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Il Guardian sceglie Unexpected Italy: 10 indirizzi torinesi alternativi ai 50 Best 

Dieci indirizzi gastronomici fuori dai radar dei 50 Best, firmati Unexpected Italy, protagonisti su The Guardian. La mappa è ora disponibile in App per viaggiare da veri “local” in una Torino tutta da scoprire. Il 70% dei turisti visita l’1% delle località, ecco come la startup lotta contro l’overtourism

C’è un’Italia che sfugge alle rotte turistiche più battute, che si nasconde dietro insegne modeste, nei vicoli fuori mano, nei racconti dei locali. Un’Italia che parla la lingua dell’autenticità e della qualità accessibile. È questa l’Italia raccontata da Unexpected Italy, il progetto traveltech fondato dalla vicentina Elisabetta Faggiana e dal barlettano Savio Losito, che oggi conquista anche le colonne del The Guardian. Il celebre quotidiano britannico, in occasione dei 50 Best Restaurants in corso a Torino, ha scelto proprio Unexpected Italy per offrire ai lettori una mappa alternativa del gusto torinese: dieci locali sorprendenti per qualità, accoglienza e prezzo, selezionati per chi cerca un’esperienza davvero locale.
Un riconoscimento importante, che premia la filosofia alla base del progetto nato nel 2022: una “Lonely Planet 3.0”, come l’hanno definita, geolocalizzata e immersiva, accessibile via app, che permette a ogni viaggiatore di personalizzare il proprio itinerario alla scoperta dei territori italiani meno inflazionati. L’obiettivo è uno: fare sentire il turista parte integrante della comunità locale, offrendo accesso a luoghi autentici, artigiani, ospitalità diffusa e ristoranti dove l’attenzione alla qualità e all’etica sono valori fondanti.
Oggi, grazie a un lavoro meticoloso fatto di incontri reali e sopralluoghi, Unexpected Italy ha già mappato 12 territori italiani, da Barletta a Vicenza, da Roma a Matera, passando per Genova, Milano, Venezia e naturalmente Torino.
Ed è proprio Torino, con la sua anima sospesa tra eleganza sabauda e fervore creativo, a guadagnarsi uno spazio d’onore nel reportage firmato The Guardian. La giornalista Liz Boulter, nella sua “locals’ guide”, ha scelto dieci locali torinesi scoperti e raccontati da Faggiana e Losito: dalle trattorie innovative ai bistrot di quartiere, passando per latterie storiche, cioccolaterie, gelaterie, degustazioni di Vermouth, fino alla merenda sinoira (una tradizione gastronomica piemontese che consiste in un lungo e abbondante pasto pomeridiano che può sostituire la cena e nel corso del quale vengono degustati vari antipasti e contorni freddi più piatti tipici piemontesi), il tutto nel segno di un gusto accessibile, sincero, indimenticabile.
“Il nostro obiettivo è rivoluzionare il modo di viaggiare: non più turismo usa-e-getta, ma esperienze che lasciano tracce positive nei territori. Ogni viaggio può diventare rigenerazione, scambio, relazione. E Torino è un esempio perfetto di come si possa fare turismo autentico anche nelle grandi città”, affermano i fondatori.
Il progetto ha già attirato l’attenzione internazionale in più occasioni. Dopo il successo di “Unexpected London”, prima startup fondata dai due nel Regno Unito, Unexpected Italy ha portato il proprio approccio all’ONU, intervenendo al Geneve/Fribourg Entrepreneurship Forum contro l’overtourism, e ha partecipato a numerosi eventi di settore, dal Global Business Travel Association al Forum Ambrosetti sul Turismo Sostenibile.
Il tema è quanto mai attuale: il 70% dei turisti si concentra sull’1% del territorio italiano, secondo dati Istat e Banca d’Italia rielaborati da The Data Appeal Company. Un modello insostenibile che impoverisce i luoghi e logora le comunità. Unexpected Italy propone una via d’uscita: valorizzare l’Italia vera, quella fatta di relazioni e microeccellenze.
L’eco mediatica seguita alla pubblicazione su The Guardian ha già prodotto effetti concreti lo scorso anno: migliaia di nuovi download dell’app e un rinnovato interesse per le destinazioni meno note. In quel caso, il territorio coinvolto era il Vicentino, terra natale di Faggiana: si era discusso a lungo del significato per il territorio di avere un focus tanto importante da una testata internazionale di quel livello.
La mappa torinese presentata oggi è solo l’ultima tappa di un percorso destinato a crescere. Disponibile nell’app di Unexpected Italy (scaricabile gratuitamente su tutti gli store), guida il viaggiatore tra centinaia di luoghi “segreti” selezionati uno per uno, sempre all’insegna dell’etica, dell’identità e della qualità.
“Crediamo in un turismo che faccia bene al pianeta e alle persone”, spiegano i fondatori. “Servono lentezza, consapevolezza e rispetto. Solo così il viaggio può trasformarsi in un atto politico, culturale e umano. Con l’approvazione di un’autorità come The Guardian, Unexpected Italy si conferma oggi una bussola affidabile per esplorare un’Italia autentica, lontana dai cliché, che parla le lingue dell’accoglienza e della verità. Una sfida lanciata al turismo di massa, ma anche un invito a tutti i viaggiatori: guardare l’Italia con occhi nuovi è possibile. Basta sapere dove cercare”.

SCHEDA DI APPROFONDIMENTO – Torino alternativa: 10 tavole autentiche selezionate da Unexpected Italy
In occasione dell’arrivo a Torino dei “Food Oscars” – la cerimonia dei World’s 50 Best Restaurants – l’app Unexpected Italy ha tracciato una mappa del gusto accessibile, con dieci locali imperdibili per scoprire l’anima gastronomica autentica della città, senza spendere cifre stellari. La mappa è presente nell’App ed è oggetto dell’articolo del The Guardian a firma di Liz Boulter. Una guida ideale per gustare Torino con autenticità, qualità e spirito locale.
Si parte dalla Latteria Bera, nel centro storico, dove Chiara Franzoso propone formaggi artigianali e la celebre panna montata da passeggio con lo zabaione. Scannabue, nel quartiere San Salvario, reinterpreta i classici piemontesi con eleganza e un’atmosfera conviviale: imperdibili i plin col burro e il risotto al midollo. Le Vitel Étonné gioca sul nome del vitello tonnato (vitel tonné) per offrire carni cotte a bassa temperatura e antipasti della tradizione come fiori di zucca in pastella di riso. Suggestivo e familiare, Antiche Sere è perfetto per una cena sotto la pergola, tra tomini piccanti e coniglio in bianco. I Fratelli Bruzzone offrono cucina semplice e stagionale in un ristorante nato da una gastronomia: grande attenzione al vegetale e ai prodotti fermentati. Da Consorzio, la chef Valentina Chiaramonte firma piatti creativi con vini naturali e presìdi Slow Food. Caffè dell’Orologio propone la merenda sinoira in versione moderna: piccoli piatti freddi, lingua, tomini e crocchette, perfetti anche per famiglie. Gelateria Aria, nel vivace quartiere Vanchiglia, racconta il territorio attraverso gusti come liquirizia e violetta, olio di oliva e vaniglia, yogurt e miele nomade o caramello e popcorn. Nel quartiere Borgo Nuovo, Toc è il paradiso del cioccolato artigianale, con creazioni freschissime da gustare entro tre settimane. Infine, da Eccetera Experience, Nicola Piazza esplora l’universo del Vermouth con degustazioni e cocktail che celebrano l’origine torinese dell’aperitivo.
Il soggiorno è consigliato da Look TO, boutique hotel affacciato su Piazza Vittorio e firmato dalla paesaggista Giuliana Marsiaj. Un luogo di charme dove ogni dettaglio di design è scelto con cura e ogni oggetto porta con sé una storia da raccontare.

 

Sequestro di droga all’ex manifattura tabacchi

Due cittadini marocchini, di 28 e 38 anni, sono stati arrestati dalla Polizia di Stato, a Torino, per detenzione di sostanza stupefacente ai fini di spaccio.

Durante un servizio, operatori della squadra di Polizia Giudiziaria del Commissariato di P.S. Barriera di Milano hanno notato due cittadini stranieri con atteggiamento sospetto nei pressi di un chiosco di via Bologna: il più giovane consegna al connazionale un monopattino, con cui quest’ultimo raggiunge uno stabile poco distante, per poi ritornare con un pacchetto.

Fermati per un controllo, gli operatori hanno accertato che si trattava di 3 involucri termosaldati, contenenti cocaina. Avendo fondato motivo di ritenere che lo stupefacente appena sequestrato provenisse da una partita più ampia, gli agenti hanno effettuato un’accurata perquisizione della vicina area “ex Manifattura Tabacchi”, già oggetto di sgombero nelle scorse settimane.

Qui, hanno rinvenuto, nascosti sotto un cumulo di fazzoletti di carta, un sacchetto pieno di riso contenente circa 90 grammi di cocaina, suddivisi in involucri del tutto analoghi a quelli precedentemente sequestrati, e 1 kg di hashish, suddiviso in 5 panetti. In un capannone adiacente, il cane poliziotto Iron dell’unità cinofila della Polizia di Stato ha trovato altri 2 kg di hashish e un brick in cartone di vino contenente 400 grammi della medesima sostanza.

I due cittadini marocchini sono stati arrestati per detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente e gli arresti sono stati convalidati.

Guasto a un radar, disagi a Caselle e negli aeroporti del Nord Ovest

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Disagio anche all’aeroporto di Caselle per un guasto ad un radar Enav che nella serata di ieri ha causato la cancellazione di alcuni voli. Enav poco prima della mezzanotte ha comunicato che il problema era risolto. La problematica di trasmissione dati e connettività ha coinvolto il Centro di Controllo d’Area di Milano e ha messo in difficoltà il traffico aereo nell’area del Nord Ovest a partire dalle 21 con il blocco, poi risolto, degli aeroporti di Milano, Bergamo Torino e Genova.

Legge di riordino? “Valorizza patrimonio regionale”

La Legge di riordino, approvata in settimana in Consiglio Regionale, si legge in una nota della Regione, ha portato nuove opportunità nella valorizzazione del patrimonio regionale. Le norme, inserite nel testo grazie all’impegno dell’Assessore al Patrimonio Gian Luca Vignale nonché relatore della Legge, consentiranno di coinvolgere anche soggetti privati e del Terzo Settore nella riqualificazione e gestione del patrimonio. Sono state introdotte, infatti, procedure per rendere più snello l’iter di alienazione dei beni mobili e immobili della Regione (quelli non strategici e strumentali). La possibilità di utilizzo del patrimonio, con concessioni di valorizzazione o cessione dei beni non strategici aprirà le porte a cessioni ponderate a beneficio di altri enti e privati che concorreranno a ristrutturare e ravvivare proprietà altrimenti in disuso. È stata introdotta una nuova tutela per un’attività con procedura semplificata che permetta la concessione di beni immobili a enti pubblici e privati con la formula del comodato d’uso. Infine, le nuove norme istituiscono l’osservatorio per la valorizzazione del patrimonio regionale, un organo nuovo che sosterrà le politiche dell’assessorato coinvolgendo rappresentanti dei settori regionali e delle università, delle imprese, del Terzo settore ed esperti indipendenti. Infine, una gestione informatizzata più efficiente della banca dati del patrimonio edilizia, aperta e a disposizione anche degli enti pubblici locali.

 

<Partendo dal principio che i beni immobiliari e mobiliari sono un patrimonio di tutti i piemontesi, grazie alle nuove norme approvate nella Legge di Riordino potremmo finalmente agire in maniera più incisiva sulla valorizzazione del vasto patrimonio della Regione. I beni regionali saranno meglio gestiti con l’introduzione di queste novità – dichiara l’Assessore Vignale – Siamo riusciti a creare una serie di dinamiche che prima non esistevano o erano decisamente più complesse. La Regione possiede una vasta quantità di proprietà che abbiamo il dovere di esaltare e di restituire ai cittadini piemontesi per farne un volano per attività e sviluppo dei territori, uscendo dalla logica di mera conservazione per un futuro di utilizzo e promozione. Li gestiremo meglio, insieme, per il bene di tutti>.

 

<Borgo Castello nel Parco della Mandria, le “maniche” del Compendio di Stupinigi, Palazzo Callori a Vignale Monferrato, il Forte di Exilles, Tenuta Cannona a Carpeneto, la Reggia di Val Casotto, il Castello di Miasino sono solo alcuni “beni faro” che -grazie alla nuova norma- potranno diventare un vero motore culturale ed economico per il nostro Piemonte>.

Area pedonale di via Vibò, telecamere attive dal 1° agosto

Da lunedì 30 giugno via alla fase di pre-esercizio

 

Saranno attive dal 1° agosto le telecamere per il controllo degli accessi nell’area pedonale di via Vibò, nel territorio della circoscrizione 5, chiusa alle auto dal 2020.

“Completiamo il percorso di una pedonalizzazione fortemente voluta dai cittadini – sottolinea l’assessore alla Viabilità del Comune di Torino, Chiara Foglietta -. L’ attivazione del sistema d’accesso è un passo decisivo per garantire la sicurezza e la vivibilità salvaguardando non solo i diritti dei residenti, ma di tutti coloro che frequentano l’area”

Lunedì prossimo 30 giugno inizia la fase di pre-esercizio dei dispositivi che ha lo scopo di testare tecnicamente il corretto funzionamento del sistema, di informare gli automobilisti e tutti gli utenti della strada del nuovo sistema di telecontrollo e di rilasciare i permessi agli aventi diritto.

Il sistema prevede infatti la creazione di un elenco di autorizzati (la c.d. White List): residenti, dimoranti e proprietari di posti auto che ancora non l’avessero fatto possono richiedere il l’inserimento in White List attraverso la procedura telematica su Torino Facile, il portale di presentazione e di accesso ai servizi online della Città di Torino.

La richiesta – il modulo è disponibile all’indirizzo https://servizi.torinofacile.it/info/servizi/accesso-aree-pedonali-videosorvegliate-fuori-ztl – sarà quindi sottoposta al controllo degli uffici per verificare la legittima fruizione, e procedere all’inserimento delle targhe nella ‘White List’.

Completata questa fase, da venerdì 1° agosto il controllo degli accessi sarà affidato in automatico alle telecamere, con avvio del sanzionamento dei veicoli non autorizzati.

L’avvio dei controlli elettronici alla Crocetta prima e ora di via Vibò è parte di un piano d’azione che vedrà nei prossimi mesi estendere il monitoraggio degli accessi anche ad altre aree – la salita CAI Monte dei Cappuccini, Campidoglio e via Di Nanni – con l’obiettivo di garantire l’utilizzo pedonale di spazi cittadini di particolare pregio o di interesse pubblico.

TORINO CLICK

Selfie ergo sum

Il termine selfie è ormai entrato nel linguaggio di tutti, ad indicare la fotografia fatta a sé stessi o, al più, a sé stessi con altre persone.

Sono tipiche le immagini di selfie con sullo sfondo la Torre Eiffel o il Colosseo o ciò che, nella mente di chi scatta, vale la pena di ricordare e, soprattutto, di diffondere,

Fino all’arrivo degli smartphone e, parallelamente, alla diffusione dei social il selfie era un perfetto sconosciuto: da quando ho iniziato a fotografare, e sono passati ormai 50 anni, non ricordo di aver mai visto qualcuno impugnare la fotocamera al contrario per immortalare sé stesso, sicuramente anche per difficoltà tecniche.

Ovviamente anche nei selfie il buon gusto o ce l’hai o non ce l’hai; normale, quindi, vedere alcuni selfie scattati in bagno, con vestiti da lavare in bella mostra, tavoletta del wc alzata e, magari, qualcuno che transita in desabillè proprio mentre si scatta e si invia la foto.

Alcuni psicologi attribuiscono a diffusione del selfie ad un disturbo compulsivo, al pari dello shopping, del mangiare o altro.

I selfie a “culo di gallina” poi sono il top; quando incontri di persona l’autore dello scatto, ti meravigli che abbia una bocca normale, distesa, e con abbia subìto nessun trauma riduttivo.

Io, in vita mia, avrò scattato una decina di selfie, e solo se non vi era nessuno disposto o disponibile a realizzare uno scatto “normale”, in occasione di conferenze, in presenza di persone che non avrei più incontrato.

E’ palese che dal punto di vista creativo, artistico il selfie stia alla fotografia come i mattoncini in plastica svedesi all’architettura; fermano un istante, se nel momento dello scatto transita un reo possono concorrere alla flagranza differita ma poco altro.

Sarebbe, forse, il caso di riflettere sulla differenza tra quantità e qualità, tra pratico e utile, tra fine e pacchiano: una foto che ci ridicolizzi, specie per chi abbia un’immagine pubblica, è peggio di non comparire. Uno scatto “al naturale” può danneggiare, nell’immaginario collettivo, l’idea che ci si è fatti di un personaggio.

In una società dove apparire conta molto più che essere, dove la parvenza è più importante della realtà ogni icona si può trasformare in bersaglio, ogni bersaglio può diventare icona.

Sta a noi affinare i gusti, percepire il momento corretto per ogni cosa: decontestualizzata, ogni immagine può significare tutto ed il contrario di tutto. Se durante una campagna elettorale pubblico il selfie fatto con un candidato distrutto dalla stanchezza, dal caldo o dalle seccature non gli renderò certo un favore.

Pensiamo, quindi, prima di pigiare il ditino sullo smartphone o, peggio, di inviare sui social quell’immagine se alla nostra soddisfazione corrisponda anche quella degli altri soggetti fotografati.

Se non si tratti di un puro gesto egoistico (come è nel 99% dei casi) finalizzato alla gratificazione del nostro ego ipertroficoanziché di un servizio reso alla comunità.

Sono certo, dopo una semplice, rapida, riflessione che il numero dei selfie potrebbe ridursi drasticamente.

Sergio Motta

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

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SOMMARIO: Il Presidente Napolitano – Lettere

Il Presidente Napolitano

Giorgio Napolitano era nato nel 1925 ed oggi avrebbe 100 anni. A Roma si tiene un importante convegno con studiosi e politici, alcuni dei quali mi lasciano perplesso.  Ho avuto un ottimo rapporto con il presidente Napolitano a Roma, Napoli, Torino. Ne ho anche scritto sul “Corriere” quando è mancato. I centenari più che le celebrazioni debbono essere delle verifiche e mi auguro che il convegno romano possa aprire un nuovo discorso più distaccato e quindi più  storico.

I punti cruciali di Napolitano sono la posizione di sudditanza al partito togliattiano durante l’invasione dell’ Ungheria e il governo tecnico di Monti con la sua preventiva nomina a senatore a vita: una scelta divisiva facilitata da Fini. Per il resto nel 2011 fu presidente di tutti per le celebrazioni nazionali dei 150 anni dell’ Unità e del Regno e anche sulla Resistenza  riconobbe limiti, estremismi  ed esagerazioni. Chissà se a Roma si parlerà di queste cose o l‘isterismo ideologico della Boldrini  che presiede una sessione del convegno lo impedirà? Anche la presidenza di Turco Livia (come si firmava abitualmente prima di essere deputata) non  dà garanzie di imparzialità: è un’attivista catto- comunista come quando viveva a Torino e criticava Fassino per le sue aperture al mondo liberale.

Ps  – Appare una vera e propria indecenza la relazione dell’ex presidente della Camera Fini al convegno su Napolitano. Fini strumentalizza Napolitano che non può più dire la sua, per accreditare una sua immagine politica non veritiera. Non merita ulteriore  attenzione la ricostruzione di Fini che appare sicuramente peggiore di quelle previste di un’altra presidente della Camera e di una ex ministra molto sprovveduta. Napolitano meritava di più .
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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
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Libri di storia
C’è un libro di testo di storia edito da Laterza che giunge fino al governo Meloni, giudicato in modo settario con espressioni non accettabili in un libro di testo scolastico. Giusy Guglielmini
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Non è tanto la stupida faziosità degli autori anche torinesi, ma la loro  mancanza di limite in termini storiografici. Il Governo in carica non è storicizzabile. Bisogna almeno attendere che cada. L’idea di Berlinguer di dedicare tutto l’ultimo anno al 900 è un’idea sbagliata che ha penalizzato lo studio dell’800 e di altri periodi come il Rinascimento, il Medio Evo, la storia greca e romana.  Ma il 900 berlingueriano consente questi  eccessi di faziosità davvero intollerabili.
Luigi Berlinguer
Ci vuole il distacco necessario per poter storicizzare, una vicenda in itinere può solo essere oggetto di giudizi politici che non sono per definizione storici. Lascia ai propagandisti di mettersi le vesti dello storico. Anzi agli attivisti che credono di poter abusare impunemente di allievi ignari a cui si deve rispetto.
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Israele e l’Europa
Cosa pensa del fatto che l’Unione Europea si sia divisa su Israele, unica democrazia occidentale in Medio Oriente?  Attilio Momigliano
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Sono sempre stato un sostenitore di Israele e non cambio idea. L’ Unione Europea in passato voleva integrare nell’ Occidente europeo lo stato ebraico non senza ragioni storiche, quelle stesse ragioni che hanno portato Italia e Germania ad opporsi ad eventuali sanzioni europee contro Israele. Il capo del governo israeliano è oggi una  figura discussa e anche molto chiacchierata: impossibile stare con lui.  Appare come il volto demoniaco del potere.
La guerra e il terrorismo sanguinario sono devastanti. Non bisogna essere  necessariamente a favore di palestinesi e Iran per capirlo. Questi sono tempi di ferro e di fuoco e chi non ha letto neppure un rigo di Machiavelli non può capire. Leggo  sui social delle sciocchezze che mi rendono irriconoscibili anche persone che ritenevo di conoscere. Le anime pie che si indignano stando alla tastiera e non sanno cosa subiscono gli israeliani , mi fanno  ribrezzo. L’attuale Europa che non ha nulla a che vedere con quella di Federico Chabod (studioso sommo di Machiavelli) non ha  nessuna autorità per sanzionare Israele sull’ onda della Spagna che ha un premier screditato che cerca di sopravvivere con atteggiamenti demagogici evidenti. Caro Momigliano, io sto con Lei e con il suo grande omonimo che subì la persecuzione delle leggi razziali e fu sommo storico della Letteratura italiana. Sto bene in sua compagnia e detesto chi incendia le bandiere israeliane. L’idea stessa di scendere in piazza mi rende scettico, la parola  “attivista“ mi fa venire l’orticaria. Sono e resto un uomo di studi estraneo alle gazzarre di piazza.

La linea che veglia su chi è stato: il Cimitero Monumentale

Oltre Torino: storie miti e leggende del torinese dimenticato

È l’uomo a costruire il tempo e il tempo quando si specchia, si riflette nell’arte

L’espressione artistica si fa portavoce estetica del sentire e degli ideali dei differenti periodi storici, aiutandoci a comprendere le motivazioni, le cause e gli effetti di determinati accadimenti e, soprattutto, di specifiche reazioni o comportamenti. Già agli albori del tempo l’uomo si mise a creare dei graffiti nelle grotte non solo per indicare come si andava a caccia o si partecipava ad un rituale magico, ma perché sentì forte la necessità di esprimersi e di comunicare. Così in età moderna – se mi è consentito questo salto temporale – anche i grandi artisti rinascimentali si apprestarono a realizzare le loro indimenticabili opere, spinti da quella fiamma interiore che si eternò sulla tela o sul marmo. Non furono da meno gli autori delle Avanguardie del Novecento che, con i propri lavori “disperati”, diedero forma visibile al dissidio interiore che li animava nel periodo tanto travagliato del cosiddetto “Secolo Breve”. Negli anni che precedettero il primo conflitto mondiale nacque un movimento seducente ingenuo e ottimista, che sognava di “ricreare” la natura traendo da essa motivi di ispirazione per modellare il ferro e i metalli, nella piena convinzione di dar vita a fiori in vetro e lapislazzuli che non sarebbero mai appassiti: gli elementi decorativi, i “ghirigori” del Liberty, si diramarono in tutta Europa proprio come fa l’edera nei boschi. Le linee rotonde e i dettagli giocosi ed elaborati incarnarono quella leggerezza che caratterizzò i primissimi anni del Novecento, e ad oggi sono ancora visibili anche nella nostra Torino, a testimonianza di un’arte raffinatissima, che ha reso la città sabauda capitale del Liberty, e a prova che l’arte e gli ideali sopravvivono a qualsiasi avversità e al tempo impietoso.

 

Torino Liberty

Il Liberty: la linea che invase l’Europa
Torino, capitale italiana del Liberty
Il cuore del Liberty nel cuore di Torino: Casa Fenoglio
Liberty misterioso: Villa Scott
Inseguendo il Liberty: consigli “di viaggio” per torinesi amanti del Liberty e curiosi turisti
Inseguendo il Liberty: altri consigli per chi va a spasso per la città
Storia di un cocktail: il Vermouth, dal bicchiere alla pubblicità
La Venaria Reale ospita il Liberty: Mucha e Grasset
La linea che veglia su chi è stato: Il Liberty al Cimitero Monumentale
Quando il Liberty va in vacanza: Villa Grock

Articolo 9. La linea che veglia su chi è stato: il Cimitero Monumentale

Il Liberty al Cimitero Monumentale
Il Cimitero Monumentale, un tempo chiamato Cimitero Generale, si trova a Nord della città, in una zona non lontana dalla Dora Riparia, nell’area del Regio Parco. Nel 1827 la città di Torino ne deliberò l’edificazione decidendo di situarlo lontano dal centro abitato, in sostituzione del piccolo cimitero di San Pietro in Vincoli, nel quartiere Aurora. L’opera si poté attuare grazie alla donazione di 300 mila lire piemontesi del marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo. Aperto nel 1828, su progetto dell’architetto Gaetano Lombardi, con disegno a pianta quadrata dagli angoli smussati, il Monumentale fu presto ingrandito con una parte aggiunta a cura dell’architetto Carlo Sada Bellagio, collaboratore di Pelagio Palagi e vincitore del concorso per la realizzazione della chiesa dedicata al primo vescovo torinese, San Massimo. Seguirono poi necessari ampliamenti, e negli anni tra Ottocento e Novecento l’alta società borghese di Torino affidò a celebri scultori il mandato per la costruzione di imponenti edicole funerarie, a solenne affermazione del prestigio raggiunto dalle singole famiglie. Proprio l’estetica Liberty, sintesi raffinata di natura, tecnica e arte, riuscì ad interpretare il compianto pietoso verso il defunto, delineando il triste tema della morte attraverso pure ed efficaci metafore di una grande arte funeraria.

Tra le opere che possiamo visionare in rigoroso e rispettoso silenzio vi è il Monumento Porcheddu, dedicato al grande ingegnere Giovanni Antonio Porcheddu, che ha introdotto in Italia la tecnica delle costruzioni in cemento armato. Figura essenziale per l’imprenditoria torinese, alla sua impresa si devono imponenti opere, quali l’immenso Stadium del 1911 (demolito nel 1946), il progetto dello stabilimento Fiat Lingotto del 1922, il Ponte Risorgimento a Roma. Il monumento, realizzato dallo scultore Edoardo Rubino e dal decoratore Giulio Casanova, è composto da un semplice sacello marmoreo su cui è posto un corpo femminile, lievemente ricoperto da un lenzuolo che ne lascia scoperto il volto e che scivola appena oltre i bordi del sepolcro. Da una parte e dall’altra di questo, quattro figure femminili, due per ciascun lato, vegliano il feretro: quelle che stanno dal lato del capo porgono su questo le mani un poco rialzate come in segno di protezione, dall’altro lato una delle due donne veglia sul corpo con il capo reclino e l’altra alza il braccio sorreggendo una lampada. La compostezza delle figure lascia trasparire una sobrietà di sapore classico, nei gesti, nei panneggi, nella postura, mentre un delicato senso di pietas avvolge con intensità l’intera struttura compositiva. Sullo sfondo compare una particolare croce con tralci stilizzati di rose nella parte verticale e motivi dorati nel lato orizzontale. Al centro della croce una corona di rose bianche è posta intorno all’inquadratura dorata con la scritta “IHS” (sigla intesa come “Gesù salvatore degli uomini”, ma in realtà è la trascrizione latina abbreviata del nome greco di Gesù). Sulla volta del portico che accoglie il gruppo scultoreo, un cielo stellato d’oro mosaicato su fondo blu inquadra una grande croce.

Un’altra opera che richiama la mia attenzione in questo luogo di assordante silenzio è il Monumento Kuster, realizzato da Pietro Canonica nel 1921. Esso mostra una figura femminile con abito succinto che, inarcando la schiena, si solleva con il busto in posa quasi teatrale, ed emerge da un giaciglio posto di fronte ad una croce. I suoi lunghi capelli sono scompigliati dal vento che gonfia anche un drappo posto sulla croce e agita le foglie morbidamente rappresentate sulla bronzea stele verticale. Tra le note di tristezza e di intenso pathos, vi aleggia in primo piano la spettacolarità della scena, la figura si pone come la “divina” del cinema muto, la nuova arte che nei primi anni del Novecento andava affermandosi in città.La protagonista del Monumento Roggeri è una fanciulla inginocchiata e piegata dal dolore, le mani le coprono il volto, e i capelli fluenti e raccolti dietro il capo le scendono fin oltre la schiena. Il lungo abito, movimentato dal panneggio di morbide linee, scende e si posa sul basamento in travertino e in parte lo ricopre. La nota di un patire intenso e irrefrenabile è il messaggio che viene dalla donna che, inginocchiata e chiusa al mondo, sembra pregare, tormentata da un affanno senza fine. Su di un lato, si intravvede appena la firma di O.Tabacchi, allievo di Vincenzo Vela, al quale succederà nella cattedra di scultura presso l’Accademia Albertina di Torino.

È ancora un’altra fanciulla ad essere al centro della composizione funebre del Monumento Maganza, posta tra colonnine in marmo verde Roja, una giovane dal volto delicato, da cui traspare una espressione affranta; una sottile tunica le avvolge lieve il corpo esile, ha un’acconciatura alla moda, con i capelli corti, il volto, appena piegato e reclinato sulla mano sinistra, sembra voler trasmettere un messaggio di triste rimpianto. Alle spalle, marmorei tralci di fiori e, dietro, la croce. Soffermiamoci ancora sull’opera che si trova sulla sinistra, entrando dall’ingresso principale del Cimitero. Si tratta di un gruppo statuario che comprende una figura velata da un ampio panneggio, rappresentata mentre sta per avvolgere in un abbraccio simbolico una giovane figura femminile in piedi, con le braccia abbandonate lungo il corpo e il capo reclinato su una spalla. Dal basamento crescono steli e boccioli di rosa che paiono voler avvolgere i corpi sovrastanti: si tratta di una sintesi di decorazione Art Nouveau, completata dalla dedica dei committenti. L’opera fu eseguita da Cesare Redduzzi, scultore affermato e insegnante di scultura presso l’Accademia Albertina, più noto ai Torinesi come l’autore dei gruppi scultorei allegorici: l’arte, il lavoro, e l’industria, collocati nel 1909 a coronare le testate verso corso Moncalieri del ponte dedicato a Umberto I.
Moltissimi sono i monumenti funebri di squisito gusto Liberty davanti ai quali sarebbe opportuno soffermarsi, e numerose le figure femminili modellate con l’estetica della Nuova Arte, o che, con il loro atteggiamento da “dive” affrante del cinema muto, sorvegliano le anime di chi non c’è più e accompagnano silenziose gli sguardi di chi le va a trovare.

Alessia Cagnotto

No ai progetti politici astratti. La lezione di Bodrato

LO SCENARIO POLITICO  di Giorgio Merlo


Guido Bodrato, l’indimenticabile “maestro” del cattolicesimo democratico, nonchè leader e
statista della Democrazia Cristiana, amava ripetere – soprattutto negli ultimi anni della sua vita –
che “il progetto politico è credibile se si può collocare nel tempo in cui si vive”. Una riflessione
che risentiva dell’antica lezione morotea ma che, soprattutto, era fortemente ancorata alla
categoria del realismo che, nella politica come nella vita, non può mai essere un optional. E
Bodrato, forte della sua cultura politica ma soprattutto interprete di un sano realismo, sapeva
bene che “anche il miglior progetto politico” – sono ancora parole sue – “non ha alcuna possibilità
di incidere nella storia politica del momento se è disancorato dalla realtà”.

Ecco, con la consueta lucidità che lo ha sempre caratterizzato in tutta la sua lunga militanza
politica e culturale, Bodrato non ridimensionava affatto l’impegno di tutti quegli amici che
coltivavano l’obiettivo di “ricostruire” la Dc o il Ppi o la Margherita o, comunque sia, un progetto
politico popolare e di ispirazione cristiana. Anzi, intravedeva in questi sforzi molteplici e
disinteressati la scintilla a cui attingere per rinverdire e rinnovare la presenza politica di una cultura
che era stata decisiva e determinante per la crescita della nostra democrazia, per il rafforzamento
delle nostre istituzioni democratiche e per la credibilità di un’azione di governo. Ma, al contempo,
non si stancava di denunciare l’impotenza e la sterilità dei progetti e delle iniziative che,
puntualmente, si scioglievano come neve al sole perchè sbattevano contro gli scogli della realtà
politica del momento. E questa, del resto, era l’unica e vera ragione politica che spiegava il
sostanziale fallimento di tutti quei tentativi che sono stati messi in campo in questi ultimi anni e
che poi, con una precisione quasi scientifica, sono stati sacrificati sull’altare del realismo politico.
Una lezione e un monito, quelli di Guido Bodrato, che conservano una straordinaria modernità ed
attualità anche nell’attuale contesto politico. Anche perché quasi ogni settimana assistiamo ad
innumerevoli tentativi di ricostruire un pezzo dell’esperienza e della storia della Democrazia
Cristiana ma che poi, per svariate ragioni, non reggono di fronte alla complessità e al
cambiamento della società italiana. Questo non significa affatto prendere atto della inattualità di
una cultura politica che era, e resta, fortemente contemporanea anche nell’attuale cittadella
politica italiana. Ma, molto più semplicemente, rendersi conto quando un progetto organizzativo,
e quindi politico, ha le carte in regola per poter continuare a navigare in mare aperto. Anche
perchè, concludeva sempre lo statista democristiano piemontese, “quando un progetto politico
ed organizzativo fallisce ripetutamente si corre il rischio di trasmettere un messaggio di debolezza
della cultura che lo ispira”.

Ecco perchè, a scanso di equivoci e senza alcuna polemica preconcetta, occorre semplicemente
rendersi conto che anche la miglior fonte culturale deve fare i conti con le coordinate concrete che
regolano la politica in un determinato periodo storico. Non comprenderlo, o fingere di non capirlo,
si contribuisce purtroppo, e anche involontariamente, a rendere del tutto marginale ed irrilevante
quella stessa cultura politica. Cioè la tradizione, il pensiero, la cultura e anche lo stile del
cattolicesimo politico italiano, seppur nelle sue multiformi espressioni e diversità. Che, detto tra di
noi, è l’ultima cosa che possiamo fare, o pensare, nell’attuale stagione politica italiana.