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Una violenta grandinata ha devastato le coltivazioni nei comuni a sud-est di Torino

Una violenta grandinata ha distrutto, oggi pomeriggio, le coltivazioni nei comuni a sud-est di Torino tra Trofarello, Santena, Poirino, Pralormo, con ingenti danni anche nel Roero. I più colpiti, in provincia di Torino, risultano i territori di Santena e Pralormo. Qui sono andate perse buona parte delle coltivazioni di orticole in pieno campo, cioè non protette da serre e reti. In alcune frazioni sono andate perse le colture di zucchine, già in piena maturazione, e zucche, in pieno sviluppo delle piante. A Pralormo i produttori segnalano danni ai noccioleti con perdite, in alcuni casi, di almeno l’80% del raccolto. Le nocciole sono, infatti, in piena fase di riempimento della “mandorla”, pesano sui rami come i frutti maturi ma sono nella fase più delicata della crescita. Spaccati i rametti con i frutti, rotti gli apparati fogliari e atterrati i frutti.

Oltre alle nocciole si segnalano danni gravi al grano. Proprio in questi giorni è arrivata la piena maturazione delle spighe ed è dunque iniziata la trebbiatura. Le sfere di grandine grosse come palline da ping-pong hanno gettato a terra le spighe o le hanno completamente spogliate dei chicchi che, proprio perché maturi, si staccano facilmente dalla spiga.

Altri danni importanti vengono riferiti sul mais: in questo momento le piante si trovano nella fase di crescita più delicata con i pennacchi in piena fioritura. Qui i danni sono dovuti alla rottura delle foglie e all’azzeramento dei fiori maschili che non potranno impollinare.

Anche le coltivazioni di girasole sono rimaste gravemente danneggiate. Le piante hanno avuto le foglie azzerate e i fiori i maturazione sono rimasti tagliati dall’impatto con le palle di ghiaccio.

«Dovremmo immaginare tutti la frustrazione di questi agricoltori – osserva il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – Proprio mentre iniziava la tanto attesa trebbiatura del grano o mentre inizia la stagione degli ortaggi o si osservano mais e nocciole svilupparsi con buone promesse di raccolto, ecco la batosta. I nostri agricoltori, ancora una volta, provano sulla loro pelle gli effetti devastanti dei cambiamenti climatici non dovuti all’agricoltura. Così, dopo un 2022 siccitoso questo 2023 si sta rivelando un anno disastroso per le grandinate e gli allagamenti con fenomeni tropicali che non erano conosciuti con questa frequenza e questa forza distruttiva».

Dall’8 luglio in Valle Stretta si va in navetta

 

Partirà dal prossimo 8 luglio il servizio bus per la Valle Stretta. E non sarà questa l’unica novità che riguarderà la zona di confine tanto amata dai bardonecchiesi e non solo. Dopo il ‘test’ del 2018 quando la strada fu chiusa dal 7 luglio al 26 agosto, anche quest’anno è previsto lo stop alle auto, a salire, tra le 10.30 e le 15.30, in concomitanza con l’attivazione del servizio navetta, nei fine settimana del mese di luglio, dal 5 al 20 agosto e nel weekend del 26-27 agosto.

Un risultato importante per apprezzare e valorizzare al meglio l’ambiente della Valle Stretta, fortemente voluto e raggiunto, grazie all’impegno della Communaute’ de Communes de Brianconnais e dalle Amministrazioni di Bardonecchia e Nevache con i sindaci Chiara Rossetti e Claudine Morrier- Chretien.

Il costo del biglietto della navetta Pian del Colle/Valle Stretta è di 2 euro, andata e ritorno.

Art Nouveau Week  tra Torino e Biella

Giunta alla quinta edizione e quest’anno presente a Torino con un ricco e vario programma di
appuntamenti, Art Nouveau Week 2023 si prepara ad accogliere centinaia di partecipanti iscritti alle
dieci iniziative previste nel capoluogo subalpino e ai due inconsueti itinerari guidati in programma a
Biella, che per la prima volta partecipa alla manifestazione internazionale ideata e curata dal
presidente di Italia Liberty, Andrea Speziali, e organizzata dal suo staff dall’8 al 14 luglio di ogni
anno.

L’edizione torinese si avvale del Patrocinio della Città di Torino e della collaborazione con il
Conservatorio Statale di Musica “G. Verdi”, il Centro Culturale “M. Pannunzio”, la Fondazione “T.
di Barolo” – MUSLI e Daniela Piazza Editore. Mentre quella biellese si avvale del Patrocinio della
Città di Biella e della collaborazione con l’Archivio di Stato di Biella, la Fondazione Cassa di
Risparmio di Biella e il DocBi – Centro Studi Biellesi.

Da tempo sono esauriti i posti per la conferenza-concerto inaugurale di pianoforte e arpa su note Art
Nouveau che si terrà l’8 luglio presso il Conservatorio Statale “G. Verdi” di Torino, dove gli
intervenuti avranno anche il privilegio di visitare la straordinaria Galleria degli Strumenti, prezioso
documento della vita musicale della Città e della storia del Conservatorio. La collezione conta 156
esemplari firmati da grandi nomi della liuteria piemontese e celebri costruttori di strumenti a fiato
subalpini e, tra i suoi molti gioielli, vanta lo Stradivari Mond del 1709 appartenuto alla celeberrima
violinista torinese Teresina Tua, educatasi al Conservatorio di Parigi, vincitrice a quattordici anni del
Grand Prix bandito nella capitale francese, elogiata da Verdi, Liszt e Wagner, insegnante presso
l’Accademia di Santa Cecilia di Roma, acclamata nei maggiori templi della musica europei e
newyorchesi e deceduta a novant’anni come suor Maria del Gesù.


Complice l’anima proteiforme e marcatamente interdisciplinare dell’affascinante corrente di gusto
che in Italia chiamiamo Liberty, le edizioni subalpina e biellese dell’imminente settimana dell’Art
Nouveau concentreranno infatti la loro attenzione su tutte le arti con digressioni, in gran parte inedite,
fra coinvolgenti storie di persone – committenti, progettisti, artisti, maestri artigiani o semplici fruitori
– restituite attraverso puntuali ricerche documentali, così da tracciare un connotante e parallelo fil
rouge che caratterizza tutte le iniziative.

Le storie di persone e famiglie sono tema imprescindibile quando si tratta della città silente nel
Cimitero Monumentale di Torino, divenuta nell’arco di pochi decenni vero e proprio spazio
espositivo di opere d’arte e, via via, autentico e vasto museo a cielo aperto, visitato durante le
ricorrenze autunnali come occasione per scoprire la più recente produzione scultorea. Quale stile
specifico e caratteristico della borghesia tardo-ottocentesca e veicolo figurativo privilegiato delle sue
fortune e della sua affermazione come classe dominante, il Liberty ha infatti trovato applicazione
elettiva nei luoghi e nei monumenti che appunto rappresentavano o intendevano simboleggiare ruolo
e destini di questa stessa borghesia, con un’accentuazione dei suoi tratti espressivi nei grandi cimiteri
urbani. Tale fenomeno toccò nel profondo anche Biella e soprattutto Oropa e Rosazza, questi due
ultimi suggestivi cimiteri-giardino, che saranno meta di futuri itinerari volti all’ulteriore scoperta del
Liberty nel capoluogo e nelle valli biellesi.

Circostanza non trascurabile, sia a Torino che nel biellese, protagonista delle svolte stilistico-culturali,
rispettivamente in direzione simbolista d’intonazione spiritualista e floreale in sintonia con la teoria
delle correspondances, è stato Leonardo Bistolfi, casalese di nascita, formatosi tra Brera e l’Albertina,
che esordì nella scultura cimiteriale subalpina con un intenso Angelo della morte a tutto tondo, in
primo piano, che personifica la riflessione sul mistero dell’estremo commiato dall’esistenza terrena,
e sullo sfondo una culla vuota, quasi a “stiacciato”, pressoché impercettibile incipit della dolorosa
narrazione.

Poco dopo, negli anni Novanta, Bistolfi convalidò una produzione che reca una particolare
componente pittorico-floreale destinata, con la complicità della grafica di analogo ductus, a passare
dalla scultura alla decorazione plastica, a fresco e nel parato per interni. Il già notissimo scultore e
pittore casalese era anche valente violinista e amava trascorrere lunghi periodi di vacanza a
Camburzano, nella villa del famoso soprano Cesira Ferrani, Mimì nella prima della Bohème al Regio
di Torino sotto la bacchetta di Arturo Toscanini, anch’egli assiduo frequentatore del vivace cenacolo
culturale che, allo scadere del secolo, era nato nella bella dimora camburzanese, animato da Lidia,
sorella di Cesira e apprezzata pianista, e dallo zio Luigi Ferraria, compositore e avvocato. Negli stessi
anni sono state numerose le opere plasmate dall’artista casalese per i suoi amici biellesi; non deve
perciò sorprendere la profusione fitomorfica posatasi su decine di costruzioni nel capoluogo e nelle
sue valli, giungendo a connotare soprattutto Casa Ripa a Biella, autentico catalogo di essenze
bistolfiane, distribuite con raffinata eleganza in abile coerenza con la valorizzazione funzionale e
simbolica delle diverse parti dell’edificio, commissionato nel 1906 dall’avv. Paolo Ripa, funzionario
presso la Regia Conciliatura biellese e anche scrittore satirico sul noto settimanale milanese «Il
Guerin Meschino».

È questa un’altra storia che merita di essere raccontata, come quella che, a torto, si presume ormai
scontata della Prima Esposizione internazionale di arte decorativa moderna, allestita nel 1902 a
Torino, che vide il trionfo dell’Art Nouveau. In realtà l’architettura torinese e di alcune vicine località
di villeggiatura aveva già intrapreso la via dell’Arte Nuova al di fuori di questa grande kermesse. Lo
dimostrano, tra gli altri, Riccio e Velati Bellini con Casa Florio in via Bertola, Benazzo con Casa
Tasca in via Beuamont, Dolza con la scuola oggi Istituto Avogadro in corso San Maurizio, Rigotti
con la perduta Palazzina Lavini-Toesca in via Tiepolo, Gribodo con Villa Antonietta a Cozze e lo
prova soprattutto Pietro Fenoglio che aveva espresso la sua originale e altissima interpretazione
dell’Arte Nuova sin dal 1900 nell’ormai snaturata palazzina della Società Finanziaria Industriale
Torinese di via Beaumont. Dopo aver declinato l’incarico nel comitato artistico espositivo,
accampando motivi di salute, Fenoglio giunse a una revisione strutturale dell’architettura nella
palazzina-studio per sé e i fratelli in via Principi d’Acaja, 11. Il maggior vessillifero del Liberty
torinese e i suoi familiari con molta probabilità non abitarono mai in questa casa, subito divenuta
manifesto e pubblicità implicita dell’avanzata progettualità fenogliana e già alienata nel 1904 a
Giorgio Lafleur, come avremo modo di sottolineare quando ne varcheremo la pregevole bussola
d’ingresso durante Art Nouveau Week.

A margine della strada reale di Francia Fenoglio ha così soggettivato con singolare coerenza istanze
di matrice franco-belga, mostrandosi in linea con il più profondo naturalismo Art Nouveau, di cui è
emblematica generazione il serramento ad ali di farfalla, caro ai maestri di Nancy, forse da leggersi
come risposta ai “tedeschizzanti” padiglioni espositivi che Raimondo D’Aronco stava erigendo in
quello stesso 1902 al Valentino. Tra i progettisti e gli intellettuali torinesi era infatti risaputa l’aspra
polemica generata dalla vittoria dell’architetto friulano nel concorso per la regia distributiva e
stilistica degli edifici per l’esposizione, se pure la stampa ufficiale si fosse affrettata a spiegare tale
scelta come opzione di tendenza e decisione di campo tra le due scuole ritenute più originali: «la
belga, illustrata dai nomi del defunto Hankar e del vivente Horta, e l’austriaca, che, sbocciata sotto
l’insegnamento di un illustre architetto, il quale dall’accademismo più puro passò grado grado alla
modernità più libera, fu detta Wagner Schule… A quest’ultima scuola si può riannodare il
D’Aronco», formatosi a Graz e all’Accademia di Venezia e allora impegnato presso la corte di
Costantinopoli, dove si era trasferito nel 1891 come architetto del governo ottomano e personale del
sultano Abdül Hamit II, svolgendo la parte più importante della sua attività progettuale in un paese
crocevia di molteplici esperienze. Non potendo pertanto seguire in modo continuativo i lavori
dell’esposizione torinese, gli furono affiancati il giovane arch. Annibale Rigotti, torinese e autore del
progetto secondo classificato, l’ing. Enrico Bonelli, anch’egli torinese e docente di Meccanica
Industriale al Regio Museo del capoluogo subalpino e il prof. Giovanni Vacchetta, cuneese di nascita
e Professore di Ornato Superiore al Museo Industriale di Torino, tentando in questo modo di supplire
all’assenza di D’Aronco e di contenere le critiche limitando il rischio di eccessiva “tedeschizzazione”
dei padiglioni espositivi. Di fatto, gli edifici effimeri daronchiani erano principalmente ispirati alla
Wagnerschule e all’opera di Olbrich nella colonia da lui fondata a Darmstadt, verso le quali
l’architetto friulano nutriva un’affinità mutuata dall’interesse per l’architettura bizantina e ottomana,
maturata attraverso la conoscenza diretta durante la lunga permanenza a Costantinopoli. Memorie di
Santa Sofia si coniugavano in perfetta armonia con tali istanze, soprattutto nella Rotonda d’onore e
un po’ ovunque nei numerosi padiglioni, dove la sontuosità, la luce, le bucature, le mosse decorazioni
lineari e la cura del dettaglio prezioso emergevano in variazioni raffinatissime.

Chiusa l’esposizione con un buon successo di visitatori, limitati plausi e pesanti strascichi polemici,
proseguì verso D’Aronco l’ostilità di alcune altisonanti voci torinesi, riaffiorata con veemenza quando
nel 1907, rientrato da Costantinopoli, pensò di stabilirsi con la famiglia nel capoluogo subalpino. Sin
dal 1902, egli aveva infatti avviato le trattative per l’acquisto di un terreno di fronte alla Fontana dei
Mesi, sul quale costruire la sua “casetta” che divenne presto una confortevole e funzionale abitazione
con due alloggi e piccolo fabbricato per il custode, edificati “per corrispondenza” come la città
effimera in riva al Po. Mentre proseguiva il suo momento magico di fertilità creativa, Palazzina
Javelli, dal cognome della moglie cuneese Rita, sorgeva semplice e raffinata, connotata da un partito
decorativo che si conclude in pure linee geometriche, da bucature diversificate nel taglio e nella
tipologia a seconda delle diverse destinazioni d’uso e da un linguaggio dei volumi variato in relazione
alle attività al loro interno. In questa palazzina D’Aronco ha quasi mai abitato e oggi, varcandone
l’ingresso, sorprendono l’avanzata modernità del pensiero compositivo, l’elevato pregio di materiali
e manufatti, la cura dei dettagli e l’integrità generale, nonostante la turnazione di proprietari e i
cambiamenti di destinazione d’uso. Al confronto di tanta qualità costruttiva, ancora più stupisce
leggere nelle lettere a Bonelli e a Rigotti, preposti a seguire i lavori di costruzione, la forte e assillante
preoccupazione economica di D’Aronco, che sosteneva di aver sempre fatto «il signore coi soldi
contati», quasi presagendo una morte tra ristrettezze, sofferenza e solitudine.

Ancora altre storie meriterebbero di essere raccontate, fra le quali l’amore non corrisposto di Ernest
Hemingway per Bianca Maria Bellia, incontrata durante una vacanza a Stresa. Era il settembre 1918
e lo scrittore americano giunse presto a Torino per chiedere la mano dell’avvenente diciassettenne,
ma il padre Pier Vincenzo, noto costruttore di molte case Liberty torinesi, oppose un fermo veto,
ispirando così il personaggio del conte Greffi in Addio alle armi.

Programmi: www.italialiberty.it. Iscrizioni e informazioni sul sito di Italia Liberty, allo +39 320 044
5798, o inviando una mail a torino@italialiberty.it oppure a info@italialiberty.it.

Maria Grazia Imarisio

Nelle immagini:
Particolare decorativo di Palazzina Javelli, progettata da Raimondo D’Aronco nel 1903, in via Petrarca 44 a Torino
Particolare del coronamento di Palazzo Ripa, eretto nel 1906 a Biella, in viale Matteotti 14

Il cane Zac delle Fiamme gialle scopre un kg di droga nei barattoli di crema

Aveva un chilo di ketamina nascosta neibarattoli contenenti creme per il corpo:arrestata dalla Guardia di Finanza di Torino.

La donna è stata fermata su un autobus preveniente da Barcellona.

Proveniva da Barcellona ed era diretta a Milano la donna arrestata dalla Guardia di Finanza di Torino, nei giorni scorsi, con circa un chilogrammo di sostanza stupefacente, su un autobus low cost in partenza dal Terminal di Corso Vittorio Emanuele II del capoluogo piemontese.

L’intervento nasce da un’attività di intelligencecondotta dai militari della Compagnia Caselle Torinese i quali, nel corso degli ordinari controlli eseguiti presso il locale scalo aereo, avevano riscontrato, a carico di una passeggera italiana, la ricorrenza di numerosi viaggi effettuati da e verso l’Italia, portando al seguito consistenti somme di denaro non giustificate rispetto al suo status di persona “disoccupata”.

I Finanzieri hanno ricostruito i vari spostamenti eseguiti dalla donna fino a individuarne il rientro sul territorio italiano, a bordo di un autobus proveniente da Barcellona.

Il controllo, svolto con l’ausilio di “Zac”, il pastore belga “Malinois” delle Fiamme Gialle addestrato alla ricerca di sostanze stupefacenti, ha consentito di rinvenire nel bagaglio personale della donna, 4 barattoli contenenti creme per il corpo (body scrub) la cui composizione è apparsa immediatamente anomala sia per il colore, sia per la presenza di granuli, elemento quest’ultimo tipico della ketamina, nota anche come “ice crystal”.

La droga rinvenuta, che se immessa nel mercato dello spaccio avrebbe “fruttato” circa 40.000 euro, è stata sottoposta a sequestro e la donna è stata posta in arresto e condotta presso il carcere Lorusso-Cutugno di Torino, a disposizione dell’Autorità giudiziaria.

“Hirpu”: nel romanzo di Pierangelo Colombo valori e conflitti dell’animo umano

Informazione promozionale

“Hirpu, il cacciatore” di Pierangelo Colombo, Porto Seguro editore, un romanzo etnografico a cui si aggiungono le forti emozioni, i conflitti d’animo e i valori spirituali che sono propri degli esseri umani.

 

Hirpu è un giovane cacciatore membro di una tribù celtica, abitante della Val di Susa.

Nel corso di una battuta di caccia, Hirpu, troppo magro per il clima rigido, lotta contro la sua debolezza fisica, l’inesperienza e un destino avverso. Le ambizioni di rivalsa agli occhi del rivale Brennu e dell’intero villaggio, scettici sulle capacità del giovane, e il desiderio di meritare in sposa l’amata Abala, la figlia del re della tribù, però lo spingono e lo incoraggiano. Disobbedendo agli ordini del capo spedizione, comincia una solitaria caccia a un magnifico esemplare di cervo, che lo porterà all’incontro inaspettato dell’esercito di Annibale, in discesa dal valico delle Alpi, e alla visione di strani animali molto grandi, gli elefanti, sconosciuti alle tribù alpine dell’epoca. Seguito e protetto a distanza da un vecchio lupo, in simbiosi con lui per il suo destino, Hirpu dovrà superare esperienze estreme per dimostrare che: “Il valore e la saggezza non sono misurabili dalle dimensioni del corpo, ma dalla grandezza dello spirito”.


Torna in libreria Pierangelo Colombo, che aveva già convinto il pubblico con
Come Un Temporale Estivo, (Porto Seguro editore 2022) vincitore de XXIII Premio Letterario IL LITORALE. Questa volta con una storia ambientata ai tempi delle Guerre Puniche, che vede protagonista un giovane celta, della tribù dei Graioceli, e il suo fatale incontro con Annibale.

Scorrendo le pagine di questo libro si è improvvisamente trasportati nella realtà storica di un antico popolo stanziato sulle Alpi, precisamente nelle valli di Lanzo e nel territorio del Moncenisio, che incuriosisce e affascina sin dalle prime battute. Stiamo parlando dei Graioceli, un piccolo popolo celtico originario dell’attuale Maurienne, che abitarono le valli a ridosso delle alpi Graie presumibilmente tra il III e il I secolo a.C. Considerando le scarne fonti tramandate sul tema, assume ancora più valore il lavoro di ricerca e stesura dell’opera svolto dall’autore, che con dovizia di particolari ci introduce alla scoperta di un idioma, di credenze e riti pressoché sconosciuti, le cui radici affondano nel nostro passato quasi a implorarne il risveglio e la preservazione.

Il suono delle parole celtiche inserite da Colombo nello scritto esercita una magia che si espande sulla linea del tempo. Tornano a vivere parole come pagu (clan), sagus(pesante mantello in spessa lana grezza e infeltrita), bug (lunga lancia), torque (collare mistico ritorto a ferro di cavallo), che permeate dagli odori, dai colori ed i rumori immortali delle Alpi, ricreano sapientemente l’atmosfera di questo popolo istruito a leggere nel volo degli uccelli o fra le viscere degli animali sacrificati i segni degli dèi. Gradatamente si palesa davanti agli occhi del lettore un nuovo capitolo del connubio tra Madre Natura, fonte dei sentimenti e delle passioni più autentiche, ed i suoi figli, in cui l’uomo trova conforto, in cui si specchia e si identifica alla ricerca della pace interiore. I bramiti ed i combattimenti che i cervi ingaggiano durante la stagione degli amori suscitano  perciò una vasta eco nella rivalità amorosa dei contendenti la figlia del re. Mentre il lupo, che improvvisamente appare durante l’esperienza solitaria del giovane cacciatore Hirpu, diviene la guida del suo viaggio iniziatico attraverso le foreste, i dirupi e le scoscese montagne. In perfetta sintonia con le credenze dei Celti, che consideravano il lupo portatore di una conoscenza che viene dal regno delle ombre.

Le vicende narrate registrano una impennata emotiva quando sul palcoscenico delle Alpi fanno la loro comparsa in assetto da guerra le truppe di Annibale, il più grande esercito mai visto dai Graioceli. E qui con bravura l’autore tratteggia e suscita lo stupore dei protagonisti e del lettore con questa efficace descrizione degli elefanti, capaci di rievocare con i loro barriti i racconti terrificanti degli anziani del villaggio, leggende di animali mitologici, spiriti mostruosi mandati dagli dèi degli inferi a dispensare morte e devastazione.

Improvvisamente ad essere minacciata non è solo la vita dei Graioceli, ma la sopravvivenza della loro identità culturale fondata sul culto degli dèi, i quali sembrano giocare con le loro vite: da abili cacciatori ora sono diventati fragili prede. Il giovane cacciatore Hirpu, Brennu suo rivale in amore, Artal e gli altri valorosi compagni di caccia, dopo avere affrontato innumerevoli pericoli, tradimenti e contrarietà di ogni genere, si troveranno costretti a compiere scelte difficili e alla fine dell’avventura si scopriranno intimamente cambiati.

La narrazione non presenta pause né voli pindarici, il lettore si ritrova a camminare con passo costante e armonico lungo sentieri che parlano delle difficoltà della vita, di ritmi antichi, di rapporti e sentimenti eterni. E scopre in queste pagine un immenso rifugio, in cui vorrà tornare più volte: per avere un contatto immediato e spontaneo con Madre Natura, per riflettere alla luce delle stelle e realizzare quella libertà che il mondo reale spesso nega, per avventurarsi in luoghi incontaminati che sollevano il velo su stesso.

LINK UTILI:

https://www.portoseguroeditore.com/prodotto/hirpu-il-cacciatore/

https://www.ibs.it/hirpu-cacciatore-libro-pierangelo-colombo/e/9791254928707

https://www.facebook.com/comeuntemporaleestivo

Esodati del 110%: “A rischio 25 mila posti”. Incontro in Regione

“Da parte della Regione Piemonte – ha proseguito Marin – si può mettere in atto una moral suasion per aprire un tavolo con le banche, i certificatori e le grandi imprese piemontesi. Attraverso le tasse che vengono pagate potrebbe esserci un meccanismo di rilevamento del credito, come consentito dalla legge”.Gli auditi hanno evidenziato l’importanza dell’interlocuzione tra imprese, committenti e enti istituzionali, vista la difficile situazione e i suoi drammatici risvolti economici e sociali: “Sono a rischio 25 mila posti di lavoro diretti e 10 mila indiretti e migliaia di aziende potrebbero chiudere nel giro di pochi mesi”.

L’intenzione è di richiedere la proroga dei tempi, in merito alle spese detraibili, che scadono il 30 settembre per gli immobili unifamiliari e il 31 dicembre per i condomini. Per “disincagliare” i crediti si prospetta la necessità del coinvolgimento delle partecipate, la sensibilizzazione degli istituti finanziari, il coinvolgimento delle grandi aziende industriali del territorio e di tutti i comuni attraverso l’Anci. Per quanto riguarda i committenti esodati, è stata sottolineata la necessità di un punto di riferimento, per mettere insieme i vari crediti fiscali dei singoli affinché divengano appetibili alle banche.

Era presente l’assessore regionale al Bilancio Andrea Tronzano e sono intervenuti, per porre dei quesiti agli auditi: Alberto Avetta (Pd), Sarah Disabato (M5s), Silvana Accossato (Luv), oltre ai presidenti Marin e Carlo Riva Vercellotti (della prima).

Sulla difficile situazione, il presidente Marin ha proposto una nuova seduta congiunta, prima, seconda e terza, insieme alla Giunta regionale.

In tangenziale di Torino auto si ribalta, morto il conducente

Ieri sera è deceduto un uomo  in un incidente mortale verificatosi sulla  tangenziale di Torino, all’altezza di Sito Interporto, in direzione nord. Una vettura  si è ribaltata uscendo di strada  nei campi. Il conducente è morto sul colpo, sono stati inutili i soccorsi. Si sta verificando la dinamica dell’incidente.

Torino, città modello per l’integrazione dei rifugiati

Si è svolto ieri a Palazzo Civico a Torino, l’incontro tra il Sindaco Stefano Lo Russo e Chiara Cardoletti, Rappresentante UNHCR per l’Italia, la Santa Sede e San Marino.

L’incontro è stato l’occasione per confermare la volontà di proseguire la reciproca collaborazione nel rafforzare il sostegno all’integrazione dei rifugiati sul territorio cittadino.

Nel 2021, la città di Torino, insieme all’UNHCR e ai comuni di Bari, Milano, Napoli, Palermo e Roma, ha redatto e adottato la Carta per l’Integrazione che ha come obiettivo lo scambio di buone pratiche fra le città e la promozione dell’inclusione di chi è stato costretto a fuggire a causa di guerre e persecuzioni.

Negli ultimi mesi l’UNHCR e il Comune di Torino hanno sviluppato insieme esperienze importanti, tra cui la sperimentazione, nello stabile che ospita il Servizio Stranieri in via Bologna, di uno Spazio Comune, centro polifunzionale nel quale i rifugiati possono accedere a servizi e progetti per la loro integrazione, contando sulla collaborazione dell’Agenzia Piemonte Lavoro e dell’ASL Città di Torino e rafforzando la rete con le altre realtà sostenute dalla Città, come la Case del Quartiere. Questo spazio innovativo vede il coinvolgimento di Mosaico, associazione di rifugiati da anni attiva in città. Con il Centro Immigrazione Asilo e Cooperazione Internazionale (CIAC), è stato anche avviato con successo il progetto Community Matching che mette in contatto le persone rifugiate con volontari che possono affiancarle nel loro percorso di integrazione in Italia.

Durante l’incontro il Sindaco Lo Russo è stato invitato alla City to City visit delle Città della Carta per l’Integrazione, che si svolgerà a Torino e Milano il 24-25 ottobre e vedrà la partecipazione degli Assessori alle politiche sociali di tutti i Comuni firmatari della Carta.

“Torino non solo è una città accogliente per i “nuovi arrivati”, ma una città che nel lungo periodo sa sostenere i rifugiati nel diventare cittadini e cittadine attivi – ha dichiarato Chiara Cardoletti, Rappresentante UNHCR per l’Italia, la Santa Sede e San Marino –  grazie al contributo di tutti, istituzioni, società civile, aziende e privati cittadini, da molti anni ormai Torino rappresenta un modello e siamo felici come UNHCR di continuare a offrire il nostro supporto a questo importante lavoro”.

Il Sindaco di Torino Stefano Lo Russo ha espresso soddisfazione per questo incontro: “è stata l’occasione – ha detto – per parlare di tutte le persone costrette ad abbandonare il paese natale per cercare un futuro migliore, intraprendendo un viaggio per cui spesso pagano un prezzo altissimo. Di fronte al dramma di queste persone non possiamo rimanere indifferenti e ognuno deve fare la sua parte. A partire dalle istituzioni, con politiche di accoglienza e inclusione che possano dare speranza a chi viene da noi in cerca di futuro”.

La neve di Mariupol

Paesi Edizioni è una casa editrice il cui nome ricorda posti di esotici e sperduti. E’ specializzata nelle pubblicazioni internazionali di qualità che “abbracciano idealmente tutti i paesi del mondo”, senza però tralasciare l’Italia. I testi di spaziano dalla saggistica ai romanzi e riviste, con una predilezione per il taglio giornalistico e le tematiche d’attualità. Le proposte di Paesi Edizioni comprendono un vasto settore che va dalla geopolitica alle relazioni internazionali, dallo spionaggio al terrorismo, dall’economia alla finanza, dalla sicurezza alla storia politica, dalla sociologia alle arti. Una vera ricercatezza italiana che abbiamo l’onore di scoprire e, di conseguenza, di valorizzare con una proposta degna di grande considerazione.

La neve di Mariupol- Monica Perosino a cura di Valeria Rombolà

«Alle 4:11 del 24 febbraio, ora italiana, faccio la telefonata più surreale della mia vita. Compongo il numero di Monica Perosino, sapendo di doverle dare una notizia devastante, assurda, impossibile. E poi riesco a pronunciare l’impronunciabile, l’incredibile, l’insopportabile: «Stanno bombardando. È iniziata la guerra». L’annuncio della guerra tra Russia e Ucrania ha segnato la fine di un’epoca e l’inizio di una nuova era ed è stato uno spartiacque tra un prima e un dopo definitivo. A raccontare i retroscena dell’atrocità della guerra del nostro secolo è Monica Perosino, giornalista de La Stampa, che con sensibilità e coraggio è riuscita a trasmettere un racconto crudo e profondo di quanto ha vissuto come inviata sul campo. La Perosino è in grado di narrare gli strazi, le fughe, i bombardamenti ma anche la lotta per la vita di un popolo che non si arrende e resiste a costo di soffrire, a costo di morire. L’autrice vive la paura dell’attacco affianco ai più deboli e si interroga dell’insensatezza di una guerra che devasta e spazza via quello che c’è. La Persoino riesce nell’arduo compito di trasformare il giornalismo in letteratura, grazie alla capacità di non banalizzare avvenimenti e storie. Racconta come a fare più male “non sono le note più basse di mortaio”, ma i “poveri resti di quelli che un tempo erano persone o quel che resta di una vita sparpagliata sull’asfalto; è piuttosto l’incredibile dolore in cui un milione di persone sono precipitate per sempre. Queste sono le cose brutte, il supplizio e la disperazione dei sopravvissuti”. Capitolo per capitolo Perosino racconta l’Ucraina che ha conosciuto attraverso le storie di persone autentiche che le restituiscono una visione reale di un Paese: un esempio è la storia delle babushke. Le anziane di un remoto villaggio, attraverso i loro modi antichi e intrisi di tenerezza, le permettono di avere la sua “personale epifania, un momento in cui ho capito cos’è l’Ucraina, o meglio, ho sentito cos’è l’Ucraina”. Questo libro è un viaggio attraverso gli occhi e le sensazioni dell’autrice che ci mette di fronte una realtà imbarazzante ovvero il fallimento dell’Europa tentativo di mettere fine alle guerre per sempre.

LASCIATE CHE I GAY (non) VENGANO A ME  a cura di Francesca Bono

Lasciate che i Gay (non) vengano a me è un’indagine giornalistica fondata su una tematica, più che insolita, certamente complessa e di non semplice trattazione: l’omosessualità negli ambienti ecclesiastici. Se ne occupa, con uno stile preciso e che rispecchia a pieno il taglio giornalistico del pubblicatore Paesi Edizioni, Luciano Tirinnanzi, autore del volume nonché direttore della casa editrice. Se una persona è gay e cerca il signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla? Con questa citazione da Papa Bergoglio ha inizio la pubblicazione, lasciando intendere, in poche righe, sia il filo conduttore che lo stile con cui esso viene approcciato. Un tema delicato, quello dell’omosessualità interna alla Chiesa, che come tale viene trattata, pur non tralasciando un’esposizione fedele di fatti e informazioni. Coinvolgenti i riferimenti documentali ed epistolari, accompagnati da una lettura in una chiave volta a porre in luce l’effettiva diffusione, nel tempo e nello spazio, dell’omosessualità in ambito chiericale. Nessuna forma di giudizio trapela, né nei confronti di chi nel tempo e nello spazio, ha censurato, né dei diretti protagonisti dei fatti esposti, che al contrario ne escono, invece, umanizzati. Eppure, questa esposizione professionale e diretta, si chiude aprendo al lettore l’interrogativo: per quanto, ancora, gli ultimi resteranno ultimi?

Il Teatro Regio brinda con Alta Langa

AL VIA LA PARTNERSHIP TRA IL CONSORZIO ALTA LANGA E IL TEATRO REGIO DI TORINO
Il perlage delle Alte Bollicine Piemontesi sarà protagonista dei brindisi alla “prima”
di tutte le opere in calendario fino al giugno 2024

 

Il Consorzio Alta Langa ha stretto una partnership con il Teatro Regio di Torino, uno dei più antichi, grandi e importanti teatri d’opera al mondo.

La presentazione della Stagione 2023/2024, che si è svolta il 7 giugno scorso, ha dato ufficialmente il via alla collaborazione.

Il perlage delle Alte Bollicine Piemontesi accompagnerà i brindisi alla ”prima” di tutte le opere fino a giugno 2024: La Juive (21 settembre), La bohème (21 ottobre), La rondine (17 novembre), Don Pasquale (25 gennaio 2024), Un ballo in maschera (21 febbraio 2024), La fanciulla del West (22 marzo 2024), Le Villi (19 aprile 2024), Der fliegende Holländer (L’Olandese volante 17 maggio 2024), Il trittico (21 giugno 2024).

Il Teatro Regio di Torino è uno dei più antichi teatri d’opera al mondo in attività: le sue origini risalgono al 1740, anno in cui venne inaugurato come magnifico luogo di rappresentanza della corte sabauda. Progettato dall’architetto Benedetto Alfieri con criteri innovativi, divenne presto meta dei grand tour dell’epoca. Dopo quasi due secoli ininterrotti di spettacoli, l’antico edificio, un teatro all’italiana con cinque ordini di palchi, venne distrutto da un violento incendio nella notte tra l’8 e il 9 febbraio 1936. L’incendio non interruppe la programmazione del Regio, che proseguì in altri teatri della città, sino all’apertura dell’attuale complesso.

Il suo design unico al mondo si deve al genio dell’architetto Carlo Mollino. Venne inaugurato nel 1973con I Vespri siciliani di Verdi, nell’unica regia di Maria Callas e Giuseppe Di Stefano: proprio quest’anno dunque, il nuovo Teatro Regio celebra il mezzo secolo di attività.

Il 6 luglio l’opera I Vespri siciliani sarà riproposta in forma di concerto di gala per celebrare i 50 anni. In questa importante ricorrenza si brinderà con le Alte Bollicine Piemontesi e sarà presentato in esclusiva un Alta Langa signature cocktail dedicato a Regio 50 (Alta Langa DOCG, Vermouth di Torino Extra Dry, Acquavite di vino, Miele di Tiglio, garnish: Verbena).

Mathieu Jouvin, Sovrintendente del Teatro Regio commenta: In omaggio alla storica inaugurazione del 1973 abbiamo programmato I Vespri siciliani di Giuseppe Verdi, un Concerto di Gala con un cast stellare diretto da Riccardo Frizza. Sono particolarmente lieto di inaugurare così la partnership con il Consorzio Alta Langa nello spirito di condividere ancor di più la gioia della musica”.

Ci piace pensare che un brindisi con l’Alta Langa DOCG diventi parte del rituale del Teatro Regio, luogo simbolo di Torino e del Piemonte in cui l’arte, la cultura e l’emozione sono protagoniste assolute – conclude la presidente di Consorzio Alta Langa, Mariacristina Castelletta -. Siamo fieri di questa collaborazione: l’Alta Langa DOCG è pronta a dare spettacolo, libiamo ne’ lieti calici!”.