ilTorinese

La Fontana dell’Aiuola Balbo e il Risorgimento

Oltre Torino. Storie, miti, leggende del torinese dimenticato.

Torino e lacqua

Le storie spesso iniziano là dove la Storia finisce.

Il fil rouge di questa serie di articoli su Torino vuole essere lacqua. Lacqua in tutte le sue accezioni e con i suoi significati altri, lacqua come elemento essenziale per la sopravvivenza del pianeta e di tutto lecosistema ma anche come simbolo di purificazione e come immagine magico-esoterica.

1. Torino e i suoi fiumi

2. La Fontana dei Dodici Mesi tra mito e storia

3. La Fontana Angelica tra bellezza e magia

4. La Fontana dellAiuola Balbo e il Risorgimento

5. La Fontana Nereide e lantichità ritrovata

6. La Fontana del Monumento al Traforo del Frejus: angeli o diavoli?

7. La Fontana Luminosa di Italia 61 in ricordo dellUnità dItalia

8. La Fontana del Parco della Tesoriera e il suo fantasma

9. La Fontana Igloo: Mario Merz interpreta lacqua

10. Il Toret  piccolo, verde simbolo di Torino

4) La Fontana dellAiuola Balbo e il Risorgimento

LAiuola Balbo viene realizzata nel 1874, occupa una superficie di circa 12.000 mq e si ispira al modello square con schema geometrico. Allinterno del giardino, si trovano, al centro, la fontana con i suoi alti zampilli dacqua che ricadono nellampia vasca e, sparse intorno ad essa, i monumenti rivolti a personalità deccezione. La prima statua ad essere qui collocata fu quella del conte Cesare Balbo, che ha dato il nome allaiuola, uomo politico, scrittore, patriota torinese, opera eseguita da Vincenzo Vela (1820-1891); sempre di Vincenzo Vela è leffigie del patriota veneziano Daniele Manin; dello scultore Leonardo Bistolfi  (1859-1933) è invece limmagine dellattore e patriota Gustavo Modena. E poi ancora altre statue dedicate a figure di rilievo: al rivoluzionario Luigi Kossuth, al generale  vercellese Eusebio Bava, allattore patriota Gustavo Modena, al diplomatico Salvatore Pes di Villamarina  e ad altri personaggi storici.È proprio la moltitudine di statue e busti la caratteristica di questo luogo, anche chiamato Giardino dei Ripari, (realizzato nel 1834) e i Remparts” erano dei terrapieni, sorti sui resti dei bastioni difensivi verso il Po, demoliti da Napoleone. La zona viene modificata nellOttocento, arricchita da palazzi signorili edificati per rispondere al crescente numero degli abitanti di Torino.

Tutta la zona del Borgo Nuovo vive giorni splendidi agli inizi del Novecento, per poi iniziare un lento declino che finirà con lo smembramento dello spazio. Alcune aree verdi vengono risparmiate, come quella tra via dei Mille e via Accademia Albertina: qui il comune decide di costruire un parco guardando al concetto di aiuola chiusa con ampie cancellate, adatto per la ricreazione dei bambini. Della realizzazione viene incaricato  Edoardo Pecco,(1823-1886), ingegnere capo della città di Torino. Egli propone  un progetto lineare, una pianta quadrata leggermente rialzata rispetto al piano della strada, con quattro ingressi protetti da cancelli massicci, un rigoglioso viale alberato e una fontana al centro del progetto.

Laiuola si colloca allinterno dei Giardini Cavour, realizzati poi nel corso del 1875; essi si ispirano ad un modello naturalistico, movimentati da collinette e percorsi tortuosi; sempre nellarea si trova la statua di Carlo di Robilant, poeticamente ombreggiata dalle chiome  dei platani, delle querce, dei faggi e dei ginko biloba. I giardini si dispongono in una posizione leggermente defilata rispetto al centro, un angolo raccolto e rilassante per i torinesi e per i turisti affaticati bisognosi di un piccolo break; anche i bambini sono i benvenuti in questo spazio, a loro è dedicato un piccolo parco giochi. Nelle sere destate una giostra di cavalli, che pare uscita da una cartolina antica e dimenticata, si apposta non lontano dagli zampilli illuminati, portando indietro nel tempo questo luogo particolare.

 

Alessia Cagnotto

Ravetti (Pd): “Chiarezza sul futuro delle Province”

Il vicepresidente del Consiglio regionale del Piemonte Domenico Ravetti commenta  quanto emerso all’assemblea UPI del Piemonte e le dichiarazioni del Presidente Cirio

«Sulla riforma delle Province e sulla necessità di ridare loro dignità sono d’accordo con Cirio, con il neopresidente UPI Piemonte Alessandro Lana e con la Lega. Dalla riunione di ieri dell’Unione Province Italiane del Piemonte è emersa un’esigenza di chiarezza sul futuro di questi enti, che sono stati erroneamente demonizzati come “inutili”, ma che servono realmente ai cittadini, venendo a toccare temi concreti che interessano la loro quotidianità. Se il Governo nazionale decidesse di stanziare le necessarie risorse per la gestione di un elenco preciso e chiaro di funzioni, evitando sovrapposizioni, allora sarebbe opportuno anche rimettere nelle mani degli elettori la scelta del Presidente e del Consiglio provinciale. Il decentramento dei poteri è sempre stato un principio a cui si sono ispirati i democratici, a partire dalle scritture di tutte le Carte Costituzionali».

Domenico RAVETTI

Vicepresidente Consiglio regionale del Piemonte

Scontro con un’auto: morto motociclista di 25 anni

Incidente mortale ieri a Gravere nel Torinese. Una moto che procedeva sulla strada Statale 24 è finita a terra ed è stata investita  da un’auto che sopraggiungeva. Nulla da fare per il motociclista di 25 anni che è deceduto nonostante l’intervento dei soccorsi. Sul posto anche i carabinieri.

La polizia sequestra hashish, crack e ipertensivi

La polizia ha sequestrato hashish e crack e  12 confezioni di Nifedipina, farmaco anti-ipertensivo che se viene abbinato alla droga,  può causare  gravi danni la salute. Un quantitativo è stato trovato a Cuneo all’interno dell’abitazione di due stranieri, arrestati per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio.

NOTIZIE DAL PIEMONTE

Etichette allarmistiche UE? “Un disastro per i vini del Torinese”

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La presa di posizione di Coldiretti

Sarebbe un disastro per la viticoltura del Torinese l’imposizione europea delle etichette sulle bottiglie di vino che sembrano pensate apposta per scoraggiarne il consumo.
Il vino è un alimento che è soprattutto cultura dei vitigni, dei territori con le loro distinte peculiarità, delle tradizioni e delle innovazioni nelle
tecniche enologiche. Il vino si degusta, si sorseggia insieme a
dei buoni cibi. L’educazione al bere consapevole e la cultura del vino
si praticano con il coinvolgimento dei consumatori e soprattutto dei
giovani. Respingiamo le pulsioni proibizionistiche e l’onda salutista
che vorrebbero spazzare via millenni di cultura dei nostri territori e che
ha plasmato le civiltà del Mediterraneo e della stessa Europa».
Sarebbe assai fuorviante, continua il Presidente Coldiretti, chiamare vino un prodotto che non abbia le peculiarità del vino che ingannerebbe, di fatto, i consumatori. Sarebbe opportuno che quella bevanda venisse chiamata con un nome diverso da “vino” in modo da non confondere i consumatori.

FRANCESCO VALENTE

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Libera nel vento, il Cammino in sella all’amata Calypso

Intervista all’autore Dino Marchese

 

Libera nel vento. A cavallo verso Santiago di Compostela. Un viaggio come un romanzo”.  Europa Edizioni- euro 14,90

 

 

Cosa c’è di più immenso che scrivere un libro per onorare la memoria e custodire il ricordo della compagna che ci ha lasciati dopo 30 anni di vita insieme?

E’ quello che ha fatto Dino Marchese nel tenerissimo e nostalgico romanzo “Libera nel vento” in cui ripercorre il Cammino verso Santiago di Compostela in sella all’amata purosangue araba Calypso. La compagna di cui parla è proprio lei, splendida e sensibile cavalla che oggi non c’è più, ma che il libro rende immortale.

156 pagine di pure emozioni che fanno innamorare anche noi perdutamente di Calypso. Quando Dino Marchese ne parla si percepisce che la sua morte, nel 2022, è tutt’ora un dolore che gli scalpella l’anima.

Il suo Cammino di Compostela risale al 2004 ed il libro gli è sgorgato d’impulso. E’ stato il suo modo di elaborare e metabolizzare il lutto. Non ci sarebbe riuscito se non attraverso la scrittura.

Perché ha fatto il Cammino di Compostela?

La mia motivazione è stata soprattutto spirituale e laica; ma durante il cammino ne ho scoperte molte altre. All’epoca facevo lunghe gare di endurance, resistenza con il cavallo, ero bravo e volevo mettere alla prova me e Calypso.

 

In generale perché lo si intraprende e il suo significato?

E’ cambiato nel tempo, ma l’origine era religiosa. Nel Medio Evo le grandi destinazioni erano 3: Gerusalemme, Roma e Santiago di Compostela.

Leggenda vuole che lì sia sepolto San Giacomo il Maggiore. All’epoca la Spagna era stata conquistata dai Mori, salvo quella limitata area nel nord della Galizia, che rappresentava la cristianità. Oggi ognuno compie il pellegrinaggio a modo suo, per ragioni che possono essere infinite e non necessariamente legate alla fede.

 

Il libro ha più piani di lettura: romanzo, diario di viaggio, ricerca spirituale, il legame con Calypso. Ce n’è uno che prevale sugli altri?

Io ne indicherei due: il viaggio e il suo significato, e sicuramente Calypso che è stata una presenza molto importante nella mia vita. Quando l’ho comprata da Andrea Bocelli era una splendida puledra di 3 anni, non ancora domata. In realtà è stata lei a scegliermi ed io me ne sono innamorato subito. L’ho svezzata e cresciuta; ci amavamo e capivamo al volo. Anche se avevo avuto altri cavalli, lei era la prima totalmente mia.

 

Ha scritto: “Dopo tanti anni tra noi c’è una relazione di complicità. E’ così simile a me che sono arrivato a credere che faccia i miei stessi sogni. Sognare gli stessi sogni….non c’è descrizione più completa dell’amore”. La profondità del vostro rapporto?

Quando arrivavo nella stalla, anche se non stavo portando cibo, lei mi veniva incontro perché voleva stare con me. Mi spingeva con la testa sul petto, sulla spalla, a volte riuscivo a dirigerla senza tenerla per le redini; mi fermavo e lei pure. Poi mi guardava con quegli occhi dolci, come chiedendomi «Allora che facciamo? Ci muoviamo o no!!».

Aveva il piacere della galoppata insieme. Cavalcare con lei sulle rive dell’arcipelago toscano mi dava un senso di libertà che a mia volta riversavo su di lei.

 

A che età e come è morta?

La durata media della vita di un cavallo è intorno ai 25 anni, ma lei era una purosangue araba; razza più longeva perché ha una struttura adatta alla resistenza ed un rapporto ottimale tra peso e cuore, pompano più sangue. Calypso è vissuta più di 30 anni, è morta di infarto nella stalla. Una delle poche volte che ho pianto in vita mia. A segnare la sua sepoltura, sotto un cumulo di terra, c’è una targa di metallo con la frase che mi è venuta subito in mente. “Libera nel vento, per sempre nel mio cuore”. Il titolo del libro.

Ora ha un altro cavallo?

No, perché lei è insostituibile. Quando ami così intensamente un altro essere e lui scompare apre una voragine che non si colma più. Il Cammino fatto con Calypso resta unico ed irripetibile.

 

Dal viaggio si torna stanchi, ma più ricchi di …..?

Esperienza. Il viaggio è una necessità che non finisce mai. Pavese diceva che è la cosa più crudele che esista perché dipendi dagli altri, sei costretto a chiedere informazioni, obbligato fisicamente ad aprirti ad altri esseri umani.

 

Farlo a piedi o a cavallo sono due modalità molto diverse tra loro. Ha scritto: “Hai la responsabilità di un altro essere, a cui non hai chiesto se vuole vivere la tua stessa avventura. Devi essere preparato ad affrontare ogni sua difficoltà, la tua responsabilità è doppia”.

Non è neanche come farlo in bicicletta, perché il cavallo è un altro essere vivente; può perdere un ferro, stancarsi, avere fame, molte volte devi aiutarlo. In alcuni momenti difficili sono sceso da Calypso per non pesarle troppo sulla schiena. Non sempre le tappe in cui fermarsi sono attrezzate per alloggiare anche il cavallo. Alcuni alberghi in realtà sono più che altro dei rifugi, con il minimo di assistenza e cibo. D’estate è più facile, perché può bastare un recinto all’aperto.

 

E’ possibile sapere prima i posti giusti anche per il cavallo?

Si se come me ti affidi a una guida. La mia era Pepe che lo faceva di mestiere e organizzava tutto. Lui mi dava le indicazioni per cui chiamavo la sera prima e prenotavo.

Ha scritto: “Il cammino non ti cambia, ma cambia il tuo modo di vedere le cose”. Cosa intende?

Il cambiamento vero e profondo è quello di te stesso: la prospettiva con cui guardi la vita, l’atteggiamento nell’affrontare quello che accade, i problemi e le difficoltà che ti si parano davanti. Per me è stato così, ma non è detto che lo sia per tutti.

 

Ci sono stati momenti particolarmente difficili che hanno rinsaldato ancora di più l’unione con Calypso?

Per esempio quando siamo cascati in un fosso ed era una situazione molto pericolosa; un cavallo pesa 5-7 quintali, può schiacciarti e ucciderti. E se è lui a spezzarsi una zampa ha finito di vivere.

Calypso si è alzata solo quando ho tolto la gamba da sotto il suo corpo. Ha capito che c’era un pericolo e poteva fare male. I cavalli, gli arabi in particolare, sono animali molto intelligenti, soprattutto dotati di una sensibilità superiore; quando la rivolgono all’uomo si crea un’alchimia meravigliosa ed incomparabile.

 

Emozioni più forti o ricorrenti che ha provato durante il Cammino?

Le più intense sono state due.

L’arrivo a Santiago, fuoco artificiale di emozioni. Eravamo nell’anno del Giubileo e la festività di San Giacomo cadeva di domenica. Occasione di festa in cui la cattedrale esplode e le enormi code di gente ti catturano l’anima. Sono arrivato a cavallo sul sagrato della chiesa, passando tra due ali di folla gigantesca.

L’altro è il passaggio da O’Cebreiro, il picco più alto del cammino. Un villaggio di origine preistorica a 1300 metri di altitudine; lì entri nella Galizia che è un mondo celtico, pieno di mistero ed emozioni, diverso dal resto della Spagna.

 

Il cammino è un percorso solitario, ma anche di grande comunione con chi incrocia la stessa traiettoria. Il suo profondo senso di fratellanza verso gli altri pellegrini è un sentimento condiviso?

 

Sicuramente è una mia percezione, ma molto diffusa perché c’è una grande apertura e voglia di conoscere le motivazioni altrui; ognuna è una scoperta, una storia unica che si condivide.

C’è una bellissima frase di Padre Bianchi, fondatore della comunità monastica di Bose, che suggerisce di partire con un bagaglio leggero; si sarà meno affaticati, ma soprattutto si avrà più spazio per accogliere i doni offerti dagli altri viaggiatori. Durante il cammino la gente si apre più facilmente, forse anche perché dopo non ci si rivedrà più.

 

I pellegrini sono dotati di un tasso di bontà e generosità superiore alla media oppure è il cammino che li migliora?

Credo la seconda. Più buoni non lo so, sicuramente più empatici. C’è anche un’altra dimensione del tempo; quando viaggi è flessibile, conta come lo vivi e recuperi un tuo ritmo. Determinante è l’incontro con altre persone.

 

Il libro è ricco di aneddoti. L’episodio che più porta nel cuore?

L’asino che ci insegue e raggiunge anche attraverso intelligenti scorciatoie; io lo umanizzo pensando che sentisse la solitudine. Credo inseguisse più che altro Calypso, l’animale più vicino a lui. Di fatto una situazione potenzialmente pericolosa. Lui era libero e imprevedibile. Se si scalciavano ed io finivo a terra erano guai. Poi hanno stabilito una gerarchia e tutto è filato liscio.

 

Che rapporto si crea con la natura durante il cammino?

Molto forte perché con lei devi confrontarti. La natura è benigna e matrigna; sempre e comunque più forte di te… e si fa sentire, tu sei un fuscello di inferiorità. Io ho intrapreso il viaggio ad agosto, ma è realizzabile tutto l’anno. In inverno presenta difficoltà particolari; basti immaginare il passaggio dei Pirenei con neve e freddo. Io sono arrivato a Santiago bagnato fradicio come un pulcino, battezzato dalla natura.

Stati d’animo e riflessioni che hanno costellato il suo viaggio?

Probabilmente cercavo il modo di fare pace con me stesso. Sicuramente ho scoperto di avere risorse che neanche sospettavo.

 

Il Cammino comporta anche dosi di sofferenza e fatica, come quando lei è stato male per il troppo cavalcare. Cosa l’ha spinta a non arrendersi?

 

Ero abituato ai viaggi a cavallo di 2 o 3 giorni e in gruppo; ben diverso è farlo per 13 e da solo. Cambia il confine tra spirituale e fisico e bisogna fare i conti col corpo. Per esempio, chi va a piedi si ritrova pieno di vesciche ed è importante che qualcuno gliele buchi. Io ho tenuto duro perché Santiago è un magnete che attira; hai fatto 30 e non fai 31, ti fermi? Anche se stanco, c’è qualcosa che comunque ti incita a continuare …

 

Ci sono regole non scritte, ma da rispettare?

Aiutare gli altri in difficoltà. L’imperativo è la solidarietà; se vedi un pellegrino a terra, ti devi fermare e dargli tutta l’assistenza possibile.

 

Perché ha deciso di proseguire ancora fino a Finisterre?

Perché in realtà è quello il “chilometro zero”, segnato da un cippo. Come molti, anche io inizialmente avevo pensato di fermarmi a Santiago. Solo dopo ho voluto andare oltre, affascinato dall’idea di raggiungere la fine della terra. Per Santiago ci sono più percorsi; per Finisterre solo uno. Ed è’ lì, dove c’è il mare, che si prende la conchiglia, simbolo del cammino.

Oggi a Santiago ottieni l’attestato in latino che certifica il tuo viaggio. Ma in passato molti lo facevano per conto di altri; per esempio, per ottenere indulgenze a favore di persone malate. La prova che avevano compiuto il cammino era ritornare con la conchiglia. Si chiamano conchiglie di San Giacomo, e sono le Coquille Saint Jacques che mangiamo.

Ha scritto: “l’importante è trovare l’armonia tra mente, corpo e spirito”. Lei lo ha fatto?

Credo di sì, ma non è detto che tutti ci riescano. Quel viaggio aiuta molto.

 

Che senso ha per lei la vita

Che la vivi.

 

Cosa è più importante?

L’amore, e non intendo solo quello tra uomo e donna; riuscire sempre a darlo e a riceverlo. Non essere aridi come un campo brullo, ma una natura rigogliosa.

Ha scoperto come gestire al meglio i dolori e gli sbarramenti della vita?

Non ci sono segreti, ti inventi soluzioni volta per volta. Difficoltà varie, da quelle professionali agli abbandoni, non si possono prevedere e neanche sapere prima come le sentirai. Ognuno le elabora a modo suo, io lo faccio attraverso la scrittura,

 

Cosa si augura per il futuro?

Riuscire a vivere pienamente momenti, affetti e amori.

LAURA GORIA

Genesis, il magico spettacolo di luci e musica arriva per la prima volta a Torino

A partire da fine marzo 2025, lo storico Palazzo della Luce di Torino
ospiterà il magico spettacolo audiovisivo di luci e musica in uno
spazio unico nel suo genere.
Genesis, uno show spettacolare di luci
del collettivo artistico svizzero Projektil in collaborazione con Fever,
la piattaforma leader per l’intrattenimento dal vivo e attività
ricreative, farà il suo debutto a Torino a partire dal 28 marzo.
  Dopo la première italiana di _Enlightenment_ dello scorso anno, un
viaggio mozzafiato attraverso le quattro stagioni di Vivaldi targata
“Eonarium”, il Palazzo della Luce si trasformerà ancora una volta in
un’opera d’arte a 360º fatta di luci e suoni.
  _Genesis_ porterà i visitatori in un viaggio magico dalla
creazione della terra, all’emergere dell’acqua, della natura e della
vita, accompagnato da composizioni musicali appositamente selezionate,
per immergersi a pieno in una sinfonia di luci e suoni.
  Con edizioni precedenti in città in tutta Europa e negli Stati Uniti,
compresa la Casa Cardinale Ildefonso Schuster di Milano, questo
spettacolo ha già affascinato oltre un milione di visitatori.
L’esperienza audiovisiva è realizzata grazie a tecnologie
all’avanguardia e proiezioni scenografiche adattate con cura
all’architettura degli edifici storici. Per questa occasione, le pareti
e i soffitti del Palazzo della Luce, nel cuore di Torino, prenderanno
vita per uno spettacolo a 360º.
Roman Beranek, direttore creativo di Projektil, parla di questa ode:
  “Il nostro obiettivo era creare un’esperienza sensoriale in termini di
arte e tecnologia, mettendo in risalto la bellezza dell’architettura
storica. Attraverso la musica e la luce, il pubblico è immerso in un
viaggio nella creazione della terra ed è invitato a riflettere sul
ciclo della vita. È una fusione unica che trasforma ogni luogo in
un’opera d’arte vivente.”_
Genesis aprirà le sue porte il 28 marzo.

Sulle vie delle donne, la toponomastica al femminile nei Comuni metropolitani

In occasione della Giornata Internazionale della donna, la Città metropolitana di Torino ha organizzato un convegno dal titolo “Sulle vie delle donne – La toponomastica femminile nei Comuni metropolitani”. L’appuntamento è mercoledì 5 marzo alle 14 nella sala dei Comuni al primo piano della sede di Corso Inghilterra 7.
L’incontro, rivolto ai Comuni metropolitani e alle associazioni locali, metterà al centro il tema della toponomastica femminile e dell’urbanistica di genere. Attraverso il contributo di esperti e istituzioni, si parlerà di come la rappresentazione delle donne nelle città influenzi la memoria collettiva, l’accessibilità e la sicurezza degli spazi pubblici.
Un tema, questo, nato grazie alla collaborazione della Città metropolitana di Torino con il Dipartimento di Informatica dell’Università di Torino per costruire una mappa delle associazioni presenti sul territorio metropolitano impegnate sul tema delle pari opportunità, allo scopo di favorire e valorizzare la collaborazione e lo sviluppo di buone pratiche già presenti sul territorio. Grazie all’esperienza dell’associazione Torino Città per le Donne, che ha da poco terminato la mappatura delle realtà a Torino, il Dipartimento di Informatica ha predisposto una piattaforma denominata “First live” che rappresenta una mappa digitale dedicata al genere in diverse articolazioni; storia, letteratura e normativa. Tra gli argomenti presenti nell’app è stato dedicato un ampio spazio alla toponomastica di genere. Questo strumento non è solo un database, ma un vero e proprio spazio di partecipazione attiva per segnalare, conoscere e valorizzare le tracce femminili nelle nostre città.
Il convegno del 5 marzo, oltre a illustrare la piattaforma First Life, sarà l’occasione per presentare le esperienze virtuose di alcuni Comuni che hanno dedicato vie e spazi pubblici alle donne. Dopo i saluti istituzionali di Rossana Schillaci, consigliera della Città metropolitana di Torino delegata alle politiche sociali e di parità, e di Jacopo Rosatelli, assessore alle pari opportunità della Città di Torino, la città più all’avanguardia d’Italia per ciò che riguarda la toponomastica femminile, sono previsti gli interventi di: Loretta Junk, responsabile dell’Associazione Toponomastica Femminile in Piemonte; Eva R. Desana, avvocata e professoressa ordinaria di Diritto commerciale dell’Università di Torino e rappresentante del CIRSDe nella Commissione comunale per la toponomastica della Città di Torino; Irene Pittatore, artista e autrice del progetto di arte pubblica Monumenta Italia; Fabio Giulivi, sindaco della Città di Venaria Reale e consigliere della Città metropolitana di Torino; Lauriana Sapienza, assessora all’Innovazione digitale del Comune di Castenaso (BO); Chiara Sonzogni e Monica Cerutti, componenti del Gruppo Territori e Comunità Digitali di Social Computing del Dipartimento di Informatica dell’Università di Torino.
“Dal censimento toponomastico nazionale condotto dall’Associazione Toponomastica Femminile” spiega Rossana Schillaci, consigliera della Città metropolitana di Torino delegata alle politiche sociali e di parità “risulta che la media di strade intitolate a donne va dal 3 al 5% contro il 40% di quelle dedicate agli uomini. Da questo gap è partita la volontà di affronatare il tema, contribuendo a valorizzare il ruolo delle donne negli spazi pubblici per evidenziare il loro contributo allo sviluppo della società e della cultura e rimarcare l’impegno delle donne nella lotta per l’affermazione dei principi di autodeterminazione femminile”.

Iscrizione al convegno al link 👉 https://cittametropolitanatorino-moon.csi.it/moonfobl/accesso/no-auth?codice_modulo=CMTO_009

Negli ospedali piemontesi 342 medici in più

A dicembre 2024 negli ospedali piemontesi erano stati assunti 342 medici. Il dato è stato annunciato dal presidente della Regione Alberto Cirio e dall’assessore alla Sanità Federico Riboldi nel corso della riunione plenaria dell’Osservatorio sul personale sanitario con la dirigenza medica.

«Dal 2023 abbiamo assunto l’impegno di incrementare di 2.000 unità il personale sanitario, al netto del turn over – hanno comunicato Cirio e Riboldi – In base ai dati di dicembre 2024, l’aggiornamento indica che, rispetto a quando abbiamo iniziato, nella sanità piemontese lavorano 1.455 unità di personale in più, 342 medici e 1.113 personale del comparto. Un numero che consente di

arrivare a centrare l’obiettivo dei 2.000 entro il primo semestre del 2025 e che conferma lo sforzo del Piemonte, che nel 2024 ha incrementato la percentuale di spesa sul personale sanitario del 4,5% rispetto alla media nazionale del 3,2%, per una cifra che vale 2,4 miliardi nel 2024 rispetto ai 2,3 miliardi del 2023 per le assunzioni, come certificato dal Ministero dell’Economia per i primi 9 mesi dello scorso anno».

Nel corso dell’incontro è stato affrontato anche l’utilizzo dei “gettonisti”, Su questo tema l’assessore Riboldi, che ha incontrato i direttori generali delle Asr, ha ribadito l’intenzione di “trovare altre soluzioni ed invertire la tendenza, ma nella consapevolezza che tra lasciare scoperta una prestazione sanitaria, spesso legata all’emergenza, e far ricorso all’esternalizzazione, non ci sono dubbi».

Rispetto ai medici in formazione specialistica è stato annunciato che, in attuazione della delibera di Giunta del 30 aprile 2024 che prevede lo schema di intenti tra la Regione e le Università sulle modalità di reclutamento, è stato creato un indirizzo di posta elettronica per il disbrigo delle pratiche burocratiche, come da richiesta specifica delle organizzazioni sindacali dei medici ospedalieri.

La Regione riconosce ai medici specializzandi un rimborso spese parametrato alla distanza tra la sede di frequenza della Scuola di specializzazione (Città della Salute di Torino, Maggiore della Carità di Novara, San Luigi di Orbassano) e l’ospedale scelto per il tirocinio, oltre a incentivi per le specialità su cui c’è carenza di personale.