Nella mattinata del 15 aprile, a Palermo, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Torino, coadiuvati da personale della Compagnia di Palermo Piazza Verdi, hanno dato esecuzione all’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Torino su conforme richiesta della locale Procura, nei confronti di cinque persone italiane di 30, 48 (due), 49 e 50 anni, sospettate di aver commesso, tra i mesi di febbraio e marzo 2024, due rapine ai danni di due distinte filiali bancarie site ad Osasio e a Moncalieri, appropriandosi complessivamente di più di 110 mila euro in contanti. La misura cautelare, scaturisce a seguito di un’articolata attività investigativa, eseguita attraverso il fondamentale ausilio offerto dalle immagini dei sistemi di videosorveglianza delle agenzie bancarie e di quelle comunali. Tale attività, ha permesso ai Carabinieri di raccogliere gravi e concordanti indizi di reità a carico degli indagati nonché di inquadrare i rispettivi specifici ruoli nell’esecuzione dei presunti delitti. In particolare, è stato accertato che entrambe le rapine sono state realizzate da una banda proveniente da Palermo. I soggetti viaggiavano separati per non destare sospetti e a Torino grazie all’aiuto di un supporto logistico. Il modus operandi prevedeva che prima di ogni colpo venivano effettuati numerosi sopralluoghi finalizzati a verificare le condizioni dei luoghi. I membri erano divisi in esecutori materiali e basisti. La fuga avveniva con un’autovettura rubata con targhe contraffatte e dopo ogni colpo, la “squadra” rimaneva nel capoluogo piemontese giusto il tempo per la spartizione del bottino che peraltro è stato per la maggior parte recuperato dagli investigatori nel corso delle indagini, e poi tornavano in Sicilia a bordo di altra autovettura non riconducibile a nessuno di loro. Quattro dei presunti rapinatori sono stati accompagnati presso il carcere “Pagliarelli-Lorusso” di Palermo, mentre il quinto, uno dei due 48 enni, è stato raggiunto dalla misura presso la casa circondariale “Lorusso e Cutugno” di Torino perché detenuto per altra causa.
Caro direttore,
Leggiamo su «La Stampa» del 15 aprile 2025 che il Comune intende affidare entro la primavera a un progettista esterno la redazione di un masterplan di corso Belgio, unitamente all’ “incarico di accompagnamento alla progettazione per il coinvolgimento della cittadinanza“. Si menziona inoltre la già avvenuta approvazione di un documento di indirizzo alla progettazione lo scorso 27 marzo.
Quindi in realtà il Comune è già partito in solitaria senza coinvolgere la cittadinanza. Ed ecco infatti sul sito Internet in data 27 marzo una determina su un “Progetto di Rinaturalizzazione di aree urbane tramite la messa a dimora di alberi e arbusti“ con fondi europei (PN METRO PLUS E CITTÀ MEDIE SUD 2021-2027).
Per cominciare bene il “processo di partecipazione” (che presuppone la trasparenza), nella determina non si indica che il progetto in questione riguardi la sostituzione dell’alberata di corso Belgio (caso mai i cittadini ficcanasassero nelle decisioni dei dirigenti comunali). Sostituzione che evidentemente non può essere rubricata come “rinaturalizzazione“; né tanto meno possono esserlo gli altri interventi citati sul giornale: il rifacimento delle banchine (la cui necessità era pure già stata messa in discussione) e la rimozione delle barriere architettoniche (auspicabile, ma per realizzare la quale non è indispensabile toccare l’alberata).
Se questa è la determina che riguarda lo sfortunato corso, il forte sospetto è che siamo di nuovo a “corso Belgio si rifà il look”, senza sapere che cosa vogliono i cittadini di corso Belgio. Anzi, stavolta, pur sapendolo già!
In merito ricordiamo che il 4 settembre 2024 avevamo presentato una prima petizione al Sindaco e agli Assessori Tresso (Verde e Manutenzione viabilità), Rosatelli (Salute) e Foglietta (Ambiente) chiedendo che, prima di procedere a qualsiasi intervento, fosse ripristinato quel 33% dell’alberata abbattuto e non rimpiazzato nel corso degli ultimi 20 anni. Se in corso Umbria la “sostituzione” di 77 alberi ha causato un aumento di temperatura di 2°C ledendo il diritto alla salute dei cittadini (come emerge dalla perizia del Consulente Tecnico d’Ufficio nel ricorso promosso da 21 membri dello scrivente Comitato), sicuramente la sconsiderata decisione di depauperare corso Belgio di circa 120 alberi ha avuto effetti analoghi. Pertanto segnaliamo che qualsiasi masterplan dovrà prevedere la restituzione del maltolto (le piante mancanti) alla collettività: e se questo volesse dire qualche parcheggio in meno, si migliori la mobilità pubblica! Non stiamo peraltro chiedendo di tornare agli anni Cinquanta: nel 2000 in corso Belgio le automobili coesistevano con molti più alberi.
Chiedevamo inoltre che la cittadinanza fosse coinvolta negli interventi sull’alberata fin dalle prime fasi progettuali: ossia che la progettazione consegua alle richieste dei cittadini, e non che questi vengano convinti, a suon di dépliant Torino cambia, della bontà di un progetto pronto. Certamente “partecipazione” non è soltanto decidere il colore o la disposizione delle panchine… Domandavamo anche di poter fare analisi congiunte sulla salute delle piante.
Ma a quella petizione Sindaco e Assessori non hanno mai risposto.
Intanto la delibera di iniziativa popolare sugli sprechi idrici, presentata dal Comitato Acqua Pubblica a luglio 2023, un anno e nove mesi dopo non è ancora stata valutata dal Consiglio Comunale, e le due proposte di referendum del Comitato Salviamo la Pellerina sono state respinte dal Comune.
Abbiamo riformulato come petizione al Consiglio comunale la nostra proposta, incentrata sul ripiantare gli alberi mancanti, coinvolgere davvero i cittadini nelle decisioni sull’alberata, reinternalizzare e migliorare la gestione del verde pubblico nonché utilizzare le risorse per migliorare la mobilità cittadina, per un progetto davvero sostenibile sia ecologicamente che economicamente. Segnaleremo sui nostri social le prossime occasioni in cui firmare.
La Giunta in carica è stata votata da un avente diritto al voto su quattro e quindi forse dovrebbe avere meno certezze sul consenso che incontrano le sue scelte, e astenersi dal programmare piani quinquennali a un anno e mezzo dalla sua incerta riconferma elettorale.
Torino, 18 aprile 2025
Comitato Salviamo gli Alberi di corso Belgio
Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso
20-21 aprile 2025
La passione secondo Jaquerio
Visita guidata agli affreschi del più grande esponente piemontese del gotico internazionale
La Salita di Cristo al Calvario è il capolavoro del pittore torinese Giacomo Jaquerio, maggior esponente del gotico internazionale, realizzata nella cappella adibita a sacrestia della Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso nel primo quarto del XV secolo.
Ciò che contraddistingue questa raffigurazione rispetto agli altri affreschi della cappella è la resa dei personaggi che appare più realistica all’interno di una scena drammatica. Per accrescere nei devoti la meditazione e la partecipazione alla sofferenza della Passione di Cristo, Jaquerio ha infatti accentuato i caratteri patetici e drammatici della scena. Lo spazio non è reso con una visione prospettica corretta, ma il senso di profondità è ottenuto disponendo i personaggi ad arco e collocando il volto dei soggetti più arretrati in una posizione più elevata rispetto a quella dei personaggi che sono in primo piano.
Nella folla è evidente la contrapposizione tra il Bene il Male nella scelta di colori e in un certo tipo di gestualità. I personaggi che trattengono la croce o quello che tira Gesù con una corda presentano lineamenti talmente alterati e deformati che sembra abbiano quasi connotazioni non umane. Tra la folla, si riconoscono il fabbro, a cui i giudei si rivolgono per fabbricare i chiodi della croce di Cristo, nell’uomo che tiene in mano tre chiodi e un martello (la sua partecipazione agli eventi della Passione si trova in alcune rappresentazione teatrali popolari diffuse in Francia e Inghilterra) e Giuda con la barba e i capelli rossi (colore che richiama la violenza e le fiamme dell’inferno) e il vestito giallo per evocare il tradimento.
INFO
Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso
Località Sant’Antonio di Ranverso, Buttigliera Alta (TO)
20-21 aprile, ore 15
La passione secondo Jaquerio
Costo attività: 5 euro, oltre il prezzo del biglietto
Biglietto di ingresso: intero 5 euro, ridotto 4 euro
Hanno diritto alla riduzione: minori di 18 anni, over 65, gruppi min. 15 persone
Fino a 6 anni e possessori di Abbonamento Musei: biglietto ingresso gratuito
Prenotazione obbligatoria
Info e prenotazioni (dal mercoledì alla domenica):
011 6200603 ranverso@biglietteria.ordinemauriziano.it

Smartphone alla guida: 270 sospensioni della patente
E’ di 452 patenti ritirate su strada il bilancio delle sospensioni brevi nel primo trimestre 2025. Si tratta di una sanzione aggiuntiva oltre a quella economica, introdotta con l’ultima riforma del Codice della Strada. Scatta nel caso l’automobilista abbia meno di 20 punti sulla patente. La durata della sospensione è graduata in base ai punti disponibili: sospensione di sette giorni se si hanno più di dieci punti-patente, di quindici giorni se il conducente ne ha da 9 in giù. I giorni raddoppiano se il conducente provoca un incidente stradale. Quando i conducenti sono fermati da una pattuglia, nel momento in cui gli agenti accertano una violazione del Codice della Strada per alcuni articoli specifici qualora i punti patente a disposizione siano inferiori a 20 devono applicare la sanzione accessoria della sospensione breve.
Nel dettaglio, secondo i dati del Corpo di Polizia Locale di Torino in seguito ai controlli di polizia stradale sono state 270 le sospensioni brevi per l’uso di smartphone durante la guida. 85 sospensioni invece per mancato utilizzo dei sistemi di ritenuta, 42 per il passaggio con il rosso semaforico o degli agenti in strada, 10 per mancata precedenza, 6 per l’esecuzione non corretta di manovre di cambiamento di direzione o di corsia, 5 per mancata precedenza ai pedoni, 2 per sorpasso, 1 rispettivamente per mancato rispetto dei periodi di guida/riposo e circolazione contromano.
In mostra al valdostano “Forte di Bard”, cento scatti fotografici in arrivo dalla 60^ edizione
Fino al 6 luglio
Bard (Aosta)
E’ stata, a ragione, definita “una fotografia mozzafiato”. Firmato dal fotoreporter canadese (specializzato in conservazione marina) Shane Gross, lo scatto ci propone il magico mondo sottomarino dei “girini” di rospo boreale (specie oggi fortemente minacciata a causa della distruzione dell’“habitat” e dei predatori), porta il titolo di “The Swarm of Life” (“Lo sciame della vita”) ed è stata premiata come la “migliore fotografia naturalista del 2024” nell’ambito della 60^ edizione di “Wildlife Photographer of the Year”, il più importante riconoscimento dedicato alla “fotografia naturalistica” promosso dal “Natural History Museum” di Londra. Ben 59.228 gli scatti realizzati, nel corso dell’anno passato, da fotografi di tutte le età e livelli di esperienza, provenienti da 117 Paesi. Di questi, in un nutrito numero di Cento, compresi i premiati e i più significativi, sono oggi esposti, fino a domenica 6 luglio, nel sabaudo complesso fortificato sulla rocca che sovrasta il borgo di Bard, in Valle d’Aosta. “Utilizzando il potere emotivo unico della fotografia per coinvolgere ed emozionare il pubblico – dicono gli organizzatori – le immagini fanno luce su storie e specie di tutto il mondo e incoraggiano un futuro a difesa del Pianeta”. Catturate a volte in rapidissimi “istanti” (ah, non farseli sfuggire!) non privi di più o meno faticosi e lunghi a non finire “appostamenti”. E’ il caso, proprio, della premiata fotografia di Shane Gross, catturata mentre il fotografo canadese faceva snorkeling per diverse ore tra tappeti di ninfee nel lago Cedar, sull’isola di Vancouver, nella Columbia Britannica, e muovendosi con estrema attenzione per non disturbare i sottili strati di limo ed alghe che ricoprono il fondale del lago. Attenzione e fatica premiate dallo stupendo “lavoro” portato a casa.
Da segnalare anche, fra le opere esposte, quella di Alexis Tinker-Tsavalas, fotografo tedesco che si è, invece, aggiudicato il “Young Wildlife Photographer of the Year 2024” per l’immagine ravvicinata “Life Under Dead Wood” (“C’è vita sotto il legno morto”), che raffigura i corpi fruttiferi della muffa melmosa ed un minuscolo “collembolo”, fra gli insetti (“Entognati”) più piccoli – solo in alcuni casi superano i 5 mm di lunghezza – esistenti in quasi ogni angolo del mondo e vitali per migliorare la salute del suolo, nutrendosi di microrganismi come batteri e funghi, aiutando così la materia organica a decomporsi. Per scattare questa foto Tinker-Tsavalis ha rotolato con estrema rapidità un tronco, scattando velocemente (con la tecnica del “focus stacking”, in cui vengono combinate 36 immagini, ciascuna con un’area diversa a fuoco) poiché i “collemboli” possono saltare molte volte la lunghezza del loro corpo in una frazione di secondo. Cogliere in un attimo infinitesimale l’“attimo fuggente”. E questi sono i magnifici risultati.
Due gli italiani premiati. Il calabrese di Vibo Valentia, dal 2007 residente in Scozia, Fortunato Gatto, vincitore della categoria “Piante e funghi” con lo scatto “Old Man of the Glen” (“Il vecchio della valle”) e con “menzione d’onore” nella stessa categoria per “High tide indicator” (“Indicatore di alta marea”) e “A carpet of woods” (“Un tappeto di boschi”) e Filippo Carugati (origini milanesi, ma residente a Torino, e cognome che ricorda il mitico Gino Bramieri) che ha ricevuto la “menzione d’onore” nella categoria “Subacquee” con lo scatto “Green, thin and rare to see” (“Verde, magro e raro da vedere”).
Per celebrare, inoltre, il sessantennale del “Concorso”, è stato introdotto per questa edizione anche il Premio “Impact Award” teso a riconoscere “una storia di speranza e di cambiamento positivo”. Due i premiati. L’“Adult Impact Award” è stato assegnato al fotoreporter australiano Jannico Kelk per “Hope for the Ninu” (“Speranza per i Ninu”), con l’immagine di un “bilby” maggiore in una riserva recintata, in modo che il piccolo marsupiale possa prosperare dopo essere stato portato quasi all’estinzione da predatori come volpi e gatti; alla polacca Liwia Pawlowska è andato, invece, il “Young Impact Award” per “Recording by Hand” (“Registrazione a mano”), dove un esemplare di “sterpazzola” (uccello migratore che ha il suo “quartier generale” nell’Africa sub-sahariana) appare rilassata durante l’inanellamento degli uccelli, tecnica che aiuta gli sforzi di conservazione registrando la lunghezza, il sesso, le condizioni e l’età di un uccello per aiutare gli scienziati a monitorare le popolazioni e a tracciare i modelli migratori.
Gianni Milani
“Wildlife Photographer of the Year”
Forte di Bard, via Vittorio Emanuele II, Bard (Aosta); tel. 0125/833811 o www.fortedibard.it
Fino al 6 luglio
Orari: mart. – ven. 10/18; sab. dom. e festivi 10/19; lun. chiuso
Nelle foto: Shane Gross “The Swarm of Life”; Alexis Tinker-Tsavalas “Life Under Dead Wood”; Fortunato Gatto “Old Man of the Glen”
Qualità o quantità?
Sarà capitato anche a voi di osservare una mostra fotografica, la produzione editoriale di uno scrittore oppure il semplice scatto postato sui social da un pinco pallino qualsiasi e pensare che a tanta quantità non corrisponde altrettanta qualità.
Prendiamo per esempio le classiche foto di compleanno, delle vacanze estive, di un viaggio o di un evento qualsiasi per mettere in mostra soltanto la voglia da parte del fotografo (o fotografa, non c’è differenza) di mostrare qualcosa di sé, della propria attività, e non anche una qualità, un impegno nel realizzare lo scatto.
Sempre più spesso assistiamo alla presenza maniacale, compulsiva, di alcune persone sui social attraverso i propri lavori, spesso di pessima qualità, eccessivi, insignificanti anziché farsi valere per la qualità dei propri lavori, anche se poco frequenti.
Quando fotografavamo con la pellicola, in un viaggio di 5 giorni mediamente si scattavano circa 150 scatti, pari a 4 rullini da 36, perché ogni scatto era studiato, aveva un significato per il fotografo, e lo dove va avere anche per i futuri osservatori dell’immagine.
Ora, nella maggior parte dei casi, quei 150 scatti vengono effettuati prima di varcare il casello di partenza dell’autostrada perché dobbiamo compulsivamente fotografare i cartelli, i semafori, il giocoliere, le auto, la prostituta che sta per staccare dal lavoro, l’autista del bus su cui viaggiamo, i vicini, quelli meno vicini e, altrettanto compulsivamente, metterli sui social dove resteranno come unica destinazione, perché più nessuno stampa le immagini, né le archivia ordinatamente su un hard disk.
A nessuno veniva in mente di fotografarsi nello specchio del bagno, rigorosamente con la tavoletta del wc alzato, mentre con la bocca a culo di gallina mostra al mondo il meglio di sé.
Forse il bisogno di affermazione spinge, soprattutto i giovani a transitare nella storia (dove resteranno davvero poco) attraverso le proprie esperienze fotografiche o video: tecnica 0, consequenzialità idem, appropriatezza dello scatto neppure.
Ma questa aberrazione è diventata la norma: se non pubblichi decine di scatti ogni giorno del tuo viaggio vieni subito interrogato da amici e conoscenti per conoscere il motivo di tale assenza dai social.
Ai miei allievi insegno che l’immagine deve esprimere qualcosa, anche nel caso di un reportage di cronaca, sportivo, di guerra o altro, che l’immagine nasce prima dello scatto, nella testa del fotografo, componendola e, magari, inserendo una cornice naturale (finestra, ramo fiorito, ringhiera) per renderla meno banale. Uno degli esercizi migliori è immaginare come verrà la foto, comporla, scattarla e guardarla: è come ti aspettavi? Bene. Altrimenti devi cambiare il tuo approccio alle scene.
Ma occorre avere voglia di creare davvero, di sviluppare una creatività che ti renda differente dagli altri, diverso ma non necessariamente più bravo o meno bravo, solo con un tuo stile personale.
Uniformarsi va bene quando si tratta di osservare le leggi, di adeguarsi alle consuetudini di una società, ma è svilente, spersonalizzante quando ripetiamo ciò che fanno gli altri, ci appiattiamo sulle abitudini altrui anziché ritagliarci uno stile nostro, creare una nostra cifra stilistica che ci faccia immediatamente emergere dalla massa.
Se il nostro desiderio è farci notare, non credete che diventando diversi dagli altri saremo più notati, più famosi, più apprezzati?
Via dalla pazza folla.
Sergio Motta
Piemonte, pesanti danni per l’agricoltura e per l’ambiente.
Una giornata di tregua, quella di ieri, dalle forti perturbazioni che hanno imperversato sulla nostra Regione, con una violenza inaudita: 500 millimetri di pioggia caduti in poche ore su alcune zone circoscritte.
Ponti crollati, strade chiuse e impraticabili fino a data da destinarsi, paesi isolati e senza corrente elettrica, campi e strade allagati, frane in montagna e in collina.
La Regione ha diffuso un primo elenco delle aree maggiormente colpite: basso Alessandrino, Biellese, Vercellese, Canavese, Valsusa e nelle zone montane del Verbano-Cusio-Ossola. Ieri sera ha inoltrato al Governo la richiesta di stato di emergenza.
La massima attenzione è rivolta ai fiumi, ai torrenti e ai rii, che dopo l’eccezionale entità delle precipitazioni cadute in 48 ore, sono esondati in più province creando allagamenti, danni strutturali, isolamenti, disservizi alle reti di pubblica utilità e, purtroppo, dispersi e vittime.
“Siamo vicini alle famiglie delle vittime e ci dispiacciamo che ancora una volta, nonostante le previsioni fossero chiare da alcuni giorni, non si sia potuto fare nulla per evitare il problema” dichiara a caldo Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte ed evidenzia “Questo dimostra in modo inequivocabile che, aldilà del cambiamento climatico in atto, occorre investire in modo deciso sulla prevenzione, più che sull’emergenza”.
In tutta la regione – rilevano i tecnici di Confagricoltura Piemonte impegnati in alcune prime ricognizioni – si segnalano prati e campi allagati, smottamenti nelle aree dei frutteti e dei vigneti, detriti di ogni genere, accatastati, che dovranno essere rimossi e smaltiti.
Nell’Alessandrino le aree interessate sono quelle lungo il Bormida (Cassine), del Casalese dove a Terranova il Sesia ha inondato i campi già seminati ed alcuni in vegetazione, e dell’Acquese.
Il fiume Tanaro è esondato nella prima fascia nei comuni di Asti, Azzano d’Asti, Castello di Annone, Rocca d’Arazzo, Rocchetta Tanaro. La produzione dei campi di grano in questa fascia sarà inevitabilmente compromessa, mentre si auspica che mais e girasole possano essere riseminati.
Preoccupa nell’Astigiano, così come nel Cuneese, l’impossibilità di entrare in sicurezza con i mezzi agricoli nei vigneti impedendo di fatto i trattamenti tempestivi contro la Plasmopara viticola (peronospora) e nei noccioleti per prevenire marciumi e attacchi fungini.
Nella zona delle Langhe e della valle Belbo, numerosi gli smottamenti.
Le intense precipitazioni hanno determinato l’innalzamento del Toce e del Sesia. Nel Biellese e Vercellese esondazioni di Elvo e Cervo nelle aree golenali e nelle aree limitrofe.
A Domodossola e Larecchio, nel Verbano, si sono registrati rispettivamente 105 e 96 mm di pioggia: molte case sfollate e diversi Comuni isolati.
Il fiume Po è esondato a San Sebastiano, nel torinese. Livello superato anche dai torrenti Malone a Front Canavese e Brandizzo, Orco a Castellamonte e San Benigno Canavese, Soana a Pont Canavese, Cervo a Quinto Vercellese.
Dalle Valli di Lanzo e di Susa, Canavese e Pinerolese i riscontri meno confortanti.
“Il bilancio per l’agricoltura è pesante, l’annata agraria potrebbe essere pesantemente compromessa – dichiara Lella Bassignana, direttore di Confagricoltura Piemonte – Il censimento dei danneggiamento dalle produzioni agricole è appena iniziato: i dati relativi alla superficie colpita sono inevitabilmente destinati a salire”.
Confagricoltura Piemonte apprende con favore la notizia che il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio ha stanziato 5 milioni di euro, prelevati dal fondo di riserva, come primo intervento di somma urgenza per consentire il ripristino dei danni ma auspica che ulteriori somme vengano destinate, senza troppi intoppi dovuti alla burocrazia, al ripristino delle aree svantaggiate.
Come più volte ribadito, la Federazione degli imprenditori agricoli piemontesi torna a sottolineare il fatto che servono programmi cogenti di manutenzione dei corsi d’acqua per mettere in sicurezza intere aree, prevenendo dissesti idrogeologici ed eventi come quelli degli ultimi anni, che ogni anno causano vittime e perdite ingenti alle imprese e all’agricoltura.
Torino, città che vibra al ritmo della vita

