ilTorinese

Ultimi dieci giorni per la mostra “Mirò a Torino”

33mila biglietti venduti per l’esposizione dedicata al pittore catalano, al Mastio della Cittadella, che terminerà domenica 14. Venerdì 12 ultimo concerto con visita guidata

 Pur avviandosi alla chiusura, il 14 gennaio p.v., la mostra Mirò a Torino al Museo Storico Nazionale d’Artiglieria ‒ Mastio della Cittadella, attira l’attenzione dei visitatori tanto da registrare, in soli due mesi, ben 33 mila biglietti emessi. L’esposizione, curata da Achille Bonito Oliva in collaborazione con Vincenzo Sanfo e Maïthé Vallès-Bled, che presenta oltre 250 opere del maestro catalano, è risultata durante le festività natalizie, grazie all’apertura continua, la più apprezzata anche dai numerosi turisti presenti in città.

 

La mostra su Mirò, patrocinata da Città di Torino, Regione Piemonte e dal Consolato di Spagna a Torino, ha confermato ancora una volta la grande sensibilità dei torinesi e dei turisti verso l’arte e verso esposizioni che indagano la personalità e le opere dei grandi artisti anche meno conosciute, come quelle provenienti dalle collezioni private e, quindi, raramente presenti in altre esposizioni museali” – commenta Salvatore Lacagnina, produttore della mostra.

 

Il fitto programma di eventi collaterali alla grande mostra Mirò a Torino, come gli appuntamenti musicali che si sono susseguiti dal 10 novembre, organizzati dal Comitato Provinciale dell’Aics (Associazione Italiana Cultura e Sport Aps), e che termineranno il prossimo 12 gennaio con l’esibizione Massimiliano Genot al pianoforte, e musiche di Bach, Mozart, Bufaletti, Scarlatti, Händel, hanno favorito l’afflusso del pubblico.

 

Al termine dei concerti, con un unico biglietto da 15 euro, è possibile visitare la mostra di Joan Mirò accompagnati da una guida. L’iniziativa è organizzata dall’associazione Erremusica Aps, Navigare Srl e Diffusione Cultura Srl. Per i possessori di tessera AICS: 13,00 euro. Prenotazioni presso la biglietteria della mostra: tel. 3513364334–E-mail: navigaremiro86@gmail.com

 

Il successo registrato dall’esposizione dell’artista catalano, e già riscontrato con le precedenti mostre su Frida Kahlo e quella sugli Impressionisti, consolida ulteriormente il rapporto della società Navigare srl con la città sabauda, aprendo la strada ad una nuova programmazione, come anticipa lo stesso Lacagnina. “Terminata la mostra su Mirò, dal 3 febbraio torneremo a Torino con un’altra importante esposizione, interamente dedicata ai Macchiaioli e alla pittura en plein air tra Francia e Italia a cura di Simona Bartolena“.

 

Mirò a Torino, che omaggia l’artista catalano scomparso 40 anni fa, resterà aperta tutti i giorni sino a domenica 14 gennaio con i seguenti orari: dal lunedì al venerdì 9.30-19.30; sabato e domenica (compreso il 6 gennaio) ore 9.30-20.30. Ingresso gratuito per possessori abbonamento musei Piemonte e Valle d’Aosta.  Info e prenotazioni: www.navigaresrl.com

Una senile, allegra “solitudine”, in puro “stile Franco Barbero”

Il 6 e 7 gennaio, al teatro San Giuseppe di via Andrea Doria 18

Franco Barbero è un attore – lo è sempre stato – dalle solide radici. Piemontesissime, lui di Asti (con un augurio qui per l’avvicinarsi quantomai prossimo degli ottanta), quelle nate nei terreni dei Macario (una bella accoppiata per una decina di commedie) e dei Campanini (con il comico forma compagnia, tra il 1975 e l’80), negli ormai lontani anni Settanta. Un personaggio semplice, fuori dal tempo, una maschera che si fa a poco a poco carattere, sempre più preciso e consolidato. Barbero non ci si rintana ma lo svolge, lo arricchisce, lo infiocchetta ruolo dopo ruolo: legato al testo, sempre pronto a calcare la scena come un bravo soldatino ma pronto altresì a riandare alla scuola del grande Erminio. Con l’improvvisazione, con l’immediata invenzione (“ invenzione è guardare cosa succede in giro e commentare”), magari poggiando sugli umori del pubblico, magari sfoderando l’invidia di qualche collega, magari rubando l’applauso più caloroso della serata. Riesce a crearsi un posto tutto suo, scrittura Sylva Koscina e Stella Carnacina e Femi Benussi, vamp del momento, s’affida anima e cuore ai duetti con l’amica Margherita Fumero, con Nadia Furlon fa coppia per l’operetta, campo facile a tutto il suo umorismo che si traduce ogni sera per genuino divertimento da parte del pubblico, con un repertorio non indifferente di undici operette: non restando chiuso tuttavia all’interno del teatro “leggero”, con la battuta facile o la bellona di turno, ma oltrepassando i dislivelli di quello impegnato, da Shakespeare a Molière, dal lodatissimo “Margarita e il gallo” di Edoardo Erba (con Maria Amelia Monti, ricco di premi importanti come gli Olimpici del Teatro, il Riccione e il Salerno, il premio Idi) alla riduzione dell’”Esclusa” pirandelliana, in cui il regista cui s’affida vuole affidargli ben tre ruoli, da Plauto a Campanile (“Il povero Piero”) per arrivare all’”Orestiade” di Eschile o alla “Venexiana” di autore anonimo a cui ha partecipato a Roma lo scorso anno. Ruoli di piccolo calibro ma sempre tutti con il profumo della concretezza, apprezzati e lodati, quei ruoli su cui lo spettatore attento pone lo sguardo e si porta a casa l’attore autentico.

E non soltanto teatro. Ma anche il cinema, dalla metà degli anni Settanta, s’è accorto di lui, chiamato a lavorare tra gli altri con Maurizio Nichetti e Pieraccioni, con Michele Placido e Tinto Brass, con Roberto Benigni (“La tigre e la neve”) e Marco Tullio Giordana (“Romanzo di una strage”, pellicola mai troppo lodata sull’atroce vicenda di piazza Fontana, da Matteo Rovere al Silvio Soldini del “Comandante e la cicogna”. Non soltanto le produzioni della nostra Film Commission, non soltanto le strade e gli angoli di Torino e piemontesi, Barbero rientra in tantissime opere disseminate per lo stivale, entrando nel cinema importante, tra le firme che contano. E allora il viso è di quelli che riconosci immediatamente, la tivù fa il resto e si entra nelle case: apparizione dopo apparizione, da “Don Matteo” a “Padre Pio”, dal “Grande Torino” di Claudio Bonivento alla serie di “L’onore e il rispetto”, dalla “Farfalla granata” di Paolo Poeti sulla figura indimenticabile di Gigi Meroni a Rocco Schiavone, dalla “Strada di casa” all’ultimo “Cuori”, con quegli amori e malattie che il publico ormai si aspetta come il pane.

Una faccia, un compagno affabile e allegro, un carattere. Come il Piero, che porta sabato 6 (alle ore 21) e domenica 7 (alle 16) al teatro San Giuseppe di via Andrea Doria 18 nella commedia “Un Natale fuori stagione” scritta da Antonio Valleggi, che ne cura anche la regia. “Anche qui, “abbastanza Barbero” come carattere”, sottolinea ancora una volta l’attore. E Valleggi, che festeggia per l’occasione i suoi cinquant’anni come regista, di rimando: “Barbero è davvero un attore completo, di quelli che il pubblico apprezza enormemente e io sono stato sinceramente felice quando ha risposto sì alla proposta che gli avevo fatta di lavorare insieme”. Una traccia all’apparenza semplice, la figura di un vecchio solitario, vedovo e rintanato nella sua casa in Liguria, una vita scombussolata all’improvviso dall’irrompere di una sconosciuta, Manola, che si fa passare per la badante argentina che la figlia ha deciso di mettergli accanto. Uno svelamento che è un bel colpo di teatro, un albero di natale abbandonato sul terrazzo della casa, un pregiudicato che ha scoperto il nascondiglio della ragazza: ma non soltanto, nella suspence e nel divertimento, nello scorrere allegro delle situazioni e delle battute, s’incrociano temi come la solitudine degli anziani, la difficoltà nel trovare un lavoro correttamente retribuito, la diffidenza verso gli stranieri, la triste piaga della violenza sulle donne. “Temi trattati con leggerezza – spiega ancora Valleggi mentre tratteggia questa sua “commedia brillante con il sorriso” -, mai resi con banalità. È uno di quei testi, composti in questa ultima decina d’anni in cui ho privilegiato la scrittura, a cui tengo di più. Ho trovato, con Franco, altri due eccellenti interpreti, Nathalie Bernardi e Igor Toniazzo, con loro sperimento ancora una volta la bellezza del palcoscenico, quello studio che mi porto dietro ogni giorno, la voglia e il piacere di creare con l’attore la precisione della battuta, l’esattezza della posizione, il potere di una pausa che ci aiuta a riflettere”. Guardando ad una vita da sempre accompagnata dal teatro (da LeRoi Jones a Molière a “Notturno”, racconto di fantascienza (del 1941) tratto da Asimov, Valleggi non ha dubbi: “Il teatro è una delle forme di espressione che dovremmo coltivare sempre perché ci regala uno spaccato di noi stessi a 360°.”

Elio Rabbione

Nelle immagini, la locandina di “Un Natale fuori stagione”, Franco Barbero in scena e fuori scena; un momento di “Al bar dello sport” di Francesco Massaro, dove con grande successo Barbero fu l’ostile cognato di Lino Banfi, emigrato pugliese a Porta Palazzo.

Juve ai quarti di finale: batte Salernitana 6-1

Juventus qualificata ai quarti di finale di Coppa Italia. Dopo aver subito  il gol in avvio ha battuto in rimonta la Salernitana 6-1 (2-1).  Allo Stadium la squadra di Pippo Inzaghi va in vantaggio al 2′ con Ikwuemesi, per un errore di Gatti. Arriva al 12′ il pari bianconero con Miretti, al 35′ con Cambiaso il 2-1. Nella ripresa la Juve segna con Rugani (9′ st). Yildiz causa l’autorete di Bronn (30′) e segna il gol del 5-1. Nel recupero bella rete di Weah. La squadra di Allegri ai quarti affronterà il Frosinone.

Ragazzina 12enne folgorata nella cabina elettrica

Una ragazzina di 12 anni è rimasta folgorata  in un locale tecnico di una polisportiva a Rivarolo Canavese, dopo aver toccato dei cavi elettrici. L’elisoccorso l’ha portata all’ospedale  Regina Margherita di Torino. È in condizioni gravi e la prognosi è riservata. Sarebbe entrata nei locali dell’elettricità con degli amici. Sul posto i carabinieri.

Viabilità: da Città metropolitana quasi un milione ai Comuni per la messa in sicurezza delle strade

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Il 2024 porta 945mila euro di contributi da parte della Città metropolitana di Torino a diversi Comuni che devono condurre a termine progetti sulla viabilità provinciale: si tratta di 10 Comuni che avevano già ottenuto un cofinanziamento per progetti di messa in sicurezza sulla viabilità provinciale, progetti non realizzati per l’impennata dei prezzi dovuta al caro materiali.

Ne beneficeranno i Comuni di Villar Pellice, Busano, Sparone, San Maurizio Canavese, San Carlo Canavese, Bussoleno, Chiomonte, Foglizzo, Lanzo Torinese e Robassomero.
Già nel corso del 2023 la Città metropolitana era intervenuta destinando altri 400mila euro a due Comuni, Nole e Scalenghe, e all’Unione Montana Valli di Lanzo, Ceronda e Casternone, anche loro in difficoltà a concludere gli interventi già finanziati.
“È un risultato che dimostra l’utilità del confronto diretto e puntuale con il territorio, elaborato grazie agli incontri settimanali con i Sindaci e ai sopralluoghi che abbiamo effettuato con il nostro  personale tecnico, che ringrazio” commenta il vicesindaco metropolitano Jacopo Suppo.
È stato positivo il bilancio 2023  di “Viabilità, Comuni in linea”, l’appuntamento settimanale dedicato ai Sindaci del territorio dal vicesindaco Suppo per ascoltare e confrontarsi sui temi della viabilità. Una scelta per restituire priorità all’ascolto del territorio su tematiche complesse, che necessitano di particolare attenzione: gli incontri sono stati 44 in totale (10 in più rispetto al 2022), cui si sono aggiunti 5 sopralluoghi sul territorio.

Nelle foto, i Sindaci di Lanzo, Bussoleno, Busano e San Carlo Canavese.

Proseguono i controlli al mercato di Bardonecchia

 

Proseguono a Bardonecchia i controlli congiunti della Polizia Locale e della Guardia di Finanza, avviati nei mesi scorsi, mirati alla tutela dei consumatori e dei lavoratori nel mercato cittadino.

Diverse le violazioni riscontrate: dalla mancata esposizione dei prezzi al non inquadramento di alcuni lavoratori, a scontrini fiscali non emessi.

 

Muore a 47 anni stroncato da malore mentre gioca a calcio

Sconcerto e dolore  a Cuorgne’ per la morte di Alberto Bersano stroncato ieri da un malore improvviso mentre stava giocando a calcio a 5 a Salassa. Sul campo di calcio sono giunte due equipe del 118 ma non è stato possibile salvare il 47enne, molto conosciuto in zona.

In autostrada muore 21enne, quattro feriti. Uno grave al Cto

Un ragazzo è deceduto e  quattro sono rimasti feriti ieri sull’autostrada A7, tra Isola del Cantone e Vignole Borbera, nell’Alessandrino in direzione Milano. Si è ribaltato un furgone per cause da verificare. Due dei feriti sono in gravi condizioni.
Uno è stato trasportato  in elicottero al Cto, gli altri negli ospedali di Novi e Genova.

“Carlo Mollino. Paesaggi inclinati” In mostra al Forte di Bard

Il  fotografo italo-tedesco Armin Linke racconta l’opera del grande architetto torinese

Fino al 18 febbraio

Bard (Aosta)

Un estroso genio dell’architettura. E un genio indiscusso della fotografia ambientale. Signori miei, che accoppiata di gran lusso nella Sala dell’“Opera Mortai” al valdostano “Forte di Bard” che, in occasione del cinquantesimo anniversario della scomparsa (27 agosto, 1973) di Carlo Mollino, icona dell’architettura novecentesca (ma anche fantasioso e bizzarro designer, fotografo e scrittore), a lui dedica una mostra fotografica, curata dall’architetto e studioso milanese Luciano Bolzoni, con immagini assolutamente singolari realizzate dal celebre fotografo e regista italo-tedesco (origini meneghine, ma da tempo residente a Berlino) Armin Linke. Il percorso espositivo traccia un’ampia panoramica, fino al 18 febbraio 2024, del lavoro di Mollino attraverso scatti datati fra il 2006 e il 2023 e prosegue nel tentativo ( da Linke mai abbandonato e, ancora una volta, ben riuscito) di esplorare, attraverso le immagini, le relazioni esistenti fra l’uomo e le graduali, incisive trasformazioni che il progredire della “tecnologia” porta negli ambienti e nel mondo in cui viviamo. “La mostra – da nota stampa – parte dall’idea che la fotografia è indagine e quindi le architetture di Mollino costituiscono un’importante raccolta di dati e annotazioni in grado di leggere un territorio. Linke riflette sulla profonda idea della fotografia come momento per leggere la trasformazione della realtà. Sotto questo punto di vista, gli atteggiamenti di lettura dell’esistente da parte dell’architetto e del fotografo coincidono”. Così come gli sguardi “inclinati” e i paesaggi “inclinati” dei due, atti a meglio inquadrare il prodotto architettonico all’interno del paesaggio e a valutarne, prima (per l’architetto) e dopo (per il fotografo), le inevitabili – accettabili o dirompenti – trasformazioni.

Il tutto per certificare quella funzione sociale del “costruir bene”, soprattutto nel paesaggio alpino, propria di Mollino e della sua rigorosa attenzione al processo costruttivo, pur se sempre piacevolmente attratto da “un’ idea non statica della tradizione che in lui diviene fiume rigoglioso e generatore di nuova vita”. Estrosa eccentricità, di cui sempre mostrano segni inconfondibili le sue opere. Di architettura e di design. E la sua stessa vita, “adrenalinica” e perfino un tantino “spericolata”, come ben sa chi ebbe modo di conoscerlo. Mollino fu, infatti, uomo amante di originali hobbies e attività sportive legate soprattutto alla “velocità”,  quali lo sci (fu anche maestro di sci e, nel dopoguerra presidente della “CoScuMa”- Commissione delle Scuole e dei Maestri di sci”, nonché della “F.I.S.I.”), l’acrobazia aeronautica e le corse automobilistiche con futuristici prototipi da gara. Uomo profondamente legato alla montagna (anche se nel ’30, ancora prima di laurearsi, progettò la “Casa per Vacanza” a Forte dei Marmi) uomo delle Alpi, sciatore e costruttore di funivie e di residenze per la villeggiatura, per Mollino le Alpi sono state soprattutto la Valle d’Aosta, regione che iniziò a frequentare già a partire dagli anni Venti, studiando all’inizio gli edifici tradizionali e successivamente costruendo la “Casa del Sole” e la funivia del “Furggen” di Breuil-Cervinia (ben documentate in mostra nei potenti scatti di Linke), la “Casa Capriata” di Gressoney-Saint-Jean (poi ricostruita), il “Rascard Garelli” di Ayas, la “Casa Olivero” di La Thuile e la “Casa Collettiva” di Aosta. La Vallée, ma non solo. A lui si deve anche, in Alta Valsusa, nel 1946-’47, lo “Chalet – Slittovia” del Lago Nero sopra Sauze d’Oulz, oggetto nel 2001 di un radicale intervento di restauro, dopo decenni di abbandono e vandalismi. Anche la sua Torino, ovviamente, beneficiò del suo ingegno, con opere di cui ancor oggi possiamo godere dell’imponente e singolare bellezza. Suo, nel dopoguerra e in collaborazione con Umberto Mastroianni, il primo Premio al Concorso per il “Monumento ai Caduti per la Libertà” (noto anche come “Monumento al Partigiano”) collocato nel “Campo della Gloria” del Cimitero Generale di Torino. Nel ’52 progettò l’Auditorium Rai “Arturo Toscanini” (oggetto nel 2006 di un controverso restauro) seguito da altri importanti progetti, fino ad arrivare agli ultimi anni della carriera, quando fra il ’65 ed il ’73 firmò i suoi due più importanti edifici: il Palazzo della “Camera di Commercio” in via San Francesco da Paola e il nuovo “Teatro Regio”, ricostruito dopo il rovinoso incendio del ’36 ed inaugurato nel ’73. Mezzo secolo di attività, ricostruito al “Forte di Bard”, anche attraverso una sezione documentale leggibile in modo dinamico e che trasforma il visitatore in scopritore di documenti originali, componendo così un racconto in grado di restituire la linearità del percorso artistico di Mollino.

Gianni Milani

“Carlo Mollino. Paesaggi inclinati” – Fotografie di Armin Linke

Forte di Bard, via Vittorio Emanuele II, Bard (Aosta); tel. 0125/833811 o www,fortedibard.it

Fino al 18 febbraio 2024

Orari: feriali 10/18; sab. dom. e festivi 10/19. Lun. chiuso

Nelle foto di Armin Linke: “Funivia del Furggen”, Breuil-Cervinia, 2006; “Casa del Sole”, Breuil-Cervinia, 2009; “Teatro Regio”, Torino, 2011.

“Luci d’inverno”, il sentimento dei russi per la neve

Alla galleria Pirra, sino al 21 gennaio

Una finestra, con gli stretti legni grigiazzurri che la separano in riquadri, un davanzale e una stanza che s’immagina allegra di presenze umane, divani e poltrone, il samovar sul tavolo apparecchiato.  Al di là, gli alberi spogli e carichi di neve, lo spiazzo davanti tutto imbiancato, sul fondo lo spicchio di una casa. La divisione netta tra due mondi, il dentro e il fuori, il tepore e il freddo che sembra addormentare ogni cosa. gli uomini e gli oggetti di fronte all’ovatta che li circonda. È l’immagine principe della mostra “Luci d’inverno”, ospitata nella galleria Pirra di corso Vittorio Emanuele II 82 sino al 21 gennaio prossimo, è il “Giardino invernale” di Maya Kopitzeva, artista russa scomparsa nel 2005, una degli esponenti di quel post-impressionismo che trovò i massimi traguardi nelle scuole di Mosca e di San Pietroburgo.


Realismo e poesia si mescolano in ognuna delle tele esposte, soprattutto in esterno, lo sguardo su una dimensione di sogno che quei pittori, la maggior parte scomparsa all’inizio del nuovo millennio, conoscevano assai bene, per amore, per convivenza, per il piacere di riprendere, con l’aiuto di una ineccepibile tecnica, con gli ampi quanto concreti colpi di spatola, la luce che cade sulle distese bianchissime o le ombre leggere che ne possono nascere, disseminate qua e là. La neve che, per tutto il mondo russo, nei tanti aspetti della sua arte, dalla musica alla letteratura, è intesa come “preludio della rinascita”, in un attimo prolungato di attesa, in un invito a soffermarsi nei nuovi ritmi calibrati nello scorrere lento delle giornate, a esprimere nuovi sentimenti davanti a quelle luci che si vengono a formare e di cui in nessuna altra stagione dell’anno l’uomo – l’artista – potrebbe godere. E allora è un generale intrecciarsi di rami, di cortecce che resistono o che si slabbrano, si sfaldano, di villaggi addormentati e dove rare sono le figure che s’intravedono, i fiumi gelati e i covoni come messi a riposare, i ricami del sole che a tratti riesce a introdursi tra gli alberi, tra i cespugli, tra le pieghe dei terreni.


Pirra, che da decenni mostra con orgoglio quelle immagini, allinea i nomi di Gleb Savinov, di Boris Lavrenko, del sempre superbo Georgij Moroz, di Leonid Vaichlia e di altri, e della Kopitzeva appunto. Forse la cifra che più ci immaginiamo fuoriuscire dalle tele è un senso di “adagio”, di riposo, di malinconia anche, che tutto avvolge, anche quella “Giornata di sole” di Nadezhda Vorobieva, riempita di bambini che giocano in un giardino pubblico imbiancato, avvolti in cappotti e cuffie colorate e guanti, una lunga panchina dove attenta vigila una madre su una culla gialla posta in pieno sole, anche sulla “Giornata” sembra posarsi un velo di attesa, di un sole di maggior calore. E un senso di quiete che accompagna quell’attesa, che s’intravvede nel “Villaggio” di Lavrenko, o nel “Ruscello d’inverno” di Moroz, nelle distese e nei silenzi che popolano i panorami del “Giorno invernale” di Dmitrij Kosmin e degli alberi solitari, leggeri fantasmi nella distesa bianca, di Vaichlia. “Indipendentemente da ciò che raffigurano, le opere esposte si propongono come scenografie del pensiero, in cui la natura diventa il rispecchiamento degli stati d’animo e delle riflessioni di colui che guarda”, dicono i responsabili della mostra: è l’invito rivolto al visitatore ad “entrare” nel quadro, a scoprirne le componenti più nascosto, a vedere oltre quegli alberi e quei raggi di sole indeboliti che cosa si nasconda, che cosa si voglia esprimere attraverso lo sguardo dell’artista, di più intimo, di più interiore, di più legato ai personali sentimenti di ciascuno.

Elio Rabbione

Nelle immagini, “Giardino invernale” di Maya Kopitzeva (olio, 1975), Georgij Moroz, “Oche d’inverno” (olio, 2006) e Nadezhda Vorobieva, “Giornata di sole” (olio, 1968).