ilTorinese

Muore bimbo di due mesi: “un caso di morte in culla”

Si è probabilmente trattato di un caso di Sids – Sudden infant death syndrome  

Così sarebbe morto il bambino di due mesi,  a Bardonecchia il 2 gennaio, mentre era in braccio alla mamma, nei pressi degli impianti sciistici a Campo Smith.

Lo dimostrerebbe il risultato dell’autopsia  effettuata dal medico legale della procura di Torino.

E’ la cosiddetta  “morte in culla”, che  può verificarsi anche in altri momenti, oltre a quando i bambini riposano adagiati.

Il corpo del piccolo è stato restituito  alla famiglia per celebrare i funerali.

“Il Risveglio della Principessa” In tv il cortometraggio dedicato alla OM 469 Sport del Mauto

Visibile in TV durante la puntata di Gentleman Driver in replica fino al 6 gennaio su Sky Sport canale 229 MS Motortv, Tivùsat canale 55 e Digitale Terrestre.

“Il risveglio della Principessa”, cortometraggio ideato e prodotto da Adrenaline24h, agenzia di comunicazione italiana dedicata al motorismo storico e dal Museo Nazionale dell’Automobile di Torino, è un omaggio alla splendida e unica” OM 469 Sport del 1922 del MAUTO e alla sua partecipazione alla 1000 Miglia 2021

Un vero e proprio documentario emotivo che testimonia tutte le fasi di preparazione della vettura e i quattro giorni di gara, che si sono svolti dal 16 al 19 giugno 2021, attraverso i borghi e le città tra le più belle d’Italia.

L’avventura della “Principessa” OM 469 Sport è iniziata quando Ermanno De Angelis, Co Founder di Adrenaline24h, l’ha notata al MAUTO e ha pensato di interrompere il suo lungo “sonno” durato 70 anni e farla tornare nel suo habitat naturalela stradae le competizioni.

Il “risveglio” della vettura è iniziato con l’arrivo presso l’officina di Bontà Classic Garage (Viterbo) dove Gianluca Bontà, titolare dell’azienda e tutto il suo staff, hanno iniziato il restauro completo e minuzioso, durato circa 2 anni, con la supervisione del Centro di Restauro del Museo.

Un compito decisamente arduo e faticoso che ha visto riportare all’ antico splendore le parti meccaniche della OM, seguendo metodi di lavorazione specifici in modo tale da rispettare l’originalità della vettura.

Con questo metodo e criterio lavorativo, è stato affrontato anche il rifacimento totale degli interni intrapreso da Trinchero 1957(Venaria Reale Torino) che, grazie ai suoi “sarti” e alla documentazione offerta dal MAUTO, ha potuto ricostruire l’interno dell’abitacolo e i 4 sedili come erano all’epoca, utilizzando materiali e pellame coerenti con l’età della macchina.

Grazie alla loro esperienza e competenza, sono riusciti a preparare la vettura per la 1000 Miglia 2021, dove è risultata essere l’auto più anziana che abbia partecipato e terminato la gara.

Infatti, la OM 469 Sport, sapientemente guidata dall’equipaggio di Adrenaline24h composto da Ermanno De Angelis e Nunzia Del Gaudio, è riuscita a concludere tutte le tappe della gara e a tagliare il traguardo finale di Brescia.

In questo docufilm è raccontata e racchiusa, l’essenza del motorismo storico: storia, cultura, passione, sfida, emozione. Estata una grande avventura durata due anni tra mille difficoltà, sembrava una sfida impossibile, che invece grazie alla passione di tutti, è stata superata. Dichiara Ermanno De Angelis – Co Founder di Adrenaline24h, Il docufilm che è stato possibile realizzare in virtù del progetto media strutturato da Adrenaline24h, è messo a disposizione di tutti i club, organizzazioni, che vorranno proiettarlo, divulgarlo ed utilizzarlo come strumento di comunicazione e condivisione, proprio nei confronti dei giovani.

Il cortometraggio è ora visibile in TV durante la puntata di Gentleman Driver Tv in onda fino al 6 gennaio su Sky Sport canale 229 MS Motortv, Tivùsat canale 55 e Digitale Terrestre.(per sapere gli orari visitare il sito www.adrenaline24h.com)

Tutti i club, associazioni, sodalizi e circoli che condividono la passione per il motorismo storico, possono richiedere ai produttori la disponibilità gratuita del cortometraggio “Il Risveglio della Principessa” per organizzare attività presso i propri club e/o sodalizi.

Il risveglio della Principessa on-line

Youtube: https://www.youtube.com/watch?v=aeuST5IROC4

Adreneline24h.com: https://www.adrenaline24h.com/2021/12/il-cortometraggio-il-risveglio-della-principessa/

Facebook: https://fb.watch/acmbCQ7vAV/

Città della Salute, scoperto enzima che provoca la Sla

La carenza di un enzima, la ciclofillina A, induce la sclerosi laterale amiotrofica (SLA)

Uno Studio pubblicato sull’autorevole rivista scientifica Brain dall’Istituto Mario Negri e dalla Città della Salute di Torino apre nuovi scenari terapeutici

Lo studio, effettuato presso l’Istituto Mario Negri di Milano e presso la Città della Salute di Torino, ha messo in luce uno dei meccanismi che provoca la SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica), dimostrando che la carenza di un enzima (la ciclofillina A) nelle cellule induce la malattia. La Sla è una grave malattia neurodegenerativa progressivamente invalidante che colpisce individui adulti, caratterizzata dalla compromissione dei motoneuroni (le cellule responsabili della contrazione dei muscoli volontari) di tutto il corpo, fatto che conduce alla paralisi dei muscoli volontari fino a coinvolgere anche quelli respiratori.

Studi precedenti avevano già evidenziato che la stragrande maggioranza dei pazienti affetti da sclerosi laterale amiotrofica (SLA) presentano anomalie nella proteina TDP-43, che ha un ruolo importante nei processi cellulari e se mutata causa la SLA. Il nuovo studio, condotto su modelli animali e pazienti, ha evidenziato che l’enzima ciclofillina A (PPIA) è fondamentale per il corretto funzionamento di TDP-43. Infatti, l’assenza di ciclofillina A (PPIA) nel modello animale induce una malattia neurodegenerativa che è simile alla SLA e provoca l’accumulo anomalo della proteina TPD-43 .
Lo studio, appena pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Brain, è stato disegnato e coordinato da Valentina Bonetto dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS con il gruppo di ricerca del Centro regionale esperto per la SLA (CRESLA) dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino e Dipartimento di Neuroscienze Università di Torino, coordinato dal professor Andrea Calvo.
“Abbiamo osservato – spiega Laura Pasetto dell’Istituto Mario Negri, primo autore del lavoro – che quando PPIA è assente il modello animale sviluppa i sintomi della SLA con demenza frontotemporale, cioè una progressiva disfunzione motoria, disinibizione ed alterazioni del comportamento in associazione alla morte dei motoneuroni ed alterazioni di TDP-43. “Questi dati sono in accordo – aggiunge Valentina Bonetto – con quanto visto in un gran numero di pazienti SLA con e senza demenza frontotemporale che mostrano di essere carenti di PPIA”.
“Inoltre abbiamo identificato un paziente SLA con una rara mutazione nel gene PPIA – spiega Andrea Calvo, del CRESLA della Città della Salute di Torino e Dipartimento di Neuroscienze Università di Torino¬ – che rende la proteina disfunzionale. Questa mutazione, pur non rappresentando una causa comune di SLA, è importante perché ci dà delle indicazioni su quali possano essere i processi cellulari alterati nei pazienti”. “La mutazione, le evidenze sui pazienti e quelle sul modello animale vanno tutte verso la stessa direzione, cioè che nella SLA le funzioni protettive di PPIA sono deficitarie – conclude Valentina Bonetto – quindi come prospettiva futura abbiamo pensato di sviluppare un approccio terapeutico che miri a ripristinare queste funzioni. Ora dobbiamo tornare in laboratorio e valutare se questa è la strada giusta per fermare l’insorgenza e la progressione della malattia. Se così fosse sarebbe un primo passo importante verso lo sviluppo di una terapia per la SLA”.
La ricerca è stata finanziata principalmente dalla Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica di Regione Lombardia (Progetto TRANS-ALS) ed il Ministero della Salute (Progetto di Ricerca Finalizzata GR-2018-12365614).
La notizia arriva subito dopo l’annuncio da parte della Fondazione Italiana di ricerca per la Sclerosi Laterale Amiotrofica (AriSLA) che il progetto della dottoressa Bonetto su PPIA (GATTALS) è tra quelli selezionati dal Bando AriSLA 2021 ed ha ricevuto anche un contributo dall’Associazione “Io Corro con Giovanni”.

Qualità dell’aria in Piemonte e a Torino, miglior risultato in assoluto

Da una prima valutazione dei dati relativi al PM10 nel 2021 fatta da Arpa si rilevano concentrazioni medie annue inferiori a quelle dell’anno precedente. Cirio e Marnati: “La salute dei piemontesi è una priorità per la nostra Giunta”

Migliora, ben oltre le previsioni, la qualità dell’aria in Piemonte e a Torino: da una prima valutazione dei dati relativi al particolato PM10, misurato nel corso del 2021, si rilevano in generale concentrazioni medie annue inferiori a quelle dell’anno precedente.

“Un grande risultato – sottolineano il presidente Cirio e l’assessore all’Ambiente Marnati – che conferma il nostro impegno ma anche la bontà delle azioni messe in campo che stanno portando significativi benefici. La salute dei piemontesi è una priorità per la nostra Giunta”

“Il dato non solo è il migliore in assoluto sulla media annuale in Piemonte da quando esistono i rilevamenti – aggiunge Marnati – ma anche il miglior dato in assoluto di sempre, così come il numero di giornate che hanno sforato i limiti di legge è il più basso in assoluto”.

“La stazione della qualità dell’aria di Arpa di Torino Rebaudengo – aggiunge il direttore generale di Arpa Piemonte, Angelo Robotto – una delle stazioni automatiche di traffico che rileva i dati peggiori del Piemonte, nel 2021 ha registrato 65 superamenti. Superiori ai 35 giorni stabiliti dalla legge, ma è il dato migliore dalla data di installazione del campionatore. Siamo passati da 94 superamenti annui nel 2014 o 118 nel 2017 a 65. E anche la media annuale ha visto un decremento importante: da 40 nel 2009 o 46 nel 2017 a 33 microgrammi al metro cubo. Dati che indicano quanto è stato fatto e quanto è migliorata la qualità dell’aria negli ultimi anni”.

https://www.arpa.piemonte.it/news/prime-valutazioni-sulla-qualita-dellaria-nel-2021

Rientra da un viaggio e trova la moglie morta in casa

E’ probabilmente morta a causa di un infarto la 58enne di nazionalità polacca, da anni residente a Nole (To).

Il marito era rientrato da  un viaggio all’estero, ha provato a rianimare la donna ed ha chiamato la polizia locale.Ma non è stato possibile salvare la moglie.

Sul posto, con la polizia municipale è intervenuto il medico legale dell’Asl To4: si dovrebbe trattare di morte naturale ma la procura di Ivrea, per fugare ogni dubbio, ha disposto un’autopsia nei prossimi giorni.

Il corpo della donna è stato  trasferito nelle camere mortuarie dell’ospedale di Ciriè.

Torino e i suoi teatri: il Teatro Regio

/

Torino e i suoi teatri

1 Storia del Teatro: il mondo antico
2 Storia del Teatro: il Medioevo e i teatri itineranti
3 Storia del Teatro: dal Rinascimento ai giorni nostri
4 I teatri torinesi: Teatro Gobetti
5 I teatri torinesi :Teatro Carignano
6 I teatri torinesi :Teatro Colosseo
7 I teatri torinesi :Teatro Alfieri
8 I teatri torinesi :Teatro Macario
9 Il fascino dell’Opera lirica
10 Il Teatro Regio

10 Il Teatro Regio

Cari lettori, eccoci arrivati al termine di questo ciclo di scritti riguardanti i maggiori teatri torinesi.
Come si suol dire, il meglio viene tenuto per ultimo, e, anche io nel mio piccolo, ho voluto proporvi come pezzo di chiusura l’articolo dedicato al Teatro Regio, che è tra tutti il più conosciuto tra i luoghi culturali del capoluogo piemontese.
Il Regio è il principale teatro lirico della nostra città, uno dei più grandi e importanti stabili d’Italia, ed è conosciuto persino nel panorama europeo ed internazionale.
L’edificio ha storia antica, il progetto originale risale alla prima metà del XVIII secolo; ad oggi dell’originaria costruzione resta solo la settecentesca facciata porticata, ancora in perfetta armonia con l’adiacente Piazza Castello; attualmente tale parte architettonica è inserita nel sito seriale UNESCO Residenze Sabaude iscritto alla Lista del Patrimonio dell’Umanità dal 1997.
Partiamo come sempre dall’inizio. Il primo a richiedere un “nuovo grande teatro” è Vittorio Amedeo II, intorno agli anni Venti del Settecento, il quale incarica il regio architetto Filippo Juvarra di progettare un sontuoso edificio da inserire nell’ambito del più generale riassetto urbano di Piazza Castello. Il cantiere viene aperto, ma Juvarra, che si spegne nel 1736, non riesce a vedere realizzata la sua idea; la gestione dei lavori, per volontà di Carlo Emanuele III, passa così a Benedetto Alfieri, il quale decide di riprendere e perfezionare i disegni originali. L’intuizione alfieriana porta all’innalzamento di uno stabile sontuosamente rococò, apprezzato da tutti, come si evince dalle parole di Giovanni Gaspare Craveri, che nel 1753 così scrive nella sua “Guida de’ Forestieri per la Real Città di Torino”: “Questo Teatro è giudicato da tutti il più grandioso e compito d’Europa, ed è meritevolmente l’oggetto della meraviglia de’ Forestieri, per la vastità ed ampiezza sua, e per l’architettura, e comodità dell’edifizio, e per l’interna bellezza degli ornamenti, per lo più dorati. E’ rimarchevole la pittura della Volta. Ivi si recitano ogni Carnevale i Drammi musicali con tale magnificenza di apparato, quale si conviene alla grandezza della Real Corte, che v’interviene sulla Loggia spaziosa a lei destinata, che poi si suole illuminare. Vi si chiamano i migliori Musici d’Europa.”

Il teatro è ultimato in pochissimo tempo, il cantiere si chiude nel 1738 e il 26 dicembre del 1740 vi è l’inaugurazione ufficiale con l’ “Arsace” di Francesco Feo.
Fin dagli albori il Regio, con la sua platea e i suoi cinque ordini di palchetti, si fa cuore pulsante e musichiero di Torino.
Le caratteristiche dello stabile, come la straordinaria capienza, che arriva a poter ospitare fino a 2500 persone, la struttura elegante, le decorazioni regali che raggiungono il massimo della preziosità nella volta dipinta da Sebastiano Galeotti, richiamano l’attenzione di molti autori italiani e stranieri, di numerose prime donne e cantanti di grido, che proprio lì vogliono esibirsi.
Era solito che la stagione degli spettacoli si aprisse il 26 dicembre e si chiudesse con la fine del Carnevale; inoltre era di norma che venissero scritte ogni anno, dagli autori che volevano cimentarsi in questa prova, due opere serie redatte appositamente per il teatro Regio, tra i tanti nomi di compositori che si possono citare a tal proposito ricordiamo Galuppi, Jommelli, Cimarosa, Paisiello,Gluck, Johann Christian Bach e Hasse.
Il Regio però non è solo un luogo culturalmente pregiato, esso è anche simbolo di rappresentanza e stabilità del potere dei Savoia. L’edificio si erge tuttora nell’antica zona di comando che comprendeva i punti nevralgici delle attività gestite dallo stato sabaudo, incastonato nelle contigue architetture di Piazza Castello, Palazzo Reale e via Po; è opportuno ricordare inoltre che i membri della famiglia reale e i dignitari d’alto rango, riuscivano ad accedere al teatro senza uscire in strada, attraverso Palazzo Reale tramite la galleria del Beaumont – oggi Armeria reale – e il palazzo delle Segreterie – attuale Prefettura -.
L’aspetto architettonico del teatro diviene un punto di riferimento nell’ambito delle realizzazioni teatrali coeve; gli stessi disegni di Benedetto Alfieri vengono addirittura inseriti fra le tavole de “L’Encyclopédie” di Diderot e D’Alembert.

Durante il corso del XVIII secolo, Torino, in quanto importante capitale europea, è una delle mete del “Grand Tour”, molti viaggiatori passeggiano sotto i portici ombrosi e lungo le rive del fiume Po e tutti quelli che decidono di passare in città non possono che rimanere colpiti dall’eleganza del portentoso teatro lirico.
La fama del Regio è internazionale e incontrastata, si pensi che proprio l’imperatore asburgico Giuseppe II, attraverso il consigliere Kaunitz, aveva caldamente consigliato all’architetto Giuseppe Piermarini di prendere come esempio il “Regio di Torino”, per la costruzione di quello che sarebbe divenuto il celebre Teatro alla Scala di Milano (inaugurato il 3 agosto 1778).
Dopo il momento di massima gloria, il teatro affronta, tra la fine del Settecento e i primi vent’anni dell’Ottocento, un periodo turbolento.
Il Regio resta chiuso per cinque anni, dal 1792 fino al 1797; in seguito cambia diversi nomi, rispecchiando così gli eventi storici: prima è “Teatro Nazionale” (1798), poi “Grand Théâtre des Arts” (1798) e ancora “Théâtre Impérial” (1804). Il clima moralizzatore degli anni repubblicani ha largo impatto anche sull’organizzazione stessa degli spettacoli, si fa più complesso anche l’ingaggio dei cantanti e degli attori, nel repertorio permangono opere italiane, ma con libretti rimaneggiati secondo la morale giacobina.
Napoleone in persona vuole presenziare ad alcuni spettacoli, e la sua venuta fa sì che calpestino il palcoscenico torinese interpreti di grande fama, tra cui il soprano Isabella Colbran, il tenore Nicola Tacchinardi e il coreografo Salvatore Viganò.
Con gli anni della Restaurazione il Regio recupera un po’ della sua originaria importanza, Carlo Felice, notoriamente appassionato di musica, invita virtuosi personaggi ad esibirsi nel teatro operistico, tra cui Giuditta Pasta e Domenico Donzelli.
Gli anni d’oro però sono ormai finiti, nell’Ottocento Torino passa in secondo piano e i riflettori illuminano nuove località: Milano, Napoli e Venezia. Nonostante ciò “lo spettacolo deve continuare” e la storia del Regio è ancora lunga e ricca.

Durante il periodo ottocentesco, per volere di Carlo Alberto, l’edificio viene restaurato, assumendo un aspetto neoclassico. Alle modifiche estetiche si aggiungono delle innovazioni nella programmazione, intorno agli anni Cinquanta dell’Ottocento, ad esempio, si passa alla stagione di Carnevale-Quaresima, suddivisa in cinque o più opere di repertorio, non più scritte appositamente per il Teatro; inoltre, a partire dal 1855, il teatro si apre all’opera buffa.
Nel 1870 il Regio diviene proprietà del Comune di Torino. In questi anni le vicissitudini dello stabile si intrecciano con quelle dell’Orchestra Civica e dei Concerti Popolari ideati da Carlo Pedrotti, il quale insiste per introdurre nella programmazione la musica di Wagner e Massenet.
A partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento si inizia a sottolineare la necessità di intervenire a livello architettonico sul palazzo, tra i lavori ritenuti necessari vi è l’ampliamento del palcoscenico, servono nuovi locali di servizio e l’illuminazione deve essere elettrica. Nonostante i buoni propositi la maggior parte dei provvedimenti sono di ordinaria manutenzione, ad eccezione della questione luminaria, della modifica, sotto la supervisione di Arturo Toscanini, della cassa armonica dell’orchestra e la riforma funzionale e decorativa del “foyer”.
Questi numerosi e continui interventi costringono la struttura a chiudere per alcuni anni. È l’ingegnere Ferdinando Cocito a dirigere questa volta il cantiere, che termina nel 1905, quando lo stabile viene inaugurato con il “Sigfrido” diretto da Toscanini.


Contribuiscono, tra la fine dell’Ottocento e i primissimi del Novecento, a mantenere alta la fama del Regio autori come Giacomo Puccini, che tiene a battesimo a Torino “Manon Lescaut” (1893) e “La Bohéme” (1896), e Richard Strauss, che nel 1906 dirige “Salomè” in “prima italiana”.
Agli albori del XX secolo si annovera un’ultima grande modifica costruttiva: nel 1924 è eseguita la completa riforma del palcoscenico, intervento che interessa l’inserimento di una nuova e alta torre scenica, e la completa sostituzione delle attrezzature tecniche di scena e dell’ impianto elettrico.
Più o meno in questo stesso periodo è ospite al Regio l’ ultima grande “prima”, si tratta di “Francesca da Rimini” di Riccardo Zandonai, su libretto di Gabriele D’Annunzio (1914).
Il primo conflitto mondiale è ormai alle porte, il teatro deve chiudere i battenti mentre le bombe cadono sulla città.
Con la fine della Grande Guerra il Regio riparte, seppur con le debite difficoltà, così come il resto della sconquassata Torino.
Le complicazioni non sono finite, e nel 1936, a poche ore da una replica di “Liolà” su musiche F. Mulè, un incendio divampa nello stabile e distrugge completamente l’edificio . Dell’originaria struttura permangono i muri esterni e pochissimi cimeli, come un caminetto in marmo ora collocato e conservato nella sala dell’ “Archivio di Stato”, insieme al alcuni stucchi e qualche frammento di affresco.

Alla devastazione si aggiunge il profondo sgomento dovuto allo scoppio della Seconda Guerra mondiale.
Le porte del Regio rimangono serrate per quarant’anni, fino agli anni Settanta del Novecento.
La ricostruzione parte nel 1967, sotto la guida dell’architetto Carlo Mollino, il quale rinnova completamente la struttura, decidendo di abbandonare l’antico modello architettonico a favore di nuovi orientamenti stilistici e urbanistici.
L’ingresso principale è costituito da dodici coppie di porte in cristallo, separate da diaframmi in granito, tale scelta costruttiva fa sì che il pubblico possa defluire più velocemente all’interno della struttura e abolisce la distinzione tra le diverse classi sociali.
Mollino ha una spiccata propensione per i volumi pieni e le linee curve, gusti che si concretizzano e si esplicano fin dall’ingresso, attraverso le scale, i balconi e in tutti i numerosi dettagli come i pomelli delle porte ai due bar curvilinei disposti in modo perfettamente simmetrico.
La pianta del teatro ricorda nella forma la cassa di un violoncello, la sala ha pianta ellissoidale e contiene 1398 poltrone e un ordine di 31 palchi che possono ospitare fino a 194 persone.
Assai famoso è anche il peculiare lampadario, composto da 1762 sottilissimi tubi in alluminio con punto luce e 1900 steli in perspex riflettente, che creano un inaspettato “effetto a stalattite”.
Dopo ingenti lavori, che hanno portato lo storico palazzo a risplendere di una nuova luce tutta moderna, il Regio Teatro viene nuovamente inaugurato il 10 aprile 1973 con l’opera di Giuseppe Verdi “I Vespri siciliani”, con Maria Callas e Giuseppe Di Stefano.

A seguito di una evidente fase di sventura, la dea Fortuna prende nuovamente sottobraccio il Regio; dal momento della riapertura l’attività teatrale è progressivamente incrementata, diverse ricorrenze hanno contribuito a mantenere viva la fama dell’edificio, tra queste è bene rammentare il 250° anniversario dalla fondazione, celebratosi nel 1990, il centenario dalla “prima” assoluta della “Bohème” in diretta tv, avvenuto nel 1996 e i 25 anni del nuovo teatro, festeggiati nel 1998.
Le sfide tuttavia non finiscono mai. Il trascorrere del tempo costringe il Regio a essere sempre pronto a nuove modifiche, sia architettoniche, sia giuridiche, sia riguardanti la programmazione.
Nel 2006 le Olimpiadi della Cultura e i XX Giochi Olimpici Invernali fanno sì che il teatro si ponga sotto l’occhio del pubblico internazionale, grazie ai numerosi spettacoli che si sono tenuti per le due occasioni e grazie anche al sodalizio artistico stretto con Gianandrea Noseda, incaricato Direttore musicale dal 2007 al 2018.
Inoltre, in tempi più recenti, si è molto intensificata la produzione del mercato video-discografico: a questa attività si affianca l’iniziativa “OperaVision” a cui il Regio partecipa fin dagli albori del progetto.
Eccoci dunque arrivati al termine, cari lettori, ma solo di questo mio pezzo, non certo della storia del grande teatro, orgoglio di Torino e pietra miliare della scena operistica.
Vi lascio dunque ai vostri impegni e alla vostra giornata, gentili concittadini, con la solita speranza di avervi un po’ interessato ed incuriosito, oltre che intrattenuto. Il mio augurio è che vi possiate concedere una serata in compagnia delle grandi voci liriche che tuttora riempiono i cartelloni delle programmazioni annuali; se tutto andrà bene potremmo incontrarci, pur senza conoscerci, tra il rosso della sala e il velluto del sipario, ignari gli uni degli altri sarà comunque bello intonare tutti insieme un “Libiamo, libiamo ne’ lieti calici, che la bellezza infiora; e la fuggevol fuggevol’ ora s’inebrii a voluttà…”

Alessia Cagnotto

 

Al via i saldi in zona gialla tra caro bollette e variante Omicron

Dal 5 gennaio per otto settimane si svolgono i saldi in Piemonte

La spesa media delle famiglie stimata da Ascom e Confesercenti è al di sotto dei 200 euro.

C’è incertezza per il caro bollette e il diffondersi  della variante Omicron del Covid.
Si prevedono buone vendite nell’abbigliamento in particolare per giacconi, giubbotti e scarpe. Bene anche borse, profumi, accessori, computer e oggetti per la casa.
Gli sconti sono tra il 20 e il 40%, e in molti casi arrivano al 50- 70%. Un torinese su tre acquisterà nel negozio sotto casa.

I dati dei commercianti segnalano ancora un anno parzialmente negativo rispetto al 2019 dovuto ai rincari e all’inflazione, ma è attesa una svolta nei prossimi mesi.

Infermieri pediatrici: “la Regione faccia in modo che le aziende assumano”

“Subito per chi entra in graduatoria, con contratti di almeno un anno”

 

Riceviamo e pubblichiamo

Oggi si concluderà il bando per la creazione delle graduatorie per la figura degli infermieri pediatrici. È imperativo che nel minor tempo possibile le aziende sanitarie di tutta la regione e in special modo il Regina Margherita di Torino, si attivino per proporre a chi entrerà in graduatoria contratti a tempo determinato di almeno un anno. La necessità di infermieri pediatrici, infatti, è altissima, acuita dal numero sempre maggiore di piccoli pazienti che finiscono in ospedale in questo periodo sia per malattie respiratorie varie sia per il Covid.

A lanciare l’appello per l’assunzione immediata di infermieri pediatrici con contratti a più lungo respiro è il Nursing Up, sindacato degli infermieri e delle professioni sanitarie.

Spiega il segretario regionale Nursing Up, Claudio Delli Carri: “Il problema della carenza di infermieri pediatrici in rapporto alle sempre maggiori necessità, dovute all’aumento dei reparti e alla maggiore richiesta per un numero alto di piccoli pazienti, è generalizzata in tutta la Regione. E si fa ancora più pressante nei grandi ospedali come il Regina Margherita di Torino. Domani, si concluderà il bando per la formazione delle graduatorie per queste figure professionali. Noi chiediamo a tutte le aziende sanitarie e in special modo al Regina Margherita, ma soprattutto alla Regione in modo che faccia pressione sulle aziende sanitarie, che immediatamente, già nei prossimi 3 o 4 giorni, appena i tempi tecnici lo permetteranno, vengano proposti contratti di almeno un anno alle persone che sono entrare nella graduatoria.

Procedere, dunque, alle assunzioni rapidamente per andare a coprire quelle lacune che si fanno sempre più evidenti nei reparti, giorno dopo giorno, sia per l’aumento di piccoli pazienti con malattie respiratorie tipo le bronchioliti, sia per i piccoli ammalati di Covid.

Se il problema della carenza di personale è generale in tutte le aziende sanitarie piemontesi e in quasi tutte le specialità, esso diventa ancora più pressante per quel che riguarda gli infermieri pediatrici vista la delicatezza del loro compito, la particolarità dei loro piccoli pazienti, e le caratteristiche uniche di centri come il Regina Margherita di Torino”:

 

D’Alema nel Pd? È cosa buona e giusta…

Non capisco, francamente, la gazzarra che si è aperta nel Partito democratico dopo la volontà del
principale leader storico della sinistra italiana, cioè Massimo D’Alema, di rientrare prossimamente
nel partito che aveva contribuito a fondare e poi abbandonato nel recente passato per dare vita
alla piccola esperienza di Liberi e Uguali.

Certo, il linguaggio di D’Alema è sempre colorito e  sferzante ma, al di là di questi dettagli, è indubbio che le sue recenti dichiarazioni fanno discutere.

E questo per due semplici ragioni, direi persin banali.

Innanzitutto D’Alema è un leader politico. Sì, forse è anche un capo come si chiamano oggi i
politici, ma è anche e soprattuto un vero leader politico. Merce abbastanza rara nell’attuale
panorama politico italiano. È di tutta evidenza che quando i leader parlano cerano dibattito e
confronto e anche scontro. Sono, cioè, divisivi. E D’Alema, su questo versante, è quasi un
campione assoluto. Ossia, le sue dichiarazioni non passano quasi mai inosservate perchè non
sono ascrivibili alle regole della comunicazione dell’attuale crisi politica. Cioè non si possono
ridurre ad un banale tweet o ad un insignificante post su FB. No, sono di norma riflessioni –
condivisibili o meno che siano – che richiedono inesorabilmente riflessioni, approfondimenti e
ovviamente repliche. Anche piccate. Come è puntualmente avvenuto anche questa volta. E come
da copione. Il resto sono solo chiacchiere inutili.

La seconda riflessione non è di metodo ma di merito. D’Alema ha detto, in sostanza, che si deve
ricostruire una grande forza di sinistra, progressista e di governo. Dopo la parentesi di Renzi e il
tentativo, a suo modo di vedere, di dare una sterzata moderata e centrista al Partito democratico.
E quindi, di conseguenza, destinato a mutare il profilo di sinistra e progressista di quel partito.
Verrebbe da chiedersi, al riguardo, ma dove consiste la novità? Ma da quando il Partito
democratico non vuol più essere un partito di sinistra e progressista nello scenario politico
italiano? C’è qualcuno, per caso, che mette in discussione – al di là delle insignificanti riflessioni
sul metodo e sulle variabili linguistiche – nel Partito Democratico che quel soggetto politico non
può più definirsi il grande “campo della sinistra italiana”? È del tutto scontato, quindi, che Articolo
1 confluisca nel Partito democratico. E chi si stupisce o è un ipocrita o è un ingenuo. Delle due
l’una, non si scappa da questa tenaglia.

Semmai, se vogliamo dirci la verità sino in fondo, c’è un elemento che imbarazza l’eventuale e
potenziale ritorno di Massimo D’Alema tra le fila del Partito democratico. E questo elemento ha un
solo problema: la leadership politica che D’Alema ancora conserva intatta. Certo, brutto carattere,
il che poi non è affatto vero; l’essere forse divisivo, come tutti i veri leader politici; la capacità di
non ridurre la politica a sola bega personale; e, in ultimo, il timore, forse, che ritorni un confronto
politico di qualità che esce dall’ordinaria amministrazione e dalla pura gestione dell’esistente.

Ecco perchè, in conclusione, si tratta di un dibattito e di una polemica abbastanza curiosa nonchè
singolare. Che il leader storico della sinistra italiana ritorni nel più grande partito della sinistra
italiana è scontato; che un leader della sinistra chieda al suo campo di unirsi in una sola grande
famiglia di sinistra è altrettanto scontato; e, infine, che un leader di sinistra non ami granchè chi,
all’interno di quella famiglia, declini anche una “politica di centro” non lo trovo affatto blasfemo o
calunnioso. Ma, al contrario, del tutto normale e scontato.

Invece, tocca a tutti coloro che si pongono l’obiettivo di ricostruire un “partito di centro”,
democratico e riformista, e che sappia declinare una vera ed autentica “politica di centro” porre le
fondamenta per un’altra casa politica, culturale e programmatica. Come, del testo, molti di noi
stanno già facendo.

Giorgio Merlo

Emergenza clima. Il Bilancio del 2021 dell’Osservatorio CittàClima

Il  2021 anno da codice rosso per il clima in Italia. Nella Penisola registrati 187 fenomeni meteorologici che hanno provocato danni nei territori con nove vittime

Legambiente: “Numeri sempre più preoccupanti. Il Governo approvi il piano nazionale di adattamento, in modo da fissare le priorità di intervento e indirizzare le risorse nazionali e del PNRR verso azioni davvero utili per la messa in sicurezza e la riqualificazione delle città e dei territori italiani”

 

La mappa del rischio climatico: http://www.cittaclima.it

È tempo di bilanci per il 2021, un anno in cui si sono accesi nuovamente i riflettori sul clima grazie alla Cop26 di Glasgow, ma anche in cui si sono manifestati, in maniera sempre più lampante e frequente, gli effetti dei cambiamenti climatici, con fenomeni meteorologici estremi come alluvioni, ondate di calore, trombe d’aria, grandinate e piogge intense. In Italia nel 2021 sono ben 187 gli eventi che hanno provocato impatti nei territori e causato la morte di nove persone. Nello specifico si sono verificati 97 casi di allagamenti da piogge intense46 casi di danni da trombe d’aria13 casi di frane causate da piogge intense, 11 casi di esondazioni fluviali9 di danni da siccità prolungata, 8 casi di danni alle infrastrutture e 3 di danni al patrimonio storico da piogge intense. Molti gli eventi che riguardano due o più categorie, ad esempio casi in cui esondazioni fluviali o allagamenti da piogge intense provocano danni anche alle infrastrutture. Rispetto al 2020 nell’ultimo anno in aumento i danni da grandinate intense (17 rispetto ai 9 nel 2020) e le frane da piogge intense (13 rispetto alle 10 nel 2020), mentre allo stesso livello record i dati sugli allagamenti (97 nel 2021 e 102 nel 2020).

Tra le città più colpite nel corso di quest’anno svetta al primo posto Roma con 9 eventi estremi, seguita da Napoli con 5, Catania con 4, Palermo e Milano con 2. A livello regionale, nello stesso periodo di tempo considerato, la Sicilia e la Lombardia sono in testa alla classifica con 30 e 23 eventi estremi. Rilevanti anche i casi della Campania con 16 eventi, del Veneto e della Sardegna con 14 eventi, del Lazio con 13 eventi, del Piemonte con 12 e della Liguria con 11.

È quanto emerge in sintesi dalla fotografia di fine anno scattata dall’Osservatorio CittàClima di Legambiente, realizzato in collaborazione con Unipol e con il contributo scientifico di Enel Foundation, che traccia un bilancio complessivo sugli eventi estremi che hanno colpito l’Italia nel 2021, oltre che offrire un quadro aggiornato di quanto avvenuto dal 2010 ad oggi.                                                                                                                      Un anno da codice rosso per il clima, segnato da un’estate che ha registrato temperature record in Europa (in Italia a Siracusa l’11 agosto si sono toccati i 48,8 gradi), ma anche da piogge intense, forte siccità, violente trombe d’aria e il passaggio del funesto medicane Apollo.

“Anche il 2021 è stato un anno con impatti terribili in tutto il mondo e nel nostro Paese. – dichiara Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente – Proprio questi numeri ci ricordano quanto le città italiane abbiano bisogno di urgenti interventi di adattamento a un clima che rende piazze, strade e linee ferroviarie sempre più pericolose durante le piogge di forte intensità e le case sempre più invivibili durante le ondate di calore. La nostra richiesta al Governo per il nuovo anno è che finalmente si approvi il piano nazionale di adattamento climatico, come hanno fatto tutti gli altri grandi Paesi europei, con chiare priorità di intervento in modo da indirizzare le risorse nazionali e i 2,5 miliardi di euro previsti dal PNRR verso interventi davvero utili di messa in sicurezza e la riqualificazione delle città e dei territori italiani”.

“Il caldo anomalo di questi giorni, figlio di un clima “ormai impazzito” rientra a pieno titolo tra gli eventi estremi che colpiscono Piemonte e Valle d’Aosta – dichiara Giorgio Prino, Presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta – Fino a 20 gradi in montagna, zero termico in altissima quota, ecosistema in forte crisi.

Il cambiamento climatico minaccia anche i nostri impianti sciistici; nella gran parte delle nostre montagne è atteso, rispetto a ora, un aumento di temperatura tra i 2 e i 3°C per il 2050.

Lo evidenziamo con la nostra campagna estiva “Carovana dei Ghiacciai”, che raccoglie in modo scientifico i dati che descrivono la scomparsa dei fragili giganti delle nostre vette.

Lo faremo nuovamente nei prossimi mesi, col dossier “Nevediversa”, che evidenza la fragilità del turismo invernale e di come le previsioni di sciabilità nei comprensori alpini siano piuttosto preoccupanti; negli scenari peggiori la pratica dello sci risulterebbe in estinzione a fine secolo.

Un’opportunità per un ripensamento complessivo dell’offerta: puntare sul turismo dolce invernale e la diversificazione degli investimenti, con strategie innovative che inneschino percorsi di rinaturalizzazione di ambienti fortemente artificializzati e recuperino un rapporto più equilibrato con l’ambiente.

 

I casi più rilevanti del 2021 – Oltre ai dati dell’Osservatorio CittàClima ci sono le immagini e i video a raccontare gli impatti, sempre più violenti, degli eventi meteorologici estremi in Italia nell’ultimo anno. Come quelle dello scorso 26 luglio della grandinata sull’A1 nel tratto fra Parma e Fiorenzuola, con l’autostrada chiusa e centinaia di auto distrutte; o del 16 settembre dell’allagamento dell’aeroporto di Malpensa, con decine di persone evacuate e messe in salvo con i gommoni. E ancora il 4 ottobre con il verificarsi, a causa delle incessanti piogge, delle esondazioni del torrente Letimbro (in zona Santuario di Savona), e dell’Erro a Pontinvrea (SV), con negozi, scantinati e abitazioni allagate. Momento in cui viene registrato un nuovo record pluviometrico nazionale con 496 mm in 6 ore, poi superato nelle stesse ore a pochi chilometri di distanza, a Rossiglione (GE) dove viene segnato un primato europeo con 740,6 mm di pioggia caduti in dodici ore. A preoccupare è stata poi la costa orientale della Siciliaa Siracusa l’11 agosto si è registrato il record europeo di 48,8 °C; il 10 settembre, l’isola di Pantelleria (TP) è stata colpita da una tromba d’aria che ha provocato due vittime e il 5 ottobre, una forte perturbazione caratterizzata da venti record, ha causato danni al centro storico di Catania, con diversi feriti.

Ancor più grave è quanto avvenuto tra il 24 ed il 29 ottobre con 5 eventi estremi che hanno interessato questa zona, dovuti al medicane Apollo che ha provocato la devastazione di intere aree con fiumi di acqua e fango, provocando la morte di 3 persone, a Scordia e Gravina di Catania. Incredibili i dati cumulati di pioggia registrati in 48 ore: in particolar modo i comuni di Linguaglossa (CT) con 494 mm e Lentini (SR) con 290 mm, arrivando a registrare una quantità di pioggia pari ad un terzo di quella annuale. Strade inagibili e trasformate in fiumi a Catania, venti che sulla costa hanno raggiunto i 100 km/h con intense mareggiate che hanno isolato per ore Augusta (SR). A Misterbianco (CT), per lo smottamento di fango e detriti provenienti dal Monte Cardillo, sono state fatte evacuare quattro famiglie. A Modica (RG), il 17 novembre, un uomo è rimasto vittima di una violenta tromba d’aria. Un anno difficile anche per il sud Sardegna che il 14 novembre ha registrato conseguenze gravi per l’ondata di maltempo: un anziano è stato trovato morto nella sua auto ribaltata, non lontano dalla provinciale 73 a Sant’Anna Arresi (CI). A Villa San Pietro (CA) sono invece state recuperate con l’elicottero cinque persone rimaste isolate per l’acqua alta, mentre Pirri e numerose zone dell’area metropolitana di Cagliari sono state completamente allagate.

Numeri complessivi dal 2010 ad oggi – In questo report di fine anno, Legambiente ha anche aggiornato i dati dal 2010 ad oggi. Nella Penisola, dal 2010 ad oggi sono stati 1.181 i fenomeni meteorologici che hanno provocato danni nel territorio italiano con 637 Comuni dove si sono registrati eventi con impatti rilevanti, l’8% del totale. Ma ancora più rilevante è il tributo che continuiamo a pagare in termini vite umane e di feriti, 264 le persone vittime del maltempo dal 2010 ad oggi. A questo si aggiunge, come monitorato dal CNR, l’evacuazione di oltre 27mila persone, a causa di eventi quali frane ed alluvioni tra il 2016 ed il 2020, che diventano 320mila se si considerano gli eventi avvenuti dal 1971. Le Regioni più colpite dal 2010 ad oggi da eventi estremi sono Sicilia e Lombardia, “in testa” in questa non felice classifica (rispettivamente con 144 e 124 eventi) anche per quanto avvenuto nel 2021 (30 e 23). Ma rilevanti sono gli impatti avvenuti nel 2021 in Campania con 16 eventi, in Veneto e Sardegna con 14 e Lazio con 13. Così come dal 2010 in Lazio (111), Puglia (94), Emilia-Romagna (86), Toscana (80), Veneto e Campania (78).

Dati e numeri che, ancora una volta, dimostrano l’urgenza di intervenire per ridurre le emissioni di gas serra – che sono la causa dei cambiamenti climatici – e per limitare gli impatti nei territori e i rischi per la vita e la salute delle persone. Infatti, secondo i dati del NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), le concentrazioni di CO2 hanno raggiunto le 416 ppm (unità di misura “parti per milione” utilizzata per esprimere la concentrazione di una sostanza presente in una miscela) in ogni parte del globo per diversi mesi nonostante i quasi due anni di pandemia ed i lockdown, causa Covid-19.

 

Tabella del numero di eventi estremi nelle Regioni (2010-2021 e 2021)

 

Regione Eventi estremi 2010-2021 Eventi estremi 2021
Sicilia 144 30
Lombardia 124 23
Lazio 111 13
Puglia 94 7
Emilia-Romagna 86 10
Toscana 80 10
Veneto 78 14
Campania 78 16
Piemonte 71 12
Calabria 65 5
Liguria 56 11
Marche 50 8
Sardegna 49 14
Friuli-Venezia Giulia 24 4
Basilicata 20
Trentino-Alto Adige 18 5
Abruzzo 16 1
Umbria 12 4
Molise 4
Valle d’Aosta 2

Fonte: Osservatorio Città Clima, Legambiente 2021

Tabella del numero di eventi estremi nei Comuni 2010-2021 e 2021

 

Comune Eventi estremi 2010-2021 Eventi estremi 2021
Roma 58 9
Bari 41
Agrigento 32 1
Milano 30 2
Ancona 22
Genova 22 1
Napoli 21 5
Palermo 16 2
Torre Annunziata (NA) 13
Catania 12 4

Fonte: Osservatorio Città Clima, Legambiente 2021