ilTorinese

La Fondazione Giorgio Griffa presenta cinque dialoghi tra due artisti

Si tratta dello stesso Giorgio Griffa e Simon Starling, visitabili fino al 22 gennaio 2026

La Fondazione Giorgio Griffa presenta due artisti in confronto in una duplice mostra, Giorgio Griffa e Simon Starling, aperta fino al 22 gennaio 2026. Si tratta di cinque dialoghi tra due artisti. La nuova mostra della Fondazione Giorgio Griffa inaugura la stagione autunnale, a un anno dalla sua apertura, con un inedito confronto tra due artisti di generazione e contesto differenti e presenta “D1-D5”, duplice show di Giorgio Griffa (1936) e del britannico Simon Starling (1967).
Le D del titolo richiamano i cinque dialoghi che formano il percorso espositivo, nati in alcuni casi da progetti condivisi e collaborazioni dirette tra i due artisti, in altri da affinità formali, materiali e concettuali che aprono possibilità di confronto e suggeriscono inedite direzioni d’indagine. Il rapporto tra Griffa e Starling si sviluppa in mostra in un dialogo tra generazioni, contesti geografici e culturali, tra forme d’arte, percorsi di conoscenza, sintesi e narrazione. È stata la collaborazione  Griffa-Starling, nata nel 2017, a suggerire l’idea della mostra. Simon Starling rimase colpito da rari pannelli artigianali giapponesi realizzati per i maestri della lacca urushi, con i capelli delle pescatrici di perle “ama”, particolarmente compatti grazie alla lunga permanenza in mare e all’assenza di lavaggi con tensioattivi chimici. Spedì un pannello a Griffa perché lo utilizzasse e ne sono derivate tre grandi carte dipinte da Griffa, che Starling ha annotato con un testo su vetro stampato con una particolare stampante inkjet. Sono tre lavori a quattro mani: “Noise”(Annotated) e “Oblique 3”(Annotated), che vengono entrambi esposti in mostra presso la Fondazione Giorgio Griffa, e “Golden Ratio” (Annotated), che sarà visibile nella personale di Griffa che aprirà il 5 novembre presso la Casey Kaplan Gallery di New York.
La mostra si apre con i due lavori a quattro mani sopracitati: “Noise” (Annotated) e “Oblique 3” (Annotated), cui si affiancano nel primo dialogo (D1) “Head To Toe” (2017) di Simon Starling e “Disordine PO” (2025) di Giorgio Griffa. “Head To Toe” si presenta come un corpo composito di elementi interconnessi e realizzati in collaborazione con diversi artigiani, come falegnami, soffiatori di vetro, argentieri, fabbri e maestri della lacca urushi. Tra gli oggetti che danno forma all’opera spicca il pennello realizzato con i capelli della pescatrice “ama”, come quelli che Starling regalò a Griffa perché potesse utilizzarli per il progetto a quattro mani. La seconda è una tela di Griffa che appartiene al recente ciclo dedicato al disordine, in cui segni, colore e tessuto sono i protagonisti.

Il percorso prosegue (D2) con la tela “Bianco dopo Bianco”, dipinta nel 1981 dall’artista torinese in un momento di ricerca dell’essenzialità della pittura: segni elementari, un solo colore, il bianco, usato raramente da Griffa e quasi solo in quegli anni, sospinta di una particolare relazione con la luce del Sole nel verde della natura. In risposta a quest’opera, Starling ha proposto l’installazione “As He Buffs”, del 2019. Una figura umana a gambe incrociate suggerita da una semplice struttura metallica due sostiene una maschera, colta nell’atto di lucidare un piano laccato nero, in cui si specchia, mentre due lampadine in tungsteno la illuminano. Per la sua realizzazione, l’artista si è affidato a maestranze artigiane giapponesi, il maestro di urushi Masahiko Sakamoto, il maestro di maschere Nō Yasuo Miichi e a Daniil Kondratyev, a testimonianza dell’interesse di Starling per le possibilità di collaborazione e connessione con la natura nei processi produttivi.

Con il terzo dialogo (D3) i richiami tra i lavori si fanno più espliciti: una teca, alcuni oggetti che Griffa utilizza regolarmente in studio sono affiancati a copie del magazine “Frieze”, sulle cui pagine gli oggetti compaiono negli scatti realizzati da Starling con un banco ottico nell’atelier di Griffa. Come una “mise en abyme”, le quattro tele di Griffa: “Canone aureo 638”, “Canone aureo 772”, “Canone aureo 343” e “Canone aureo 638”, che compaiono sullo sfondo delle fotografie di Starling, sono esposte sulla parete opposta alla teca in Fondazione, nella stessa sequenza che avevano il giorno degli scatti in studio.

La ricerca di entrambi gli artisti, di forme primarie, prende corpo nel quarto dialogo (D4), tra “Segno orizzontale” di Griffa, polittico del 1970, composto da quattro tele di piccole dimensioni e “Hom-Made Castiglioni Lamp” (Valvole e Racing) insieme a “Home-Made Castiglioni Lamp” (Super Shield), due esemplari del 2020 di una rivisitazione evocativa di Starling dell’iconica lampada disegnata dai fratelli Castiglioni, che riporta un oggetto di design, prodotto in serie, al suo stato di prototipo, realizzato con latte d’olio a motore, canne da pesca e fari d’automobile.

Il percorso si conclude con il quinto dialogo (D5), che fa emergere il tema attuale dell’autodistruzione, cui può portare oggi il concetto di “dominazione”, dal cambio del clima alle guerre in corso, ma offre anche aperture sulla luce che può apportare l’arte nei momenti di oscurità. Quest’ultima luce trapela dalle lettere che riproducono il titolo originario di un progetto di Starling del 2006, su una grande tela del 2025 di Griffa, “Autoxylopyrocycloboros”. Questo lavoro, che appartiene al ciclo “Alter Ego” è esposto al pubblico per la prima volta e si configura come un omaggio all’opera dell’artista inglese. Accanto alla tela, uno scatto bruciato dello stesso Starling, che appartiene al suo progetto multiforme “Autoxylopyrocycloboros”, nato da una performance-viaggio a bordo di un battello a vapore che si autodistrugge perché alimentato dal legno dello stesso scafo. Un’azione diretta dello stesso Starling sul Loch Long, pittoresco e contraddittorio fiordo scozzese che è sede dei sottomarini nucleari Trident e di uno storico campo pacifista, che ha dato i natali al battello a vapore che affonda nelle stesse acque durante la performance.
Ispirato alla figura mitologica dell’Ouroboros, il serpente che si mangia la coda, il progetto di Starling fa riflettere sull’autodistruzione con un gioco di rimandi, paradossi e connessioni che vanno dalle culture di protesta locale agli armamenti, fino all’ironia tragicomica dei cartoni animati classici alla Tom & Jerry, alla passione per le tecnologie obsolete. Una versione con 38 fotocolor e proiettore di “Autoxylopyrocycloboros” è conservata nella collezione della GAM di Torino.

Mara Martellotta

Agriflor torna in piazza Vittorio

Domenica 26 ottobre in Piazza Vittorio Veneto a Torino (orario dalle 9.30 alle 19) torna l’appuntamento mensile con AgriFLOR, il mercatino ad ingresso gratuito di fiori e specialità agricole organizzato da Associazione Orticola del Piemonte.

 

Una giornata intera da vivere con i fiori, le piante e le tipicità agricole del territorio in compagnia di circa una trentina tra vivaisti e agricoltori piemontesi che metteranno in mostra le proprie eccellenze, con una particolare attenzione ai prodotti stagionali.

 

Anche in questa edizione AgriFLOR propone l’iniziativa RiFLOR, ideata dall’Associazione Orticola del Piemonte con l’obiettivo di dare una seconda vita alle piante, riducendo gli sprechi e promuovendo la condivisione del verde all’interno della comunità.

Tutti coloro che desiderano disfarsi di una pianta, perché non hanno tempo da dedicarle o spazio dove metterla, oppure semplicemente perché è malata e non sanno come “curarla,” hanno la possibilità di scambiarla o regalarla, affidandola alle cure dei ragazzi e delle ragazze dell’Associazione Orticola del Piemonte presso lo stand dedicato che sarà sempre presente in occasione di ogni edizione di Agriflor e delle altre manifestazioni di Orticola del Piemonte.

 

Anche i più piccoli potranno partecipare alla festa con il laboratorio a loro dedicato “Mani nella terra”, per imparare a prendersi cura delle piante.

Il laboratorio, della durata di circa 30 minuti, sarà organizzato presso lo stand del vivaio Torino Urban Forest (accesso continuo dalle 10 alle 17.30) e non richiede la presenza dei genitori. È consigliato che i piccoli partecipanti arrivino muniti di un piccolo vasetto in modo da potersi portare a casa la piantina da loro realizzata. La partecipazione è a donazione libera (da 3 euro in su) e servirà a sostenere le semine autunnali del vivaio.

 

 

Caschi per moto, batterie e catene da neve falsi “Made in Italy”: maxi sequestro tra Torino e Milano

Migliaia di caschi per moto, poi kit e batterie per auto, catene da neve e altri accessori arrivavano dall’estero — in gran parte dalla Cina — per essere poi commercializzati in Italia. I prodotti venivano ingannevolmente presentati come “made in Italy” grazie a etichette e marchi contraffatti.

L’operazione, denominata “Non ci casco”, ha portato a verifiche sulla vendita, in Italia e all’estero, di prodotti per auto e dispositivi di protezione individuale per moto e bici, in particolare caschi, visiere, dispositivi elettronici di comunicazione, batterie, kit di sicurezza e catene da neve.

Le Fiamme Gialle di Torino, con interventi anche nel Milanese, hanno eseguito un maxi sequestro nell’ambito di un’ampia indagine contro le frodi nel settore degli accessori per moto e auto, a tutela del vero made in Italy.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, la merce era di origine cinese ma veniva presentata come italiana attraverso confezioni e loghi ingannevoli, riportanti nomi e diciture in grado di far credere ai clienti che si trattasse di prodotti nazionali.

Sgominato traffico internazionale. Sequestrate 2 tonnellate di droga

Una  presunta organizzazione criminale dedita al traffico di droga con base a Torino Mirafiori e ramificazioni in Lombardia, Toscana, Campania e Lazio e’ stata sgominata dalla polizia di Stato.   L’operazione “Comics” coordinata  dal procuratore Giovanni Bombardieri, ha portato all’arresto di sette persone e al sequestro  di più di  due tonnellate di stupefacenti. Le misure cautelari emesse riguardano tre marocchini e due italiani accusati di traffico di cocaina, marijuana e hashish. Due sono  in carcere e tre ai domiciliari. L’indagine, guidata dalla squadra mobile con il Servizio centrale operativo e della Direzione centrale per i servizi antidroga, ha scoperto un traffico di  spedizioni internazionali apparentemente legali dalla Spagna e veicoli modificati con doppi fondi per il trasporto della droga in Italia.

 

Da Scarpelli a Guttuso a Baj, dieci manifesti di cinema che sono capolavori d’arte

Al Museo del Cinema, sino al 22 febbraio

Un angolo al piano zero della Mole come una galleria d’arte, a raccogliere le “incursioni” – le definiscono le conservatrici Nicoletta Pacini e Tamara Sillo -, dieci manifesti di grande formato aggiungendovi la copertina di una brochure, che sottolineano la contaminazione tra la cartellonistica e l’opera d’arte vera e propria. Dice tra l’altro Carlo Chatrian, direttore del Museo del Cinema: “Se il manifesto nasce per promuovere la visione del film, in questi dieci gioielli, grazie alla visionarietà e creatività degli artisti, esso si libera da quel legame e chiede di essere ammirato come opera a se stante. Nella bellezza e delicatezza del tratto, nella potenza della composizione, nell’esplosione dei colori ma anche nella loro fragilità, essendo utilizzati su una leggerissima carta che evidenzia più ancora della pellicola il passaggio del tempo.”

Sino al 22 febbraio – la sola mostra “Manifesti d’artista” potrà essere visitata con un biglietto a 4 euro o inclusa nel percorso generale della Mole, una parte del complesso delle raccolte – lo spettatore potrà avere uno sguardo diverso con il mondo del cinema, guardando a quelli che sempre sono stati mezzi di comunicazione, di proposta intermedia tra prodotto e pubblico, come l’apporto prezioso di pittori prestati a quel mondo anche soltanto per una volta sola. Scelta difficile, quella delle curatrici, dentro un patrimonio che allinea nei caveaux del Museo ben 540.000 esemplari (è il presidente Ghigo a ricordarlo: “con questa mostra vogliamo dare, ancora una volta, risalto alla ricchezza delle nostre collezioni e all’unicità dei nostri materiali, oltre ricordare tutti coloro che qui al museo si adoperano per la conservazione del mostro patrimonio”), di diverse età, di diverse provenienze. Arte che vive di una “assoluta libertà creativa”, si è detto, a cominciare da quel manifesto in bianco e nero della “Corazzata Potëmkin”, regista Sergej Ėjzenštejn, dovuto ad Alexander Rodčenko, tra i principali artisti dell’avanguardia russa e tra i fondatori del Costruttivismo, collaboratore altresì di quel Dziga Vertov che tra l’altro diresse (1929) il famoso “Uomo con la macchina da presa”, allineato alla politica post ‘17 che anche nella grafica vedeva una “forza rivoluzionaria, educativa e sociale” inneggiante a un’opera di cambiamento. La rivolta dei marinai dell’incrociatore contro le truppe zariste nel 1905 è riassunta nella forza interpretativa e rappresentativa, freddamente geometrica, di quei cannoni, frontali e minacciosi (solo il nostro Fantozzi trovò alla fine il coraggio di demolirla con la sua “cagata pazzesca” in uno dei pochi cineforum che passeranno alla storia, la citarono “Gli intoccabili” di De Palma, Coppola e Terry Gilliam e Hitchcock), che paiono uscire dalla superficie del disegno spoglio, dei numeri, delle scritte: manifesto che il Museo si aggiudicò nell’ottobre dello scorso anno ad un’asta da Bolaffi per 37.500 euro.

Non è la quantità a primeggiare, che s’è vista in altre occasioni, qui è la qualità, la ricerca centellinata, la rarità dell’esempio che viene posta in primo piano. Nel Futurismo degli anni Dieci del Novecento troviamo il colore e le folli disordinate orchestrazioni di Filiberto Scarpelli – il figlio Furio formerà con Age (Agenore Incrocci) una delle più feconde coppie di sceneggiatori del nostro cinema -, giornalista, scrittore, giornalista, attivo nelle colonne del “Travaso delle idee”, ironico e spregiudicato (partecipò anche alla famosa “Grande Serata Futurista” al Teatro Verdi di Firenze, con Marinetti Palazzeschi Carrà e Boccioni, in cui il pubblico per due ore fece dei poveretti bersaglio con patate frutta uova pastasciutta e altresì lampadine, una di queste ultime andando a colpire la fronte del nostro), vistosamente riconoscibile in quella sua firma apposta alla base dei “quadri”, quel paio di scarpe seguito dalla doppia elle e dalla i a completarne il cognome. Di lui s’ammirano qui i manifesti per “Il sogno di Don Chisciotte” (1915), per la Gloria Film di Torino, una affilatissima satira politica sulla Grande Guerra. Grandi scope deflagranti che spazzano via monarchi austro-ungarici e alleati prussiani e sultani ottomani, moderni Capitan Fracassa con stivaloni e braccia che volano e carote infilzate (Jacovitti?) dal puntone di un elmo.

Ancora del periodo futurista la presenza di Enrico Prampolini, pittore e scultore, scenografo e scrittore d’arte con il manifesto per “Thaïs” di Anton Giulio Bragaglia (1917), unica pellicola giunta sino a noi fortemente influenzata da quella corrente, melodramma d’amore e di morte, interprete femminile Thaïs Galitzky nei panni di una affascinante quanto crudele contessa russa: Prampolini, che aveva aderito al movimento nel ’12 con la frequentazione dello studio di Balla, inventò “ambienti dalle forti potenzialità creative e oniriche, motivi geometrici, spirali, losanghe, rimandi metaforici (che) creano un mondo quasi irreale in cui la femme fatale si integra perfettamente”, spiega uno dei pannelli che sono una perfetta guida alla mostra. Nomi noti e meno, qualcuno scomparso dalla memoria collettiva, come quello di Pietro Silvio Rivetta, nato a Roma nel 1886, conte di Solonghello, noto con lo pseudonimo di Toddi, direttore del “Travaso delle idee” e della “Tribuna Illustrata”, eclettico, gran conoscitore della lingua italiana tanto da pubblicare uno dei primi libri di enigmistica, collaboratore presso l’ambasciata italiana a Tokyo, grazie alla sua conoscenza del giapponese e professore all’Università Orientale di Napoli (anche per il cinese), conduttore radiofonico, cartellonista – qualche critico gli riconobbe “intonazioni klimtiane” -, produttore con la casa Selecta e regista che abbracciò il mondo del cinema soltanto per un paio d’anni, iniziando da “Il castello delle cinquantasette lampade” (1920) per raggiungere la dozzina di titoli, interprete quasi sempre Vera D’Angara (fecero coppia nell’arte e nella vita), illustratrice e soggettista: sono arrivati a noi i manifesti di “Due strade” o “La croisée des chemins” e “Fu così che…” (entrambi 1922) – una commedia che racconta la lavorazione di un film -, dove si ritrovano i rimandi all’Art Déco e al Liberty, florealmente espressi.

Più vicini a noi gli interventi di Renato Guttuso ed Enrico Baj, chiamati a collaborare da Giuseppe De Santis per “Riso amaro” (1949), da Francesco Rosi per “Cadaveri eccellenti” (1976) e dai fratelli Taviani per “Kaos” (1984). Il pittore di Bagheria non salì mai sul set di De Santis e quando vide alcune fotografie di Robert Capa non ci si ritrovò: ma riuscì, in quella copertina della brochure, a inventare una sensuale Mangano che avrebbe abitato nell’immaginario collettivo maschile per gli interi anni Cinquanta e quanto oltre (“le mondine non potevano che essere un tema per nessun altro pittore che non fosse Guttuso: il loro rapporto con il lavoro, lo stare seminude in acqua tutto il giorno, la carica di sensualità che emanavano in tutti i loro atteggiamenti, l’aggressività dei loro sguardi e dei loro comportamenti, erano tutte componenti di un universo femminile e umano che appartenevano solo al modo di fare pittura di Guttuso”, aveva detto il regista); come anni dopo avrebbe riunito anch’egli le novelle pirandelliane sotto il volo e lo sguardo rapaci di un nero corvo, a cui liberamente colora di giallo becco e zampe, “Il corvo di Mizzaro”, novella presa a far da legame tra le altre cinque considerate, a guardare i fatti raccontati, in una Sicilia “rurale, arida, assolata”, concentrando attorno a quella selva di cactus la carnosità dei colori che più amava. “Se togliessero il titolo del film sarebbe un’opera d’arte”, dice Pacini guardando il grande manifesto realizzato dal milanese Enrico Baj per “Cadaveri eccellenti” di Francesco Rosi, derivato dal romanzo di Sciascia: maestro della neoavanguardia, ancora una volta Baj riassunse nei suoi generali – veri pupazzi/monstrum, una sorta di danza macabra, un tema figurativo ampiamente esplorato dall’artista – quanto di ambiguo già circolava nel romanzo e tra le indagini del commissario Lino Ventura/Rogas intorno a una serie di assassinii di importanti magistrati, in un ambiente di mafia e politicamente corrotto.

Elio Rabbione

Nelle Immagini, con gli allestimenti della mostra, il manifesto di “Due strade” di Toddi e Silvana Mangano vista da Guttuso per “Riso amaro” di Giuseppe De Santis.

Povertà energetica, un progetto per le periferie sociali

Banco dell’energia, Iren e Rete Italiana di Cultura Popolare insieme per il sostegno ai cittadini vulnerabili

 

Al via il progetto “Portinerie energetiche. Consapevolezza ambientale nelle periferie sociali” in collaborazione con il Politecnico di Torino.

Sono stati stanziati 100mila euro per il sostegno al pagamento delle bollette per 300 nuclei familiari oltre all’istituzione di uno spazio di orientamento e ascolto dedicato al risparmio energetico. Questo, in breve, il progetto “Portinerie energetiche. Consapevolezza ambientale nelle periferie sociali” inaugurato oggi e nato dalla collaborazione tra Banco dell’energia, Iren e Rete Italiana di Cultura Popolare, per offrire sostegno ai cittadini vulnerabili nel territorio piemontese, grazie alla rete delle Portinerie di comunità, in collaborazione con Leroy Merlin, (RI)generiamo e Politecnico di Torino.

Il progetto. L’iniziativa conferma l’obiettivo di Banco dell’energia di realizzare progetti solidali per sostenere persone e famiglie in difficoltà nel contrasto alla povertà energetica. Grazie al contributo di 100mila euro, a carico di Iren, si dà il via a un intervento che agisce su un doppio binario: da un lato l’istituzione di uno spazio di orientamento e ascolto dedicato al risparmio energetico e a una maggiore consapevolezza sui consumi, attraverso le “Portinerie di Comunità”, dall’altro attraverso il pagamento di bollette relative alle forniture di elettricità e/o gas di 300 nuclei familiari, individuati dalla Rete delle Portinerie nei territori coinvolti.

Punti informativi energetici nelle Portinerie di Comunità. Le Portinerie di Comunità sono un progetto di Rete Italiana di Cultura Popolare e l’obiettivo è integrare nelle portinerie attive del Piemonte (coinvolgendo i territori del torinese, cuneese, biellese e canavese) punti informativi energetici che mettano a disposizione volontari a supporto della cittadinanza. Questi forniranno risposte a temi dedicati al risparmio energetico, termico e idrico e i relativi benefici fiscali, per garantire una maggiore consapevolezza e conoscenza di accesso verso consumi più sostenibili e suggerimenti domestici per prendersi cura della propria casa e degli spazi in cui si vive. Le persone volontarie e operatrici/operatori saranno formati dal personale di Banco dell’energia ed Eduiren, il settore educational del Gruppo Iren, per diventare TED – Tutor per l’Energia Domestica, che comprenderà anche una visita alle centrali idroelettriche del Gruppo. Ed è proprio nella formazione dei volontari TED che entrerà in supporto anche il dipartimento di energetica del Politecnico di Torino.

Le Portinerie rappresenteranno antenne energetiche a disposizione della cittadinanza con momenti di formazione gratuiti, attraverso 12 video dedicati alla Transizione Energetica Domestica, ideati dal Politecnico di Torino e messi a disposizione del progetto. L’iniziativa si rivolge in particolare alle persone in situazioni di povertà culturale, economica ed energetica, individuate anche grazie a Leroy Merlin e (RI)generiamo, e rappresenta un’azione di inclusione sociale, coesione territoriale e tutela dell’ambiente.

Il progetto è stato presentato oggi alla Sala Colonne del Palazzo Civico di Torino, alla presenza di Stefano Lo Russo, Sindaco di Torino, e con gli interventi di Luca Dal Fabbro, Presidente Iren, Silvia Pedrotti, Responsabile Fondazione Banco dell’energia e Chiara Saraceno, Presidente Rete Italiana di Cultura Popolare.

“Con questa iniziativa Banco dell’energia, Iren e Rete Italiana di Cultura Popolare mettono in campo un aiuto prezioso per le famiglie in condizioni più fragili, non soltanto supportandole nel pagamento delle bollette energetiche ma fornendo loro, attraverso ‘portinerie energetiche’ collocate in diversi quartieri della città, strumenti utili per approcciarsi ai consumi con maggiore consapevolezza. È un tema che riguarda la transizione ecologica e al tempo stesso l’inclusione sociale: come amministrazione, grazie alle risorse del Pnrr e al progetto EfficienTo con Iren, stiamo mettendo in campo numerosi investimenti per ridurre le emissioni e favorire lo sviluppo di fonti di energia rinnovabile e l’economia circolare, consapevoli dell’importanza che queste azioni hanno anche nel contribuire a contrastare la povertà energetica” Stefano Lo Russo,

Torna in scena al teatro Gobetti “Festa grande di aprile” 

 

Di Franco Antonicelli, con la regia di Giulio Graglia

Dopo il grande successo ottenuto la scorsa stagione, dal 30 ottobre al 7 novembre prossimi, al teatro Gobetti, torna in scena con recite mattutine e pomeridiane “Festa grande di aprile” di Franco Antonicelli e la regia di Giulio Graglia. L’adattamento del testo e la consulenza storica sono rispettivamente di Diego Pleuteri e Gianni Oliva. Saranno in scena Francesco Bottin, Hana Daneri, Matteo Federici, Iacopo Ferro, Celeste Giugliandolo, Diego Pleuteri, Michele Puleio e lo stesso Gianni Oliva, che condurrà la narrazione storica.

La “Festa grande di aprile” è quella della Liberazione, un anniversario che anno dopo anno si allontana da quel 25 aprile 1945 che ha sancito l’inizio di una nuova vita per il nostro Paese. “Festa grande di aprile” è il testo teatrale con cui Franco Antonicelli, singolare figura di scrittore, saggista, poeta, giornalista, Presidente CLN Piemonte e politico, ripercorre le vicende italiane dal 1924 al 1945, dai giorni del delitto Matteotti alla Resistenza e alla Liberazione. Il testo fu pubblicato da Einaudi nel 1964 nella Collezione di Teatro diretta da Paolo Grassi e Gerardo Guerrieri, e nel medesimo anno ottenne il Premio Tricolore come testo drammatico sulla Resistenza. Attraverso una sequenza di numerosi e rapidi quadri, come una carrellata cinematografica di immagini e fotogrammi, l’autore porta sul palcoscenico una tragedia perfetta: da un delitto, attraverso l’acme di una crisi morale e di coscienza, si giunge alla catarsi.
Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Stabile di Torino in collaborazione con il Polo del ‘900, è un accorato invito a partecipare, in modo collettivo e consapevole, a questa rappresentazione popolare della nostra storia, fatta di uomini e donne, ma anche di canti e musiche del periodo, eseguiti dal vivo. Nell’ultima scena, figure evanescenti di condannati a morte ci chiamano a un’assunzione di responsabilità; è un ricordo che, pur nella gioia della Liberazione finale, vuole essere intriso di rispetto e di riflessione. Il desiderio è di rileggere la nostra storia, oggi. Un teatro civile che ci conduca a sensibilizzare le coscienze di tutti e in particolare dei giovani.

Teatro Gobetti – via Rossini 8, Torino

Info e prenotazioni: promozione@teatrostabiletorino.it – biglietteria@teatrostabiletorino.it / www.teatrostabiletorino.it

Telefono: 011 5169555

Mara Martellotta

Rivoli, torna il Salone del Lavoro e della Formazione

Un’intera giornata per mettere in contatto cittadini, enti e imprese

 

Venerdì 7 novembre 2025, dalle 9.00 alle 16.30, la Palestra dell’Istituto Natta (via XX Settembre 14/A) si trasformerà in un vivace punto d’incontro tra giovani, cittadini in cerca d’occupazione, aziende ed enti formativi. Torna infatti il Salone del Lavoro e della Formazione, un evento a ingresso libero pensato per aiutare chi cerca nuove opportunità professionali o desidera orientarsi nel proprio percorso formativo.
L’iniziativa coordinata da ZonaOvest Srl con la regia organizzativa di TurismOvest in collaborazione con realtà del mondo produttivo, nasce con un obiettivo chiaro: favorire il dialogo tra domanda e offerta di lavoro e diffondere la conoscenza delle opportunità occupazionali e formative presenti sul territorio.
Durante la giornata, i visitatori potranno incontrare direttamente i rappresentanti di aziende, enti e istituzioni, consegnare il proprio curriculum vitae, ricevere consulenze personalizzate e scoprire i percorsi di formazione e aggiornamento professionale più adatti alle proprie aspirazioni.

 

“Il Salone del Lavoro e della Formazione è un appuntamento strategico per la nostra città – sottolinea Marco Tilelli, Assessore al Commercio e al Lavoro del Comune di Rivoli – perché mette in contatto diretto cittadini e imprese, offrendo strumenti concreti per orientarsi e costruire percorsi professionali di qualità. Crediamo fortemente nella collaborazione tra istituzioni, scuole e mondo produttivo come leva per favorire lo sviluppo economico e occupazionale del territorio.”

 

Sulla stessa linea il commento di Roberto Montà, Presidente di Zona Ovest di Torino srl:
“Questo Salone rappresenta un’importante occasione di incontro e confronto tra istituzioni, enti di formazione, imprese e cittadini. Come Patto Territoriale riconosciamo il valore strategico di iniziative come questa, che rafforzano il legame tra sistema formativo e mondo del lavoro, favorendo l’incontro tra domanda e offerta di competenze e creando opportunità concrete per giovani e persone in cerca di occupazione.”
Il Salone del Lavoro e della Formazione si conferma così una vetrina dinamica e partecipata, dove orientamento, formazione e occupazione si incontrano per costruire il futuro professionale di un territorio in continua evoluzione.
L’ingresso è libero, e tutti i partecipanti sono invitati a portare con sé il proprio curriculum vitae per presentarlo direttamente agli stand informativi delle aziende e degli enti presenti.

Torino tra le migliori città italiane per attività  sportive dei residenti

Nonostante il lavoro da remoto ci abbia reso tutti più sedentari, alcune città italiane spiccano sulle altre per i livelli di attività. Torino è al nono posto, con un numero incredibile di percorsi per il running o per la camminata, e il 28% dei residenti che si spostano a piedi o in bici. Quali altri dati confermano i livelli di attività e quali altre città si classificano tra le più attive? Per rispondere a queste domande, la piattaforma per uno psicologo online “Unobravo” ha creato un Indice delle Città in Movimento, classificando le 33 città più grandi d’Italia in base alle opportunità per l’attività fisica. La valutazione si basa su diversi fattori tra cui: densità delle palestre, abitudini di camminate e ciclismo, percorsi per correre, spazi verdi e interesse online per il fitness.

Le dieci città più attive d’Italia risultano essere Padova, Bergamo, Prato, Monza, Milano, Rimini, Brescia, Bolzano, Torino, Firenze e Verona. Torino è nona in classifica con più di 2 mila ricerche mensili da parte dei residenti su temi riguardanti il fitness; un numero incredibile di percorsi per il running e per la camminata, piu di 2 mila, e il 25% dello spazio urbano occupato da aree verdi; nella regione c’è anche un tasso di obesità molto basso, di circa il 10%, e il 28% delle persone viene definito “attivo”, ovvero che pratica attività motoria regolare. Padova si posiziona come la città più attiva d’Italia grazie a numerosi spazi verdi, estesi percorsi per correre, fare escursioni e una significativa percentuale di persone che si spostano a piedi o in bicicletta per recarsi al lavoro. Foggia risulta essere la città meno attiva d’Italia, con il minor numero di percorsi per correre o camminare e tassi ridotti di mobilità tra i cittadini.
Nonostante la crescente attenzione verso il benessere fisico, il lavoro da remoto ha ridotto i livelli di movimento quotidiano per molte persone, aumentando i rischi di effetti negativi sulla salute mentale. Attività semplici come camminare o andare in bicicletta possono aiutare, ma mantenersi attivi non dipende solo dall’impegno personale, ma anche l’ambiente in cui viviamo è determinante. Città con spazi verdi e luoghi accessibili in cui praticare sport, facilitano il movimento durante le attività quotidiane. Per analizzare come le città italiane favoriscano stili di vita attivi e salvaguardino il benessere dei propri residenti, Unobravo, piattaforma per uno psicologo online, ha creato un Indice delle Città in Movimento, classificando le 33 città più grandi d’Italia in base alle opportunità per l’attività fisica. La valutazione si basa su diversi fattori fra cui densità delle palestre, abitudine alla camminata, al ciclismo, percorsi per correre, spazi verdi e interessi online per il fitness.
La psicologa e psicoterapeuta Valeria Fiorenza Perris, direttrice di Unobravo, spiega l’importanza del design urbano nel promuovere l’attività fisica e i motivi per cui lo sport migliori il benessere mentale. Contrariamente a quanto si possa pensare, l’attività fisica non deve per forza richiedere grandi sforzi.
Integrando il movimento nella routine quotidiana, l’attività fisica diventa una routine naturale che contribuisce al benessere fisico e mentale.

“Il fattore ambientale gioca un ruolo cruciale nel determinare i livelli di attività e benessere mentale – ha dichiarato la dottoressa Valeria Fiorenza Perris – città con pochi percorsi pedonali sicuri, spazi verdi limitati, infrastrutture minime per ciclismo o attività all’aperto contribuiscono a una diminuzione dell’attività fisica per tutti i residenti. Promuovere il movimento attraverso spazi urbani ben progettati non solo favorisce la salute fisica, ma sostiene anche la resilienza mentale, riducendo lo stress e fungendo da fattore protettivo contro ansia e burnout. Il movimento quotidiano può influire sul nostro stato d’animo, incidendo positivamente su stress e ansia (l’attività fisica regola gli ormoni dello stress contribuendo a un regolare funzionamento del sistema nervoso), qualità del sonno, ciclo naturale sonno-veglia, favorendo un sonno più profondo e rigenerante, umore e autostima (le endorfine rilasciate durante il movimento possono migliorare l’umore), mentre abitudini mantenute a lungo termine rafforzano la fiducia in sé stessi.
Ritmi interiori: l’attività fisica può creare uno spazio mentale lontano dalle pressioni quotidiane, aiutando a ridurre i pensieri negativi; interazione sociale e attività di gruppo possono generare un senso di connessione rafforzando la resilienza mentale e riducendo il senso di isolamento”.

Gian Giacomo Della Porta