Tema centrale del confronto sarà quello del lavoro, con un’attenzione particolare rivolta ai giovani
ARTE. “VOLANO” NEL CIELO DI TORINO LE 4 STATUE MONUMENTALI DI PALAZZO MADAMA PER TORNARE ALL’ANTICO SPLENDORE
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Torino, 11 luglio 2022 – Giustizia, Liberalità, Magnanimità e Abbondanza spiccano il “volo” nel cielo di Torino per tornare all’antico splendore. Inizierà domani l’operazione dispostamento a terra delle quattro monumentali statue in marmo di Brossasco, alte più di 4 metri e pesanti oltre 3 tonnellate ciascuna, che coronano la balaustra del corpo centrale di Palazzo Madama e raffigurano ermetiche allegorie del “Buon Governo”. Dopo un innovativo intervento di sezionamento, le statue saranno ingabbiate e calate con un eccezionale sistema di gru dall’altezza di 27 metri in piazza Castello, dove verranno restaurate “live” in uno speciale padiglione trasparente visitabile dal pubblico.
Lo spettacolare intervento – condotto dalla Cooperativa Archeologia di Firenze e da Arte Restauro Conservazione di Arlotto Cristina Maria, sotto la direzione dell’arch. Gianfranco Gritella – rappresenta un momento decisivo del grande cantiere di restauro e consolidamento strutturale della facciata juvarrianadell’edificio, grazie alla sinergia tra Fondazione Torino Musei, da sempre impegnata nella tutela, conservazione e valorizzazione dei beni museali, e Fondazione CRT, storico e principale sostenitore privato di Palazzo Madama (17,5 milioni di euro stanziati complessivamente), che finanzia interamente quest’ultimo intervento con un impegno straordinario di 2,4 milioni.
“Quattro capolavori, testimoni della storia e del ruolo di Torino nel Settecento europeo, che per la prima volta, grazie all’illuminato mecenatismo della Fondazione CRT, potremo ammirare da vicino, in un cantiere di restauro offerto all’attenzione e riflessione dei cittadini sul piano di piazza Castello. Un’occasione unica di incontro non solo per comprendere l’arte di uno dei massimi protagonisti della scultura tardobarocca, e i meccanismi della creazione, ma anche per riacquisire coscienza dei valori per secoli propugnati dalla nostra città capitale”, afferma il Presidente della Fondazione Torino Musei Maurizio Cibrario.
“È certamente un evento più unico che raro vedere le statue volare: non è il set di un film, ma un’avveniristica e spettacolare operazione di recupero storico-artistico, che abbina la tecnologia più innovativa e le migliori maestranze per salvare la grande bellezza della cultura. Un risultato reso possibile dalla sinergia pubblico-privato tra la Fondazione Torino Musei e la Fondazione CRT, da sempre impegnata per la rinascita e la valorizzazione di Palazzo Madama”, dichiara il Presidente della Fondazione CRT Giovanni Quaglia.
Le statue – formate ciascuna da quattro blocchi marmorei scolpiti e sovrapposti e del peso di circa 3.200 kg – sono opera dello scultore carrarese Giovanni Baratta (1670-1747), chiamato a Torino da Filippo Juvarra a più riprese tra il 1721 e il 1730 per portare a compimento queste sculture e altre opere a Superga, Venaria Reale e nella chiesa torinese di S. Filippo. Furono sbozzate nel laboratorio dello scultore a Carrara, poi trasportate in pezzi separati via nave fino a Savona e, infine, condotte su carri trainati da buoi e muli a Torino, dove furono montate in opera e portate a compimento.
LO STATO DI SALUTE DELLE STATUE. Lo stato conservativo delle statue è oggi assai compromesso e molto eterogeneo. Quella che evidenzia maggiore degrado, anche strutturale, è la statua della Giustizia (la prima verso nord). L’opera fu già smontata e calata a terra una prima volta tra il 1846 e il 1847, in occasione dei lavori di consolidamento delle fondamenta del palazzo, diretti dall’architetto Ernesto Melano e realizzati per l’insediamento nell’edifico del Senato Subalpino.
L’aggressione degli agenti atmosferici, i danni bellici, gli antichi restauri incongrui, l’ossidazione dei perni in metallo che trattengono i singoli blocchi lapidei e i rifacimenti ottocenteschi in marmi diversi hanno causato un degrado diffuso e problematiche di conservazione evidenti anche nella tecnica costruttiva utilizzata dallo scultore settecentesco. Baratta, infatti, adottando una tecnica di antica tradizione, per alleggerire il peso e facilitare il trasporto e il montaggio in opera delle sculture, fece svuotare gran parte del lato posteriore non visibile di ciascuna figura. Il profondo incavo che ne derivò fu poi colmato con una muratura di mattoni e calce, nella quale è infissa una barra in ferro che assicura la stabilità delle statue alla sottostante balaustra alta circa 2 metri. Un complesso sistema di perni e staffe in ferro e bronzo, alcune visibili, altre nascoste all’interno delle statue, ma individuate mediante indagini specialistiche con magnetoscopi e georadar, rivela la tecnica costruttiva impiegata per garantire stabilità alle opere trattenendo intere parti lapidee, scolpite separatamente e poi applicate al corpo principale della statua.
IL SEZIONAMENTO. Il distacco e il trasferimento delle quattro Allegorie dalla base su cui appoggiano sarannoresi possibili dall’allestimento in quota, a 27 metri dal suolo, di speciali macchine operatrici, che utilizzano la tecnica del taglio murario mediante lo scorrimento di un filo diamantato e lubrificato ad acqua, tecnologia tradizionalmente utilizzata nelle cave di estrazione del marmo. Il processo di taglio avviene mediante una macchina a motore elettrico dotata di pulegge su cui scorre ad alta velocità uno speciale cavo metallico ad anello, dotato di uncini costituiti da diamanti artificiali, che avanza su un carrello collocato su guide in acciaio: queste ultime sono posizionate su una piastra di base che garantisce un avanzamento guidato assolutamente lineare e continuo. L’operatore agisce tramite un’unità di comando elettronica a distanza.
L’INGABBIATURA, IL “VOLO” E IL RESTAURO “LIVE”.Contestualmente alla progressione del taglio, che avverrà secondo due direttrici contrapposte e in due fasi operative, nelle fessure così ricavate verranno inserite due piastre in acciaio debitamente sagomate e rinforzate. Su queste piastre verrà fissata una “gabbia”, anch’essa in acciaio, che conterrà a sua volta una cassa lignea in parte aperta, che ingloberà e renderà stabili le statue precedentemente pre-consolidate e protette. Al fine di non compromettere l’equilibrio statico dell’architettura marmorea, al posto delle statue rimosse verranno collocate sulla balaustra delle zavorre in calcestruzzo armato di peso equivalente alle statue, zavorre a cui saranno vincolate le ultime strutture del ponteggio superiore e della soprastante copertura provvisoria.
Sollevate da una gru, le statue e le loro imbracature, del peso complessivo di 6.000 kg, verranno calate a terra e poste su basamenti provvisori, in attesa di essere collocate in un padiglione ad hoc che sarà allestito dinanzi a Palazzo Madama, dove avverrà l’intero processo di restauro, visibile direttamente dal pubblico in piazza Castello, anche tramite visite guidate.
I carabinieri forestali di Torino hanno scoperto un’azienda agricola di San Raffaele Cimena, che prelevava acqua dal Po, senza autorizzazione, per irrigare vasti terreni coltivati. Circa 200 litri al secondo, venivano prelevati da un sistema di derivazione e convogliati in un canale con una motopompa. Il sistema era attivo da almeno quindici giorni e si stima siano stati prelevati dal fiume 72mila metri cubi di acqua, aggravando così la situazione di emergenza idrica del fiume. Per l’azienda agricola scatta una maxi multa, che può arrivare fino a 30mila euro.
Questa mattina, intorno alle ore 3.00, in Corso Regio Parco all’altezza del Cimitero Monumentale, in prossimità del civico 96, si è verificato un gravissimo sinistro stradale. Per cause ancora da accertare, un veicolo è andato ad urtare contro un palo dell’illuminazione pubblica e successivamente contro un albero.
Nell’impatto ha perso la vita un uomo di 32 anni, unica persona a bordo della Ford Fiesta.
Sul posto sono intervenuti il personale del 118 e la squadra Infortunistica del Reparto Radiomobile della Polizia Locale.
E’ morto anche Kevin Esposito, uno dei giovani sopravvissuti all’incidente avvenuto ieri mattina in corso Casale. L’auto con a bordo alcuni ragazzi di ritorno dalla discoteca si era scontrata con bus Gtt. Il ragazzo aveva 17 anni ed è stato operato due volte, al San Giovanni Bosco, ma non è stato possibile salvarlo. Altri due giovani erano morti ieri a seguito dello schianto.
12 luglio 1998: Francia Campione del Mondo!
Accadde oggi
Esattamente 24 anni fa la nazionale francese,attuale Campione del Mondo,
vinse il primo dei suoi 2 titoli mondiali.
Fino agli anni ’90 i blues non avevano mai brillato eccessivamente in campo continentale e mondiale,a parte la Coppa Europa vinta nel 1984 grazie ad un immenso Michel Platini.
Nel 1998
i transalpini avanzarono,con grande difficoltà, nell’eliminazione diretta, superando Paraguay (1-0), Italia (0-0, 4-3 dcr), Croazia (2-1).In finale ecco il Brasile,forti dei loro quattro (al momento) titoli mondiali.
il primo tempo si chiuse sul 2-0 per la Francia vantaggio dei transalpini, grazie alla doppietta di un marziano Zinedine Zidane che,con due colpi di testa perfetti, spense qualsiasi velleità dei sudamericani.
Al ’93 furono ancora i francesi, con Emmanuel Petit, a calare il tris: per la prima volta la Francia era campione del mondo.
Tabellino
BRASILE – FRANCIA 0-3
Saint Denis – Stade de France – 12 luglio 1998 – ore 21.00
Brasile: Taffarel, Cafu, Aldair, Junior Baiano, Roberto Carlos, Cesar Sampaio (73’ Edmundo), Dunga, Rivaldo, Leonardo (46’ Denilson), Bebeto, Ronaldo. CT: Mario Zagallo
Francia: Barthez, Thuram, Leboeuf, Desailly, Lizarazu, Karembeu (57’ Boghossian), Deschamps, Petit, Zidane, Djorkaeff (74’ Vieira), Guivarc’h (66’ Dugarry). CT: Aimé Jacquet
Arbitro: Said Belqola (Marocco)
Ammoniti: Junior Baiano (Bra), Descahmps (Fra), Desailly (Fra) 2, Karembeu (Fra)
Espulso: 68’ Desailly (Fra)
Marcatori: 27’/46’ Zidane (Fra), 93’ Petit (Fra)
Enzo Grassano
La notte del 31 ottobre tra le maschere più diffuse per festeggiare Halloween esorcizzando le paure, accanto a un infinità di streghe, zombi e mostriciattoli vari , ci sono certamente quelle dei vampiri. E tra queste spiccano quelle del Principe delle Tenebre, figura che ha le sue radici nella realtà storica e personaggio reso leggendario grazie a opere letterarie e cinematografiche dal Nosferatu di Murnau a Francis Ford Coppola.
Il famigerato e crudele conte vampiro della Transilvania conobbe il primo, grande successo di pubblico nel maggio del 1897 quando, a Londra, venne pubblicato il più famoso dei libri dell’irlandese Bram Stoker. Si trattava di “Dracula”, un romanzo dalle atmosfere gotiche. In verità l’idea venne concepita da Stoker qualche anno prima, esattamente 131 anni fa, tra il luglio e l’agosto del 1890. “La bocca, per quel che si scorgeva sotto i folti baffi, era rigida e con un profilo quasi crudele. I denti bianchi e stranamente aguzzi, sporgevano dalle labbra, il colore acceso rivelava una vitalità stupefacente per un uomo dei suoi anni. Le orecchie erano pallide, appuntite; il mento ampio e forte, le guance sode anche se scavate. Tutto il suo volto era soffuso d’un incredibile pallore”. Una descrizione che non lascia dubbi sull’identità del personaggio e sulla sua natura sinistra, offrendo l’occasione al tema del vampirismo di acquisire, forse per la prima volta, una certa dignità letteraria.
Alle credenze popolari e alle superstizioni diffuse soprattutto nei paesi dell’Est e nei Balcani, il letterato irlandese – che nella Londra vittoriana alternava all’attività di giornalista quella di scrittore – venne introdotto dal professore ungherese Arminius Vambéry. Fu quest’ultimo a parlargli della Transilvania, raccontando la storia del principe Vlad III di Valacchia, noto con l’appellativo di Draculea (che si può tradurre come “figlio del dragone”, riferito al padre Vlad II, membro dell’Ordine del Dragone). Il principe Vlad Tepes, passato alla storia come Vlad l’Impalatore per i violenti e sadici metodi di tortura che riservava non solo agli odiati turchi ma anche ai cristiani, nell’immaginario di Stoker si sovrappose al protagonista del suo romanzo. Tra l’altro, nella lingua rumena, le parole “dragone” e “diavolo” (“drac”) sono molto simili. Così, Vlad vide trasformare il suo soprannome Draculea in Dracul il cui significato equivale a “figlio del Diavolo”. Stoker trovò anche un’altra fonte d’ispirazione in diversi articoli comparsi sui giornali dell’epoca in relazione a un fatto di cronaca realmente accaduto nel 1892, nella cittadina di Exter, nel New England.
La morte di una ragazza diciannovenne scatenò l’immaginazione dei suoi concittadini sia per gli strani sintomi, pallore e inappetenza, sia per il fatto che a poca distanza morirono nello stesso modo madre, sorella e fratello. Ciò che per la medicina non poteva che trattarsi di tubercolosi, per la gente era un chiaro caso di vampirismo. Sommando una suggestione dopo l’altra, mescolando abilmente storia e immaginazione, lo scrittore costruì il romanzo come una raccolta di pagine di diario scritte dai protagonisti della vicenda. Dal giovane avvocato inglese Jonathan Harker, che si reca in Transilvania per definire l’acquisto di una casa londinese da parte del Conte Dracula, alla sua fidanzata Mina Murray, oggetto del desiderio del vampiro che in lei rivede la moglie morta, fino al professore olandese Abraham Van Helsing, scienziato e filosofo che crede nell’esistenza del soprannaturale. Fatto circolare prima tra gli amici e successivamente modificato, il libro venne stampato e posto in vendita nella tarda primavera del 1897.
Da allora, il successo è stato talmente ampio da creare un vero e proprio genere, con adattamenti teatrali e cinematografici come il già citato Nosferatu il vampiro nel 1922, capolavoro del cinema muto espressionista firmato dal tedesco Friedrich Wilhelm Murnau, fino ai più recenti Dracula di Bram Stoker (tre premi Oscar nel 1993 per la pellicola di Coppola), Van Helsing (2004), i vari film d’animazione della serie Hotel Transylvania”, il Dracula 3D di Dario Argento e Dracula Untold del 2014. Ovviamente un lungo discorso andrebbe dedicato anche a due degli interpreti storici del Conte assetato di sangue come i mitici Bela Lugosi e Christopher Lee ma c’è tutta un’altra storia che vale la pena raccontare. E qui dal racconto del libro si passa alla storia, o almeno a qualcosa che gli assomiglia. Il voivoda Vlad III di Valacchia perse la vita in circostanze poco chiare. Si presume che Dracula morì com’era vissuto, cioè combattendo. Secondo alcuni la sua testa, recisa dal corpo, venne portata a Costantinopoli come un trofeo e il suo corpo venne sepolto senza tante cerimonie dal suo rivale e vassallo dei Turchi, Basarab Laiota. Non si conosce l’esatta ubicazione della sua tomba, anche se la tradizione popolare vuole che sia stato sepolto nella chiesa ortodossa dell’Assunzione, nel convento di Snagov, su un’isola nel bel mezzo di un lago situato a una quarantina di chilometri a nord di Bucarest. Alcune ricerche archeologiche risalenti agli anni ’30 del secolo scorso rinvennero in quel sepolcro solo ossa di cavallo.
Il priore di Snagov, ancora qualche tempo fa contestò questa versione, rivelando che la tomba posta di fronte alle porte dell’iconostasi è a tutti gli effetti la vera tomba di Vlad Tepes. Tuttavia, la maggior parte degli storici romeni pensa che il vero luogo di sepoltura sia invece il monastero-fortezza di Comana, fondato e costruito nel 1461 proprio da Vlad Tepes, in quello che oggi è il distretto di Giurgiu, nel sud della Romania, al confine con la Bulgaria. Durante alcuni scavi archeologici eseguiti nel 1970, si diffuse la notizia che il corpo senza testa di Vlad l’Impalatore fosse stato localizzato proprio nei sotterranei del monastero. Persino a Parigi vi è chi sostiene, ma qui siamo nel campo del puro gossip, che il Conte dimori in una cappella sconsacrata al Perè- Lachaise. Ma ecco che, al fine di rendere ancora più aggrovigliata la matassa, si è fatta strada una terza e clamorosa ipotesi: il conte Dracula non morì combattendo in Transilvania ma a Napoli, ed è stato sepolto nel cuore della città partenopea, nel chiostro di Santa Maria La Nova.
A sostenere quest’ardita tesi non sono dei fantasiosi “cacciatori di vampiri” ma alcuni studiosi dell’Università estone di Tallinn che, in collaborazione con studiosi italiani, hanno compiuto ricerche sulla principessa slava Maria Balsa, fuggita a Napoli nel 1479 a causa delle persecuzioni turche e accolta nella città all’ombra del Vesuvio da Ferdinando d’Aragona. La donna, che diventò in seguito moglie del Conte Giacomo Alfonso Ferrillo, sarebbe la figlia del Conte Vlad III di Valacchia, meglio conosciuto ai più come il Conte Dracula. E parrebbe proprio che fosse stato il padre ad accompagnarla nella città sul Golfo, cercando e ottenendo l’anonimato. La prova fornita dagli studiosi a sostegno delle loro tesi è il fatto che il blasone formatosi in seguito alla fusione degli stemmi delle famiglie Balsa e Ferrillo presenta un drago, in tutto e per tutto simile a quello della casata dei principi di Valacchia. Sarà davvero così? Il conte Dracula riposa (?!) a Napoli? La storia è affascinante, ricca di sfumature e di colpi di scena, anche se sembra più la trama di un romanzo d’avventure che una realtà storica. Infatti, almeno per il momento, manca il particolare che la renderebbe clamorosa, il colpo di scena finale: il corpo di Vlad Tepes. Ed è ciò che gli studiosi scesi in campo sperano di ottenere. Nel dubbio, come il professor Van Helsing, attendiamo notizie tenendo ben stretto in una mano un appuntito paletto di frassino e nell’altra una boccetta di acqua benedetta.
Marco Travaglini
Disponibile, dallo scorso giovedì 7 luglio, il nono episodio del podcast “Fuoriclasse” del “Salone del Libro” di Torino

g.m.
Non sia dimenticata la lezione della tragedia di Andrea Soldi
La crescita, già evidente a metà anno nel numero di TSO effettuati a Torino è un dato che va nella stessa direzione di diversi altri indicatori, confermandoli. Ci preoccupano i dati resi noti dalla Giunta Comunale di Torino e condividiamo la parola “emergenza” usata dall’Assessore. Da tempo ci battiamo in Consiglio Regionale, come Moderati, affinché i Reparti di Psichiatria e di Neuropsichiatria Infantile siano adeguatamente potenziati sul territorio regionale per far fronte alla drammatica situazione fotografata dai dati. Al momento, l’investimento (in impegno e in risorse economiche) da noi auspicato non si è stato adeguato. “Il Sole 24 Ore” riporta che, se nel 2019 quasi un miliardo di persone – di cui il 14% adolescenti – viveva con un disturbo mentale, già dopo il primo anno di pandemia queste patologie sono aumentate rispettivamente del 26% e 28% e i dati sono in ulteriore crescita. Mi auguro che la lezione impartita dalla tragedia di Andrea Soldi, morto durante un TSO nell’estate del 2015, sia finalmente appresa nella sua interezza, portando la politica a un sostanziale ripensamento del modello della psichiatria regionale e all’impegno per cambiare quanto, in questo ambito, ancora non funziona. Un risultato che non si potrà raggiungere senza che su questo settore si mettano finalmente risorse finanziarie adeguate. Le condizioni oggettive rendono questo cambio di rotta più che mai urgente.
Silvio Magliano – Presidente Gruppo Consiliare Moderati, Consiglio Regionale del Piemonte.
IL PUNTASPILLI di Luca Martina
Parlare di inflazione in questo periodo mi suscita il fortissimo sospetto di annoiare il lettore. Allora perché insistere?
Forse perché potrebbe non essere sempre così evidente a tutti quanto spesso nella storia degli ultimi 150 anni (da quando la seconda rivoluzione industriale, estendendosi dall’Europa agli Stati Uniti, ha precipitato il mondo civilizzato nella “modernità”) il fenomeno si è manifestato e quali siano state le sue origini ed i suoi effetti sui mercati finanziari.
Quello che segue richiede una certa pazienza: ci saranno più numeri del solito ma spero che la loro logica risulterà evidente e non scoraggerà il lettore che, se vorrà approfondire, potrà consultare lo studio, pubblicato la settimana scorsa, “Baltussen, Guido and Swinkels, Laurens and van Vliet, Pim, Investing in Deflation, Inflation, and Stagflation Regimes (July 6, 2022)”, dal quale ho tratto le informazioni riportate.
Incominciamo con il sottolineare come dal 1875 ad oggi l’inflazione sia stata su livelli superiori al 4% per 46 anni su 147 (poco meno di un terzo del periodo in osservazione).
I periodi estremi, inflazionistici ma anche deflazionistici hanno tutti una matrice comune: sono dovuti ad eventi “straordinari” e coincidono perlopiù con le recessioni.
A turbare in normale andamento dei prezzi, dove questi non superano il 4%, nell’ultimo secolo e mezzo sono state infatti l’esplosione di crisi finanziarie seguite alla formazioni di “bolle”, seguite a periodi con tassi di interesse molto bassi (come quella del 1870, la “Lunga depressione”, che perdurò sino al 1890 caratterizzata dal boom dei mercati immobiliari europei estesa poi sino agli Stati Uniti) e, soprattutto, le guerre (il periodo tra il 1915 ed il 1945 è un drammatico susseguirsi di fiammate, in su e in giù, dei prezzi ma anche la crisi petrolifera degli anni settanta ha origine da un conflitto, quello arabo-israeliano).
La situazione che stiamo attraversando si trova al pericoloso crocevia di queste due situazioni: veniamo da un lungo periodo privo d’inflazione, con tassi bassissimi (addirittura negativi) che aveva provocato la salita delle valutazioni di azioni ed obbligazioni (seppure, probabilmente, non a livelli di “bolla”) e l’uno-due pandemia-guerra ne ha fatto da detonatore.
Per un risparmiatore può essere utile osservare come nella storia, a partire da diversi livelli di inflazione, si siano comportati i mercati finanziari.
Come si può osservare dalla tabella riportata di seguito, i rendimenti nominali degli investimenti sono stati, nel complesso, sempre positivi mentre quelli reali, depurati dell’inflazione, hanno avuto un andamento negativo quando il costo della vita superava il 4%.
A soffrire non sono solo i mercati azionari (più rischiosi) ma anche quelli obbligazionari e quando l’inflazione è elevata neanche un portafoglio globale bilanciato (60-40 azioni/obbligazioni) riesce a produrre un rendimento reale positivo.
Di questo abbiamo avuto una dolorosa conferma proprio quest’anno: i rendimenti in rosso “nominali” (tra il -5% ed il il -25%) sono stati peggiorati da un’erosione di ulteriori 3-4 punti percentuali prodotti dall’inflazione (pari al 7-8% su base annua).
Ecco riassunto, mi si perdonino le inevitabili semplificazioni di un fenomeno così complesso, il motivo che rende così poco gradita l’inflazione al tavolo degli investitori e dei risparmiatori.
Si può ben comprendere come le speranze di tutti siano per un rapido ritorno alla “normalità” (il 2% è stato più volte sottolineato essere un tasso d’inflazione “desiderabile” dai banchieri centrali).
Sarebbe forse però dire “quasi tutti”: la storia ci ha insegnato che una elevata inflazione accompagnata da tassi di interesse reali negativi (ovvero fermi ad un livello inferiore all’aumento dei prezzi al consumo) rappresenta una comoda via di uscita per i governi da un indebitamento altrimenti poco sostenibile.
Quando, come oggi, i tassi di interesse sono distanti dal proteggerci dal carovita la crescita del PIL (nominale) supera quella del costo medio del debito pubblico (ora di poco superiore al 2,4%, frutto delle emissioni, per lo più a tasso fisso, ancora in circolazione) riducendone così il suo peso percentuale.
Se, ad esempio, il debito pubblico italiano attuale, pari a circa il 150% del PIL, fosse aumentato dei soli interessi (il 3,6%, ovvero il 2,4% su una volta e mezza il PIL), senza creare nuova spesa pubblica, salirebbe a fine anno al 153,6% ma quest’anno il PIL dovrebbe crescere del 7,5%, il 2,6% “reale” (previsioni del MEF) più l’inflazione stimata intorno al 5% (dati ISTAT), e in questo modo il debito si troverebbe ridimensionato al “solo” 140% (153,6/107,6 X 100)!
E’ proprio questa la strada percorsa dopo i conflitti mondiali e durante la crisi petrolifera degli anni settanta perché, come ricordava due secoli e mezzo fa Georg Christoph Lichtenberg, “l’inflazione è come il peccato: ciascun governo la denuncia, però ciascun governo la pratica”.
Sarebbe però un peccato mortale affidarsi solo alla “più iniqua delle tasse” (Luigi Einaudi dixit) per riportare il debito pubblico sotto controllo.
Ma questa è, davvero, tutta un’altra storia (si spera, a lieto fine).