Oggi sabato 1° marzo in montagna sono previste nevicate deboli o localmente moderate sui settori alpini e prealpini settentrionali. Lo afferma Arpa Piemonte, che segnala inoltre nevicate deboli nel pomeriggio sui settori occidentali e più persistenti sui settori sudoccidentali, fino a domenica mattina. La quota neve è circa 800 metri. Il rischio valanghe per sabato registra un aumento del grado di pericolo da 1-debole a 2-moderato sui settori prealpini occidentali e sulle Alpi Liguri.
L’abito fa il monaco?
Quante volte abbiamo sentito parlare di dress code, cioè quel codice spesso non scritto che impone un certo abbigliamento per accedere ad una festa, ad un evento?
Abito lungo per le dame, smoking per gli uomini, no jeans, no sneakers, ecc.
Ricordo ancora la prima volta in cui entrai alla Camera dei Deputati dove, nonostante il caldo torrido, era obbligatorio indossare giacca e cravatta: la giacca l’avevo con me, la cravatta la comprai lì vicino; lo stesso dicasi per il Casinò di San Vincent dove, in alternativa, era consentito indossare una maglia dolcevita (non so se ora sia ancora così).
Stesso discorso per le banche dove, fino ad alcuni anni fa, gli impiegati indossavano sempre giacca e cravatta.
Anche in questo caso l’abito indicava l’appartenenza ad un gruppo, esattamente come in pantaloni indossati sotto le natiche o negli anni ’70 le College o le Clarks, a seconda della fazione politica di riferimento.
Una multinazionale americana presente anche in Italia imponeva ai suoi commerciali la camicia bianca nelle ore antimeridiane mentre nel tardo pomeriggio era consigliato di indossarla azzurra.
Il primo testimonial della rivoluzione fu Sergio Marchionne, che si presentò da subito alle riunioni, anche in Confindustria (finché la Fiat ne fece parte), indossando un cachemire anziché la solita giacca ed il suo gesto fece scuola.
Ora il discrimine, se possiamo chiamarlo così, è costituito dai tatoo: se non li hai sei fuori, sei antiquato.
Un tempo, anche nell’Arma, non erano consentiti; poi sono stati ammessi solo se non visibili indossando la divisa.
Ad un colloquio di lavoro ho incontrato persone mediocri senza tatoo e veri geni con tatoo ovunque, come ho incontrato persone con i capelli cortissimi, puliti, che a malapena riuscivano a fare un cerchio usando un bicchiere, mentre ne ho viste altre con i dreadlocks comporre musica, scrivere libri o progettare palazzi.
Siamo portati a identificare come non pericolosi quanti somigliano a noi, almeno esteriormente, e di conseguenza classificare come negativi quanti da noi si distinguono; d’altronde, una delle motivazioni base del razzismo, della xenofobia è proprio non riconoscere come simili a noi quanti abbiano una pigmentazione diversa, parlino un idioma che non comprendiamo, preghino un Dio diverso dal nostro (abbiamo mai visto il nostro per giudicare il loro?) e così via.
Quindi ci basiamo su preconcetti, su stereotipi (i neri fanno così, gli arabi cosà, le filippine sanno fare solo le cameriere) che non ci permettono un’analisi obiettiva, una considerazione basata su fatti anziché ipotesi.
Esattamente come è vietato discriminare per motivi razziali, religiosi o etnici, dovrebbe esserlo anche per il modo in cui ci si veste, ci si acconcia o per il piercing che si indossa; certo, gli eccessi possono essere sgradevoli, ed è lo stesso concetto secondo il quale una segretaria di direzione che incontra clienti ed investitori dev’essere gradevole e non un orso travestito da impiegata.
L’igiene non deve mai essere trascurata, anche per rispetto delle persone con le quali entriamo in contatto, ma cosa indossiamo è affare nostro; la società, ho avuto modo di scriverlo in altre occasioni, si è data delle regole di convivenza per conformare usanze, comportamenti, aspettative. E’ evidente come qualsiasi deviazione può turbare, può insospettire perché viene vista come una ribellione, anche se pacifica.
D’altronde, andreste da un medico che vi accoglie in bermuda o in un’agenzia immobiliare in cui la titolare si presenti con i bigodini in testa? Saranno anche bravissimi, ma sicuramente all’inizio qualche perplessità la destano.
Come fare quindi per non essere vittima dei nostri pregiudizi? Non giudicare, ma basarsi sui fatti. Se un professionista è famoso per aver tanti clienti ed ha tutte recensioni positive non facciamoci fuorviare da nostri parametri di valutazione, ma basiamoci sulla sua professionalità: chi siamo noi per giudicare se un architetto sia competente nel suo lavoro, se un avvocato stia preparando un’arringa vincente oppure no?
Ricordate che vi sono molte, troppe persone che si recano a messa tutti i giorni ma appena uscite dalla chiesa riprendono a criticare ora questo ora quello; e quanti si vantano di fare adozioni a distanza, beneficenza qua e là, ma se una vicina li chiama perché ha bisogno che qualcuno si rechi in farmacia per il bimbo piccolo malato la criticano perché è una rompiscatole?
Sergio Motta
Nell’ambito di un’attività di controllo del territorio, volta sia alla prevenzione dei furti notturni nei centri anziani e nelle scuole che al contrasto di questo fenomeno, da tempo al centro di indagini, nella notte del 26 febbraio una pattuglia del Comando Sezione 6° Barriera di Milano ha fermato un’auto passata col rosso in via Monte Rosa angolo via Gottardo, in prossimità dei giardini Peppino Impastato. Una volta avvicinatisi all’auto, un Suv Peugeot, gli agenti hanno individuato una grossa scatola di fuochi artificiali sul sedile posteriore. Così hanno chiesto al conducente di verificare il contenuto del bagagliaio scoprendo che trasportava 8 scatole di fuochi artificiali illegali e altro materiale pirotecnico per un totale di 58 chili, oltre ad una mazza da baseball. Il materiale è stato sequestrato e il conducente dell’auto, un uomo di nazionalità italiana, è stato deferito all’autorità giudiziaria per detenzione di materiale esplodente e porto abusivo di armi (ex.art. 38 T.u.l.p. e art.4 legge 110/75).
Il procedimento penale oggetto del presente comunicato si trova attualmente nella fase delle indagini preliminari, pertanto vige la presunzione di non colpevolezza dell’indagato, sino alla sentenza definitiva.
TORINO CLICK
“Cioccolatò”, modifiche alla circolazione
A seguito dello svolgimento della manifestazione “Cioccolatò”, che determinerà la chiusura al transito dei veicoli in piazza Vittorio Veneto nel tratto compreso tra via delle Rosine e lungo Po Diaz (il transito resta invece libero sull’asse di via Bava e via Bonafous), dalle ore 11.00 alle ore 20.00 di sabato 1° e domenica 2 marzo 2025, varieranno il servizio le linee: 3 – 13 BUS – 15 TRAM – 30 – 53 – 55 – 56 – 70 – Venaria Express. Inoltre, dalle ore 11.00 alle ore 20.00 di domenica 2 marzo sarà deviata la linea 16 CS BUS.
- Linea 3.
Direzione corso Tortona: effettua l’ultima fermata per il servizio passeggeri in corso Tortona angolo corso Belgio (fermata n° 598).
Direzione Vallette: effettua la prima fermata per il servizio passeggeri in corso Belgio prima di via Rcasoli (fermata n. 572), quindi prosegue per coro Regina Margherita, percorso normale. - Linea 13 BUS.
Direzione piazza Gran Madre: percorso attuale fino in corso San Maurizio angolo via Bava da cui prosegue per corso San Maurizio, lungo Po Cadorna, ponte Vittorio Emanuele I, percorso normale.
Direzione piazza Campanella: da ponte Vittorio Emanuele I deviata in lungo Po Cadorna, corso San Maurizio, corso Regina Margherita, via Milano, via San Francesco d’Assisi, via Pietro Micca, percorso attuale. - Linea 15 TRAM.
Direzione piazza Coriolano (Sassi): da via Brissogne segue il percorso attuale fino in corso Vittorio Emanuele II da dove è deviata per via XX Settembre, via Pietro Micca, piazza Castello, viale I° Maggio (Giardini Reali), corso Regina Margherita, corso Tortona, corso Belgio, percorso normale. - Direzione via Brissogne: da largo Berardi deviata in corso Regina Margherita, viale I° Maggio (Giardini Reali), piazza Castello, via Pietro Micca, via San Tommaso, via dell’Arsenale, corso Vittorio Emanuele II, percorso attuale.
- Linea 30.
Solo in direzione corso San Maurizio: da via Vanchiglia deviata in corso San Maurizio (capolinea). - Linea 53.
Solo in direzione Ospedale San Vincenzo: dal capolinea di corso San Maurizio prosegue in direzione corso Regina Margherita dove effettua inversione di marcia, quindi riprende corso San Maurizio, lungo Po Cadorna, ponte Vittorio Emanuele I, percorso normale. - Linea 55.
Solo in direzione via Moncalieri (Grugliasco): da via Vanchiglia deviata in corso San Maurizio, corso Regina Margherita, via Milano, via San Francesco d’Assisi, via Bertola, via San Tommaso, percorso normale. - Linea 56.
Direzione largo Tabacchi: percorso attuale fino in corso San Maurizio angolo via Bava da cui prosegue per via corso San Maurizio, lungo Po Cadorna, ponte Vittorio Emanuele I, percorso normale.
Direzione via Tirreno (Grugliasco): da ponte Vittorio Emanuele I deviata in lungo Po Cadorna, corso San Maurizio, corso Regina Margherita, via Milano, via San Francesco d’Assisi, via Pietro Micca, percorso normale. - Linea 70.
Solo in direzione piazza Failla (Moncalieri): dal capolinea di corso San Maurizio prosegue in direzione corso Regina Margherita dove effettua inversione di marcia, quindi riprende corso San Maurizio, lungo Po Cadorna, ponte Vittorio Emanuele I, percorso normale. - Venaria Express.
Direzione Autostazione via Fiochetto: da via Pietro Micca deviata in via XX Settembre, corso Regina Margherita, corso Regio Parco, percorso normale.
Direzione Reggia di Venaria: da corso Regio Parco deviata in corso Regina Margherita, via Milano, via San Francesco d’Assisi, via Pietro Micca, percorso normale.
Inoltre, dalle ore 11.00 alle ore 20.00 di domenica 2 marzo:
- Linea 16 CS BUS.
Da ponte Vittorio Emanuele I deviata in lungo Po Cadorna, corso San Maurizio, percorso normale.
La linea 16 sarà gestita con autobus nell’intera giornata di domenica 2 marzo per lavori di potatura alberi in corso Tassoni.
Barbara Gullino, Coach della relazione d’aiuto e del cambiamento e facilitatrice del respiro consapevole, propone a tutte le donne un percorso di life coaching per aiutarle a ritrovarsi nei propri aspetti più intimi delle relazioni amicali e amorose, oltre che a lavorare sulla sensazione di non sentirsi realizzate. Questo percorso ha una durata di tre mesi, può essere attuato online o in presenza, ed è finalizzato a un risveglio interiore e a una maggiore conoscenza di se stesse.
“A distanza di anni le donne con cui ho lavorato – spiega Barbara Gullino – mi raccontano della loro trasformazione. È importante arrivare a capire, all’interno della volontà di cambiamento, che abbiamo retaggi provenienti dalla famiglia di origine che incidono sulle varie relazioni della nostra vita. Dopo un primo incontro in cui la persona mi parla di sé, dalle sue parole e dal modo in cui utilizza la voce cerco di individuare fragilità ed esigenze e, successivamente, attivo lo strumento della ‘respirazione consapevole’. Questa tecnica richiama il respiro ancestrale, il respiro della vita per quello che è. Se si pensa al respiro come a un sismografo che registra emozioni, capiamo intuitivamente quanto sia importante cambiare il nostro modo di respirare. La respirazione circolare o terapeutica porta in sede due fasi: la somatizzazione in cui si lavora dietro al dolore, e la consapevolezza, in cui vi è un lavoro profondo”.
Barbara Gullino è anche operatore olistico che promuove sedute di massaggi finalizzati a sciogliere tutte quelle tensioni muscolari originate da inquietudini interiori. Anche in questo caso la respirazione gioca un ruolo importante ed è fondamentale imparare a respirare non solo con i polmoni, ma anche con l’addome.
“Durante le sedute di massaggio utilizzo oli essenziali – dichiara Barbara Gullino – le essenze di arancia amara e lavanda servono proprio per allentare la tensione. La linfa delle piante ha il potere di riconnetterci alla natura. Un’altra pratica fondamentale riguarda le visualizzazioni, il metodo per vedere con chiarezza il risultato che si vuole raggiungere e infine il “mandala”, ovvero il lavoro e il dialogo con il nostro individuale bambino interiore finalizzati a riportare in luce eventi ed emozioni dimenticate e continuare a percorrere con successo la nostra strada verso il cambiamento”.
Info: barbaragullino69@gmail.com – telefono: 349 8093434
Mara Martellotta
Padel e beach volley di Carnevale
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I Popolari sono nel PPE
LO SCENARIO POLITICO di Giorgio Merlo
Gli eventi politici internazionali cambiano, e cambieranno in modo sempre più radicale, le agende
politiche nazionali. E quindi anche quella italiana. E non solo perchè il progetto politico della
politica estera ridiventerà centrale per la stessa costruzione delle alleanze e delle coalizioni, ma
per la semplice ragione che avranno sempre più vita corta gli atteggiamenti balbettanti, equivoci o
puramente opportunistici. Fuor di metafora, difficilmente una coalizione – come ad esempio quella
del cosiddetto ‘campo largo’ – sarà politicamente credibile se al suo interno si contano 5 o 6
posizioni diverse, se non addirittura alternative, rispetto ai temi cruciali della politica estera. E
quindi della reale collocazione dell’Italia nell’Europa e a livello internazionale. Un tema, questo,
che è stato bruscamente accelerato dopo l’elezione del nuovo Presidente degli Stati Uniti
d’America ma anche dopo la recente elezione del Parlamento tedesco. È del tutto evidente, al
riguardo, che ogni forza politica si dovrà assumere le proprie responsabilità e mettere in campo la
propria coerenza culturale. Perchè di questo si parla e non di altro.
Ed è proprio su questo versante che, ad esempio, assumeranno di nuovo una grande importanza
le cosiddette “famiglie” politiche europee. E quindi, e di conseguenza, l’appartenenza dei singoli
partiti nazionali alle tradizionali famiglie politiche europee. Per coerenza, e non per convenienza.
Sotto questo versante il tema della cultura Popolare, della tradizione Popolare, del pensiero
Popolare di ispirazione cristiana sono chiamati, anch’essi, ad essere coerenti con la propria storia
nella nuova geografia politica che si è aperta e che è destinata ad essere sempre più esigente nei
prossimi mesi ed anni. Ed è abbastanza naturale prendere atto che il ritorno delle grandi famiglie
politiche europee può segnare anche, e soprattutto a livello nazionale, il ritorno della politica e del
suo significato più autentico. E il PPE, al riguardo, può rappresentare nel suo interno le varie
sensibilità e anche le diversità che completano e arricchiscono il vasto e articolato mondo del
cattolicesimo politico nelle sue molte declinazioni. Certo, non può essere solo la tendenza
conservatrice ad esaurire la composita e ricca famiglia Popolare. Perchè, per rispetto delle
diversità dei singoli paesi europei e per le svariate sensibilità che caratterizzano la tradizione del
cattolicesimo politico europeo, il PPE non può non farsi carico di questa pluralità di accenti e di
ricchezze che attualmente sono riconducibili all’area popolare, cristiano sociale e cattolico
popolare. Ed è altrettanto vero che questa tradizione, questa cultura e questo pensiero oggi non
possono essere collocati in famiglie politiche e culturali che sono semplicemente diversi se non
addirittura alternative rispetto al pensiero di matrice Popolare.
Ecco perchè, anche in una fase storica particolarmente delicata e complessa come quella
contemporanea, possono arrivare iniziative e scelte che contribuiscono non solo a semplificare il
quadro politico ma renderlo, tutto sommato, più trasparente, più credibile e più coerente. A
cominciare, appunto, dal profilo, dalla natura e dalla consistenza del PPE e, di conseguenza, della
collocazione concreta della cultura politica del popolarismo e del cattolicesimo politico nazionale
ed europeo.
Sul palcoscenico del Carignano, sino al 9 marzo
Testo intriso di autobiografia più che ogni altro tra le opere di Eugene O’Neill, “Lungo viaggio verso la notte” è il ritratto che impietosamente l’autore dipinge della propria famiglia: del padre attore di successo fossilizzato in quella interpretazione del “Conte di Montecristo” che portò avanti per più di seimila repliche, rimanendone come soffocato, della madre infatuata della religione, con un passato di permanenza in un college dell’Indiana e persa nell’abuso della morfina, di suo fratello che dovette combattere per una vita intera contro l’alcolismo (il successivo “Una luna per i bastardi” ne avrebbe spiegato gli sviluppi), con grande verità anche di se stesso affetto da tubercolosi e costretto a essere ricoverato per un paio d’anni in sanatorio, mentre quella stessa casa dei Tyrone raccontata nel dramma, a tutti invisa e da tutti osteggiata, altro non è che la casa degli O’Neill nel Connecticut. “Lungo viaggio” vide la fine della stesura nel 1942, in pieno conflitto mondiale, e l’autore, nel consegnarlo all’editore, espresse la volontà che venisse rappresentato soltanto 25 anni dopo la sua morte: ma alla sua morte nel 1953) la vedova, trasferendo i diritti all’Università di Yale cancellò quel primo obbligo, l’opera si aggiudicò il Premio Pulitzer per la drammaturgia e vide la prima rappresentazione a Stoccolma nel febbraio del ’56.
È una prigione quella che contiene la famiglia Tyrone – Gabriele Lavia, che interpreta e dirige il dramma, sino a domenica 9 marzo, al Carignano per la stagione dello Stabile torinese, la definisce “famigliaccia” -, la circonda una più che visibile inferriata, onnipresente e obliqua, da cui sarà possibile un’unica uscita di mamma Mary e di cui gli attori si libereranno soltanto per gli applausi finali, mentre all’interno stanno tavoli e seggiole e angoli di conversazione, mentre all’esterno tutto è avvolto nel buio entro cui gli attori scompaiono (la scena è di Alessandro Camera, i costumi di Andrea Viotti) – all’interno della quale i personaggi, offuscate vittime e carnefici allo stesso tempo, impiegano la loro giornata con briciole di tenerezza, con momenti dove passato e presente devono essere rinfacciati a qualunque costo, dove in diversa misura si corre verso l’autodistruzione, dove liquori e droga annebbiano i cuori e i sentimenti e riempiono il tempo interminabile, dove circolano sospetti e sussurri e grida, dove le illusioni sbiadiscono, dove impera la grettezza e l’attaccamento al denaro e il rimpianto del padre, impossibile grande attore shakespeariano, le debolezze e le accuse dei figli e la madre che continua a narrare di una esistenza infelice e sola, dove si gioca drammaticamente a scarnificarsi senza risparmio di colpi di scure. Non si tira indietro l’autore, neppure per un attimo, in quella descrizione familiare, disposto a mettere in piazza ogni ferita, ogni possibile conseguenza, con grande infelicità e palpabile crudezza, con una asprezza e una sincerità personale che forse mai cosi hanno attraversato un palcoscenico.
E Lavia certo non si sottrae a quella ragnatela di rabbiosa, quanto pietosa, infelicità che è al centro del dramma. Lo fa dando corpo e anima, in modo autentico (dove ci si allontana dalla “recitazione” per essere sempre più “veri”) ai quattro personaggi e con un vigore che espone tutto il realismo del testo. Fotografa, delinea, accentua, tratteggia, muove in quello spazio che si fa sempre più angusto e soffocante, riempie dell’esattezza di gesti e parole frantumate e lasciate a metà, di espressioni che vogliono dire e non diranno mai. Del suo James esprime non solo i tratti dei ricordi e delle incomprensioni e della dolorosità del vivere ma pure quelli più caparbiamente infantili: e riempie immediatamente la scena. Gli sono accanto Federica Di Martino, che è una perfetta mater dolorosa e folle, forte padrona di un frastagliato itinerario di drammaticità, capace di sfruttare appieno, con grande convincimento, gli ultimi attimi vestita dell’abito da sposa, Jacopo Venturiero (Jamie) e Ian Gualdani (Edmund), credo scelti dopo parecchi provini, forse ancora qua e là in cerca di eccessi che si smorzeranno e di una giusta appropriazione in un percorso che s’è iniziato da un paio di settimane soltanto. Beatrice Ceccherini è la cameriera Cathleen. Applausi incondizionati al termine, resi da un pubblico completamente agguantato da una resa che è agli occhi di chi guarda una delle concretezze teatrali della stagione.
Elio Rabbione
Foto Tommaso Le Pera
Cutri’ alla guida della Fim CISL Torino Canavese


