redazione il torinese

Scudo a 5 stelle a tutela della sindaca: “Giornalismo crea clima di paura e sospetto”

I grillini torinesi ribadiscono la loro  completa  fiducia nella magistratura dicendo che sono ” vicini alla sindaca assediata e aggredita da un giornalismo che mai avremmo pensato di vedere in un Paese democratico

Come per una sorta di legge del contrappasso ora sono i pentastellati a lamentarsi delle critiche da parte dei giornali. Quasi si trattasse dei vecchi partiti “massacrati” mediaticamente e dalle inchieste giudiziarie. In una nota M5S di Torino sottolinea, a proposito di un presunto avviso di garanzia in arrivo alla sindaca Appendino per i fatti di piazza San Carlo,  coma sia ” triste notare molti organi di stampa sostituirsi alla procura, inscenando processi mediatici e pensando di fare i magistrati”. I grillini sottolineano che da due giorni si parla di avvisi di garanzia in arrivo e  di vertici della Città indagati anche se, fino ad ora, “nessun atto è stato notificato dalla procura che non ha neanche rilasciato dichiarazioni.  Stiamo assistendo a un giornalismo che non può definirsi di inchiesta ma che sta  alimentando un clima di paura e di sospetto – sostengono –  speriamo non perché siamo alla vigilia dell’appuntamento elettorale in Sicilia” I pentastellati torinesi ribadiscono la loro  completa  fiducia nella magistratura dicendo che sono ” vicini alla sindaca assediata e aggredita da un giornalismo che mai avremmo pensato di vedere in un Paese democratico”.

 

(foto: il Torinese)

Anzile dopo l’inaugurazione del 24 ottobre si veste di novità

Anzile controlla giorno dopo giorno la qualità dei prodotti 

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Anzile dopo l’inaugurazione del 24 ottobre si veste di novità. Un grande spazio in Corso Garibaldi 207 per accogliere privati a cui è dedicata la vendita al kg fino alle aziende con richieste massive di prodotti.  Anzile controlla giorno dopo giorno la qualità dei prodotti provenienti da aziende di alto livello nel settore della pasticceria, panificazione e gelateria. 

 

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informazione commerciale

Limone Piemonte intitola una via al Col. Domenico Rossotto

Domenica 18 giugno  Limone Piemonte ha  intitolato una via cittadina al Colonnello Domenico Rossotto, cittadino d’adozione dal 1991. All’Eroe sono stati dedicati anche gli annessi giardini ove è stata innalzata una stele commemorativa in acciaio, creata dall’artista Nino Baudino

La cerimonia presieduta dal sindaco di Limone Piemonte Angelo Fruttero, già Ufficiale medico di complemento degli Alpini, è stata promossa dall’Istituto del Nastro Azzurro – Sezione di Vigevano e Lomellina ed organizzata dall’A.N.A. – Gruppo Limone Piemonte.Erano presenti la figlia del Colonnello, Signora Maria Vittoria Rossotto e i nipoti, tutti residenti a Vigevano.L’Autorità più elevata è il Comandante del 1° Rgt. a. mon. Col. Stefano Panoni.

Dalla zona di raduno per raggiungere la chiesa parrocchiale di San Pietro in vincoli (1^ fase della manifestazione) aprivano lo sfilamento i gonfaloni dei Comuni di Limone P.te e di Vigevano, seguiti dai labari dell’Istituto del Nastro Azzurro- Federazioni provinciali di Torino e di Imperia e Sezione di Vigevano-Lomellina; dell’ A.N.Art.I.- Delegazione del Piemonte e sezioni di Moncalvo d’Asti e Villafranca P.te; dell’Arma Aeronautica; dei Bersaglieri; del Comitato locale di Limone Piemonte della Croce Rossa Italiana; dell’Unione Combattenti e Reduci di Imperia. Chiudevano la sfilata i gagliardetti dei Gruppi locali degli Alpini preceduti dal loro labaro della Sezione di Cuneo.

Dopo la Santa Messa le Autorità e le citate Associazioni si sono trasferite al monumento ai Caduti dove ha avuto luogo l’alzabandiera con la guardia schierante del 1° Rgt. a. mon. di Fossano, che presentava le armi e, a seguire, la deposizione della corona di alloro ai Caduti ad opera del Sindaco e del Comandante del Reggimento. Sono quindi seguite le allocuzioni del Sindaco che ha commentato “Siamo orgogliosi di dedicare una strada del nostro paese al Colonnello Rossotto, un personaggio di grande levatura morale e intellettuale che era molto legato a Limone, dove ha trascorso molti anni della sua vita. Questo vuol essere uno stimolo per la comunità a ricordare le gesta eroiche del nostro concittadino, che rappresenta senza dubbio un esempio di rettitudine per i giovani” e della professoressa Laura Pasquino, del Nastro Azzurro di Vigevano, che ha brevemente ricordato i meriti del Colonnello Rossotto, più avanti riportati.

Il Presidente del Nastro Azzurro di Vigevano – Lomellina, Brigadiere M.A.V.M. Calogero Modica ha sottolineato, con voce incrinata dall’emozione, come sempre il Colonnello abbia messo prima l’uomo, il soldato con i suoi problemi, le sue ansie, i suoi timori e ha concluso come sia “nostro dovere ricordare l’operato di questo grande uomo, che ha speso tutta la vita per insegnarci con il suo esempio l’Amor di Patria, il rispetto delle istituzioni e l’importanza delle tradizioni, per non dimenticare chi si è immolato per conquistare la libertà di cui godiamo”.

È stato quindi il turno degli Alpini con il Presidente del Gruppo Alpini locale Fedele Gertosio che ha ringraziato tutti gli intervenuti e un grazie speciale l’ha riservato all’artista Nino Baudino, che, con la sua opera, sancisce un rapporto decennale con gli Alpini di Limone P.te. Subito dopo il Vice Presidente della Sezione A.N.A. di Cuneo, Marco Agnello, ha plaudito l’iniziativa, rammaricandosi che altri Gruppi Alpini non siano potuti intervenire per concominanti impegni nella bassa cunese.

 

Per ultimo lo speaker ha invitato il Delegato Regionale A.N.Art.I. del Piemonte e della Valle d’Aosta, Gen. Luigi Ghezzi, a prendere la parola. Il Generale, in rappresentanza del Presidente Nazionale- Gen. Rocco Viglietta- ha portato il saluto dello Stesso e dell’Associazione tutta ed ha ringraziato il Presidente Nazionale del Nastro Azzurro, Gen. Carlo Maria Magnani, per la squisita delicatezza nell’aver voluto coinvolgere nella cerimonia anche gli Artiglieri d’Italia, considerato che il Colonnello Rossotto era sì Alpino, ma pur sempre innanzitutto Artigliere, uscito dalla storica e gloriosa Regia Accademia di Artiglieria e Genio di Torino (cosa tra l’altro confermatami dalla Figlia).

Il Delegato, prendendo spunto dalle parole del Parroco, Don Elio Dotto, chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la vita per causa mia, la troverà, a commento del Vangelo e dalle parole Soldato, riferita al Colonnello e Soldati ai suoi Artiglieri (Ufficiali, Sottufficiali e Truppa), ha esordito ricordando quanto appropriatamente il Cappellano militare della Caserma Piave di Civitavecchia propose, come riflessione, agli Artiglieri del 13° Gruppo “Magliana” l’accostamento del Soldato a Cristo. Esso, il Soldato, è chiamato a sacrificarsi- financo con la vita- per il Prossimo e questo è schietto altruismo, vera e propria negazione di quell’egoismo che- il Vangelo ammonisce- fa perdere la vita.

L’altra parola chiave è “Soldato”. Sì soldato perché tale termine identifica maturità, responsabilità, disciplina, dovere. E qui il pensiero ci riporta indietro, alla Cresima, quando il Vescovo, con l’imposizione delle mani sul capo e l’unzione della fronte col Sacro Crisma, stigmatizza la piena maturità Cristiana del cresimato, definendolo Soldato di Cristo.

Tornando a noi militari, la cosa più importante dell’uniforme sono le stellette che si portano sul bavero della giubba. Queste stanno sopra le mostrine proprio a ricordare che al di sopra dell’artigliere, dell’alpino, del bersagliere, etc c’è lui, il soldato. E il Colonnello Rossotto era un vero Soldato, un Comandante a tutto tondo: intelligente, capacità professionale superba, prontezza e lucidità di valutazione anche in situazioni più estreme, cura costante dei dipendenti, coraggio. A ciò univa un’eccezionale dirittura morale (esempio, non chiacchiere), che le conquistava la stima e l’affetto dei suoi soldati: non a caso i suoi Artiglieri lo chiamavano “papà Rossotto”. Era un autentico trascinatore: i suoi Artiglieri avevano estrema fiducia in lui e lo seguivano dovunque.

Tutti i vivi all’assalto! Il mio Gruppo alla baionetta con me tra tre minuti!” E al terzo minuto, al grido di “Savoiaaa!“, pistola in pugno, strappando con i denti la sicura della bomba a mano, si lanciò contro i fanti Russi. Tutti i soldati, anche gli addetti ai servizi – furieri, telefonisti, infermieri, dottori, cucinieri, conducenti e addetti alle salmerie – baionetta inastata, scattarono in avanti e questa massa di disperati riesce a ricacciare i Russi e a rompere l’accerchiamento fatale. Questo era il Colonnello Rossotto: una superba figura di Comandante. A Lui si attaglia in pieno il Pensiero di Sant’Agostino in merito al Comando: Rossotto infatti esercitava il comando non per primeggiare, ma per amore di provvedere al bene e – aggiungo io – alla salvezza dei suoi Artiglieri. Dopo le allocuzioni, il Sindaco, il Comandante del 1° Rgt. a. mon. e la Signora Maria Vittoria Rossotto hanno scoperto la targa della via intitolata al Colonnello e la stele a ricordo dello Stesso posizionata negli gli adiacenti giardini.

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IL COLONNELLO DOMENICO ROSSOTTO (di Prof. Laura Pasquino )

Domenico Rossotto è stato Comandante del Gruppo Conegliano del 3° Reggimento Artiglieria da montagna della Divisione Julia dal 1937 al 1943, prima durante la campagna di Grecia e poi sul fronte russo-franco, guidando i superstiti della colonna Rossotto e portando in salvo il gruppo nella ritirata del Don. Per i suoi atti eroici in guerra è stato insignito di ben quattro Medaglie d’Argento al Valor Militare e della Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare d’Italia Nel 1985 il Comune di Conegliano (TV) gli ha conferito la cittadinanza onoraria, mentre nel 1992 alla sua memoria è stata intitolata la sede del Gruppo Alpini di Limone Piemonte, dove risiedeva negli ultimi anni di vita. È autore del libro “Ricordi di guerra”, dove racconta il suo passato militare. Inoltre, viene citato nel libro di Giulio Bedeschi “Centomila gavette di ghiaccio” con lo pseudonimo di Colonnello Verdotti.

Questo è tutto sulla cerimonia di Limone P.te.

Non posso però chiudere senza citare quanto il Generale di Corpo d’Armata Umberto Ricagno, già Comandante della Divisione Alpina Julia scrive del Colonnello Domenico Rossotto in un rapporto informativo, datato Bari 26 marzo 1952 ” …Uomo riflessivo e di sangue freddo, pieno di risorse, in situazioni assai difficili dimostrò alta capacità e leggendario valore. …”

Il Delegato Regionale Luigi Ghezzi

 

“Galuperie” al castello

Castello della Manta, Manta (CN) domenica 5,12,19 e 26 novembre 2017, dalle ore 14.30 alle 17.30

 

Nella cornice del Castello della Manta, bene del FAI – Fondo Ambiente Italiano a Manta, sulle colline del Cuneese, per i pomeriggi di domenica 5, 12, 19 e 26 novembre 2017, dalle ore 14.30 alle 17.30, torna l’appuntamento con la manifestazione Galuperie: gli appassionati di arte, musica e buon cibo avranno un’occasione straordinaria per scoprire le sale del maniero sulle note di antiche melodie e per farsi “prendere per la gola” con degustazioni di prodotti tipici e dolci prelibatezze d’autunno. Il percorso di visita svelerà i maestosi interni del castello, famoso per i suoi ampi saloni cinquecenteschi e per gli straordinari affreschi del Salone Baronale, gioiello dell’inizio del Quattrocento con importanti testimonianze figurative del gotico internazionale tra cui la celebre Fontana della Giovinezza. Si continuerà con la Chiesa di Santa Maria del Rosario sempre con narratori di eccezione, i volontari del FAI. I quattro pomeriggi domenicali saranno caratterizzati da un’atmosfera speciale perché i visitatori potranno vivere un momento musicale d’eccezione: sarà infatti possibile ascoltare programmi del periodo barocco: inaugurerà il 5 novembre “La Ciaccona Italiana” con musica del Seicento italiano su basso di ciaccona per continuare con il “Barocco Francese” di domenica 12 novembre. Il pomeriggio del 19 invece vedrà come protagonista “Francesco e Riccardo Rognoni – la nascita del virtuosismo violinistico” per concludere domenica 26 novembre con “La voce del violoncello” – Musica per violoncello solo dalle origini a J.S. Bach, tutto sotto la direzione artistica del maestro Bruno Raspini. I volontari del FAI, inoltre, proporranno laboratori manuali per grandi e piccini. Verranno inoltre proposte degustazioni, dolci e salate, di prodotti caratteristici del territorio montano: tisane, succhi di frutta, biscotti, le tipiche galuperie autunnali che sapranno conquistare i visitatori più golosi.

Le degustazioni non sono incluse nel costo del biglietto.

 

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Giorni e orari: domenica 5, 12, 19 e 26 novembre 2017, dalle ore 14.30 alle 17.30.

Le visite al castello partiranno alle ore 14.30, 15.30 e 16.30 per gruppi di massimo 35 persone

PRENOTAZIONE CONSIGLIATA

Ingressi: Intero: € 10; Ridotto (4-14 anni), Iscritti FAI e residenti € 6

I dubbi interpretativi di Gabriel Garko, tra il vecchio Barrymore e la signorilità di Pagliai

Bel faccino e fisico aitante ma lato interpretativo a quota zero o poco più, Andrew Rally è un divo del piccolo schermo che reduce dalla solita fiction di successo decide un giorno di votarsi al palcoscenico: ovvero rinunciare temporaneamente a qualche milione di dollari per rifarsi una faccia d’attore un po’ più pulita. E con il ruolo di Amleto che farebbe tremare a chiunque le vene e i polsi. Dal mondo dorato di Los Angeles ai patemi di New York il passo è breve e trovare casa nella casa del Greenwich dove negli anni Venti visse il grande John Barrymore, Amleto d’oltreoceano per eccellenza, attraverso i consigli di una svampita agente immobiliare, è cosa presto fatta. Se poi l’agente è anche un po’ medium, perché non stimolare in una traballante seduta lo spirito del vecchio a venire in aiuto del ragazzo a corto di mezzi e d’esperienza? Cigolii e lampi improvvisi ed eccoti là nel grande salone servito il John in calzamaglia e giacca di velluto neri, a lavorare sull’essere o non essere per sei mesi: per ritrovarsi alla fine, dopo la prima, con un pubblico annoiato e una critica con il pollice verso, con un risultato decisamente opaco. Sarebbe la depressione totale se davanti al ragazzo non si ripresentasse (perché già prima aveva tentato di dissuaderlo) il regista dei suoi successi televisivi con la sua nuova barcata di soldi: Andrew dovrà ora decidere se e come crescere, se affrontare il nuovo personaggio di giovane insegnante nell’America di oggi e continuare a reclamizzare le solite merendine tanto redditizie.

Odio Amleto, scritto da Paul Rudnick nel 1991, in scena all’Alfieri fino a domani ad inaugurare la stagione del “Fiore all’occhiello” di Torino Spettacoli, è una di quelle commedie molto lineari e prevedibili che proseguono a divertimento intermittente o che sparano tutti i loro colpi nella prima parte per sedersi a fiato corto nel seguito con buone zone di noia. Si scomoda Shakespeare, si camuffano brevi suoi brani, si va a finire negli insegnamenti e nella signorilità dell’uno (ah! i ringraziamenti, anche quelli, diceva un vecchio autore e regista teatrale scomparso, Aldo Trionfo, di cui nessuno si ricorda più) confrontati con il naïf che è ben ancorato nel cuore di Andrew, si contorna il tutto con figurine più riuscite altre decisamente no (la fidanzatina ventinovenne e vergine, avversa al sesso prematrimoniale, che prova a essere Ofelia), si condisce il tutto con un dialogo che dovrebbe sfavillare ma che a tratti s’ammoscia e non trova la strada del più schietto e allargato divertimento. E anche la regia di Alessandro Benvenuti la si vorrebbe più tagliente e cattiva, più corrosiva nel fronteggiare due mondi lontani anni luce e invece è lì più a inquadrare e a rincorrere il piccolo effetto del momento. Ugo Pagliai “porge” con eleganza le proprie battute e gigioneggia e sbevacchia meno – crediamo – di quanto non facesse il suo Barrymore, Paola Gassman trova, come uscendo da un altro testo, un angolo di ricordi e di danza con il reduce di una lontana avventura, Annalisa Favetti centra in pieno la sua agente e la sorpresona Guglielmo Favilla a tratti mette in ombra tutti quanti nell’irruenza senza tregua del suo regista imbonitore. E poi c’è lui, Gabriel Garko, che tutti aspettano al varco, un attore su cui persino Ronconi un giorno volle scommettere, assieme a Zeffirelli e Ozpetek. È il suo testo, quello che pare scritto apposta per lui, divetto televisivo prestato al palcoscenico, lo ha ammesso: e allora godiamocelo così come è, con i suoi inciampi, con la sua dizione rattoppata, con la sua s imperfetta, con i vuoti non riempiti quando ascolta i colleghi con le loro battute, con la sua unica espressione, con quei tentativi di salire il primo gradino della recitazione. L’importante è partecipare, diceva quel tale: tanto poi magari dietro l’angolo c’è un’altra bella (ed economicamente corroborante) serie di Canale Cinque ad aspettarlo, fatta di onori rispetti peccati e vergogne. Qui c’è già un bel coraggio ad autoironizzarsi, a scendere in pista.

 

Elio Rabbione

Mondiali di Scacchi seniores sui colli piemontesi

Scacchi mondiali in Monferrato con 57 nazioni e  320 scacchisti partecipanti alla 27esima edizione dei Mondiale seniores, che si tiene al Pala congressi di Acqui Terme dal 7 al 18 novembre. Su 30 scacchiere elettroniche saranno trasmesse in diretta online le partite più importanti. L’importante evento sportivo fa parte di Monferrato Comunità europea dello sport 2017, e si svolge in due tornei per seniores, dai 50 ai 64 anni e dai 65 e oltre. Il giocatore più anziano è Antonio Pipitone: 91 anni, di Parma. E’ previsto un annullo filatelico ad hoc.

La timida migrazione d’autunno

LE POESIE DI ALESSIA SAVOINI
Soccombe la gravitante condizione sull’ingiallita foglia
frenante è la caduta per un palpabile attrito
che si respira appena.
Trasuda l’affanno di un albero stanco
dalla corteccia si screpola il tempo circoscritto
attonito al crepuscolo l’uccello che migra
sentì in cuor suo il giorno per cui cambiar stagione.
E ancor si desta su quel ramo spoglio
per un’attesa che ogni estate valse
e chi volar non può s’accinge ad addormentare il suo corpo,
la radice che s’infrange nel fango non fa rumore.

Liti tra vicine finiscono con l’accusa di stalking

Sono finite in Tribunale le ripetute liti tra due vicine di casa. I fatti a Chieri, dove una 45enne è imputata di stalking contro la dirimpettaia. Ma respinge ogni addebito. L’accusa è di aver tenuto la musica a tutto volume, aver sbattuto per 130 volte il portoncino del pianerottolo e persino  aver collocato teste di topo morto sullo zerbino della vicina, oltre ad averla insultata. A gennaio l’udienza, che avrà come testimone anche lo scrittore Alessandro Baricco, del quale la presunta vittima lavora come colf. All’imputata, nel 2016, era stato ordinato il divieto di dimora a Chieri e di avvicinarsi alla vicina.

Gabelle e non pedaggi

Il detto che vuole l’Italia dei cento campanili e delle differenze tra regione e regione e tra città e città trova la conferma nel diverso trattamento riservato agli automobilisti, quando utilizzano le autostrade e le tangenziali.  I romani, ad esempio non pagano il pedaggio per utilizzare il GRA (Grande Raccordo Anulare), così i catanesi per la loro tangenziale ed in parte anche i milanesi.  I torinesi, invece, pagano tanto e da tanto tempo. Nel frattempo negli scorsi decenni, più o meno intorno agli anni ’90, le società di gestione delle autostrade da pubbliche sono diventate praticamente private, incamerando cospicui utili sulle spalle dei già tartassati automobilisti. Per esempio, la concessione trentennale dell’ATIVA, scaduta il 31 agosto 2016, è stata prolungata (e meno male che una direttiva europea vieta questo tipo di proroghe!) e si è in attesa di una gara che dovrebbe riguardare tutto il sistema autostradale piemontese – oltre trecento chilometri – più la Torino-Piacenza fino al 2030. Molti automobilisti, per evitare il pedaggio dei molti, troppi caselli, escono e rientrano in tangenziale, scaricando così sui Comuni della cintura inquinamento ambientale, acustico e traffico. Questo ha determinato che siano stati depositati sia in Consiglio regionale sia in alcuni Comuni della cintura una serie di ordini del giorno e di mozioni, in cui si chiede lo spostamento del tal casello, l’arretramento o l’eliminazione di quell’altro .  Di questo si parlerà in un convegno organizzato dall’Associazione Metro Rivoli venerdì 10 novembre alle ore 20.30 a Rivoli.  Ciò che fino ad ora è mancato è la semplice richiesta, scaduta la concessione trentennale di ATIVA, che ha ampiamente pagato e strapagato l’opera, di eliminare i caselli ed i pedaggi con i relativi problemi. Meno traffico significa meno inquinamento e più salute.  Qualcuno avrà il coraggio politico e civile di fare una proposta del genere? Lo vedremo nei prossimi mesi. Di autostrade torneremo, prestissimo, a parlare.

D’Abbraccio/Gleijeses tra ribellione e rappacificazione

“Filumena Marturano” di Eduardo, regia di Liliana Cavani, per la stagione dello Stabile


Quante Filumene. Titina prima, poi via via Regina Bianchi e Moriconi, Isa Danieli e Sastri e Melato, senza contare la Sophia nazionale con il film di De Sica. Il testo è uno dei capisaldi del Novecento, non parliamo della fama di questa donna indomita che rappresenta l’assoluta libertà e il sacrificio delle madri del mondo. Il testo di Eduardo, datato 1946, è grande e lo hai visto tante volte, eppure questo titolo-monstre ti acchiappa sempre e ti fa ad ogni occasione tornare la voglia di andare a teatro. Che avrà fatto questa volta il regista (per carità, lasciatelo così come l’autore l’ha scritto, non pensate di rigirarlo come usano fare oggi certi metteurs en scène della lirica, scongiurerebbe qualcuno…), quale voce e quali gesti usciranno dalla bravura dei protagonisti. Per cui ti vai “anche” a vedere Mariangela D’Abbraccio e Geppy Gleijeses. Ed è vera, enorme bravura. Di lei, che scende nella sua madre con tutta la rabbia e l’ardore e l’artistico sotterfugio che a sipario appena aperto già è concluso, balzata dal letto a ribadire la propria dignità di donna, a rigovernarsi i capelli, a ripiegare la “robba” finalmente sua e sopratutto a reclamare pienamente uno status che per anni, venticinque lunghi anni, ha inseguito, quando lui la tolse diciassettenne da un povero basso e dalla fame per farle abbracciare il mestiere più antico del mondo. E poi, con quei sentimenti rimessi in gioco, nell’andare a raccogliere i tre figli disseminati che per anni ha sorvegliato, tre differenti caratteri, tre diversissime professioni, un incrociarsi di spavalderia, di giocosità familiare, di pacatezza; nel suggerire a Domenico Soriano, a Dun Mi’, la verità di una paternità inattesa verso uno di quei tre ragazzi e di uno soltanto, nel portarlo davanti al prete, nel ritrovare una calma che tuttavia non può ancora cancellare qualche battito di troppo del cuore. E di lui, che percorre l’opera tutta dall’esasperazione della belva presa in gabbia, del maschio svelato che dovrà prima o poi rinunciare ad un passato di comodità e privilegi, che dovrà affrontare un percorso di educazione sino alla rappacificazione punteggiata da un “papà!”, convinto e privo di ogni sdolcinatura, che arriva dalla bocca dei figli.

A dirigerli Liliana Cavani, l’autrice di “Galileo” e di “Portiere di notte” e del doppio “Francesco”, alla sua prima prova teatrale (lei che al di là di quelle cinematografiche tanto ha già frequentato i teatri lirici). Ha compattato lo spettacolo, cancellando gli intervalli, ad un’ora e 50’, è stata giustamente attenta a non allontanarsi dalla tradizione e dal naturalismo che la fa da padrone, ha scavato negli angoli più intimi dei suoi due attori, li ha fatti esplodere e li ha tenuti a bada, ha costruito con saggezza – dentro le scenografie di Raimonda Gaetani, la camera da letto e il salotto buono di chi ha fatto fortuna, senza dimenticare le sonorità della chitarra e il resto di Teho Teardo che accompagnano con struggenti melodie la vicenda – la lotta quasi fisica del primo atto, pedana di una doppia ribellione, con una stretta napoletaneità, con un linguaggio esasperato, con un gesticolare plateale, con le voci alte, gettate l’una contro la faccia dell’altro: mentre poi ha asciugato parole e gesti verso i territori della conciliazione, della tranquillità, della famiglia salvaguardata, in un percorso dove ogni sconquasso poco a poco si rimette al proprio posto, rallentandosi i tempi, le azioni, le voci. Sino al quadro finale. Una regia che non si pone soltanto al servizio “freddo” del testo e della volontà dell’autore, ma che butta là una personalissima cifra, ovvero non ancorando la vicenda agli anni dell’immediato dopoguerra, sino a schiacciarla, ma lasciandola venire un po’ più verso di noi, senza troppe ristrettezze. Con i più giovani attori, che pur con qualche inciampo rientrano appieno nel successo dello spettacolo, non possono passare senza citazione le prove di Mimmo Mignemi, uomo tuttofare di Soriano da sempre, che sfugge a tratti dal partenopeo per tradire origini siciliane, e soprattutto di Nunzia Schiano, “salvata” da Filumena, pure lei a squadernare un passato fatto di sacrifici e un presente dove per i figli non c’è più posto (bravissima: del resto, basterebbe ricordarla come madre di Siani in “Benvenuti al Sud”, pronta a sfornare per colazione strani sanguinacci ad un Bisio quantomai sconcertato e recalcitrante).

 

Elio Rabbione