ilTorinese

I mercati rionali, una affascinante realtà torinese

SCOPRI-TO Alla scoperta di Torino
Il mercato esiste da tantissimo tempo, i primi scambi di merci avvenivano infatti con il ritrovo di qualche venditore ambulante nelle piazze in molte città; dalla seconda metà del Novecento questa abitudine si diffonde sempre più diventando come lo conosciamo oggi, “il mercato rionale”.
La città di Torino infatti vanta tra le sue numerose caratteristiche più di quaranta mercati rionali tutti i giorni, dove si può trovare di tutto dall’antiquariato al moderno, dalle firme al fast fashion, dal dolce al cibo salato.
Tra di essi il mercato della Crocetta, aperto tutti i giorni fin dal 1920, dove possiamo trovare grandi firme a prezzi contenuti e banchi di artigiani con prodotti unici nel loro genere. Il mercato della Crocetta si trova in via Cassini e si divide nelle vie adiacenti fino alla Chiesa Della Beata Vergine delle Grazie costruita nel 1558 che fa da cornice al mercato stesso.
A Torino abbiamo anche il mercato più esteso d’Europa, “il mercato di Porta Palazzo” nel quartiere Borgo Dora. Questo mercato, dal 1835 è nel cuore ed affascina i torinesi ed è molto visitato dai turisti non solo per la sua mescolanza di culture con  molti banchi di etnie diverse che concorrono, con i loro tessuti a rendere l’ambiente colorato e accogliente in qualsiasi stagione, ma anche per avere una parte coperta dedicata all’ittico ed all’alimentare dove si dice che si può comperare il pesce e la frutta della miglior qualità della città. Il mercato di Porta Palazzo è operativo al mattino dal martedì al venerdì ed il sabato tutta la giornata.
Il mercato di Porta Palazzo è diventato anche un romanzo, l’associazione “Ponti di Parole” durante il periodo del Covid 19 ha raccolto sul sito della libreria “Il Ponte Dora” tante storie ed aneddoti di numerosi testimoni che hanno vissuto la realtà e la vita quotidiana di Porta Palazzo; il progetto ha avuto un grande seguito e ancora oggi l’associazione cerca di creare sempre nuove idee ed opportunità per raccontare i mercati nelle zone di Torino e soprattutto per creare sempre più coesione fra le varie culture presenti perché è proprio dalle differenze, dal dialogo e dal confronto che vengono fuori le migliori idee.
Il mercato di Porta Palazzo (foto Mario Alesina)

 

Sempre in zona e tra i molti mercati totalmente al coperto vi è il Mercato Centrale aperto dalle 8.00 alle 23.00 in Piazza Della Repubblica con tantissimi artigiani del gusto come Raffaele D’Errico con il suo pane fresco e La Piola che offre tajarin al ragù, vitello tonnato ed altre prelibatezze piemontesi, troviamo anche la tradizione giapponese con i ramen ed altri piatti tipici di Akira Yoshida e l’alta pasticceria del sud con le sfogliatelle sfornate calde del pasticcere Alfonso Franzese. Il mercato coperto offre ai numerosi turisti un ambiente ricercato grazie al cibo e al contempo mantiene la sua semplicità negli arredamenti proprio a somiglianza di un mercato all’aperto.
Un altro grande mercato è quello di Santa Rita dove emerge principalmente, oltre al vestiario, la parte di ortofrutta di qualità a prezzi competitivi. Moltissimi commercianti rivelano che il periodo invernale è quello migliore per i mercati, nonostante le basse temperature in molti scelgono gli acquisti nei rioni per competitività del prezzo e per il legame di amicizia e fiducia che si crea con il tempo  fra i clienti ed i venditori ambulanti. Nel mercato di Santa Rita infatti ci confessano che spesso i clienti sono gli stessi di settimana in settimana e questo gli inorgoglisce e giustifica l’impegno non indifferente per una attività che inizia già al mattino molto molto presto con qualunque tempo.
Il terzo mercato più grande della città sabauda è quello al confine con Moncalieri in Piazza Bengasi, oggi leggermente spostato per la nuova stazione metropolitana, che, con le sue oltre 200 bancarelle. offre tantissime occasioni per ogni gusto.
Per gli amanti del passato c’è poi “il mercato Vintage della Gran Madre” attivo ogni terza domenica del mese e che merita un passaggio sia per un tuffo nel passato sia per la splendida location in pieno centro dove si trova.
Occorre un plauso importante ai venditori ambulanti, soprattutto a coloro che lavorano nei mercati all’aperto per un lavoro sicuramente molto impegnativo; d’inverno per il grande freddo e d’estate per il caldo eccessivo, anche gli orari sono spesso estenuanti perché devono arrivare prestissimo sulla piazza per prenotare il posto e montare la propria struttura prima dell’arrivo dei primi clienti, esponendo la propria mercanzia nel modo migliore per offrire qualità, disponibilità e simpatia a chi sfrutterà un paio di ore per gli acquisti con e tra amici.
NOEMI GARIANO

“Storie di Lucette” Al “Circolo dei Lettori” di Torino

La presentazione del libro di Franca Rizzi Martini, in occasione della celebrazione del “Giorno della Memoria”

Mercoledì 24 gennaio, ore 18

“Una saga familiare di ampio respiro, che spazia dalla Polonia alla Francia, che illumina dei francesi i giusti e gli ingiusti, che ci descrive come una patria materna quale la Francia può trasformarsi in un mondo di orrore. E soprattutto ci racconta questo mondo di ebrei polacchi emigrati in Occidente, il passaggio dall’osservanza di stampo chassidico al laicismo francese, i legami famigliari che nemmeno la Shoah riesce a distruggere, il peso di una liberazione ancora troppo carica di memorie rimosse, ma non cancellate. Come quelle di Lucette, riemerse, a chiudere il cerchio, solo oggi, nella sua vecchiaia”: così nella sua preziosa “postfazione”, Anna Foa (celebre storica, già docente a “La Sapienza” di Roma, da sempre impegnata sul fronte della “memoria” e con Anna Bravo fra le maggiori studiose della condizione femminile nella Shoah) presenta “Storie di Lucette” – da Nancy alle Ardenne, bambina in fuga dai nazisti – libro scritto dalla milanese, residente a Moncalieri (Torino), Franca Rizzi Martini per “Neos Edizioni”, che sarà presentato mercoledì prossimo 24 gennaioalle 18, nella Sala Biblioteca del “Circolo dei Lettori”, In occasione delle celebrazioni del “Giorno Internazionale della Memoria” (27 gennaio) e con il Patrocinio della “Comunità Ebraica di Torino”.

La storia raccontata da Franca Rizzi Martini prende avvio nel lontano 1923, quando la famiglia Goldberg – padre, madre e otto figli, alcuni adulti e sposati – si trasferisce da un paesino della Polonia a Nancy, in Francia. Mentre i due nonni sono ultraortodossi, i figli non seguono i dettami della religione ebraica e ciò rende loro più facile integrarsi fino a considerarsi francesi in tutto e per tutto. Questo però non li renderà esenti dalla terribile persecuzione nazista. Così, nel febbraio del 1944, quando i rastrellamenti si fanno più assidui, Lucette, che non aveva ancora compiuto dieci anni, viene mandata a Verpel, un paesino delle Ardenne, insieme al fratello Alex di qualche anno più grande e qui vivono ospitati sotto mentite spoglie, riuscendo così a salvarsi. Suzanne e Albert Didier, i coniugi che li accolsero nella loro caffè-pensione salvandoli dalla deportazione, sono stati riconosciuti “Giusti fra le Nazioni” da “Yad Vashem” (l’“Ente Nazionale per la Memoria della Shoah” di Gerusalemme) nel 2012. Altri membri di questa grande famiglia riusciranno a sfuggire alla scure nazista, ma ben diciassette persone del nucleo familiare verranno deportate ad Auschwitz e da lì non faranno più ritorno. Degli orrori perpetrati dal nazismo che portò alla morte gran parte della sua famiglia e – si calcola – fra i 5 e i 6milioni, solo di ebrei, in Europa (soprattutto in Polonia e nel resto dell’Europa comunista), Lucette ha sempre cercato di rimuovere il ricordo. Non esistevano parole adeguate per poter parlare di fatti così aberranti. Ancora Anna Foa: “Lucette non legge libri sulla Shoah, non va a vedere la culla in Polonia della sua famiglia, non visita Auschwitz. Fino a che, con il volgere degli anni, Auschwitz la chiama”.

E quel richiamo è troppo forte e doloroso per tenerlo nascosto tutto dentro di sé. Così oggi, a 80 anniLucette Brytenyszok Testa esplode in un’inarrestabile valanga di memorie sopite: “Nella mia vita sono sempre scappata … A un certo punto, però, ho dovuto dare voce all’enorme sofferenza che era dentro di me, che ancora mi accompagna e che forse non mi abbandonerà mai. Ho capito di avere bisogno di tirare fuori un dolore che non ero mai riuscita a comunicare”. Così, persecuzioni, deportazioni, fughe e avversità legate al più orribile genocidio della Storia e ricordate da un’anziana donna che tutto ciò ha vissuto quand’era bambina, sono state raccolte e messe su carta da Franca Rizzi Martini, che “con affettuosa partecipazione e delicatezza, proprie di quella bambina di un tempo, ha saputo offrircele senza speculare sull’orrore, ma trasmettendo comunque appieno il dramma vissuto dai protagonisti”.

Per ulteriori info“Neos Edizioni”, via Beaulard 31, Torino; tel. 011/7413179 o www.neosedizioni.it

g.m.

Nelle foto:

–       Cover “Storie di Lucette”, Neos Edizioni

–       Lucette, Nancy, 1957

–       Lucette in colonia a Celles sur Plaine (la prima destra che abbraccia Charlotte), 1947

“L’agricoltura non è la prima responsabile dell’inquinamento”

Coldiretti: anzi, serve alla rigenerazione ambientale e alla sostenibilità

 

L’agricoltura non è la prima responsabile dell’inquinamento dell’aria, anzi, l’allevamento e l’agricoltura servono per migliorare la sostenibilità ambientale. Su queste conclusioni si sono trovati d’accordo mondo scientifico e mondo agricolo a confronto  a Torino con il convegno “Allevamenti e qualità dell’aria” organizzato nel capoluogo subalpino da Coldiretti Torino con i Dipartimenti di Scienze agrarie e veterinarie dell’Università di Torino.

Il presidente nazionale di Coldiretti, Ettore Prandini, ha respinto le accuse agli allevamenti e alle pratiche agricole troppo spesso additate come la causa principale della formazione delle polveri sottili che minacciano la salute dei cittadini della Pianura Padana. «Le nostre aziende agricole – ha detto Prandini – sono sempre disponibili ad accettare l’innovazione che viene dalla ricerca scientifica. I nostri agricoltori sono i primi a cercare una sempre maggiore sostenibilità delle pratiche agricole. Ma quello che non possiamo accettare è essere accusati di fare ammalare la gente. Siamo stufi di assistere a una cattiva informazione sul nostro mondo e non siamo disposti ad accettare che si parli di chiusura degli allevamenti per migliorare la qualità dell’aria».

A Prandini ha fatto eco il ministro dell’ambiente e sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, che ha ricordato l’opposizione del governo italiano che è riuscita a bloccare in Europa il tentativo di equiparare gli allevamenti alle grandi fabbriche. «Gli obiettivi sulla qualità dell’aria – ha detto il ministro – si raggiungono lavorando su più fronti ma soprattutto sul fronte energetico. C’è bisogno di equilibrio e di tempo. Il 2030 per centrare gli obiettivi strategici non basta: abbiamo chiesto almeno 5 anni in più».

La presidente di Coldiretti Piemonte, Cristina Brizzolari e il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici, hanno ricordato che l’agricoltura è pronta a migliorarsi e a diventare sempre più sostenibile «ma non per questo – hanno ricordato i due presidenti – accetteremo che si chieda agli allevamenti di chiudere».

Secondo Barberodirettore Generale di ARPA Piemonte, ha ricordato, che, in Piemonte, il Pm10 prodotto direttamente dall’agricoltura tocca una percentuale minima, intorno al 4-5%. Ma rimane il problema delle emissioni di ammoniaca che producono particolato secondario. «Sappiamo che il Pm10 secondario generato dall’ammoniaca contiene meno sostanze dannose per la salute rispetto al Pm10 primario. Sappiamo anche che vanno approfonditi i modelli di formazione e dispersione del particolato secondario in un’area a scarso ricambio di aria come la Pianura Padana. Intanto registriamo un miglioramento complessivo della qualità dell’aria in Piemonte a conferma che agire su fronti diversi, ad iniziare dal traffico, porta risultati».

Al convegno sono intervenuti anche Carlo Grignani, direttore Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino che ha ribadito che non ha senso chiedere la chiusura degli allevamenti per migliorare la qualità dell’aria. Francesco Tresso, assessore al verde pubblico del Comune di Torino ha ricordato l’importanza ambientale dell’agricoltura per una metropoli come Torino. Marco Protopapa, assessore all’agricoltura e cibo della Regione Piemonte ha annunciato che saranno chieste più risorse per accompagnare gli allevamenti verso la riduzione dell’impatto ambientale. Gianfranco Guerrini, consigliere delegato all’ambiente della Città Metropolitana di Torino ha ricordato le azioni di area vasta svolte per il contrasto all’inquinamento dell’aria.

Per l’Università di Torino sono intervenuti con presentazioni scientifiche: Davide Biagini, del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino che ha affermato l’importanza degli allevamenti animali per la qualità ambientale dei territori; Laura Zavattaro, del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Torino Giampiero Lombardi, Dipartimento di Scienze Agrarie che hanno ricordato lo stretto legame tra la biodiversità dei prati stabili e la presenza degli allevamenti. Elio Dinuccio del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino, ha illustrato le tecnologie per ottimizzare la filiera degli effluenti di allevamento riducendo l’impatto sulla qualità dell’aria e ottimizzare il bilancio del carbonio.

Volpiano, per «No Mafia 2024» l’incontro con Luisa Impastato


Sabato 27 gennaio «Il mare a cavallo» per ricordare Peppino Impastato

Sabato 27 gennaio alle 20.45, a Volpiano nella Sala «Maria Foglia» (via Trieste 1), per «No Mafia 2024» è in programma lo spettacolo teatrale «Il mare a cavallo» di Manlio Marinelli, con Antonella Delli Gatti e la regia di Luca Bollero, per ricordare Peppino Impastato, ucciso dalla mafia nel 1978, e l’impegno di sua madre Felicia per «vedere riconosciute l’innocenza del figlio e la colpevolezza dei carnefici»; a seguire dibattito con Luisa Impastato, nipote di Felicia. Una produzione Tedacà in collaborazione con Casa degli Alfieri Toto, prenotazioni a tototeatro@gmail.com

L’effetto placebo

L’effetto placebo è la reazione positiva che un paziente può manifestare dopo aver ricevuto un trattamento apparentemente valido, ma in realtà privo di qualsiasi effetto terapeutico. Tale effetto viene spesso osservato quando un paziente assume un farmaco o riceve un trattamento credendo fermamente nella sua efficacia: un esempio classico è la pillola di zucchero che, somministrata al paziente per curargli una affezione, lo induce a percepire un miglioramento dei sintomi.

L’effetto placebo, quindi, non è correlato alla sostanza usata ma alla fiducia posta nel farmaco e nel medico che lo ha prescritto.

I rimedi placebo si possono distinguere in due tipi: il placebo puro, cioè un farmaco o un trattamento completamente privo di effetto terapeutico ed il placebo impuro che, a differenza del primo, possiede efficacia terapeutica, ma non specificamente per la patologia per la quale è stato somministrato.

Alcune affezioni quali ansia, cefalea ed insonnia rispondono bene ai trattamenti placebo, a dimostrazione di quanto mente e corpo siano connessi; tali affezioni sono, infatti, spesso di origine psicosomatica dove la manifestazione fisica, i sintomi, sono in realtà causati da un problema di origine psicologica.

Moltissime terapie, ancora oggi praticate nei paesi africani, centro-americani ed asiatici, producono un effetto placebo: gli sciamani, gli stregoni, i curanderos devono gran parte dei loro successi all’effetto placebo che permette al paziente di sentirsi guarito con i gesti, le parole, i rimedi somministrati dal guaritore.

Il termine placebo compare per la prima volta nel 1785 ma soltanto verso la fine del XIX secolo gli venne attribuito il significato attuale, quello di sostanza farmacologicamente non attiva, quindi inerte. Nel XVIII secolo, il medico inglese Elisha Perkins era solito utilizzare bacchette metalliche per curare numerose patologie in forza del magnetismo da esse posseduto; nello stesso periodo John Haygarth condusse un esperimento: utilizzò bacchette di legno, quindi sicuramente amagnetiche, per la cura delle stesse patologie ottenendo risultati simili. Comprese in tal modo come il rimedio non fosse il magnetismo in sé ma la suggestione.

La relazione esistente fra medico e paziente è fondamentale. Una comunicazione empatica, che trasmetta fiducia, speranza e positività è il requisito sine qua non per la riuscita della terapia: sembra assurdo, ma è più efficace una cura placebo somministrata da un medico nel quale si nutre fiducia piuttosto che una terapia tradizionale, se la fiducia nel medico è scarsa o manca del tutto.

L’effetto placebo pare non funzionare su alcune sindromi o affezioni come depressione, obesità, diabete, ipertensione, dislipidemia; tale effetto, infatti, agisce sulla percezione individuale dei sintomi ma non sulle cause dei medesimi.

Tuttavia, se è vero che il farmaco placebo genera lo stesso effetto curativo dei farmaci “veri”, è altrettanto possibile che si manifestino anche effetti collaterali derivanti dalla loro assunzione: a tali effetti viene dato il nome di nocebo. Cosa significa?

Così come possiamo subire gli effetti collaterali o l’interazione con altri farmaci, allo stesso modo possiamo sviluppare l’effetto nocebo temendo che un farmaco possa essere nocivo o pericoloso per il nostro organismo, soprattutto se somministrato in seguito ad una diagnosi grave o dubbia o se non nutriamo fiducia nel sanitario che ce li ha prescritti.

E’ evidente che il nostro cervello lavori ben oltre ciò che noi immaginiamo e, soprattutto, possa arrivare dove la scienza non arriva: ecco spiegato come i riti voodoo, quelli sciamanici e altre medicine etniche agiscano anche a distanza, quando un soggetto sa che qualcuno si sta occupando di lui, nel bene o nel male, in forte contrapposizione con qualsiasi teoria scientifica.

Questo dovrebbe far riflettere, e la medicina olistica lo insegna, che è necessario rimuovere la causa di un problema anziché i sintomi perché questi sono facilmente aggirabili con l’autosuggestione, mentre ciò che li ha causati può continuare a produrre danni all’organismo coinvolgendo anche organi diversi o cronicizzandosi. Io suggerisco sempre ai miei studenti e a chi si rivolge a me di imparare ad ascoltare il proprio corpo, per quanto strani possano sembrarci i suoi messaggi: eviteremmo tante brutte sorprese e inutili fastidi.

Sergio Motta

InBici Training Camp Mialno – Sanremo

E’ uno degli eventi ciclistici più prestigiosi del calendario internazionale. E, del resto, per capire la secolare storia della Milano-Sanremo, basta scorrere i nomi dei suoi vincitori. In un albo d’oro che parte dal 1907 ci sono tutti i “mostri sacri” del ciclismo di ieri e di oggi: da Binda a Girardengo, da Coppi a Bartali, da Merckx a Gimondi, da Moser a Saronni, da Bugno a Fignon, fino a Zabel, Cipollini, Petacchi, Nibali, Van Aert e Van Der Poel, ultimo vincitore della Classicissima di Primavera davanti al nostro Filippo Ganna.
In questa straordinario scenario che profuma di grande ciclismo non poteva mancare il nostro InBici Training Camp che, proprio in concomitanza con il fine settimana della Milano-SanRemo, vi dà appuntamento dal 14 al 17 marzo.

Di grande prestigio la location: l’Aregai Marina Hotel & Residence, una delle più eleganti strutture bike-friendly della Liguria, a due passi dal porto turistico di Marina degli Aregai, incastonato nella splendida località di Santo Stefano al Mare, in provincia di Imperia.
Immerso in uno scenario incantevole, incorniciato dal verde ed in perfetta simbiosi con la natura locale, il “quattro stelle” selezionato da InBici è il luogo ideale per una vacanza sportiva, ma anche per chi ricerca semplicemente relax.
Dotato di camere di varie tipologie (dalle superior alle suite) e di appartamenti monolocali o bilocali con angolo cottura, l’hotel si trova in un’area che offre ai ciclisti di tutti i livelli molteplici opportunità: dalla rilassante pista ciclabile della Riviera dei Fiori, che passa proprio alle spalle dell’Hotel e percorre l’affascinante costa per oltre 24 km ai più impegnativi tracciati della Classicissima.

E per rendere il soggiorno ancora più suggestivo, InBici ha scelto un testimonial di grande valore: quel Gianni Bugno trionfatore della Milano Sanremo nel 1990. Con lui percorreremo gli itinerari storici della Milano Sanremo, sfidando il Poggio o la leggendaria salita della Cipressa, luoghi che hanno scritto pagine indelebili nella storia di questo sport.
La proposta del camp prevede una quota di partecipazione di 590 euro a persona in camera doppia con la formula della pensione completa in una struttura a quattro stelle sul mare.
Per tutte le informazioni sull’Inbici Training Camp – Milano Sanremo si può chiamare il numero 393 / 9838319 oppure scrivere una mail a redazione@inbici.net
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La Reale Mutua Fenera Chieri ’76 vince 2-3 in Polonia

Si qualifica ai quarti della Coppa CEV

Avanti tutta per la Reale Mutua Fenera Chieri ’76 nella CEV Volleyball Cup. Dopo il successo per 3-1 nell’andata dei play-off giocata la settimana precedente a Torino, le biancoblù si garantiscono il passaggio del turno vincendo anche il ritorno in Polonia, a Stettino, contro il Grupa Azoty Chemik Police.
Il discorso qualificazione viene chiuso rapidamente da Chieri che con autorevolezza fa suoi i primi due set 20-25 e 21-25, trascinata da una Grobelna stellare che mette a terra ben 19 palloni col 52% in attacco. Di lì inizia un’altra partita, molto più combattuta, che vede le polacche imporsi 25-20 e 35-33 nel terzo e quarto set, e infine le chieresi esultare 13-15 in rimonta nel tie-break.
Il premio di MVP va a un’inesauribile Spirito, autrice di un lavoro straordinario in seconda linea. Oltre alla già citata Grobelna chiudono in doppia cifra anche Zakchaiou (15 punti), Anthouli (15) e Omoruyi (10), mentre fra le padrone di casa spiccano i 26 punti di Likasic, i 19 di Inneh e i 16 di Sahin.

Nel primo set l’equilibrio iniziale si spezza quando sul 9-9 il turno di servizio di Kingdon porta Chieri sul 9-12. Fenoglio chiama il primo time-out, al rientro in campo si torna a lottare punto a punto ma le chieresi si mantengono sempre a distanza di sicurezza. Nel finale una fase favorevole alle padrone di casa frutta un recupero a -2 (17-19). Skinner in pipe ferma la rimonta polacca, quindi Chieri torna ad allungare e chiude 20-25 con un primo tempo di Zakchaiou.
Secondo set: sul 9-7 per il Police le ragazze di Bregoli capovolgono il punteggio in 9-12. Trascinate da una Grobelna in forma smagliante le biancoblù mantengono sempre qualche punto di margine. Nel finale su servizio della neoentrata Ding il Police si riavvicina a 19-21. Grobelna spegne le velleità polacche insaccando da posto 2 insacca il pallone fra muro e rete, poi Chieri non ha più problemi e con un altro attacco di Grobelna si garantisce la qualificazione sul 21-25.
Nel terzo set Bregoli rigira il sestetto schierando Morello, Anthouli, Gray, Omoruyi e Papa, con la conferma delle sole Zakchaiou e Spirito. Police prende subito qualche punto di vantaggio e con un ritmo molto regolare non si fa più riavvicinare, imponendosi 25-20 alla terza palla set grazie al primo tempo di Pierzchala.
Quarto set: sul 10-10 le padrone di casa prendono un margine di alcuni punti che mantengono fin quando l’ace sporco di Rolando riporta il punteggio in parità a 20. Chieri allunga a 21-24 e la partita sembra finita, ma il Police annulla i tre match-point. Seguono interminabili vantaggi dove, dopo svariate palle set da un lato e palle match dall’altro, l’attacco out di Papa conclude la frazione 35-33 e porta l’incontro al tie-break.
Quinto set: sul 6-6 l’inerzia passa in mano al Police che è avanti 8-6 al giro di campo ed è sul +3 sul 10-7. Sembra finita, ma questa volta è Chieri a riaprire i giochi. Ritrovata la parità a 13 con Papa, la stessa schiacciatrice chiude pure i due scambi successivi e con un mani-out e un attacco vincente da posto 4 conclude vittoriosamente l’incontro 13-15.

«Ci aspettavamo una partita combattuta con molte difficoltà – il commento a caldo del viceallenatore Gerardo Daglio – Le tante partite di questo periodo sono pesanti per tutti, ma dietro c’è tanto lavoro che ci ha regalato il passaggio del turno e la gioia di oggi».

Nei quarti di finale della CEV Volleyball Cup la Reale Mutua Fenera Chieri ’76 se la vedrà con le francesi del Volero Le Cannet, una delle quattro squadre scese dalla Champions’ League andando a comporre il quattro definitivo delle contendenti al secondo trofeo continentale.
La gara d’andata si giocherà mercoledì 31 gennaio (ore 20) a Le Cannet, mentre quella di ritorno andrà in scena mercoledì 7 febbraio (ore 20) al Pala Gianni Asti di Torino.

Grupa Azoty Chemik Police-Reale Mutua Fenera Chieri ’76 2-3 (20-25; 21-25; 25-20; 35-33; 13-15)
GRUPA AZOTY CHEMIK POLICE: Kowalewska, Inneh 19, Wasilewska 2, Korneluk 12, Fedusio 5, Lukasik 26; Grajber (L); Ding 3, Pierzchala 7, Sahin 16, Honorio 3, Medrzyk. N. e. Jagla (2L). All. Fenoglio; 2° Waleczek.
REALE MUTUA FENERA CHIERI ’76: Malinov, Grobelna 19, Zakchaiou 15, Weitzel 3, Skinner 7, Kingdon 6; Spirito (L); Morello 1, Rolando 2, Anthouli 15, Gray 4, Omoruyi 10, Papa 8. N. e. Kone (2L). All. Bregoli; 2° Daglio.
ARBITRI: De Baar (Olanda) e Voudouris (Grecia).
NOTE: presenti 2277 spettatori. Durata set: 25′, 26′, 25′, 33′, 16′. Errori in battuta: 8-7. Ace: 5-10. Muri vincenti: 13-14. MVP: Spirito.

Raffaella De Chirico: dialogo tra artisti storicizzati e giovani artisti

RITRATTI TORINESI 

 

Raffaella De Chirico è una gallerista di provenienza torinese con un importante percorso che è iniziato con la collaborazione presso la nota galleria Mazzoleni, è proseguito nel 2011 con l’apertura della sua prima galleria Raffaella De Chirico Arte Contemporanea in via Vanchiglia 11/A fino ad approdare alla città di Milano, che oggi rappresenta il suo luogo di riferimento lavorativo, senza dimenticare Torino e tutti gli artisti con cui ha lavorato e con i quali continua a collaborare.

Nel 2011, dopo l’importante esperienza lavorativa nella galleria Mazzoleni, Raffaella De Chirico apre un suo spazio con un focus artistico ben preciso, ovvero quello di creare un dialogo intessuto nelle varie esposizioni tra artisti storicizzati ( ovvero tutti quegli artisti dimenticati dal mercato, ma con alle spalle un percorso artistico importante) e i giovani artisti di talento con le loro opere inedite o quasi del tutto inedite. Si tratta di una modalità di esposizione in cui si sviluppa un percorso tracciato da tempo, ovvero tra passato e presente.

La carriera di Raffaella De Chirico prosegue con l’apertura di una nuova galleria in via della Rocca 19 a Torino, a pochi passi da piazza Maria Teresa, una galleria formata da due spazi distinti, uno dedicato agli artisti emergenti, l’altro dedicato agli artisti storicizzati.

 

In epoca Covid la galleria si è trasformata direzionandosi sugli artisti cosiddetti di “secondo mercato” (le cui opere vengono messe sul mercato dopo una prima compravendita gallerista-artista), una modalità di esposizione e commercio dell’arte direzionata ai circuiti privati dedicati ai collezionisti, anziché a quelli pubblici vietati nel periodo pandemico, quando non era possibile allestire mostre aperte al pubblico.

Una terza galleria torinese viene aperta da Raffaella De Chirico in via Barbaroux 16.

“Lo spazio di Via Barbaroux – precisa Raffaella De Chirico – è stato protagonista di quattro importanti personali, la prima del torinese Fabio Perino, la seconda del talentuoso artista albanese Arjan Shehaj, la terza di Matteo Procaccioli della Valle, con una proposta di architettura di viaggio abbinata a una selezione polaroid del progetto ‘Private’, di cui era presente il libro curato da Benedetta Donato e, infine, quella di Sergio Ragalzi, che comprendeva una testa atomica, un’ombra atomica, un embrione, una scimmia liquida e una testa atomica a scultura, e con cui prosegue la mia collaborazione considerandolo l’artista più strutturato con cui abbia lavorato. Proprio di Sergio Ragalzi porterò in mostra a New York le sue “Teste atomiche” e le “Scimmie”, tra i soggetti più conosciuti di questo artista e oggetto di diverse esposizioni da me curate”.

“Sempre di Ragalzi ricordo – aggiunge Raffaella De Chirico – la bellissima esposizione temporary, in occasione di Artissima, di una sua opera intitolata “La Grande Madre”, avvenuta in un locale sfitto di via Mazzini a Torino e che ha un valore oltre che artistico anche emotivo per me perché ha coinciso con la malattia terminale di mia madre. Questa sua Grande Madre piena di connotati femminili molto forti mi ha sempre emozionato e lo ritengo un tema personale molto caro. Considero Ragalzi un artista importante che ebbe grande visibilità negli anni Ottanta e Novanta e che aveva come gallerie di riferimento Sargentini con l’Attico a Roma ( nota per aver esposto i dodici cavalli vivi di Jannis Kounellis), la Bruno Grossetti a Milano e la Paludetto a Torino. Con questo artista vorrei organizzare proprio a New York Armory Show del 2024.

“A Torino – precisa Raffella De Chirico – gestisco gli artisti di primo e secondo mercato a seconda del cliente, e l’esposizione di opere viene soddisfatta attraverso mostre temporary, di cui la parte espositiva verrà mostrata a maggio durante i festival della fotografia. Si tratterà di una collettiva di fotografia ospitata in uno spazio temporary che sto scegliendo in questo periodo e di cui faranno parte tre artisti storicizzati e altri inediti, come sempre all’interno delle esposizioni da me organizzate”.

A Milano Raffaella De Chirico, dopo l’apertura di un primo spazio in via Farini, ha deciso di esplorare il quartiere di Brera aprendo una nuova galleria in via Monte di Pietà 1/a. La zona è dotata di una bella visibilità, ricca di turisti, di modo che la galleria possa godere del cosiddetto “pubblico casuale”. In galleria si accede tramite appuntamento.

La gallerista ha deciso di privilegiare, anche grazie all’apertura di questa galleria a Brera, l’attività di art advisor e di curare non più di due mostre all’anno, anteponendo la qualità artistica alla quantità.

 

Mara Martellotta

 

 

 

 

 

 

 

 

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Coesa chiude l’anno con il miglior fatturato

COESA, azienda torinese specializzata in progetti di transizione energetica per imprese, pubblica amministrazione e famiglie, chiude il 2023 con il miglior fatturato della sua storia: 32 mln di Euro.

L’ESCo (Energy Service Company) ha visto crescere le commesse in diversi settori, con il fotovoltaico industriale che registra un +300% e un importante focus legato all’efficienza energetica dei Comuni. Ottime anche le prospettive nel terzo settore, con particolare riferimento a Onlus e organizzazioni di volontariato, con le quali Coesa può vantare un portafoglio ordini superiore ai 10 mln di Euro.

“In Italia, così come in tutta l’Unione Europea, il dibattito sull’energia resta centrale per famiglie, enti e aziende. I temi dell’approvvigionamento e della definizione di un differente mix energetico sono strettamente connessi alle prospettive di sviluppo del’industria e coinvolgono inevitabilmente l’intero sistema Paese, e quindi anche la politica, nell’elaborazione di un piano pluriennale che sappia valorizzare le risorse di cui disponiamo” sottolinea Federico Sandrone, Amministratore delegato e cofondatore di COESA. “In questo scenario la transizione energetica verso le fonti rinnovabili è un processo strategico e sono sempre di più le realtà che decidono di investire in energie green per dare maggiore solidità alla loro crescita” prosegue Sandrone, che da settembre è anche il nuovo coordinatore della filiera Energy and Sustainable Mobility dell’Unione Industriali Torino.

Tra i molti progetti lanciati da COESA nel 2023 anche quello del primo marketplace italiano di pannelli fotovoltaici usati, sviluppato con Politecnico di Torino, Unicredit e Fondazione Cottino*. Un mercato tutto da creare, che vale potenzialmente 20 miliardi di euro all’anno e che oggi è gestito in maniera “amatoriale” da pochi privati che vendono i vecchi pannelli sulle piattaforme online. La piattaforma KeepTheSun, lanciata in fase beta a metà Dicembre, prenderà corpo nel 2024 con la creazione di una rete di stakeholder sul territorio che si occupi di testare e certificare l’efficienza di ogni pannello messo in vendita.

La transizione verso un futuro energetico più sostenibile è anche al centro di ESC – The Next Energy, evento organizzato da Coesa che a Febbraio riunirà a Torino nomi di spicco della filiera energetica italiana con l’obiettivo di tracciare una road map concreta verso la decarbonizzazione. Un appuntamento che vuole diventare un punto di riferimento per il settore.

COESA
Fondata a Torino nel 2012, Coesa è una ESCo (Energy Service Company) che semplifica la transizione ecologica di imprese, pubblica amministrazione e famiglie. L’azienda opera come General Contractor per l’efficientamento energetico, con una gamma di servizi che vanno dall’audit energetico alle pratiche per ottenere fondi e incentivi fiscali. Gli esperti Coesa – oggi una quarantina, con una capillare rete commerciale in tutta Italia – accompagnano energy manager e amministratori anche nell’individuazione di incentivi fiscali, ecobonus, Conto Termico e progetti europei particolarmente vantaggiosi. Se il fotovoltaico industriale rappresenta la principale specializzazione Coesa, comunità energetiche, agrivoltaico e impianti galleggianti sono allo studio come progetti speciali.

Nell’immagine: Federico Sandrone, Amministratore delegato e cofondatore di COESA

Sicurezza sulla neve: se ne parla a Cesana

CESANA TORINESE – La sicurezza sulla neve al centro di un incontro informativo che si terrà sabato 20 gennaio alle ore 17,30 presso la sala polivalente dell’Ufficio del Turismo di piazza Vittorio Amedeo 3 a Cesana.

Un incontro di sensibilizzazione alla sicurezza in montagna e su terreno invernale con il Corpo Nazionale Soccorso Alpino Speleologico stazione di Cesana Torinese-Claviere-Sauze di Cesana.

Durante l’incontro gli esperti del Soccorso Alpino illustreranno le norme di comportamento corretto da tenere in ambiente innevato. Ma ci sarà spazio anche per l’utilizzo del kit di autosoccorso: Pala, Artva, Sonda. Altro tema affrontato sarà la prevenzione incidenti in montagna.

L’ingresso è gratuito ed aperto a tutti sino ad esaurimento posti.