ilTorinese

Al Salone Mariù Safier, per anni voce e volto della RAI

Allo stand della FUIS, la Federazione Unitaria Italiana Scrittori, nell’ambito del Salone Internazionale del libro, la giornalista e saggista Mariù Safier, voce e volto per anni della RAI, ha presentato a Torino il suo nuovo romanzo intitolato: “La steccaia”. Autrice di numerose biografie sulle donne di Casa Savoia, ha pubblicato: “Scrigni, sipari, piume e velette.

 

Storia delle signore sabaude. Donne di casa Savoia nella storia del Piemonte e d’Italia”; “Candide perle e spume di merletti. La moda nel regno di Margherita di Savoia”; “Mafalda di Savoia Assia. Un ostaggio nelle mani di Hitler”; “Jolanda di Savoia, la Principessa del silenzio”, e da anni scrive storie vere ed altri racconti per il settimanale “Confidenze”. In televisione ha esordito giovanissima recitando nello sceneggiato “Ragazza mia” per la regia di Mario Landi mentre in radio è stata la conduttrice insieme a Carlo Massarini, Paolo Giaccio e Mario Luzzato Fegiz dello storico ed ascoltatissimo programma “Per voi giovani”.

Sempre in televisione la possiamo ricordare negli episodi di “Qui squadra mobile” per la regia del grande Anton Giulio Majano, nei panni dell’Ispettrice della Polizia femminile Patrizia Marinelli; ha poi fatto anche per un breve periodo l’annunciatrice e per anni dopo aver lavorato per il Gr, il Giornale Radio, la si poteva seguire quotidianamente quando conduceva e curava il notiziario sul traffico del CCISS – Viaggiare informati, ed è stata anche la doppiatrice, oltre che in telefilm, soap opera e telenovelas, del personaggio di Reika Sanjo nel cartone animato “Daitarn III”. “La steccaia” è un titolo simbolico racconta Mariù Safier: “si riferisce al nome di una casa che fa parte dell’infanzia e dell’adolescenza complicata e difficile della protagonista del romanzo, Marianna, in un periodo storico particolare che va dal 1965 al 1985”.

Niente telefonini, niente internet, niente di niente di tutto quello a cui siamo oggi abituati: in quei vent’anni – ci spiega Mariù – si forma la coscienza di Marianna e della sua amica Ada, due ragazze che si conoscono sui banchi di scuola in un istituto cattolico dove viene data loro un’impostazione morale che però stride ed è in contrasto con i tempi che avanzano, quelli del ’68, ovvero la grande rivoluzione culturale.”  È un periodo che si conosce poco: ma come l’hanno vissuto i ragazzi, ed in questo romanzo le due protagoniste che faranno un percorso insieme proprio in quegli anni? Succederà infine chiaramente qualcosa, non mancherà la suspence: “La steccaia” è anche un “noir”.

Igino Macagno

L’apicoltrice Deborah Caserio di Ivrea ha ritirato il premio APInRosa 

In occasione dell’ottava Giornata mondiale delle api, l‘apicoltrice Deborah Caserio di Ivrea (Torino) ha ritirato a Roma il premio APInRosa dedicato ai volti e alle storie dell’apicoltura femminile in Italia. La cerimonia si è tenuta ieri nella meravigliosa Sala Serpieri di Palazzo della Valle, sede di Confagricoltura.
APInRosa è il progetto ideato e condotto dalla giornalista Valentina Calzavara per la valorizzazione di genere in apicoltura, attraverso un concorso con premiazione e la divulgazione giornalistica delle storie delle venti apicoltrici vincitrici. Per l’occasione, nel chiostro di Palazzo della Valle, è stata allestita la mostra-omaggio con le storie e le fotografie delle premiate, proposte attraverso una serie di totem espositivi. Alle vincitrici sono stati consegnati un omaggio a tema e la medaglia commemorativa della FAI con l’ape di Efeso in argento. A chiudere l’evento un momento conviviale con degustazione di mieli.
La partecipata cerimonia di premiazione ha visto insignite del riconoscimento APInRosa 2025: Piera Stefania Di Simone e Rosalba Spineto (ABRUZZO); Donata Eufemia (BASILICATA); Loredana Grasso (CAMPANIA); Nadia Bonini (EMILIA-ROMAGNA); Alexandra Moretti (FRIULI-VENEZIA GIULIA); Valentina Capone (LAZIO), Elena Molinelli (LIGURIA); Rachele Spezia (LOMBARDIA); Simona Andreani (MARCHE); Giovanna Cuomo (MOLISE); Deborah Caserio (PIEMONTE); Anna Maria Cabiddu (SARDEGNA); Francesca Maria Sottile ed Elisa Cerrito (SICILIA); Alice Fietta (TOSCANA); Gloria Salvadori (TRENTINO ALTO ADIGE); Alessia Girardi e Bianca Torresan (VENETO); Melanie Gafriller (PROVINCIA AUTONOMA BOLZANO)
Il progetto APInRosa gode del patrocinio del MASAF- Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste ed è promosso dalla FAI-Federazione Apicoltori Italiani presieduta da Raffaele Cirone. L’iniziativa ha per capofila Apat-Apicoltori in Veneto presieduta da Stefano Dal Colle e gode del supporto di Banca della Marca in qualità di sponsor.
Tra i partecipanti alla cerimonia: la senatrice Silvia Fregolent; l’onorevole Marina Marchetto Aliprandi; Alessandra Oddi Baglioni, presidente di Confagricoltura Donna; Viviana Broglio, presidente Confagricoltura Donna Roma.

Pioggia, poi una breve pausa ma torna il maltempo

Le belle giornate di sole della scorsa settimana ci hanno illuso che l’estate fosse iniziata: ma non è proprio così. Dopo il weekend all’insegna del bel tempo tornano le piogge in Piemonte.

Il bollettino dell’Arpa (Agenzia regionale per la protezione ambientale), già da lunedì pomeriggio aveva giustamente previsto un peggioramento delle condizioni meteo a causa dell’arrivo di una depressione atlantica. Il cambiamento sarà particolarmente evidente nella giornata di oggi, martedì, quando il maltempo entrerà nella sua fase più intensa.

La prima ondata di temporali è avvenuta  nella notte tra lunedì e martedì e sarà seguita da piogge diffuse su gran parte del territorio piemontese, con possibilità di nubifragi localizzati.

Un miglioramento temporaneo è previsto nella mattinata di mercoledì, quando la perturbazione si allontanerà verso est. Tuttavia, si tratterà solo di una breve tregua: una nuova saccatura atlantica è infatti in discesa verso l’area alpina occidentale, pronta a riportare l’instabilità sul Piemonte.

Il Consiglio comunale chiede interventi per i pronto soccorso

Il Consiglio comunale ha approvato con 26 voti un ordine del giorno relativo alle strutture di Pronto Soccorso presenti in città. Il documento, a prima firma di Pietro Tuttolomondo, ha fatto seguito a un tour conoscitivo della IV commissione (presieduta da Vincenzo Camarda) che, a partire dal febbraio dell’anno scorso, aveva toccato il Pronto Soccorso dell’ospedale Molinette e quelli dei nosocomi Mauriziano, Maria Vittoria, Martini, S. Giovanni Bosco e Infantile Regina Margherita.

Il documento approvato in aula impegna l’Amministrazione comunale a interagire con l’assessorato della Sanità della Regione Piemonte, al fine di elaborare – nel contesto generale del nuovo Piano socio-sanitario regionale – un piano programmatico che preveda nuove articolazioni organizzative rispondenti alle criticità emerse durante i vari sopralluoghi effettuati.

Al di là delle specificità delle singole strutture ospedaliere di Pronto Soccorso in gradi diversi queste ultime sono caratterizzate da problemi come sovraffollamento, scarsità di personale medico e infermieristico (con relativi casi di burnout), inadeguatezza degli spazi disponibili, sicurezza del personale e gestione dei ricoveri. Questo nonostante il costante impegno di donne e uomini che quotidianamente vi lavorano con dedizione.

Il testo votato in Consiglio evidenzia inoltre come la rivisitazione del sistema sanitario territoriale, con l’adeguata quantificazione e distribuzione del numero dei posti letto ospedalieri, sia indispensabile per un efficace intervento volto alla riduzione dei trattamenti inappropriati che, si segnala, sono dovuti anche al costante sovraffollamento, il quale si acutizza durante l’epidemia influenzale stagionale.

Infine, il documento segnala la necessità di politiche volte a trattenere il personale sanitario nelle strutture ospedaliere, sottolineando anche l’opportunità di intervenenti preventivi in materia di stress e relativo burnout, così come sul problema delle aggressioni che spesso il personale subisce: fenomeni accentuati dalla carenza di personale e dalle strutture che sono spesso obsolete e con spazi inadeguati.

(C.R. – Ufficio stampa del Consiglio comunale)

I molteplici volti del cibo

Presentato al Salone del Libro il volume di indagine  alla presenza degli autori Vincenzo Gesmundo, Roberto Weber e Felice Adinolfi

 

Il cibo è ancora una volta protagonista non solo della vita quotidiana, ma anche dei dibattiti letterari e pubblici, come ha dimostrato la presentazione del libro dal titolo “Il cibo a pezzi”, con il sottotitolo emblematico “La guerra nel piatto”, edito da Bompiani e uscito in libreria nel febbraio del 2025.

Il volume è stato presentato e dibattuto nella giornata di lunedì 19 maggio presso il Salone Internazionale del Libro di Torino, con la moderazione di Andrea Tramontana, editor Bompiani, e alla presenza degli autori Vincenzo Gesmundo, Segretario generale della Confederazione Nazionale Coldiretti, la più grande organizzazione di rappresentanza agricola italiana ed europea, Roberto Weber, sondaggista e Presidente dell’Istituto Ixè, dedito all’attività di ricerca e consulenza per soggetti pubblici e privati relativa al trend di opinione alla comunicazione editoriale e al marketing politico. Il terzo autore intervenuto alla presentazione è il Professore ordinario di Economia Agraria ed Estimo all’Università di Bologna Felice Adinolfi.

Il libro, che reca anche un importante saggio del filosofo Massimo Cacciari, si presenta come un’analisi e un reportage che tocca, a livello di citazioni letterarie, anche scrittori del calibro di Melville, Orwell e Calvino.

Questo libro rappresenta una narrazione di ciò che Coldiretti ha fatto in questi anni, un segnale d’urgenza verso il mondo della produzione di cibo, oggi minacciata – ha dichiarato Vincenzo Gesmundo – Il cibo tocca anche temi importanti quali la società e la politica, non solo a livello nazionale, ma europeo. Fino agli anni ’99 – 2000 si parlava di cibo semplicemente come materia prima, in cui il produttore si occupava anche di trasformare il prodotto in cibo. Oggi è necessario forse recuperare questo aspetto per ristabilire il fondamentale incontro tra l’aspetto della salute e quello dell’alimentazione. Vale la pena sottolineare quanto gli studi scientifici prevedano un aumento esponenziale delle malattie metaboliche, tra cui il diabete, causate dalla trasformazione, da parte dell’industria alimentare, del prodotto”.

Il cibo svuotato di significato è uno dei grandi temi contenuti nel libro – ha sottolineato Felice Adinolfi – Il suo svuotamento, in considerazione del fatto che in Italia il cibo è sinonimo di grande tradizione e cultura locale, mette a rischio persino il concetto di democrazia creato attorno al cibo. Si può considerare un catalizzatore di socialità, un collante che unisce un popolo”.

Il cibo rischia di ‘andare a pezzi’, e questo è il significato del titolo della nostra opera, a causa della mancanza di volontà d’ascolto nei confronti delle culture differenti dalla nostra – ha commentato Roberto Weber – Il cibo rappresenta sicuramente un grande simbolo identitario, ma è importante ricordare quanto sia anche ‘condivisione’”.

Una politica che vada contro gli interessi degli agricoltori, hanno condiviso i tre autori del volume, fa si che un Paese non possa essere governato.

Fin dai tempi di Socrate, il “Simposio” rappresenta un momento di nutrimento profondo, del corpo come dello spirito, insaziabile di conoscenza. Così, oggi più che mai, il gesto del nutrirsi è al centro non solo delle nostre vite, ma anche dei complessi intrecci economici, strategici, etici, che determineranno le sorti del pianeta in cui viviamo.

Attraverso una trattazione ricca di dati, esempi e punti di vista, le pagine di questo libro ci parlano del cibo, delle nuove frontiere tecnologiche applicate all’alimentazione, come la necessità di proteggere la biodiversità; lo fanno attraverso una tesi forte, vale a dire che il cibo sia oggetto di una vera e propria guerra su cui opposti fronti si confrontano su due modalità di produzione degli alimenti, figlie di due diverse visioni della società, della salute e della democrazia.

 

Mara Martellotta

“Adapted Sceneries” al “MAO”

La tradizionale pittura di paesaggio coreana si confronta con la “modernità” e la memoria ancora viva dei fatti del “18 maggio ‘80”

Fino al 7 settembre

“Scenari adattati”. Ovvero il passaggio dalla delicata, sacrale bellezza artistica del paesaggio alla rivendicazione del farsi, la pittura, atto di ricerca e memoria legata alla storica tragicità di spietate, mai del tutto sopite, dittature. “Adapted Sceneries”: di qui il titolo dato alla mostra programmata fino a domenica 7 settembre prossimo, al secondo piano delle “Collezioni permanenti” e nell’area espositiva “t-space” al piano terra del “MAO” di Torino. Organizzata dal “Museo” di via San Domenico in collaborazione  con il coreano “Gwangju Museum of Art”, la rassegna é dedicata alla più storica “pittura di paesaggio coreana” (sansuhwa) affiancata ad opere di più stretta “attualità” (storica ed artistica), insieme ad altre ispirate al “Movimento di Democratizzazione del 18 maggio” ovvero alla rivolta popolare scoppiata il 18 maggio 1980 nel centro di Gwangju (la “Tienanmen coreana”) in Corea del Sud contro la dittatura di Chun Doo-hwan con scontri, davanti alla “Chonnam National University” che portarono a migliaia di vittime fra studenti, professori e comuni cittadini. Nel 1997 i presidenti Chun Doo-hwan e Roh Tae-woo vennero processati e condannati per il “massacro” di Gwangju, insieme ad altri 17 imputati e, in seguito, graziati. Nel 2002 venne creato un cimitero nazionale per le vittime e il 18 maggio fu dichiarato “Giornata Nazionale di Commemorazione”.

Mostra, dunque, su cui riflettere, non solo come suggestivo, poetico “spaccato” artistico di un’arte le cui origini risalgono al periodo cosiddetto “Goguryeo” (37 a. C. – 668 d. C.) e tipicamente caratterizzata nel corso dei secoli, fino ai primi del Novecento – con il declino del “buddismo” e la diffusione del “confucianesimo” – dai “colori brillanti” e dalle “linee fluide”, riattate in epoca moderna in minuti contrasti di bianco e nero, da cui emergono astratte visioni di figure umane e animali captate in un certosino gioco di realtà e pura fantasia, ma anche in pagine narrative che ancora vogliono essere documento storico di denuncia e vitale espressione e domanda di quotidiana libertà sociale per cui combattere e resistere fino alle estreme conseguenze.

L’evento espositivo rientra nell’ambito del progetto “Cultural City Gwangju 2025” e dell’accordo di collaborazione tra la “Città di Gwangju” e la “Città di Torino” sottoscritto nel 2024.“Adapted Sceneries” offre dunque un’opportunità significativa “per far conoscere – sottolineano i curatori Ik YunHyeokjin Lee e per il ‘Museo’ torinese Davide Quadrio (direttore) e Anna Musini – la tradizione artistica e la storia di Gwangju e della regione di Jeollanam-do al pubblico italiano attraverso la collaborazione con il ‘MAO’ di Torino, città che si distingue per la sua vivacità culturale e che, come Gwangju, soprannominata la ‘Città dell’Arte’, valorizza la cultura come elemento chiave della sua identità”.

L’itinerario espositivo offre dunque inizialmente  uno sguardo approfondito sulla “pittura Namjonghwa” (“Scuola di pittura del Sud”), un genere fondamentale nella storia dell’arte coreana, insieme però a “reinterpretazioni contemporanee” della pittura più tradizionale. Tra le opere esposte, quelle di Heo Ryeon (soprannominato “Peonia” per il frequente reiterarsi della profumatissima “pianta” nei suoi dipinti), Heo Baekryeon e Heo Hangmyeon sottolineano la “sensibilità estetica della pittura coreana classica”, mentre i lavori di Lee SunbokHeo DalyongHong Sungmin e Kim Hoseok (con quel minuto lavoro grafico di “The History of the Gwangju Democratic Uprising 2” dove il caos segnico di una sorta di “nuvola antropomorfa” racconta, a ben guardare, la durezza della rivolta e della sofferenza popolare) mostrano l’evoluzione del linguaggio pittorico, attraverso un riavvicinato dialogo fra tradizione e modernità. Uno spazio particolare viene dato proprio alle opere ispirate al “Movimento di Democratizzazione del 18 maggio”, movimento quasi del tutto sconosciuto in Europa. Attraverso queste opere e alcuni importanti materiali d’archivio forniti grazie al supporto di “5.18 Democracy Moviment Archives” e “The May 18 Foundation”, il pubblico potrà approfondire le testimonianza drammatiche di questo momento storico cruciale per la Corea, “non solo ammirandone la bellezza del panorama artistico, ma anche comprendendone il valore e il significato sia in relazione alla storia moderna, sia allo scenario culturale globale”.

Gianni Milani

“Adapted Sceneries”

“MAO-Museo d’Arte Orientale”, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436932 o www.maotorino.it

Fino al 7 settembre

Orari: mart.- dom. 10/18; lunedì chiuso

Nelle foto: Parte allestimento (Ph.Studio Gonella); Heo Baekryeon “Painting of Bronze Vessels and Flowering Plants”, 1950 circa; Heo Hangmyeon “View of Baekyangsa Temple”, 1942; Kim Hoseok “The History of the Gwangju Demomocratic Uprising 2”, 2000

Artigianato piemontese tra incertezze e segnali di ripresa. L’indagine congiunturale del 2° trimestre

L’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Piemonte ha condotto la seconda indagine congiunturale del 2025, basandosi su un campione di 2.250 imprese artigiane appartenenti ai settori della produzione e dei servizi. I risultati rivelano un quadro ancora incerto, ma con alcuni segnali di miglioramento.

Le previsioni sull’occupazione migliorano leggermente, passando da -7,54% a -5,44%. Anche le assunzioni di apprendisti mostrano un incremento, dal -24,86% al -19,22%. La produzione totale resta in negativo, ma in lieve crescita: da -16,33% a -14,17%. Anche il saldo dei nuovi ordini registra un lieve recupero: da -14,88% a -12,95%.

Si riduce la quota di imprese che non prevedono investimenti (dal 78,20% al 74,90%), mentre preoccupano le esportazioni, che peggiorano significativamente da -24,76% a -29,3%. Migliora invece la regolarità negli incassi (dal 61,22% al 64,95%), con una diminuzione dei ritardi (dal 37,90% al 33,50%) e un lieve aumento degli anticipi (dallo 0,88% all’1,55%).

Il presidente di Confartigianato Imprese Piemonte, Giorgio Felici, commenta:

“L’indagine congiunturale relativa al 2° trimestre del 2025 ci restituisce un quadro di incertezza anche se si intravedono alcuni segnali positivi e di stallo. Il dato più preoccupante è quello relativo all’acquisizione di nuovi ordini per esportazioni che registra una flessione di quasi 6 punti percentuali, passando da -24,6% a -29,3%. Un dato che evidenzia più di altri il clima di incertezza rappresentata dalle dinamiche altalenanti dei mercati, da una situazione geopolitica di grande tensione. Voglio ricordare che l’Italia è uno dei maggiori esportatori globali di proprie eccellenze, come i prodotti artigianali piemontesi, apprezzati per la loro qualità e il loro valore storico. Occorre specificare che il clima di incertezza che gli artigiani si trovano a fronteggiare era già insito al contesto europeo, primo fra tutti il caso della situazione interna di recessione della Germania, che rappresenta il nostro primo mercato di riferimento”.

Felici sottolinea inoltre alcuni segnali incoraggianti:

“I dati dell’indagine congiunturale che tracciano, invece, una situazione di stallo previsionale, pur rimanendo ancora negativi, ma in ascesa di circa due punti percentuali, sono rappresentati dall’andamento occupazionale che passa da -7,54% a -5,44% e dall’acquisizione di nuovi ordini che da -14,88% va a -12,95%, mentre l’ipotesi di assunzione di apprendisti guadagna quasi 6 punti percentuali, passando da -24,86% all’attuale -19,22%. La sensazione che si ha è quella di una scommessa di rilancio, di ripresa e di crescita. Una dose moderata di ottimismo dovuta anche al Fondo unico artigianato, uno strumento di credito agevolato esistente sul territorio regionale a partire dalla legge regionale 34/2004, a cui le imprese artigiane possono accedere tramite bandi per poter ricevere fondi monetari, che vengono erogati tramite finanziamenti e alcune quote a fondo perduto. Apprezziamo lo sforzo che la Regione ha fatto per trovare i fondi necessari per far ripartire un settore che si è sempre dimostrato economicamente portante e trainante. Ovviamente siamo solo all’inizio di un percorso che dovrà continuare a sostenere chi è capace di creare reddito, dare lavoro e moltiplicare i sostegni ricevuti”.

Via Francigena candidata nella Lista del Patrimonio UNESCO

Nel pomeriggio di lunedì 19 maggio, nell’ambito della quarta edizione del Festival “L’Italia delle Regioni” in corso a Venezia, è stato firmato un importante protocollo d’intesa per sostenere la candidatura della Via Francigena nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO.

La cerimonia si è svolta nell’area conferenze del Villaggio delle Regioni in Campo San Polo, a Venezia, e ha visto la partecipazione di Marina Chiarelli, Assessore al Turismo e alla Cultura della Regione Piemonte, Eugenio Giani, Presidente della Regione Toscana e capofila del progetto, Giancarlo Righini, Assessore della Regione Lazio, Roberta Frisoni, Assessore della Regione Emilia-Romagna, Francesca Caruso, Assessore della Regione Lombardia, Marco Bucci, Presidente della Regione Liguria, l’Assessore Simona Ferro), Renzo Testolin, Presidente della Regione Valle d’Aosta. A chiudere l’incontro, le conclusioni del Ministro della Cultura Alessandro Giuli.

La firma del protocollo segna un importante passo avanti nella costruzione di un’alleanza istituzionale a sostegno della valorizzazione di uno dei cammini storici più rilevanti d’Europa, la Via Francigena, che attraversa l’Italia da nord a sud connettendo territori, comunità e patrimoni. Un itinerario che unisce storia, spiritualità, cultura e paesaggio, attraversando città, borghi, abbazie e castelli, promuovendo un modello di turismo lento e sostenibile.

La Regione Piemonte, da sempre impegnata nella valorizzazione dei cammini storici e del turismo lento, ha preso parte attiva al protocollo, confermando il proprio sostegno alla candidatura e ribadendo il valore della Via Francigena come volano per lo sviluppo sostenibile, la coesione territoriale e la promozione di un’identità culturale condivisa.

«Firmare questo protocollo oggi, in un contesto come il Festival delle Regioni, ha un significato profondo – ha dichiarato Marina Chiarelli, Assessore al Turismo e alla Cultura della Regione Piemonte –. Significa credere nel valore della cooperazione tra istituzioni e territori, e lavorare insieme per valorizzare percorsi che raccontano la nostra storia, la nostra cultura e il nostro paesaggio. Il Piemonte ha investito molto nella promozione della Via Francigena e nella rete dei cammini devozionali. La candidatura UNESCO è un’occasione per rafforzare questo impegno, favorire la conoscenza del nostro patrimonio e attrarre nuove forme di turismo rispettoso e consapevole».

Il tratto piemontese della Via Francigena attraversa alcune delle zone più suggestive e storicamente rilevanti della regione, connettendo i valichi alpini alla pianura, passando per borghi, pievi, abbazie, castelli e paesaggi naturalistici di grande fascino. Un cammino che rappresenta non solo un itinerario di fede, ma anche una rete di esperienze culturali, ambientali ed enogastronomiche capaci di generare valore per le comunità locali.

Il riconoscimento UNESCO darebbe ulteriore impulso a progetti di tutela, fruizione e promozione, consolidando la Via Francigena come patrimonio europeo vivo e inclusivo, punto di incontro tra pellegrini, camminatori e residenti.

Questa iniziativa si inserisce perfettamente nello spirito del Festival delle Regioni, che pone al centro il dialogo tra territori, istituzioni e cittadini, e valorizza le eccellenze regionali italiane come leva per la crescita, la sostenibilità e l’attrattività del Paese. Con la firma del protocollo, la Regione Piemonte conferma il proprio ruolo attivo nella costruzione di reti interregionali, nella valorizzazione dei beni culturali e dei percorsi storici, e nella promozione di politiche di sviluppo sostenibile capaci di coniugare identità e futuro.

Anche i quadri raccontano storie: Andrea Prestifilippo e i volti dell’anima

TORINO TRA LE RIGHE
Anche i quadri raccontano una storia. Ed è proprio questo il filo conduttore che mi porta oggi, in questa puntata di Torino tra le righe, a parlarvi di un artista nostrano: Andrea Prestifilippo.
Classe 1983, nato a Torino, Andrea scopre fin da bambino l’amore per il disegno, ispirato dai lavori pittorici delle zie e dai bozzetti della madre. Una passione che cresce con lui e lo guida prima al liceo artistico “R. Cottini”, dove inizia a costruire le fondamenta della sua espressione artistica, e poi all’Accademia di Belle Arti, dove approfondisce le tecniche. Se inizialmente si avvicina alla scultura, è nella pittura che trova il suo linguaggio più autentico.
Dopo qualche anno di pausa, nel 2015 torna a dipingere con costanza e inizia a esporre le sue opere in locali torinesi, partecipando a manifestazioni come Paratissima e a esposizioni internazionali, tra cui due gallerie londinesi. Nel 2019 decide di cambiare aria – e luce – trasferendosi a Málaga, dove attualmente vive e lavora.
Prestifilippo dipinge volti. E nei suoi ritratti esplosivi, dominati da colori vivi, pennellate energiche e linee dirompenti, ci sono le icone che lo hanno accompagnato nella crescita: artisti che hanno fatto della propria immagine un manifesto, un’arma, un messaggio. Dalì, Bowie, Jagger, Freddie Mercury… Non semplici ritratti, ma vere e proprie esplorazioni dell’identità e dell’espressione.
Il volto di Salvador Dalì, ad esempio, lo vediamo filtrato da una lente tenuta da una mano infuocata e deformante. Quattro occhi si moltiplicano su un solo viso: è una visione disturbata, surreale, che richiama la capacità – e la necessità – di vedere il mondo da prospettive alternative, deformate, artistiche. In una sola immagine, Andrea ci parla della follia creativa, del genio che sa guardare dove gli altri non osano.
Nel ritratto di Mick Jagger, invece, il volto esasperato e quasi grottesco è circondato da una pioggia di lingue rosse, simbolo della band e icona pop. È un’esplosione di vitalità, provocazione e anticonformismo, ma anche una riflessione su come il volto di un artista diventi, nel tempo, un logo, una maschera, un urlo.
E poi c’è Bowie, con il fulmine che gli taglia il viso: un’immagine potente, citazione evidente di Aladdin Sane, ma qui rivisitata con pennellate ancora più libere e colori che colano, come se anche l’identità – fluida, aliena, teatrale – si stesse sciogliendo sulla tela. Gli occhi azzurri ci guardano con intensità: non è solo un ritratto, è un dialogo muto tra chi crea e chi osserva.
Uno sguardo azzurro trafitto dal colore e dal dolore. Kurt Cobain. L’intensità magnetica di Freddie Mercury prende vita tra colate di giallo e magenta. Le emozioni non sono solo rappresentate, ma sembrano sgorgare dalla tela, come se le lacrime, il sudore e la passione dei protagonisti si mescolassero alla pittura stessa. Ogni goccia è un grido, un ricordo, un’eco.
Un momento fondamentale nella carriera di Prestifilippo è stato quello della pandemia. Costretto a casa, si è trovato a fare i conti con sé stesso e con una nuova dimensione della pittura, più intima, riflessiva. È in questo periodo che nascono le mani.
Mani ingrandite, mani tese, mani che cercano o che proteggono. Mani che, all’improvviso, diventano simbolo di paura, di distanza, ma anche di desiderio, di contatto umano, di calore.
Non più volti, non più icone: solo mani. Mani che si cercano, che si sfiorano, che sembrano chiedere contatto ma trovano distanza. Mani che parlano un linguaggio universale, fatto di assenza e di desiderio. In queste opere, l’artista si allontana dalla celebrazione del personaggio per esplorare la fragilità umana, il bisogno ancestrale di vicinanza, la paura del tocco e insieme il suo struggente potere.
Non mani qualsiasi, ma mani vive, espressive, dense di emozioni e significati. Mani che raccontano quello che le parole a volte non riescono a dire. In un momento storico in cui il contatto era negato, Prestifilippo ha trovato un modo potente e autentico per restituirgli voce.
I colori sono forti, vibranti, stratificati: rossi accesi, gialli intensi, blu elettrici e ombre profonde che si mescolano in un caos perfettamente orchestrato. Ogni pennellata sembra un frammento di esperienza, un grido o un abbraccio. Le mani di Andrea parlano una lingua fatta di gesto e materia, di mancanze e presenze.
Quelle opere, inizialmente nate come espressione personale, sono diventate nel tempo una sorta di narrazione collettiva, capaci di toccare chiunque le osservi. C’è chi ci vede la forza di un legame, chi una ferita ancora aperta, chi un invito a non dimenticare.
Andrea Prestifilippo racconta sé stesso e il mondo che lo ha formato attraverso i volti e le mani. Pittura gestuale, colori accesi, emozioni crude. Le sue tele non cercano la somiglianza perfetta, ma scavano nell’anima del soggetto, estraendone un’energia che continua a vibrare ben oltre i contorni.
Torino è la sua origine, Málaga la sua casa, ma la sua arte non conosce confini. E anche da lontano, continua a raccontare – con pennellate dirompenti – la storia di ciò che siamo stati, e di ciò che possiamo ancora diventare.
MARZIA ESTINI
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Carla Milone: viaggiatrice, fotografa e Travel Designer

PENSIERI SPARSI  di Didia Bargnani

Carla Milone, signora torinese, ex professoressa di Letteratura Inglese, è sinonimo di ‘viaggiare con stile’; chiunque la conosca non può non apprezzare la sua esperienza e la sua bravura nell’organizzare, ormai da molti anni, viaggi meravigliosi in ogni parte del mondo, dall’India al Cile, dai Caraibi al Giappone, dalla Groenlandia all’Europa intera, ma esiste qualche posto nel mondo che Carla non abbia visitato?
“ Certo, qualcosa mi manca – ci racconta Carla- non sono ancora stata in Nuova Zelanda, in Pakistan, Bangladesh, Nicaragua e Uruguay, in compenso credo di essere stata 24 volte in Cina, altrettante in India e poi in tutto il resto del mondo”.
Come e quando nasce questa passione per il viaggio?
“ Da quanto ricordo ho sempre viaggiato, ho iniziato da ragazza con i miei genitori e ho sempre voluto andare oltre i sentieri conosciuti, al di là di quello che c’era da vedere di prestabilito in ogni posto. Mi aveva colpito quanto disse un mio insegnante: “ girate sempre dietro l’angolo, scoprite quello che c’è oltre il sentiero battuto e avrete delle belle sorprese”.
Un’altra sua grande passione è la fotografia che unita all’amore per i viaggi ha dato vita ad una serie di libri e mostre.
“Si, all’inizio giravo film, documentavo i miei viaggi in giro per il mondo, facevo molte riprese anche sott’acqua, quando poi è finita l’epoca del super 8 ho iniziato con la fotografia che mi ha sempre dato soddisfazioni immense. Le mie foto rappresentano la realtà, voglio restituire a chi le guarda esattamente quello che io ho visto in quel momento, nulla di più, nulla di meno, mi interessa cogliere l’attimo fuggente, fermarlo in uno scatto e ricordarlo proprio come lo vedo.  Ho un ricordo preciso di tutti i volti delle persone incontrate che non dimenticherò mai, tante di loro compaiono nei miei libri fotografici come il viso di una bambina indiana, che ho visto girando quel famoso angolo di cui parlavo prima, una scena bellissima che è poi diventata la copertina del mio libro “Intorno al fuoco- Viaggio tra cibi e cucine del mondo”.
 Se andate a vedere le Piramidi in Egitto o il Taj Mahal in India non dimenticate di andare oltre la folla , andate dietro queste meraviglie dell’architettura e osservatele da dove nessuno le guarda”!
Quale è stato il viaggio più bello?
“I viaggi più belli sono quelli che sono stati vissuti ai margini degli itinerari classici, se sai viaggiare non esistono barriere, tantomeno linguistiche. Un viaggio indimenticabile è stato in Siberia, verso lo Stretto di Bering, esattamente in una zona chiamata Chukotka. Eravamo con un autista che ci accompagnava in queste zone e ad un tratto vediamo dei pastori nomadi con un branco di renne, ci fermiamo per fotografare questo spettacolo incredibile, scendiamo dal mezzo per avvicinarci alle renne e quando ci siamo girati l’autista era sparito, andato via. La grande umanità dei pastori ,che ci hanno accolti nelle loro tende per quasi due giorni, ha cancellato subito il nostro sconforto e il nostro senso di abbandono.
Un’altra  esperienza particolare l’ho vissuta in Amazzonia, dove sono stata tre volte, a contatto con le popolazioni locali; ho assistito alle loro ‘Olimpiadi’ che vengono organizzate affinché s’incontrino tra loro e non restino isolate l’una dall’altra”.
Il viaggio che non rifarebbe?
“Non tornerei in alcune parti della Russia meridionale o in Manciuria, nord-est della Cina, perché sono diventate zone troppo ibride, hanno perso totalmente la loro identità, è cambiato il paesaggio, la cultura e i costumi non hanno più alcun fascino. L’atmosfera è importantissima, ci sono posti che l’hanno preservata e sono quelli dove regna un’armonia di paesaggio e architettura ma anche di umanità.  Un esempio di un altro luogo che a mio parere ha perso molto è la Cambogia: io e mio marito Giorgio ci andammo in viaggio di nozze, arrivando a piedi dalla Thailandia, non ci andava nessuno, il turismo non esisteva,  ci siamo tornati dopo 40 anni e non era più la stessa cosa. “
Si è mai trovata in una situazione di pericolo?
“ Una volta ero da sola in Nuova Guinea, dove ero stata invitata per valutare una struttura, un bellissimo hotel, non c’erano altri clienti ma solo il proprietario del resort che però dormiva in una stanza lontana dalla mia. Ad un certo punto, nel cuore della notte, sento che qualcuno è entrato in camera e sta rovistando fra le mie cose, piano,piano, senza far rumore cerco di togliere la zanzariera per garantirmi una via di fuga ma fortunatamente l’intruso se ne va. Il mattino dopo abbiamo scoperto che era riuscito ad entrare dal tetto del bungalow, che paura”!
Che differenza c’è tra un Travel Designer ed un Agente di Viaggio?
“Il primo programma, inventa, studia e crea un itinerario in base agli interessi del cliente, a cosa vuole vedere: c’è chi vuole la natura, chi vuole osservare l’architettura contemporanea inserita nel paesaggio, chi vuole fare un viaggio nel passato , penso ad alcuni villaggi Ming antichi dove regna tuttora una perfetta armonia di stile ed architettura. L’agente di viaggio propone e vende i viaggi organizzati, preconfezionati dagli operatori del settore.
Personalmente ho lavorato con grandi tour operator ed ora collaboro con Viaggi Chiara a Torino che fa parte del gruppo Magia, per loro costruisco viaggi che trasformano le passioni dei clienti in itinerari unici, personalizzati; fortunatamente posso contare su validi corrispondenti in tutto il mondo che mi conoscono e sanno quello che voglio.
Per il 2025 e l’inizio del 2026 abbiamo messo in programma viaggi bellissimi e particolari come quello in Groenlandia ad agosto, le lagune di Arcachon, la Libia a ottobre in concomitanza con il Festival di Ghadames, il Giappone a novembre durante il foliage, una crociera sul mitico Star Clipper in Costarica e Panama a Capodanno e poi ancora una crociera esclusiva sul Nilo a marzo del prossimo anno , un viaggio in Arabia Saudita e tanto altro”.
Quali sono le competenze necessarie per svolgere questa attività?
“Bisogna aver viaggiato tantissimo, in ogni parte del mondo, è importante leggere, studiare, amare l’arte, l’architettura, la natura, capire i desideri delle persone, ascoltarle, frequentare le fiere di settore, fondamentali quelle di Londra e Berlino e poi, non mi stancherò mai di ripeterlo, bisogna girare l’angolo e guardare oltre”.
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