, dai preghiamo”. E cominciò a recitare il Padre nostro. Quando finì la preghiera, il prete era più confuso e inquieto di prima. Prese il Russì per un braccio, lo condusse fuori della sagrestia, chiuse la porta a doppia mandata e si diresse verso casa.
Qui arrivato, fece accomodare l’uomo nel suo piccolo studio e si diresse in cucina. In tre sorsi finì il caffellatte, che era diventato tiepido, sgranocchiò un biscotto e tornò nello studiolo.
“Dunque, vediamo un po’, torniamo da capo, come se ci incontrassimo adesso. Allora tu arrivi da me e mi dici: ‘Mi voglio confessare’. Io allora mi metto la stola, ah già la stola, la stola l’ho lasciata in sagrestia… beh Signore, perdonaci per questa volta, tu che perdoni sempre”. Questa frase gli era scappata, ma sperava che il penitente non la prendesse buona per lui. Gesù avrebbe perdo- nato, ma prima quell’assassino doveva dimostrare di essersi pentito. “Andiamo avanti senza stola, che speriamo vada bene lo stesso. Mi fai fare certe cose tu che mai ho fatto. Allora tu cominci a confessarti. Guarda che non è mica neces- sario che tu mi dica dove, come e quando… che io da queste cose voglio restare fuori. E neanche perché. Tanto tu di giustificazioni non ne hai di sicuro!”
“E invece sì” intervenne il Russì. “Io non avevo nessuna intenzione di uccidere. Io volevo solo dare una lezione ai tedeschi facendo saltare in alto la loro vettura. Mica potevo sapere che all’interno ci dormiva uno di loro”. “Aspetta, aspetta. Tu vuoi dire che non sapevi di uccide- re? Attento non dire falsa testimonianza durante una confessione, che la cosa diventa ancora più grave! Tu devi guardare dentro la tua coscienza e devi dire assolutamente la verità. E poi sei pentito di quello che hai fatto? Pensaci bene prima di rispondere!”

“Se è per quello sono più incazzato che pentito. Certo che mi spiace che quel ragazzo sia finito a pezzi, ma io mica volevo farlo. Come si fa a essere pentiti di una cosa che non si voleva fare e che è capitata per caso? Forse sono pentito di aver fatto saltare l’automobile dei tedeschi. Questo sì lo volevo fare, l’ho fatto e me ne dispiace”. Al prete si ingarbugliavano ancora di più le idee in testa. In effetti il ragionamento del Russì non faceva una piega. Ma non si può liquidare così l’uccisione di una persona. Però lui non sapeva quali argomenti trattare, come si doveva comportare da sacerdote: cosa dire, in definitiva al penitente. Improvvisamente si udì un gran bussare alla porta d’ingresso. – Ma chi può essere a quest’ora che viene a casa mia? Mica saranno i tedeschi che hanno seguito il Russì?- pensò. – Ma tutte oggi devono capitare. Mi fossi sveglia- to malato grave ed impossibilitato a dir messa, sarebbe stato molto meglio. – Si alzò ed andò ad aprire. Al di là della porta trovò il farmacista. “Buongiorno dottore” lo salutò. “Come mai da queste parti ed a quest’ora?” domandò. “Ho una cosa urgente da dirle, anzi da confessarle” rispose il Temperini tentando di farsi strada e di entrare nella casa. “Adesso non posso, sono occupato. Non posso proprio” rispose il prete cercando di difendersi dall’invadenza. “Ma io ho urgenza di parlarle. Di confessarmi, anche se non lo faccio da anni. Ma questa volta è grave. Ho aiutato ad uccidere un uomo”. A don Arlocchi mancarono improvvisamente le forze e, con un sospiro che sembrava un rantolo, si lasciò cadere pesantemente sulla seggiola che, provvidenzialmente, aveva alle spalle. Dalla porta dello studiolo si affacciò il Russì per vedere chi era arrivato. Trovatosi davanti il Temperini fece un passo indietro, quasi per nascondersi. Si sentiva in colpa per averlo coinvolto, anche se incolpevolmente, nell’uccisione del tedesco.
Il farmacista che aveva visto con grandissima meraviglia il Russì, trascurò di portare soccorso al prete ed entrò decisamente nello studio. “Che ci fai qui?” quasi urlò al Russì. “Tu sei matto, matto. Sei sulla lista nera, lo sai. Uno dei primi che vengono a cercare sei tu. Scappa perdio, scappa!” Don Arlocchi, che si era un po’ ripreso anche se non riusciva ad entrare in possesso di tutte le proprie facoltà mentali, intervenne anche lui alzando la voce verso il farmacista. “Qui non si bestemmia, non si deve mai bestemmiare, ma qui è casa di Dio. Farlo è ancora più grave. Diamoci tutti una calmata. Voi sedetevi e vediamo cosa fare.” Si sedette alla sua scrivania, appoggiò il gomito al tavolo e con due dita cominciò a massaggiarsi gli occhi chiusi. Quasi che privandosi della vista potessero anche scompari- re i problemi enormi che lo assillavano. Recitò mentalmen- te una breve preghiera chiedendo aiuto a Dio perché gli facesse comprendere chiaramente quanto stava succedendo e gli desse la forza e la saggezza per gestire la situazione. “Raccontatemi tutto quello che sapete. Tutto! Devo sapere tutto! In effetti è una confessione un po’ fuori del normale, ma Dio capirà: questa è una situazione tutta fuori del normale.”

Poi si rivolse al Russì. “Avanti, parla tu per primo, che mi sembra sia tu quello che ha le maggiori responsabilità.” “Cosa è successo? Quello che è successo non ci voleva, non doveva succedere ed invece è successo” rispose l’in- terpellato al quale oltre che le idee si erano confuse anche le parole. “Quello là cosa ci è andato a fare alle nove di sera nella macchina. Cosa ne sapevo io che lui era lì? Mica ce l’ho mandato, ed adesso ce l’ho io la colpa!” “Ascolta, figliuolo” lo interruppe il buon prete, “lascia stare tutti commenti e spiegami bene quello che è successo. I commenti, se mai, li faremo dopo. Comincia da capo e spiegati bene!” “Io e il farmacista, con altri, dei quali non farò il nome neppure se mi torturano, avevamo deciso di dare una lezione, quasi uno scherzo, a quei crucchi di tedeschi. Volevamo fargli saltare in aria quella stramaledetta mac- china e chi s’è visto s’è visto. Abbiamo preparato tutto per bene. Io ci avevo l’esplosivo, me l’ero procurato, l’avevo messo sotto la macchina, acceso la miccia e poi bum: tutto era saltato in aria ed io ero scappato a nascondermi. E invece quel cretino di un crucco – qui don Arlocchi, sentendo nominare il morto, si fece il segno della croce – era andato, a far cosa? A passare la serata in macchina. Le pare normale? Come si faceva a sapere una cosa del genere? E adesso io sono un assassino e chissà cosa combine- ranno i tedeschi per vendicarsi.” “Mi sa che ha ragione il dottore. Tu è meglio che te ne vada” riprese il prete che non trovava nessun’altra soluzione possibile. Ormai il guaio era fatto e non si poteva certo andare a dire ai tedeschi che era stato un errore. “Vai in montagna. Lascia detto al tuo socio qui presente dove poterti rintracciare se c’è bisogno di te. Io non lo voglio sapere. Non so ancora cosa fare, ma se mi viene in mente qualche soluzione voglio essere libero di agire senza correre il rischio di tradirti. E lei, Temperini, torni alla sua vita quotidiana come se quanto successo non la riguardasse. Per adesso l’unica cosa da fare è questa. Poi vedremo. Il buon Dio non mi lascerà solo, ne sono certo, e mi aiuterà a trovare qualche soluzione. E adesso sparite tutti e due. Tu Russì aspetta un attimo che ti do qualcosa”. Si alzò, andò in cucina e ritornò con un salame che gli avevano appena regalato e che teneva appeso nella fredda cucina in attesa di una occasione speciale per affettarlo.“Tienilo” disse porgendolo al Russì. “Mettilo insieme alle altre cose che riuscirai a trovare. Non puoi mica partire senza nulla da mangiare, soprattutto in questa stagione. Vi farò sapere.” Poi li accompagnò alla porta, rimanendo fermo qualche istante a guardare con preoccupazione i due che si allontanavano e con nostalgia il sala- me che si allontanava con loro.

(continua…)

 

 

A Chieri il trasporto scolastico si paga con Pagopa

Il Sindaco Alessandro SICCHIERO: “Un’ulteriore tappa della digitalizzazione dei servizi comunali, per venire incontro ai cittadini. Apriremo un servizio di accompagnamento per chi non ha ancora lo SPID.”

 

Il pagamento della retta per il trasporto scolastico per l’anno 2021-2022 è il primo servizio comunale che può essere pagato attraverso pagoPA, il sistema che consente di effettuare pagamenti elettronici verso le Pubbliche Amministrazioni in modo semplice, sicuro e trasparente.

In questa prima fase sono interessati solo coloro che devono rinnovare l’iscrizione al trasporto scolastico, che hanno già ricevuto una comunicazione personalizzata con le indicazioni per effettuare il pagamento (non i nuovi utenti, per i quali il servizio sarà accessibile tra alcune settimane).

 

«Si tratta di un’ulteriore tappa del percorso di progressiva digitalizzazione dei servizi comunali, con l’obiettivo di mettere a disposizione dei cittadini uno strumento facile e veloce-afferma il Sindaco Alessandro SICCHIERO-Abbiamo voluto iniziare dal trasporto scolastico, nei giorni scorsi le famiglie hanno ricevuto la relativa comunicazione. Questa sarà una prima sperimentazione, a breve anche altri servizi potranno essere pagati tramite pagoPA e nei prossimi mesi è nostra intenzione attivare uno sportello di accompagnamento per i cittadini ancora sprovvisti dello SPID».

Infatti, per poter utilizzare il servizio pagoPA è indispensabile essere in possesso dello SPID.

Come funziona il servizio?

Bisogna accedere al sito istituzionale (www.comune.chieri.to.it), sezione “Servizi on line”, quindi “Pagamenti on line” dove si trovano tutti i servizi e le operazioni che possono essere pagate tramite il sistema pagoPA. Nell’area personalizzata l’utente trova l’avviso di pagamento personalizzato, con indicato l’importo da pagare.

A questo punto l’utente può scegliere la modalità di pagamento che preferisce, ovvero

1) on line: homebanking/app della propria banca, App IO, Satispay, Bancomatpay, ecc., oppure attraverso il “carrello” si viene reindirizzati sul portale pagoPA, dove si può pagare con carte di credito/debito o dal conto corrente;

2) fisica: stampando l’avviso di pagamento o salvandolo nello smartphone/tablet, e recandosi poi presso gli sportelli abilitati (banca, posta, ricevitorie, tabaccai, supermercati abilitati).

 

Per qualunque necessità, i cittadini possono rivolgersi al Servizio Istruzione:

lunedì e venerdì 8.30-12.30

mercoledì 8.30-12.30/14.30-16.30

Telefono +39 011.9428.262

E-mail: sistemaeducativo@comune.chieri.to.it

 

Pino sotto le stelle, Bob Rocket presenta la sua spaziale Starlight Serenade.

venerdì 30 luglio2021 dalle ore 19

Bob Rocket + Wicked Expectation in concerto Osservazione guidata del cielo a cura di Infini.to Planetario di Torino

Selezioni musicali curate da Andrea Scarpa

INGRESSO GRATUITO

Prenotazione obbligatoria: www.eventbrite.it/e/biglietti-bob-rocket-wicked-expectation-andrea-scarpa-dj-a-starlight-serenade-160530742773

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Nell’ambito della rassegna Pino sotto le stelleBob Rocket presenta venerdì 30 luglio la sua personalissima e spaziale Starlight Serenade. Un evento dal vivo in via Osservatorio 8 a Pino Torinese, presso la corte dell’ex risalita al Planetario, cuore verde della riserva MAB Unesco (Man and Biosphere), per godersi il cielo stellato, guidati dagli esperti astrofisici del Planetario di Torino e accompagnati dal suono delle stelle fattosi musica grazie alla magia dello straordinario compositore Bob Rocket e del trascinante sapore lisergico di Wicked Expectation, progetto musicale elettronico. In apertura e chiusura le selezioni musicali di Andrea Scarpa.

Chi non ha mai sognato guardando le stelle con il naso all’insù? Chi non ha mai subito il fascino dello spazio e sperato di vedere avverato un desiderio guardando una stella cadente? E chissà quale danza cosmica prende vita delle profondità dello spazio. In una notte stellata l’idea di portare sulla terra questi musicisti cosmici è balenata nella testa di Bob Rocket. Riuscire a creare composizioni strumentali basandosi sui suoni emessi dalle stelle trattandoli come veri e propri musicisti e strumenti musicali, grazie ai suoni dello spazio catturati dalle sonde NASA. In ogni brano la componente stellare costituisce la parte centrale della creazione, ma la spettacolarità sta nel fatto che spesso il suono di una stella o pianeta può essere scambiato per uno strumento musicale, generando un mix sonoro di sound design astrale e sintetizzatori del pianeta Terra. Musica che apre alla possibilità di evadere dal quotidiano attraverso un viaggio mentale ai confini tra immaginazione e scienza. Riuscirà l’ascoltatore a percepire la voce del cosmo?

Pino sotto le stelle è frutto di una sinergia tra il Comune di Pino TorineseInfini.to – Planetario di Torino e TUM Torino e si inserisce nel contesto di una più ampia programmazione ispirata al cielo, alle stelle e allo Spazio. Paese delle stelle, sede storica dell’Osservatorio Astrofisico di Torino e, da più di 10 anni, del Museo dell’Astronomia e dello Spazio Infini.to, anche nell’estate 2021 a Pino Torinese non mancheranno gli appuntamenti dedicati alla volta stellata, per giocare con la scienza e imparare da esperienze culturali diversificate. Così si declina il cartellone spaziale che incrocia musica, cinema e astrofisica: dopo l’evento inaugurale del 16 luglio con Paolo Spaccamonti & Ramon Moro, due appuntamenti targati Cinema sotto le stelle (23 luglio The Martian e 6 agosto Wall-e) e questo momento musicale con il concerto di Bob Rocket (30 luglio).

EX RISALITA AL PLANETARIO

L’area dell’ex risalita al Planetario è una zona dismessa del territorio di Pino Torinese, a due curve dal centro di Torino, un tempo adibita a biglietteria e zona di partenza della cremagliera che portava all’Osservatorio, poi chiusa per frana nel 2008. Il Comune di Pino Torinese ha condotto negli ultimi due anni un percorso di cantiere animato per la rigenerazione e la valorizzazione dell’area, che è di gran pregio naturalistico e ha in prossima uscita un apposito bando di assegnazione.

BOB ROCKET

Da quando compone, il richiamo a scoprire quale musica si potesse generare nella vastità del cosmo ha stimolato il suo interesse e con questo progetto ha deciso di scoprirlo, creando composizioni musicali che potessero trasportare l’ascoltatore dall’infinitamente piccolo e intimo all’infinitamente vasto. Il suo sogno è di riuscire a sorpassare l’etichetta limitativa del genere musicale, permettendo così agli ascoltatori di creare una singolarità creata dalla propria percezione tramite l’ascolto della musica da lui creata. Air, Antonin Dvorak, Jimi Hendrix, Jerry Goldsmith lumi tutelari del processo compositivo accompagnano Bob Rocket nel processo di composizione portando la sua musica fino al limite di congiunzione tra immaginazione e scienza.

WICKED EXPECTATION

Wicked Expectation è un progetto musicale elettronico. Nato nel 2012, il gruppo pubblica il primo album Visions nel settembre 2015. Il concept di Visions riguarda la relazione a triangolo tra uomo-natura-tecnologia: una convivenza spesso burrascosa che ha generato incredibili innovazioni, ma anche catastrofi. Nell’anno del Visions tour la band divide il palco con gruppi di punta della scena elettronica/post-rock italiana e si esibisce in Italia e Svizzera. Nel 2017 la band pubblica il secondo album Folding Parasite. Le canzoni sono caratterizzate da un maggior utilizzo di sintetizzatori rispetto alla predominanza delle linee di chitarra del primo album. Il basso, infatti, è spesso alternato al synth bass e la batteria elettronica intreccia il groove del set acustico. Folding Parasite è stato totalmente registrato, prodotto e mixato dal gruppo stesso. La ricerca continua di nuove sonorità ed un’innovazione del set-up hanno ispirato la scrittura di nuove canzoni. Il nuovo EP di quattro tracce Echoes rappresenta il 2019 dei Wicked Expectation. Nel 2020 la band compone a distanza alcune canzoni, due delle quali vengono pubblicate dall’etichetta Sideshape Recordings e rappresentano l’inizio del sodalizio tra la band e la label torinese. L’EP prende il nome di uno dei due brani, ovvero Emotional Control. Tra le molte canzoni scritte nel periodo di lockdown, nel 2021 viene pubblicata come singolo Beat Around the Bush per Sideshape Recordings.

INFINI.TO

Paese delle stelle e sede storica dell’Osservatorio Astrofisico di Torino, da più di 10 anni Pino Torinese ospita Infini.to, un moderno Museo dell’Astronomia e dello Spazio all’interno del quale è possibile giocare con la scienza grazie alle sue postazioni interattive. Cuore pulsante è il planetario digitale, tra i più avanzati in Europa. Grazie alla sua Terrazza sul cielo lo Staff del Museo riesce a mostrare ai suoi visitatori le meraviglie del cielo.

PINO SOTTO LE STELLE

Un evento del Comune di Pino Torinese

Direzione Artistica: Alessandro Gambo x TUM

In collaborazione con: Infini.to – Planetario, Museo dell’Astronomia e dello SpazioPiscina MOBY DICKTUMMagazzino sul Po

30 LUGLIO 2021 – INFO

Bob Rocket Music

opening Wicked Expectation

Andrea Scarpa dj set

Ex Risalita al Planetario, via Osservatorio 8 Pino Torinese (TO) 

Apertura porte ore 19 

Incursione astrofisici Planetario ore 21

Inizio concerto ore 22

Moscato, eccellenza da valorizzare

CIA PIEMONTE: “MOSCATO UN’ECCELLENZA DA TUTELARE E VALORIZZARE”

Le richieste:

–          Utilizzo della denominazione solo per Docg e Doc

–          Resa massima per la prossima vendemmia

–          Sblocco delle riserve solo “ad azienda”

«Il Moscato è un’eccellenza del vigneto Piemonte conosciuta e apprezzata in tutto il mondo. Come tale va difesa e valorizzata».

Il messaggio è stato lanciato  dal presidente di Cia Piemonte Gabriele Carenini e da Claudio Conterno, delegato della giunta regionale al tema vino, in occasione del Forum Nazionale del Vino promosso da Cia e Uiv alla presenza del ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli.

In vista della prossima vendemmia, Cia Piemonte ha focalizzato l’attenzione sul futuro di una delle Denominazioni più importanti del comparto (10 mila ettari di vigneto e oltre 90 milioni di bottiglie all’anno), sottolineando rischi da evitare e potenzialità da sfruttare a pieno, in linea con i positivi riscontri che arrivano dal mercato nazionale e internazionale.

Il primo tema riguarda la protezione della denominazione rispetto alle norme sull’etichettatura previste a livello europeo. Cia chiede che si limiti la possibilità di imbottigliare spumanti generici con il nome Moscato e quindi propone che la denominazione “Moscato” sia utilizzabile solo per le produzioni Docg e Doc.

Un altro tema riguarda la strategia vendemmiale.

«Bisogna rivalutare il concetto che la qualità si fa nel vigneto ed è espressione del territorio – rivendica Cia Piemonte raccogliendo le istanze dei soci di Alessandria, Asti e Cuneo – il concetto apparirebbe scontato ma che nel corso degli anni si è sempre espresso compiutamente negli accordi vendemmiali tra parte agricola ed industriale. La qualità è l’unica strada per incentivare i consumi del vino piemontese e la tracciabilità della produzione può avvenire solo attraverso la scelta di rivendicare al massimo la produzione Docg/Doc vigneto riducendo drasticamente la destinazione a superi generici».

Cia Piemonte chiede quindi che, laddove le condizioni di mercato e la qualità delle uve lo consentano, i superi vengano destinati principalmente a riserva vendemmiale Doc/Docg evitando il più possibile che le eccedenze arrivino sul mercato come generico “vino comune”.

Un’ulteriore proposta riguarda l’utilizzo della riserva vendemmiale che consente di stoccare una parte della produzione con futura destinazione a Docg/Doc in funzione dei consumi di prodotto sui mercati nei mesi successivi: «E’ necessario che la successiva operazione di sblocco – afferma Cia Piemonte – possa essere concessa “ad azienda” su richiesta motivata dalla singola cantina a fronte di una vendita consistente della partita già rivendicata a Docg/Doc».

Intanto dal Forum Nazionale del Vino, organizzato da Cia in collaborazione con l’Unione Italiana Vini,  arrivano segnali di ripresa per il comparto vini. Dopo l’anno della pandemia, che è costato al settore un crollo medio dei fatturati del 15% (fonte dell’Ufficio Studi Cia e dell’Osservatorio Uiv ) il vino Made in Italy ha innescato la risalita e per fine 2021 è atteso un rimbalzo del 9%. Ma per tornare ai livelli pre-Covid, vale a dire a quei 13 miliardi di euro di valore alla produzione del 2019, la strada da fare è ancora lunga. Bisogna attendere la ripresa stabile della ristorazione e del turismo, così come del commercio mondiale, confidando che la variante Delta non imponga nuove restrizioni, e nel frattempo puntare su nuovi canali, mercati e trend.

«Bisogna prendere atto dei cambiamenti interni al mercato del vino a livello nazionale e internazionale, conoscere i nuovi player in campo, capire l’evoluzione delle esigenze dei consumatori – conclude il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino –  Ci vorrà tempo, ma sarà vera ripartenza solo cambiando metodo. Serve fare squadra, ragionare in ottica di sistema, creare una filiera organica. Dobbiamo essere in grado di valorizzare l’unicità delle piccole e medie imprese, promotrici di territorio e cultura, puntare su alleanze nuove con il settore fieristico e più innovative e mirate modalità di scambio con i buyer esteri».