ilTorinese

Uisp, camminare per sport e per amore della montagna

Camminare è il gesto più naturale e non ci ricordiamo neppure qual è stato il momento in cui lo abbiamo imparato e non ha neppure bisogno di spiegazioni.

Il mantra che ci viene ripetuto di farlo almeno “30 minuti” al giorno lo conosciamo tutti. Ma quanti di noi sono in grado di accompagnare un gruppo di persone, anche per una semplice camminata in un contesto urbano? Sembra una banalità, ma in realtà ci sono molti aspetti del camminare che richiedono conoscenze e competenze, dalle normative alla sicurezza, alla giusta impostazione e postura del movimento. Il corso di formazione di operatore sportivo di atletica leggera metodica del cammino Uisp Piemonte serve a questo scopo. Si articola su 23 ore di lezioni in videoconferenza e 10 di esercitazioni pratiche in presenza che prenderanno il via giovedì 2 marzo e si concluderanno il 1° aprile con un’escursione sul campo per valutare e verificare il lavoro svolto. Quali saranno gli argomenti trattati? Le prime lezioni saranno incentrate su come gestire un gruppo e quindi sulle dinamiche di gruppo, su come comunicare con i partecipanti. La platea dei camminatori è variegata e ci si può trovare di fronte a situazioni curiose ed imprevedibili. Dalla sesta lezione in avanti si entrerà nella parte tecnica con l’apprendimento delle varie tipologie del cammino, si parlerà di condizioni meteo, delle tre A.A.A. alimentazione, attrezzatura, abbigliamento, di come orientarsi e organizzare e pianificare un’escursione, di rispetto e cura dell’ambiente. Per info ed iscrizioni: ww.uisp.it/piemonte – formazione.piemonte@uisp.it .

Simile per certi aspetti, ma dedicato a chi è più allenato e cerca terreni più impegnativi, è il corso base di escursionismo che inizierà venerdì 24 febbraio, promosso dalla asd Nord Ovest con la Uisp Biella. Fatica, dolori muscolari, sensazione di fiato corto, paura di scivolare su un terreno nuovo, sono tanti compagni di viaggio, che è necessario saper affrontare. Gli obiettivi del corso serviranno a questo, si spazierà dalla sicurezza al sapersi muovere su terreni diversi, come orientarsi e mettere alla prova le proprie capacità e non da ultimo, non aver paura della fatica. Il corso è aperto a tutti, ai neofiti e a chi è più esperto e vuole scoprire qualche nuova nozione. Tre lezioni saranno tenute a Ponderano presso la sede della asd Nord Ovest, mentre le tre lezioni in ambiente si svolgeranno nel biellese.

Info: 335/1675483

“Il mondo è troppo per me. La storia di Vittorio Camardese” a Seeyousound

Prima assoluta lunedì 27 febbraio h.18:45 Sala 1 – Cinema Massimo | Torino 

Seconda proiezione martedì 28 febbraio h.15:45 Sala 2 – Cinema Massimo | Torino

Il documentario “Il mondo è troppo per me. La storia di Vittorio Camardese” sarà presentato in anteprima assoluta durante il SEEYOUSOUND International Music Film Festival concorrendo nella categoria Long Play DOC.

Vittorio Camardese è stato uno dei più grandi chitarristi italiani ma non ha mai inciso un disco e non esistono trascrizioni della sua musica, resta solo quello che ha lasciato nelle persone che hanno avuto la fortuna di ascoltarlo suonare come è successo, solo per citarne alcuni, a Chet BakerLelio LuttazziTony ScottMassimo Urbani, Stephane Grappelli che lo hanno stimato e amato proprio per la sua tecnica inedita e il talento innato.

Il documentario ripercorre la vita, le origini, le inclinazioni del radiologo di Potenza che tra gli anni ’50, ’60 e ‘70 vive ed è protagonista della scena jazz romana e internazionale. Suona con i musicisti che passavano le notti tra il Music In e il Folkstudio dove le sue performance strabilianti erano diventate un numero fisso ed è proprio qui che l’avventura jazzistica di Vittorio diventa leggendaria solo fino all’alba però, quando infilava il camice e tornava ad essere anche un brillante radiologo, che però mai volle sostenere l’orale per diventare primario.

La vita di Vittorio Camardese è stata ricostruita intervistando chi lo ha conosciuto e amato: Renzo Arbore e Irio de PaulaAntonio Infantino, Nicoletta Costantino, Marcello Rosa, Graziano Accinni, Gianni Bisiach, colleghi medici di Roma e la sua famiglia d’origine, tantissime le persone tra Roma e Potenza che hanno custodito un pezzo di questa storia che la regista e tutte le persone che hanno collaborato al film hanno ricucito minuziosamente. La biografia di Vittorio Camardese attraversa il Novecento: nasce nel 1929 a Potenza e nel dopoguerra si trasferisce a Roma, viaggia  tra due città, una di provincia e la capitale in fermento, ma la sua musica arriva fino al 2013, quando sarà ri-scoperta. Il documentario alterna interviste, animazione, le immagini di archivi privati inediti e i filmati di Vittorio musicista nelle uniche tre apparizioni televisive in RAI che fece sempre costretto dagli amici.

È il 2 luglio 2013 e Vittorio è scomparso da tre anni quando il chitarrista Roberto Angelini carica su youtube un video in bianco e nero in cui Vittorio Camardese, con cui Angelini è cresciuto perché aveva sposato sua madre, suona la sua chitarra durante il programma “Chitarra amore mio”. Camardese non pizzica le corde ma le percuote: Camardese si sta esibendo in tapping, ma non lo sa nessuno, nemmeno lui. In pochi minuti il video diventa virale, fa il giro del mondo arrivando sulle timeline dei più grandi musicisti, Bryan May dei Queen definisce “Magia” quello che ha visto sullo schermo, Joe Satriani ritwitta il link di youtube e augura buona visione, migliaia di appassionati non riescono a staccare gli occhi da quelle mani, così Vittorio arriva anche sulla timeline della regista Vania Cauzillo.

“L’algoritmo mi proponeva con insistenza il video di una sua esibizione del 1965. Era di Potenza. Come me. Ma non lo avevo mai sentito nominare, mentre molti di amici e colleghi artisti a Potenza avevano avuto l’occasione di conoscerlo o almeno di sentir parlare di questo “mito”. Mi sono innamorata subito di quel radiologo che diceva di aver chiesto il permesso al suo primario per essere in TV quel giorno. Quando si mette a suonare e la camera stringe sulle sue mani, diventa impossibile resistere a quel volteggio, a quel ritmo sincopato ed elegante. Incredulità, stupore, ammirazione. La storia di Vittorio rischiava di essere dimenticata ed è arrivata a me parlando di radici e di talento, di scelte e musica, di note blu e anche della mia Basilicata. Così ho contattato Roberto, la sua famiglia d’origine e mi hanno affidato questo storia. Ho dovuto girare  intervistando i ricordi più che le persone, perché difficile era ricostruire una storia di qualcuno che probabilmente voleva essere dimenticato “Il mondo è troppo per me” è iniziato come un documentario su un talentuosissimo chitarrista, ma la storia di Vittorio ha aperto riflessioni sulle occasioni perdute di essere felici, sulla responsabilità di essere un artista, sulle scelte fatte anche quando decidiamo di non decidere”

“Il mondo è troppo per me” è un film di Vania Cauzillo, prodotto da Jump Cut, produzione cinematografica indipendente trentina, realizzato con Laura Grimaldi alla sceneggiatura insieme a Vania Cauzillo, Sebastiano Luca Insinga alla fotografia, Chiara Dainese al montaggio, con le illustrazioni di Elisa Lipizzi e la supervisione di Gianluca Maruotti, Danny De Angelis al suono, musiche originali di Roberto Angelini e Vittorio Camardese.

Sinossi Un giorno, dal niente, compare su Youtube un video che cambia la storia della musica. Quel giorno il mondo scoprì che il precursore del tapping, una rivoluzionaria tecnica chitarristica, non era il grande Eddie Van Halen, ma un medico di provincia: Vittorio Camardese.
Da allora, i più grandi musicisti di tutto il mondo hanno voluto saperne di più. “Chi è questo collega sconosciuto? Chi è Vittorio Camardese?”.
Questa è la storia Vittorio, la storia di un genio che ha scelto di non essere un genio.
Vittorio Camardese è un invisibile di grande presenza. Un uomo di cui si rischia di perdere la memoria, ma che invece può raccontare tanto della musica, della responsabilità del talento, della paura del successo, ma anche dell’Italia e delle radici che tengono ancorati al terreno invece di spingersi a prendere il volo e crescere lontano.

Vania Cauzillo (1984), lucana, racconta storie attraverso il cinema documentario e l’opera contemporanea sperimentando sulla co-creazione con le comunità. Il suo lavoro di ricerca con la compagnia l’Albero è riconosciuto dal Ministero della cultura dal 2020. Laureata con lode in Storia della Musica, si è formata affiancando tra il 2007 e il 2010 il regista Alessandro Piva in tutti i suoi progetti, con interesse particolare per quelli documentaristici: “Camera mia” per cui cura le interviste in Turchia, Azeirbajan, Montenegro e Tunisia, (Giffoni film festival), “Pasta Nera”, per cui cura ricerche e interviste (64°Festival del cinema di Venezia). Ha prodotto e diretto il suo primo documentario “Dalla Terra alla luna”, distribuito da Rai Cultura, 2014, ha diretto “La ricerca della forma – Il genio di Sergio Musmeci” 2015, prod. Effenove, Museo MAxxi di Roma, che ha vinto lo SCI- DOC European Science TV and New Media Festival and Awards di Lisbona, nel 2017 ha diretto il secondo episodio della serie di documentari “Matera 15/19 –Dove Ti fermi”. “Il mondo è troppo per me” la storia di Vittorio Camardese” è il suo ultimo lavoro. Per il programma ufficiale di Matera Capitale europea della cultura 2019 ha ideato e prodotto la prima community opera italiana, Silent City, unico caso studio di performance completamente accessibile. In Europa, in qualità di Vice-chair del network Europeo RESEO si occupa da anni di advocacy sui temi dell’inclusione e del gender gap nelle arti performative dei più grandi teatri d’Opera europei.

Jump Cut è una casa di produzione cinematografica indipendente nata a Trento nel 2011 con l’obiettivo di produrre film d’autore e di sperimentazione nei temi, nello stile e nella forma. Oltre all’attività cinematografica, si occupa anche di progetti di video arte, video danza e fotografia. La prima produzione è del 2013: l’opera prima di Alessandro Rossetto, Piccola Patria che vince 12 premi, viene selezionato in nomination ai Nastri d’Argento, ai Globi d’oro e ai Ciak d’oro; nel 2015 presenta Gente dei bagni di Stefania Bona e Francesca Scalisi, e Complimenti per la festa di Sebastiano Luca Insinga, un biopic musicale sulla band rock Marlene Kuntz. Nel 2016 viene presentato Noi 2, domani di Eugenio Maria Russo e Funne – Le ragazze che sognano il mare di Katia Bernardi. Nel 2017 viene presentato Non gioco più di Sebastiano Luca Insinga, 2018 la società produce un altro cortometraggio di Insinga, La Buona Novella, che vince 4 premi (Fesancor; ThessInt Short FF; Oslo Independent FF, Greboble FF). Nel 2022 Jump Cut completa Adam Ondra: pushing the limits di Petr Zaruba e Jan Simanek e nel 2023 vede la luce Il mondo è troppo per me di Vania Cauzillo. La società sta attualmente lavorando ai film Sconosciuti Puri di Valentina Cicogna e Mattia Colombo; Android Phil di Edoardo Vojvoda; Questo Corpo di Martina Melilli.

Documentario con animazione 63’-2023

Regia: Vania Cauzillo

Produzione: Sebastiano Luca Insinga e Chiara

Nicoletti per Jump Cut

Sceneggiatura: Laura Grimaldi e Vania Cauzillo

Fotografia: Sebastiano Luca Insinga

Montaggio: Chiara Dainese

Illustrazione: Elisa Lipizzi con la supervisione di

Gianluca Maruotti

Animazione: Valerio Oss (Pixel Cartoon)

Suono: Denny De Angelis, Philippe Gozlan

Musica originale: Roberto Angelini e Vittorio

Camardese

Realizzato in collaborazione con Trentino Film Commission, con il contributo di MiC Direzione Cinema e Audiovisivo, con il sostegno del Fondo Etico di BCC Basilicata, col supporto di Lucana Film Commission

Rossino (Per l’Italia con Paragone): no insetti nel cibo, difendiamo l’agroalimentare!

Parte dal mercato di via Onorato Vigliani, con un calendario fitto di appuntamenti, la raccolta firme contro la presenza di insetti nel cibo. I banchetti toccheranno i principali mercati della città, dove sarà possibile anche tesserarsi al partito sovranista di Paragone.

 

“Ci parlano degli insetti con la scusa di un’alimentazione sostenibile, invece è semplicemente l’ennesimo attacco al settore agroalimentare italiano. – Afferma Matteo Rossino (Per l’Italia con Paragone) – L’Ue vorrebbe farci vivere di vini finti, carne sintetica e insetti, ma noi ci opporremo. Non gli permetteremo di affossare millenni di storia dei nostri territori. Vi aspetto ai gazebo per firmare e lanciare un messaggio forte e chiaro a Bruxelles: le nostre tradizioni non sono in vendita!”

Stipendi, la crescita media a Milano è il doppio rispetto a Torino

I più pagati d’Italia sono i milanesi: la crescita del loro  stipendio medio è due volte e mezzo quello nazionale, è salita del 6,7% . Oggi vale il doppio rispetto a quello di Torino. Le buste paga si sono impoverite in 22 province su 107 tra il 2019 e il 2021. Qui un lavoratore dipendente nel triennio ha perso  mediamente 312 euro, a fronte di una crescita nazionale di 301 euro. La differenza salariale tra le città italiane è stata esaminata dall’ultima rilevazione dell’Istituto Tagliacarne. Torino non risulta però  tra le 22 province nelle quali  i salari sono in calo. Sotto la Mole  gli stipendi si sono alzati, circa il 2,3%, una crescita in linea con l’inflazione negli ultimi due anni. Davanti al capoluogo piemontese vi sono però città come Genova, Trieste, Verona,  Parma, Reggio Emilia.

L’assessore alla Sanità all’assemblea dei presidenti degli Ordini dei medici

NUOVI OSPEDALI, L’ASSESSORE REGIONALE ALLA SANITA’ DEL PIEMONTE, LUIGI ICARDI, HA PRESENTATO LA “BEST PRACTICE” DEI MODELLI ESIGENZIALI ALL’ORDINE DEI MEDICI: «IMPORTANTE CONOSCERE I CRITERI DEL DIMENSIONAMENTO DELLE STRUTTURE SANITARIE»

 

L’assessore regionale alla Sanità del Piemonte, Luigi Genesio Icardi, ha partecipato all’assemblea dei presidenti degli Ordini dei medici delle province piemontesi, ospitata nella sede dell’Ordine di Asti presieduto da Claudio Lucia, per illustrare gli studi clinici gestionali e i dimensionamenti dei nuovi ospedali piemontesi, tra cui Cuneo, Savigliano (Quadrante Nord Ovest provincia di Cuneo), Torino Nord, Regina Margherita, Alessandria e altri.

 

«Sono grato all’Ordine dei medici – ha osservato Icardi – per l’attenzione che ha prestato nel conoscere, in dettaglio, i criteri che hanno condotto a definire il capitolato esigenziale dei nuovi ospedali. E’ importante che le scelte sulla Sanità siano il più possibile condivise, compatibilmente con le competenze e le responsabilità di ognuno, per gestire al meglio l’assistenza sanitaria, in modo integrato tra ospedale e territorio».

 

L’assessore ha evidenziato come il metodo innovativo seguito dal Piemonte per la progettazione dei nuovi ospedali sia considerato una “best practice” a livello nazionale.

 

«Contrariamente a quanto avveniva in passato, quando si costruivano gli ospedali e poi si decideva come utilizzarli – ha detto Icardi -, questa volta la Regione ha voluto seguire il percorso inverso, individuando le necessità, attraverso l’analisi dei flussi di mobilità passiva e attiva per tipologia di prestazioni e del reale fabbisogno sanitario del territorio, partendo dallo studio della rete erogativa esistente. È stato cioè delineato il “contenuto”, in modo da fornire ai progettisti le indicazioni per disegnare il “contenitore” dei nuovi ospedali».

 

 

Autista di bus preso a pugni da 17enne

Un autista di 54 anni  dipendente dell’azienda Vi-Mu di Castellamonte è stato preso a pugni da un ragazzo di 17 anni senza biglietto. I carabinieri intervenuti dopo la chiamata del conducente hanno identificato e denunciato l’aggressore. L’episodio  è accaduto a Cuorgnè: qui l’azienda mette a disposizione autobus  e personale su una tratta di servizio Gtt.

Torino e le leggende fondative: il toro rosso e la discendenza egizia

Personalità carismatiche, antiche storie e mistero: sono queste le tre coordinate che hanno reso il principale capoluogo del Piemonte celebre a livello mondiale. Questa fama però spesso fa passare in secondo piano altre nozioni altrettanto interessanti che fanno parte del patrimonio storico e culturale della città. Fra queste figurano le leggende fondative di Torino, che spiegano le origini del suo nome e il collegamento con l’animale-simbolo presente nel suo stemma. Infatti nonostante l’etimologia derivi probabilmente dalla radice celtico-ligure “-thor”, che rimanda semanticamente ai monti e alle alture, si possono trovare diverse storie che vedono come protagonista un toro.

Le leggende di Torino

Nella versione più antica del mito la popolazione viveva nel terrore costante, a causa di un drago che viveva nelle foreste vicine. Per scongiurare il pericolo, gli abitanti della città fecero ubriacare un toro e lo mandarono a combattere contro il nemico. Il coraggioso animale riuscì nell’impresa, ma perse la vita. Per onorare il suo gesto coraggioso, i cittadini decisero di inserire un toro rosso nelle effigi della città. Lo stemma infatti inizialmente presentava questo colore, ma dal XVII secolo in poi divenne dorato e assunse la posizione rampante che si può osservare ancora oggi nell’iconografia cittadina.

Questo racconto di origine celtica venne però poi soppiantato da una narrazione aristocratica. Infatti nel 1563 i Savoia decisero di trasferire la capitale del Ducato da Chambéry a Torino. In quel periodo incaricarono lo storico Filiberto Pingone di approfondire la loro genealogia. Lo studioso dunque mise ordine all’interno delle fonti storiografiche e aggiunse anche una parte  mitologica per nobilitare la stirpe.

Egitto e Torino:

In questa operazione è possibile trovare il primo collegamento fra la casata e l’Egitto: infatti secondo questa narrazione i Savoia discenderebbero dal figlio del faraone. Pa Rahotep lasciò la sua terra natia per dei dissidi con la casta sacerdotale e partì con l’intento di creare un nuovo regno. Sbarcò prima in Liguria e poi continuò il suo viaggio fino in Piemonte: attendeva infatti un segno divino. Quando vide un toro abbeverarsi lungo le sponde del Po, decise di fermarsi. Riconobbe in questa apparizione il benestare del dio Api e quindi ribattezzò il luogo Eridania.

Questa storia divenne poi centrale nella politica culturale dei Savoia, che incominciarono ad acquistare reperti archeologici egizi. Fra falsi storici e pezzi di pregio andò a costruirsi così la collezione che attualmente è custodita presso il Museo Egizio.

leggende torino iside I Il Torinese

Da allora fino ad oggi

Ma la potenza delle leggende fondative di Torino non ha solo portato alla creazione di una tradizione egittologica, ma anche ad un immaginario popolare condiviso. Ancora adesso infatti è diffusa la credenza che alcuni monumenti siano stati costruiti su vestigia di antichi templi. Costituisce un esempio la Gran Madre, edificata -secondo le dicerie- sui resti di un antico santuario dedicato alla dea Iside.

In un processo di sincretismo la divinità sarebbe poi stata traslata nella Madonna, con cui effettivamente sono presenti delle somiglianze. Entrambe condividono i tratti della vergine e della madre e rappresentano l’incarnazione di un amore puro e filiale. Su questo terreno confuso e affascinante si è poi andata ad innestare anche la leggenda del sacro Graal. Infatti si dice che la chiave per trovarlo sia conservata in una delle due statue presenti all’esterno della chiesa. Ai lati della scalinata sono infatti presenti le personificazioni di Fede e Religione, rappresentate rispettivamente con un calice e una croce. Secondo gli amanti dell’esoterismo la prima sarebbe la chiave per rintracciare il Santo Graal. Basterebbe infatti seguire il suo sguardo per trovare la reliquia più ricercata di tutti i tempi.

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Francesca Pozzo

I Maneskin dopo Eurovision di nuovo a Torino

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Questa sera  25 Febbraio al Pala Alpitour si tiene l’attesissimo concerto dei Maneskin. Sold out da mesi, l’evento inizia alle ore 21.

Nella foto di Giuliana Prestipino per il Torinese, vediamo il gruppo musicale “sorpreso” a pranzo a Torino in occasione di Eurovision.

Questa la scaletta dei pezzi che verranno proposti al pubblico dalla band italiana di fama mondiale:

Don’t wanna sleep
Gossip
Zitti e buoni
Own my mind
Supermodel
Coraline
Baby Said
Bla Bla Bla
In nome del padre
Beggin’
Timezone
For your love
Gasoline
Torna a casa
Vent’anni
Amandoti
I Wanna Be Your Slave
La fine
Feel
Mark Chapman
Mammamia
Kool Kids

Pinerun, dare un valore aggiunto al territorio

PineRun acronimo di Pinerolo che corre è soprattutto questo, valorizzare vallate alpine e minuscoli paesini di montagna di un territorio vasto e variegato.

Il Comitato Uisp di Pinerolo promuove e rilancia la seconda edizione del circuito che comprende un totale di 59 gare. Correre e camminare in natura in luoghi dove la bellezza del paesaggio la fa da padrone. Il progetto è tornato e cresciuto grazie alla collaborazione di tante piccole società del pinerolese, che danno vita ad un calendario che comprende il trail, la corsa in montagna (la vecchia marcia alpina), le non competitive per chi vuole affrontare con un movimento lento anche percorsi non semplici e il vertical, disciplina dura e per chi ama l’ebbrezza di mettersi alla prova senza se e senza ma. Il programma comprende anche un piccolo fiore all’occhiello: il circuito Dynafit Vertical Sunsets con l’appuntamento fisso del mercoledì sera primaverile, 9 prove, si inizia il 17 maggio con la Cronoscalata Monte San Giorgio ed il Trofeo delle Valli. Tutto il calendario è racchiuso in un opuscolo di 28 pagine, dove si possono trovare anche i regolamenti e il montepremi previsto. L’iscrizione al circuito si è dotata di una nuova veste, si effettua attraverso le singole asd e non più individualmente, 10 euro è la quota gara confermata per aderire al circuito. La promozione del circuito potrà contare sulla pagina Fb e su PineRun TV e a breve sarà online un nuovo sito web. L’inaugurazione ufficiale del PineRun sarà sabato 25 febbraio a Pian Munè di Paesana, dove si correrà sotto le stelle!

Allarme in carcere: agenti minacciati con lamette e sgabello

ANCORA ALTISSIMA TENSIONE AL DON SORIA DI ALESSANDRIA E A TORINO

Riceviamo dal SAPPE e pubblichiamo  

Resta altissima la tensione nelle carceri piemontesi, oggi affollate da oltre 4.000 detenuti, e continua inesorabilmente a salire il numero di eventi critici tra le sbarre, come dimostrano gli ultimi episodi avvenuti nelle carceri alessandrine di Don Soria e San Michele. Ma nuovi episodi ad alta tensione sono avvenuti anche a Torino e di nuovo al Don Soria di Alessandria, come denuncia il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE per voce del Segretario regionale del Piemonte Vicente Santilli.

Ad Alessandria”, spiega, “un detenuto marocchino, tornando dall’Infermeria e giunto presso la Prima rotonda in totale stato di agitazione, vedeva e cominciava ad inveire contro gli Agenti. Subito dopo estraeva una lametta, ottenuta da un rasoio in uso alla popolazione detenuta, che è risultata essere opportunamente adattata da un lato per agevolarne l’impugnatura. Con tale lametta, tentava di colpire al volto un poliziotto, senza però per fortuna riuscirci. Interveniva un altro Agente in aiuto al collega ed entrambi tentavano una faticosa opera di contenimento. Con non poca fatica, gli Assistenti riuscivano a sottrarre la lametta al detenuto, anche se poi venivano condotti in infermeria dove il Medico certificava per loro prognosi giorni dai 5 ai 7 giorni”.

“A Torino, invece, ieri in tarda mattinata”, prosegue, “un detenuto tunisino ristretto al Padiglione A, dopo avere posto in essere un gesto di autolesionismo veniva condotto in infermeria per le cure del caso. Al rientro in Sezione rifiutava di fare rientro nella propria cella e, in forte stato di agitazione, si rivolgeva nei confronti del poliziotto di servizio prima con frasi offensive e, subito dopo, afferrava uno sgabello scagliandoglielo. Un altro Agente è prontamente intervenuto e solo dopo una estenuante opera di persuasione riuscivano a calmare il detenuto. Uno dei due agenti, nel togliere lo sgabello dalle mani del ristretto, si procurava un taglio alla mano per il quale si è reso necessario l’accompagnamento al Pronto Soccorso dell’ospedale Maria Vittoria per le cure del caso”.

“Ogni giorno nelle carceri del Piemonte succede qualcosa ed è quasi diventato ordinario denunciare quel che accade tra le sbarre”, commenta infine Donato Capece, segretario generale del Sindacato. “Il SAPPE denuncia da tempo che le carceri sono diventate un colabrodo per le precise responsabilità di ha creduto che allargare a dismisura le maglie del trattamento a discapito della sicurezza interna ed in danno delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria. Sono decenni che chiediamo l’espulsione dei detenuti stranieri, un terzo degli attuali presenti in Italia, per fare scontare loro, nelle loro carceri, le pene. Ma servono anche più tecnologia e più investimenti: la situazione resta allarmante, anche se gli uomini e le donne della Polizia Penitenziaria garantiscono ordine e sicurezza pur a fronte di condizioni di lavoro particolarmente stressanti e gravose. I decreti svuota-carceri, che più di qualcuno continua ad invocare ad ogni piè sospinto, da soli non servono: serve una riforma strutturale dell’esecuzione, serve il taser per potersi difendere dai detenuti violenti e la dotazione di body-cam”.