ilTorinese

Le donne del Risorgimento piemontese

I salotti erano i luoghi dell’incontro sociale, della cultura, della lettura e della conversazione a cui partecipava l’aristocrazia e la borghesia nascente, erano luoghi in cui c’erano tante idee.

A partire dal 1848, diventarono luoghi di attiva discussione politica fra le élites di potere e della borghesia che aspirava al cambiamento. Inoltre, i salotti erano i punti di ritrovo per eccellenza delle donne della media e alta società, le quali svolsero un ruolo importante sul piano civile e politico del Risorgimento Nazionale. Infatti, le donne avevano un ruolo di attiva partecipazione all’interno dei salotti. Durante la metà dell’Ottocento, i salotti torinesi erano dei centri di aggregazione e formazione dell’opinione pubblica, ma anche luogo in cui l’élite torinese, i diplomatici e politici, intellettuali e artisti si riunivano. Un ruolo molto importante lo svolgeva la politica, dato che si stava iniziando ad elaborare il processo di unità nazionale, e dopo la promulgazione dello Statuto albertino, Torino divento il posto per molti esuli italiani, i quali trovarono nei salotti lo spazio per la diffusione di idee patriottiche, ma anche antiliberali. Tra i salotti possiamo ricordare quello della
Contessa Balbo Bertone di Sambuy, antiliberale e legittimista; quello della Marchesa Giulia di Barolo; quello di Costanza d’Azeglio a Palazzo Tapparelli, salotto politico e diplomatico. Tra i più famosi vi era il salotto della Marchesa Alfieri, nipote di Cavour, il cui salotto veniva considerato il vero circolo politico di Torino, nel quale si incontravano anche gli ambasciatori dei Paesi amici; e quello della Baronessa Perrone, nel palazzo di Via XX Settembre, attualmente sede della Banca Unicredit.

Sofia Scodino

E ora via alla “ricomposizione” dei Popolari

C’è un libro pubblicato nel 1979 dal titolo ‘La “ricomposizione’ dell’area cattolica in Italia’ che ha segnato in profondità il dibattito politico e culturale tra i cattolici e nei cattolici in quell’epoca storica.

L’ha scritto padre Bartolomeo Sorge, autorevole gesuita, Direttore per molti anni della prestigiosa rivista Civiltà Cattolica e riconosciuto intellettuale del mondo cattolico italiano. Un libro che ha giocato un ruolo importante anche in vista della famosa “Assemblea degli esterni” della Democrazia Cristiana che si svolse nel 1982 su iniziativa della segreteria nazionale di quel partito. Ma fu proprio il sostantivo “ricomposizione” ad incuriosire il titolo del libro di Padre Sorge.
Ora, ad altre 40 anni di distanza e senza fare alcun confronto improprio o tracciare parallelismi con quella stagione storica, forse si può nuovamente parlare di un processo di “ricomposizione”. Di una cultura politica che è stata decisiva in quasi tutti i tornanti più delicati e complessi della nostra storia democratica e repubblicana e che, purtroppo, in questi ultimi anni si è quasi eclissata. Parlo, cioè, della cultura politica riconducibile al popolarismo di ispirazione cristiana. Una tradizione politica e un filone ideale che conservano, tuttavia, una straordinaria attualità e una bruciante contemporaneità. Per i suoi valori, per i suoi principi, per la sua ricetta politica e per la sua profondità culturale. Ma, purtroppo, si tratta anche di una cultura politica e di una tradizione ideale che si sono fermate al pre politico, e quindi ad una narrazione puramente testimoniale, oppure annacquate all’interno di partiti che hanno ormai un’altra “ragione sociale”.
E, per entrare più nello specifico, sul versante della sinistra – cioè nel Pd – il tutto si è ridotto ad una micro corrente di potere attentissima agli organigrammi ma del tutto avulsa dal capitolo dell’elaborazione politica e culturale. E, inoltre e soprattutto, nel momento in cui il compito e la finalità del Pd sono quelli di ricostruire/rilanciare/rifondare la sinistra post comunista nel nostro paese, è di tutta evidenza che il ruolo dei Popolari o dei cattolici sociali in quel contesto è fuori luogo e fuori tempo. Non a caso, e giustamente, si riscrive il “manifesto dei valori” da un lato e si concentra tutta l’attenzione, per dirla con Luca Ricolfi, se ricostruire una sinistra liberal post comunista o una sinistra libertaria e radicale. Appunto, un partito che ha cambiato profondamente la propria ”ragione sociale” rispetto alle origini. Sul versante politico alternativo alla sinistra è di tutta evidenza, come ovvio, che la praticabilità politica dell’area Popolare è quantomai problematica e difficile. E nell’area centrista – terreno più fertile e congeniale per un’area popolare e cattolico sociale – può esserci una forte e convinta cittadinanza politica purchè i partiti, o il partito, di riferimento non si riducano ad essere “partiti personali” o “partiti del capo” dove il pluralismo culturale è annullato perchè il tutto deve sempre coincidere con la volontà del capo indiscusso.
Di qui è cresciuta la consapevolezza per favorire e rafforzare la cosiddetta “ricomposizione” dell’area Popolare. Una volontà che, adesso però e a differenza dal passato recente e meno recente, parte dal basso e non viene più invocata o provocata dall’alto.
Il tutto, comunque sia e al di là delle singole e legittime opinioni, deve avvenire ad una condizione. E cioè, nessuno deve parlare a nome di tutta l’area Popolare. Non chi lavora per accelerare – a me pare giustamente – una seria e convinta “ricomposizione” politica, culturale ed organizzativa dell’area Popolare e, men che meno, quelli che spingono per l’ennesima volta a consolidare una piccola corrente all’interno del nuovo partito della sinistra italiana. Non può e non deve esserci ambiguità al riguardo. Nessuno, cioè, ha la rappresentanza esclusiva e totalizzante dell’area Popolare. Come non esistono i “cattolici professionisti”, per dirla con una felice battuta degli anni ‘80 di Carlo Donat-Cattin, così non esistono i Popolari di serie A. Tutti contribuiscono a salvaguardare un patrimonio politico e culturale. Speriamo il più possibile sotto un’unico tetto. Senza sterili polemiche personali o di gruppo.


Giorgio Merlo

La FIBS Piemonte presenta il nuovo staff della Little League Softball

Il Comitato Regionale FIBS Piemonte lavora da tempo alacremente per la formazione dei nuovi staff tecnici delle Rappresentative giovanili di baseball e softball, proiettandosi così verso la stagione 2023.
In quest’ottica il presidente Sabrina Olivero ha ufficializzato lo staff della Little League Softball, confermando alla sua guida la manager Lorena Cerami ed al suo fianco il coach Francesco Sansalone, mentre ha affidato l’incarico di nuovo team manager ad Alice Agrò, la quale subentra al posto del consigliere regionale Isabella Dalbesio, che lascia per impegni istituzionali.
Appresa la notizia la manager Lorena Cerami ha esternato tutta la sua soddisfazione ed ha dichiarato:
“Innanzitutto ringrazio il presidente del C.R. FIBS Piemonte Sabrina Olivero per la fiducia accordatami ancora una volta. Il terzo posto ottenuto dalla nostra Little League Softball nel Torneo delle Regioni nel 2022, alle spalle delle Rappresentative dell’Emilia Romana e della Lombardia, dimostra la crescita del nostro movimento giovanile anche grazie all’ottimo lavoro delle società piemontesi, la cartina di tornasole è il numero crescente di nuove formazioni under 13”.
Continua il tecnico del Porta Mortara Novara  “Lo staff della Little League Softball vede anche la riconferma di Francesco Sansalone, un ottimo coach a riprova del buon lavoro svolto fino ad ora, con la sintonia necessaria per creare un gruppo squadra che funzioni”.
Puntualizza “Tengo a salutare e ringraziare Isabella Dalbesio per la professionalità dimostrata, l’entusiasmo e la competenza messa a disposizione della squadra è stato encomiabile, ci lascia perché sarà impegnata in altri progetti che le impediscono di continuare – aggiunge – il nuovo Team Manager sarà Alice Agrò, coach della formazione U13 dell’Avigliana Bees, donna dalle grandi doti umane, tecniche nonché ottima giocatrice”.
La manager piemontese chiude dicendo “Inizieremo al più presto i try out open, così da essere pronti ad avere un gruppo selezionato già ai primi di maggio. Sono certa che l’entusiasmante crescita che si sta avendo nel mondo del softball, porterà buoni risultati anche in previsione del #TDR2024, che si terrà proprio in Piemonte”.
Coach Francesco Sansalone (Softball La Loggia) anch’egli confermato ha dichiarato “Sono molto felice di poter continuare la mia esperienza con la LLS, ringrazio il C.R. Piemonte. Sicuramente l’obiettivo a breve termine sarà quello di confermarci in Toscana il prossimo anno, mentre quello a lunga gittata è preparaci al meglio per il Torneo delle Regioni, che nel 2024 si disputerà proprio in Piemonte”.
E’ il turno di Alice Agrò, emozionata e pronta a rivestire il neo incarico “Sono molto contenta d’iniziare questa nuova esperienza, affiancherò due figure dall’alto profilo umano e professionale come Lorena Cerami e Francesco Sansalone. Ovviamente sono onorata, carica e pronta per questo nuovo incarico, che il presidente Sabrina Olivero mi ha voluto affidare, alla sua chiamata non ho esitato ed accettato ben volentieri. Sarò a disposizione di un team affiatato, che già operativo a 360 gradi”.
Nei prossimi giorni verranno ufficializzati gli staff delle altre Rappresentative regionali.
(foto la LLS bronzo al TD2022, ed Alice Agrò)

In memoria di Giovanna Spagarino Viglongo

(Nizza Monferrato, 1923 – Torino, 2022)

Al centro della Cultura torinese, una donna elegante, una signoracresciuta modesta e in umiltà.

Un insegnamento per le generazioni future che sapranno seguire il suo esempio e, comunque, un ricordo, anche se piccolo: il nostro!

Giovanna Spagarino Viglongo era la decana degli editori italiani e si è spenta, con l’inizio della Novena di Natale, poco più di un mese dopo il suo novantanovesimo compleanno. Monferrina di nascita, in tenerissima età si era trasferita a Torino, dove la madre, rimasta vedova, fu esempio efficace di tenacia e di lotta nelsistemare figlie e figli rimasti troppo presto senza il padre. Spesso, soprattutto negli ultimi anni, quando limitammo i nostri contatti auna telefonata per fine settimana, mi diceva della sua infanzia torinese nel quadrilatero romano così come delle sue andate in Monferrato in età ancora giovane per visitare i suoi parenti. Mi parlava degli ambienti, dei personaggi, e, con un racconto fluido e vivace come le scene di un film, si soffermava sui particolari più minuti della vita di allora. Bastavano pochi tocchi a rendere vivace e espressivo il racconto. Mi diceva della madre laboriosa e intraprendente, dei fratelli birichini, delle visite con accompagnamento, a volte ripetuto più di una volta, di quegli ospiti illustri che erano venuti a casa loro, dei meno illustri vicini di casa, poi dei mercati, del brulichio delle vie… e tutto era un formicolare di rinascita che la sua parola vivacizzava, malgrado i ricordi si allontanassero sempre più nel tempo.

Spesso, nel chiudere con lei una conversazione, mi lasciava il rincrescimento per non ricordare tutto ciò che mi aveva raccontato(perché non avevo preso appunti!?) e perché quelle testimonianze sarebbero sfumate troppo in fretta, perdendo tutta l’attenzione che si meritavano ma sono rimaste le impressioni, quelle sì, e una frase sua la conservo, perché davvero mi è cara: la vecchiaTorino rimase viva finché i vecchi torinesi la vissero con semplicità, frugalità e dignità! Poi, ancora, ricordo scene, anche popolari, dai suoi ricordi e anche i suoi cenni agli scritti di Gozzano, o di Salgari. Il suo racconto richiamava in vita quel mondo culturale torinese con il quale, fin da giovanissima, lei era vissuta a contatto, ben prima che la vita la coinvolgesse nell’attività politica editoriale e culturale del marito, il compagno di Gobetti e di Gramsci, Andrea Viglongo. C’era una forte valenza umana in tutti i personaggi che nominava, e la sua evocazione rendeva sempre una buona testimonianza a tutti poiché, nel corso degli anni, li aveva avuti prossimi, e tutti avevano scambiato qualche parola anche con lei, successivamente nel passare per le sedi della libreria Viglongo, a Torino. Tutti mantenevano dunqueun loro spazio ancora molto vivo. Ecco allora la memoria storicadella Signora Viglongo, e, con lei allora, tra gli altri, Norberto Bobbio, i parenti di Emilio Salgari, l’autore al quale la Casa Editrice aveva dedicato tanta attenzione, e Nino Costa e tanti altri autori, anche in piemontese… così, grazie alle sue parole, anche gli autori che non aveva mai incontrato prendevano vita.

Era stato per i miei interessi letterari piemontesi che lavevocercata, sul finire del Novecento, quando ancora raccoglievo notizie per il profilo storico di mio cugino Bono e, proprio su quegli argomenti, si improntò la nostra prima conoscenza. A ragion del vero però le nostre chiacchere non erano affatto monotone né tanto meno monotematiche. Lei era animata da una gran voglia di capire e di sapere, per cui era impossibile non dirle anche altro, ed io, con i miei argomenti, oggetto di ricerche durate spesso alcuni lustri, accettavo volentieri di parlargliene, perché da lei avevo sempre qualche riscontro, qualche cenno degno di attenzione, fosse anche solo un ragguaglio come quando mi descrisse il conte Patetta, dando all’aspetto fisico dell’intellettuale i cenni allusivi alla sua originalità, vale a dire, della sua stravaganza

Così, siccome era sempre attenta e sempre voleva sapere quello che stavo facendo, fu anche molto abile nell’indirizzarmi, almeno un paio di volte, perché indagassi argomenti nuovi sui quali era pronta, suscitato in me l’interesse, a fornirmi qualche traccia che potesse garantirle il mio interesse. Ecco nascere allora i miei approfondimenti su Maurizio Pipino, il medico che, nel Settecento, aveva affrontato studi linguistici sul piemontese, confluiti poi in una grammatica e un dizionario, o quelli intorno al passaggio di Cristina di Svezia per la Torino secentescaApprofondimenti che, scritti da me, avrebbero trovato spazio nelle pagine dell’Almanacco Piemontese, che allora ancora Viglongo pubblicava, oppure anche quegli altri ultimi, di circa dieci anni fa’, ispirati dai lacerti di un libro di Giuseppe Gaia, giornalista giramondo fin de siècle, che avrebbero formato l’ossatura per le pagine che mandai in stampa per i suoi novant’anni. Argomenti che, se mi distrassero un po’ da quegli altri che occuparono più lunghi periodi della mia vita, ebbero il pregio di offrirmi qualchevivacità, dandomi anche un esempio bellissimo della sua, e di come fosse grande la sua professionalità editoriale nell’intendere la collaborazione con i suoi autori. Fu un contatto vivace, che, oso credere, proficuo per entrambi, e che diede ai nostri ultimi incontri, anche se solo verbali, un senso molto ricco per i tanti aspetti intellettuali. Era contenta che io la aggiornassi sugli sviluppi delle mie ricerche e sugli esiti dei miei studi. Stava a sentire con lo stesso entusiasmo con cui io ascoltavo lei evocare il passato, anche quello più domestico e famigliare, perché, ero certoche, se mi avesse aggiunto anche solo qualche parola, avrei arricchito di luci preziose i personaggi di cui le parlavo (questo è sempre importante, in particolare quando ci si impegna, come ho fatto per anni su argomenti genealogici e di storia famigliare). Aveva poi sempre qualche risorsa in più quando mi diceva che aveva ritrovato un foglio, qualche pagina, un libro, e che l’aveva messo da parte per me, perché toccava argomenti di mio interesse. Questo, lo so bene, lei lo faceva per tanti studiosi dei quali taluni li aveva incontrati all’inizio dei loro studi, mentre altri li aveva presi già famosi professori universitari, ora sempre lei, con un sorriso, offriva a tutti il suo ausilio prezioso, senza che neppure le fosse stato richiesto La cultura è vero, diceva Don Franco Monetti, non è oggetto di commercio, ma la si offre, la si dona!

Ma aggiungiamo un ultimo ricordo a questa pagina. Nel 2002, alla morte di mia madre, qualche giorno dopo, lei mi cercò e, con tutta la sua squisita delicatezza, si fece presente, offrendomi la sua attenzione e le sue premure, con queste parole: «Ho saputo della sua mamma e volevo ricordarle che, se ha piacere di fare due parole nel suo ricordo, alla sera io sono sempre qua e rispondo volentieri allo stesso numero dell’ufficio…» perché, da quelle parole, seguirono vent’anni di premurose attenzioni e un affetto che oggi lasciano qui una commozione profonda

Carlo Alfonso Maria Burdet

Ricerca, innovazione e tecnologia: alleanza tra Piemonte e Valle d’Aosta

È stato rinnovato l’accordo di collaborazione con la Regione Valle d’Aosta per favorire le imprese del territorio

L’assessore Marnati: «L’unione fa la forza. Stiamo lavorando per rafforzare un’area omogenea come quella del Nord ovest dell’Italia»

Piemonte e Valle d’Aosta insieme per favorire la crescita e la competitività delle rispettive imprese attraverso la ricerca, l’innovazione e la tecnologia.

Sulla scorta dei risultati ottenuti dal precedente e alla luce delle nuove strategie approvate da Regione Piemonte – dalla Strategia di specializzazione intelligente 21-27 a quella regionale per l’idrogeno approvata nel luglio scorso al nuovo programma operativo regionale dei fondi europei per lo sviluppo regionale 21-27 – l’accordo di collaborazione tra le due Regioni è stato rinnovato con durata quinquennale. La finalità è quella di accrescere la conoscenza dei rispettivi tessuti produttivi, non solo alla luce della possibilità di mettere in campo azioni congiunte che possano essere più efficaci ma anche favorire la partecipazione delle rispettive imprese a progetti di ricerca, sviluppo e di trasferimento tecnologico in ambito nazionale, europeo ed internazionale e la possibilità di partecipare a progetti di finanziamento su fondi nazionali e comunitari. Un altro aspetto dell’accordo è quello di favorire la competitività delle imprese facilitando lo scambio di conoscenze e innovazioni tecnologiche con altre imprese e organismi di ricerca che fanno parte dei poli di innovazione. Nei termini dell’accordo anche la possibilità di fornire alle imprese di entrambi i territori, servizi di tutoraggio e assistenza scientifico-tecnologica e personale qualificato.

«Abbiamo una realtà industriale importante – commenta l’assessore regionale all’Innovazione e Ricerca, Matteo Marnati – Dobbiamo fare squadra, lavorare in sinergia, puntare sulla ricerca e sul trasferimento tecnologico, sull’innovazione e sulla sostenibilità delle imprese che sono il motore della ripresa economica legata in modo imprescindibile alla sostenibilità ambientale e sociale». «Dal confronto e dalla collaborazione possono nascere nuove ed importanti idee».

«L’unione – conclude Marnati – fa la forza. Stiamo lavorando per rafforzare un’area omogenea come quella del nord ovest dell’Italia».

Detenuto a capo di protesta collettiva in carcere

 UN ALTRO INCENDIA LA CELLA. LA PROTESTA DEL SAPPE 

Ancora un fatto violento all’interno delle carceri piemontesi, ancora alta tensione nella struttura detentiva di Vercelli.

Mario Corvino, vicesegretario regionale per il Piemonte del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, racconta quanto avvenuto ieri nel carcere del capoluogo regionale: “Nella giornata di sabato, presso la Casa circondariale di Vercelli, si sono vissute ore di grande tensione per due fatti distinti che hanno visto coinvolti diversi detenuti. La prima è avvenuta quando un detenuto di origine campana, che aveva effettuato il video-colloquio con la convivente, pretendeva di avere il pacco che la stessa gli aveva spedito con il corriere ma che ancora non era arrivato a Vercelli. L’uomo forse pensava che i poliziotti non glielo volessero dare ed ha iniziato a dare in escandescenza, prima minacciando i poliziotti e scagliandosi contro armadietti e carrello porta viveri poi incitando gli altri detenuti a non entrare nelle celle. Cosa effettivamente avvenuta e che ha creato grande tensione, anche perché sul posto non era presente il Comandante di Reparto col quale i detenuti volevano parlare. Solo dopo ore di alta tensione e mediazione, grazie anche al ricorso agli Agenti liberi dal servizio che sono intervenuti a supporto di quelli in servizio, la situazione si è normalizzata ma è stata una vicenda allarmante e incredibile per come è nata, senza alcun fondamento oggettivo”. Altro episodio accaduto in carcere l’incendio della cella da parte di un detenuto: “Qui un detenuto straniero ha messo a rischio la vita sua e degli altri ristretti dando fuoco al materasso della sua cella, al quale ha appiccato le fiamme dopo avere spaccato tutte le suppellettili. La mattina l’uomo era stato per una visita in carcere e pretendeva una terapia farmacologica diversa da quella indicata nella sua cartella clinica. Anche in questo evento, provvidenziale l’intervento degli uomini della Polizia Penitenziaria, immediatamente intervenuti a tutela dello sciagurato e di tutti gli altri detenuti”.

Donato Capece, segretario generale del SAPPE, rivolge “solidarietà e vicinanza al Personale di Polizia Penitenziaria di Vercelli che ancora una volta ha risolto in maniera professionale ed impeccabile i due gravi eventi critici” e giudica la condotta dei detenuti che li hanno provocati “irresponsabile e gravissima”.

“Quel che è avvenuto nel carcere di Vercelli” conclude il leader del SAPPE “conferma la costante tensione detentiva che continua a caratterizzare le nostre carceri. A causa della gravissima carenza di personale, di mezzi di protezione personale e di mancanza di provvedimenti nei confronti di tali soggetti da parte dell’Amministrazione, la popolazione detenuta continua ad avere atteggiamenti di totale mancanza di rispetto nei confronti del Personale, infatti i casi di minacce, sputi e aggressioni ormai sono all’ordine del giorno. Il personale vive in uno stato di abbandono e di assenza totale di tutela: si avverte infatti un clima di malessere generale e di massima tensione. E, come sempre, è sempre e solo la Polizia Penitenziaria, con le sue donne ed i suoi uomini in prima linea 24 ore al giorno, a confrontarsi con questi disagi e con le conseguenze che questi producono. Come dimostra quel che è avvenuto a Vercelli”.

 

L’isola del libro

RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA

 

Livia Manera Sambuy “Il segreto di Amrit Kaur” -Feltrinelli- euro 20,00
La scrittrice e giornalista culturale del “Corriere della sera”, Livia Manera Sambuy, è profonda conoscitrice della letteratura americana ed abilissima nel ricostruire vite partendo da uno spunto iniziale, un’affascinazione che la spinge ad approfondite ricerche fino a ricomporre biografie di personaggi unici. Ed è l’autrice di due documentari su Philip Roth, pietre miliari per capire il complesso scrittore americano.
Il 2007 è stato il suo “annus horribilis”, quello in cui ha dovuto fare i conti con la morte del fratello, il capolinea del suo matrimonio e difficoltà pure sul lavoro, dal momento che la crisi economica aveva costretto il suo giornale a sfoltire i dipendenti. E’ in questa colata di lava che si imbatte, mentre è a Mumbay, in un’immagine che la folgora e dà l’avvio alle ricerche e ai contatti che le permetteranno di ricostruire le vicissitudini di una principessa indiana dalla vita rocambolesca.
Nelle sale della mostra che ospita temporaneamente i ritratti di vari maharaja (scattati dal fotografo irlandese Lafayette e provenienti dal Victoria & Albert Museum) la giornalista viene letteralmente ammaliata dagli occhi scuri di Amrit Kaur. Principessa indiana, unica figlia femmina del maharaja di Kapurthala, ritratta 20enne nel 1924 quando fu presentata a Buckingham Palace a re Giorgio e alla regina Mary. Era stata educata in Inghilterra e in Francia, aveva vissuto negli anni 30 a Parigi e la sua famiglia possedeva una collezione di gioielli particolarmente importanti.
A colpire la Manera ancor di più è la didascalia che accompagna l’immagine; nel 1940 Amrit era stata arrestata dalla Gestapo a Parigi, colpevole di aver venduto i suoi favolosi gioielli per aiutare alcuni ebrei a fuggire. Mandata in campo di concentramento era morta circa un anno dopo.
Livia Manera Sambuy diventa una specie di detective e per 12 anni rincorre i vari tasselli che le permettono di capire la vita della principessa indiana; vola più volte tra India, Parigi, Usa e Inghilterra. Una storia complicata che interseca i destini in qualche modo collegati di Amrit, la fine del Raj, dell’Impero Britannico in India, il declino della famiglia di Amrit, la Shoa e il ruolo dei famosi gioiellieri ebrei Rosenthal.
A Parigi, negli archivi di Stato, troverà molto materiale sulla sua famiglia che era decisamente glamour, conosciuta e fulcro di tutte le feste. Ma su Amrit non c’è nulla. Manera continua a cercare e a Londra mette insieme altri pezzi del puzzle.

Il livello di coinvolgimento della Sambuy aumenta ancora di più quando incontra la figlia di Amrit. E’ Bubbles, oggi 92enne elegantissima e quasi cieca, che dalla madre era stata abbandonata da piccola nel 1933 e della quale non aveva più saputo nulla (in famiglia non era mai più stata nominata). Sarà lei, che all’epoca aveva solo 4 anni e da sempre si interrogava su quell’abbandono, a chiedere alla giornalista di trovare risposte alle sue domande.
Ed ecco un altro sprint per la scrittrice che riprende le ricerche e finirà per trovare perigliosamente una valigetta di coccodrillo con le iniziali dorate di Amrit Kaur nientemeno che a San Diego in California. Lì dentro – tra foto, lettere e documenti- è racchiusa la vita di Amrit. Una messe che ha consentito la nascita di questo libro affascinante che ricostruisce la vita di una figura modernissima per i suoi tempi, coraggiosa, colta e sensibile, che attraversò la storia e momenti difficilissimi.

William Dalrymple “Anarchia” -Adelphi- euro 34,00
Come negli altri suoi libri, lo storico e scrittore inglese, ha scritto “Anarchia” basandosi sull’assoluto rigore della ricerca storica ammantandola poi di scorrevolezza narrativa. Ha ricostruito la monumentale e corposa storia della Compagnia delle Indie, fin dalla sua nascita e lungo la sua inarrestabile ascesa, in quasi 500 pagine corredate da immagini dell’epoca.
Un percorso affascinante che parte dal 1599 quando si sviluppa una piccola compagnia, la società anonima per il commercio con l’Oriente, in competizione con altre potenze europee (l’Olanda in testa).
Dapprima una compagine di temerari mercanti inglesi che individuano nell’India l’area in cui avviare lucrosi commerci, importando in Europa prodotti nuovi e fino ad allora sconosciuti. Sarà la regina Elisabetta I d’Inghilterra a fornire alla compagnia una patente reale “per muovere guerra” e ricorrere anche alla forza per realizzare gli obiettivi prefissi.Una partenza prevalentemente commerciale, in cui con determinazione fu progressivamente conquistato il mercato di spezie e tessuti di lusso provenienti dalle Indie orientali, con l’importazione ed esportazione di materie prime.
Lungo i due secoli successivi la Compagnia britannica delle Indie orientali si trasforma in violenta macchina di espropriazione e dominazione. La sua diventa una storia di conquista economica, azioni predatorie e colonizzazione di un paese e popolazioni di storia antichissima.Dalrymple ci conduce in un viaggio affascinante in cui ricostruisce anche le biografie di alcuni protagonisti che contribuirono in prima persona. Sottolinea quanto acquistassero potere personaggi come il barone Clive, contabile della Compagnia nel 700, che tornò dall’India ricchissimo, tanto che poteva comprarsi anche i membri del Parlamento. E di fatto la Compagnia delle Indie fu colei che costituì la prima lobby in grado di manovrare il governo britannico.Uomini ambiziosi e spesso spietati che operarono secondo interessi economici e fecero la loro parte nell’opera di dissoluzione del Regno e della dinastia Moghul. Dinastia potente, raffinata, e rispettata che dominò il territorio indiano dal 1500 al 1700; poi per incapacità governativa ed inferiorità tecnologica in campo militare finirà per cedere di fronte all’Impero Inglese.Lo storico ripercorre i passaggi che hanno fatto in modo che la Compagnia delle Indie Orientali nel 700 si trasformasse in una società extraterritoriale con un potere immenso e superiore a quello della stessa Inghilterra che le aveva dato i natali. Una della prime Società per Azioni partita con un manipolo di dipendenti, 200 anni dopo ha accumulato profitti esorbitanti dal commercio con le Indie, e dispone di uno dei più grandi eserciti che controllava territori sconfinati, dominandoli con pugno di ferro e lontano da ogni legittimazione democratica.

Maud Ventura “Mio marito” -Sem- euro 19,00
Maud Ventura ha 29 anni, è parigina con lontane origini italiane, ha un podcast molto seguito, “Lalala”, con questo romanzo di esordio ha vinto il “Prix Du Premier Roman” e innescato un vero e proprio caso letterario. Il racconto si basa in parte sulla sua esperienza personale, ma ha chiarito che la protagonista è molto diversa da lei, anche se la storia nasce comunque nelle paure e nelle ansie dell’autrice.Il tema è fondamentalmente: è possibile amare troppo e vivere nel terrore di non essere amate come si vorrebbe? E’ vero amore? Oppure un desiderio incolmabile di essere viste, considerate, amate?
Dove affonda le radici un’ossessione del genere?Voce narrante è quella di una quarantenne sposata da 15 anni che sembra avere tutto dalla vita, eppure è divorata dall’ansia di venire abbandonata dal marito. La loro sembr una coppia perfetta: lei è insegnante di inglese part time e traduttrice, sempre impeccabile ma con il tarlo irrisolto di provenire da una famiglia più modesta di quella del consorte che per molti è il suo “principe azzurro”.
Di lui non sappiamo neanche il nome, ma è solo e sempre “mio marito”: benestante, colto, con una prestigiosa professione che garantisce alla famiglia un alto e invidiabile tenore di vita, in una bella casa in un quartiere di quelli giusti e due figli che non danno problemi.Eppure nell’arco di 7 giorni, scanditi da una sorta di diario intimo, la protagonista si mette a nudo e racconta con dovizia di particolari minuziosi la sua strisciante angoscia di non essere più amata come vorrebbe.
Sotto l’apparenza controllata si nasconde una donna passionale, per niente appagata dal tranquillo tran tran di una collaudata relazione serena, come se il marito non fosse più attratto da lei.
La questione via via si fa più complessa e vengono descritti stati d’animo altalenanti, una passione dai toni adolescenziali, una costante e minuziosa osservazione di ogni gesto, sguardo o respiro del marito alla ricerca di indizi, una deriva patologica che esprime l’infelicità di questa donna.Mania di controllo, insicurezza profonda, costante ricerca di perfezione in ossequio dei dictat dei social, e altre mille sfaccettature che vengono sviscerate con una scrittura veloce, magnetica e coinvolgente. Emerge il quadro di un matrimonio intriso di malcontento, mistificazioni e sotterfugi, con colpo di scena finale.

 

Louisa May Alcott “L’amuleto d’ambra” -elliot- euro 15,00

Questo racconto dell’India coloniale è un testo inedito della scrittrice americana (nata nel 1832 e morta nel 1888) la cui fama è legata soprattutto alla tetralogia di “Piccole donne”, ma che spaziò anche nel thriller e nel gotico in scritti meno conosciuti.
Il testo è un’opera inedita: manoscritto di 4 capitoli trovato per caso da Daniela Daniele che è anglista e ricercatrice all’Università di Udine, e l’ha scovato durante le sue ricerche alla Houghton Library di Harvard.
E’ una storia scritta dalla Alcott in due epoche diverse, così che risulta difficile stabilire con esattezza la data, si ritiene che la seconda parte del racconto sia stata scritta nel 1887.
E’ ambientata a Delhi nel 1857 e l’amuleto d’ambra del titolo sarebbe il pegno d’amore che l’ufficiale inglese Duke Gordon ricevette da una misteriosa e bellissima fanciulla indiana. Il militare era rimasto ferito durante la ribellione dei Sepoy (i soldati locali ribelli ai colonizzatori); era riuscito a sopravvivere, ma della ragazza che gli aveva salvato la vita non trovò più traccia.Seconda parte del racconto, altro scenario, anni dopo, Duke è a Parigi. Una sera assiste ad un spettacolo esotico la cui protagonista è una ballerina misteriosa. Sullo sfondo di scenografie maestose, domatori di belve, si muove una vedette che manda il pubblico in visibilio. Sulla sua identità si vocifera che sia di origini indiane o spagnole; ma Duke è convinto di aver ritrovato la sua salvatrice. Sarà l’amuleto del titolo ad aiutarlo a scoprire la verità.

 

Scott Spencer “Un oceano senza sponde” -Sellerio- euro 17,00
E’ una storia di ossessione, dolore e scoperta della propria natura più profonda, quella che si sviluppa in questo romanzo dello scrittore americano nato nel 1945 a Washington, autore di 11 romanzi e docente di scrittura alla Columbia University.
Il suo libro di grande successo “Un amore senza fine” del 2015, classificato come testo con alto tasso di erotismo, ha ispirato due film; nel 1981 uno per la regia di Zeffirelli, e il successivo nel 2014, entrambi al centro di polemiche e critiche.“Un oceano senza sponde” inizia con il protagonista, Kip, in attesa della sentenza di un giudice per qualcosa che il lettore non sa ancora… ed è già curiosità assicurata.
Capiamo subito che Kip sta già vivendo una prigionia interiore, di gran lunga peggiore di qualsiasi verdetto di tribunale.
Fa risalire l’inizio del disastro a una data ben precisa, 12 marzo 1997, quando ha ricevuto la telefonata del tutto inaspettata di una conoscenza dei tempi del college, Thaddeus.
Non un compagno qualunque; perché Kip era stato attratto, affascinato ed infine si era innamorato di Thaddeus. Una devozione che l’amico non aveva minimamente colto, tantomeno corrisposto.
Poi le loro esistenze erano andate avanti e loro si erano persi.Ora Kip conduce una vita tranquilla e benestante lavorando in una società di investimenti; non è esattamente ricco, ma se la passa parecchio bene.
Thaddeus invece è inguaiato in pesanti problemi economici e chiede aiuto.Sposato con un’artista che non riesce ad emergere, hanno due figli adolescenti e vivono nell’enorme proprietà di Orkney, 18 stanze sontuose sull’Hudson. L’avevano acquistata con i guadagni dell’unico successo di Taddheus come sceneggiatore di un film campione di incassi al botteghino. Convinta di essere ormai saldamente sulla cresta dell’onda la coppia aveva vissuto alla grande e sperperando a piene mani.
Poi in un attimo Thaddeus si era bruciato carriera e futuro gettando un drink in faccia al figlio di un importante produttore. Da allora l’ostracismo aveva bloccato ogni suo progetto, i soldi erano finiti, la proprietà e la vita della famiglia ormai prossime al tracollo.Alla richiesta di aiuto economico dell’amico, Kip non sa resistere, lui che lavora per i ricchi ma di suo ricco non è, semmai un professionista di successo. Il lavoro è l’unico punto fermo della sua vita che sul versante affettivo è tutt’altro che pienamente realizzata. Quanto riuscirà a tenere a freno la sua non dichiarata omosessualità e l’amore per l’amico che non ha mai svelato?
Cosa succederà in questa dinamica tra i due uomini in cui si mischiano elementi a doppio taglio come sesso e soldi?
Scoprirete tutto leggendo le pagine in cui Scott Spencer è maestro nel dipanare temi scottanti.

Come difendersi dalle truffe agli anziani: lo spiega la Polizia

SAPERE COME COMPORTARSI DI FRONTE AL RAGGIRO

NUOVO CICLO DI INCONTRI A CURA DEL COMMISSARIATO SAN PAOLO

 

Continua l’attività della Polizia di Stato finalizzata alla tutela delle fasce più deboli della popolazione. Nell’ambito della già avviata campagna del Dipartimento della Pubblica Sicurezza dal titolo “Più sicuri insieme”, volta a prevenire le truffe agli anziani, il Commissariato di P.S. San Paolo, in collaborazione con la Circoscrizione 3 della Città di Torino, ha avviato, già dalla scorsa estate, un ciclo di incontri informativi per sensibilizzare la popolazione sul tema.

Non è un mistero che le persone anziane siano spesso oggetto di “attenzioni particolari” da parte di soggetti che, anche approfittandosi della loro solitudine e del loro stato di salute, talvolta non eccellente, cercano con l’inganno e col raggiro di impossessarsi di denari e preziosi, custoditi principalmente in casa.

E’ dunque di fondamentale importanza sensibilizzare i nostri anziani, portandoli a conoscenza dei diversi stratagemmi utilizzati dai malintenzionati, i quali non esitano a spacciarsi per appartenenti alle Forze dell’Ordine, assicuratori, tecnici del gas, dell’acqua, dell’energia elettrica, ufficiali giudiziari, corrieri per consegne pacchi, pur di carpire la loro fiducia e introdursi nelle loro case.

Ed è proprio l’aver dato la propria fiducia a terzi e ritrovarsi poi derubati, a generare spesso, nella vittima, un forte senso di colpa e di vergogna: oltre al danno materiale, l’anziano dovrà dunque confrontarsi anche con strascichi di natura psicologica, talvolta lunghi e difficili da sanare.

Giovedì pomeriggio, al Centro Incontro Anziani di via Francesco de Sanctis 10-12 erano presenti oltre 80 persone, entusiaste dell’iniziativa che, oltre ad ascoltare hanno interagito molto.

Dalla platea, ad esempio, la domanda di un anziano: “Rischiamo di essere avvicinati anche fuori dalle nostre abitazioni? Se sì, dove? Cosa possiamo fare?”

Risposta: “Sì, l’approccio con la vittima designata può verificarsi sia nell’abitazione che in ambiente esterno. I luoghi dove accade più di frequente sono gli uffici postali, quelli bancari, mercati, farmacie e supermercati.

È importante osservare l’ambiente circostante e, se avete il sospetto di essere seguiti o osservati, dovete chiamare il 112.  Se vi trovate, ad esempio, all’interno di un ufficio postale o bancario, è opportuno parlare di questa vostra percezione con il personale dell’ufficio o con quello preposto alla vigilanza.

Se invece siete in strada è opportuno che avviciniate un appartenente alle forze dell’ordine, oppure è consigliabile che entriate in un esercizio commerciale, in modo da trovare una compagnia sicura. 

 

Altra domanda: “Se una persona viene in casa e ci dice di essere un poliziotto, come facciamo a capire che in realtà è un truffatore?”

Risposta: ”In primo luogo, se si tratta di personale in divisa, potete osservare all’esterno della vostra abitazione se c’è una macchina con colori di istituto. 

Se questa persona afferma di essere personale in borghese, occorre chiedere qual è l’ufficio di appartenenza e successivamente contattare il 112 per verificare che personale appartenente a quell’ufficio sia stato mandato nel nostro stabile.

In ogni caso, quando la conversazione volge sul denaro o oggetti preziosi che abbiamo in casa, bisogna contattare il 112. 

Il modus operandi delle forze dell’ordine non prevede richieste di tale tenore.

Condivisione esperienze: “Mi è capitato di ricevere una telefonata da una donna che si fingeva mia nipote. Ad un certo punto mi ha chiesto del denaro per fare fronte a spese mediche e lì ho ricordato quanto riferito dalla Polizia di Stato nello scorso incontro.

Nel momento in cui la conversazione si è spostata sul denaro ho capito che si trattava di un tentativo di truffa!”

Questi incontri seguono quello dello scorso giugno in circoscrizione e continueranno nei prossimi mesi, in date che verranno opportunamente pubblicizzate.

Apre le porte il nuovo centro prelievi a Rivoli

Sarà inaugurato lunedì 19 dicembre alle ore 12,00 il nuovo Centro Prelievi di via Leumann 1/O a disposizione dei cittadini di Rivoli già dalla mattina di lunedì alle ore 8,00, che si aggiunge agli altri centri del territorio, presenti presso l’Ospedale di Rivoli e l’RSA Bosco della Stella di corso Francia. Il centro prelievi, ad accesso diretto, osserva il seguente orario: dal lunedì al venerdì, dalle ore 8,00 alle 9,30 e dalle 10 alle 13 per attività amministrative.

Sarà Franca Dall’Occo, Direttore Generale dell’ ASL TO3 insieme al Sindaco di Rivoli Andrea Tragaioli a tagliare il nastro della nuova struttura costituita da una sala d’ aspetto, box prelievi, spazi per l’attività amministrativa e per i servizi di scelta e revoca del medico, assistenza protesica, ritiro referti, esenzione per reddito e patologia, consegna contenitori per campioni biologici.

La nuova allocazione è provvisoria. Rappresenta il passaggio intermedio fra la dismissione del Poliambulatorio di via Piave e la nuova Casa di Comunità che verrà realizzata in corso Francia 98 come da piano di programmazione approvato nell’ ambito del PNRR.

“La sanità territoriale è in grande trasformazione. – afferma il Sindaco Andrea Tragaioli – La volontà dell’ Amministrazione Comunale e mia in quanto Presidente della Conferenza Sindaci dell’ ASL TO3, è quella di assicurare ai cittadini i servizi sanitari di cui necessitano. Sono orgoglioso di mettere a loro disposizione  questa sede garantendo agli utenti ed agli anziani la possibilità di effettuare i prelievi e di avere un riferimento per ricevere l’ assistenza fondamentale. L’ apertura di questa sede, vuole rappresentare una certezza: quella di garantire ai cittadini l’offerta di salute.”

 

“La riorganizzazione dei servizi sanitari sul territorio del distretto Area Metropolitana Centro – spiega Franca Dall’Occo, Direttore Generale AslTo3 – prevede innanzitutto la garanzia della sicurezza di tutti gli edifici interessati dalla riorganizzazione e poi, nel dettaglio, la realizzazione di una Centrale Operativa Territoriale a Collegno e 3 case di Comunità fra cui quella di corso Francia 98 a Rivoli a cui si aggiungono Collegno e Grugliasco. Sono i nodi di una nuova rete che, insieme all’Ospedale di Rivoli, è di riferimento per tutto il Quadrante nord ovest dell’area metropolitana di Torino e per le altre strutture sanitarie già presenti sul territorio con lo scopo di rafforzare e rendere più capillare possibile l’assistenza ai cittadini”.

Argentina campione del Mondo!

Finale mondiale Qatar 2022
Argentina-Francia 7-5
dopo i calci di rigore

Una finale da sogno!
Protagonisti assoluti Messi(Ma)Radona e MbapPelè.

Lo volevano quasi tutti, soprattutto per Messi e così fu! L’Argentina si laurea campione del mondo per la terza volta, dopo il 1978 ed il 1986 superando la Francia ai calci di rigore, con il risultato di 3-3 ai tempi supplementari. Gli argentini dominano la gara con una grandissima prestazione sia come gioco che intensità. La squadra di Scaloni, passa in vantaggio su calcio di rigore procurato da Di Maria e segnato da Messi, poi raddoppia attorno alla mezz’ora grazie a un contropiede magnifico sempre di Messi e  realizzato da Di Maria. Tutto finito? Macché!
Risorge la Francia:
all’80’ segna il grande Mbappé su calcio di rigore procurato da Di Maria. Il numero 10 francese calcia potentemente trovando l’angolo basso alla destra di Emiliano Martinez. All’81’ il pazzesco pareggio della Francia. Mbappè scambia palla con Kolo Muani al limite dell’area, calcia al volo in diagonale trovando l’angolo basso alla sinistra di Emiliano Martinez.Un gol incredibile che solo i fuoriclasse sono in grado di realizzare.
Si va ai supplementari: ancora Messi gol,risponde Mbappè e pareggia.
Ecco i rigori e Montiel entra nella storia segnando il gol decisivo che laurea l’Argentina campione del mondo per la terza volta.È stato un bellissimo mondiale, avvincente,con tante sorprese sportive sia in negativo, Spagna,Serbia e Germania deludenti,dal Brasile ci si aspettava di più,mentre in positivo molto bene l’incredibile Marocco, prima squadra africana ad arrivare tra le prime 4 in un mondiale e la Croazia terza sul podio,dopo il secondo posto del 2018.

Enzo Grassano