redazione il torinese

Venti di guerra in Medio Oriente

FOCUS INTERNAZIONALE  di Filippo Re

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È stata la più massiccia ondata di cacciabombardieri lanciata negli ultimi tempi da Israele contro la Siria che ha risposto a sua volta con una potenza di fuoco eccezionale. Un simile inferno di missili e bombe non si vedeva dai primi anni Ottanta, come ha ricordato il comandante dell’aviazione militare di Tel Aviv. Erano i tempi dell’operazione “Pace in Galilea” nel 1982, il nemico numero uno dello Stato ebraico non era più la Siria di Hafez al Assad ma i palestinesi che agivano dal Libano per colpire il territorio israeliano. L’obiettivo del governo

Begin-Sharon era quello di respingere a 40 chilometri oltre la frontiera la guerriglia dei palestinesi che minacciava il nord di Israele. Dopo l’annessione del Golan siriano da parte di Israele nel 1981 il confronto si spostò in Libano dove operavano le basi palestinesi. Ma quella missione militare si trasformò in un tragico conflitto che coinvolse anche Beirut con decine di migliaia di morti. Oggi invece aumenta il rischio di un coinvolgimento di Israele nella guerra levantina. In Siria non solo non è finita la guerra ma c’è il pericolo che lo scontro tra Israele e l’Iran si allarghi al Paese dei Cedri dove gli Hezbollah filo-iraniani possono contare su un arsenale di 100.000 missili, un armamento sofisticato e ben superiore a quello dell’esercito libanese. Putin ha annunciato di recente che la missione in Siria era terminata ma la realtà sul campo è ben diversa. Basta guardare ciò che avviene: americani, russi e siriani continuano a bombardare, gli israeliani si difendono dai droni iraniani e contrattaccano pesantemente, i turchi invadono l’enclave curda, gruppi di jihadisti irriducibili resistono in alcune aree, e tutti vogliono ritagliarsi una fetta di territorio per restarci.

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La tensione nella regione rischia quindi di crescere dopo i recenti eventi bellici. Secondo gli analisti militari, la prossima guerra tra Israele, Iran e gli Hezbollah libanesi si combatterà in Siria per poi estendersi al Libano da dove il movimento sciita è in grado di colpire le città israeliane. La presenza militare di Hezbollah nel sud del Libano, armato dagli iraniani con carichi di armi che attraversano l’Iraq per raggiungere il movimento sciita con il via libera di Damasco e dei russi, allarma sempre più Israele nel mirino del “Partito di Dio” sia dal Libano che dalle alture del Golan. Gerusalemme teme che, nell’arco di poco tempo, il sud della Siria diventi una base iraniana. Nel bombardamento israeliano del 10 febbraio nella provincia di Homs, presso Palmira e a sud di Damasco sono stati distrutti la postazione mobile da cui è partito il drone iraniano diretto in Israele e depositi di armi e batterie di difesa antiaerea. La base attaccata, conosciuta come aeroporto militare T4, è usata dall’esercito siriano e anche da russi e iraniani. L’abbattimento di un F-16 con la stella di David dai missili siriani, con un pilota gravemente ferito, è stata una vera sorpresa per lo stato maggiore israeliano. Era dalla guerra del Libano del 1982 che l’aviazione di Gerusalemme non perdeva un aereo in battaglia. I nemici dello Stato ebraico, siriani ed hezbollah, avevano distrutto finora solo droni da ricognizione senza pilota. La battaglia sui cieli siriani di alcuni giorni fa rischierà di ripetersi su larga scala se droni iraniani o missili di Hezbollah oseranno oltrepassare le “linee rosse” tracciate dagli strateghi israeliani. Fino a quando la Russia, vincitrice della guerra siriana, alleata di Damasco e Teheran e forte militarmente sul terreno, consentirà a israeliani, iraniani e ai suoi alleati libanesi di farsi la guerra nel teatro siriano? Toccherà proprio ai russi, che per il momento lasciano libertà di manovra agli attori presenti in Siria, monitorare attentamente la situazione sul campo per evitare l’allargamento del conflitto. In una Siria “occupata” da potenze grandi e piccole e dove il governo di Bashar al Assad controlla di fatto solo poche porzioni di territorio, i fronti di guerra si moltiplicano e le alleanze si formano e si sfasciano con troppa naturalezza. Hanno ragione i siriani a gridare al mondo che il loro Paese è tutt’altro che pacificato. Dopo il diluvio di bombe scaricate dai caccia americani sulle truppe di Assad a est dell’Eufrate nella zona di Deir ez Zour, ricca di giacimenti di petrolio, lo scenario siriano si è complicato ancora di più dopo i raid dell’aviazione siriana e degli alleati russi sui sobborghi di Damasco in mano ai ribelli che hanno causato la morte di oltre 230 civili.

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Secondo l’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Zeid Raad al-Hussein, potrebbero costituire crimini di guerra. L’agenzia delle Nazioni Unite sarebbe in possesso di materiale video sul possibile utilizzo di sostanze tossiche nei primi giorni di febbraio contro la città ribelle di Saraqeb, nella provincia di Idlib. Per l’Alto commissario delle Nazioni Unite “la situazione in Siria grida l’urgenza di essere portata davanti alla Corte penale internazionale”. Anche i francesi incolpano le brigate di Assad di aver usato nuovamente ordigni chimici ma Mosca, alleato del rais, smentisce ogni accusa. Mentre il regime cerca di riprendere i territori rimasti in mano agli insorti si continua a combattere anche nelle province di Deir ez Zour e di Idlib, ad Hama, nella regione curda dove è caduto un elicottero militare turco, attorno alla capitale Damasco e perfino ad Aleppo, a un anno dalla riunificazione della città. “Pensavamo che nella nostra città la battaglia fosse terminata per sempre, racconta padre Firas Lufti, francescano aleppino, ma invece sembra che si stiano aprendo altri capitoli di questa terribile e infinita guerra le cui conseguenze ricadono soprattutto su donne, bambini e anziani”. A ciò si aggiunge il peggioramento della situazione sanitaria nel Paese per mancanza di medicine e cure ospedaliere. Secondo gli ultimi dati dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, il 70% dei siriani vive in condizioni di estrema povertà, il 50% degli ospedali pubblici e delle cliniche sono fuori servizio e oltre il 70% del personale sanitario tra medici, infermieri e tecnici è fuggito a causa del conflitto. Nel vicino Iraq le armi tacciono ma non gli attentati che fanno crescere lo spettro di un nuovo Isis ancora più pericoloso. La ricostruzione del Paese è urgente: se gli iracheni restano senza casa e lavoro sorgeranno presto nuovi estremismi. Una prima risposta arriva dalla Conferenza dei Paesi donatori a Kuwait City che cerca di rimettere in piedi case, scuole e strade con 90 miliardi di dollari.

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Dal settimanale “La Voce e il Tempo”

Grimaldi (Liberi e Uguali): Lapo ci aiuti a far pagare le tasse alle aziende in Italia

“Io, gratis, sarei onorato di aiutare l’Italia a rilanciarsi a livello mondiale. Mi offro volontario, a disposizione di qualsiasi governo avremo da qui a un mese. Sogno di aiutare il mio Paese”. Così ha dichiarato Lapo Elkan in un’intervista su Vanity Fair. “Lapo, grazie” – risponde il candidato di Liberi e Uguali alla Camera Marco Grimaldi. – “Noi accetteremmo senz’altro e ti chiederemmo di aiutarci in una cosa in particolare: riportare in Italia tutti i capitali di quegli imprenditori che hanno trasferito la residenza, la sede fiscale e la sede legale all’estero, lontano da dove producono. Sì, lo so, ci sarebbe anche l’azienda di famiglia. Ma è per l’Italia, il Paese che ami”.
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COMUNICAZIONE 

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Scarafaggi nel frigo del ristorante

Tra le altre carenze igieniche, c’erano anche  scarafaggi nel frigorifero di un ristorante etnico in zona San Salvario / corso Bramante. Le irregolarità sono state riscontrate dalla polizia municipale e dai tecnici  dell’Asl. Le condizioni igieniche erano  precarie, così come lo stato di conservazione degli alimenti. Ai titolari la multa di tremila euro e la diffida dal proseguire l’attività. In un altro esercizio commerciale a  Porta Palazzo sono state invece sequestrate 559 confezioni di alimenti, pesce e carne fresca ed essiccata, senza l’etichettatura in lingua italiana.

Guttuso e la bella società

Di Enzo Biffi Gentili

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Alla Galleria d’Arte Moderna di Torino è programmata dal 23 febbraio al 24 giugno 2018 un’importante antologica dedicata a Renato Guttuso. Si tratta di un evento obbiettivamente rilevante, anche perché a partire dalla sua morte la sua opera è stata sempre meno considerata della critica e del mercato dell’arte. Sul tema di questa svalutazione del pittore rosso di Bagheria era intervenuta alla fine dell’anno scorso Alessandra Mammì (Perché abbiamo dimenticato Renato Guttuso, uomo simbolo dell’arte comunista, in “L’Espresso”, 22 dicembre 2017), preannunciando la mostra della GAM, e citando tra virgolette una dichiarazione d’intenti del suo curatore, Pier Giovanni Castagnoli, secondo cui l’esposizione torinese “nella ricorrenza della Rivoluzione d’Ottobre”, che ebbe come si sa il suo climax nell’ottobre 1917, “vuole riconsiderare il rapporto fra politica e cultura attraverso l’esperienza politica di Guttuso e le sue opere civili dagli anni Trenta ai Funerali di Togliatti del 1972”. Senonché il titolo della mostra ora è divenuto Renato Guttuso. L’arte rivoluzionaria nel cinquantenario del ’68. Non è evidentemente la stessa cosa: possiamo capire che siamo nel 2018, e quindi i conti di un anniversario tornano meglio, ma ci sembra che considerare la pittura di Guttuso, come del resto la politica e la cultura del PCI di cui fu un gran bonzo, strettamente connessa al 68, sia una forzatura. Certo, qualche quadro fu dal nostro dedicato al maggio francese, anche perché almeno agli inizi i comunisti vedevano nel movimento degli studenti un’opportunità di messa in crisi del capitalismo occidentale. Ma il 1968 fu anche l’anno della Primavera di Praga, della quale Guttuso non sembrò accorgersi molto.

 

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E pure nel 1972, nel celebre quadro Funerali di Togliatti, come ha notato Paolo Mieli l’anno passato in un suo racconto-lezione tenuto a Spoleto in occasione della ricorrenza della Rivoluzione comunista, sono raffigurati “Lenin, Stalin, Dolores Ibarruri” ma non “Trotzky, Krusciov, Mao, Fidel Castro, Che Guevara, Solgenitsin, Dubcek”. Guttuso fu quindi perfetto esponente della sostanziale ambiguità dei comunisti italiani nei confronti dell’URSS , e della strumentalità nei riguardi del 1968, non subito completamente avvertita da quel movimento studentesco (ma da quelli successivi per fortuna sì, e basti pensare alla “cacciata di Lama” dall’Università di Roma nel 1977). Insomma, più che al libertario 68, vien da associare Guttuso, soprattutto alla fine del suo percorso, tra prelati ed eredi e amanti e Andreotti, a certa bella società, chiamiamola così, italiana e romana. E sulla qualità della sua figura e della sua pittura occorrerebbe anche rammentare ai visitatori torinesi le fulminanti battute di due suoi colleghi davvero liberi: Marino Mazzacurati definì sarcasticamente un primo periodo della pittura del nostro come una “picassata alla siciliana”; mentre Bruno Munari -lui sì artista e designer di altissimo valore internazionale- scrisse di un suo “grandissimo quadro di protesta sociale dove si vedono miserabili contadini massacrati a pedate dai capitalisti (quadro carissimo acquistabile solo da capitalisti per il salotto della villa a Varese)”.

Wildlife Photographer of the Year 53

FINO AL 10 GIUGNO

Bard (Aosta)

Un’immagine – macigno. Di forte impatto emotivo, ma allo stesso tempo di grande profilo artistico. La foto ritrae, in tutta la sua straziante crudezza, un rinoceronte nero appena ucciso e mutilato dei suoi due corni all’interno del Parco Hluhluwe Imfolozi, la più antica riserva naturale africana, e documenta la grande piaga del bracconaggio che, in quell’area dell’Africa, fa della rivendita al mercato nero dei corni dell’animale una fonte di lucro non indifferente e totalmente sorda nella sua inaudita crudeltà ai

 

divieti imposti dall’uomo e alle leggi della natura. Realizzato dal sudafricano Brent Stirton – che ha dichiarato di aver visto almeno una trentina di scene similari durante il suo reportage all’interno della riserva – lo scatto fotografico ha per titolo “Memorial to a species” (Monumento alla specie) ed è il vincitore assoluto della 53esima edizione del “Wildlife Photographer of the Year” ( il più importante riconoscimento dedicato alla fotografia naturalistica promosso dal Natural History Museum di Londra ) di cui il Forte di Bard ospita, per il nono anno consecutivo, la prima tappa del tour italiano. Negli storici spazi della spettacolare roccaforte valdostana – riedificata nell’800 da Casa Savoia, ma di cui si ha notizia come presidio ostrogoto fin dal VI secolo d. C.- si potrà così visitare, fino al prossimo 10 giugno, una mostra fotografica di altissimo livello incentrata sugli scatti naturalistici più spettacolari realizzati a livello mondiale nell’arco del 2017. Cento le foto portate in rassegna e vincitrici delle sedici categorie in cui si articola il Premio: immagini che ritraggono l’incredibile biodiversità esistente sul pianeta, dai comportamenti di animali quasi sconosciuti a mondi subacquei nascosti e misteriosi, selezionate fra le oltre 50mila giunte da 92 diversi Paesi e giudicate da esperti internazionali sulla base dell’originalità e di ben precisi e assodati criteri artistici e tecnici. Fra i premiati, anche cinque italiani, fra cui la giovanissima Ekaterina Bee, vincitrice nella categoria “10 Years and under”. Insieme a lei, Stefano Unterthiner finalista nelle categorie “The Wildlife Photojournalist Award” e “Story e Urban Wildlife”, Marco Urso finalista nella categoria “Behaviour”, Hugo Wasserman e Angiolo Manetti finalisti rispettivamente nella categoria “Urban Wildlife” e “Earth’s Environments”. E’ invece olandese il fotografo dell’anno per la “Categoria Giovani”. Si chiama Daniel Nelson e si è aggiudicato il primo premio con il ritratto di un gorilla felicemente sdraiato, nella foresta del Parco Nazionale di Odzala (Repubblica del Congo), mentre mangia con gusto un frutto dell’albero del pane. A corollario della rassegna, il Forte propone anche una serie di eventi a tema. Sabato 14 aprile è in programma una conferenza-incontro con Angiolo Manetti e Marco Urso, due dei cinque fotografi italiani premiati, mentre il 5 e il 6 maggio si terrà il “Master of Wildlife Photography” condotto da Stefano Unterthiner – anche lui fra gli italiani vincitori – e da Emanuele Biggi, biologo e fotografo nonché conduttore della trasmissione “Geo” su Raitre. Eventi su prenotazione: tel. 0125/833886eventi@fortedibard.it

Gianni Milani

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“Wildlife Photographer of the Year 53”

Forte di Bard (Aosta), tel. 0125/833811 – www.fortedibard.it

Fino al 10 giugno

Orari: da mart. a ven. 10 – 18; sab. dom. e festivi 10 – 19

 

 

Torna la domenica senza traffico, in Ztl stop alle auto dalle 10 alle 18

Prosegue anche il 25 febbraio l’iniziativa delle “Domeniche per la Sostenibilità”, un appuntamento mensile promosso dalla Città che prevede la chiusura al traffico privato della ZTL Centrale. “Tutti potranno sperimentare modalità di trasporto che, spesso, non si conoscono o che non vengono considerate abbastanza efficaci o piacevoli: è un invito a modificare le proprie abitudini di trasporto finalizzato a migliorare la qualità dell’ambiente”, commentano a Palazzo Civico. Riappropriarsi per un giorno delle strade cittadine consente di guardarsi intorno, in modo diverso, e di cogliere aspetti sconosciuti della realtà circostante, di sperimentare stili di vita più sani usufruendo di un ambiente urbano migliore. Le domeniche senza traffico sono quindi  giornate dedicate alle “persone”, dove il tema della salute, intesa come benessere, e dell’intenso rapporto tra salute e ambiente verrà promosso grazie al coinvolgimento dei diversi “attori” presenti in città, con iniziative territoriali, eventi sportivi, culturali e di solidarietà, anche affiancati a grandi eventi cittadini. L’ iniziativa è condivisa con le Circoscrizioni che potranno individuare al proprio interno aree libere dal traffico per permettere a comitati di cittadini, enti e associazioni di presentare attività ed eventi sul tema della sostenibilità intesa nella sua più ampia accezione. Le giornate individuate sono l’ultima domenica di ogni mese del 2018 a partire dal mese di febbraio con esclusione di agosto e dicembre:
domenica 25/02/2018, 25/03/2018, 29/04/2018, 27/05/2018, 24/06/2018, 29/07/2018, 30/09/2018, 28/10/2018 e 25/11/2018 In queste giornate, il divieto di circolazione al traffico privato sarà dalle ore 10 alle ore 18.
(foto: il Torinese)

Folla di fan per Ermal Meta

Oltre 1500 fan hanno atteso Ermal Meta, il vincitore di Sanremo 2018, a Mondojuve Shopping Center con una copia del cd del cantante. Tra selfie e autografi, Meta ha ricevuto l’affetto del pubblico che già un’ora e mezza prima dell’incontro ha cominciato a riempire la food court dello Centro.

LA SICUREZZA: PROBLEMA CRUCIALE PER TORINO

INCONTRO AL GOLDEN PALACE
 
 
Dalla tragedia di Piazza San Carlo, all’incremento della criminalità, alla crescente intolleranza verso gli immigrati stranieri, fino agli incidenti di questi giorni, Torino si è vista al centro di nevralgici problemi legati alla sicurezza del cittadino, base fondamentale di una democrazia ispirata alla civile convivenza.
 
A questo si aggiungono gli incresciosi episodi di antagonismo violento nei confronti delle Forze dell’Ordine, avvenuti nel corso di questa anomala campagna elettorale in tutto il Paese.
 
Temi che hanno determinato il candidato del collegio uninominale per la coalizione del centrodestra (Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Noi per l’Italia) Marco Francia a promuovere un incontro pubblico domani -domenica 25 febbraio- nella sala conferenze dell’ Hotel Golden Palace, in via Arcivescovado 18.
 
All’evento interverrà Eugenio Bravo, Segretario Provinciale del Sindacato di Polizia SIULP.
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Alzabandiera per gli studenti

Il Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’ Esercito apre il Palazzo dell’Arsenale alle scolaresche di Torino. 20 ragazzi della Scuola Secondaria di Primo Grado “Meucci – Via Revel”, accompagnati dai propri docenti, sono stati accolti ieri  dal Comandante dell’Istituto di Formazione e hanno partecipato al momento più solenne della giornata, l’Alzabandiera. Nell’ampio cortile d’onore è stato effettuato lo sfilamento dei reparti del Quadro Permanente e degli Ufficiali Frequentatori della Scuola di Applicazione per promuovere come il senso di appartenenza alla Patria si costruisca attraverso valori come dovere, disciplina e rispetto per le regole. Oltre a ricevere informazioni sulle attività quotidiane svolte dai militari e sulle opportunità professionali, formative e lavorative offerte dalla Forza Armata sono state illustrate le origini del Tricolore e dell’Inno Nazionale. L’appuntamento è stato molto apprezzato dai ragazzi che hanno riportato ad insegnanti e genitori la propria soddisfazione.

In Piemonte due nuovi Centri antiviolenza

Si è tenuta  presso l’assessorato alle Pari Opportunità della Regione Piemonte la riunione del Coordinamento dei Centri antiviolenza presenti sul territorio piemontese. L’assessora regionale Monica Cerutti  ha colto l’occasione per fare il punto delle progettualità messe in campo. In Piemonte sono state assegnate a fine 2017 risorse pari a 1.129.000 di euro circa per attività volte al contrasto delle donne così ripartiti:

– 830.000 euro per i 14 Centri antiviolenza e le 9 Case rifugio già esistenti;

– 229.428 euro per l’apertura di due nuovi Centri antiviolenza, uno a Casale e uno a Chieri;

– 70.552 per l’apertura di tre nuove Case rifugio ad Alessandria, Almese e Torino.

In questo modo ai 76 posti letto delle 9 Case rifugio piemontesi si aggiungeranno altri 20 all’interno delle 3 nuove Case rifugio, per un totale di 96 posti. A questi si aggiunge l’attivazione di nuovi 52 posti di accoglienza (36 di I livello e 22 di II livello). In particolare, i 36 posti di I livello saranno la risposta abitativa nelle situazioni di emergenza. L’assessora non ha nascosto la propria soddisfazione nell’esser riuscita ad ampliare in modo significativo il numero di posti letto differentemente caratterizzati.