ilTorinese

Federazione Sport del Ghiaccio ribadisce importanza Stadio Ghiaccio Pinerolo

Con riferimento a quanto emerso e pubblicato dalla stampa locale negli scorsi giorni, la Federazione Italiana Sport del Ghiaccio desidera sottolineare con vigore la cruciale importanza dello Stadio Olimpico del Ghiaccio di Pinerolo all’interno del panorama sportivo italiano. Questo impianto non si erge infatti solo a ricordo e testimonianza degli storici Giochi Olimpici Invernali del 2006, ma rappresenta un segno tangibile della crescita e dello straordinario sviluppo prodotti dagli sport del ghiaccio, nel territorio in questione, dal periodo post-olimpico sino ad oggi.

In questi ultimi due decenni Pinerolo è diventato ed è attualmente riconosciuto come un punto di riferimento assoluto per la pratica del pattinaggio, dell’hockey e del curling. Grazie a queste discipline, un numero inestimabile di giovani ha potuto dedicarsi con passione e impegno allo sport, formandosi e crescendo non solo come atleti ma anche come persone. Attraverso le vittorie, le sconfitte e le sfide quotidiane hanno appreso valori come il sacrificio, la determinazione, il rispetto e la collaborazione, elementi fondamentali nel percorso di maturazione di ciascun individuo.

È impensabile e profondamente ingiusto anche solo pensare di chiudere una struttura che ha rappresentato e continua a rappresentare un faro per tanti giovani talenti. Farlo significherebbe negare e disperdere quasi due decenni di lavoro, di sacrifici, di passione e di impegno di un’intera comunità. Significherebbe, inoltre, spezzare i sogni di centinaia di bambini e bambine che, oggi come ieri, hanno il diritto di vedere riconosciuti i propri sforzi e di praticare lo sport che amano in impianti appositamente progettati per gli sport del ghiaccio.

La proposta di trasformare il Palazzo del Ghiaccio in una struttura polivalente può avere delle valide ragioni ma non a discapito della comunità sportiva che ha fatto di Pinerolo un polo di eccellenza nel mondo del ghiaccio, a maggior ragione in considerazione del fatto che anche attualmente le ore ghiaccio disponibili non sono spesso sufficienti a soddisfare la domanda delle realtà del territorio che ne fanno richiesta. La Federazione Italiana Sport Ghiaccio è pronta a collaborare con tutte le parti in causa al fine di trovare soluzioni che rispettino le esigenze di tutti, mettendo sempre al centro il benessere degli atleti e il diritto alla pratica sportiva.

Federazione Italiana Sport del Ghiaccio

Dal 25 al 29 ottobre a Torino torna Buonissima

Virgilio Martinez, Ferran Adrià, René Redzepi, Massimiliano Alajmo, Niko Romito, Matteo Baronetto, i grandi cuochi e osti dal mondo, dall’Italia e dal Piemonte nella cinque giorni torinese che unisce cibo, arte e bellezza.

Mercoledì 25 ottobre ore 16.30
LA CENTRALE NUVOLA LAVAZZA

Via Ancona 11/A – Torino

inaugurazione

PREMIO BOB NOTO
terza edizione 
a
RENÉ REDZEPI
chef del NOMA di Copenaghen

a seguire
TALK “LA CREATIVITÀ IN CUCINA”
con Ferran Adrià, Massimiliano Alajmo e René Redzepi

A questo link la cartella stampa completa della terza edizione di BUONISSIMA

Il programma della terza edizione di BUONISSIMA si apre mercoledì 25 ottobre alla Centrale Nuvola Lavazza con l’inaugurazione e l’atteso momento della proclamazione del vincitore del Premio Bob Noto, dedicato al rivoluzionario gourmet e fotografo di food torinese scomparso nel 2017.
Obiettivo del Premio è ricordare i meriti di Bob Noto in ambito artistico e gastronomico e viene quindi assegnato al cuoco, o ai cuochi, che abbiano dimostrano capacità e doti particolari, nonché qualità ulteriori affini al carattere di Bob Noto quali ironia, senso estetico, irriverenza. Per questo, ogni anno, viene stabilito un tema, o meglio ancora, una caratteristica unica, che rende unico il vincitore.

Dopo quelli consegnati ad Andoni Luis Aduriz per l’irriverenza e a Massimiliano e Raffaele Alajmo per l’ironia, quest’anno il Premio è attribuito dalla Giuria di cui fanno parte Ferran Adrià e Antonella Fassio moglie di Bob Noto, Matteo Bolasco, Paolo Griffa, Sara Peirone, Davide Scabin e BUONISSIMA con Matteo Baronetto, Stefano Cavallito e Luca Iaccarino a René Redzepi chef del Noma di Copenaghen per la creatività.

Per indagare i territori della creatività contemporanea in cucina il premiato René Redzepi con Ferran Adrià e Massimiliano Alajmo saranno protagonisti, dopo la cerimonia di consegna del Premio Bob Noto, di un talk straordinario intitolato “La creatività in cucina”. Cos’è, come nasce, come si alimenta, come si diffonde la cucina creativa?
Chiude l’appuntamento l’anteprima del documentario su Bob Noto diretto da Francesco Catarinolo.

L’ippodromo di Vinovo si gemella con il Palio di Asti

Li abbiamo lasciati così, un paio di settimane fa: Expo Wise As insieme ad Alessandro Gocciadoro ed Euphoria Bi con Mauro Biasuzzi in trionfo alle Capannelle di Roma nel Derby e nelle Oaks del trotto. Li ritroveremo mercoledì 1° novembre, la giornata del doppio Gran Premio Orsi Mangelli sulla pista dell’Ippodromo di Torino per la prima vera rivincita dei 3 anni e anche la corsa più importante che chiuderà di fatto la loro stagione in Italia.

Saranno 22 nelle due batterie dell’Orsi Mangelli Open, aperto anche alle femmine che schiereranno East Asia con Andrea Farolfi ed Eva Kant Gio con Andrea Guzzinati inseriti nella prima. E poi altre 13 femmine nella corsa secca a loro riservata. In pista tutto il meglio dell’allevamento e del training italiano, con il gruppo di Alessandro Gocciadoro che al solito arriverà in massa. Ci sarà la risposta dei drivers torinesi che schiereranno anche Santo Mollo, ci saranno anche un paio di ospiti svedesi.

Un pomeriggio intenso, perché accanto alle altre corse in programma sarà ricco di eventi collaterali. Cominciamo a segnalarne un paio, a partire da quello organizzato con l’Associazione 2.8 e che porterà a Torino un Maestro della fotografia mondiale. La star del Work Shop fotografico sarà infatti, per la prima volta in Italia, Alan Crowhurst. Stiamo parlando dell’unico fotografo ammesso ad entrare nelle scuderie di Sua Maestà in Gran Bretagna. Fotografo sportivo dell’anno e vincitore di numerosi premi internazionali, ha uno stile unico.

Martedì 31 ottobre dalle ore 18,00 alle 20,00 la parte teorica tenuta all’interno della tribuna dove Alan Crowhurst presenterà dei suoi lavori e sarà possibile assistere ad uno shooting in studio con due drivers. Mercoledì 1° novembre la parte pratica. Dalle 10,00 alle 19,00 Alan seguirà i fotografi presenti, insegnando la sua Arte. La direzione dell’Ippodromo di Vinovo ha previsto speciali accessi alle scuderie, per il dietro le quinte, durante la mattinata per ritrarre chi lavora al servizio dei cavalli. Al pomeriggio si avrà l’opportunità di fotografare gli attori del Gran Premio Orsi Mangelli, dal parterre e da un’area dedicata e protetta all’interno della pista. La foto migliore scattata dai partecipanti, scelta dall’Ippodromo di Vinovo, Alan Crowhurst e 2.8, vincerà una foto originale autografata dallo stesso Crowhurst. Costo del corso solo teoria: 80,00 euro. Numero partecipanti massimo: 100. Costo dei due giorni: 120,00 euro. Numero partecipanti massimo: 25. Per informazioni: info@ippodromovinovo.it

E poi il gemellaggio che l’Ippodromo farà con il Palio di Asti, una delle eccellenze tra le manifestazioni popolari in Piemonte. A rappresentare i 21 tra Borghi, Rioni e Comuni che ogni anno la prima domenica di settembre se lo contendono, arriveranno gli sbandieratori, i musici e i figuranti del Borgo Don Bosco di Asti, uno dei più caratteristici del capoluogo. Tutto il resto del programma sarà svelato nella conferenza stampa ufficiale, in programma giovedì 26 ottobre. Una giornata da non perdere, patrocinata da Città Metropolitana di Torino e dal Comune di Vinovo che sono sempre al fianco di Hippogroup Torinese.

“Michele Tocca. Repoussoir” In mostra alla “GAM” di Torino, le opere del pittore romano

 “Cornice” (“Repoussoir”) e marginalità sono fulcro visivo del dipinto

Fino al 5 novembre

“Repoussoir” è un progetto d’arte che dà il titolo alla mostra, ospitata fino a domenica 5 novembre, negli spazi della “Wunderkammer” della torinese “GAM”, ed è anche il titolo di un’opera specifica presente nella stessa mostra, “Repoussoir (Muffa)”, olio su lino del 2016, a firma del pittore di Subiaco, classe ’83, Michele Tocca, vincitore con tal progetto del cosiddetto “PAC2021 – Piano per l’Arte Contemporanea”, promosso dalla “Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura”. L’esposizione, a cura di Elena Volpato, nasce dalla volontà del Museo torinese di via Magenta di acquisire un gruppo di opere del pittore romano formatosi fra Italia, Belgio e Inghilterra dove completa i suoi studi presso il “Royal College of Art, Painting Department” di Londra. Tocca é “un pittore – sottolinea Elena Volpato – capace di porsi all’osservazione del mondo con l’immediatezza di una interiore “first-timeness”: con il candore di uno sguardo che sa vedere tutto come fosse la prima volta, eppure coltiva una profonda conoscenza dei meccanismi della visione, delle strutture di pensiero e delle eredità che l’arte ci tramanda”. Proprio in tal senso, il termine “Repoussoir”( termine che appartiene alla storia della pittura di paesaggio e che vuole solitamente indicare un elemento posto in primo piano “con lo scopo di rappresentare un ostacolo, una cornice, una quinta all’aperta visione”), assume invece nei dipinti di Tocca il senso di “ostacolo al positivo”, capace di rilanciare in profondità lo sguardo per arrivare al fulcro visivo del dipinto. Marginalità che è percorso perfetto per arrivare all’essenza profonda, la più vera, delle cose. E che sa tenere insieme il candore e la schiettezza di una pittura che parla linguaggi attuali pur non disconoscendo la grande lezione della storia. Per questo motivo, nell’allestimento della mostra, pochi, meditati, studi pittorici di piccole dimensioni, realizzati direttamente sulla natura da artisti del passato, come Antonio FontanesiMassimo d’Azeglio e Giovanni Battista De Gubernatis (tratti dalla collezione dell’Ottocento della “GAM”) sono stati disposti in alto sulle pareti, come fossero degli “appunti ideali”, mentre le serie pittoriche di Michele Tocca scorrono sulla linea di visione. E anche una distinzione cromatica separa sulla parete la pittura del presente da quella ottocentesca, “così come nella mente dell’artista, talvolta, una sfumatura più o meno intensa di colore, la prospettiva un poco più ravvicinata sull’oggetto o la sintesi più o meno spinta di una pennellata, separa il suo proprio fare dalla memoria viva di quanto i ‘plenairists’ andavano scoprendo tra Sette e Ottocento, dando campo a vere rivoluzioni dello sguardo e all’emergere della consapevolezza storica del paesaggio”. Particolarmente interessante, nel percorso espositivo, la serie delle “Giacche da pioggia del pittore”, messe lì ad asciugare dopo una piovosa giornata di pittura all’aperto e che, al primo impatto non ci rappresentano null’altro che semplici accessori, mentre nella visione di Tocca (condivisibile, a ben pensarci) sono veri e propri “autoritratti”, dipinti dalle gocce di pioggia e dalle inevitabili macchioline di colore ad olio cadute durante il lavoro. “Il pittore – conclude la Volpato – ritraendo di spalle la propria giacca da lavoro fa di se stesso un ‘repoussoir’, un dispositivo della visione pittorica, e della sua opera una riflessione sull’‘attualità’ fisica e metaforica tra la pittura e i fenomeni”.

Gianni Milani

“Michele Tocca. Repoussoir”

GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea”, via Magenta 31, Torino; tel. 011/4429518 o www.gamtorino.it

Fino al 5 novembre

Orari: da mart. a dom. 10/18. Chiuso il lunedì

Nelle foto:

–       Michele Tocca: “La giacca da pioggia del pittore”, olio su lino, 2020, Ph. Perottino

–       Michele Tocca: “Repoussoir (Muffa)”, olio su lino, 2016, Ph. Sebastiano Luciano

–       Michele Tocca: “Cantiere – corda”, 2021, Ph. Sebastiano Luciano

La magia delle cose. Il segno magistrale dell’ incisore Guido Navaretti

 

Una punta di bulino, affilata con sapienza, incide delicatamente il plexiglass. Sottilissime linee si dipanano formando tessiture e onde, vortici e spazi, orientandosi variamente sulla superficie liscia, perfetta. Da questi emergeranno e prenderanno forma suggestioni di oggetti, animali, ricordi ed emozioni.

Guido Navaretti iniziò come incisore su lastra di zinco nel 1976, terminata l’Accademia di Belle Arti, ma gli orientamenti del mercato artistico e la difficoltà a reperire il materiale lo hanno portato a lavorare sul vetro sintetico dal 1999: il polimetilmetacrilato (plexiglass). E le dimensioni iniziali delle sue opere, piuttosto importanti, dagli anni Ottanta Novanta si sono portate a un formato più piccolo e agile.

Ma il cambio di formato, come il variare continuo in generale, non gli interessa: egli utilizza attrezzi, inchiostri e misure ben definiti, costanti nel tempo, perché il cambio delle aree di lavoro e dei mezzi deconcentra e sposta l’ attenzione verso il ridimensionamento continuo delle idee, della materia e dello spazio. L’ abitudine permette di concentrarsi sulla creazione. E, a tal proposito, dall’amato Oriente cita un altro suggerimento: il miglior modo di essere liberi è avere dei confini… Nel cambiare supporto, quindi, l’Artista ha invertito la risultante dell’ immagine: mentre sullo zinco il segno accoglierva l’inchiostro nero, lasciando bianca la superficie intonsa (calcografia: nei solchi rimane il nero), su plexiglass egli lavora in negativo, lasciando bianchi gli spazi dove il rullo di inchiostro nero non lascerà il colore (xilografia, da “scrittura su legno”: nei solchi rimane il bianco, e in questo caso possiamo parlare di metacrilatografia o plexigrafia). Il lavoro scelto da Navaretti è, quindi, in negativo, l’antitesi del pensiero precedente. E cambia un mondo, “L’altro mondo”, come dice sorridendo il Maestro. Ma questa scelta non è un problema, bensì una nuova risorsa, un universo da scoprire. Ed è molto interessante, nel leggere i suoi appunti, come Egli si collochi rispetto a un determinato utilizzo del colore nero (quindi riferito alle aree risparmiate dal segno), rifuggendo dal valore espressivo, politico, enunciativo, spigoloso, massivo, politicamente e socialmente forte che lo hanno spesso connotato, dalle opere d’arte, ai manifesti, alla fumettistica: il nero, nel suo segno, mantiene la leggerezza necessaria a dialogare con il bianco, in una danza di reciproco riconoscimento, perdendo i caratteri che nel Novecento questo non-colore o massimo-colore ha spesso assunto.

Il gesto, ben controllato nel suo lento incedere, lascia che le forme emergano. E al gesto contribuisce fisicamente tutto il corpo, facendo convergere la giusta tensione verso lo strumento, sotto occhi attenti, aiutati da una grande lente illuminante. Il segno deve essere presente, visibile, non andare oltre le possibilità visive di chi osservi. Sottile ma solido e definito, chiaro e senza fraintendimenti: gesto e artista si assomigliano? Il bulino, nell’utilizzo, tende a lidersi e a inspessire le linee, ma questo non è necessariamente un intoppo, bensì una suggestione che lo strumento stesso regala, spostando di qualche grado la traiettoria dell’ invenzione. E seguirà un’altra passata sul disco abrasivo, la carta seppia e la pietra Arkansas.

L‘incidere è scavare, nella materia e nella memoria, in uno sforzo di rappresentazione. E il nero e il bianco sono concettualmente alla base della tecnica dell’ incisione e riportano al principio di yin e yang, gli opposti che si contrastano e equilibrano, scambievoli e non assoluti, suggestione concettuale e spirituale alla quale il Nostro é sensibile, come ad altri contenuti legati alla cultura orientale. Ci torneremo.

Per Navaretti, il disegno, l’ arte, necessitano innanzitutto di essere artigianato da praticare con costanza, sempre quando possibile, senza cercare precise mete finali o medaglie, accreditamento presso questa o quella corrente, classificazione, plauso di claque: l’ arte é per lui un gesto naturale della quotidianità, come tutto ciò che riempie le giornate, e che richiede solitudine, nel senso alto di libertà da ogni influenza, senza impellenze pressorie. Ed è un gesto che della vita risente, ma sempre fluendo col resto, nella complessità, nella entropia degli eventi.

L’ Artista torinese non sa dove finirà la propria opera, quando la inizia: lascia che sia lei stessa a disvelarsi, a modellarsi sotto le mani, a suggerire; non teme l’errore, che troverà senso nel contesto; non persegue un progetto -magari nato da una bozza preparatoria- lavorando per la sua realizzazione. Improvvisamente, poi, emerge la chiave di volta e appare la soluzione di questo vagare: un buco da riempire, una sagoma portata a galla, una modifica alle onde ed ecco che prende forma precisa, puntuale, l’oggetto, animato o inanimato che sia, e il lavoro arriva a compimento. L‘incisore non cerca l’ispirazione, dunque, ma trova la risposta nel fare stesso, nel divenire dell’atto creativo: è il soggetto stesso che si disvela. E la memoria corre a Picasso e al suo “Io non cerco, trovo”.

Navaretti pare assimilare idealmente questo procedimento alle sue amate passeggiate, dove si lascia pervadere dal mondo circostante, osservando la vita scorrere in quel preciso momento, accogliendo l’ hic et nunc, e si porta a casa un ricordo, una emozione; a volte un dolore, un turbamento. Perché questo incedere è sempre un viaggio, lo stesso che percorre il suo bulino mentre nel silenzio lascia che le emozioni, le memorie inconsapevoli, tornino e prendano libera forma. Ed è un viaggio affettuoso nelle cose, che si presentano nella loro semplicità, come manifestazione di sé e testimonianze del mondo. Ed è lo stupore di esse. Talvolta i soggetti presenti nelle opere propongono domande, si trovano in situazioni ambigue, sospese come le risposte possibili, appena suggerite. E’ dunque un vagare nella vita.

Osservando le opere del Maestro l’occhio si perde in linee che formano nuvole, tessiture, che per pareidolia mostrano a ognuno forme diverse, accenni, suggestioni, e da questo sfondo emergono, con tecnica descrittiva definita e sopraffina, oggetti e animali, piante e fiori. Ma Navaretti chiede di non limitarsi a pretendere un riscontro retinico delle cose, un iperrealismo asettico, ma di accettare la rilettura che, pur puntuale, genera la mente-occhio dell’ incisore. Come nascono le immagini, da dove arrivano? L’incisore torinese si racconta e conduce verso la comprensione del proprio atto creativo, che nasce lasciando fluire la mano, il segno spesso seriale, ripetitivo, come in molte opere degli Anni Novanta e Duemila, pulviscoli e tessiture che addensano e ràrefano la luce, oppure composto da matasse di fili sottili come capelli, in genere a rappresentare dinamici e cangianti sfondi. La finezza del segno crea paesaggi preziosi: boschi, turbinii, spazi che dividono la tela (anche metaforicamente parlando) in modi diversi: nuvole dense di accenni o divisioni orizzontali, oppure diagonali, riportando volutamente ai contrasti del pensiero orientale. Si osservano spesso due piani visivi differenti, l’uno sull’altro.

 

Le opere trovano un titolo quasi sempre una volta terminate, dando compiutezza al lavoro, concludendone l’articolato percorso e aprendo la strada a una nuova esperienza: e questo l’Autore lo fa spesso con ironia, giocando con le parole, con citazioni di poesie, di motti, di testi sacri, di neologismi scherzosi. Ad esempio, “Scampo?, 2020”, “Campo?, 2021”

Viddi ‘na cozza, 2021” o “Palla al centro, 2023”.

E trova spesso ispirazione nell’ opera del poeta giapponese Matsuo Bashō (1644 – 1694) del periodo Edo, del quale ci pare importante segnalare questi versi significativi, nel chiarire il concetto taoista di “La via, la strada”: ”(…) I propositi iniziali, per non diventare fonte di frustrante impotenza, vanno posti e perseguiti con la serena consapevolezza che il Tempo e la strada da percorre sulla lastra influiranno sulla loro teoretica (N.d.r. Filosofia della realtà e della conoscenza) chiarezza. Tempo del lavoro ed il lavoro del Tempo, apriranno imprevedibili sviluppi che – del proposito iniziale – lasceranno intatto solo la spinta ideale, non i freddi e inumani condizionamenti”.

Opere riferite a Bashō: “Riemerge la rana di Bashō, 2014” e “Takotsubo o del vaso da polpi di Matsuo, 2023”

Terminato questo nostro incontro ideale con l’Artista torinese, ci troviamo a constatare che le sue opere veicolano non solo una grande competenza tecnica e contenuti artistici solidissimi, ma anche ironia e stupore, amore per l’amicizia e la convivialità, lo scambio, il sorriso; a ricerca interiore; uno sguardo aperto al divenire degli eventi, accettandone la complessità e l’appartenere a un Disegno imperscrutabile. E quindi ci piace immaginare l’incisore Guido, Torino, XXI secolo, congedatosi dal mondo esterno, chinarsi sul suo banco e, in compagnia del fedele bulino, adagiare sulla carta la magia delle cose.

Davide Ficco

 

Guido Navaretti é nato a Torino nel 1952 e, terminato il Liceo Artistico, nel 1975 si diploma in Pittura all’Accademia Albertina di Belle Arti ottenendo il Premio Dino Uberti come miglior licenziato del Corso e il Premio Vittorio Avondo, come miglior licenziato di tutti i Corsi. Nell’ incisione é allievo di Mario Calandri e Francesco Franco. Dal 1986 inizia il rapporto con quella che nel 1989 diverrà la “Franco Masoero Edizioni d’Arte”, eccellenza nella tecnica della stampa, con la personale alla Stamperia del Borgo Po. Nel 1999 inizia la produzione a bulino di matrici xilografiche e la pubblicazione sulla rivista Smens, edita da “Nuova Xilografia”, oltreché la partecipazione alle sue iniziative editoriali. Ha insegnato presso i Licei Artistici di Milano, Novara e Torino. Le sue incisioni sono presenti in decine di esposizioni in tutto il mondo; recentissima, la Victoria & Albert Museum di Londra.

Sconto Imu 50%: ecco come funziona e chi può richiederlo

Di Patrizia Polliotto, Avvocato, Fondatore e Presidente del Comitato Regionale del Piemonte dell’Unione Nazionale Consumatori.

L’imposta municipale propria (IMU) è l’imposta dovuta per il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli ed è dovuta dal proprietario o dal titolare di altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie), dal concessionario nel caso di concessione di aree demaniali e dal locatario in caso di leasing.

Per abitazione principale esente IMU si intende invece l’unità immobiliare in cui il soggetto passivo e i componenti del suo nucleo familiare risiedono anagraficamente e dimorano abitualmente.

Per i fabbricati di interesse storico o artistico (come definiti dall’art. 10 del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) la base imponibile IMU è ridotta del 50%. Ma vi è un altro caso in cui spetta lo sconto del 50%, ovvero quando l’immobile viene concesso dai genitori – che risultano proprietari – in comodato d’uso ai figli.

In particolare, si applica la riduzione del 50% della base imponibile per le unità immobiliari concesse in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado che le utilizzano come abitazione principale, a condizione che: il contratto di comodato sia registrato; il comodante possieda in Italia la sola abitazione concessa in comodato; oltre a quest’ultima, egli può tuttavia possedere un altro immobile adibito a propria abitazione principale, ad eccezione delle unità abitative classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9; il comodante risieda anagraficamente nonché dimori abitualmente nello stesso comune in cui è situato l’immobile concesso in comodato.

La riduzione della base imponibile si applica anche qualora, in caso di morte del comodatario, l’immobile resta destinato ad abitazione principale del coniuge di quest’ultimo in presenza di figli minori.

Anche in questo caso, però, né esenzioni né sconti sono riconosciuti se si tratta di immobili classificati nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, ovvero di abitazioni di lusso.

Per queste e altre esigenze è possibile contattare dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle 18 lo sportello del Comitato Regionale del Piemonte dell’Unione Nazionale Consumatori, con sede a Torino in Via Roma 366 ed a Pinerolo, in Viale Cavalieri d’Italia n. 14, al numero 0115611800 oppure scrivendo una mail a uncpiemonte@gmail.com, o visitando il sito www.uncpiemonte.it compilando l’apposito format.

Buoni del Tesoro Pericolosi (BTP) 

IL PUNTASPILLI di Luca Martina 

È davvero sorprendente come le, spesso travagliate, vicende dei titoli obbligazionari emessi dal nostro governo non siano state sufficienti a mettere in guardia le famiglie, sempre alla ricerca di rendimenti “sicuri”.

Sfugge, purtroppo, ancora troppo spesso la conoscenza di alcuni, semplici, parametri che dovrebbero consentire di orientarsi, non per calcolare le distanze al centimetro ma almeno per stabilire la direzione da percorrere, nel mondo degli investimenti obbligazionari (le azioni richiedono un discorso a sé stante).

Le obbligazioni sono un debito, nel caso dei BTP dello Stato italiano, che andrà restituito ad una scadenza prestabilita.

I pericoli per chi decide di prestare il proprio denaro sono di due tipi: se il debitore sarà in grado di onorare il proprio impegno e quale sarà il valore reale del denaro prestato al momento nel quale ne rientreremo in possesso.

Il primo rischio ha a che fare con la solidità del debitore: più esso è inaffidabile e maggiore sarà la probabilità che il prezzo del titolo “balli” paurosamente prima del suo rimborso. Non serve, infatti, fidarsi del fatto che alla scadenza lo Stato pagherà il suo debito: nel corso della sua esistenza l’obbligazione subirà inesorabilmente le ondate di sfiducia (l’Italia ne è periodicamente soggetta…) che dovessero abbattersi sulle nostre sponde.

Inoltre, più è lontana nel tempo la scadenza e maggiore è l’incertezza legata al debitore (quale sarà il nostro debito pubblico tra 5,10, 20 anni e saremo ancora in grado di onorarlo?) così come la possibilità di subire un deprezzamento del nostro capitale dovuto ad un tasso d’inflazione superiore alle cedole riscosse dai nostri titoli.

Proprio al pagamento delle cedole, infatti, è affidato il gravoso compito di preservare il valore reale dei capitali prestati ma se, dopo avere pattuito un certo rendimento, l’inflazione sale al di sopra dei livelli iniziali e/o insorgono dubbi sulla credibilità del debitore è il prezzo dei titoli in portafoglio a pagarne le spese.

Chi non volesse troppo approfondire questi concetti, ritenendoli troppo astrusi o teorici, potrà con grande facilità toccare con mano quanto avvenuto alle quotazioni dei nostri amatissimi BTP negli ultimi anni.

Prendiamo, per fare un esempio, il BTP emesso lo scorso agosto, con scadenza fine marzo del 2034. Il rendimento, alla sua emissione, ha calamitato le attenzioni di moltissimi risparmiatori.

Dopo anni di rendimento azzerato, il 4% sembrava un ottimo tasso rendimento: peccato che le valutazioni che guardano solo al passato (ignorando l’incertezza propria del futuro che ci attende) si possono rivelare quantomai fallaci.

Dopo essere andato letteralmente a ruba il valore del titolo ha subito iniziato a scendere ed ora vale circa 94: in meno di due mesi, cioè, ha perduto ben il 6%…

Molto peggio è andata a coloro che avevano deciso di destinare parte dei loro risparmi al BTP Futura 2037, nell’aprile del 2021, valutati ora 63,5, il 36% in meno rispetto al valore di emissione!

Insomma, quello che si immaginava un viaggio rilassante si è rivelato essere una spiacevole corsa sull’ottovolante dei mercati finanziari.

A questa debacle hanno contribuito due fenomeni: l’aumento dell’inflazione, e con essa dei tassi d’interesse (lo strumento che dovrebbe proteggere il potere d’acquisto del prestatore di denaro), e la lunga durata (più lontano nel tempo è il rimborso e maggiore sarà l’impatto negativo sul prezzo del titolo).

Da quanto detto sin qui si evince chiaramente che tutto si può dire sui titoli di Stato (e, per la verità, sulle obbligazioni in generale) ma non che essi siano privi di rischio.

Senza volere troppo calcare la mano sui problemi del nostro Paese, con il debito più elevato del mondo occidentale, un terzo del quale da rifinanziare nei prossimi tre anni, occorrerebbe perciò esaminare con estrema attenzione gli strumenti da inserire nel nostro portafoglio.

Lo Stato italiano dovrà rifinanziare la metà del proprio enorme debito pubblico nei prossimi 5 anni ed il 32% nei prossimi due: sarà cruciale essere molto, molto convincenti per potere trovare abbastanza investitori disposti a concederci la loro fiducia…

L’obiettivo di questa analisi non è certo quello di scoraggiare tout court l’investimento nel nostro debito, se non altro per spirito patriottico, ma rendere consapevoli  che non basta la parola magica “BTP” per garantire, anche ai tassi attuali, un investimento sicuro e a basso rischio: bisogna prima comprendere quali sono i pericoli che andremo ad affrontare e, se vogliamo veramente ridurre al minimo le fastidiose oscillazioni del nostro patrimonio, concentrarci sulle scadenze più brevi che oggi, peraltro, offrono rendimenti di poco inferiori a quelli delle, molto più rischiose, obbligazioni a medio e lungo termine.

Solo così potremo rileggere l’acronimo BTP come abbiamo, più meno consciamente, sempre fatto: Buoni del Tesoro Prudenti… Ma non troppo!

“Da casa con”, Laura Pompeo ospita “il Torinese”

La rubrica “Da casa con” di Laura Pompeo  e’ nata nell’aprile 2020, quando L’isolamento a cui eravamo costretti dal lockdown aveva messo in pausa le relazioni sociali in presenza. Ha avuto fin da subito un grande successo, che e’ cresciuto ulteriormente negli anni, grazie anche alle diverse piattaforme che la trasmettono.
Nel settembre 2021 e’ iniziata la nuova serie: nuova impostazione e nuovo calendario che vede al centro i punti di svolta delle vite dei grandi ospiti, figure significative della nostra società (da Pupi Avati a Davide Livermore, da Sara D’Amario a Margherita Oggero, da Mons. Bettazzi a Bruno Gambarotta), provenienti da diversi mondi e capaci di un’analisi attenta dell’attualità e di una visione sul futuro.
Ora la rubrica ha compiuto 𝘁𝗿𝗲 𝗮𝗻𝗻𝗶 e mezzo e si avvicina al traguardo delle 250 𝗽𝘂𝗻𝘁𝗮𝘁𝗲, ha superato i 5 milioni di visualizzazioni sui social e i 200.000 ascolti mensili via radio. E mercoledì 25 ottobre h 19 ospiterà il direttore de “Il Torinese” Cristiano Bussola.

La rubrica #𝗗𝗮𝗖𝗮𝘀𝗮𝗖𝗼𝗻 e’ crossmediale: si trova su FaceBook (pagina Laura Pompeo), su 𝗬𝗼𝘂𝗧𝘂𝗯𝗲, su 𝗦𝗽𝗼𝘁𝗶𝗳𝘆 https://open.spotify.com/show/6iJwrcwL8Xu3olYaCjWMyq?si=tGAhDqt9TZ6deOesQGrgLw;
su R𝗮𝗱𝗶𝗼 𝗠𝗼𝗻𝗰𝗮𝗹𝗶𝗲𝗿𝗶 il lunedì h 10.30, il martedì h 14.00, il giovedì h 12.00 (www.radiomoncalieri.net),
su 𝗥𝗮𝗱𝗶𝗼 𝗦𝘁𝗲𝗹𝗹𝗮 il lunedì h 10.30 (www.RadioStellaPiemonte.net).
#𝗗𝗮𝗖𝗮𝘀𝗮𝗖𝗼𝗻. 𝗤𝘂𝗮𝗿𝗮𝗻𝘁𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝗹𝗮 𝗾𝘂𝗮𝗿𝗮𝗻𝘁𝗲𝗻𝗮 è anche un libro pubblicato da Pintore editore (2022) e acquistabile in libreria o sul sito dell’editore. E’ in corso di stampa il secondo volume.

L’AI è il futuro dell’informazione o della disinformazione?

31 ottobre ore 18, Circolo dei lettori di Torino – Sala Grande
terzo appuntamento del ciclo

 

AI GENERATIVA: COME CI CAMBIERÀ?

 

con il doppio incontro

L’AI È IL FUTURO DELL’INFORMAZIONE O DELLA DISINFORMAZIONE?
e
CLASSIFICATI E DISCRIMINATI

 

Un progetto dell’Università degli Studi di Torino, Fondazione Circolo dei lettori
e Società Italiana per l’Etica dell’Intelligenza Artificiale

 

Martedì 31 ottobre alle ore 18, al Circolo dei lettori di Torino, in Sala Grande, si terranno i due talk L’AI è il futuro dell’informazione o della disinformazione? Classificati e discriminati, il terzo appuntamento del ciclo di incontri “AI generativa: come ci cambierà?” ideato dall’Università degli Studi di Torino nell’ambito del progetto di Public Engagement AI Aware, dalla Fondazione Circolo dei lettori e dalla Società Italiana per l’Etica dell’Intelligenza Artificiale, per far luce sui meccanismi estremamente complessi scatenati dall’Intelligenza Artificiale, ormai parte della nostra vita quotidiana.

 

L’AI generativa, che produca testi, immagini o video, rischia di inquinare il discorso pubblico con materiale propagandistico e disinformazione personalizzati. Ma potrebbe essere anche un’occasione per riconoscere finalmente il valore del lavoro del giornalista? Ne discuteranno nel corso del talk L’AI è il futuro dell’informazione o della disinformazione? Carola Frediani, esperta di cybersecurity, e Fabio Chiusi, giornalista, ricercatore, professore a contratto, e autore di saggi su culture e politiche del digitale, moderati dal giornalista Fabio De Ponte. A seguire, nel talk Classificati e discriminati, la giornalista e data humanizer Donata Columbro, l’esperta di privacy ed etica dell’intelligenza artificiale Ivana Bartoletti, e Marinella Belluati, docente all’Università di Torino, discuteranno sul modo in cui l’AI rischia di discriminare perché gli algoritmi di apprendimento automatico imparano dal passato, pregiudizi inclusi: gli algoritmi, infatti, ci incasellano in classificazioni che non sono state decise da noi e che spesso non conosciamo. Le conseguenze possono essere non solo un peggioramento dell’esperienza utente con la pubblicità, ma anche mancati risarcimenti o assunzioni, licenziamenti, fino a conseguenze giudiziarie.

 

Il ciclo di incontri si concluderà giovedì 16 novembre con i dibattiti Il professore onnisciente AI sregolata, cui parteciperanno Chiara PanciroliAndrea ColamediciPier Cesare RivoltellaGuido BoellaBrando BenifeiGiovanni Sartor e Mia Caielli.

Ingresso libero e gratuito. Le registrazioni dei precedenti incontri Quanto è naturale l’Intelligenza Artificiale? e Creativo a chi? sono disponibili sul canale YouTube @FondazioneCircolodeilettori, che ospiterà anche le registrazioni degli incontri successivi.