ilTorinese

Il Sappe: “Altro episodio violento in carcere contro gli agenti”

 
 
Ennesimo fatto violento all’interno delle carceri piemontesi. Vicente Santilli, segretario nazionale per il Piemonte del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, racconta quanto avvenuto nelle ultime ore nel penitenziario di Novara: “Nella giornata di sabato, si è verificato l’ennesimo evento critico. Due detenuti (uno dei quali psichiatrico) stranieri hanno litigato tra di loro: ad avere la peggio, ancora una volta, è stato il personale di Polizia Penitenziaria, segnatamente il Sovrintendente di sorveglianza, che è dovuto ricorrere alle cure del vicino ospedale per la frattura di una mano. Solo grazie al professionale intervento del personale di Polizia Penitenziaria si è dunque evitato il peggio. La situazione è insostenibile: al collega ferito va la mia solidarietà e l’augurio di una pronta guarigione”.
Anche Donato Capece, segretario generale del SAPPE, esprime solidarietà al poliziotto ferito a Novara ed è impietoso nella sua denuncia: “Cambiano governi, Ministri della Giustizia e Capi del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, ma non cambia l’indifferenza verso le violenze che quotidianamente subisce la Polizia Penitenziaria: aggressioni, colluttazioni, ferimenti contro il personale, così come le risse ed i tentati suicidi, sono purtroppo all’ordine del giorno. Ma sembra che a nessuno freghi nulla”. “Importante e urgente”, prosegue, “è invece prevedere un nuovo modello custodiale. È infatti grave che la recrudescenza degli eventi critici in carcere si è concretizzata proprio quando sempre più carceri hanno introdotto la vigilanza dinamica ed il regime penitenziario ‘aperto’, ossia con i detenuti più ore al giorno liberi di girare per le Sezioni detentive con controlli sporadici ed occasionali della Polizia Penitenziaria. Esattamente come la Sezione del carcere di Novara dove è avvenuto questo grave fatto”. Per Capece, “servono interventi urgenti e strutturali che restituiscano la giusta legalità al circuito penitenziario intervenendo in primis sul regime custodiale aperto, anche prevedendo la riapertura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari dove mettere i detenuti con problemi psichiatrici, sempre più numerosi, oggi presenti nel circuito detentivo ordinario. La Polizia Penitenziaria è veramente stanca di subire quotidianamente gratuite violenze per l’incapacità di una Amministrazione che non riesce ad intercedere ai livelli politici competenti, anch’essi sicuramente non esenti da gravi responsabilità“.

Punto 17 Agenda 2030 Partnership

4 / MERCATO ITINERANTE

Per concludere il nostro approfondimento sul Mercato Itinerante, l’ultimo argomento che tratteremo riguarda l’importanza per le nuove PMI di non solo creare opportunità lavorative ma anche di farlo attraverso processi che generino impatti ambientali, alimentari e sociali positivi. Questo principio rispecchia l’obiettivo 17 dell’agenda 2030, ovvero promuovere partnership e cooperazione per facilitare il raggiungimento di obiettivi comuni.

In questa ottica, è stata avviata una collaborazione tra Mercato Itinerante e la Fondazione Collegio Universitario Einaudi. Attraverso una pagina web dedicata, i collegiali hanno l’opportunità di accedere al servizio del Mercato Itinerante, potendo così acquistare alimenti sani e contribuire a sostenere la rete locale, riducendo allo stesso tempo le emissioni di CO2, l’uso di plastica e l’inquinamento acustico.

Si stima che siano 40.000 gli studenti universitari provenienti da altre regioni d’Italia. Interessante è analizzare quanti di questi decidano di rimanere a lavorare in Piemonte dopo la laurea: il 65% trova occupazione nella regione entro un anno dal conseguimento del titolo, percentuale che sale al 68% dopo cinque anni. Il 6% si trasferisce all’estero, attratto da migliori condizioni lavorative e stipendi più elevati, mentre il restante 29% si sposta in altre regioni italiane, prevalentemente del Nord, o ritorna nella propria regione di origine. Tra i residenti in Piemonte che si sono laureati negli atenei locali, l’80% rimane a lavorare sul territorio.

Mercato Itinerante condivide gli ideali di Réseau Entreprendre, un’organizzazione che supporta i neo-imprenditori desiderosi di creare nuovi posti di lavoro nel proprio territorio e di contribuire allo sviluppo di un ecosistema locale solido.

Il motivo di questo interesse, conclude Eman Saffo, fondatore di MI, nasce nell’importanza di integrare gli studenti universitari nel capoluogo piemontese, offrendo servizi e iniziative che li aiutino a conoscere e apprezzare maggiormente la città, in modo di aumentare il benessere e qualità della vita, così da poter aumentare le chance per decidere di rimanere a Torino.
Questo non solo arricchirà Torino di individui altamente qualificati, ma avrebbe benefici per tutta la comunità urbana.

Nella speranza d’incontrare progetti come questo, non ci rimane che augurare un in bocca al lupo a Mercato Itinerante.

I “qualunque” di Fosse sotto la guida di Binasco, “con amore e per amore”

Sino a domenica 24 le repliche sul palcoscenico del Carignano

 

La semplicità di un ambiente, spoglio, freddamente essenziale. Una porta da cui s’arriva e si esce, un frigo e un divano con buttata sopra una coperta rossa entro cui coprirsi, entro cui nascondersi, una lavatrice e una macchinetta del caffè, un paio di brutte sedie e un misero tavolo attorno al quale non si siederà mai nessun componente di quella “disunita famiglia”, nessun componente di questa gente “qualunque”. Sul fondo una parete su cui a poco a poco prendono a espandersi macchie di colore, rosse blu nere, e poi la silhoutte di un giovane corpo femminile e poi la scrittura di una parola che sentiremo spesso, niente. Non si sa niente, non succede (quasi) niente, non si ama, non si perdona, non si prova affetto o comprensione, non si dice: “Non so dipingere, non ho mai dipinto un bel quadro in tutta la mia vita”, dice in un urlo Donna, impietosa nel guardare quella sua opera che s’è allargata sul muro, da sempre insicura, avvilita, frustrata, sola – ma quanto è difficile stare soli -, una vita fatta di niente appunto, di odi, di non rapporti, di solitudini, di incertezze. Di un passato che non è stato e di un presente che non è. Un ambiente semplice che è l’involucro della “Ragazza sul divano” (nella traduzione di Graziella Perin, un testo scritto già più di vent’anni fa), ancora un testo, forse il quinto o il sesto, di Jon Fosse – classe 1959, convertito al cattolicesimo, premio Nobel per la letteratura lo scorso anno, “per le sue opere innovative e la sua prosa che danno voce all’indicibile” – ad aver preso il cuore di Valerio Binasco e ad averlo spinto ancora una volta a metterlo in scena “con amore e per amore”: produce lo Stabile di Torino – Teatro Nazionale con il Teatro Biondo di Palermo, in scena al Carignano sino a domenica 24 e poi tournée a Milano, Roma, Napoli e Palermo. E poi si vedrà se sarà un titolo anche della stagione prossima.

Si vedrà se avvicinarci più dappresso e con maggiore convinzione a questo disamore, a questa vuota quotidianità cecoviana che coltiviamo ancora oggi – e forse la differenza di latitudine l’accresce ancor più -, a questa rarefazione di temi soffocati e non espressi o forse espressi, come ci invitano a considerare autore e regista, nei silenzi, nelle cose non dette, nei pensieri trattenuti in superficie, negli sguardi immediatamente allontanati e nei ricordi, nelle lontananze e nei ritorni tardivi e ormai insperati, improvvisi mentre ancora una volta una donna (Madre) sta cercando un uomo (Zio) con cui dividere, bene o male, convintamente o no, la propria vita. A una scrittura scarna, sfocata e continua, al colmo di una irrefrenabile disperazione che tende a bloccarla nella sostanza e nel modo, a tratti inafferrabile, enigmatica, esclusa alla punteggiatura, fitte pagine di dialoghi a cui Fosse ha abituato il suo pubblico: affascinandolo, ad altri facendo rimpiangere la scrittura di altri autori nordici, viene subito da pensare che drammone ne sarebbe nato, nell’occasione della “Ragazza sul divano”, se ritrovatosi nelle mani di un Ibsen o di uno Strindberg.

 

I personaggi “qualunque” sono Donna, Madre, Ragazza, Sorella, Uomo, Zio, Padre, cancellati gli articoli, in pieno anonimato, essenze di una malata umanità, buttati in scena in un susseguirsi disordinato del tempo. Si specchiano Donna e Ragazza, la donna guarda se stessa lontano negli anni, la ragazza è la giovinezza già chiusa della donna, è il suo rannicchiarsi sotto quella coperta rossa, è il rivolgere solo asprezze verso una madre che per lei madre non è e verso quello zio che continua a veder girare per casa, è il ricordo della cartolina e della bambola che il padre marinaio le ha inviato da uno dei tanti porti in cui è sbarcato, è il farsi prestare e camuffarsi soltanto per un attimo con i vestiti della sorella che ha scelto la ribellione e piace parecchio agli uomini e scende la sera a frequentare il porto, è il non voler uscire, tra la gente e tra la vita. Scrive Binasco nelle note di regia: “Amo la percezione fuori fuoco della realtà che trovo nei testi di Fosse. Ogni volta ho la sensazione di trovarmi dinnanzi a un grande affresco sull’umanità, ne percepisco fortemente il senso ma non riesco a metterlo a fuoco”. E ancora: “Le ragioni che mi spingono a insistere con un autore come Jon Fosse sono misteriose anche per me. Il suo stile ossessivo e minimale mi seduce, punto e basta.”

 

Forse, noi, nel ristretto spazio di 80’ non riusciamo neppure ad avvertire il ritmo che ancora affascina il direttore artistico del TST e regista, forse anche a chi scrive ogni cosa appare lasciata sospesa, inconclusa, non si riesce a entrare in questi spazi ristretti e senz’aria che sono i drammi di Fosse. Si pensi alla figura di Zio (un pur valido Michele Di Mauro) che finisce con l’essere piuttosto una macchietta e non una figura di una valida importanza che arriva a sostenere Madre e la sua vita segnata da un doloroso abbandono, immerso soltanto in immediati quanto pretesi siparietti amatori. Binasco – anche Uomo dimesso e arrendevole – ha raccolto attorno a sé, nella scena che abbiamo detto, dovuta a Nicolas Bovey, nei costumi di Alessio Rosati, dove tutto è logoro, vecchio, dimesso, sformato, un gruppo di valorosi quanto ben presenti (con tutta la forza di sapersi imporre sul testo, voglio dire) attori. Pamela Villoresi, disperata e solitaria Donna, Isabella Ferrari (Madre), Giulia Chiaramonte (sfacciatamente Sorella), Fabrizio Contri (padre). E la sempre più convincente Giordana Faggiano, che con estrema disinvoltura passa da un’Ifigenia ad una Figliastra a questa Ragazza, bloccata su questa isola tutta sua da cui non riuscirà mai a evadere, uno stare fatto di silenzi, di intime sofferenze, di evasioni e di cambiamenti che non riuscirà mai a soddisfare, con una encomiabile esattezza di toni, di movimenti, di sguardi. Una bellissima prova. Elio Rabbione Le immagini dello spettacolo sono di Virginia Mingolla

Alessandria preziosa. Un laboratorio internazionale al tramonto del Cinquecento

Palazzo del Monferrato ospita ad Alessandria dal 21 marzo prossimo una grande mostra

 

Dopo il successo della mostra “Alessandria Scolpita” del 2019, dedicata al contesto artistico della città tra Gotico e Rinascimento, questa esposizione, che ha sempre al centro Alessandria e il suo territorio, ne racconta la civiltà creativa tra il ‘500 e il primo ‘600, focalizzandosi in parti oltre sulle arti suntuarie, a ridosso dell’avvento del Manierismo internazionale negli anni della Controriforma cattolica. Si tratta di un progetto unico realizzato in collaborazione con la Galleria degli Uffizi, che vedrà confluire ad Alessandria prestiti della galleria fiorentina, dell’Opificio Le Pietre Dure e da alcuni dei più grandi musei italiani.

“Alessandria preziosa”, un laboratorio internazionale al tramonto del ‘500, nel palazzo del Monferrato di Alessandria, ha la curatela di Fulvio Cervini, e la progettazione organizzati a di Roberto Livraghi, direttore del palazzo del Monferrato, promossa tra gli altri dalla Camera di Commercio di Alessandria e Asti, Regione Piemonte, Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria e Comune di Alessandria, la mostra si suddivide in sette sezioni composte da circa 80 opere, in cui ad essere protagoniste sono le sculture in metallo prezioso, evidenziando il ruolo determinante svolto dalle arti suntuarie dall’oreficeria La Toreutica, dall’arte degli armorari all’intaglio delle pietre dure. L’obiettivo della mostra è duplice, da un lato delineare l’avvento del Manierismo internazionale, foriero di un uomo senso della realtà e della forma, attraverso una selezione di oreficeria e oggetti in metallo, ma anche dipinti su tela e tavola e sculture in legno e marmo che meglio dialogano con le arti preziose. Il secondo focus del progetto è quello di dimostrare come il territorio della provincia di Alessandria fosse luogo di convergenza, forze e culture diverse, che non sfigurato al confronto con quelle di più gloriose città padane. Alessandria e il suo territorio fungeva da cerniera tra Milano e Pavia, da un lato, e Genova dall’altro. Mentre proprio alle porte della città era sorto il convento di Santa Croce a Boscomarengo, voluto da Papa Pio V, che racchiudeva il clima artistico di provenienza tosco-romana.

Tra i temi cardini della mostra emerge quello della devozione, rappresentata da un importante nucleo di oggetti di carattere ecclesiastico, molti dei quali provenienti dalla Diocesi di Alessandria, Casale e Tortona. Si ricordano gli splendidi busti di Antonio Gentili realizzati per Pio V, la stauroteca della cattedrale di Alessandria, che racchiude un antico reliquiario bizantino, le oreficerie tedesche di San Filippo Casale e San Salvatore Monferrato, il magnifico San Marziano del duomo di Tortona, opera di un argentieri genovese del primo ‘600 e un inedito stendardo ricamato a Milano alla fine del ‘500 dal museo diocesano di Tortona, restaurato per la mostra grazie al finanziamento della Consulta alessandrina. L’esposizione si focalizza sulle correlazioni tra pittura, scultura e oreficeria che, a fine ‘500, anche con il flusso di maestranze nordiche, tennero a battesimo opere straordinarie come il Calvario della Maddalena di Novi Ligure, ma anche sull’arte della guerra per la guerra, rappresentata da armature e ritratti militari. Un’intera sezione della mostra è dedicata all’isola romano-fiorentina di Boscomarengo, che vede la presenza di Giorgio Vasari. L’esposizione non termina all’interno della sale del palazzo del Monferrato, ma vuole essere itinerante, e si estende ad alcuni luoghi della provincia di Alessandria, primo fra tutti la basilica di Santa Croce, a Boscomarengo, con relativo museo, la Confraternita della Maddalena di Novi Ligure, il complesso di Torre Garofoli presso Tortona, la pinacoteca dei Cappuccini di Voltaggio e la parrocchiale di San Sebastiano Curone.

“Alessandria preziosa” vuole essere una riflessione etica sul patrimonio artistico alessandrino, che proietta la città e il suo territorio in una dimensione sovraregionale attraverso un progetto inedito e una storia raccontata attraverso le opere d’arte. ,’area alessandrina fra il ‘500 e il ‘600, dice Fulvio Cervini, prova che l’identità culturale si costruisce in maniera dinamica e non chiudendo muri, anche quando la linea culturale è dettata da un organismo all’apparenza monolitico come la chiesa della Controriforma. Sul piano figurativo questo spazio è un grande laboratorio della modernità, in cui artisti del metallo e dell’intaglio diventano ancora più prodigi di pittori e scultori.

“Dopo la fortuna esperienza di cinque anni fa della mostra “Alessandria scolpita” – aggiunge Roberto Livraghi – palazzo del Monferrato è tornato a proporsi come sede di una mostra originale dai contenuti inediti e come luogo di promozione di un territorio capace di riservare sorprese dal punto di vista culturale e artistico, riflettere su una funzione storica di cerniera interregionale di laboratorio, ove si mescolano influssi culturali diversi, e anche a un esercizio per progettare le vocazioni del territorio per il presente e il futuro”.

 

Mara Martellotta

Il corso di legalità di ANCI Piemonte

Ampia partecipazione alla prima lezione del corso “Legalità, valore per il territorio” organizzato da Città metropolitana di Torino, ANCI Piemonte e Unione Nazionale Segretari Comunali e Provinciali.

(Facebook ANCIPiemonte)

Treni regionali, un nuovo Rock e un Pop in Piemonte

Un nuovo Rock e un Pop sulla linea Torino-Milano Rock in doppia composizione

 Un nuovo treno Rock e un nuovo Pop in circolazione in Piemonte. Prosegue così il piano di investimenti del Regionale di Trenitalia (società capofila del Polo Passeggeri del Gruppo FS), d’intesa con la Regione Piemonte e Agenzia della Mobilità Piemontese, che sta portando in Piemonte al rinnovo della flotta con treni sempre più moderni e confortevoli.

I treni Rock circoleranno sulla SFM2 Pinerolo-Chivasso, sulla Asti-Milano e sulla Milano-TorinoSu quest’ultima linea, negli orari a maggior frequentazione, viaggeranno in modalità duplex (due convogli accoppiati in un unico treno) per offrire maggior comfort ai viaggiatori, con 1200 posti a sedere e 36 postazioni per le bici con ricarica elettrica.

I Rock sono treni a doppio piano che possono raggiungere i 160 km/h di velocità massima. Progettati con tecnologie di ultima generazione, ecosostenibili e spaziosi, permettono di ridurre i consumi del 30% rispetto ai treni di vecchia generazione e sono composti per il 97% di materiale riciclabile.

I treni Pop viaggeranno sulle linee SFM1 Chieri-Rivarolo e SFM6 Torino-Asti. Anch’essi riciclabili fino al 97% con una riduzione del 30% dei consumi energetici rispetto ai treni precedenti, vantano elevati standard di affidabilità e sicurezza, grazie alle telecamere, e monitor per l’infotainment a bordo. Tecnologicamente avanzati e sostenibili, i nuovi Pop a 4 carrozze consentono di far viaggiare fino a 500 persone e sono dotati di posti bici con presa di ricarica.

Con gli ultimi due arrivati sale a 28 (12 Rock e 16 Pop) il numero di treni di ultima generazione che contribuiscono alla trasformazione della flotta dei treni metropolitani e regionali in Piemonte, con un investimento complessivo di circa 1 miliardo di euro, grazie ai Contratti del Servizio Ferroviario Metropolitano e Regionale stipulati con Agenzia per la Mobilità.

In crescita anche i servizi intermodali e di interconnessione treni + bus per consentire ai viaggiatori di conoscere le bellezze del territorio: attivato di recente il collegamento da Biella per il Santuario di Oropa e il Vialattea Link per raggiungere uno dei comprensori sciistici più famosi d’Italia, arrivando a Sestriere, Claviere, Cesane e Sauze d’Oulx dalla stazione di Oulx.

Sportello decentrato Atc a Cuorgne’

Inaugurato nei giorni scorsi il punto di recapito (lo sportello decentrato) dell’Agenzia Territoriale per la Casa del Piemonte centrale nella Città di Cuorgnè, aperto ogni secondo giovedì del mese (i prossimi due appuntamenti saranno l’11 aprile e il 9 maggio).

Lo sportello accoglierà gli assegnatari delle case popolari, su appuntamento da concordare con il Comune, per fornire informazioni sul funzionamento dei servizi dell’ente e per questioni specifiche che riguardino gli alloggi di edilizia sociale.

“Abbiamo aderito alla richiesta del Comune di Cuorgnè – ha dichiarato il presidente dell’Atc Emilio Bolla – per venire incontro, anche logisticamente, alle richieste dei degli abitanti delle case popolari che così potranno avere un punto di riferimento sul territorio senza doversi recare a Torino nei nostri uffici di corso Dante. Ringrazio il Comune per la disponibilità dei locali e per la collaborazione nello svolgimento della nostra attività”.

All’apertura del nuovo punto di recapito sono intervenuti, insieme alla sindaca di Cuorgnè Giovanna Cresto, l’assessora ai lavori pubblici Lara Calanni Pileti, il consigliere incaricato alla transizione ecologica Giacomo Giacoma Rosa e il consigliere regionale Mauro Fava.

(Facebook Atc Torino)

In Monferrato si è tenuta la Giornata per la tutela dei fiumi

Nella giornata dedicata alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla necessità della salvaguardia dei fiumi a Casale Monferrato si sono incontrati i referenti di enti e associazioni cooperanti alla tutela dell’ecosistema territoriale, una zona del bacino fluviale del ‘grande fiume’ italiano. La mobilitazione globale, quest’anno alla 27esima edizione, è indetta e coordinata dall’associazione International Rivers che, dalla sede a Oakland, la città californiana sita nella Baia di San Francisco all’estuario del fiume Oakland, opera in tutto il mondo, in particolare in Africa, Asia e America Latina, aree in cui le popolazioni indigene, consapevoli che la sopravvivenza della flora, della fauna e delle persone dipende dallo scorrimento e dalla qualità dell’acqua che vi scorre, svolgono molte attività in difesa dei fiumi.

L’anno scorso alla ‘Giornata Internazionale di azione per la tutela dei fiumi’ ha aderito anche il team Monferrato Green Farm, che insieme a Radio In Fiore ha coinvolto tecnici e volontari cooperanti con l’Ente di gestione delle Aree Protette del Po Piemontese nella realizzazione della ‘puntata speciale’ del programma radiofonico ‘Raccontami una storia’, per l’occasione intitolata ‘La Voce del Po’, che quel giorno veniva trasmessa in diretta dalla postazione dell’emittente nel padiglione del Polo Fieristico di Casale Monferrato allestito per la Mostra Regionale di San Giuseppe. Quest’anno, il 14 marzo ‘cadeva’ di giovedì, e i referenti di Monferrato Green Farm ed Ente di gestione delle Aree Protette del Po Piemontese insieme ai rappresentanti del Circolo Legambiente ‘Verdeblu’ e dell’Associazione Amici del Po di Casale Monferrato si sono incontrati per osservare il fiume che, nel percorso dalle sorgenti al Monviso al delta sull’Adriatico, attraversa la cittadina piemontese. E, oltre che nel videoclip filmato nell’occasione, i partecipanti all’iniziativa interverranno alla seconda trasmissione di La Voce del Po che andrà in onda, anche questa volta, in diretta dalla postazione di Radio In Fiore alla Mostra Regionale di San Giuseppe nella data emblematica di venerdì 21 marzo / Giornata Mondiale dell’Acqua.

L’isola del libro

RUBRICA A CURA DI LAURA GORIA

Judith Hermann “A casa” -Fazi Editore- euro 18,00

 

E’ splendido il romanzo della scrittrice tedesca nata nel 1970 a Berlino, cresciuta nel settore occidentale della città tedesca, poi trasferitasi negli anni Novanta nell’ex parte orientale. Una delle più importanti autrici di lingua tedesca.

A casa” è la storia della protagonista quasi 50enne (della quale il nome non compare mai) che decide di cambiare vita. Via da tutto e tutti, in una nuova casa priva di ricordi, vicina al mare sulla costa nordorientale della Germania. Andarsene altrove per riappropriarsi della sua esistenza, trovare una nuova dimensione, nuovi incontri e maturare una maggiore consapevolezza di se stessa.

Non è uno strappo radicale, più semplicemente decide di mettere parecchi chilometri di distanza dalla sua esistenza di prima. Chiude una porta e ne apre un’altra. Via dal ripetitivo e vuoto lavoro in una fabbrica di sigarette, dal marito Otis col quale l’amore è finito da tempo, ma col quale continua a comunicare via lettera. A distanza c’è anche la figlia Ann, che se n’è andata in giro per il mondo allo scoccare dei 18 anni.

La protagonista, nella casa scalcinata e isolata sul polder (che però sente solo sua), è vicina al paesino in cui il fratello Sascha, 60enne scapolo, un po’ sfaticato e indolente, gestisce un pub, ed è proprio da lui che lavorerà.

Poi un po’ di cose accadono: Sascha si innamora di una ragazzina, Nike, che ha la metà dei suoi anni ed un passato di dolore profondissimo.

Nella vita della protagonista arriva anche un’artista che vive poco lontano; quasi coetanea, si chiama Mimi ed è un’ex fiamma di Sascha. Anche lei sta tessendo una nuova trama della sua vita. E’ tornata dopo anni di lontananza dalla fattoria di famiglia e si sta riavvicinando al fratello Arild che ha preso in mano le redini dell’allevamento di maiali e vive isolato dopo essere stato lasciato dalla moglie che l’aveva allontanato da tutti.

Solitudini diverse che si intersecano per nuovi inizi; dalle nuotate della protagonista e Mimi nelle acque del mare gelido ai giri in bicicletta. Arild e Nike fanno parte del nuovo quadro, in cui centrale è il tema della casa, intesa come guscio di relazioni, affetti, sentimenti, radici e tantissimo altro. Un romanzo scritto divinamente che ci porta nelle possibili traiettorie di nuovi inizi, nuovi legami, nuove ripartenze dopo gli errori del passato.

 

 

Dido Michielsen “L’isola della memoria” -Editrice Nord- euro 19,00

Dido Michielsen (nata nei Paesi Bassi nel 1957, ma di origini giavanesi) è autrice di svariate biografie e saggi, mentre questo suo romanzo –ispirato alla vita della sua trisavola- è il primo tradotto in Italia. Per scriverlo è andata alla scoperta di Yogyakarta sull’isola di Giava, si è fatta guidare nei luoghi dei suoi antenati, ha cercato e ricostruito le atmosfere che aleggiano nel libro.

Protagonista è un personaggio femminile che colpisce il cuore con la sua difficilissima esistenza a Giava in epoca coloniale. E’ Isah, nasce nel 1850 a Yogyakarta ed ha il privilegio di crescere nella città-palazzo fortificata del sultano dove la madre lavora come tintora di batik e sarta per le signore della famiglia del sovrano. Isah gioca con le nipoti del sultano e ne subisce anche le angherie, imparando presto che c’è un reticolo inscalfibile di ranghi diversi.

Quando ha 16 anni si ribella al matrimonio combinato dalla madre, se ne va di casa e imbocca una strada perigliosa. Diventa la “Nyai” giovane fanciulla giavanese al servizio di un colono e sua amante; lui è Gey, un ufficiale dell’esercito coloniale olandese di stanza a Giava.

Vive nella sua casa dove gestisce la servitù e sogna di mettere su famiglia con lui. Lo compiace in tutto e nascono due bambine, Pauline e Louisa. Isah si illude che Gey le riconosca e la sposi. Invece lui si dimostra l’omuncolo che è, indifferente alla sorte della giovane e delle figlie, parte per l’Olanda dove l’attende la giovane destinata a diventare sua moglie.

E’ la discesa di Isah agli inferi. Sola, disonorata, senza mezzi, sa di non poter offrire un futuro alle figlie mezzosangue. E’ costretta a darle in adozione a una coppia di coloni olandesi amici di Gey che le crescerà come europee.

Pur di restare accanto alle bambine accetta di diventare la loro “babu”, la bambinaia che le cresce ma non può svelare di esserne la madre. E’ l’inizio di una vita piena di sacrifici, ingiustizia e sofferenze. Vittima impotente delle angherie e della cattiveria della padrona di casa, che la considera feccia, e si vendica delle attenzioni che il marito ha per la giovane madre

L’autrice segue l’amaro destino di Isah che verrà separata dalle figlie, le cercherà inutilmente e infine morirà in miseria e solitudine a 67 anni.

Questa è la sua storia, ma anche quella di migliaia di donne giavanesi che nei 150 anni di dominazione olandese hanno vissuto nell’ombra, senza voce né diritti, concubine, serve e madri dimenticate.

 

 

Barbara Kingsolver “Demon Copperhead” -Neri Pozza- euro 22,00

Il riferimento al “David Copperfield” scritto dal grande Charles Dickens è voluto e per niente casuale; anzi sembra sia stato in un certo senso lo spirito del grande scrittore inglese ad aver suggerito l’idea a Barbara Kingsolver. L’autrice 68enne nata nel Maryland, durante un tour in Gran Bretagna ha trascorso un week end a Bleak House, l’antica dimora di Dickens oggi trasformata in hotel; ed è tra quelle mura cariche di atmosfera, nello studio in cui lui scrisse David Copperfield, che qualcosa le ha ispirato il romanzo.

L’idea è quella di narrare la storia di uno dei tanti ragazzi che la vita mette a durissima prova ancor prima di venire al mondo. Ed ecco la genesi del grande romanzo degli Appalacchi, nel sud della Virginia, in una zona rurale e povera degli Stati Uniti, dove la Kingsolver fa nascere Demon.

Partorito in una misera mobil house da una 18enne in preda ad alcool e droghe, Demon Copperhead, ovvero “testina di rame” (chiamato così per i capelli rossi) parte già dal lato sbagliato della sorte. Il resto è un imponente romanzo di formazione che segue il ragazzo nell’affrontare le prove più dure; dalla miseria alla mancanza di un padre, dagli scontri col patrigno alla morte della madre.

Una vita complicata e in affanno, tra fughe, assistenti sociali, sogni di successo come stella del football, pillole di oppioidi e tantissimo altro. Un romanzo che trasuda humour, passione e voglia di emergere dei “Deplorables”, ovvero gli infelici e invisibili d’America alle prese con povertà ed esclusione infantile. Uno spaccato di realtà che la Kingsolver in parte conosce bene e altrettanto bene ha raccontato, tanto da vincere il Premio Pulitzer 2023…e non fatevi spaventare dalla mole di lettura.

 

 

Will Ferguson “Felicità” -Accento Edizioni- euro 18,00

Cosa succederebbe se scoprissimo il segreto della felicità? Forse sarebbe la fine del mondo che conosciamo. Niente di apocalittico, ma un’ipotesi comunque accattivante che ci prospetta Will Ferguson in questo scoppiettante romanzo.

Al centro di tutto c’è un libro di self-help (auto-aiuto) pubblicato quasi per caso. Edwin Vincent de Valu, alias Eddy, è un editor mediocre che lavora alla Panderic Books Incorporated, sempre alla ricerca del best seller da dare alle stampe. Gli viene affidato il compito di rendere pubblicabile un pesantissimo tomo di 1000 pagine destinate al macero. Si intitola “Quello che ho imparato sulla montagna” inviato alla casa editrice da uno sconosciuto Tupak Soiree.

Eddy convince l’editore di avere per le mani un capolavoro di marketing e futuro campione di vendite; così si ritrova a dover rimaneggiare e rendere più appetibile il testo.

Il manuale insegna ai lettori ad aver maggior cura di se stessi, a orientarsi verso una vita più spirituale che materiale. E’ un successo planetario che conduce le persone ad essere buone, a cambiare completamente la loro scala di valori. Ed è l’inizio della fine della società consumistica che conosciamo. Le conseguenze però sono travolgenti: la gente impara a fare a meno di un’infinità di cose e l’intera economia vacilla.

Un romanzo ironico e irriverente in cui scompaiono le aziende del tabacco, i fast-food, i negozi di alcolici e la vendita di stupefacenti…perché grazie al manuale l’umanità individua i pochi elementi semplici della felicità, incamminandosi su una vita priva di vizi e piaceri superflui….ma non finirà qui. Rinunciare a tutto per trovare pace interiore e felicità è davvero la formula vincente?

 

 

A Rivoli il Giardino delle donne

Anche Rivoli da oggi ha il “Giardino delle donne”

Si tratta dell’ampliamento del Parco Salvemini accessibile tramite ingresso da Via Montenero.
E’ stato inaugurato  dall’assessore alle Pari Opportunità Alessandra Dorigo alla presenza del sindaco Andrea Tragaioli insieme alla Consulta delle donne di Rivoli, promotrice di questa iniziativa.

Donne protagoniste, sempre.
Nel mese a loro dedicato sono stati organizzati diversi appuntamenti per ricordare non solo l’8 marzo, #giornatainternazionaledelladonna,
l’importanza delle donne nella società e le figure che hanno fatto molto per la storia di ogni città, troppo spesso poco conosciute.

(Facebook Città di Rivoli)